Sommario: 1. Premessa. L’evoluzione del ruolo del Ministero della Giustizia nell’esercizio della funzione giurisdizionale. 2. I recenti interventi normativi che sembrano andare oltre i limiti dell’art. 110 Costituzione. 3. La conseguente odierna posizione degli uffici giudiziari e dei giudici a fronte di queste novità. 4. Alcune osservazioni di sintesi, la necessità che non si smarrisca il senso della giurisdizione e che i giudici non si trasformino in burocrati.
1. Ai sensi dell’art. 110 Cost. al Ministro della Giustizia spetta l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia.
L’esercizio della funzione giurisdizionale spetta invece, e come è noto, ai singoli giudici, che la esercitano in modo indipendentemente e autonomo da ogni altro potere (art. 104 Cost.), e la esercitano altresì individualmente, poiché i magistrati si distinguono solo per funzioni (art. 107 Cost.) e costituiscono (alcuni ritengono questo) un potere diffuso necessario alla democrazia del paese (art. 101 Cost.).
In questo contesto non spettano al Ministro della Giustizia, bensì al Consiglio Superiore della Magistratura, le scansioni della professione di giudice, ovvero le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari (art. 105 Cost.).
Orbene, questo assetto del funzionamento della giustizia, fortemente voluto dai nostri costituenti all’uscita del fascismo, a me sembra oggi entrato in crisi.
A me sembra, infatti, che a seguito della pandemia e del successivo PNRR, si avverta invece sempre più come necessaria una maggiore efficienza, un maggiore rigore.
Prima l’efficienza, poi l’assetto costituzionale.
Questa maggiore efficienza necessita a cascata di una maggiore uniformità, e questa maggiore uniformità tende inevitabilmente a valorizzare il ruolo del Ministro della Giustizia.
La giurisdizione è così sempre meno un potere diffuso, il pluralismo rischia di porsi in contrasto con il PNRR, e una certa gerarchizzazione della magistratura è vissuta oggi non tanto come un ritorno al passato, bensì come qualcosa che ci chiede l’Europa per ridurre l’arretrato.
Desidero quindi esternare queste mie preoccupazioni e ricordare in primo luogo alcuni recenti interventi normativi sul punto.
Essi sono solo degli esempi di un quadro più ampio, che comunque gli addetti ai lavori ben conoscono.
2. Questi gli interventi che mi paiono degni di segnalazione.
2.1. La Circolare ministeriale 22 dicembre 2021 del Dipartimento organizzazione giudiziaria (DOG), trasmessa a tutti i presidenti degli uffici giudiziari italiani, ha ritenuto prioritaria la creazione di una “Unità di Staff” dedicata “al monitoraggio statistico e deputata a creare il controllo sulla correttezza dell’inserimento dei dati nei registri, al controllo delle false pendenze, ed alle verifiche dell’andamento dei ruoli dei singoli magistrati”.
Detta “Unità di staff” è oggetto di specifica formazione da parte del Ministero (“La formazione sarà curata dal Ministero della giustizia”) e sarà composta anche da addetti non magistrati con specifiche competenze nelle discipline economiche e manageriali.
Detta Unità di Staff, inoltre, avrà il compito di “rendere maggiormente efficiente l’attività di gestione dei carichi di lavoro e di analisi delle politiche di riduzione dell’arretrato e dell’adozione di sistemi idonei a garantire la ragionevole durata dei processi”.
Il tutto deve tendere al “risultato atteso in termini di miglioramento della performance dell’ufficio”
Ciò considerato, prosegue la circolare, le SS.LL., ovvero i capi degli uffici giudiziari, dovranno provvedere “ad istituire come primo servizio quello inerente alle attività di monitoraggio statistico e di andamento organizzativo del lavoro” e “il personale addetto ai servizi di monitoraggio terrà i contatti diretti con la direzione generale di statica”.
Ed ancora: “La direzione generale di statica fornirà periodicamente il KIT statistico, che tra le varie cose contiene altresì il “disposition time”.
2.2. Ancora, il Ministero della Giustizia, con adozione del direttore generale del 26 luglio 2022, ha approvato un progetto per l’implementazione di modelli innovativi per lo smaltimento dell’arretrato.
Questo progetto, che mira ad “adeguare l’offerta formativa alle esigenze del sistema giudiziario” e a “rafforzare le sinergie tra il sistema della giustizia e il sistema della formazione e della ricerca universitaria” vede coinvolte anche le Università, le quali si sono dichiarate disponibili nella “redazione di progetti pilota per l’ufficio per il processo, analisi dell’arretrato e classificazione dei flussi, analisi, studio, realizzazione e miglioramento degli strumenti di conoscenza a disposizione della giurisdizione” ecc………, ma anche altresì ad occuparsi di “analisi, studio e sperimentazione di strumenti automatizzati per l’individuazione dei precedenti, analisi, studio e sperimentazione di strumenti di supporto alla scrittura della motivazione, redazione di modelli di provvedimento e/o atti a disposizione del sistema giudiziario, individuazione di aree di intervento per nuovi servizi verso l’utenza, individuazione di elementi critici a livello territoriale idonei a produrre domanda giudiziale al fine di proporre protocolli di intesa con gli stakeholder per intervenire sulle cause che generano flussi anomali di carichi di lavoro, individuazione di modelli previsionali dei carichi di lavoro al fine di aumentare la resilienza degli uffici giudiziari, elaborazione di linee guida per il change management”.
Premesso ciò, e considerato che per il raggiungimento di questi obiettivi è necessario che gli uffici giudiziari inviino i propri provvedimenti alle Università interessate affinché queste possano lavorare i dati ricevuti, e premesso che si rende conseguentemente necessario avere uno schema contrattuale di accordo, il Ministero della Giustizia ha elaborato un contratto standard di collaborazione tra uffici giudiziari e università.
Gli uffici giudiziari, così, e in base a tale contratto, trasmettono i loro provvedimenti alle università, e le università aiutano gli uffici giudiziari ad aumentare la loro produttività “migliorare la qualità del lavoro dei giudici” “supportare il processo di digitalizzazione ed innovazione tecnologica” “individuare metodi uniformi per ridurre l’arretrato civile” “aumentare l’utilizzo delle tecnologie ed in particolare dei software utilizzati dai giudici”.
2.3. Con l’avvento del processo telematico, inoltre, la libertà dei giudici di comporre liberamente i propri provvedimenti è andata sostanzialmente persa, ed oggi, preferibilmente, direi necessariamente, gli atti e i provvedimenti giurisdizionali devono inquadrarsi in schemi preconfezionati.
Questi schemi da utilizzare per rendere giustizia sono i software preparati dal Ministero della Giustizia, e molti incontri di studio sono stati organizzati per spiegare ai magistrati l’utilizzazione corretta di questi programmi.
Qui ricordo le schede del Ministro della Giustizia, FN163 e FN164, CARTABIA 2023 – SICID, sulle modifiche relative alla riforma Cartabia per gli uffici giudiziari di merito.
Queste schede, complete di grafici e di indicazioni alle quali i magistrati si devono attenere, evidentemente non incidono sulla libertà di decisione, ma in alcuni casi il rischio che, indicando una modalità di utilizzo, si indichi altresì contemporaneamente una modalità interpretativa, non è da escludere.
Nell’intervento tenuto dal dr. Marcello Basilico, quale componente del CSM, nell’ultima inaugurazione dell’anno giudiziario a Genova (28 gennaio 2023) egli evidenziava che: “In un corso illustrativo delle innovazioni apportate al processo civile telematico in conseguenza dell’entrata in vigore dal primo gennaio di parte del decreto legislativo n. 149 del 10 ottobre 2022, la Direzione generale per i sistemi informativi automatizzati del Ministero ha di fatto illustrato ai giudici l’interpretazione corretta del nuovo art. 127 ter c.p.c., necessitata in base alla funzionalità degli applicativi a disposizione loro e delle cancellerie”.
2.4. Ricordo, ancora, il Questionario del Ministero della Giustizia per il Monitoraggio integrato UPP e digitalizzazione dei fascicoli del 30 giugno 2023, ovvero il questionario per conoscere il funzionamento dei nuovi uffici per il processo.
In esso si leggono le seguenti domande: “- L’Ufficio ha previsto un numero minimo di bozze che gli addetti all’Ufficio per il processo devono redigere periodicamente? – E’ prevista, ai fini di monitoraggio dell’andamento complessivo dell’Ufficio, un’attività periodica di rilevazione del numero di bozze di provvedimenti definitori redatti dagli AUPP? - E’ prevista, ai fini di monitoraggio dell’andamento complessivo dell’Ufficio, un’attività periodica di rilevazione del numero di bozze che sono diventate provvedimenti definitori?
2.5. Addirittura per il processo penale il Ministero della giustizia ha predisposto più circolari aventi ad oggetto le nuove norme a seguito della riforma c.d. Cartabia.
In particolare ricordo tre circolari: a) la circolare n. 212208 del 20 ottobre 2022 avente ad oggetto l’udienza di comparizione predibattimentale a seguito di citazione diretta; b) la circolare n. 213319 del 21 ottobre 2022 avente ad oggetto il processo in assenza; c) e infine la circolare n. 216881 del 26 ottobre 2022 avente ad oggetto le indagini preliminari.
Queste circolari sono state inviate a tutti i capi degli uffici giudiziari e sono presenti nel sito del Ministero della giustizia.
Tutt’e tre le circolari sono giustificate con queste parole: “Il Ministero ha inteso accompagnare gli uffici giudiziari nell’avvio dell’attuazione concreta della riforma predisponendo un corredo di circolari tematiche che, con uno stile espositivo volutamente sintetico e graficamente orientato sui punti fondamentali possano costituire una sorta di “manuale d’uso” delle novità della riforma”.
Le circolari sono infatti per lo più espositive, un manuale d’uso; tuttavia, direi, le stesse non mancano in alcuni momenti di fornire altresì la corretta interpretazione dei punti dubbi della riforma.
A titolo di esempio riporto alcuni passi della circolare del 20 ottobre 2022: “L’adozione delle suggerite soluzioni consentirà, ecc……..La nuova disciplina processuale dovrà trovare piena applicazione in tutti i casi in cui l’azione penale non risulti ancora esercitata…….analogamente, dunque, l’incompatibilità andrà esclusa per le similari situazioni che si dovessero verificare nell’udienza predibattimentale………Laddove, invece, venga avanzata richiesta di rito abbreviato condizionato ad attività istruttoria, il giudice ben potrà rinviare il procedimento per l’incombente e per la decisione alla prima udienza utile…….L’esame sull’attitudine del materiale d’indagine a sostenere una pronuncia di condanna deve essere particolarmente penetrante….”ecc………….
2.6. Non può, poi, e evidentemente, essere dimenticato il decreto del Ministro della Giustizia più noto in questo momento, ovvero quello recante il Regolamento per la definizione dei criteri di redazione, dei limiti e degli schemi informatici degli atti giudiziari con la strutturazione dei campi necessari per l’inserimento delle informazioni nei registri del processo del 7 agosto 2023 n. 110.
Con esso il Ministro della Giustizia ha fissato i criteri e i limiti degli atti giudiziari ai quali giudici e avvocati si devono attenere; e oggi, così, le modalità di esercizio di essi è regolata con un decreto del Ministro della Giustizia.
E non si replichi che il decreto è stato emanato in quanto previsto dallo stesso art. 46 delle disp. att. c.p.c. per come scritto dal decreto legislativo 10 ottobre 2022 n. 149 in attuazione della legge delega 26 novembre 2021 n. 206, poiché, par evidente, se la Costituzione attribuisce al Ministro della Giustizia solo compiti relativi ai servizi, e tutto ciò non rientra nel concetto di “servizi”, nessuna legge può attribuire questo potere al Ministro della Giustizia.
2.7. Non sono mancati infine nemmeno interventi di normativa primaria.
Tra questi ricordo per tutti la nuova class action di cui agli artt. 840 bis e ss. c.p.c..
L’azione può essere proposta “esclusivamente dalle organizzazioni e dalle associazioni iscritte in un elenco pubblico istituito presso il Ministero della giustizia” (art. 840 bis c.p.c.), e le parti, per intervenire nel giudizio, devono predisporre “un modulo conforme al modello approvato con decreto del Ministero della giustizia, che stabilisce anche le istruzioni per la sua compilazione”.
Inoltre, per ben sette volte, la legge fa riferimento all’area pubblica del portale dei servizi telematici gestito dal Ministero della Giustizia, dove tutto viene pubblicato, e dove da detta pubblicazione assai spesso decorrono i termini processuali: lo fa la prima volta con l’art. 840 ter c.p.c., la seconda con l’art. 840 quater c.p.c., la terza con l’art. 840 quinquies c.p.c., la quarta con l’art. 840 sexies c.p.c., la quinta con l’art. 840 septies c.p.c., la sesta con l’art. 840 decies c.p.c., la settima con l’art. 840 quaterdecies c.p.c.
3. La situazione sembra dunque essere questa:
a) l’esercizio della funzione giurisdizionale deve darsi all’interno di schemi predeterminati da software, e questi software sono standardizzati dal Ministero della Giustizia.
Se un giudice volesse muoversi in libertà, l’esercizio di questa libertà sarebbe oggi difficile, e comunque in contrasto alla logica del processo telematico e della ragionevole durata dei processi.
I giudici sono tenuti quindi a lavorare all’interno degli schemi dati loro dal Ministero.
b) I provvedimenti giurisdizionali veri e propri devono anch’essi, se non altro per esigenze di celerità, rispondere a schemi predefiniti, basarsi su bozze di atti.
Queste bozze sono preconfezionate da altri.
Qualcuno che magistrato non è, ovvero qualche addetto all’ufficio per il processo, predispone la bozza, che poi deve essere convertita nel provvedimento del giudice.
Non importa che il provvedimento abbia funzione interinale (ad esempio un’ordinanza ammissiva dei mezzi di prova) o definitiva (ad esempio una sentenza che chiude il processo); in ogni caso il provvedimento deve corrispondere alla bozza predisposta, poiché solo così si riesce ad accelerare i tempi del processo.
Anche questa è l’espressa raccomandazione del Ministero della Giustizia, che nel questionario fornito agli uffici giudiziari chiede preoccupato: l’ufficio del processo prepara le bozze? Ne prepara a sufficienza? Si convertono in veri e propri provvedimenti definitivi?
c) L’idea di fondo è infatti quella che i magistrati non siano in grado di gestire, ne’ individualmente ne’ collettivamente, il loro lavoro; e, attesa questa incapacità, essi vanno dunque aiutati da soggetti estranei, che in qualche modo indicano loro la strada da percorrere.
Questi soggetti estranei alla magistratura, e chiamati a dare il loro necessario aiuto alla magistratura in Unità di Staff, sono voluti e formati dal Ministero della Giustizia.
Lo Staff si occuperà, principalmente, di verificare lo andamento dei ruoli dei singoli magistrati, le tecniche di miglioramento della produzione pro capite e collettiva, le false pendenze, le decisioni inutili o sovrabbondanti, gli schemi decisionali preferibili.
Gli uffici giudiziari, inoltre, e come abbiamo visto in questo contesto, devono altresì trasmettere tutti i loro atti alle università come gli scolari consegnano i compiti agli insegnanti; e le università provvedono a studiare i provvedimenti, a rilevare le incongruenze, le criticità, e indicare le soluzioni; soluzioni organizzative, ma non solo, poiché l’impegno che discende dalla sottoscrizione dei contratti predisposti in tal senso dal Ministero della Giustizia ha ad oggetto anche il supporto alla scrittura della motivazione e i modelli di provvedimenti e/o atti.
d) Ma, inoltre, i magistrati non solo non sanno organizzare il loro lavoro, ma preferibilmente devono essere aiutati anche nella lettura delle novità normative, guidati nella loro interpretazione.
E’ per ciò, direi, che il Ministero della Giustizia invia a tutti i capi degli uffici delle circolari, con le quali spiega le riforme, le analizza, ne illustra le ragioni.
Normalmente queste circolari non contengono vere e proprie esegesi dei testi, e non indicano, fra più soluzioni, qual è quella che preferibilmente deve essere adottata.
Ciò in verità qualche volta avviene, ma non spesso, normalmente si tratta di mere esposizioni; normalmente si tratta di un “manuale d’uso”, come le stesse circolari si definiscono.
Ma anche l’idea che ai giudici debba esser dato un manuale d’uso da parte del Ministero della Giustizia per far sì che comprendano una riforma, costituisce fatto, a mio sommesso parere, non meno grave.
Si tratta di una sorta di infatilizzazione della magistratura che non necessita commenti.
e) Posizione delicata hanno poi oggi i capi dell’ufficio, sovraccaricati da una serie di adempimenti prima inesistenti, che sono tenuti a svolgere, piaccia o non piaccia.
Sia consentito un esempio.
La legge 190 del 2014 trasferiva dai comuni al Ministero della Giustizia la gestione degli immobili adibiti a palazzi di giustizia.
Si tratta di un compito, questo sì, riconducibile ai servizi di cui all’art. 110 Cost.
Ma, sempre più, il Ministero della Giustizia delega questi adempimenti ai capi dell’ufficio.
I capi degli uffici devono in questo modo occuparsi di qualcosa che non li riguarderebbe, e si trovano così in evidente difficoltà e fastidio.
Magari, chissà, qualcuno dirà a breve che i capi degli uffici sono inadeguati al loro ruolo; e qualcuno aggiungerà che vanno allora sostituiti, e qualcun altro proporrà l’ovvia conseguenza di sostituirli proprio con dei manager.
Tutto è possibile, perché no?
f) E poi emerge sempre più un’ultima idea, che è quella che il Ministro della Giustizia debba rendersi soggetto partecipe dei momenti salienti della giurisdizione: e allora indica a giudici ed avvocati i criteri e i limiti della stesura degli atti giudiziari, e in taluni casi crea portali e altri strumenti di conoscenza delle liti.
4. Alcune osservazioni di sintesi, la necessità che non si smarrisca il senso della giurisdizione e che i giudici non si trasformino in burocrati.
Ovviamente qualcuno potrebbe dare di questo insieme di norme una diversa lettura, ed altri potrebbero addirittura contrapporre a ciò diverse fonti normative per giungere a opposte conclusioni, ed escludere ogni violazione, anche lato sensu, dell’art. 110 Costituzione.
Come diceva Salvatore Satta, infatti, il bello del diritto, a differenza della matematica, è proprio quello di non essere una scienza esatta.
Quindi, nel bene o nel male, un po’ tutto è possibile.
Io credo, però, che nessuno, in onestà intellettuale, possa escludere l’esistenza (quanto meno) di un intrapreso percorso verso una trasformazione del nostro quadro costituzionale della giustizia.
I mutamenti, nelle democrazie, avvengono un po’ alla volta, passo dopo passo; e che vi siano in atto dei passi per immaginare dei nuovi giudici, più uniformi, più gerarchizzati, e meglio diretti dal Ministro della Giustizia, credo sia dato difficilmente contrastabile.
Ma ciò che a me soprattutto preoccupa non è tanto l’esistenza di questa nuova tendenza, quanto il fatto che questa prenda forza nella più totale apatia degli stessi operatori del diritto.
V’è, su ciò, un sorta di assuefazione, di adattamento, oggi diremmo di resilienza, che fa sì che tutto venga vissuto come normale, come corretto e inevitabile, una semplice evoluzione, e non una rottura, della nostra tradizione e/o della nostra storia repubblicana, che vuole al contrario che l’esercizio della funzione giurisdizionale avvenga in modo indipendente dagli altri poteri dello Stato, e soprattutto dal Governo.
Un esempio per tutti.
Questa estate la Corte di Cassazione ha pronunciato un’ordinanza innovativa in tema di sospensione dei termini feriali, escludendola con riferimento a tutte le controversie familiari in materia di mantenimento del coniuge debole e dei minori (Cass. 23 giugno 2023 n. 18044).
L’avvocatura, con più di una associazione, spaventata per questa novità, non si è limitata a criticare l’orientamento ma ha ritenuto di investire di ciò il Ministro della Giustizia e gli ha chiesto di intervenire con un decreto legge.
Io non ho mai visto un decreto legge che interviene per correggere un orientamento giurisprudenziale; in ogni caso ritengo che la cosa contrasti con il principio della separazione dei poteri e con l’art. 110 della Costituzione.
Ma non è poi nemmeno questo il punto; il punto è che evidentemente la stessa avvocatura considera oggi il Ministro della Giustizia come un riferimento al quale rivolgersi per ottenere giustizia, quasi a dire: ci sono i giudici, ma sopra i giudici (forse per qualcuno, per fortuna) c’è il Ministro.
E’ un quadro che sinceramente mi preoccupa.
Ed è un tema sul quale invito tutti ad ogni più ampia riflessione e dibattito.
Ognuno di noi ha il dovere di difendere l’indipendenza della magistratura, poiché l’indipendenza della magistratura è il pilastro primo della nostra democrazia e delle nostre libertà.
[1] Intervento tenuto a Palermo il 30 settembre 2023 in occasione del IV Congresso nazionale dei magistrati di AREA democratica per la giustizia.