Sez. 1, Ordinanza interlocutoria n. 30993 del 2025 del 5/11/2025
La vicenda processuale sottoposta all’attenzione della Corte di cassazione trae origine da un matrimonio celebrato con rito concordatario nel lontano luglio 1978, tra due persone che hanno condiviso un percorso di vita familiare protrattosi per oltre vent’anni, allietato dalla nascita di due figli e segnato da eventi dolorosi. Dopo decenni, nel 2021, il tribunale ecclesiastico regionale competente ha dichiarato la nullità di quel vincolo per difetto di discrezione di giudizio e per incapacità psichica del marito di assumere gli obblighi essenziali del matrimonio, pronuncia resa esecutiva dal Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica.
Nel 2023, il marito ha chiesto alla Corte d’appello di riconoscere efficacia civile alla sentenza ecclesiastica. La Corte distrettuale ha accolto la domanda, ordinando la trascrizione della pronuncia nei registri dello stato civile. La moglie, costituitasi tardivamente, ha invocato la lunga convivenza coniugale, durata ben oltre il triennio, quale ostacolo alla delibazione per contrasto con l’ordine pubblico interno, richiamando la giurisprudenza che attribuisce alla convivenza stabile il valore di limite inderogabile. Tuttavia, la Corte d’appello ha ritenuto tale deduzione tardiva, qualificandola come eccezione in senso stretto, soggetta a decadenza se non proposta nella comparsa di risposta entro il termine di legge.
Il quesito posto dal ricorso attiene alla natura dell’eccezione della convivenza ultra-triennale, ostativa alla delibazione, e all’interrogativo se essa debba continuare a considerarsi eccezione in senso stretto, come affermato dalle Sezioni Unite nel 2014, o se tale qualificazione possa essere rimeditata a favore della rilevabilità d’ufficio, in ragione della sua stretta connessione con la materia dell’ordine pubblico.
La Prima Sezione civile, pur condividendo la rilevanza della convivenza quale limite alla delibazione, non ritiene più convincente la soluzione che ne circoscrive la rilevabilità all’iniziativa della parte. Affidare alle parti il potere di far valere un principio di ordine pubblico significherebbe renderlo, di fatto, derogabile. Il Collegio osserva che, se dagli atti emerge una comunione materiale e spirituale protrattasi per anni, accompagnata dalla nascita di figli, il giudice dovrebbe poter negare l’efficacia civile alla sentenza ecclesiastica senza essere vincolato da decadenze processuali.
Muovendo da queste considerazioni, la Prima Sezione, con ordinanza interlocutoria, ha disposto la rimessione alle Sezioni Unite ai sensi dell’art. 374, terzo comma, cod. proc. civ., sollecitando una rimeditazione del principio enunciato nel 2014, che pur innovativo allora, oggi potrebbe rilevarsi riduttivo.
L’obiettivo è verificare se la convivenza ultra-triennale debba continuare a essere trattata come eccezione in senso stretto o, piuttosto, come fatto ostativo rilevabile d’ufficio, in coerenza con la natura inderogabile dell’ordine pubblico matrimoniale e con la tutela del coniuge debole, ribadendo che la questione investe principi di rango costituzionale e valori fondamentali dell’ordinamento, tra cui la protezione della famiglia e la salvaguardia della solidarietà coniugale.
L’ordinanza non rompe con il passato, ma apre un varco per un’evoluzione coerente con i principi costituzionali e con la funzione nomofilattica della Cassazione, nell’ottica della rimeditazione del diritto vivente alla luce del tempo e dei valori.
Immagine: Edmund Blair Leighton, Il registro di matrimonio, 1920, Museum and Art Gallery, Bristol
