Ostacolare carrierismo per ritrovare credibilità
di Marco Imperato
sommario: 1.Premessa. - 2.La gogna mediatica e le nostre responsabilità -3.La rete dei contatti personali: dialogo fisiologico e raccolta di informazioni… o pressioni indebite e scambi inconfessabili? 4. I principi invalicabili per tutelare il confronto istituzionale senza degenerare nel traffico di influenze. - 5.I frutti (non tutti da buttare) della discrezionalità e il falso mito del passato. - 6.La ricerca di una terza via tra rottamazione e difesa corporativa. - 7.Le incompatibilità: segno concreto di discontinuità. - 8.Conclusioni: le parole devono diventare azioni.
1.Premessa
Lo stillicidio di intercettazioni che stiamo osservando mischia situazioni e vicende di significato molto diverso tra loro.
Le chat pubblicate (chi sceglie quali…?) non sono paragonabili agli incontri notturni con politici per pilotare la scelta del Procuratore di Roma, rivelati dal noto trojan sul telefono di Palamara.
Alcune vicende non configurano condotte in alcun modo illecite, altre sono presentate in modo enfatico per colpire questo o quell'obiettivo e se contestualizzate si rivelerebbero di modesto rilievo. Altre sono inconsistenti e si colorano negativamente più per il contesto dello scandalo che per il merito. I colleghi ingiustamente danneggiati avranno modo di far valere le loro ragioni.
Non tutto quello che viene pubblicato però è privo di significato rispetto al sistema che racconta, anzi.
Credo che si debba trovare un’alternativa tra accuse qualunquiste che omologano tutto e tutti in modo superficiale e populista da una parte, ed un silenzio imbarazzato dall’altra, rotto solo da qualche comunicato dei gruppi, che finisce per essere quasi sempre auto-assolutorio.
Le vicende e le responsabilità vanno distinte e spiegate, certo. Ma soprattutto va individuato ciò che invece rappresenta una caduta rispetto ai doveri istituzionali, rispetto al codice etico dell’Anm e anche alla Carta dei Valori di cui noi magistrati di Area ci siamo riempiti la bocca in questi anni.
2. La gogna mediatica e le nostre responsabilità
Questo modo di fare cronaca ha poco o nulla a che fare con l’informazione: genera sdegno e denuncia, sì, ma senza contestualizzare, senza consentire di valutare le vicende, bensì gettando tutto in un unico calderone di fango. Peraltro dovremmo avere l’onestà intellettuale di dire che come categoria non siamo certo privi di responsabilità se nel Paese si è tollerato e diffuso (e qualche volta usato) questa barbarie di informazione, una gogna mediatica che asseconda (troppo) facili generalizzazioni e delegittimazioni. L’alternativa non è la censura o l’opacità, ma dovrebbe esserci un trasparente filtro dei dati di rilevanza processuale e una volta fatto quel filtro con le garanzie dovute alle parti del processo, i contenuti di rilevanza pubblica dovrebbero diventare ostensibili e conosciuti, non lasciati a un mercato nero nascosto che decide cosa e quando pubblicare.
Detto della necessità di distinguere e di ragionare e di comprendere meglio, non possiamo però poi eludere il merito e girarci dall’altra parte.
3. La rete dei contatti personali: dialogo fisiologico e raccolta di informazioni… o pressioni indebite e scambi inconfessabili?
Il dialogo e i contatti personali nell’ambito di un organo collegiale complesso sono per certi aspetti inevitabili e fisiologici, talvolta doverosi e indispensabili.
Sappiamo che molti contatti informali ai margini dell’organo di autogoverno sono legati dalla volontà (a volte ritenuta una necessità…) di ricercare quelle informazioni che purtroppo non finiscono nelle carte ufficiali e che però possono essere decisive e rilevanti. I magistrati sanno che questo è il problema dei problemi da anni perché nonostante le tante discussioni e riforme spesso ancora le istruttorie ufficiali non garantiscono una conoscenza effettiva della realtà: i veri problemi degli uffici non sempre risultano per iscritto, così come quasi tutti i colleghi candidati per un posto semidirettivo o direttivo sono presentati sulla carta sempre tutti eccezionali, complicando così l’individuazione delle differenti qualità e dei diversi meriti che stanno dietro queste versioni appiattite e burocratiche. Il fatto che questo nodo non sia stato sciolto dimostra a mio parere che va cambiato profondamente il paradigma con cui funzionano le nomine e non possiamo più lasciare che i buchi del sistema informativo siano riempiti da canali informali, spesso quasi soltanto correntizi.
4. I principi invalicabili per tutelare il confronto istituzionale senza degenerare nel traffico di influenze
A prescindere da questo tema dei canali informativi, se è vero che il dialogo tra i componenti degli organi eletti e dei corpi intermedi che li esprimono è comprensibile e non di per sé illecito, ci sono almeno due precisazioni fondamentali da fare:
-questo dialogo informale può portare al compromesso politico (inteso come risultato migliore possibile nell’interesse dell’autogoverno, dei colleghi, degli uffici e del servizio che offriamo), ma mai dovrebbe condurre ad uno scambio do ut des e ancor meno allo scambio secondo logiche di fazione
-l’esito del confronto deve essere fondato su ragioni ostensibili: dobbiamo poter spiegare (dentro e fuori la magistratura) le decisioni che prendiamo
Questi due limiti e principi non sono stati rispettati e non abbiamo garanzie che vengano rispettati in futuro.
I proclami e le promesse oggi lasciano davvero il tempo che trovano, in un sistema che ha perso autorevolezza e credibilità (forse anche oltre i suoi gravi demeriti? cambia poco…).
Area e le sue componenti non sono state impermeabili a questo sistema. L’impressione è che la nostra presunta diversità si è limitata talvolta solo a pretendere che lo scambio avvenisse sulla base anche della qualità.
Ma questo non è sufficiente.
Non credo lo fosse in passato e sicuramente non è sufficiente oggi, sebbene i margini di discrezionalità abbiano portato anche risultati positivi per gli uffici, con nomine illuminate che nel vecchio mondo dell’anzianità senza demerito sarebbero state inimmaginabili.
5.I frutti (non tutti da buttare) della discrezionalità e il falso mito del passato
Permettetemi un esempio: quando lavorai in Procura a Marsala tra il 2004 e il 2008 gli uffici erano in grave sofferenza e senza una strategia organizzativa reale da parte dei direttivi. Dodici anni dopo il Tribunale e la Procura hanno svoltato completamente, con numeri e tempi che garantiscono davvero un servizio giustizia degno di questo nome. Il merito va a tutti i magistrati che si sono sacrificati in questi anni ma indubbiamente anche a una serie di direttivi e semidirettivi che hanno dimostrato capacità organizzative importanti.
Il passato non era un’età dell’oro a cui tornare per uscire dai mali del correntismo e del carrierismo.
Tuttavia, dire che la discrezionalità del CSM nelle nomine abbia condotto anche a scelte molto positive e innovative non può bastare; non possiamo accontentarci di stare al tavolo cercando solo di giocare in modo più corretto.
6. La ricerca di una terza via tra rottamazione e difesa corporativa
Dobbiamo pretendere che il gioco cambi radicalmente e che si scardini quella rete che è stata utilizzata per fini personali e lottizzazioni più o meno mascherate.
Oggi la magistratura è in crisi di autorevolezza; l’associazionismo e l’autogoverno sono guardati con sfiducia e amarezza da tanti di noi, specialmente i più giovani. Per questo è diventato indispensabile chiedere conto di ogni scelta con trasparenza e pretendere coerenza.
Non accetto che non ci sia alternativa al “così fan tutti” o al “fa tutto schifo”, perché quella strada di delegittimazione qualunquista porta all’anzianità senza demerito e a pessimi direttivi. Quella strada porta al sorteggio nel Csm e alla fine dell’autogoverno e quindi dell’indipendenza della magistratura… perché quella strada porta al chiuderci nei nostri uffici, conduce al cinismo e alla disillusione. Come pretendere di esercitare la giurisdizione, giudicando i comportamenti delle persone, se ci ammettessimo di essere incapaci di eleggere i responsabili del nostro governo e di guarire le derive di malaffare del nostro sistema?!
Non sono ancora abbastanza stanco per accettare questa deriva.
Cosa fare allora? Cosa può darci la fiducia che le cose cambino?
7. Le incompatibilità: segno concreto di discontinuità
Ritengo che il punto di partenza possano e anzi debbano essere delle nuove rigorose incompatibilità tra incarichi di autogoverno, ruoli associativi, direttivi e fuori ruolo.
Non mi illudo: i comportamenti non mutano improvvisamente con delle regole ed è necessario che queste siano precedute e accompagnate da un percorso di cambiamento culturale. Tuttavia mettere dei paletti chiari è il primo segnale di voler fare sul serio, di voler spezzare il circuito di carrierismo autoreferenziale che sta avvelenando il sistema e che ha gravemente deturpato l’azione delle correnti.
Le proposte sulle incompatibilità sono tante e qui mi limito a richiamarne alcune, frutto di un gruppo di lavoro trasversale creato dalla giunta Anm dell’Emilia Romagna:
per le candidature al C.S.M.
-la preclusione in capo al Presidente e Segretario della A.N.M. nel corso del loro mandato e per due anni dalla cessazione del mandato [...];
-la preclusione per tutti i componenti del C.d.c. nel corso del loro mandato [...];
-la preclusione per Segretari e Presidenti dei gruppi associativi durante il mandato e per due anni dalla cessazione del mandato [...];
-una preclusione per tutti i componenti del Comitato Direttivo della Scuola Superiore della Magistratura nel corso del loro mandato [...]
Sui componenti del CSM
- si chiede che venga rivisto il trattamento economico attualmente in vigore tenendo conto della fascia di professionalità acquisita, integrata con diarie e con tutti i rimborsi necessari allo svolgimento delle funzioni.
-Il limite minimo di anzianità di servizio per potersi candidare al C.S.M. [deve] essere di 12 anni di svolgimento effettivo delle funzioni giudiziarie, di cui gli ultimi quattro trascorsi nelle funzioni per cui ci si candida (requirenti o giudicanti).
- si ritiene necessario un periodo di rientro nelle funzioni giudiziarie e pertanto, al termine dell’incarico, l’Assemblea a maggioranza ritiene che per due anni, decorrenti dall’effettiva ripresa delle funzioni giudiziarie, non potranno avanzare domanda per un posto semidirettivo o direttivo, accettare o richiedere incarichi “fuori ruolo” per qualsiasi incarico di collaborazione diretta con gli uffici ministeriali.
Sui colleghi c.d. “fuori ruolo”
-si suggerisce di verificare l’opportunità di diversificare all’interno di quest’ultima categoria, gli incarichi svolti presso organi giudiziari quali la Corte Costituzionale, la Corte di Giustizia Europea e la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
- I colleghi c.d. “fuori ruolo”, per un termine di quattro anni dal rientro in servizio, non potranno candidarsi al C.S.M. richiedere incarichi direttivi e semidirettivi;
-proporre domanda, in ogni caso, se non abbiano effettivamente svolto funzioni giudiziarie per un numero di anni pari alla legittimazione richiesta per il posto messo a concorso.
Sui magistrati che abbiano assunto cariche politiche ed incarichi presso organi politici
-cessato l’incarico politico, il magistrato non potrà più candidarsi al CSM e non sarà legittimato a chiedere un ruolo direttivo o semidirettivo per 5 anni dalla ripresa delle funzioni giudiziarie;
-cessato l’incarico politico, il magistrato potrà rientrare solo nelle funzioni giudiziarie collegiali giudicanti.
Sui magistrati candidati ma non eletti alle predette cariche. Ferma restando l’incompatibilità con il distretto nel quale hanno presentato una propria candidatura, essi non potranno fare istanza per posti direttivi o semidirettivi prima di 5 anni dalla ripresa del servizio.
A questa serie di proposte mi permetto di aggiungere almeno altri due temi fermi sul tavolo da troppo tempo:
-rendere i posti semi-direttivi tabellari (almeno alcuni di questi)
-audizione diretta di tutti i candidati ai posti direttivi di maggiore peso specifico (proprio per evitare la ricerca di canali informali)
Certamente alcune di queste proposte richiederebbero interventi legislativi ma nulla impedisce che Area o l’Anm intera le pongano come condizioni ai propri aderenti, consentendo così ai colleghi di misurare in modo oggettivo e concreto la coerenza dei comportamenti.
8.Conclusioni: le parole devono diventare azioni
Da anni il mio impegno è dentro il Movimento e soprattutto dentro Area. Qui ho trovato colleghi affini per valori e per modo di interpretare il mestiere, con passione e spirito di servizio.
Però Area non può accontentarsi di gestire un sistema sperando che il sistema non cambi anche noi: se balli col diavolo è lui a cambiare e te e non il contrario.
Dobbiamo avere il coraggio di segnare la differenza, di dimostrare che non ci basta giocare (forse… più…) correttamente degli altri, ma che vogliamo cambiare gioco, che vogliamo spezzare il circolo vizioso e uscire dal girone delle telefonate e dei “grazie” più o meno estorti o detti per cortesia ma che possono finire per imbrigliarci nella rete.
Dimostriamo di voler davvero che tutti i magistrati si distinguano solo per funzioni e che la giurisdizione sia al centro.
Le proposte sulle incompatibilità credo siano la cartina tornasole che ci farà capire se veramente vogliamo cambiare sistema.
Per ritrovare fiducia nel nostro impegno.
Per ridare credibilità e autorevolezza all’associazionismo e all’autogoverno della magistratura.