“Magistrati con funzioni di livello internazionale”: il d.lgs. 45 del 2024 cambia pagina e segue l’esempio degli altri Paesi europei
Sommario: 1. Premessa – 2. La genesi e le ragioni – 3. Il nuovo status degli incarichi ex art. 11 (3) – 4. Gli incarichi ex artt. 11 (3): contenuti – 5. Magistrati con funzioni di livello internazionale
1. Premessa
La legge 17 giugno 2022 n. 71 ha inaugurato un’importante stagione di riforma dell’ordinamento giudiziario delegando l’Esecutivo a riscrivere buona parte delle norme incluse nel Regio Decreto 30 gennaio 1941, n. 12 e ad introdurre nuove regolamentazioni per specifici settori ordinamentali. Nell’ambito di discipline settoriali dedicate, il Legislatore delegato ha iscritto la nuova regolamentazione per il collocamento fuori ruolo dei magistrati, confluita nelle nuove disposizioni di cui al Decreto legislativo 28 marzo 2024 n. 45 (di attuazione della delega legislativa di cui all’art. 1, comma 1, della legge 71/2002). Spicca, nel nuovo riordino delle regole, la neonata disciplina ad hoc per gli incarichi fuori ruolo svolti in ambito internazionale.
2. Le genesi e le ragioni
In termini generali, il collocamento fuori ruolo è la destinazione di un dipendente pubblico ad una amministrazione o organo diversi da quello di appartenenza, per svolgervi temporaneamente una prestazione lavorativa.
Lo statuto ordinamentale dei magistrati (il r.d. 12/1941) tipizza esclusivamente una tipologia di collocamento fuori ruolo dei magistrati, ossia quello con destinazione presso il Ministero della giustizia (art. 196). Prevede, poi, la generale possibilità che ai magistrati siano conferiti incarichi in virtù dei quali debba essere “sospeso il servizio giudiziario” (art. 210), quanto a dire il collocamento fuori del ruolo organico della magistratura. La disciplina originaria è, quindi, scarna dal punto di vista dei contenuti normativi. Il più sostanziale (successivo) intervento normativo (sulla base della delega di cui alla legge n. 150/2005), è il Decreto legislativo 5 aprile 2006 n. 160, che regola in modo innovativo la materia ma nulla specifica quanto ad eventuali incarichi svolti in ambito internazionale. Insomma, ancora non esiste una disciplina normativa specifica per i “magistrati che svolgono incarichi a livello internazionale”.
Il maggiore interesse per un arsenale di regole dedicato risponde, invero, ad una rapida e importante evoluzione dell’ordinamento italiano nel contesto della comunità internazionale e, più in particolare, quella europea, profondamente trasformata dall’entrata in vigore, nel 2009, del Trattato di Lisbona (successivo, quindi alla legge delega del 2005 che è, in effetti, anteriore anche alla firma del Trattato UE di riforma). Nello spirito del r.d. n. 12 del 1941, la destinazione di magistrati al Ministero della Giustizia risponde all’esigenza di garantire che l’obiettivo di presidiare l’indipendenza e i principi costituzionali che governano la giurisdizione possa godere, almeno in parte, della presenza della magistratura, poiché prima destinataria delle norme da attuare ed applicare per la funzione assegnata in via esclusiva dalla Carta costituzionale, in modo scevro da ogni conflitto di interessi. Essendosi, nel tempo, spostato il centro legislativo in modo sostanziale verso un sistema multilivello – là dove decisioni anche fondamentali sono assunte in contesti internazionali e non a Roma – è maturata sempre più la consapevolezza di dover “allargare” l’orizzonte rafforzando la presenza degli esperti nei centri normativi europei e della comunità internazionale.
Basti pensare che, in tempi recenti, tramite un atto europeo (Reg. UE 2017/1939) è stata finanche modificata la stessa struttura e composizione dell’ordinamento giudiziario mediante la creazione della Procura giudiziaria europea («EPPO») che ha comportato (ad oggi) l’aumento del ruolo organico del personale della magistratura ordinaria (di 20 unità; v. legge n. 142/2021) e la creazione delle nuove figure dei pubblici ministeri europei delegati (PED) presso i Distretti individuati dal legislatore; ma, soprattutto, la creazione di una nuova autorità giurisdizionale europea che svolge indagini, esercita l’azione penale ed esplica le funzioni di pubblico ministero dinanzi agli organi giurisdizionali competenti degli Stati membri per i reati attribuiti alla sua competenza.
Al contempo, il ricorso all’utilizzo dei magistrati in contesti internazionali ed europei è sempre più diventato una esigenza fondamentale per garantire la partecipazione dell’Italia a strumenti di cooperazione giudiziaria multilivello e la presenza della magistratura in reti (network) molto importanti per lo scambio di informazioni, il supporto e l’assistenza all’attività giurisdizionale. Si pensi, ad esempio, ai magistrati di collegamento, alle reti giudiziarie europee, ai progetti internazionali dedicati ai giudici.
In un contesto del genere, così rinnovato, è stata fortemente avvertita l’esigenza di dotare l’ordinamento italiano di nuove regole specifiche per allineare le norme interne alle nuove esigenze, al passo con le risposte già da tempo offerte dalla maggior parte degli altri Stati Membri dell’UE superando molteplici problemi determinati alla presenza di un'unica disciplina nazionale valevole per ogni tipo di incarico, vuoi nazionale che di tipo internazionale.
Il Legislatore ha così approvato, in occasione della legge 17 giugno 2022 n. 71, di riforma dell’ordinamento giudiziario, una specifica delega per l’introduzione – per la prima volta in Italia – di un regime giuridico ad hoc regolativo degli incarichi svolti a livello internazionale, contenuto nell’art. 5 che riguarda il “collocamento fuori ruolo dei magistrati ordinari, amministrativi e contabili”. In questa disposizione, spicca il comma 1, lett. i) dove l’Esecutivo è delegato a “disciplinare specificamente, con regolamentazione autonoma che tenga conto della specificità dell'attività, gli incarichi fuori ruolo svolti in ambito internazionale”, quanto a dire un ventaglio di disposizioni “specifiche” ed “autonome”, quindi, collocate in una cornice regolatoria fuori dal regime generale del fuori ruolo generico.
“La disposizione appare espressione della consapevolezza da parte del legislatore dell’obbligo per l’Italia di contribuire al funzionamento delle autorità giudiziarie internazionali ed europee e delle relative missioni, attraverso la partecipazione ad esse di magistrati ordinari, delle peculiarità delle attività svolte in ambito internazionale e della conseguente necessità di disciplinare specificamente gli incarichi in questione” (CSM, parere 16 marzo 2022).
La legge delega non ha indicato, in modo chiaro, quale soluzione adottare per dare corpo al nuovo status dei magistrati cui conferiti incarichi internazionali e non ne ha in modo preciso delimitati i confini (in quali casi?). Nel suo parere del CSM, del 16 marzo 2022, il CSM ha, tuttavia, suggerito al Legislatore delegato una precisa strada da percorrere: “anche sulla scorta di recenti novità normative a livello europeo, che hanno evidenziato il progressivo espandersi delle attività giudiziarie transfrontaliere”, si avverte “l’esigenza di superare la tradizionale dicotomia degli incarichi in ruolo/fuori ruolo” al fine di tener presente l’obbligo per l’Italia di “garantire l’assegnazione di magistrati italiani senza frapporre ostacoli dettati dalla normativa interna”.
3. Il nuovo status degli incarichi ex art. 11 (3)
Il decreto legislativo n. 45 del 2024 realizza gli obiettivi presi di mira dalla legge n. 71/2022 introducendo una disciplina specifica per gli incarichi fuori ruolo svolti in ambito internazionale. Più nel dettaglio, il regime differenziato e di favore è quello racchiuso nell’art. 11 comma 3 che riguarda gli incarichi conferiti ai magistrati per funzioni da svolgere in ambito internazionale beneficiando di uno status diverso: magistrati che possono essere qualificati come aventi “funzioni di livello internazionale” per distinguerli da tutti gli altri incarichi all’estero che non ricadono nel regime giuridico ad hoc introdotto dal d.lgs. n. 45 del 2024).
Gli incarichi ex art. 11 (3) sono quelli “di coordinamento e/o di supporto all’attività giudiziaria e giurisdizionale svolti a livello internazionale”.
Il Legislatore delegato regola diversi aspetti: 1) lo status dei magistrati cui conferiti incarichi ex art. 11 (3); 2) le condizioni per beneficiare di questo status (“in quali casi”); 3) la disciplina applicabile.
Il decreto legislativo n. 45/2024, per tutti questi tre aspetti principali, dà corpo alla delega legislativa non provvedendo, tuttavia, a una disciplina autonoma ma, piuttosto, inserendo norme specifiche nel corpus generale, ove spicca, perché la più importante, l’art. 11, comma 3. Questo “innesto” della disciplina speciale nell’ambito del regime giuridico generale non ha giovato alla chiarezza del regime applicabile e, anzi, invero, registra anche alcune contraddizioni.
Ad ogni modo, quanto allo “status” dei magistrati cui conferiti incarichi internazionali, il d.lgs. 45/2024 segue la linea indicata dal CSM e supera la stretta dicotomia tra magistrati “in ruolo” e “fuori ruolo”.
La modifica normativa, dal carattere del tutto inedito, inaugura, infatti, una categoria di magistrati formalmente “fuori ruolo” la cui attività, però, si considera come “effettivo esercizio delle funzioni proprie della magistratura”. È quanto chiarisce l’art. 4 sui requisiti per il collocamento fuori ruolo. Infatti, “il collocamento del magistrato fuori ruolo non può essere autorizzato se (…) sono decorsi meno di dieci anni di effettivo esercizio delle funzioni proprie della magistratura” (art. 4, comma 1, lett. a). A questi fini, lo svolgimento degli incarichi di cui all'articolo 11, comma 3 è computato come effettivo esercizio (v. art. 4, comma 2). Così, pure, chiarisce la circolare del CSM n. 13778 del 24 luglio 2014 (“Disposizioni in tema di trasferimenti dei magistrati, conferimento di funzioni e destinazione a funzioni diverse da quelle giudiziarie”), aggiornata il 24 luglio 2024. Il nuovo articolo 104 (Requisiti per il collocamento fuori ruolo) specifica che “ai fini del computo del periodo di effettivo servizio si tiene conto (…) dei periodi in cui il magistrato ha svolto incarichi di coordinamento e/o di supporto all’attività giudiziaria e giurisdizionale svolta a livello internazionale” (art. 11, comma 3, d.lgs. n. 45/2024).
Insomma: il magistrato svolge funzioni effettive proprie della magistratura anche quando svolge un incarico ex art. 11 (3).
La nuova disciplina, ovviamente, con riguardo a tale aspetto, si applica anche per gli incarichi già svolti alla data di entrata in vigore della normativa, ove possano essere qualificati come “11, comma 3”.
La natura speciale e autonoma di questa tipologia di incarico è testimoniata anche da altri elementi di disciplina normativa: ad esempio, gli incarichi di cui all’art. 11, comma 3, “possono essere autorizzati anche nel caso in cui sia raggiunto il numero massimo” di magistrati fuori ruolo (180): proprio perché non si computano in questo numero.
Si tratta, dunque, di un tertium genus in cui l’attività fuori ruolo è equiparata a quella giudiziaria tipica. Proprio per tale ragione, questo tipo di incarico non è sottoposto ad alcun termine di durata e prescinde da eventuali periodi di fuori ruolo “ordinario” precedentemente prestati.
Gli incarichi dei magistrati ex art. 11, comma 3, ottengono, dunque, un generale favore rispetto agli altri e ancor più rispetto agli ordinari generali (non internazionali) per i quali finanche la durata massima è ridotta a sette anni. Questo “cambio di pagina” è razionale e ha una precisa giustificazione: in primo luogo, gli incarichi internazionali sono una minima e ridottissima parte di quelli complessivi fuori ruolo (quindi l’impatto è esiguo); in secondo luogo, testimoniano la consapevolezza del fatto che la magistratura deve poter presenziare, senza ostacoli formali, in quelle sedi in cui può essere in gioco la stessa indipendenza dei magistrati e dove si trova la genesi del diritto UE e sovranazionale che poi la giurisdizione dovrà applicare e interpretare.
4. Gli incarichi ex artt. 11 (3): contenuti
Il decreto legislativo n. 45 del 2024 non tipizza gli incarichi internazionali ex artt. 11, comma 3 e ciò a ragione: il criterio identificativo è sostanziale (“cosa fanno”) piuttosto che formale (“quali sono”) e ciò proprio in linea con gli obiettivi della riforma che, come detto, punta a garantire la partecipazione dell’Italia ai più importanti processi decisionali sovranazionali con impatto sul comparto Giustizia. Ciò nondimeno, la disposizione enuclea delle specifiche coordinate e disegna i criteri che fungono da cartina da tornasole per poter accertare se un incarico sia o non “speciale” nei sensi di cui all’art. 11, 3 cit.
Si tratta di incarichi che hanno ad oggetto attività di “coordinamento” oppure (in senso di alternativa) di “supporto”. Quindi, rientrano nella norma sia le attività di supporto che quelle di coordinamento. Questa essendo l’attività, essa deve poi rivolgersi ad una precisa finalità: il coordinamento/supporto deve avere come destinataria “l’attività giudiziaria” oppure (in senso di alternativa) “l’attività giurisdizionale”. Infine, c’è un elemento di contesto: gli incarichi devono essere “svolti a livello internazionale”.
La disposizione è stata oggetto di un minuzioso parere dell’Ufficio studi del CSM del 20 marzo 2024 che, in prima lettura, ha offerto una interpretazione della nuova norma.
Il punto di partenza del CSM è la “constatazione che le attività giudiziarie svolte a livello nazionale sono sempre più condizionate da scelte di politica giudiziaria che vengono adottate al di fuori dei confini nazionali. Ciò trae conferma dalla evidenza di un ordinamento giuridico sempre più permeato dalle norme internazionali di origine regionale (UE) o globale (Convenzioni internazionali) con il connesso diritto-dovere di prendere parte a detto processo di formazione delle scelte sovranazionali”. La disposizione intenderebbe, quindi, rivolgersi proprio a queste attività tenendo conto della lettera della norma anche del suo spirito; in concreto, sarebbero incarichi ex art. 11, comma 3 quelli “che si occupano di elaborare proposte normative in materia di giustizia (sempre più spesso direttamente applicabili nell’ordinamento giuridico interno) o che gestiscono reti di cooperazione giudiziaria in materia civile o penale”. Per il CSM “si tratta infatti di incarichi orientati alla elaborazione, attuazione, coordinamento o monitoraggio di politiche giudiziarie e che hanno un impatto diretto sull’amministrazione della giustizia a livello nazionale, in quanto intesi a verificare il modo in cui il nostro ordinamento si conforma al diritto sovranazionale partecipando alle scelte sottese al modo di essere di quest’ultimo”.
Dando corpo a questa lettura, rientrerebbero nell’art. 11 comma 3 gli incarichi aventi una ricaduta sulla giurisdizione o sull’amministrazione della Giustizia come l’attività di negoziazione bilaterale dei Trattati in materia di estradizione, di trasferimento dei detenuti e di assistenza giudiziaria, ovvero di accordi dal contenuto tecnico-giuridico destinati a disciplinare le relazioni fra autorità giudiziarie, nonché quelle di formazione degli atti normativi europei e internazionali, la negoziazione dei regolamenti e delle direttive europee presso gli organi legislativi dell’Unione.
In buona sostanza confluirebbero nella nozione di incarichi ex art. 11(3) tutti quelli deputati a svolgere funzioni di cooperazione giudiziaria internazionale o di partecipazione dell’Italia, a mezzo del magistrato, ai processi decisionali che incidono sulla Giustizia italiana: da qui, l’appellativo “magistrati con funzioni internazionali” (dove rientrano anche quelli preposti alla cd. legal diplomacy).
Si tratta di un criterio di lettura che coglie nel segno e, soprattutto, da un lato conferisce razionalità e dall’altro indica una direzione univoca al tessuto legislativo di riferimento.
La ratio dell’intervento normativo è quella di rafforzare la partecipazione dell’Italia ai processi sovranazionali che riguardano la “Giustizia”, intesa come attività dei magistrati (attività giurisdizionale) o amministrazione e gestione giudiziaria (attività giudiziaria). È anche quella di incentivare e rafforzare i modelli di cooperazione che sono, oggi, essenziali per il buon funzionamento della stessa giurisdizione: l’istituzione e il coordinamento delle reti giudiziarie; i contributi a livello internazionale per la lotta alla corruzione; il lavoro svolto a livello di multilateralismo per favorire i rapporti internazionali (ad es., a livello di Conferenza dell’Aja). In tutti questi casi, il magistrato incaricato ex art. 11(3) diventa uno “strumento” della magistratura, un tassello di un più ampio disegno in cui alle classiche funzioni “interne” si affiancano funzioni “esterne”, in poli strategici.
Prendono così corpo i concetti di “supporto” e “coordinamento” che, principalmente, richiamato le attività di cooperazione giudiziaria solta a livello internazionale.
Il coordinamento è, ad esempio, quello che svolge, in senso tecnico, il magistrato di collegamento o l’esperto presso le reti giudiziarie internazionali: quanto a dire mettere in contatto diversi soggetti al fine di facilitarne i rapporti, lo scambio di informazioni o la collaborazione. E ciò a beneficio della giurisdizione.
Il supporto “giuridico” è l’assistenza, anche sotto forma di consulenza, partecipazione tecnica ai lavori negoziali che riguardano i temi della Giustizia.
In entrambi i casi, si tratta di attività non giurisdizionali o giudiziarie ma nemmeno tout court “amministrative”, che riverberano i loro effetti direttamente sull’Amministrazione della Giustizia nel suo complesso. Nell’ottica dell’art. 11 (3) sono, però, attività svolte in un livello “internazionale” concetto da intendere in senso classico ossia “all’estero”. Questo criterio limita notevolmente il numero degli incarichi che ricadono nell’art. 11(3) ma, a ben vedere, è proprio per la presenza italiana “all’estero” che si è avvertita l’esigenza di un regime speciale particolareggiato alla luce degli effetti fisiologici che comporta la mobilità internazionale. È proprio in questo caso – permanenza all’estero – che si giustifica la rimozione dello sbarramento dei termini massimi di “fuori ruolo” proprio per garantire la continuità della presenza in loco degli esperti italiani fintanto che l’interesse primario persiste o l’attività in corso non venga completata.
Volendo trarre delle conclusioni pratiche, si possono individuare delle specifiche categorie di incarichi che, in linea di principio, ricadono nell’art. 11 (3) perché si sostanziano in attività di supporto o coordinamento ad attività giurisdizionali o giudiziarie.
A ben vedere, sulla base delle stringenti coordinate normative, gli incarichi di diplomazia giuridica non sono numerosi e sono tutti accomunati da uno stesso identico tratto comune: incarichi internazionali la cui attività ha effetti diretti sul “mondo della Giustizia”.
1) Gli esperti impegnati in progetti internazionali di cooperazione giudiziaria. Si tratta di quei progetti ufficiali basati su accordi internazionali (in primis europei) che prevedono la partecipazione di magistrati per realizzare obiettivi comuni quali la conclusione di Trattati di cooperazione giudiziaria o lo scambio strategico di informazioni tra le autorità giudiziarie. Si pensi, ad esempio, al programma regionale europeo di assistenza tecnica ai paesi dell’America Latina «EL PAcCTO» istituito dal Vertice dei Capi di Stato e di Governo UE-CELAC che, di recente, ha portato all’adozione di un protocollo multilaterale per la protezione delle vittime di tratta e di traffico di esseri umani (a uso di giudici, pubblici ministeri, etc.). Non a caso, proprio il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e l’IILA (Organizzazione internazionale italo-latino-americana) hanno affermano che questo progetto “coordina e supporta l’attività giudiziaria e giurisdizionale a livello internazionale nella lotta alla corruzione e alla dimensione economica del crimine”.
2) Gli esperti giuridici destinati a missioni diplomatiche ma limitatamente a quelli che sono impegnati direttamente in attività di cooperazione giudiziaria e assistenza/coordinamento nei sensi già spiegati. In questo senso, possono essere richiamati gli esperti giuridici presso le Rappresentanze Permanenti. Può essere citato, a titolo di esempio, il più recente esempio di coordinamento e assistenza all’attività (in questo caso) giurisdizionale. La Rappresentanza Permanente d’Italia presso l’Unione europea – a mezzo dei suoi esperti giuridici – ha coordinato e negoziato il testo di atto del Consiglio dell’UE che, a giugno del 2024, ha istituito la nuova “rete giudiziaria europea contro la criminalità organizzata” (EJOCN): si tratta di un nuovo polo strategico che riunisce pubblici ministeri di tutti gli Stati Membri che, con il supporto di Eurojust e il coordinamento delle Rappresentanze ha, tra l’altro, i seguenti compiti: a) attività di individuazione e di registrazione delle tendenze e delle modalità operative dei gruppi della criminalità organizzata; b) orientamenti strategici per la lotta al traffico di droga e alla criminalità organizzata; c) agevolare ulteriormente il lavoro operativo di Eurojust, delle squadre investigative comuni (SIC) e delle autorità di contrasto; d) informare sulle implicazioni del quadro giuridico diversificato all'interno e all'esterno dell'Europa. La Rappresentanza Permanente d’Italia ONU ha seguito e negoziato i lavori che hanno condotto all’accordo per l’importantissima Convenzione ONU sulla lotta al “cybercrime”. In tutti i casi, tramite il supporto e il coordinamento delle Rappresentanze, viene innovato o modificato proprio il substrato normativo della giurisdizione: si pensi, a titolo di esempio, al nuovo massiccio innesto UE di proposte legislative nel settore del diritto penale sostanziale (es. Direttiva UE sulla violenza contro le donne, n. 1385/24), del processo civile (Direttiva UE cd. SLAPP sulle liti temerarie, n. 1069/24) o della giustizia digitale (v. Reg. UE n. 2844/24 sulla digitalizzazione).
3) Gli esperti preposti a svolgere l’attività di negoziatori per strumenti giuridici vincolanti deputati a introdurre norme nel settore della Giustizia e, quindi, aventi un impatto rilevante sulla magistratura e, in generale, sull’amministrazione della giustizia. Valga considerare, tra i tanti esempi, uno eclatante: l’istituzione della Procura europea (EPPO) che ha radicalmente modificato il volto dell’ordinamento italiano (Regolamento UE 2017/1939 relativo all'attuazione di una cooperazione rafforzata sull'istituzione della Procura europea. In questo ambito ricadono anche gli incarichi di “esperto nazionale distaccato” (END), espressamente citati da parere dell’Ufficio studi del CSM ma, anche in questo caso, esclusivamente per quegli END che, per l’appunto, sono svolti nel settore della Giustizia.
4) Gli esperti con incarichi in reti giudiziarie e gli esperti nazionali distaccati – cd. END – purché con attività che resta nella cornice della “giustizia” (citati espressamente dal parere dell’Ufficio studi del CSM). La maggior parte degli incarichi di esperti nelle reti giudiziarie non è svolta, invero, in regime di collocamento fuori ruolo ma come incarico extragiudiziario perché si tratta di posizioni che comportano sporadicamente impegni di mobilità all’estero. Nei casi in cui, invece, l’attività sia prevista come da svolgersi in modo permanente all’estero, allora ci si ritrova nell’art. 11 (3). Si può citare, facendo sempre riferimento a casi recenti, ai magistrati incaricati di svolgere attività di supporto e coordinamento in Ucraina, a seguito del conflitto bellico in corso: quanto a dire, aiutare la raccolta delle prove dei crimini di guerra e contro l’umanità per garantire, in futuro, la punibilità dei crimini anche in Italia.
A ben vedere, tutte le categorie citate si qualificano come incarichi ex art. 11(3) utilizzando la “cartina di tornasole” del parere dell’Ufficio studi del CSM e, soprattutto, consegnano in modo univoco una figura coerente di magistrato che, in tutte le categorie citate, ha lo stesso ruolo dal punto di vista sostanziale.
Recentemente, il Plenum del Consiglio Superiore della Magistratura, con delibera del 20 novembre 2024, ha confermato la lettura del proprio Ufficio studi e la linea di interpretazione della disposizione qui illustrata, relativamente a un caso specifico riguardante, al contempo, gli END (connessi alla Giustizia) e gli incarichi di esperto presso la Rappresentanza permanente d’Italia presso l’UE: il CSM ha concluso qualificando entrambi questi incarichi come attività ex art. 11 (3). Per il CSM per “attività di supporto all’attività giudiziaria o giurisdizionale a livello internazionale” devono intendersi “lo svolgimento di funzioni di elaborazione e redazione degli atti legislativi dell’Unione, nonché l’attività di interpretazione e applicazione della normativa europea nella fase di negoziazione”.
Volendo volgere uno sguardo all’impatto numerico, questa interpretazione circoscrive molto l’ambito di applicazione del nuovo art. 11 (3) perché si applica solo a incarichi: a) svolti all’estero; b) svolti nel settore della cooperazione giudiziaria; c) con riferimento ad attività che hanno ricadute sulla Giustizia.
Conti alla mano, guardando allo status quo, ad esempio, si tratterebbe di circa 10 incarichi in tutto.
5. Magistrati con funzioni di livello internazionale
Sotto la spinta della riforma approvata nel 2024, il volto dell’ordinamento giudiziario è mutato e presenta, oggi, tre diverse categorie di magistrati: 1) i magistrati con funzioni giudiziarie; 2) i magistrati fuori ruolo (in Italia o all’estero); 3) i magistrati con funzioni di livello internazionale (che sono solo quelli di cui all’art. 11, comma terzo, più volte citato).
Si tratta di una inevitabile e importante evoluzione dell’ordinamento giudiziario che non potrebbe più restare “isola” di funzionari pubblici unicamente destinati alle funzioni giudiziarie. L’Italia si conforma, così, al panorama europeo (in particolare Francia, Spagna e Germania) che, invero, lo stesso CSM ha in diverse occasioni richiamato: ad esempio, in calce al parere espresso con riferimento all’Agenzia Eurojust ove ha affermato che “la distinzione dell’attività dei magistrati in ruolo e fuori ruolo non trova applicazione nella maggioranza degli ordinamenti degli altri Stati membri (…) e ciò spiega perché la normativa europea non abbia considerato tale problematica e si sia da tempo indirizzata sic et simpliciter verso la creazione di nuove figure di magistrati dei diversi Stati membri operanti in territorio europeo” (cfr. CSM, risoluzione del 18.11.2020).
Le norme sono cambiate: ora, probabilmente, restano da cambiare le menti.
Immagine: Embroidered map sampler, 1783, seta, from the Collection of Mrs. Lathrop Colgate Harper, Bequest of Mabel Herbert Harper, 1957, Metropolitan Museum of Art, New York.