Nicolò Lipari Maestro di passione civile e di rigore antidogmatico. Le Sue tante lezioni.
di Mirzia Bianca
La scomparsa di Nicolò Lipari ha lasciato la comunità scientifica in uno stato di grande smarrimento. La Sua presenza costante e attiva ha attraversato la vita di generazioni di giuristi, accademici e giudici, studiosi di altre discipline, arricchendo i dibattiti con una personalità poliedrica affascinante e intrisa di grande umanità.
Non sono stata Sua allieva ma ho avuto la fortuna di averlo come Presidente all’ultimo concorso di professore associato su base nazionale, in cui ero candidata. Per me e, credo per i miei colleghi di concorso, è stata un’esperienza unica, che ci ha consentito di conoscere anche le Sue doti umane. Il Professore arrivava la mattina prima di noi e la Sua puntualità era da noi avvertita come segno di grande rispetto nei nostri confronti. Prima dello svolgimento dei lavori in Sala delle Lauree della Facoltà di Giurisprudenza di Roma La Sapienza, in cui ha insegnato per tanti anni, si soffermava a chiacchierare con noi nell’atrio. Quel dialogo era per noi indispensabile per sciogliere l’ansia che ci assaliva per una prova su cui avevamo puntato la nostra vita. Ricordo la Sua autorevolezza mista a grande gentilezza ed eleganza. Dopo tanti anni, grazie all’iniziativa di Andrea Mora, ci siamo ritrovati ancora una volta tutti insieme all’Università di Modena con il Professore che coordinava i lavori di un Convegno in cui esponevamo la tesi delle nostre opere monografiche che avevamo presentato al concorso, per saggiarne l’applicazione e le linee evolutive. Abbiamo continuato a dialogare con Lui e grazie a Lui abbiamo avuto la sensazione di appartenere ad una comunità.
Per Nicolò Lipari, come per i grandi Maestri, era impossibile scindere il piano personale da quello professionale. La Sua onestà intellettuale e la Sua forte impronta etica erano i tratti caratterizzanti dell’uomo e del giurista. Il legame tra l’uomo e il giurista spiega il forte legame che egli avvertiva tra il diritto e la società, un diritto che lui concepiva ex latere societatis. Si comprende così la Sua passione per le scienze sociologiche, già anticipata nella Prolusione del 1968 intitolata “Il diritto civile tra sociologia e dogmatica”. Non si tratterà solo di una passione ma della costruzione delle fondamenta della Sua dottrina e della Sua concezione del ruolo del diritto nella società. Per questa ragione il Suo pensiero può definirsi rivoluzionario perché ha cambiato completamente le coordinate della scienza giuridica. Vissuto in un periodo di transizione tra la tradizionale cornice dogmatica e le nuove istanze della postmodernità, enfatizzate dalla complessità delle fonti e dal passaggio dal sistema monistico del codice civile al sistema pluralistico composto dalla Costituzione e dalle fonti europee, egli ci ha donato la bussola che ci ha consentito di navigare nel nuovo mare della modernità con una nuova consapevolezza. Ne sono una testimonianza i volumi dedicati al Diritto privato europeo. Nicolò Lipari ci ha insegnato a ragionare in modo diverso dal passato, regalandoci una nuova cultura che ha definito un nuovo modo di intendere il diritto, che ha prodotto frutti in ogni campo. Il passaggio da lui predicato con costanza e coerenza da una scienza teoretica ad una scienza pratica, ci ha consentito di superare gli steccati dei settori scientifico-disciplinari, riportandoci ad un diritto senza attributi, quale strumento a servizio dell’uomo e della società. La Sua battaglia contro le categorie giuridiche[1] è stata una battaglia contro il formalismo e il dogmatismo che egli ci ha insegnato con rigore. Tale battaglia è stata da lui condotta a tutto campo, non solo in sede di elaborazione scientifica, ma in sede di insegnamento universitario. La Sua preoccupazione per la formazione degli studenti nasceva proprio dal disagio di avvertire uno scollamento tra realtà empirica e un insegnamento universitario ancora fortemente ancorato al dogmatismo e alle categorie giuridiche. Da questa preoccupazione nasce la Sua opera “Diritto privato. Una scienza per l’insegnamento”[2], opera da Lui concepita con grande preveggenza negli anni ’70 e condotta insieme ad altri colleghi ed allievi. La ritrosia a concepire il diritto quale scienza teoretica ci ha aiutato inoltre a cogliere le criticità di nuovi istituti del diritto civile, come la convivenza di fatto che la dottrina tradizionale cercava di imbrigliare in categorie precostituite[3]. Inoltre la Sua impostazione ha inciso profondamente sulla comprensione del ruolo del giudice[4]. Convinto che la funzione del giudice non potesse limitarsi come in passato a fedele custode della legge, ruolo che con linguaggio simbolico Egli paragonava a quello del farmacista “chiamato a prendere dagli scaffali delle regole la regola corrispondente ad una regola da altri confezionata e offrirla all’utente”[5], egli ha delineato i confini di una professione volta a realizzare il difficile compito di coniugare la complessità delle vicende umane con i principi dell’ordinamento, inteso nella sua dimensione anche sovranazionale.
Il Suo insegnamento ci ha consentito così di comprendere la portata di decisioni importanti, come la sentenza Englaro, prendendo le distanze da critiche troppo affrettate, arroccate sul tradizionale ruolo del giudice e cieche a cogliere la portata di giustizia di quella decisione. Ci ha così insegnato l’importanza del dialogo tra accademia e magistratura. In linea generale Nicolò Lipari era un giurista del dialogo e della condivisione e per questo era molto generoso intellettualmente. Amava dialogare con i Suoi allievi, con gli studenti a lezione, con i giudici, con i colleghi più giovani, amava condividere subito i Suoi preziosi scritti. Alla fine dei numerosi convegni, cui era costantemente invitato a partecipare, si creava sempre attorno a Lui un capannello di persone, con le quali il Maestro si soffermava a parlare con passione. Con Lui abbiamo avuto tutti il privilegio di sentirci parte di una comunità scientifica, affidata alla Sua mirabile direzione. La Sua generosità intellettuale è testimoniata dalle interviste che ha rilasciato su temi cruciali del diritto[6].
Il forte legame che egli avvertiva tra il diritto e la società e la Sua impostazione valoriale sono state la ragione del Suo impegno civile e politico, impegno non usuale per un accademico. Tale impegno politico è stato il corollario di una prospettiva che vede il giurista calato attivamente nei problemi della società e chiamato a dare ad essi una soluzione. Il Suo impegno nel dibattito sul divorzio e in quello che ha preceduto la Riforma del diritto di famiglia del 1975 sono alcune significative testimonianze della Sua spinta ideale[7].
Il connubio ideale tra diritto e società, che ha attraversato la parabola del Suo pensiero, gli ha consentito di concepire il diritto quale fenomeno culturale e di cogliere così le assonanze tra diritto e letteratura. Suggestive sono le Sue pagine dedicate all’opera di Sciascia[8] e di Dante Alighieri[9].
Oltre a questo mosaico di insegnamenti che renderanno imperitura la Sua figura di giurista, credo che la lezione più significativa che Nicolò Lipari ci ha lasciato riguarda proprio la funzione del diritto. Nella Sua opera “Elogio della giustizia”, che raccoglie ad unità e armonia le Sue tesi antidogmatiche, egli svela il mistero della funzione del diritto, scienza finalizzata alla realizzazione del valore della giustizia, sciogliendo così l’eterno conflitto tra Nomos e Dike a favore di quest’ultima Con questa lezione il Maestro, abbandonando le tesi formalistiche volte a scindere diritto ed etica, ci restituisce la vera funzione del diritto e ci dà speranza nella rivalutazione di una disciplina troppo spesso intesa esclusivamente quale mera interpretazione della norma giuridica. Uscita dalla polvere del formalismo la scienza giuridica si proietta così in una dimensione di utilità sociale, quale strumento a servizio dell’uomo e dei suoi diritti fondamentali. Questa lezione impone una riflessione profonda sui metodi di formazione universitaria e post-universitaria e sulla importanza dell’insegnamento del diritto, riflessione che non avrà confini temporali. Per questo Nicolò Lipari e il Suo pensiero ci accompagneranno nel tempo e ci saranno sempre da guida.
[1] N. Lipari, Le categorie del diritto civile, Milano, 2013.
[2] Bari, 1974.
[3] V. la sua bellissima Voce Famiglia (evoluzione dei modelli sociali e legali), in Enc. del diritto. I Tematici, IV, Famiglia, Volume diretto da F. Macario, Milano, 2022, 417.
[4] N. LIPARI, Il diritto civile tra legge giudizio, Milano, 2017 e le riflessioni al volume di R. CONTI, Leggendo l’ultimo Lipari, pubblicate in Questione Giustizia l’11 novembre 2017.
[5] V. testualmente N. LIPARI, in Vivere il diritto. A colloquio con G. Carapezza Figlia, V. Cuffaro e F. Macario, Napoli, 2023, 59.
[6] V. l’intervista sul ruolo della Cedu coordinata da R.Conti per questa rivista, intervista cui hanno partecipato N. Lipari e E. Navarretta e pubblicata su questa rivista il 9 gennaio 2020. Al genere letterario dell’intervista è dedicato il volume Vivere il diritto. A colloquio con G. Carapezza Figlia, V. Cuffaro e F. Macario, cit.
[7] V. la lettera inviata il 31 agosto 2024 dal Preside della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma La Sapienza, Prof. Oliviero Diliberto, in occasione della scomparsa del Maestro.
[8] N. LIPARI, Diritto e letteratura in “Todo modo”, in L. CAVALLARO – R. CONTI, (a cura di), Diritto verità giustizia. Omaggio a Leonardo Sciascia, Bari, 2021, 93 e ss.
[9] N. LIPARI, “Onde convenne legge per fren porre”. Dante e il diritto, Presentazione del volume di L. TERRUSI, edito da Cacucci (2022) per la Collana Biblioteca di cultura giuridica, diretta da P. Curzio, in Questione Giustizia, 14 maggio 2022.