Note sul rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione di una questione di diritto da parte del giudice di merito*
di Giuliano Scarselli
Sommario: 1. Premessa. L’esigenza di affrontare preliminarmente talune questioni interpretative - 2. Rinvio pregiudiziale e competenza - 3. Segue: rinvio pregiudiziale e accertamento del fatto - 4. Segue: rinvio pregiudiziale e libertà del giudice - 5. Segue: rinvio pregiudiziale, diritto delle parti al contraddittorio e assenza di preclusioni temporali per l’emanazione dell’ordinanza di remissione - 6. Segue: rinvio pregiudiziale e andamento del processo a seguito della pronuncia della Corte di cassazione - 7. Segue: rinvio pregiudiziale e novità della questione - 8. Segue: rinvio pregiudiziale e natura del provvedimento con il quale la Corte di cassazione risolve il quesito di diritto - 9. Osservazioni conclusive.
1. Premessa. L’esigenza di affrontare preliminarmente talune questioni interpretative.
Il progetto di riforma del processo civile disciplina al punto g) dell’art. 6 bis (confluito poi senza modificazioni sostanziali in un ipotetico art. 362 bis c.p.c.), un nuovo strumento che può definirsi di remissione anticipata alla Corte di cassazione di un quesito di diritto. *
Con esso, il giudice del merito può rimettere in ogni tempo alla Corte di cassazione la risoluzione di un dubbio giuridico, se la questione è nuova, di particolare importanza e suscettibile di porsi in numerose future controversie.
In questo caso il processo è sospeso fino alla decisione della Corte di Cassazione, e successivamente il giudice del merito, al pari di un giudice del rinvio, deve attenersi al principio enunciato dalla cassazione, che resta vincolante “nel procedimento nell’ambito del quale è stata rimessa la questione”.
Si tratta di una novità assoluta per il nostro ordinamento, che sta già suscitando un vivo dibattito.
Io credo che questa novità ponga, però, preliminarmente, una serie di interrogativi di tipo esegetico; cosicché, a mio parere, si tratta prima di dare risposta a detti interrogativi, e solo dopo di valutare nel complesso la possibilità o meno di assegnare alla Corte di cassazione questo nuovo compito.
A ciò sono dedicate le (poche) pagine che seguono.
2. Rinvio pregiudiziale e competenza.
In primo luogo, direi, v’è da ricordare che vi sono giudizi civili che per loro natura non possono giungere in cassazione.
Ciò vale ad esempio, per tutte le controversie cautelari, o per quelle di giurisdizione volontaria, o in ogni altro caso ove il provvedimento da emanare non abbia natura decisoria.
In tutti quei casi, infatti, il giudizio di cassazione è escluso dalla legge e/o da orientamenti della stessa Corte di cassazione; e tuttavia questo non significa che per la decisione di quelle controversie non vi possa essere da risolvere, in talune ipotesi, una questione di diritto nuova e di particolare difficoltà.
Che succede in quelle fattispecie?
Il giudice non può utilizzare la pregiudiziale di diritto poiché ivi la cassazione non è mai, nemmeno astrattamente, competente a decidere, oppure questo limite non sussiste alla luce di una (egualmente esistente) superiore esigenza generale di certezza del diritto sulla questione dubbia, che potrebbe presentarsi in futuro in processi ove invece il ricorso per cassazione è ammesso?
O, detto in altro modo: la remissione pregiudiziale alla cassazione presuppone che la stessa possa essere, almeno astrattamente, chiamata alla decisione in quel processo, o al contrario la funzione di nomofilachia della Corte supera questo limite, consentendo, di fatto, alla Corte di cassazione, di decidere indirettamente una controversia che in base allo ius litigatoris non può essere dalla stessa decisa?
O, detto ancora in altro modo: nelle ipotesi nelle quali le parti non possono adire la cassazione, lo può fare il giudice con la remissione pregiudiziale di una questione di diritto, posto che lo stesso progetto esclude solo i casi nei quali il giudice operi in base agli artt. 394 e 400 c.p.c., ovvero quale giudice del rinvio oppure della revocazione, ma non ne esclude altri?
3. Segue: rinvio pregiudiziale e accertamento del fatto.
In secondo luogo, direi indiscutibilmente, ogni questione di diritto si connette pur sempre imprescindibilmente a dei fatti, cosicché nessun giudice può pronunciarsi in diritto se prima non ha fissato in modo preciso e specifico i fatti.
Si tratta, credo, di un principio elementare; e non a caso, ed anche per questo, la cassazione è infatti il giudice che si pronuncia per ultimo, ovvero è il giudice che si pronuncia dopo che i fatti sono stati definitivamente accertati con la pronuncia di merito di secondo grado.
Ora, però, il problema è che se la cassazione viene chiamata al contrario a pronunciarsi in un momento anteriore alla fissazione definitiva dei fatti, il rischio è che la sua anticipata attività scombini un po’ le regole, e soprattutto possa essere attività sempre successivamente opinabile per il giudice e le parti per non corrispondenza o completezza dei fatti al principio di diritto pronunciato.
Ora, si potrebbe, a fronte di ciò, superare il problema asserendo che il giudice del merito non può mai rimettere una questione di diritto alla Corte di cassazione prima della chiusura dell’istruttoria, ovvero prima di avere la certezza del fatti.
Ma, a parte il fatto che giungere ad una simile conclusione sarebbe escludere la remissione della questione (sostanzialmente) per tutto il processo di primo grado, è chiaro che detto correttivo non sarebbe comunque sufficiente, poiché anche dopo la chiusura dell’istruttoria si può depositare un documento sopravvenuto, oppure chiedere una remissione in termini, oppure far disporre un giuramento decisorio, o infine lo stesso giudice di appello, anche in forza del medesimo materiale istruttorio, può sempre ricostruire i fatti in modo diverso da come li aveva immaginati il giudice di primo grado.
Dunque, l’anticipazione del giudizio di diritto sulla fissazione dei fatti è qualcosa che evidentemente contrasta non solo con la logica, ma anche con gli stessi meccanismi della lite in sé considerata, e può giustificarsi solo in una ottica generalizzatrice che, in nome della nomofilachia, pone ogni altro aspetto in secondo piano.
4. Segue: rinvio pregiudiziale e libertà del giudice.
Si è detto, poi, che la remissione pregiudiziale alla Corte di cassazione non contrasta con il principio secondo il quale ogni giudice è, e deve essere, il giudice della lite della quale abbia competenza, poiché, in questi casi, si dice, è lo stesso giudice che sceglie di rimettere la questione alla Corte, nessuno lo obbliga, e tutto si mantiene così in un ambito di libertà che fa salvo il principio richiamato.
Il problema è che questo è vero solo in parte.
Il progetto di riforma, infatti, statuisce che “il giudice di merito” può rimettere la questione di diritto alla Corte di cassazione; dal che la disposizione deve essere interpretata nel senso che tutti i giudici di merito possono rimettere una questione di diritto alla Corte di cassazione, e quindi tanto il giudice di primo grado (si pensi, addirittura il giudice di pace, in controversie che magari non arriverebbero mai in cassazione per il loro scarso valore economico), quanto quello di appello.
Dopo di che la disposizione statuisce altresì che la decisione della Cassazione sul punto è vincolante “nel procedimento nell’ambito del quale è stata rimessa la questione”; ciò sta a significare che, se la questione viene rimessa dal giudice di primo grado, la statuizione vincola non solo il giudice che l’ha rimessa, ma anche quello successivo di appello, che pure si muove “nel procedimento nell’ambito del quale è stata rimessa la questione”, intendendo per “procedimento” evidentemente, l’intero processo, e non solo il grado.
Dunque, l’assunto secondo il quale questa novità non sottrae al giudice del merito il suo naturale diritto/dovere di decidere le questioni di diritto, non corrisponde a verità per il giudice di appello in tutti i casi nei quali la decisione di rimettere la questione preliminare sia stata fatta dal giudice di primo grado.
In questi casi, infatti, il giudice di appello si vede “costretto” a stare al principio affermato dalla Corte di Cassazione senza che la scelta di adirla in via preventiva sia stata fatta da lui.
Si tratta di un limite che non sembra compatibile con l’art. 101, 2° comma, della Costituzione.
5. Segue: rinvio pregiudiziale, diritto delle parti al contraddittorio e assenza di preclusioni temporali per l’emanazione dell’ordinanza di remissione.
Recita ancora il progetto di riforma che la questione di diritto può essere rimessa in via preventiva alla Corte di cassazione solo se su essa si è preventivamente provocato il contraddittorio tra le parti.
Tuttavia, stante l’assenza di ogni preclusione temporale per il giudice circa la pronuncia dell’ordinanza di rimessione della questione alla Corte di cassazione, l’attivazione del contraddittorio non dovrebbe egualmente impedire al giudice di pronunciare detta ordinanza in sostituzione della pronuncia della sentenza.
Si pensi: trattenuta la causa in decisione, scritte dalle parti le comparse conclusionali, il giudice potrebbe bene, invece di pronunciare la sentenza, attivare il contraddittorio ai fini della remissione della questione di diritto alla Corte di cassazione, se non addirittura emanare direttamente detta ordinanza considerando le problematiche in questo caso già trattate dalle parti con le comparse conclusionali.
E’ accettabile una simile cosa se questa si avvererà?
Possono le parti, invece di ricevere una sentenza, magari dopo quattro o cinque anni, vedersi sospeso il processo fino all’esito di un giudizio di cassazione attivato d’ufficio dal giudice?
Questa ipotesi di rinvio, così, va aggiungersi ad un'altra: la parte si rivolge al giudice per avere una sentenza, e invece questa può trovarsi dinanzi ad un mediatore (art. 5 , 2° comma d. lgs. 28/2010), ora addirittura dinanzi alla Corte di cassazione.
6. Segue: rinvio pregiudiziale e andamento del processo a seguito della pronuncia della Corte di cassazione.
Forse per timore, o forse per non creare ulteriori problemi esegetici, la norma non dà poi il regolamento dei mezzi di impugnazione una volta che la cassazione si sia pronunciata sulla questione di diritto; cosicché, stando alla norma, i mezzi di impugnazione restano i medesimi, e tutti egualmente esperibili.
Al tempo stesso, però, pare evidente si debba escludere che la questione decisa in via preliminare dalla Corte di cassazione possa di nuovo essere oggetto di impugnazione per le parti se correttamente rispettata e applicata dal giudice di merito.
Dal che, ancora, balza alla luce il contrasto tra pubblico e privato.
Da un punto di vista pubblico, possono esservi casi nei quali si avverte l’esigenza che la Corte di cassazione si pronunci subito sulla soluzione di una questione di diritto che potrebbe ripetersi in altri, successivi giudizi.
Dal punto di vista della singola lite, tuttavia, questa anticipazione del giudizio non sembra offrire alcun vantaggio alle parti, ma anzi può pesantemente aggravarle.
Impegna, infatti, le parti ad affrontare un giudizio di cassazione, e i suoi relativi costi, anche in assenza di una loro volontà, e anche nelle ipotesi nelle quali una delle parti non sia assistita nel giudizio di merito da un avvocato cassazionista (si spera, almeno, che in questi casi non vi sia da pagare il contributo unificato, ne’ sanzioni per soccombenza); non riduce i tempi del giudizio, poiché, anche dopo la pronuncia della cassazione, a nessuna parte è impedito, se questa vuole, di impugnare la decisione del giudice, financo, di nuovo, in cassazione; e, in ogni caso, la remissione pregiudiziale comporta la sospensione automatica del processo fino alla decisione della cassazione, con, evidentemente, l’ulteriore onere della parte di riassumere il processo sospeso; infine, creando quella scissione già sopra evidenziata tra accertamento dei fatti e decisione in diritto, introduce nel giudizio elementi di confusione che potrebbero essere utilizzati dalla parte che ha torto proprio per fini defatigatori.
7. Segue: rinvio pregiudiziale e novità della questione.
Si dice, poi, che la questione di diritto deve essere nuova, e per nuova, secondo il progetto di legge, si intende una questione non ancora affrontata dalla Corte di cassazione.
Se la cassazione si è già pronunciata, anche solo una volta, anche in sezione semplice, la questione non è nuova; viceversa se la questione è già stata affrontata da più di un giudice del merito, ma non dalla Corte di cassazione, allora la questione continua ad essere nuova.
Evidentemente, il progetto di riforma ha una visione della giurisdizione strettamente gerarchica.
Nel nostro sistema i precedenti sono solo quelli della cassazione?
V’è struttura gerarchica, quanto meno di fatto, tra Corte di cassazione e giudici di merito, e tutti questi ultimi devono solo ubbidienza alla prima?
Perché qui, par evidente, delle due l’una: - o noi andiamo verso un principio di ubbidienza del giudice del merito rispetto al dettato della cassazione, e allora questa riforma ha un senso; - oppure questa ubbidienza non fa parte del nostro sistema alla luce dell’art. 101, 2° comma Cost., e allora l’anticipazione del giudizio di diritto, che meglio e più precisamente la cassazione potrebbe rendere al termine del processo, non sembra novità ne’ utile ne’ proporzionata.
8. Segue: rinvio pregiudiziale e natura del provvedimento con il quale la Corte di cassazione risolve il quesito di diritto.
Infine, il compito della cassazione è, in questi casi, “la risoluzione di una questione di diritto”.
V’è da chiedersi, dunque, quale sia la natura di questo provvedimento, che si limita, state il tenore letterale della norma, a risolvere, appunto, una questione, non a decidere una controversia.
Ed il problema è presto detto: il provvedimento in questione mantiene natura giurisdizionale?
Poiché, ove non la mantenesse, allora lì qualcuno potrebbe asserire che alla Corte di cassazione vengono assegnate funzioni che non le sono proprie, più di consulto che giurisdizionali.
Evidentemente, in questa sede non è pensabile affrontare un tema di così grande e difficile impegno teorico quale quello della natura e dei limiti della funzione giurisdizionale; si tratta, però, di accertarsi che si continui ad assegnare alla Corte di cassazione il compito che le è proprio, e che è quello, al pari di tutti gli organi giurisdizionali, di provvedere alla decisione di un caso specifico.
Ora, la mera “risoluzione della questione di diritto” non sembra costituire decisione di un diritto controverso, ovvero, per restare ai concetti di Giuseppe Chiovenda, non sembra provvedimento che attribuisce o nega un bene della vita.
Si potrebbe sostenere che, in verità, niente di nuovo vi è tra la soluzione del quesito e la cassazione di un provvedimento di merito che apre al giudizio di rinvio, poiché in entrambe i casi abbiamo un susseguente giudice del merito che deve uniformarsi al principio di diritto dato dalla Corte di cassazione.
Io credo, invece, che qualche differenza al riguardo vi sia.
Perché qui abbiamo una cassazione che, in ogni caso, non può cassare, ovvero non può svolgere quella funzione per la quale ha da sempre questa denominazione.
Ed inoltre la cassazione “cassa” perché qualcuno gli chiede di farlo, nel rispetto del principio della domanda; qui, al contrario, abbiamo una cassazione che ha solo il compito di rispondere ad un quesito, per giunta senza domanda di parte.
E tale risposta non può considerarsi provvedimento decisorio, poiché la decisorietà del diritto controverso dipenderà, tutto al contrario, da una serie di ulteriori elementi che fuoriescono da ciò.
Al tempo stesso, giudice del merito e giudice del rinvio non possono essere messi sullo stesso piano, poiché mentre il giudice del rinvio opera quale giudice che completa, in fase rescissoria, la stessa impugnazione rescindente affidata alla Corte di cassazione, il giudice del merito non ha questo legame con la cassazione, non è giudice dell’impugnazione, ed opera in un processo che è aperto a tutte le novità che non siano già precluse dallo stato di avanzamento del processo stesso.
Insomma, un dubbio su una cassazione che non cassa non può non essere sollevato, ed è indubitabile che questa novità abbia introdotto dei meccanismi che incidono sugli stessi valori del processo civile.
9. Osservazioni conclusive.
Dunque, in estrema sintesi, a me il problema sembra proprio questo: questa riforma non si limita a porre una novità, essa al contrario incide sugli stessi valori del processo civile; e v’è da chiedersi, allora, se siamo disposti ad accettare non la semplice introduzione di un nuovo strumento processuale, bensì la svolta pubblicistica della giurisdizione civile che essa comporta.
Questa riforma presuppone infatti che si possa accedere alla Corte di cassazione senza domanda di parte, e impone alle parti, parimenti, di farsi carico di un giudizio in cassazione, con tutti i relativi onori, rischi e costi, anche quando le parti non vogliono; presuppone che la questione di diritto possa esser decisa allontanandosi dal fatto, che la funzione di nomofilachia possa consentire alla Corte di cassazione di (probabilmente) pronunciarsi anche in ipotesi nelle quali questa non potrebbe seguendo il normale cammino dei mezzi di impugnazione; presuppone altresì che i giudici di merito debbano adeguarsi ai dettati della Corte di cassazione, e consente ad essa di smarrire la sua funzione giurisdizionale, ovvero la sua funzione di giudice, per porsi invece (quasi) a metà strada tra il legislatore e la magistratura.
Dunque, può essere che ragioni di nomofilachia e di uniformità delle decisioni giustifichino questo nuovo istituto, ma al tempo stesso è indubitabile che esso mortifichi taluni principi di libertà processuali.
E’ trovo discutibile - anzi, direi, trovo grave- che la relazione che accompagna questa riforma si limiti all’esaltazione dei primi valori senza minimamente prendere in considerazione la contrazione dei secondi.
Una maggiore ponderazione di questi problemi penso invece sia necessaria, e resta infatti da chiedersi se veramente l’esigenza di anticipare un indirizzo giurisprudenziale venga necessariamente prima di quella di rispettare la libertà delle parti (art. 24 Cost.) e la libertà dei giudici (art. 101, 2° comma Cost.).
* [Art. 362 bis c.p.c. “Rinvio pregiudiziale”:
«Fuori dei casi in cui procede in base agli articoli 394 e 400, il giudice di merito può disporre con ordinanza il rinvio pregiudiziale degli atti alla Corte per la risoluzione di una questione di diritto necessaria per la definizione anche parziale della controversia, quando ricorrono le condizioni di cui al secondo comma.
Il rinvio può essere disposto dal giudice quando:
1) la questione di diritto sia nuova o comunque non sia stata già trattata in precedenza dalla Corte;
2) si tratti di una questione esclusivamente di diritto e di particolare rilevanza;
3) presenti particolari difficoltà interpretative;
4) si tratti di questione che, per l’oggetto o per la materia, sia suscettibile di presentarsi o si sia presentata in numerose controversie dinanzi ai giudici di merito.
Il giudice, se ritiene di disporre il rinvio pregiudiziale, assegna alle parti un termine non superiore a quaranta giorni per il deposito di memorie contenenti osservazioni sulla questione di diritto.
Con l’ordinanza che formula la questione dispone altresì la sospensione del processo fino alla decisione della Corte.
Il primo presidente, ricevuta l’ordinanza di rinvio pregiudiziale, con proprio decreto la dichiara inammissibile quando mancano una o più delle condizioni di cui al secondo comma.
Se non dichiara l’inammissibilità, il primo presidente dispone la trattazione del rinvio pregiudiziale dinanzi alla sezione semplice o, in caso di questione di particolare importanza, alle sezioni unite, per l’enunciazione del principio di diritto.
La Corte, sia a sezioni unite che a sezione semplice, pronuncia in pubblica udienza.
Il provvedimento con il quale la Corte definisce la questione di diritto è vincolante per il giudice nel procedimento nel cui ambito è stato disposto il rinvio. Il provvedimento conserva il suo effetto vincolante anche nel processo che sia instaurato con la riproposizione della domanda»]
* Sul medesimo tema, v., in precedenza, su questa Rivista
B. Capponi, È opportuno attribuire nuovi compiti alla Corte di Cassazione?