Sull’efficacia del provvedimento d’urgenza che ha sospeso parte della proclamazione degli eletti del CNF
di Giuliano Scarselli
“E’ insito nel sistema un principio per il quale la durata del processo non deve andare a danno dell’attore che ha ragione”.
PROTO PISANI, Rilevanza costituzionale del principio secondo cui la durata del processo non deve andare a danno dell’attore che ha ragione, Foro it., 1985, I, 1881.
1. All’esito delle elezioni del componenti del CNF tenutasi alla fine del 2018, taluni avvocati impugnavano dinanzi al TAR Lazio la proclamazione con cui il CNF aveva proclamato gli eletti.
Il TAR Lazio si dichiarava carente di giurisdizione in favore del giudice ordinario, e la causa veniva allora riassunta dinanzi al Tribunale di Roma con procedimento sommario ex art. 702 bis c.p.c.
In corso di causa i ricorrenti richiedevano altresì al Tribunale di Roma provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c. volto a sospendere gli effetti della proclamazione, e il Tribunale di Roma, con ordinanza del 13 marzo 2020, accoglieva il ricorso cautelare, e sospendeva “gli effetti della proclamazione a Consigliere Nazionale forense degli avvocati…………”.
Svolto il giudizio di merito in primo grado, previa dichiarazione di difetto di legittimazione delle associazioni forensi e del Ministero della Giustizia, e previa dichiarazione di manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata da alcuni dei resistenti, il Tribunale di Roma accoglieva la domanda dei ricorrenti e dichiarava “gli avvocati…………..ineleggibili alla carica di consigliere del Consiglio Nazionale forense”.
I resistenti interponevano appello alla decisione di primo grado e chiedevano inoltre la sospensione cautelare ex art. 283 c.p.c. degli effetti della ordinanza di primo grado pronunciata ex art. 702 quater c.p.c.
La Corte di Appello di Roma, con ordinanza del 17 maggio 2021, premesso che il procedimento non ha ad oggetto una condanna bensì l’accertamento di uno status, dichiarava inammissibile la richiesta ex art. 283 c.p.c. delle parti appellanti, poiché gli “effetti eventualmente esecutivi solamente riflessi e non immediati, peraltro rimessi alla valutazione di altri soggetti, non consentono un ampliamento del perimetro di applicabilità dell’istituto di cui all’art. 283 c.p.c.”.
2. Si chiede, dunque, ciò premesso, se il provvedimento della Corte di Appello di Roma, nella misura in cui, sostanzialmente, ha dichiarato priva di effetti immediati l’ordinanza ex art. 702 quater c.p.c. possa aver come ulteriore conseguenza il venir meno (anche) degli effetti del provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c.
E io ritengo, per le ragioni che vado ad esporre, che gli effetti della misura cautelare ex art. 700 c.p.c. non siano venuti meno a seguito della pronuncia della Corte di Appello di Roma.
3. In primo luogo, la durata e l’efficacia delle misure cautelari pendente il processo è disciplinata dall’art. 669 novies c.p.c.
Si legge in tale disposizione al 3 comma che: “Il provvedimento cautelare perde efficacia.se con sentenza, anche non passata in giudicato, è dichiarato inesistente il diritto a cautela del quale era stato concesso”. Il 1 comma invece precisa che il provvedimento cautelare può perdere efficacia se entro sessanta giorni non è iniziata la causa di merito (fatto che tuttavia non riguarda la presente fattispecie) oppure se: “successivamente al suo inizio si estingue”[1].
Dunque, la legge è precisa al riguardo: ottenuta una misura cautelare in corso di causa, la stessa perde efficacia solo se una pronuncia di merito a cognizione piena dichiara inesistente il diritto controverso, oppure se il giudizio di merito si estingue[2]. E in questo contesto, è opinione comune che l’inefficacia dei provvedimenti cautelari non possa darsi se non per eventi menzionati dall’art. 669 novies c.p.c. stante un principio di tassatività delle ipotesi[3].
Poiché, allora, nel nostro caso non esiste una sentenza di merito che abbia dichiarato inesistente il diritto delle parti ricorrenti, ma, anzi, il provvedimento che ha chiuso il procedimento ex art. 702 bis c.p.c. ha confermato l’ineleggibilità dei consiglieri nazionali forensi interessati, e poiché il giudizio di merito non si è estinto, essendo evidentemente ancora pendente dinanzi alla Corte di Appello di Roma, si deve concludere che la misura cautelare concessa ex art. 700 c.p.c. del 13 marzo 2020 in RG 1275-1/2020, è ancora efficace e produttiva di effetti, poiché nessuna fattispecie tra quelle previste dall’art. 669 novies c.p.c. si è realizzata.
4. Ne’, d’altro canto, si può ritenere che, al di là della disciplina dell’art. 669 novies c.p.c., il provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c. ha perso egualmente efficacia a seguito della definizione della lite in primo grado connessa alla successiva pronuncia della Corte di Appello di Roma ex art. 283 c.p.c.
Per l’esattezza, chi volesse invece sostenerlo, potrebbe argomentare che, una volta pronunciato il provvedimento di merito definitivo del giudizio di primo grado (ordinanza ex art. 702 quater c.p.c.), la misura cautelare ex art. 700 c.p.c. non esiste più ed è assorbita da detta ordinanza che ha chiuso il procedimento; dopo di che, poiché la Corte di Appello di Roma ha statuito che detta ultima ordinanza di merito ex art. 702 quater c.p.c. non produce effetti esecutivi in quanto avente ad oggetto l’accertamento di uno status e non una condanna, nessun provvedimento effettivo/esecutivo sussisterebbe allora più: - non l’ordinanza ex art. 702 quater c.p.c. perché espressamente dichiarata non esecutiva dalla Corte di Appello di Roma; - e non l’ordinanza ex art. 700 c.p.c. in quanto assorbita dall’ordinanza ex art. 702 quater c.p.c. che, a sua volta, non ha effetti esecutivi.
Orbene, questo ragionamento, che a qualcuno potrebbe venir in mente di fare, non può però, in verità, a mio parere, essere fatto:
a) in primo luogo perché esso contrasterebbe con il principio di tipicità delle ipotesi di inefficacia delle misure cautelari disciplinate nell’art. 669 novies c.p.c., atteso che quella disposizione prevede il venir meno della misura cautelare a seguito di pronuncia di primo grado di rigetto, non di accoglimento; cosicché immaginare la stessa cosa anche con riferimento alla pronuncia di accoglimento comporterebbe la creazione di una nuova caducazione della misura non espressamente prevista, e contrasterebbe con la ratio della stessa norma, che è quella di sottrarre il provvedimento a chi ha torto, non di far venir meno la tutela cautelare a chi ha ragione.
b) Ma, in ogni caso, l’assorbimento della misura cautelare, in tanto può immaginarsi, in quanto il provvedimento di accoglimento riesca sotto ogni profilo a contenere quello cautelare, ovvero ne abbia tutte le caratteristiche; poiché, se così non è, è evidente che nessun assorbimento può essere dato, in quanto lo stesso altrimenti cancellerebbe quelle peculiarità cautelari che non vi sono nel provvedimento di merito[4].
Si dice che l’assorbimento si ha con “l’esaurimento della funzione cautelare che li caratterizza”[5].
E si dice, conseguentemente, che il c.d. assorbimento si ha solo quando vi sia identità di decisum tra misura cautelare e merito, e solo quando la pronuncia di merito abbia effetti esecutivi al pari della misura cautelare che deve andare ad assorbire[6]; fuori da ciò, nessun assorbimento vi è, e la misura cautelare resta viva anche dopo la definizione del giudizio di primo grado.
Nel nostro caso, pertanto, il provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c. deve considerarsi non assorbito dall’ordinanza ex art. 702 quater c.p.c., in quanto:
a) il decisum del provvedimento ex art. 700 c.p.c. è diverso da quello dell’ordinanza ex art. 702 quater c.p.c.; il provvedimento d’urgenza “sospende gli effetti della proclamazione a Consigliere Nazionale forense degli avvocati…………”; l’ordinanza ex art. 702 quater c.p.c. “dichiara gli avvocati…………..ineleggibili alla carica di consigliere del Consiglio Nazionale forense”; dal che, par evidente, le decisioni dei due provvedimenti non si sovrappongono; uno è di sospensione e l’altro è di accertamento; uno, dunque, non in grado di contenere l’altro.
bb) Inoltre, l’ordinanza ex art. 702 quater non ha effetti esecutivi, mentre il provvedimento ex art. 700 c.p.c. ha l’attitudine esecutiva/attuativa di tutte le misure cautelari ex art. 669 duodecies c.p.c.
5. Una volta rilevato, così, che il provvedimento d’urgenza non può dirsi assorbito e/o venuto meno con l’ordinanza ex art. 702 quater c.p.c., va da sè che la decisione della Corte di Appello di Roma ex art. 283 c.p.c. è irrilevante rispetto all’autonoma efficacia del provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c.
Per l’esattezza, la richiesta di una sospensione ex art. 283 c.p.c. è anch’essa, se si vuole e sostanzialmente, una misura cautelare/sommaria[7].
Ciò significa che, nel caso di specie, sussistono due misure cautelari/sommarie: una ex art. 700 c.p.c., l’altra ex art. 283 c.p.c.
E l’una non incide sull’altra, poiché una misura cautelare non è mai in grado di interferire su altra misura cautelare, almeno che la successiva misura cautelare non sia richiesta (anche) ai sensi dell’art. 669 decies c.p.c., ovvero quale provvedimento di revoca o modifica della prima misura cautelare, e questa revoca e/o modifica della prima misura cautelare risulti espressamente dal tenore letterale della seconda misura cautelare.
Ma poiché nel nostro caso questo non è, in quanto la misura della Corte di Appello di Roma non è certamente chiesta in revoca e/o modifica del provvedimento ex art. 700 c.p.c. ne’ niente in modo espresso sussiste su ciò, si deve dunque ribadire che trattasi di due misure distinte e parallele, di cui una non è in grado di produrre conseguenze sull’altra.
6. Ne’ vi è contraddittorietà logica tra il provvedimento ex art. 700 c.p.c. e l’ordinanza ex art. 283 c.p.c., tale da ritenere parimenti venuto meno il primo provvedimento.
Premesso che le misure cautelari non perdono efficacia secondo un generico principio di contraddittorietà, non v’è comunque alcuna contraddizione tra i due provvedimenti: il provvedimento d’urgenza ha sospeso gli effetti della proclamazione; il provvedimento ex art. 283 c.p.c. ha escluso che la dichiarazione di illegittimità della proclamazione sia provvisoriamente esecutiva.
Ciò significa che la ineleggibilità si avrà solo con il passaggio in giudicato, ma questo non contrasta con la necessità che in via cautelare debba sospendersi la proclamazione degli eletti fino a quel passaggio in giudicato; solo, evidentemente, in questi casi, il provvedimento d’urgenza tenderà ad avere una vita più lunga, perché maggiore è normalmente il tempo in cui il diritto controverso ha bisogno di essere cautelato se il provvedimento di merito che chiude il giudizio in primo grado non gode della provvisoria esecuzione.
7. E ancora, il fatto che l’ordinanza ex art. 702 quater c.p.c. non sia provvisoriamente esecutiva non intacca ne’ inficia l’attitudine esecutiva/attuativa del provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c.
Sono due provvedimenti distinti e separati, che tali restano e devono restare.
Secondo un insegnamento che risale a Giuseppe Chiovenda[8], a fronte di ogni azione giudiziale di merito, sia questa di accertamento, oppure costitutiva, oppure di condanna, se vi è pericolo imminente di un pregiudizio irreparabile, può esser chiesta una misura che cauteli il diritto fatto valere in giudizio[9], e questa cautela ben può, ed anzi, deve, per il raggiungimento del suo scopo, avere effetti esecutivi/attuativi a prescindere dagli effetti che possa avere poi il provvedimento di merito che definisce il giudizio di primo grado.
Ciò è confermato:
a) da un punto di vista pratico, o della ratio della misura, dalla circostanza che un provvedimento cautelare ha un senso se produttivo di un effetto immediato, che costituisce infatti condizione coessenziale e imprescindibile alla stessa misura cautelare;
b) e da un punto di vista normativo dall’art. 669 terdecies c.p.c. il quale, statuendo che “il reclamo non sospende l’esecuzione del provvedimento”, indirettamente asserisce che tutte le misure cautelari godono sempre di una forza esecutiva propria.
Non fosse così, in tutte le controversie, ad esempio, aventi ad oggetto diritti della persona, non si potrebbe mai chiedere provvedimenti cautelari conservativi o anticipatori perché inseriti in contesti ove la decisione di primo grado non è normalmente provvisoriamente esecutiva; invece è questo un settore dove le misure cautelari abbondano, perché, come detto, la circostanza che la sentenza di primo grado non sia provvisoriamente esecutiva, non impedisce alla misura cautelare di godere egualmente di una autonoma e pronta forza di attuazione.
8. Dunque, in estrema sintesi:
a) un provvedimento d’urgenza può essere richiesto e concesso anche a fronte di un giudizio avente ad oggetto un diritto della personalità o uno status, ovvero anche a fronte di diritti che vengono decisi con provvedimenti di merito che non godono della provvisoria esecuzione.
b) Questo niente toglie alla esecutività della misura cautelare concessa in quel contesto; la misura cautelare, anche in quel contesto, e per sua struttura, è sempre idonea alla esecuzione/attuazione ai sensi degli artt. 669 duodecies e terdecies c.p.c.
c) In queste ipotesi, inoltre, la pronuncia di merito di accoglimento che chiude il processo in primo grado non assorbe, e non fa venir meno, la misura cautelare concessa in corso di causa, in quanto tal provvedimento di merito non è capace di interamente contenere l’oggetto e gli effetti della misura cautelare.
d) Dal che, l’autonomia della misura cautelare rispetto alla decisione di merito rende poi irrilevante alla prima ogni decisione ex art. 283 c.p.c.
e) La misura cautelare, così, ai sensi degli artt. 669 novies e decies c.p.c. può venir meno solo: a) dinanzi ad una sentenza di merito che neghi il diritto cautelato; b) a seguito dell’estinzione del processo; c) a fronte di nuova misura cautelare che espressamente la revochi o la modifichi; d) ed infine, ovviamente, a fronte del formarsi della cosa giudicata sul diritto già oggetto di cautela. Non altro.
9. Non contraddice tutto questo, infine, la recente pronuncia Cass. 7 ottobre 2019 n. 24939, per la quale: “La tutela cautelare dei diritti fatti valere, in un giudizio di condanna o di accertamento costitutivo, si può concretare in una misura di salvaguardia dell'effetto esecutivo che ne può derivare, volto a rendere possibile la soggezione del debitore alla sanzione esecutiva, ma tale tutela cautelare non può generare l'effetto dichiarativo o la costituzione giudiziale di un diritto - effetto che certamente può derivare solo dalla sentenza”.
La decisione, infatti, attiene al contenuto del provvedimento cautelare e non alla sua efficacia; e, come può vedersi, semplicemente avverte che la misura cautelare può assolvere solo la funzione di assicurazione del diritto, ma non può anticiparlo ne’ dichiararlo in via preliminare, visto che tale effetto “certamente può derivare solo dalla sentenza”[10].
Ma questo è conforme a quanto avvenuto in questa vicenda.
Il provvedimento d’urgenza in questione, infatti, non ha dichiarato ineleggibili i componenti, e dunque non ha anticipato qualcosa che può discendere solo dalla sentenza.
Il provvedimento d’urgenza del Tribunale di Roma si è solo preoccupato della “salvaguardia del diritto costituendo”; e, a cautela del diritto azionato, ha sospeso i consiglieri da ritenere ineleggibili, senza dichiararli tali, e quindi senza anticipare il giudizio di merito.
Tutto questo, tuttavia, ripeto ancora, non ha niente a che vedere con l’efficacia e la durata della misura cautelare anticipatoria concessa ex art. 700 c.p.c., che resta, appunto, quella indicata.
[1] Da ricordare che il 1° comma dell’art. 669 novies c.p.c. non si applica, o è di dubbia applicazione, in base all’art. 669 octies, 6° comma c.p.c., al nostro caso, che ha ad oggetto un provvedimento d’urgenza.
La questione non è tuttavia centrale nell’economia del problema trattato.
Precisamente, se ci atteniamo all’aspetto formale, secondo il quale il provvedimento cautelare pronunciato dal Tribunale di Roma è un provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c., allora dovremmo convenire che lo stesso gode di una stabilità ancora maggiore di quella descritta nel testo, ovvero che sopravvive addirittura ad una eventuale estinzione del processo, e ciò per la mancata applicazione del 1° comma dell’art. 669 novies c.p.c. disposta dall’art. 669 octies, 6° comma c.p.c.
Se viceversa facciamo prevalere la sostanza alla forma, e riteniamo che il provvedimento, ancorché pronunciato ex art. 700 c.p.c., ha contenuto di sospensione, e quindi ha natura cautelativa e non anticipatoria, allora l’estinzione del processo lo coinvolge e lo fa venir meno ai sensi del 1° comma dell’art. 669 novies c.p.c. (questa, personalmente, è la mia opinione, conforme ora a Cass. 7 ottobre 2019 n. 24939).
In ogni caso, niente muta rispetto al problema qui affrontato.
[2] Ovviamente, poi, ogni misura cautelare perde altresì efficacia con il formarsi della cosa giudicata, ovvero con la definizione del giudizio sul diritto relativamente al quale la misura cautelare, evidentemente, svolge una funzione strumentale.
Non è comunque questo un aspetto che rileva a fronte del problema posto.
[3] Così Cass. 21 agosto 2007 n. 17778, per la quale i provvedimenti cautelari perdono efficacia solo nelle ipotesi tassativamente previste dall’art. 669 novies c.p.c. “essendo prevista la caducazione del provvedimento nelle sole ipotesi tassative di cui all'art. 669 novies c.p.c.”.
[4] Così MERLIN, Il processo cautelare, Padova, 2011, 455: “Certamente, la sentenza di accoglimento, dotata per legge di immediata efficacia esecutiva, dovrebbe di norma assorbire ogni esigenza di tutela dell’attore vittorioso. Tuttavia occorre considerare le ipotesi in cui la sentenza non è dotata di immediata efficacia esecutiva. Ed in tali casi mi pare non possono nutrirsi ragionevoli dubbi nell’accogliere la soluzione favorevole alla sopravvivenza della misura cautelare”.
[5] In questo senso Cass. 28 aprile 2006 n. 9936; Cass. 11 marzo 2004 n. 4964; Cass. 27 dicembre 1993 n. 12787; Cass. 29 ottobre 1992 n. 11770; Cass. 27 luglio 1992 n. 9008, le quali tutte considerano il c.d. assorbimento subordinato a dette condizioni.
Nello stesso contesto logico si inserisce, a mio avviso, anche Cass. 4 giugno 2008 n. 14765, che, seppur dichiari venuto meno un sequestro a seguito di sentenza di merito di accoglimento, lo fa sullo base del principio del “raggiungimento dello scopo”.
[6] V. anche, sul punto, RECCHIONI, I procedimenti cautelari, Torino, 205, 646, per il quale: “Mi parrebbe quindi necessario, riguardata la vicenda giudiziale nella sua complessità, se il provvedimento finale sia capace di fornire protezione immediata a tutti i profili possibili della vicenda, anche prima del suo passaggio in giudicato o meno; e in questa seconda ipotesi, concludere per la permanenza in vita della misura cautelare che, dunque, può considerarsi fonte concorrente o meglio ausiliare o di complemento dell’altra”.
[7] Sulla natura cautelare dei provvedimenti ex art. 283 c.p.c. v. Cass. 21 febbraio 2007 n. 4024 e Cass. 1 marzo 2005 n. 4299, per le quali: “L'ordinanza, emessa ai sensi dell'art. 283 c.p.c. ha carattere provvisorio e cautelare”. Natura cautelare, normalmente, si attribuisce poi a tutti i provvedimenti di sospensione, quali la sospensione dell’esecuzione (Cass. 10 marzo 2006 n. 5368), la sospensione delle delibere assembleari di società o di condominio (Cass. 2 marzo 1999 n. 1748), ecc……..
[8] Ricordo in proposito PROTO PISANI, Rilevanza costituzionale del principio secondo cui la durata del processo non deve andare a danno dell’attore che ha ragione, Foro it., 1985, I, 1881, in nota alla celebre pronuncia, che vedeva come relatore Virgilio Andrioli, Corte Cost., 28 giugno 1985 n. 190.
[9] V. PAGNI, Provvedimenti d’urgenza, voce dell’Enc. Giur. Sole 24 Ore, XII, 492: “Non dissimile è l’ulteriore problema dell’ammissibilità di una tutela atipica volti ad assicurare gli effetti della pronuncia di mero accertamento…….essa potrebbe estendersi ad abbracciare i casi in cui il ricorso si traduca in una sorta di inibitoria, volta a vietare al resistente quel comportamenti che un domani andrebbero ad infrangersi contro il dictum giudiziale passato in giudicato”.
[10] Da rilevare, comunque, che tutta la riflessione della Corte è dovuta alla necessità di decidere se un provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c. di sospensione di una delibera assembleare (e quindi di un provvedimento cautelare che possiamo ritenere analogo a quello del Tribunale di Roma qui in esame) sopravvive o meno all’estinzione del processo; e la Corte di Cassazione, con questa pronuncia, ha ritenuto che non vi sopravviva; e io, personalmente, concordo con questa decisione, che tuttavia, come già fatto presente in nota n. 1, non ha rilevanza al fine del tema qui dibattuto.