La preclusione all’ammissione della prova testimoniale, già vigente nel processo tributario anteriormente alla riforma di cui alla L. 130/2022, benché assunta come legittima dalla Consulta, si presentava confliggente con il sistema di tutela multilivello inteso a regolare il modello del “giusto processo” ed in tal senso sembrava destinata a rimanere soggetta ad una declaratoria di illegittimità costituzionale.
Tale palese criticità ordinamentale ha orientato il Legislatore della riforma di cui alla L. 130/2022, il cui intervento è, palesemente, mirato alla rimozione dei profili di criticità della previgente preclusione all’ammissione della prova testimoniale nel processo tributario. In via di valutazione ordinamentale dell’impatto della riforma, si può assumere che il Legislatore abbia optato per un approccio inteso ad improntare l’istruttoria processuale tributaria anche sulle prove costituende, abbandonando il precedente orientamento inteso ad assumere la mera documentalità dell’istruttoria del processo tributario. Analizzando i caratteri della riforma e sussumendoli in un modello processuale astratto, non può che qualificarsi il processo tributario, all’esito della novella di cui alla L. 130/2022, come improntato ai principi “dispositivo” ed “accusatorio”, rivenienti dal modello processuale del “due process of law”, caratterizzati dal principio dispositivo sostanziale e processuale, dall’indipendenza ed imparzialità del giudice, dall’oralità e dalla pienezza del contraddittorio. Conseguentemente, la novella, in relazione alle finalità perseguite, non può che essere soggetta ai canoni ermeneutici di un modello processuale “dispositivo” ed “accusatorio” che porta a valutare (i) la deduzione della prova come improntata ad una stretta disposizione delle parti, escludendosi alcun potere officioso, (ii) l’ammissione come soggetta al vaglio della sola rilevanza, escludendosi un vulnus alla imparzialità del giudice conseguente a valutazioni di indispensabilità della prova e (iii) l’assunzione come oggetto di rinvio materiale alla disciplina processual-civilistica.
Tale valutazione non può che concludersi con un vaglio critico sulla pienezza del raggiungimento del diritto di difesa e della parità delle armi in riferimento alla declinazione del contraddittorio e dell’oralità che improntano i canoni del “giusto processo”.
Sommario: 1. Sulla natura giuridica dell’istituto della testimonianza scritta e sulla coesistenza tra l’assunzione della testimonianza e le dichiarazioni dei terzi - 2. Deduzione della prova testimoniale scritta: analiticità, specificità e capitolazione nell’attuazione del principio dispositivo processuale - 3.Ammissione della prova testimoniale scritta: il limite della rilevanza quale attuazione del modello processuale dispositivo - 4. Assunzione della prova testimoniale scritta: decadenze e nullità extratestuali nell’assunzione del modulo di testimonianza scritta - 5. Contraddittorio ed oralità: effettività del diritto di difesa, declinato nel principio di parità delle armi, con l’introduzione della testimonianza scritta nel processo tributario.
1. Sulla natura giuridica dell’istituto della testimonianza scritta e sulla coesistenza tra l’assunzione della testimonianza e le dichiarazioni dei terzi
All’esito di un lungo e complesso iter legislativo iniziato con l’istituzione, il 12 aprile 2021, della prima Commissione interministeriale MEF-Giustizia (c.d. Commissione della Cananea, dal nome del suo presidente), avente il preciso obiettivo di formulare proposte di intervento per una riorganizzazione strutturale della giustizia tributaria, è stata pubblicata, in Gazzetta Ufficiale n. 204 del 1° settembre 2022, la Legge n. 130 del 31 agosto 2022 recante “disposizioni in materia di giustizia e di processo tributario” (di seguito, “Legge n. 130/2022”).
In relazione alle modifiche che hanno interessato il processo tributario, la ratio che ha guidato il legislatore della riforma sembra rinvenibile nell’attuazione dei principi del giusto processo e, segnatamente, nella scelta di improntare l’istruttoria del processo tributario e la disciplina della valutazione delle prove ai principi della parità delle armi e della pienezza del diritto di difesa nel contraddittorio processuale.
Sulla scorta di tali obiettivi, la prima modifica, che ha assunto un carattere di radicale discontinuità con il passato, riguarda la rimozione della preclusione all’ammissione della prova testimoniale.
Difatti, la Commissione interministeriale per la riforma della giustizia tributaria ha auspicato, in seno alla relazione finale depositata il 30 giugno 2021, “un diretto intervento del legislatore”, il quale, pur dovendo operare nell’ambito di una più vasta riforma strutturale, avrebbe potuto offrire una prima soluzione ammettendo la “prova testimoniale scritta almeno in tutti i casi in cui non sia altrimenti possibile per la parte (ricorrente) esercitare pienamente il diritto di difesa e di prova”[1].
Tuttavia, all’esito dei lavori parlamentari, la soluzione prescelta ha inteso rimuovere, in via assoluta, la preclusione all’ammissione della prova testimoniale nel processo tributario, abbandonando un approccio inteso a predeterminare le fattispecie in cui la prova documentale dovesse essere ritenuta non sufficiente a garantire il diritto di difesa nella parità delle armi[2]: tale conclusione non sarebbe apparsa soddisfacente in quanto avrebbe lasciato al legislatore ovvero al giudice la valutazione delle fattispecie in cui l’assunzione della prova testimoniale fosse da ritenersi necessaria per l’assenza di altri mezzi. Tale vaglio di carattere preliminare avrebbe inciso sull’attuazione del principio del contraddittorio, nella declinazione del principio di parità delle armi, ove, difatti, la valutazione della necessarietà è un profilo che attiene la discrezionalità del giudice in relazione all’ammissibilità della prova testimoniale e non può incidere, a priori, sulla possibilità di richiedere la prova in quanto, ove la limitazione sia lasciata al legislatore, sarebbe suscettibile di ledere la parità delle armi, ed ove sia lasciata al giudice, sarebbe suscettibile di ledere la necessaria imparzialità quale declinazione del principio dispositivo del processo.
Conseguentemente, l’approccio definitivo del legislatore della L. 130/2022 è nel senso della definitiva ed assoluta espunzione dell’inammissibilità della prova testimoniale nel processo tributario, senza addurre un approccio casistico alla sopravvivenza del divieto[3].
Tale conclusione è sostenuta dalla valutazione del contenuto dell’art. 4, comma 1, let. c) della L. 31 agosto 2022, n. 130, recante disposizioni in materia di giustizia e di processo tributario, pubblicata nella Gazz. Uff. 1° settembre 2022, n. 204 che segnatamente determina una riformulazione dell’art. 7, comma 4, del D. Lgs. 31 dicembre 1992, n. 545, recante l’Ordinamento degli organi speciali di giurisdizione tributaria ed organizzazione degli uffici di collaborazione in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, pubblicato nella Gazz. Uff. 13 gennaio 1993, n. 9, S.O. che, in conseguenza delle modifiche apportate dalla L. 130/2022 ed entrate in vigore in data 16 settembre 2022[4], statuisce: “4. Non è ammesso il giuramento. La corte di giustizia tributaria, ove lo ritenga necessario ai fini della decisione e anche senza l'accordo delle parti, può ammettere la prova testimoniale, assunta con le forme di cui all'articolo 257-bis del codice di procedura civile. Nei casi in cui la pretesa tributaria sia fondata su verbali o altri atti facenti fede fino a querela di falso, la prova è ammessa soltanto su circostanze di fatto diverse da quelle attestate dal pubblico ufficiale”[5].
Conseguentemente, il Legislatore della riforma ha inteso espungere dall’ordinamento processual-tributario la preclusione all’ammissione della prova testimoniale, seppur disciplinando l’assunzione della prova per iscritto[6].
In via di valutazione ordinamentale dell’impatto della riforma, si può assumere che il Legislatore abbia optato per un approccio inteso ad improntare l’istruttoria processuale tributaria anche sulle prove costituende, abbandonando il precedente orientamento[7] inteso ad assumere la mera documentalità dell’istruttoria del processo tributario[8].
Tanto è conseguenza della innegabile natura di piena prova della testimonianza scritta.[9]
Tuttavia, la novella dell’art. 7, comma 4, del D.Lgs. 546/1992 comporta la necessità ermeneutica di un primo confronto con la natura giuridica del nuovo istituto.
Difatti, sono emerse in Dottrina due distinte ed inconciliabili visioni: la prima intesa a ritenere l’introduzione della testimonianza scritta come la procedimentalizzazione degli approdi della giurisprudenza di legittimità già consolidatisi nella vigenza della preclusione alla prova testimoniale e, pertanto, come la forma della acquisizione e dell’introduzione nel processo tributario delle dichiarazioni dei terzi; la seconda, al contrario, intesa a ritenere l’eliminazione dell’inammissibilità della prova testimoniale, frutto dell’affermazione, all’interno del processo tributario, dei principi del giusto processo e segnatamente del rafforzamento del diritto di difesa declinato nel principio della parità delle armi e, conseguentemente, qualificando la novella come l’introduzione di una prova costituenda tipica, con le conseguenti ricadute in tema di efficacia e di sostegno alla decisione.
La Dottrina che aderisce alla prima ricostruzione nota, in via preliminare, che “il novellato art. 7, comma 4, del D.Lgs. n. 546/1992 non richiama tout court l’art. 257-bis c.p.c., ma ne circoscrive il riferimento alla sola assunzione della prova testimoniale “con le forme di cui all’art. 257- bis del Codice di procedura civile”, così che, dunque, non può dirsi sia stato espressamente ritenuto applicabile al processo tributario l’intero contenuto dell’art. 257- bis c.p.c. essendosi piuttosto fatto riferimento alle forme di assunzione scritta da tale norma previste”[10]. Sulla scorta di tale premessa, perviene alla conclusione per cui “la disposizione dettata dall’art. 4, comma 1, lett. c), della Legge n. 130/2022, lungi dal costituire impropria traslazione della prova testimoniale tipica del processo civile ante riforma ex lege n. 69/2009 e senza neppure potersi considerare una mera traslazione integrale della particolare disciplina della testimonianza scritta introdotta dall’art. 257- bis c.p.c. nell’alveo della prova testimoniale tipica dell’originario Codice di procedura civile, si atteggia piuttosto come una speciale disciplina di formale rafforzamento delle informazioni di terzi già ampiamente ammessa dalla dottrina e dalla giurisprudenza, anche di legittimità, nell’ambito del processo tributario, quale strumento istruttorio liberamente valutabile da parte del giudice tributario, senz’alcun vincolo di prova legale, quanto ad efficacia”.
Conseguentemente, tale approdo ricostruttivo perviene alla conclusione di negare la natura di prova tipica della testimonianza scritta[11] nonché di ricondurre la riforma di cui alla L. 130/2022, sul tema della eliminazione dell’inammissibilità della prova testimoniale, ad una “formalizzazione dell’acquisizione delle informazioni di terzi nel processo che ne occupa”[12]. Logico precipitato di tale assunto di partenza è rappresentato dall’affermazione per cui l’istituto della prova testimoniale scritta nel processo tributario costituisca la “tipizzazione” dell’elemento di prova atipico rappresentato dalle dichiarazioni/informazioni scritte di terzi che già trovavano libero ingresso nel processo tributario”.[13]
Al contrario, la seconda ricostruzione assume come fondamento, della rimozione della preclusione all’ammissione della prova testimoniale, l’affermazione, all’interno del processo tributario, dei principi del giusto processo e segnatamente del rafforzamento del diritto di difesa declinato nel principio della parità delle armi e, conseguentemente, qualifica il nuovo istituto come l’introduzione di una prova costituenda tipica, con le conseguenti ricadute in tema di efficacia e di sostegno alla decisione: si è già rilevato, difatti, che il descritto punto di approdo è ritenuto attuare le garanzie del giusto processo ed, in particolare, l’attuazione compiuta del diritto di difesa – declinato nel diritto del contribuente di difendersi provando – attuato in sede processuale e nel contraddittorio tra le parti[14]. In tal senso, si è affermato che il giudice “dispone oggi di un mezzo di prova supplementare, sicuramente utile per la ricerca della verità”.[15]
La prima delle due menzionate ricostruzioni non appare convincente in quanto si scontra con il dato testuale dell’art. 7, comma 4, del D.Lgs. 546/1992, per come novellato, ove statuisce che il giudice “può ammettere la prova testimoniale”. Procedendo con un approccio ermeneutico guidato dall’art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale, dando primazia al dato testuale della norma, non appare revocabile in dubbio che il Legislatore della riforma abbia voluto introdurre la “prova testimoniale” nel processo tributario, intesa come prova tipica, seppur assunta nelle forme di cui all’art. 257-bis c.p.c.. Conseguentemente ed applicando il brocardo per cui “in claris non fit interpretatio” non appare argomentabile una natura giuridica dell’istituto differente da quella della prova costituenda tipica, ben nota al processo civile.[16]
Necessario premettere, sul punto, che la testimonianza scritta è stata introdotta in Italia nel processo civile di cognizione, agli articoli 257-bis e 103-bis delle disposizioni di attuazione c.p.c., dalla riforma del 2009 (legge n. 69 del 2009), che si è chiaramente ispirata all’istituto delle attestations dell’ordinamento francese. Sul tema è necessario ribadire che la testimonianza scritta non si pone quale prova nuova e distinta, trattandosi di una modalità alternativa di assunzione e di formazione della testimonianza orale e soggiace, come già sopra analizzato, ai presupposti e requisiti della testimonianza. L’efficacia della testimonianza scritta è quella della prova tipica e liberamente apprezzabile dal giudice.
Conseguentemente, ove l’art. 7, comma 4, del D.Lgs. 546/1992, per come novellato, statuisce che il giudice “può ammettere la prova testimoniale”, non appare argomentabile in senso difforme dall’introduzione nel processo tributario della prova testimoniale, seppur limitata nelle forme dell’assunzione per iscritto.
Sul tema, è stata anche proposta una prospettiva ermeneutica che, valorizzando il richiamo alla “prova testimoniale”, assume, come precipitato della rimozione del divieto all’assunzione della prova testimoniale, l’ingresso nel processo tributario della prova testimoniale assunta in forma orale[17]: tuttavia, la menzionata estensione interpretativa dell’art. 7, comma 4, del D.Lgs. 546/1992, per come riformato, sembra trovare espressa esclusione dal contenuto testuale del mero richiamo alla forma scritta di assunzione della prova testimoniale che, assumendo natura di norma avente carattere speciale, limita l’applicazione ed il richiamo alla disciplina generale.
Peraltro, non risulta dirimente, nella direzione della esclusione della natura di prova costituenda tipica alla testimonianza in forma scritta, l’argomento inteso a limitare il richiamo alla prova testimoniale alle sole modalità di assunzione. Difatti, come già sopra rilevato, l’istituto richiamato è quello della “prova testimoniale”, incidendo le limitazioni alle sole modalità di assunzione ma lasciando intatta la natura giuridica della prova. Peraltro, rappresenta un approdo consolidato, per la Dottrina processual-civilistica, l’affermazione per cui la testimonianza scritta, ex art. 257- bis c.p.c., consiste in un’alternativa rispetto al modello di assunzione orale della prova testimoniale: pertanto, si deve pur sempre riconoscere anche alla disposizione dell’art. 257-bis c.p.c. la stessa natura (essenzialmente imperniata sulla sua collocazione processuale) ed una efficacia sub specie di valenza probatoria equivalente a quella della prova testimoniale orale.[18]
Tali considerazioni portano ad escludere le sopra ricordate limitazioni ermeneutiche alla natura giuridica della prova testimoniale scritta, permettendo di rilevare l’ingresso nel processo tributario di una prova costituenda tipica.
Inoltre, l’attribuzione della natura di prova costituenda tipica alla prova testimoniale scritta introdotta nel processo tributario assume rilevanza anche al fine di dirimere le problematiche di coesistenza con le dichiarazioni di terzo.
Difatti, la “prova testimoniale” e la “dichiarazione di terzo” mantengono una propria intrinseca distinzione sia quanto alla loro diversa specifica valenza probatoria sia quanto alle relative condizioni di ammissibilità.[19]
Secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, le dichiarazioni di terzi sono utilizzabili a fini accertativi, con valenza meramente indiziaria[20].
Nel sistema antecedente la legge di riforma del processo tributario, quindi, l’utilizzabilità (nel procedimento di accertamento) e l’ammissibilità (nel processo) delle dichiarazioni di terzi, quale mezzo di prova atipico, trovavano un bilanciamento nella valenza probatoria meramente indiziaria ascritta alle dichiarazioni che, proprio perché assunte in sede extraprocessuale, rilevavano quali elementi indiziari che potevano concorre a formare, solo unitamente ad altri elementi, il convincimento del giudice[21].
Tale assetto non sembra essere modificato dall’introduzione della prova testimoniale nel processo tributario ove i due istituti convivono in considerazione della differente valenza probatoria.[22]
Difatti, l’ammissibilità della prova testimoniale non preclude alla parte la possibilità di produrre in giudizio dichiarazioni/informazioni scritte di terzi, in termini di “prova atipica” che, come visto sopra, ha la valenza probatoria di un elemento indiziario che concorre a formare il libero convincimento del Giudice unitamente alle altre risultanze probatorie; diversamente, la prova testimoniale, assunta nelle forme di cui all’art. 257-bis c.p.c.[23], rappresenta un elemento di prova tipica che non richiede elementi di riscontro esterni[24].
2. Deduzione della prova testimoniale scritta: analiticità, specificità e capitolazione nell’attuazione del principio dispositivo processuale
Come già sopra precisato, la novella, in relazione alle finalità perseguite, appare soggetta ai canoni ermeneutici di un modello processuale “dispositivo” ed “accusatorio”. Conseguentemente, i canoni ermeneutici delle modalità procedurali di deduzione della prova dovranno essere improntati al rispetto dei menzionati principi ordinatori del modello processuale. Tale bussola interpretativa appare quanto più preziosa, procedendo alla disamina delle modalità di deduzione, ammissione ed assunzione della prova testimoniale scritta, ove non può sottacersi di una certa laconicità del dettato normativo che non eccede in una regolamentazione delle modalità di deduzione, ammissione ed assunzione della prova. Tale laconicità, tuttavia, deve essere valutata alla luce del rinvio espresso all’art. 257-bis del codice civile nonché al rinvio, di cui all’art. 1 del D.Lgs. 546/1992, alle norme del codice di procedura civile e, nella fattispecie che occupa, alle norme intese a regolare in via generale l’istruttoria e la prova testimoniale che, stante l’espunzione dell’inammissibilità della prova testimoniale, non possono considerarsi non compatibili con l’attuale conformazione dell’istruttoria processual-tributaria.
Sulla scorta di tale premessa, le modalità di deduzione della prova testimoniale nel processo tributario non possono che essere declinate all’interno della cornice del principio dispositivo[25].
Conseguentemente, i criteri di deduzione della prova testimoniale debbono essere valutati alla luce di un modello dispositivo delle prove costituende che appare adottato dal Legislatore della riforma.
Per l’effetto, i criteri di deduzione della prova testimoniale debbono considerarsi come espressi dall’art. 244 c.p.c., richiamato per il rinvio formale di cui all’art. 1 del D.Lgs. 546/1992, che dispone: “La prova per testimoni deve essere dedotta mediante indicazione specifica delle persone da interrogare e dei fatti, formulati in articoli separati, sui quali ciascuna di esse deve essere interrogata”.
Il rinvio materiale all’art. 244 c.p.c. è rinvenibile dalla previsione dell’art. 1 del D.Lgs. 546/1992 in quanto, benché limitata l’ammissione della prova testimoniale nel processo tributario alla forma scritta, le previsioni di cui agli artt. 244 ss. c.p.c. rappresentano norme di carattere generale sulla deduzione, ammissione ed assunzione della prova testimoniale, di cui la forma scritta rappresenta una modalità di assunzione e non già una differente tipologia di prova[26]. Pertanto, il rinvio alle norme di carattere generale sulla testimonianza appare del tutto compatibile con il processo tributario nei limiti in cui anche in detto processo è ammessa una modalità di prova testimoniale che non può trovare regolamentazione se non con le modalità disciplinate dall’art. 244 c.p.c..
Si tratta della tecnica della capitolazione o articolazione della testimonianza che, d’altronde, è comune alle varie prove costituende e si pone nell’alveo tradizionale dei modelli processuali di tipo dispositivo.
Alla parte che intende presentare al giudice un’istanza di prova testimoniale viene dunque imposta, innanzitutto, un’esigenza di specificità che presuppone che le persone da escutere siano correttamente identificabili senza incertezze e i fatti vengano individuati nei loro elementi essenziali e, quindi, formulati in articoli separati. Questi requisiti della capitolazione sono imposti per due ordini di ragioni: uno di tipo garantistico, ossia per consentire alle controparti di preparare un’adeguata difesa; l’altro per permettere al giudice di esprimere il giudizio di rilevanza e ammissibilità sulla prova richiesta.
Pertanto, la parte che intende avvalersi della prova testimoniale ha l'obbligo di enunciare l'oggetto della prova facendo uso di proposizioni chiare e sintetiche riferite a specifiche circostanze su cui il teste dovrà pronunciarsi[27].
Pertanto, dal combinato disposto dell’art. 7, comma 4, del D.Lgs. 546/1992 e dell’art. 244 c.p.c., si può ritrarre che la deduzione della prova testimoniale, nel processo tributario, è sempre subordinata ad una richiesta della parte processuale, diretta ad indicare i fatti e le persone di cui è richiesta la testimonianza.
Non appare coerente con l’impianto processuale, di carattere dispositivo[28], né con la previsione testuale dell’art. 7, comma 4, del D.Lgs. 546/1992 una devoluzione officiosa della prova testimoniale[29]. In tal senso, non appare utilizzabile l’inciso, contenuto nell’art. 7, comma 4, del D.Lgs. 546/1992, “anche senza l’accordo delle parti”, per sostenere la facoltà del giudice tributario di disporre d’ufficio l’ammissione di una prova testimoniale, in quanto tale previsione assume la natura di deroga, per il processo tributario, all’accordo delle parti previsto nel processo civile per l’accesso alla modalità di assunzione della prova testimoniale in forma scritta. In tal senso va valutato l’inciso, di cui all’art. 7, comma 4, del D.Lgs. 546/1992, che statuisce come “la corte di giustizia tributaria, ove lo ritenga necessario ai fini della decisione e anche senza l'accordo delle parti, può ammettere la prova testimoniale, assunta con le forme di cui all'articolo 257-bis del codice di procedura civile”.
Pertanto, in alcun modo appare – né in forza di un’interpretazione testuale, né in forza dell’analisi dell’intentio legis, né, ulteriormente, in forza di un’analisi ermeneutica di compatibilità con il modello processuale dispositivo – sostenibile l’attribuzione al giudice tributario di un potere officioso di devoluzione della prova testimoniale[30].
Il rinvio alle previsioni di cui all’art. 244 c.p.c. impone che, anche nel processo tributario, la deduzione della prova testimoniale debba essere modulata secondo criteri di specificità[31]. Difatti, la detta norma si riferisce all'atto di parte a mezzo del quale si deduce nel giudizio la prova testimoniale, quale espressione del potere dispositivo, ma assume anche portata di disciplina generale del modo di deduzione della prova per testi.
L'esigenza di specificità ha come suo presupposto l'identificabilità senza incertezze delle persone da escutere[32] e la determinazione dei fatti nei loro elementi essenziali[33], i quali saranno eventualmente meglio precisati nel corso dell'attività di assunzione.
Scopo di tale specificità è da un lato quello di consentire al giudice di controllare l'influenza e la pertinenza della prova, mentre dall’altro quello di consentire alla controparte di formulare un'adeguata prova contraria[34].
Si ritiene che la prova testimoniale non possa essere capitolata in termini negativi, in conseguenza dell’orientamento giurisprudenziale secondo cui, se i fatti negativi costituiscono il fondamento del diritto che si vuole far valere in giudizio, essi debbono comunque essere provati attraverso altri fatti positivi[35].
La conseguenza processuale dell’inosservanza delle modalità di deduzione (ossia del fatto che la testimonianza sia stata dedotta su fatti capitolati senza i dovuti elementi di specificazione) sarà l'inammissibilità della prova testimoniale, la quale, almeno secondo la dottrina tradizionale[36], è rilevabile d'ufficio. Contraria alla rilevabilità d’ufficio delle nullità relative all'ammissione e all'espletamento della prova testimoniale, invece, è la giurisprudenza[37], argomentando dal fatto che si tratta di nullità relative, le quali devono essere fatte valere nella prima difesa successiva al loro verificarsi o quando la controparte ne viene a conoscenza: pertanto, secondo l’orientamento giurisprudenziale consolidato, la nullità della deduzione della prova testimoniale (per genericità, per irrilevanza o per l’incompleta indicazione dei soggetti) deve essere sollevata dalla controparte nella prima difesa successiva alla deduzione della prova[38].
Applicando al processo tributario l’analisi dei limiti temporali della deduzione della prova testimoniale, non specificando nulla sul tema l’art. 7, comma 4, del D.Lgs. 546/1992 e non sussistendo nel processo tributario delle preclusioni istruttorie speculari a quelle previste nel processo civile, si può ritenere che la prova testimoniale possa essere dedotta nell’atto introduttivo del giudizio nonché in sede di memorie illustrative, depositate ai sensi dell’art. 32 del D.Lgs. 546/1992: al contrario, l’obbligo di capitolazione analitica, deponendo per una deduzione in forma scritta della prova, porta ad escludere che la stessa possa essere dedotta in sede di pubblica udienza.
3. Ammissione della prova testimoniale scritta: il limite della rilevanza quale attuazione del modello processuale dispositivo
Anche i criteri che regolano l’ammissione delle prove testimoniali nel processo tributario debbano essere individuati nei limiti e nelle modalità definite in ambito processual-civilistico.
Difatti, l’art. 7, comma 4, del D.Lgs. 546/1992 dispone che la prova testimoniale sia ammessa quando il giudice lo ritenga “necessario per la decisione”.
Segnatamente, il giudice può ammettere solo le prove che ritiene ammissibili e rilevanti. Se l’ammissibilità si riferisce alla legittimità della prova (ossia al fatto che la legge la ritenga idonea a dimostrare determinati fatti), la rilevanza invece attiene a una valutazione di opportunità che viene fatta dal giudice caso per caso, in relazione al processo ed ai fatti da accertare.
La formulazione dell’art. 7, comma 4, del D.Lgs. 546/1992, con l’inciso in cui dispone che la prova testimoniale sia ammessa quando il giudice lo ritenga “necessario per la decisione” si riferisce alla rilevanza della prova.
Pertanto, anche nel processo tributario i criteri che sorreggono la valutazione della rilevanza della prova devono convergere sul rilievo per cui la prova non è rilevante quando serve a valutare fatti che non sono in contestazione, che sono già stati ammessi dalla controparte, che il giudice ritiene non influenti ai fini della decisione, che riguardano fatti estranei al giudizio ovvero che il giudice ritenga già provati.
Non appare convincente una ricostruzione dei criteri che disciplinano l’ammissibilità della prova secondo canoni di indispensabilità:[39] difatti, tale ricostruzione non sembra coerente con i canoni ermeneutici ritraibili dall’art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale ove, sulla scorta della valutazione testuale della norma, la “necessarietà” rappresenta un concetto differente dall’”indispensabilità”. La necessarietà è condizione strutturale e ben nota nel vaglio di ammissibilità della prova testimoniale nel processo civile e, conseguentemente ai criteri di rinvio di cui all’art. 1, ultimo comma, del D.Lgs. 546/1992, risulta richiamata nel processo tributario. Peraltro, il vaglio di necessarietà rappresenta un corretto bilanciamento tra il principio di ragionevole durata del processo ed il diritto di difesa del contribuente. Al contrario, la nozione di indispensabilità consegue alle interpretazioni che propendevano per l’ammissibilità della prova testimoniale nelle fattispecie in cui non ci fosse altro strumento idoneo all’accertamento dei fatti controversi[40]. Peraltro, la menzionata ricostruzione non appare compatibile con il secondo dei canoni ermeneutici ritraibili dall’art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale ovvero con l’analisi dell’intenzione del Legislatore. Difatti, si è già detto che la Commissione interministeriale per la riforma della giustizia tributaria aveva auspicato, in seno alla relazione finale depositata il 30 giugno 2021, “un diretto intervento del legislatore”, il quale, pur dovendo operare nell’ambito di una più vasta riforma strutturale, avrebbe potuto offrire una prima soluzione ammettendo la “prova testimoniale scritta almeno in tutti i casi in cui non sia altrimenti possibile per la parte (ricorrente) esercitare pienamente il diritto di difesa e di prova”[41]. Tuttavia, all’esito dei lavori parlamentari, la soluzione prescelta ha inteso rimuovere, in via assoluta, la preclusione all’ammissione della prova testimoniale nel processo tributario, abbandonando un approccio inteso a predeterminare le fattispecie in cui la prova documentale dovesse essere ritenuta non sufficiente a garantire il diritto di difesa nella parità delle armi[42]: per l’effetto, non appare coerentemente argomentabile la valutazione del criterio di ammissibilità della prova testimoniale in termini di “indispensabilità” ove il Legislatore ha inteso, espressamente, espungere tale criterio dal testo normativo. In Dottrina è stato prospettato un criterio intermedio tra la rilevanza del mezzo istruttorio e l’indispensabilità dello stesso, enunciando un criterio di “rilevanza rafforzata” che è interpretato secondo i canoni già consolidati nell’interpretazione dell’art. 58 del D.Lgs. 546/1992[43]. Tuttavia, tale richiamo interpretativo, sebbene sostenuto da un approccio ermeneutico di carattere sistematico ritratto dalla disciplina del processo tributario, non appare coerente con una sostanziale declinazione del principio dispositivo processuale e della necessaria terzietà del giudice: difatti, la valutazione della necessarietà in sede di appello si situa in un momento processuale in cui il quadro probatorio è già delineato compiutamente in forza delle attività di allegazione probatoria svolte dalle parti e, conseguentemente, il giudizio di necessarietà del giudice, in tale sede processuale, valuta una cornice di attività istruttoria già espletata dalle parti; applicare i medesimi criteri di valutazione al primo grado di giudizio indurrebbe il giudice ad una valutazione prognostica sulla adeguatezza del complesso del materiale probatorio, riducendo il giudizio di “necessarietà” ad una anticipazione del giudizio sulla rilevanza probatoria del materiale sino a quel momento devoluto nel giudizio. Per tale complesso di ragioni, appare preferibile un’interpretazione che limiti il giudizio di “necessarietà” della prova testimoniale, nel primo grado di giudizio, ad una valutazione di rilevanza della prova (nei termini della conferenza, puntualità e continenza della stessa), del tutto improntato al principio dispositivo in ambito processuale[44].
Per le medesime ragioni, non appare condivisibile l’approdo ermeneutico che tende a differenziare “soggettivamente” i limiti di ammissibilità della prova testimoniale scritta tra contribuente ed Amministrazione Finanziaria: tale descritta differenziazione è argomentata sul presupposto che l’Ente impositore deve, già in fase di motivazione dell’atto impositivo, rendere evidenza delle prove su cui fonda l’esercizio del potere impositivo[45]. Tuttavia, va rimarcato che, ferma la completezza e l’immodificabilità della motivazione dell’atto impositivo (anche in riferimento alle prove che l’Amministrazione Finanziaria intenda porre a fondamento del proprio convincimento), la prova si costruisce in giudizio e non sussiste alcun elemento impeditivo per l’Amministrazione Finanziaria alla allegazione di prove ulteriori, in giudizio, a sostegno della pretesa impositiva[46]: argomentare in senso contrario risulterebbe lesivo del principio del contraddittorio declinato nella parità delle armi.
Ulteriormente, i limiti di ammissibilità della prova testimoniale attengono al rispetto di previsioni legali che escludono, in talune fattispecie, l’ammissibilità della prova testimoniale. I limiti alla ammissibilità della prova testimoniale sono previsti dal codice civile. Tuttavia, assumendo natura di norme generali in materia di ammissibilità della prova testimoniale e, dunque, assumendo la natura di norme generali di carattere processuale, deve considerarsi sussistente il rinvio materiale anche in riferimento alla prova testimoniale nel processo tributario[47].
In ordine ai limiti all’ammissibilità della prova testimoniale previsti dall’art. 2721 c.c. e dall’art. 2725 c.c. è necessario rammentare l’orientamento giurisprudenziale che statuisce come i limiti legali di prova di un contratto per il quale sia richiesta la forma scritta "ad substantiam" o "ad probationem", così come i limiti di valore previsti dall'art. 2721 c.c. per la prova testimoniale, operano esclusivamente quando il suddetto contratto sia invocato in giudizio come fonte di reciproci diritti ed obblighi tra le parti contraenti e non anche quando se ne evochi l'esistenza come semplice fatto storico influente sulla decisione del processo ed il contratto risulti stipulato non tra le parti processuali, ma tra una sola di esse ed un terzo.[48] Tale previsione, applicabile al processo tributario (ed estensibile oltre che ai contratti, alla prova dei pagamenti ed alla remissione del debito), determina una importante contrazione dei limiti di ammissione della prova testimoniale nelle liti contro l’Amministrazione Finanziaria. Tuttavia, non appaiono limitati dalla natura delle parti in causa i limiti di ammissione della prova testimoniale afferenti i patti aggiunti al contenuto del contratto, di cui all’art. 2722 e 2723 c.c., per i quali non è ammessa, indipendentemente dal valore, se ha in oggetto patti aggiunti o contrari al contenuto di un documento, se venga allegato che la stipulazione è avvenuta in precedenza o in contemporanea (art. 2722 c.c.). Se viene allegato che il patto aggiunto o contrario è stato stipulato dopo la formazione del documento, il giudice può consentire la prova testimoniale in base alla verosimiglianza (art. 2723 c.c.).
Sempre in relazione ai limiti di ammissibilità, oltre i canoni codicistici previsti in via generale per la prova testimoniale, il Legislatore della riforma ha introdotto delle previsioni improntate dal connotato della specialità per il processo tributario. Segnatamente, l’art. 7, comma 4, del D.Lgs. 546/1992 dispone, all’ultimo periodo: “Nei casi in cui la pretesa tributaria sia fondata su verbali o altri atti facenti fede fino a querela di falso, la prova è ammessa soltanto su circostanze di fatto diverse da quelle attestate dal pubblico ufficiale”.
Al fine di delimitare il perimetro della menzionata previsione di inammissibilità, risulta necessario sottoporre al vaglio il perimetro delle attestazioni rese dal pubblico ufficiale e munite di fede privilegiata.
Sul punto sussiste un consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità[49] che, vagliando le attestazioni rese dal pubblico ufficiale in sede di verbale, esclude che la fede privilegiata possa estendersi all’intrinseca veridicità del contenuto delle informazioni così apprese dal pubblico ufficiale, poiché là dove è certamente provato fino a querela di falso che il pubblico ufficiale abbia redatto il verbale nonché abbia compiuto determinate attività in precise circostanze di tempo e luogo con la presenza di determinati soggetti, rimane tuttavia comprovabile con ogni mezzo di prova (senza necessità del ricorso alla querela di falso) l’intrinseca veridicità del contenuto delle attestazioni valutative (in fatto ed in diritto) pur rese in forza di documenti o fatti acquisiti in sede di verbalizzazione, attesa l’evidente estraneità di tale contenuto all’ambito della diretta percezione del pubblico ufficiale dichiarante.
Pertanto, seppure gli autori del verbale abbiano dedotto nel medesimo verbale su informazioni, fatti o documenti appresi nel corso della verifica o dall’esame di documenti eventualmente già in loro possesso (o loro esibiti), la veridicità del contenuto di tali deduzioni rimane del tutto estranea all’ambito della fede privilegiata, circoscritta dall’art. 2700 c.c., potendo essere liberamente contestate con qualsiasi mezzo di prova e senza ricorrere alla querela di falso e, pertanto, non rappresentando limite di ammissibilità alla prova testimoniale[50].
Da ultimo e sempre con riguardo ai profili di ammissibilità della prova, un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 7, comma 4, del D.Lgs. 546/1992 in combinato disposto con l’art. 257-bis c.p.c. porta ad escludere la cogenza, nel processo tributario, della previsione, enunciata da quest’ultima norma, per cui la prova testimoniale è ammessa tenuto conto “della natura della causa e di ogni altra circostanza”[51], in quanto, la menzionata previsione è enunciata con riguardo al processo civile tenuto conto della facoltatività della testimonianza scritta: nel processo tributario, risultando la testimonianza scritta l’unica forma di ammissione della prova testimoniale, il richiamo alle valutazioni “della natura della causa e di ogni altra circostanza” deve ritenersi espunto in quanto non compatibile con il processo tributario alla luce del criterio ermeneutico di cui all’art. 1, ultimo comma, del D.Lgs. 546/1992, in quanto la natura della causa del processo tributario deve assumersi sempre compatibile con la forma scritta della testimonianza, essendo questa l’unica forma di testimonianza ammissibile.
La prova testimoniale, ai sensi dell’art. 245 c.p.c., è ammessa con ordinanza che ne valuta l’ammissibilità e la rilevanza. Il descritto meccanismo di rinvio alla disciplina generale sulla prova testimoniale processual-civilistica, comporta l’applicabilità dell’art. 245 c.p.c. anche al processo tributario, per cui il giudice tributario, all’esito dell’udienza di discussione, ove valuti l’ammissibilità e la rilevanza della prova testimoniale richiesta dalle parti emetterà ordinanza di ammissione, con la quale potrà ridurre le liste dei testimoni sovrabbondanti ed eliminare i testimoni che non possono essere sentiti per legge.
Al contrario, qualora il giudice tributario valuti l’inammissibilità o l’irrilevanza della prova testimoniale richiesta dalle parti procederà ad assumere la decisione: naturalmente, un autonomo profilo motivazionale della decisione dovrà essere appuntato sulle ragioni del rigetto della deduzione della prova testimoniale.
Da ciò consegue che, formulata la deduzione correttamente in sede di atto introduttivo o di memorie illustrative, la parte, nel processo tributario, non avrà ulteriori oneri formali. Il rigetto dell’istanza istruttoria, dunque, avrà un diretto riflesso in sede di impugnazione, assumendo, sul punto, onere di devoluzione del vizio come motivo di impugnazione: pertanto, il giudice di appello, nei limiti in cui valuti la rilevanza della prova dedotta, potrà disporne l’assunzione.
Al contrario, ove la deduzione della prova non sia avvenuta nel primo grado di giudizio, in sede di appello troverà applicazione l’art. 58 del D.Lgs. 546/1992, nella formulazione conseguente alle modifiche introdotte con il D.Lgs. 220/2023, per cui il giudice di secondo grado potrà valutare l’ammissione della prova testimoniale unicamente qualora la stessa sia ritenuta “indispensabile” per decidere la lite: si è già rilevato sopra che il richiamo alla necessarietà della prova nel primo grado di giudizio vada interpretato alla luce dei criteri ermeneutici consolidati in relazione al processo civile e, pertanto, che la detta nozione non possa assumere i connotati della “indispensabilità”; al contrario, in sede di appello, anche qualora la prova testimoniale sia richiesta per la prima volta nel grado d’impugnazione, la parte dovrà dimostrare che i fatti posti a fondamento del thema decidendum non possono trovare altra dimostrazione se non con l’escussione dei testimoni[52].
4. Assunzione della prova testimoniale scritta: decadenze e nullità extratestuali nell’assunzione del modulo di testimonianza scritta
Valutato il perimetro della deduzione della prova e dell’ammissione della stessa, necessario soffermarsi sulle modalità di assunzione della prova testimoniale nel processo tributario.
In tal senso, come già sopra analizzato, ferma la sufficienza dell’istanza di una singola parte, la prova testimoniale scritta è soggetta al vaglio di ammissibilità e rilevanza del giudice tributario, secondo i criteri generali di ammissione della prova testimoniale.
Disposta l’ammissione della prova, la struttura della deposizione scritta è molto dettagliata e le sue modalità di assunzione devono adeguarsi ad un modello approvato dal Ministro della giustizia, che individua anche le istruzioni per la sua compilazione (art. 103-bis disp. att. c.p.c.).
Il D.M. della Giustizia 17 febbraio 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 49 del 1 marzo 2010, reca l’approvazione del modello di testimonianza scritta e delle relative istruzioni per la sua compilazione.
Pertanto, il modello di testimonianza scritta, approvato con Decreto Ministeriale, rappresenta un modello di dichiarazione che il testimone dovrà compilare in ogni sua parte con risposta separata a ciascuno dei quesiti e dovrà sottoscrivere alla presenza di un segretario comunale o di un cancelliere di un ufficio giudiziario.
In particolare, l’art. 103-bis disp. att. c.p.c. (rubricato appunto “Modello di testimonianza”) prevede che il modello di testimonianza scritta dovrà essere redatto in conformità al modello approvato con decreto del Ministero della giustizia, emanato il 17 febbraio 2010 e corredato da apposito Allegato 2 recante le istruzioni per la compilazione. Il modello, liberamente scaricabile dal sito del Ministero della giustizia (www.giustizia.it) dovrà essere sottoscritto in ogni suo foglio dal difensore compilante.
Sul tema, inoltre, è intervenuto il legislatore delegato dalla delega fiscale con l’art. 1, comma 1, let. a) del D.Lgs. 30 dicembre 2023, n. 220, recante disposizioni in materia di contenzioso tributario, pubblicato in G.U. Serie generale n. 2 del 03 gennaio 2024, che ha introdotto un Modello espressamente previsto per il processo tributario.
Tuttavia, sino alla data di emanazione del detto modello, risulterà applicabile il Modello già approvato con decreto del Ministero della giustizia, emanato il 17 febbraio 2010.
Per quanto attiene all’onere di sottoscrizione del modello, la dottrina ha segnalato che nel caso, invero di scuola, di totale assenza di sottoscrizioni, stante l’assoluta incertezza circa la provenienza del modello medesimo, dovrebbe configurarsi un ipotesi di radicale nullità della prova, e perfino di decadenza dalla stessa a discapito della parte negligente, atteso che il documento notificato al testimone potrebbe non essere considerato quale «modello» ai sensi dell’art. 257 bis, che risulterebbe così non notificato. Qualora invece la parte abbia omesso di sottoscrivere solo taluno dei fogli che lo compongono, ciò non dovrebbe inficiare del tutto la testimonianza, potendo il Giudice tenere in considerazione solo le risposte fornite dal teste ai quesiti contenuti nei fogli sottoscritti dalla parte[53]. In tal senso, si ritiene applicabile l’art. 156 c.p.c. e la conseguente sanatoria per raggiungimento dello scopo agli errori relativi alla formazione del documento di testimonianza scritta.[54]
Sebbene il legislatore abbia chiarito che i capitoli di prova dovranno essere formulati così come ammessi, nulla ha detto invece per l’evenienza che ciò non avvenga. In dottrina si è ritenuto che nel caso in cui la difformità venga riscontrata, il Giudice in sede decisoria non dovrà tenere conto della testimonianza acquisita, ferma restando la possibilità che questi decida di chiamare a deporre oralmente il teste, sui capitoli effettivamente ammessi[55].
Dopo la predisposizione del modello, come già detto, la parte dovrà notificare lo stesso, insieme con le istruzioni per la relativa compilazione, al teste.
Sul tema, è intervenuto il legislatore delegato dalla delega fiscale con l’art. 1, comma 1, let. a) del D.Lgs. 30 dicembre 2023, n. 220, recante disposizioni in materia di contenzioso tributario, pubblicato in G.U. Serie generale n. 2 del 03 gennaio 2024, che introduce, all’art. 7, comma 4, del D.Lgs. 546/1992, il seguente periodo: “La notificazione dell'intimazione del modulo di deposizione testimoniale, il cui modello, con le relative istruzioni per la compilazione, è reso disponibile sul sito istituzionale dal Dipartimento della Giustizia tributaria, può essere effettuata anche in via telematica”. Conseguentemente, il Legislatore è intervenuto, mediante norma di natura e carattere speciale, interpolando la disciplina prevista per il processo tributario ed enunciando una peculiare facoltà di utilizzare il mezzo telematico per la notifica.
L’omessa o tardiva notifica del modello e delle relative istruzioni dovrebbe determinare la decadenza della parte dalla prova in applicazione analogica dell’art. 104, 1° co., disp. att., c.p.c., salvo che la controparte non dichiari di avere interesse all’assunzione o il Giudice, ritenendo giustificata l’omissione, non conceda un nuovo termine per la notificazione.[56]
La testimonianza scritta viene in concreto resa mediante la compilazione ad opera del teste del detto modulo in ogni sua parte.
Più precisamente, il teste deve indicare le proprie generalità ed i suoi recapiti; deve specificare in quali rapporti si trova con le parti; deve dichiarare se intende avvalersi della facoltà di astensione e in caso positivo specificarne i motivi, onde consentire al Giudice di verificare se questi rientrino tra le ipotesi espressamente contemplate dalla legge; deve sottoscrivere la formula di impegno e rispondere a tutti i quesiti. Con riferimento a questi ultimi, laddove non sia in grado di rispondere deve comunque indicarne le ragioni; ove invece sia a conoscenza dei fatti oggetto dei quesiti, deve rispondere a ciascuno di essi in modo “specifico e pertinente”, indicando se si tratti di conoscenza diretta o indiretta.
Inoltre il teste deve apporre la sua firma non solo al termine di ogni risposta – “di seguito e senza lasciare spazi vuoti” - ma anche su ciascuna delle facciate del foglio di testimonianza.
Ognuna delle sottoscrizioni deve essere autenticata “da un segretario comunale o dal cancelliere di un ufficio giudiziario”; l’autenticazione è gratuita, nonché esente dall’imposta di bollo e da ogni diritto.
Per l’autentica delle sottoscrizioni ed il deposito del modello di testimonianza scritta nel processo tributario, le funzioni attribuite dalla norma al Cancelliere si debbono considerare attribuite al personale dell’Ufficio di Segreteria della Corte di giustizia tributaria competente.
Necessario precisare che, per quanto sia stato espunto dall’ultimo comma dell’art. 103-bis disp. att. c.p.c. il riferimento, originariamente contenuto nello stesso, (anche) alla figura del notaio, non va comunque esclusa la possibilità per quest’ultimo, ove richiesto, di procedere all’autentica delle sottoscrizioni, stante il generale potere di autentica attribuito dall’ordinamento a tale peculiare figura di pubblico ufficiale; il venir meno del riferimento originariamente contenuto nella disposizione appena più sopra richiamata al notaio è da ritenersi legato, infatti, non alla sottesa volontà di negare a quest’ultimo la possibilità di procedere all’autentica delle sottoscrizioni ma, piuttosto, alla quanto meno dubbia legittimità costituzionale di una disposizione che, nel prevedere detta possibilità, ne disponeva al contempo la gratuità anche se resa dal notaio.
Il deposito potrà essere effettuato in modalità analogica, non sussistendo, ai sensi dell’art. 16-bis del D.Lgs. 546/1992, obbligo di utilizzazione del processo tributario telematico per il testimone. Tuttavia, il testimone che sia in possesso di una firma digitale certificata, potrebbe depositare per via telematica come documento informatico il modello debitamente compilato, le cui sottoscrizioni, però, dovranno risultare in ogni caso autenticate nelle modalità indicate dall’ultimo comma dell’art. 103-bis disp. att. c.p.c..[57]
Sul tema, inoltre, è intervenuto il legislatore delegato dalla delega fiscale con l’art. 1, comma 1, let. a) del D.Lgs. 30 dicembre 2023, n. 220, recante disposizioni in materia di contenzioso tributario, pubblicato in G.U. Serie generale n. 2 del 03 gennaio 2024, che introduce, all’art. 7, comma 4, del D.Lgs. 546/1992, il seguente periodo: “In deroga all'articolo 103-bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, se il testimone è in possesso di firma digitale, il difensore della parte che lo ha citato deposita telematicamente il modulo di deposizione trasmessogli dal testimone dopo che lo stesso lo ha compilato e sottoscritto in ogni sua parte con firma digitale apposta in base a un certificato di firma qualificato la cui validità non è scaduta ovvero che non è stato revocato o sospeso al momento della sottoscrizione”. In tal senso, in attuazione dei principi della delega fiscale intesi a potenziare il processo telematico,[58] il Legislatore ha inteso, in deroga alla disciplina processual-civilistica, disporre la possibilità per il testimone di sottoscrivere il modello mediante l’utilizzo della firma digitale ed, in tale ipotesi, di escludere la necessità dell’autentica della sottoscrizione: conseguentemente ed in tali ipotesi, il difensore è facoltizzato al deposito telematico del modulo sottoscritto con le descritte modalità digitali.
Quanto alle conseguenze della violazione degli oneri che gravano sul testimone il legislatore sanziona espressamente solo l’ipotesi in cui il teste non spedisca ovvero non consegni le risposte scritte nel termine stabilito, prevedendo che il Giudice possa condannarlo al pagamento della pena pecuniaria di cui al primo comma dell’art. 255 c.p.c.: detta sanzione non è estensibile a ipotesi diverse di inadempimento da parte del testimone, che possono consistere nella violazione delle prescrizioni.
Detta sanzione non risolve altresì il problema della mancata acquisizione del modello e dunque della testimonianza al processo. Sul punto, con riferimento al processo civile, una parte della dottrina ritiene che si possa applicare analogicamente l’ultimo comma dell’art. 257-bis c.p.c. che consente al Giudice di disporre che il teste sia chiamato a deporre dinanzi a lui[59]; altra parte, invece, muovendo dalla considerazione che in tale ipotesi viene a mancare il presupposto per l’esercizio del potere di convocare il testimone, ossia il previo esame delle risposte o dichiarazioni del teste solo a seguito del quale il Giudice può reputare opportuno sentirlo personalmente, ritiene che il Giudice possa anche d’ufficio revocare il provvedimento di assunzione e contestualmente ordinare che il teste sia convocato di persona e, se non si presenta nemmeno in udienza, il Giudice potrà disporre l’accompagnamento coattivo[60]: evidentemente, tale seconda soluzione risulta incompatibile con l’assunzione della prova testimoniale scritta nel processo tributario. Tanto porta a ritenere che solamente le violazioni dei termini di intimazione, imputabili alla parte che richiede la testimonianza, comportino la sanzione della decadenza dalla prova. Al contrario, il mancato rispetto del termine per la produzione del modello da parte del teste non può ricadere in danno alla parte e, pertanto, deve assumersi che il giudice possa rinnovare l’acquisizione della testimonianza scritta.[61]
Il legislatore omette altresì di chiarire casa accade qualora il modello tempestivamente notificato rechi però errori di compilazione. In riferimento a detta ipotesi, sembra possibile distinguere le inadempienze del testimone che si traducono in vizi insanabili della testimonianza, da quelle che in realtà non sembrano idonee ad inficiare la validità della prova e quindi a renderla inutilizzabile.
Con riferimento a queste ultime ipotesi si può ipotizzare la fattispecie in cui il teste si dimentichi di inserire le sue complete generalità oppure l’ipotesi in cui sottoscriva il modello lasciando spazi vuoti ovvero sottoscriva o faccia autenticare solo alcune delle risposte (in quanto in tal caso nulla impedisce di utilizzare le altre); neppure la circostanza che l’autenticazione sia stata effettuata da parte di un pubblico ufficiale diverso dal segretario comunale o dal cancelliere sembra idonea ad inficiare la validità delle risposte medesime.
In altri casi, invece, il vizio può risultare talmente incidente da rendere la prova del tutto inutilizzabile: così, la prova non potrà essere utilizzata quante volte il testimone non abbia risposto ad alcuna domanda, ovvero le sue risposte siano generiche, non pertinenti, incomprensibili, oppure egli non abbia specificato se dei fatti dichiarati abbia avuto conoscenza diretta o indiretta, ovvero ancora non abbia chiarito i suoi rapporti con le parti.
In tutte queste ipotesi, risultando evidente che la parte che abbia dedotto la testimonianza scritta ed abbia diligentemente assolto a tutti gli oneri sulla stessa gravanti non debba subire le conseguenze negative di un comportamento altrui, si può assumere che, in tali fattispecie, il giudice tributario possa ricorrere al potere di cui all’art. 257-bis, comma 8, c.p.c..[62]
Si riscontra opinione difforme in dottrina che fonda l’esclusione dell’escussione orale del testimone sulla natura meramente scritta della testimonianza prevista nel processo tributario.[63]
5. Contraddittorio ed oralità: effettività del diritto di difesa, declinato nel principio di parità delle armi, con l’introduzione della testimonianza scritta nel processo tributario
Valutata la nuova cornice normativa entro la quale risulta ammissibile, nel processo tributario, l’acquisizione della testimonianza in forma scritta, risulta utile, in via conclusiva, una valutazione di conformità ai principi del giusto processo del nuovo assetto dell’istruttoria.
Difatti, già in seno alla dottrina processualcivilistica sussistono ampi e diffusi dubbi in ordine alla corretta declinazione del principio del contraddittorio, in riferimento all’istituto della testimonianza scritta. In particolare, le maggiori criticità vengono appuntate sulla deroga al principio dell’oralità, in quanto si dubita che la predisposizione del modello di testimonianza scritta, elaborata dal difensore, possa influenzare la genuinità della deposizione del teste[64], non potendosi adottare, nelle modalità procedimentali che afferiscono alla testimonianza scritta, quei correttivi naturali che conseguono all’assunzione della testimonianza nel contraddittorio delle parti ed in forma orale[65].
In tal senso, le maggiori critiche sono appuntate sul rilievo per cui la prova non è raccolta nel contraddittorio delle parti e davanti ad un giudice terzo: tali carenze portano ad affermare che la testimonianza scritta non offre le stesse garanzie di genuinità della testimonianza orale e non assicura la riferibilità delle risposte (esclusivamente) in capo al teste. Pertanto, nell’ambito del processo civile è - opportunamente - previsto che il giudice possa ex officio disporre che il testimone sia chiamato a deporre oralmente. L’intervento del giudice è previsto per superare l’eventuale ambiguità, incompletezza o contraddittorietà delle risposte rese o per ovviare all’inutilizzabilità della dichiarazione (nei casi in cui il testimone compili in modo irregolare il modello, oppure ometta di sottoscriverlo su ciascuna delle facciate del foglio di testimonianza, o lo trasmetta intempestivamente).
Per tali ragioni in dottrina, è stato osservato che la riforma di cui alla L. 130/2022, in riferimento alla novellazione del comma 4 dell’art. 7 del D.Lgs., rappresenta una “mitigazione” del divieto di prova testimoniale[66].
È stato lucidamente rilevato che la testimonianza orale non coincide esattamente con quella scritta ove la prima forma di assunzione della testimonianza permette una migliore attuazione del principio del contraddittorio – quale declinazione del diritto di difendersi provando – nelle forme dell’oralità: difatti, non appare seriamente revocabile in dubbio che l’oralità nell’assunzione della prova testimoniale permetta – dapprima da parte del giudice – una migliore valutazione del teste attraverso il linguaggio non verbale nonché – e questo nel contraddittorio tra le parti – un immediato approfondimento dell’esame testimoniale sulla base delle risposte e dell’atteggiamento del teste, anche sulla base di richieste di precisazione (tanto risultando inevitabilmente precluso nel modello della testimonianza scritta)[67].
È, tuttavia, osservato come il contraddittorio, benché affievolito, non sia disatteso[68].
Tuttavia, la corretta attuazione del principio del contraddittorio e dell’oralità impone una soluzione ermeneutica intesa a ritenere applicabile, anche al processo tributario, il dettato di cui all’art. 257-bis c.p.c. ove dispone che “il giudice, esaminate le risposte o le dichiarazioni, può sempre disporre che il testimone sia chiamato a deporre davanti a lui o davanti al giudice delegato”. Difatti, l’ultimo comma dell’art. 257-bis c.p.c. deve essere considerato come una norma di chiusura del sistema di assunzione della testimonianza scritta, in forza del quale il Giudice, dopo aver esaminato le risposte o le dichiarazioni scritte del teste, può sempre disporre che il testimone sia chiamato a deporre davanti a lui. Il legislatore ha quindi voluto assicurare la possibilità che il testimone, che abbia deposto per iscritto, venga sentito anche oralmente, in presenza – e sotto la supervisione – del Giudice e nel contraddittorio delle parti. Tale possibilità riespande, nelle ipotesi dubbie, il contraddittorio tra le parti nella pienezza dell’oralità: non appare ostativo ad una piena attuazione del contraddittorio il fatto che la scelta dell’escussione sia un potere discrezionale del giudice in quanto le parti possono liberamente sollecitarne l’utilizzo.
Difatti, ove si escluda la possibilità dell’escussione orale del teste, nelle ipotesi di dubbio già esaminate, si paventerebbero dei dubbi sull’effettivo raggiungimento dell’implementazione concreta dei principi del giusto processo. In tal senso, la Corte EDU ha chiarito che l’assenza di pubblica udienza o il divieto di prova testimoniale nel processo tributario sono compatibili con il principio del giusto processo solo se da siffatti divieti non deriva un grave pregiudizio della posizione processuale del ricorrente sul piano probatorio, non altrimenti rimediabile[69]. La mancata escussione orale del teste, anche nelle ipotesi in cui per la qualità del teste o per le concrete fattezze del modello di testimonianza scritta siano emersi dubbi sulla genuinità della testimonianza e, dunque, nelle ipotesi in cui la valutazione della rilevanza dell’ammissione orale della prova sia conseguente al vaglio del giudice, porterebbe a ritenere sussistente un vulnus alla concreta attuazione del diritto di difesa, nella violazione del contraddittorio e dell’oralità, paventandosi una confliggenza con il già descritto sistema di tutela multilivello.
Al contrario, tale assetto risulta, nell’attuazione della descritta opzione ermeneutica, coerente e rispettoso con i principi del giusto processo, ove non sussiste più una preclusione assoluta di assunzione della prova testimoniale, confliggente con l’art. 6 CEDU, e le concrete modalità di assunzione della prova, ivi compresa la possibilità di escussione orale in forza delle valutazioni del giudice, risultano rispettose dei limiti di acquisizione della prova in contraddittorio nonché del rispetto del principio di parità delle armi.
Tuttavia, non può non rilevarsi che l’eliminazione del divieto di prova testimoniale in uno con le modifiche ordinamentali introdotte dalla L. 130/2022, che attribuiscono la giurisdizione tributaria ad un ordine di Magistrati tributari di carriera ed assunti in via concorsuale, portano a ritenere che, allo stato, l’introduzione della testimonianza orale non debba considerarsi come incompatibile con lo svolgimento del processo tributario anche nel pieno rispetto del principio di ragionevole durata del processo.
[1] In tal senso e testualmente si veda https://www.giustizia.it/cmsresources/cms/documents/commissione_DELLACANANEA_relazione_finale_30giu21.pdf, p. 137 ss.. In seno alla stessa relazione si legge un brano dell’audizione di F. Gallo del 31 maggio 2021, nel corso del quale è stato così osservato: “la questione andrebbe riconsiderata alla luce del nuovo art. 111. Il problema, infatti, non è più tanto verificare se è costituzionalmente legittimo, ex art. 3 della Costituzione il fatto che il giudice civile (ovvero, più recentemente, quello amministrativo) possa assumere direttamente testimonianze, mentre a quello tributario tale facoltà sia inibita. Il problema è invece considerare se il divieto probatorio non contrasti, direttamente e in modo inequivocabile, con la regola costituzionale di contraddittorio-parità tra le parti….”.
[2] Difatti, per le ragioni sopra esaminate, il divieto di acquisizione della prova testimoniale nel processo tributario appariva, alla luce dei principi del “due process of law” ed in un approccio di attuazione dei diritti fondamentali nell’attuazione di un sistema di tutela multilivello, del tutto incompatibile con il diritto di difesa, declinato nelle forme della pienezza del contraddittorio, dell’oralità e della parità delle armi. In tal senso, non sarebbero risultate sufficienti a rimuovere le descritte criticità delle prospettive di approccio alla problematica dirette a ritenere incompatibile il divieto di testimonianza nella formulazione in termini di assolutezza. Tale conclusione, ove ben si comprende, è adombrata da G. Bizioli, in La prova testimoniale nel processo tributario, in F. Bilancia, C. Califano, L. Del Federico, P. Puoti, Convenzione europea dei diritti dell’uomo e giustizia tributaria italiana, Torino, 2014, p. 433 ove si rileva: “Non già il divieto di prova testimoniale nel processo tributario deve ritenersi in contrasto con l’art. 24 della Costituzione, bensì la sua assolutezza, ovvero l’impossibilità per la parte di far ammettere tale prova allorchè sia il solo mezzo per la dimostrazione della verità”.
[3] In tal senso si veda F. Gallo, Prime osservazioni sul nuovo giudice speciale tributario, in F. Gallo – A. Uricchio – A. Cuva – C. Buccico – S. Donatelli, Le novità introdotte dalla legge n. 130/2022 di riforma del processo tributario, Bari, 2023, p. 5: “L’art. 4, comma 3, let. c) ha opportunamente riconsiderato la questione alla luce del nuovo art. 111 Cost. rendendosi conto che, ai sensi di tale norma, il problema non è tanto più verificare se è costituzionalmente legittimo, ex art. 3 della Costituzione, il fatto che il giudice civile (ovvero, più recentemente, quello amministrativo) possa assumere direttamente testimonianze, mentre a quello tributario tale facoltà sia inibita. È, infatti, ora abbastanza scontato che l’attuazione di una vera giustizia non può prescindere da una ricostruzione diretta dei fatti da parte del giudice con tutti i mezzi possibili e, quindi, non sopporta più le limitazioni dello strumentario probatorio e il conseguente spostamento del giudizio dalla verità reale alla verità formale”.
[4] L’art. 8, comma 3, della L. 31 agosto 2022, n. 130, recante disposizioni in materia di giustizia e di processo tributario, pubblicata nella Gazz. Uff. 1° settembre 2022, n. 204 dispone: “3. Le disposizioni di cui all'articolo 4, comma 1, lettere c), d), g) e h), si applicano ai ricorsi notificati a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge”.
[5] Commenta F. Pistolesi, Il processo tributario, Torino, 2023, p. 140: “Dunque, grazie alla L. n. 130, si arricchisce la gamma dei mezzi istruttori utilizzabili dalle parti del giudizio tributario senza comprimere alcuna delle facoltà esperibili”.
[6] Sul tema si rinvia a F. Pistolesi, La testimonianza scritta, in A. Carinci – F. Pistolesi (a cura di), La riforma della giustizia e del processo tributario, Milano, 2023, p. 67; A. Cuva, I confini applicativi del superamento del divieto di prova testimoniale nel processo tributario, in F. Gallo – A. Uricchio – A. Cuva – C. Buccico – S. Donatelli, Le novità introdotte dalla legge n. 130/2022 di riforma del processo tributario, Bari, 2023, p. 135 ss.; M. T. Onorato, Le prove nel processo tributario, in G. Carlizzi – F. A. Genovese, La riforma del processo tributario, Napoli, 2023, p. 188 ss.; G. Chironi, G. Dell’Anna, L. Gucciardo, I poteri delle Corti di Giustizia Tributaria, in A. F. Uricchio – N. Treglia (a cura di), Il processo tributario alla luce della riforma di cui alla legge 130/2022, Roma, 2023, p. 107 ss.; F. Pistolesi, Il processo tributario, Torino, 2023, p. 133 ss.; N. Sartori, La fase istruttoria e le prove atipiche o illecite, in C. Consolo – G. Melis – A. M. Perrino (a cura di), Il Giudizio Tributario, Milano, 2022, p. 396 ss.; S. Morri, La nuova disciplina delle prove nel processo tributario, Milano, 2024, p. 75 ss.; A. Lovisolo, Sull’onere della prova e sulla prova testimoniale nel processo tributario: prime osservazioni in merito alle recenti modifiche ed integrazioni apportate all’art. 7 d.lgs. n. 546 del 1992, in Dir. prat. trib., 2023, p. 43; C. Glendi, Prova testimoniale scritta nel processo tributario riformato: quali confini applicativi?, in Dir. prat. trib., 2023, p. 598; C. Glendi, Sulla c.d. prova testimoniale scritta nel processo tributario, in GT – Rivista di giurisprudenza tributaria, 2023, p. 381; S. Zagà, La “nuova” prova testimoniale scritta nel riformato processo tributario, in Dir. prat. trib., 2023, p. 2142; A. Russo, Prova testimoniale scritta: distinzioni tra processo tributario e processo civile, in Il Fisco, 2023, p. 451 ss.; M. Antonini, P. Piantavigna, La valenza delle dichiarazioni dei terzi nella nuova istruzione probatoria, in Corriere Tributario, 2023, p. 140; M. Conigliaro, Cade il divieto di prova testimoniale nel rito tributario: un passo avanti verso il giusto processo, in Il Fisco, 2022, p. 3812.
[7] La paternità teorica di un modello processuale di carattere inquisitorio è attribuita ad E. Allorio e viene qualificata come declinazione del modello processuale proprio di uno Stato autoritario di diritto. Si veda G. Tinelli, L’evoluzione del sistema della giustizia tributaria, in Diritto e pratica tributaria, 2023, p. 910: “In particolare, in tale ricostruzione teorica, l’azione impositiva formava oggetto di un sindacato giurisdizionale diretto al controllo della legittimita` dell’azione amministrativa ed alla tutela dell’individuo, nell’ambito di una piu ` ampia forma di riaffermazione dell’interesse pubblico ad un’entrata tributaria conforme ai principi ispiratori della ripartizione tra i cittadini dei carichi pubblici. Da cio`, anche la giustificazione della c.d. presunzione di legittimita` dell’atto amministrativo, espressione del potere di supremazia della p.a. che finiva per riflettersi anche nella fase della tutela giurisdizionale. Il processo tributario avanti le Commissioni venne così ricondotto, secondo lo schema proprio del processo amministrativo, ad un processo di annullamento di atti amministrativi illegittimi e la posizione soggettiva del contribuente degradata a quella di mero interesse legittimo al conformarsi della p.a. alla sua funzione giustiziale regolata dalla legge…………… Le limitazioni all’azione giudiziaria in materia tributaria, rimaste quelle originarie, completavano il sistema, che si presentava, nella grande maggioranza delle controversie, ispirato ad un modello pubblicistico, nel quale la tutela del patrimonio individuale cedeva di fronte alla preminente cura dell’interesse dello Stato, in nome del quale dovevano giustificarsi le forti compressioni dei diritti individuali, primo fra tutti quello alla garanzia della giustizia nell’imposizione”.
Ulteriormente sul tema si rinvia a C. Consolo, Natura e oggetto del processo tributario, in AA.VV., Discussioni sull’oggetto del processo tributario, in M. Basilavecchia, A. Comelli (a cura di), Padova, 2020, p. 176, che vede in tale ricostruzione teorica della giustizia tributaria “un punto di emersione privilegiato dello Stato autoritario di diritto, degli atti imperativi con cui esso si esprime e, per converso, della collaborazione richiesta ai cittadini, delle tutele per loro disponibili e così in sintesi della tenuta di quello Stato contemporaneo rispetto a quello totalitario o comunque liberale” e ricorda che “il germe del trattato alloriano era coevo all’operare di un giurista nello Stato autoritario, sia pure di diritto e non gia` totalitario e germanizzante”.
[8] In senso conforme ad un sostanziale rafforzamento del diritto di difesa e del contraddittorio si richiama A. Cuva, I confini applicativi del superamento del divieto di prova testimoniale nel processo tributario, in F. Gallo – A. Uricchio – A. Cuva – C. Buccico – S. Donatelli, Le novità introdotte dalla legge n. 130/2022 di riforma del processo tributario, Bari, 2023, p. 137: “In via preliminare, riteniamo di poter affermare che la nuova disposizione, quale strumento di maggior garanzia rispetto all’utilizzo delle dichiarazioni dei terzi, rappresenta una tappa importante nel rafforzamento del diritto di difesa delle parti e nell’affermazione della parità delle armi nel processo tributario, anche se permane l’esigenza di una rivisitazione organica della disciplina dell’istruzione probatoria”.
In generale sull’istruttoria nel processo tributario – per la quale è condivisa l’assenza di una effettiva centralità nell’impostazione del processo anteriore alla L. 130/2022 – si richiama F. Tesauro, Sui principi generali dell’istruzione nel processo tributario, in Riv. Dir. fin. Sc. Fin., 1978, p. 203; S. La Rosa, La fase istruttoria nel processo davanti alle commissioni tributarie, in Bollettino tributario, 1982, p. 1259.
[9] Per la dottrina processualcivilistica che ha commentato l’introduzione dell’istituto della testimonianza scritta nel processo civile si richiama AA.VV., La nuova prova testimoniale, Roma, 2009; A. Chizzini - G. Balena - R. Caponi - S. Menchini, La riforma della giustizia civile, Torino, 2009, p. 77; G. Palmieri - M. Angelone, La testimonianza scritta nel processo civile, in Giur. Merito, 2009, p. 2182; A. Saletti - B. Sassani, Commentario alla riforma del codice di procedura civile: (Legge 18 giugno 2009, n. 69), Torino, 2009, p. 104; C. Mandrioli - A. Carratta, Come cambia il processo civile, Torino, 2009, p. 55; C. Asprella, La testimonianza scritta e il tramonto dell’oralità, in Il giusto processo civile, 2009, Napoli, p. 855; M. Cea Costanzo, La testimonianza scritta, in Il giusto processo civile, 2010, Napoli, p. 133; E. Picozza, La prova per testimoni tra deposizione orale e testimonianza scritta a seguito della riforma del 2009, in Riv. Dir. proc., 2010, p. 869; L. P. Comoglio, Le prove civili, Torino, 2010, p. 590; E. Fabiani, Note sulla nuova figura di testimonianza (cd. scritta) introdotta dalla legge n. 69 del 2009, in Riv. Trim. dir. proc. Civ., 2011, p. 823; R. Crevani, La prova testimoniale, in M. Taruffo (a cura di), La prova nel processo civile, Milano, 2012, p. 275; C. Consolo, La legge di riforma 18 giugno 2009, n. 69: altri profili significativi a prima lettura, in Corr. Giur., 2009, p. 877.
[10] C. Glendi, Sulla c.d. prova testimoniale scritta nel processo tributario, in GT – Rivista di giurisprudenza tributaria, 2023, p. 381.
[11] C. Glendi, Prova testimoniale scritta nel processo tributario riformato: quali confini applicativi?, in Dir. prat. trib., 2023, p. 598: “Se, dunque, la c.d. prova testimoniale scritta di cui al novellato 4° comma dell’art. 7, d.lgs. n. 546 del 1992 si differenzia dalla prova legale tipica prevista dal codice di rito e financo dalla “testimonianza scritta” di cui all’art. 257- bis c.p.c., che resta pur sempre una particolare forma di assunzione della prova testimoniale con effetti di prova legale tipica propria del processo civile ordinario e del Codice civile, come, allora, deve essere interpretato il richiamo fatto dal 4° comma, dell’art. 7, d.lgs. n. 546 del 1992 all’art. 257- bis c.p.c.? La risposta a questo interrogativo si ritrova de plano rifacendosi alla general Klausel di cui all’art. 1, 2° comma, d.lgs. n. 546 del 1992, nella parte in specie dove si stabilisce che le norme del Codice di procedura civile sono applicate dai giudici tributari per quanto “compatibili” con quelle del citato decreto legislativo. A questa stregua non è dunque difficile pervenire alla conclusione che, tenuto conto del vigente 4° comma dell’art. 7, d.lgs. n. 546 del 1992, il richiamo all’art. 257- bis c.p.c. sia limitato alle sole forme previste da quest’ultima disposizione per l’assunzione di una prova testimoniale non avente valenza di prova legale tipica, trattandosi, invece, d’informazione di terzi disposta dalla Corte di giustizia tributaria (senza limitazione di grado) che la ritenga “necessaria ai fini della decisione”, “anche senza l’accordo delle parti”, e senza “tenere conto della natura della causa e di ogni altra circostanza”. Tendenzialmente uniformandosi, non tel quel, ma cum grano salis, come si suol dire e si vedrà meglio ancora fra poco, alle ulteriori prescrizioni dettate nei successivi commi dell’art. 257- bis c.p.c. e, soprattutto, dall’art. 103- bis disp. att. c.p.c., che risultano, in larga parte, circoscrittamente applicabili alla sola “testimonianza scritta” prevista per il solo processo civile”.
[12] C. Glendi, Sulla c.d. prova testimoniale scritta nel processo tributario, in GT – Rivista di giurisprudenza tributaria, 2023, p. 381. In senso conforme si veda anche A. Lovisolo, Sull’onere della prova e sulla prova testimoniale nel processo tributario: prime osservazioni in merito alle recenti modifiche ed integrazioni apportate all’art. 7 d.lgs. n. 546 del 1992, in Dir. prat. trib., 2023, p. 43: “Al riguardo, la circostanza che il nuovo 4° comma, dell’art. 7 non preveda espressamente che la “prova testimoniale è ammessa” (così come, qualche riga sopra, esclude invece l’ammissibilità “del giuramento”), limitandosi ad indicare le modalità della sua assunzione, ha indotto a ritenere che, nel processo tributario, la prova testimoniale finisca per rappresentare “nulla più che l’attribuzione di una veste formale (rafforzata quanto al suo valore probatorio) alle dichiarazioni di terzi”, da tempo utilizzabili innanti il Giudice Tributario”.
[13] S. Zagà, La “nuova” prova testimoniale scritta nel riformato processo tributario, in Dir. prat. trib., 2023, p. 2142.
[14] Per tale conclusioni si rinvia ad A. Cuva, I confini applicativi del superamento del divieto di prova testimoniale nel processo tributario, in F. Gallo – A. Uricchio – A. Cuva – C. Buccico – S. Donatelli, Le novità introdotte dalla legge n. 130/2022 di riforma del processo tributario, Bari, 2023, p. 135: “In tal senso, le insufficienze strutturali del processo tributario e, di conseguenza, l’imperfetta realizzazione del principio del contraddittorio hanno imposto nel tempo una severa riflessione sulla circostanza per la quale il legislatore, pur avendo conferito al contenzioso tributario l’impostazione e le finalità tipiche di un classico mezzo di tutela giurisdizionale, non lo ha poi dotato di tutti quegli strumenti processuali idonei ad una concreta realizzazione della parità processuale tra le parti”.
[15] M. Conigliaro, Cade il divieto di prova testimoniale nel rito tributario: un passo avanti verso il giusto processo, in Il Fisco, 2022, p. 3812.
[16] M. Conte, Le prove civili, Milano 2005, p. 279: “la prova testimoniale può essere definita come quella dichiarazione che un soggetto estraneo al giudizio rende circa l’esistenza o la narrazione di un determinato fatto”. Ulteriormente, si richiama M. Taruffo, Prova testimoniale (dir. proc. civ.), in Enciclopedia del diritto, Milano, 1988, p. 729.
[17] G. Tinelli, L’evoluzione del sistema della giustizia tributaria, in Diritto e pratica tributaria, 2023, p. 932: “In particolare, con l’art. 4, 1˚ comma, lett. c), della legge n. 130 del 2022 si e` eliminato il tradizionale divieto della prova testimoniale, mantenendolo soltanto per il giuramento. Tale modifica, ripetutamente invocata dalla dottrina, che vedeva nel divieto contenuto nell’art. 7, 4˚ comma, del d.lgs. n. 546 del 1992 un ingiustificato limite all’attivita` difensiva, specie del contribuente ( 176 ), si unisce all’espressa disciplina della testimonianza scritta, che forma oggetto di una disciplina di dettaglio nella seconda parte del nuovo 4˚ comma. Tale disciplina, tuttavia, non sembra porre un limite all’ammissibilita` anche della prova testimoniale in forma orale, in quanto, per effetto della rimozione del divieto e del rinvio alle regole del c.p.c., contenuto nel 2˚ comma dell’art. 1 del d.lgs. n. 546 del 1992, deve ritenersi richiamata l’integrale disciplina della prova testimoniale”.
[18] Cfr. sul tema U. Berloni, in C. Consolo (diretto da), Codice di procedura civile - Commentario, Milano, 2018, p. 553; Id., Affidavit come modalità alternativa di assunzione della prova testimoniale, in Dir. trim. dir . proc. civ., 2007, p. 1267.
[19] F. Pistolesi, La testimonianza scritta, in A. Carinci – F. Pistolesi (a cura di), La riforma della giustizia e del processo tributario, Milano, 2023, p. 81: “Questa, in ultima istanza, è la profonda e incolmabile differenza fra la prova testimoniale e tali dichiarazioni: la prima, a differenza delle seconde, non necessiterà di altre risultanze istruttorie per consentire al giudice di accertare i fatti controversi”.
[20] N. Sartori, La fase istruttoria e le prove atipiche o illecite, in C. Consolo – G. Melis – A. M. Perrino (a cura di), Il Giudizio Tributario, Milano, 2022, p. 399: “a tali elementi la giurisprudenza attribuisce forza probatoria depotenziata (ad indizio), in quanto, come visto, non va confusa l’ammissibilità della prova con la sua efficacia. Alla luce della possibilità di avvalersi oggi della testimonianza scritta, il problema non dovrebbe più porsi: le dichiarazioni di terzi possono essere utilizzate nell’ambito dell’attività istruttoria, ma, nel processo, dovrebbero considerarsi prive di valore probatorio in ragione del fatto che esse non rappresentano un fatto ma una narrazione di un fatto, acquisita senza le garanzie necessarie a vagliarne l’attendibilità. Si dovrebbe trattare, insomma, di mezzi istruttori e non di prove (né tipiche né atipiche) né di indizi”.
[21] Esprime tale principio di diritto Cass. 13 settembre 2018, n. 22349; Id., ord. 16 marzo 2018, n. 6616; Id., n. 9080/2017 cit.. In dottrina, ex multis, S. Muleo, Diritto alla prova, principio del contraddittorio e divieto di prova testimoniale in un contesto di verificazione: analisi critica e possibili rimedi processuali, in Rass. trib., 2002, p. 1989.
[22] A. Cuva, I confini applicativi del superamento del divieto di prova testimoniale nel processo tributario, in F. Gallo – A. Uricchio – A. Cuva – C. Buccico – S. Donatelli, Le novità introdotte dalla legge n. 130/2022 di riforma del processo tributario, Bari, 2023, p. 142: “Il sottile discrimen tra la testimonianza e la dichiarazione dei terzi, probabilmente, farà si che i due mezzi probatori saranno destinati a coesistere”. Ulteriormente in senso favorevole alla coesistenza della prova testimoniale e delle dichiarazioni dei terzi, per le ragioni della differente natura probatoria dei due mezzi, si veda F. Pistolesi, La testimonianza scritta, in A. Carinci – F. Pistolesi (a cura di), La riforma della giustizia e del processo tributario, Milano, 2023, p. 81: “Nulla osterà alla loro acquisizione anche in ragione del fatto che essa è espressamente prevista nel contesto dell’istruttoria amministrativa che precede l’adozione dei provvedimenti impugnabili dinanzi alle Corti di giustizia tributaria. Di modo che non potrà che trovare conferma il rammentato indirizzo giurisprudenziale che ad esse assegna valore indiziario, stante la piena efficacia probatoria che invece avrà la testimonianza scritta”.
Ancora in senso favorevole alla coesistenza della prova testimoniale e delle dichiarazioni dei terzi, per le ragioni della differente natura probatoria dei due mezzi, si veda M. Antonini, P. Piantavigna, La valenza delle dichiarazioni dei terzi nella nuova istruzione probatoria, in Corriere Tributario, 2023, p. 140: “A parere di chi scrive, l’introduzione della testimonianza scritta non vale a rimpiazzare le informazioni orali di terzi, che, in quanto prove atipiche, potranno continuare ad essere introdotte dalle parti fra i loro materiali istruttori per sostenere le rispettive ragioni, come la giurisprudenza ha finora consentito. Diversi sono, infatti, i presupposti del ricorso ai due differenti mezzi istruttori: mentre la testimonianza scritta è ammissibile solo a seguito di una valutazione prognostica del giudice in ordine alla “necessità” (oltre che rilevanza) della sua assunzione “ai fini della decisione”, le dichiarazioni di terzi possono essere trasfuse in documenti scritti prodotti in giudizio dalle parti, anche se non si rivelano rilevanti ai fini istruttori”.
[23] A. Russo, Prova testimoniale scritta: distinzioni tra processo tributario e processo civile, in Il Fisco, 2023, p. 451: “Recependo le esperienze derivate di altri processi sul rapporto tra lo scritto del terzo che non rivesta i caratteri del nuovo modello di testimonianza scritta, si può aderire alla affermazione della giurisprudenza secondo cui - avendo l’art. 257- bis c.p.c. codificato la testimonianza scritta, precedentemente considerata alla stregua di una prova atipica - la dichiarazione di un terzo, prodotta in giudizio dalla parte, non può rivestire alcuna rilevanza se non sia formata secondo il procedimento stabilito per il nuovo istituto, non essendovi più spazio per una mera dichiarazione scritta, sostitutiva della prova testimoniale; in altre parole, è condivisibile il pensiero incentrato sulla circostanza che proprio l’esistenza di una regolamentazione analitica induce a qualificare come prive di efficacia probatoria quelle dichiarazioni scritte di terzi che vengano acquisite al processo senza che rivestano la forma di cui agli artt. 257-bis e 103-bis disp. att.29”.
[24] La prova testimoniale non vincola la decisione del Giudice tributario, perché quest’ultimo è comunque tenuto a valutare le relative risultanze probatorie secondo il suo prudente apprezzamento (ex art. 7, comma 5-bis, del D.Lgs. 546/1992), dovendone verificare l’(in)attendibilità, la (in)congruità, la (il)logicità, nonché la (in)coerenza con gli altri elementi di prova acquisiti in giudizio. D’altro canto, con riferimento alla prova testimoniale orale tipizzata dal codice di procedura civile (ex artt. 244 ss., c.c.) la giurisprudenza di legittimità è ormai costante nel ritenere che il Giudice di merito, lungi dall’essere vincolato dalle risultanze della prova testimoniale assunta, è tenuto a verificare l’intrinseca attendibilità della testimonianza, avuto riguardo alla logica, coerenza e analiticità della deposizione, nonché all’assenza di contraddizioni con altre disposizioni testimoniali o con elementi accertati con i caratteri della certezza. In particolare, il Giudice di merito, in base al suo prudente apprezzamento, deve stabilire se un testimone sia attendibile o meno, se le dichiarazioni da lui rese siano congrue o incongrue, coerenti o incoerenti con altri elementi probatori acquisiti in giudizio (in questi termini cfr., ex multis, Cass., sez. III, 22 marzo 2022, n. 9236; Cass., sez. II, 19 gennaio 2022, n. 1616; Cass., sez. IV, 23 luglio 2021, n. 21174).
[25] Afferma con nettezza la natura dispositiva del processo tributario N. Sartori, La fase istruttoria e le prove atipiche o illecite, in C. Consolo – G. Melis – A. M. Perrino (a cura di), Il Giudizio Tributario, Milano, 2022, p. 386: “Il processo tributario ha dunque natura dispositiva”.
[26] Sul tema U. Berloni, in C. Consolo (diretto da), Codice di procedura civile - Commentario, Milano, 2018, p. 553.
[27] I fatti debbono essere esposti nei loro elementi essenziali non essendo necessario, per dirsi soddisfatto il requisito della specificità, che siano precisati in tutti i loro minuti dettagli, non potendosi eccedere, peraltro, nel formalismo. I fatti, oltre ad essere dedotti in capitoli specifici e determinati, devono essere collocati, per quanto attiene il relativo svolgimento, nel tempo e nello spazio. I fatti devono essere esposti in modo tale, se confermati, da confortare la tesi da parte di colui che li ha dedotti ed inoltre essi vanno descritti congruamente al fine di consentire alla controparte di formulare una prova contraria (v. ex multis Cass. 3728/1987, Cass. 3635/1989, Cass. 12642/2003, Cass. 11844/2006, Cass. 2201/2007, Cass. 12292/2011, Cass. 1808/2015).
[28] In senso contrario alla sussistenza di un carattere dispositivo del processo tributario nonché alla eliminazione della caratterizzazione “inquisitoria” del medesimo processo, anche alla luce della riforma di cui alla L. 130/2022, si richiama A. Lovisolo, Sull’onere della prova e sulla prova testimoniale nel processo tributario: prime osservazioni in merito alle recenti modifiche ed integrazioni apportate all’art. 7 d.lgs. n. 546 del 1992, in Dir. prat. trib., 2023, p. 43: “In forza della “impronta inquisitoria” del processo tributario, tale prova testimoniale può essere anche ammessa d’ufficio da parte del Giudice e comunque la sua ammissione prescinde dall’accordo delle parti ed è subordinata alla circostanza che “la Corte di Giustizia Tributaria la ritenga necessaria al fine della decisione”.
[29] Per una ricostruzione ermeneutica del nuovo istituto che propende per l’ammissione officiosa della prova testimoniale si richiama C. Glendi, Prova testimoniale scritta nel processo tributario riformato: quali confini applicativi?, in Dir. prat. trib., 2023, p. 598: “Il che sta, per l’appunto, a significare che, secondo la voluntas legis definitivamente espressa con la norma oggi vigente, questa c.d. prova testimoniale scritta nel processo tributario riformato può essere disposta senza alcun accordo tra le parti e indipendentemente, altresì, dall’istanza di una pur sola delle parti, e in specie di parte ricorrente, potendo essere quindi disposta ex officio dal giudice tributario stesso”. Sempre in senso conforme all’ammissione officiosa della prova testimoniale si richiama A. Cuva, I confini applicativi del superamento del divieto di prova testimoniale nel processo tributario, in F. Gallo – A. Uricchio – A. Cuva – C. Buccico – S. Donatelli, Le novità introdotte dalla legge n. 130/2022 di riforma del processo tributario, Bari, 2023, p. 144: “Riteniamo che la norma de qua vada letta tenendo conto del perimetro concettuale dei poteri istruttori conferiti al giudice tributario, oggetto nel tempo di vari interventi legislativi. L’art. 7 del d.lgs. 546/92 (innovando rispetto alla disciplina contenuta nell’art. 35 del D.p.r. n. 636/1972) riconosce al giudice tributario poteri istruttori “nei limiti dei fatti dedotti dalle parti”………..Alla luce di tale inquadramento generale si ritiene che, conseguentemente, con la modifica introdotta dalla L. 130/2022 sia riconosciuto al giudice tributario il potere di provvedere ex officio a disporre l’assunzione della prova testimoniale scritta, con le condizioni sopra richiamate, anche se è ipotizzabile un suo limitato utilizzo”. Ulteriormente in senso conforme all’ammissione officiosa A. Russo, Prova testimoniale scritta: distinzioni tra processo tributario e processo civile, in Il Fisco, 2023, p. 451: “Resta però da evidenziare che la natura della norma (nonché la sua allocazione tra i “poteri della Corti di Giustizia”) pare riservare al giudice adito la possibilità di ordinare ex officio la testimonianza durante ciascun giudizio di merito”.
[30] Offre una ricostruzione contraria all’ammissione officiosa della prova testimoniale, fondata sull’applicazione del pricipio dispositivo processuale posto a fondamento del processo tributario, F. Pistolesi, La testimonianza scritta, in A. Carinci – F. Pistolesi (a cura di), La riforma della giustizia e del processo tributario, Milano, 2023, p. 74: “Questo mezzo istruttorio, inoltre, non potrà essere acquisito d’ufficio dal giudice cui non è consentito svolgere un ruolo di supplenza o di assistenza della parte che non si è adeguatamente difesa”. Egualmente in senso contrario all’ammissione officiosa della testimonianza scritta N. Sartori, La fase istruttoria e le prove atipiche o illecite, in C. Consolo – G. Melis – A. M. Perrino (a cura di), Il Giudizio Tributario, Milano, 2022, p. 400: “A differenza della disposizione processual-civilistica, il giudice tributario può però assumere la testimonianza scritta anche senza l’accordo delle parti; cioè lo può fare ad istanza anche di una sola delle parti purchè la consideri necessaria ai fini della decisione”.
[31] Sull’applicazione dell’art. 244 c.p.c. e sul requisito di specificità, senza pretesa di completezza, si richiama V. Andrioli, Commento al codice di procedura civile, Napoli, 1954, sub art. 244; C. Mandrioli, A. Carratta, Diritto processuale civile, Torino, 2016, p. 291; M. Taruffo, Prova testimoniale, in Enc. dir., Milano, 1988, p. 748; R. Crevani, Prova testimoniale, in M. Taruffo, La prova nel processo civile, Milano, 2012, p. 632; L. P. Comoglio, Le prove civili, Torino, 2004, p. 456.
[32] La Corte Costituzionale, con Sentenza n. 75/1993, ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 244 c.p.c. nella parte in cui non prescrive all’intimante l’indicazione della residenza del teste. Al contrario, va segnalata la pronuncia della Cassazione n. 26058/2013 che rileva come l’art. 244 c.p.c. vada letto in combinato disposto con l’art. 156 c.p.c., consentendo di ritenere che l’ammissibilità istruttoria possa valutarsi in modo meno rigido. Siccome a norma dell’art. 156 c.p.c. non può essere pronunciata alcuna nullità, se l’atto ha raggiunto il suo scopo, la Suprema Corte ha affermato che il teste deve essere indicato in maniera sufficientemente determinata o determinabile e che una imperfetta o incompleta indicazione degli elementi identificativi (come nome, cognome, residenza) è idoneo ad arrecare un vulnus alla difesa ed al contraddittorio solo se provochi in concreto la citazione o l’assunzione come teste di un soggetto realmente diverso da quello previamente indicato, così da spiazzare la aspettativa di controparte. Tenendo conto di tale principio, una valutazione di inammissibilità, allora, potrebbe essere fatta dal Giudice ex post e non ex ante ossia allorché venga chiamata a deporre una persona che al momento della citazione o dell’assunzione si scoprisse non essere quella indicata. Tuttavia una valutazione del genere dovrebbe essere sollecitata dalla parte e non potrebbe rilevarsi d’ufficio (al pari di quanto avviene nei casi di incapacità del teste ex art. 246 c.p.c.).
[33] La giurisprudenza ha fornito le coordinate attraverso le quali valutare se detto requisito può dirsi rispettato, che si compendiano secondo il seguente sistema. I fatti debbono essere esposti nei loro elementi essenziali non essendo necessario, per dirsi soddisfatto il requisito della specificità, che siano precisati in tutti i loro minuti dettagli, non potendosi eccedere, peraltro, nel formalismo. I fatti, oltre ad essere dedotti in capitoli specifici e determinati, devono essere collocati, per quanto attiene il relativo svolgimento, nel tempo e nello spazio. I fatti devono essere esposti in modo tale, se confermati, da confortare la tesi da parte di colui che li ha dedotti ed inoltre essi vanno descritti congruamente al fine di consentire alla controparte di formulare una prova contraria (v. ex multis Cass. 3728/1987, Cass. 3635/1989, Cass. 12642/2003, Cass. 11844/2006, Cass. 2201/2007, Cass. 12292/2011, Cass. 1808/2015). È appena il caso di rilevare che il giudizio sulla idoneità della specificazione dei fatti va condotto non solo alla stregua della letterale formulazione dei capitoli medesimi, ma anche ponendo il loro contenuto in relazione agli altri fatti di causa ed alle deduzioni dei contendenti (Cass. 10272/1995, Cass. 2201/2007, Cass. 3280/2008).
[34] Merita di essere rimarcata la sentenza della Suprema Corte n. 2492/2016 ove si è statuito “che le formalità relative alle modalità di deduzione ed ammissione della prova per testi, sono stabilite non per ragioni di ordine pubblico, ma per la tutela degli interessi di parte; pertanto le nullità derivante dalla violazione delle stesse formalità sono relative e non rilevabili di ufficio dal Giudice, ma devono essere eccepite nella prima udienza successiva a quella in cui si sono verificate, nel caso in cui la parte interessata non era presente all’udienza, mentre se era presente all’escussione della prova ed aveva assistito all’atto istruttorio senza opposizione, la nullità ove esistente deve considerarsi sanata”.
[35] Da ultimo si rinvia a Cass. n. 35146/2021 per cui: “Come ripetutamente affermato da questa Corte, nessuna norma di legge e nessun principio desumibile in via interpretativa impedisce di provare per testimoni che un fatto non sia accaduto o non esista (Sez. 5 -, Sentenza n. 19171 del 17/07/2019; Sez. 3, Sentenza n. 14854 del 13/06/2013; Sez. 3, Sentenza n. 384 del 11/01/2007; Sez. 2, Sentenza n. 5427 del 15/04/2002)”.
[36] C. Mandrioli, A. Carratta, Diritto processuale civile, I, Nozioni introduttive e disposizioni generali, Torino, 2015, p. 566; L. Montesano, G. Arieta, Trattato di diritto processuale civile, I, 1, Padova, 2001, p. 818; G. Conso, Prospettive per un inquadramento delle nullità processuali civili, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1965, p. 147; W. M. Ruosi, Commento all’art. 157, in L.P. Comoglio, C. Consolo, B. Sassani, R. Vaccarella (diretto da), Commentario del codice di procedura civile, II, Torino, 2012, p. 1121; E.T. LIEBMAN, Manuale di diritto processuale civile, I, Milano, 1980, p. 234.
[37] La Suprema Corte con la sentenza n. 1294/2018 ha rilevato che la “specifica indicazione dei fatti non attiene al piano di validità della prova ma a quello preliminare del giudizio di rilevanza”. Ed invero, la mancata specificazione dei fatti impedisce al giudice di apprezzare se il mezzo istruttorio sia concludente e/o pertinente, e, quindi, di esercitare il potere di direzione del processo. Di qui l’affermazione che l’apprezzamento della rilevanza della prova ha carattere ordinatorio processuale corrispondente “alla esigenza di evitare un’attività che, in quanto relativa al mezzo di prova rilevante, contrasta con esigenze di economia e di ragionevole durata del processo”. In tal senso la specificità nella indicazione dei fatti soddisfa l’esigenza del giudice di stabilire, in relazione al particolare thema probandum della lite, se i fatti indicati ad oggetto della prova siano rilevanti ai fini del decidere, ma soddisfa anche l’esigenza della controparte, poiché in capo ad essa nascono l’interesse ed il potere di controdedurre in quanto la prova va dedotta in modo che se ne possa apprezzare la rilevanza. In buona sostanza, chiarisce la Suprema Corte che “mentre la violazione di una regola di validità quale quella di cui all’art. 246 c.p.c. (incapacità teste), posta a tutela dell’interesse delle parti, ha carattere relativo ed è rilevabile solo su eccezione delle parti, l’apprezzamento in ordine alla specifica indicazione dei fatti da provare si colloca su un piano preliminare, in quanto relativo alla rilevanza della prova e, dunque, l’eventuale mancanza della specifica indicazione resta rilevabile d’ufficio” (così testualmente la parte motivai Cass. n. 1294/2018).
[38] In tal senso si afferma che “in tema di prova testimoniale, i limiti di valore, sanciti dall’art. 2721 c.c., non attengono all’ordine pubblico, ma sono dettati nell’esclusivo interesse delle parti private, con la conseguenza che, qualora, in primo grado, la prova venga ammessa oltre i limiti predetti, essa debba ritenersi ritualmente acquisita, ove la parte interessata non ne abbia tempestivamente eccepito l’inammissibilità in sede di assunzione o nella prima difesa successiva, senza che la relativa nullità, ormai sanata possa essere eccepita per la prima volta in appello o, a maggior ragione, nel giudizio di legittimità” (Cass. n. 3959/2012; Cass. n. 3956/2018).
[39] Sulla valutazione dei canoni di ammissibilità della prova testimoniale nel senso della indispensabilità della stessa ai fini del decidere si richiama A. Cuva, I confini applicativi del superamento del divieto di prova testimoniale nel processo tributario, in F. Gallo – A. Uricchio – A. Cuva – C. Buccico – S. Donatelli, Le novità introdotte dalla legge n. 130/2022 di riforma del processo tributario, Bari, 2023, p. 144: “Dal tenore letterale della disposizione, emergono una serie di considerazioni. In primo luogo, la prova richiesta da una delle parti deve configurarsi come indispensabile e cioè l’unica utile a dirimere l’incertezza sui fatti decisivi, non risultando presenti altri idonei elementi istruttori. In questo senso, la valutazione del giudice assume un carattere prognostico, seppur sommario, con riferimento alla necessità della prova ai fini del decidere”. Ugualmente F. Pistolesi, La testimonianza scritta, in A. Carinci – F. Pistolesi (a cura di), La riforma della giustizia e del processo tributario, Milano, 2023, p. 70: “Cosicchè, per ammettere la prova testimoniale, si potrà fruire dell’interpretazione offerta dall’art. 58, comma 1 e ritenere, quindi, che il giudice possa avvalersene ove essa sia l’unica – poiché non surrogabile con altri mezzi istruttori – idonea a dirimere l’incertezza sui fatti decisivi per risolvere la lite”. Ugualmente se ben si è compreso N. Sartori, La fase istruttoria e le prove atipiche o illecite, in C. Consolo – G. Melis – A. M. Perrino (a cura di), Il Giudizio Tributario, Milano, 2022, p. 400: “Il nuovo mezzo di prova ci pare non deroghi al principio dispositivo, restando fermo che il giudice non può acquisire prove di fatti non dedotti dalle parti. Il giudice non può nemmeno disporre una testimonianza scritta per sopperire alle carenze istruttorie delle parti, ma soltanto in funzione integrativa degli elementi di giudizio; la testimonianza sarà dunque ammissibile solo ove sussista una situazione obiettiva di incertezza, e non vi siano altri mezzi istruttori esperibili per dirimere il fatto controverso”. Ancora in senso conforme all’interpretazione dell’art. 7, comma 4, del D.Lgs. 546/1992 modulata sulla scorta dell’art. 58 del D.Lgs. 546/1992 si rinvia a S. Morri, La nuova disciplina delle prove nel processo tributario, Milano, 2024, p. 83: “Avendo utilizzato il Legislatore una formulazione simile a quella prevista dall’art. 58 del d.lgs. n. 546/1992 in tema di nuove prove in appello, appare condivisibile la considerazione secondo cui si potrà fruire dell’interpretazione della stessa norma ai fini della applicazione della nuova disciplina”.
[40] La menzionata ricostruzione dei limiti di ammissibilità della prova testimoniale, anteriormente alla riforma di cui alla L. 130/2022, era adombrata da G. Bizioli, in La prova testimoniale nel processo tributario, in F. Bilancia, C. Califano, L. Del Federico, P. Puoti, Convenzione europea dei diritti dell’uomo e giustizia tributaria italiana, Torino, 2014, p. 433 ove si rileva: “Non già il divieto di prova testimoniale nel processo tributario deve ritenersi in contrasto con l’art. 24 della Costituzione, bensì la sua assolutezza, ovvero l’impossibilità per la parte di far ammettere tale prova allorchè sia il solo mezzo per la dimostrazione della verità”.
[41] In tal senso e testualmente si veda https://www.giustizia.it/cmsresources/cms/documents/commissione_DELLACANANEA_relazione_finale_30giu21.pdf, p. 137 ss...
[42] Difatti, per le ragioni sopra esaminate, il divieto di acquisizione della prova testimoniale nel processo tributario appariva, alla luce dei principi del “due processo of law” ed in un approccio di attuazione dei diritti fondamentali nell’attuazione di un sistema di tutela multilivello, del tutto incompatibile con il diritto di difesa, declinato nelle forme della pienezza del contraddittorio, dell’oralità e della parità delle armi. In tal senso, non sarebbero risultate sufficienti a rimuovere le descritte criticità delle prospettive di approccio alla problematica dirette a ritenere incompatibile il divieto di testimonianza nella formulazione in termini di assolutezza..
[43] C. Glendi, Sulla c.d. prova testimoniale scritta nel processo tributario, in GT – Rivista di giurisprudenza tributaria, 2023, p. 381: “Il presupposto della “necessarietà”, parametrato “ai fini della decisione”, si pone perciò in posizione in qualche modo intermedia, tra la mera rilevanza e l’assoluta necessità, esprimendo una sorta di necessitata significatività rispetto alla decisione, così come, mutatis mutandis, è stato già previsto dall’art. 58, comma 1, del D.Lgs. n. 546/1992, a proposito delle disposizioni di nuove prove da parte del giudice d’appello, che l’esclude, “salvo che non le ritenga ‘necessarie’ ai fini della decisione””. In senso conforme anche F. Pistolesi, La testimonianza scritta, in A. Carinci – F. Pistolesi (a cura di), La riforma della giustizia e del processo tributario, Milano, 2023, p. 67.
[44] In senso conforme ad una valutazione dell’ammissione della prova testimoniale secondo canoni di rilevanza S. Zagà, La “nuova” prova testimoniale scritta nel riformato processo tributario, in Dir. prat. trib., 2023, p. 2142: “Pertanto, sarebbe stato preferibile utilizzare il termine “rilevante” in luogo del termine “necessario”, ovvero preferire il meno “stringente” giudizio di “rilevanza” (nel senso di idoneità del mezzo istruttorio a provare i fatti controversi e, quindi, a influenzare la decisione) rispetto a quello di “necessità” del mezzo istruttorio (nel significato poc’anzi indicato)”.
[45] In tale direzione F. Pistolesi, La testimonianza scritta, in A. Carinci – F. Pistolesi (a cura di), La riforma della giustizia e del processo tributario, Milano, 2023, p. 73: “Vi è da chiedersi se, tramite la testimonianza, l’ente impositore possa sviluppare la propria attività istruttoria nella fase processuale, contravvenendo la regola, che si ritrae dal vigente quadro normativo, per cui l’avviso di accertamento rappresenta – in linea di principio e con le eccezioni dell’atto “parziale” e della sopravvenuta conoscenza di elementi precedentemente non conoscibili, che ammette l’adozione dell’avviso “integrativo o modificativo” – l’espressione compiuta e tendenzialmente definitiva della funzione di controllo degli adempimenti fiscali dei contribuenti. Non solo, se si riconoscesse questa facoltà all’ente impositore, si violerebbe il principio, di rilevanza costituzionale, di economicità ed efficienza dell’azione amministrativa di repressione degli illeciti tributari. Viene così da pensare che tale ente possa chiedere l’assunzione della testimonianza solo nei giudizi di rimborso per provare fatti impeditivi, estintivi, o modificativi della domanda avanzata dal privato”.
[46] Ad esempio, in una recente pronuncia (cfr., Cass. ordinanza 02.03.2023, n. 6325), i Giudici di legittimità hanno statuito che: “la motivazione dell’avviso di accertamento o di rettifica, presidiata dalla L. 27 luglio 2002, n. 212, articolo 7, ha la funzione di delimitare l’ambito delle contestazioni proponibili dall’Ufficio nel successivo giudizio di merito e di mettere il contribuente in grado di conoscere l’an ed il quantum della pretesa tributaria al fine di approntare una idonea difesa, sicché il corrispondente obbligo deve ritenersi assolto con l’enunciazione dei presupposti adottati e delle relative; invece, la prova attiene al diverso piano del fondamento sostanziale della pretesa tributaria ed al suo accertamento in giudizio in presenza di specifiche contestazioni dello stesso, sicché in definitiva tra l’una e l’altra corre la stessa differenza concettuale che vi è tra allegazione di un fatto costituivo della pretesa fatta valere in giudizio e prova del fatto medesimo».
[47] In senso contrario all’applicabilità degli artt. 2721-2726 c.c. alla prova testimoniale scritta nel processo tributario S. Morri, La nuova disciplina delle prove nel processo tributario, Milano, 2024, p. 85.
[48] Si veda sul punto Cass. civ., Sez. I, (data ud. 17/01/2001) 17/01/2001 n. 566: “Non è perciò dubitabile che debba trovare applicazione il principio secondo cui i limiti legali alla prova di un contratto (nella specie, costituzione di usufrutto) per il quale sia richiesta la forma scritta ad substantiam o ad probationem, così come i limiti di valore previsti dall'art.2721 c.c. per la prova testimoniale, operano esclusivamente quando il contratto medesimo sia invocato in giudizio come fonte di reciproci diritti ed obblighi tra le parti contraenti e non anche quando se ne evochi l'esistenza come semplice fatto storico influente sulla decisione e ne risulti la stipula tra una sola delle parti del processo ed un terzo (Cass. 25 marzo 1995, n. 3562; Cass. 2 luglio 1997, n. 5944; Cass. 8 settembre 1999, n. 9549, Cass. 1° febbraio 2000, n. 1074; Cass, 14 febbraio 2000, n. 1642)”.
[49] In senso conforme si può richiamare Corte di cassazione, Sez. Lavoro, Sentenza n. 11751 del 24/06/2004; Corte di cassazione, Sez. 2, Sentenza n. 10569 del 02/08/2001; cfr. altresì Corte di cassazione, Sez. 2, Sentenza n. 3787 del 09/03/2012; Corte di cassazione, Sez. Lavoro, Sentenza n. 9251 del 19/04/2010; Corte di cassazione, Sez. 2, Sentenza n. 27937 del 24/11/2008; Corte di cassazione, Sez. 2, Sentenza n. 457 del 12/01/2006.
[50] In tal senso si veda F. Gallo, Prime osservazioni sul nuovo giudice speciale tributario, in F. Gallo – A. Uricchio – A. Cuva – C. Buccico – S. Donatelli, Le novità introdotte dalla legge n. 130/2022 di riforma del processo tributario, Bari, 2023, p. 5: “Se, però, si interpreta – come a mio avviso si dovrebbe – il termine “attestate” nel senso inteso dall’art. 2700 c.c., e cioè nel senso che devono considerarsi “attestati” e, perciò, esclusi dalla prova testimoniale solo “i fatti avvenuti alla presenza e compiuti dallo stesso pubblico ufficiale”, è evidente che in tutti gli altri casi la prova testimoniale dovrebbe considerarsi ammessa ai sensi di tale articolo (Cass. 24 febbraio 2022, n. 6253, 05 ottobre 2018, n. 24461 e 2806 del 2017)”.
[51] In senso conforme F. Pistolesi, La testimonianza scritta, in A. Carinci – F. Pistolesi (a cura di), La riforma della giustizia e del processo tributario, Milano, 2023, p. 74.
[52] Propende per la differenziazione dei criteri di ammissione tra primo e secondo grado di giudizio F. Pistolesi, La testimonianza scritta, in A. Carinci – F. Pistolesi (a cura di), La riforma della giustizia e del processo tributario, Milano, 2023, p. 79, il quale fornisce un’interpretazione dell’art. 58 del D.Lgs. 546/1992 per cui oltre alla “indispensabilità” della prova ai fini del giudizio, la parte debba fornire anche la prova di non aver potuto richiedere la prova testimoniale in prime cure per causa ad essa non imputabile. In senso conforme si veda anche A. Cuva, I confini applicativi del superamento del divieto di prova testimoniale nel processo tributario, in F. Gallo – A. Uricchio – A. Cuva – C. Buccico – S. Donatelli, Le novità introdotte dalla legge n. 130/2022 di riforma del processo tributario, Bari, 2023, p. 144: “Si deve, infine, osservare che alla luce di quanto previsto dall’art. 58, comma 1, D.Lgs. n. 546/1992, se la parte non formula l’istanza nel primo grado del processo, si potrà assumere la nuova prova testimoniale in appello ma solo ove si dimostri che, per causa non imputabile, non si è stati in grado di fornirla nella precedente fase o ancora, ove il giudice la ritenga necessaria ai fini della decisione”.
[53] In tal senso si rinvia a E. Picozza, La prova per testimoni, tra deposizione orale e testimonianza scritta, a seguito della riforma del 2009, in Rivista di diritto processuale, 2010, p. 884.
[54] A. Russo, Prova testimoniale scritta: distinzioni tra processo tributario e processo civile, in Il Fisco, 2023, p. 451: “Resta quindi da scrutinare cosa accade se il modello di testimonianza, tempestivamente inviato o depositato, reca errori di compilazione. Con tutte le cautele del caso, si ritiene che, se gli errori sono di secondario rilievo, essi costituiscano mere irregolarità che, come tali, non inficiano la validità della testimonianza; ciò, ad esempio, è quanto succede se il teste si dimentica di inserire le sue “complete generalità”, oppure se sottoscrive il modello lasciando “spazi vuoti”; errori di maggiore gravità si possono verificare se il teste non risponde ad alcuni dei quesiti, senza indicarne la ragione, come prescritto dall’art. 257- bis , terzo comma, c.p.c., oppure se non provvede al (già trattato) tema della autenticazione della sottoscrizione, o, a maggior ragione, se non sottoscrive il modello in ogni pagina, od invia la deposizione via fax od a mezzo posta elettronica non certificata. In tali evenienze, conformemente con quanto espresso da fonte di studio del processo civile23 al tempo della introduzione dell’art. 257- bis c.p.c., si ritiene che debba compiersi una delicata verifica, caso per caso, circa il raggiungimento dello scopo dell’atto; qualora tale scopo non sia conseguito, la testimonianza sarà nulla ex art. 156, secondo comma, c.p.c.. Vi è poi il caso in cui il documento, contenente la deposizione, non è espresso nel modello di cui all’art. 103-bis disp. att. ma è depositato al fascicolo processuale e quindi, per quanto viziato, entra egualmente nel giudizio attraverso il deposito presso la segreteria del giudice adìto. Come accennato, pare che la soluzione migliore sia quella di non consentire che tale documento venga in qualche modo utilizzato, né dalle parti né dal giudice, non potendo affidare alla segreteria della Corte di Giustizia adita alcun potere di delibazione all’ingresso di tale documento agli atti del processo in svolgimento. Può configurarsi, per esempio, l’ipotesi in cui un soggetto, pur non utilizzando il “modello di testimonianza” di cui al 103-bis disp. att. c.p.c., renda la testimonianza scritta sui capitoli ammessi dal giudice dinanzi ad un notaio il quale, oltre ad autenticarne le sottoscrizioni apposte di seguito ad ogni risposta, rediga un documento in tutto e per tutto rispettoso nei contenuti delle previsioni di cui all’art. 103- bis disp. att. c.p.c.. Si può in questo caso ritenere sanata ogni conseguenza deleteria del mancato utilizzo stesso del modello di cui sopra, anche alla luce del metro di riferimento il raggiungimento dello scopo dell’atto di cui all’art. 156 c.p.c. Ciò anche in considerazione del fatto che, in tale ipotesi, non si vede come la parte che ha chiesto la testimonianza scritta e che abbia diligentemente assolto a tutti gli oneri sulla stessa gravanti debba subire le conseguenze di un comportamento altrui non perfettamente in linea con le descrizioni della norma processual-civilistica”.
Sull’applicabilità della sanatoria per raggiugimento dello scopo al modello di testimonianza scritta, si veda anche F. Pistolesi, La testimonianza scritta, in A. Carinci – F. Pistolesi (a cura di), La riforma della giustizia e del processo tributario, Milano, 2023, p. 77: “Eventuali violazioni dei requisiti formali previsti per il modello di testimonianza dovranno essere apprezzate alla luce del principio, dettato dall’art. 156 c.p.c., per cui la nullità non può pronunciarsi ove sia stato raggiunto lo scopo cui l’atto processuale era preordinato”.
[55] F. De Stefano, Gli strumenti di prova e la nuova testimonianza scritta, Milano, 2009.
[56] G. Balena, in G. Balena – B. Caponi – G. Chizzini – S. Menchini, La riforma della giustizia civile, Torino, 2009, p. 80, il quale giunge a tale conclusione in forza di una applicazione analogica, rispetto al caso di specie, della previsione di cui all’art. 104, primo comma, disp. att..
[57] In tal senso, con riguardo al processo civile, si rinvia a E. Picozza, La prova per testimoni, tra deposizione orale e testimonianza scritta, a seguito della riforma del 2009, in Rivista di diritto processuale, 2010, p. 884.
[58] Legge 9 agosto 2023, n. 111, recante delega al Governo per la riforma fiscale, pubblicata in G.U. Serie generale n. 189 del 14 agosto 2023, che all’art. 19 dispone al comma 1: “b) ampliare e potenziare l'informatizzazione della giustizia tributaria mediante:1) la semplificazione della normativa processuale funzionale alla completa digitalizzazione del processo”.
[59] V. Salvaneschi, in AA.VV., Commentario alla riforma del codice di procedura civile, a cura di Saletti e Sassani, Torino 2009, sub art. 257-bis, p. 108.
[60] V. Corsini, La prova testimoniale assunta in forma scritta, in Rivista diritto processuale, 2010, p. 863.
[61] Sulla irrilevanza del rispetto del termine da parte del teste per l’acquisizione della testimonianza scritta si richiama F. Pistolesi, La testimonianza scritta, in A. Carinci – F. Pistolesi (a cura di), La riforma della giustizia e del processo tributario, Milano, 2023, p. 77: “Se il teste non risponderà nel termine indicato dal giudice, non vi sarà alcuna conseguenza sulla possibilità di acquisirne la deposizione scritta”.
[62] In senso conforme alla assunzione orale del teste si rinvia a A. Cuva, I confini applicativi del superamento del divieto di prova testimoniale nel processo tributario, in F. Gallo – A. Uricchio – A. Cuva – C. Buccico – S. Donatelli, Le novità introdotte dalla legge n. 130/2022 di riforma del processo tributario, Bari, 2023, p. 143; F. Pistolesi, La testimonianza scritta, in A. Carinci – F. Pistolesi (a cura di), La riforma della giustizia e del processo tributario, Milano, 2023, p. 73: “Sebbene il contraddittorio sia evidentemente attenuato nella fase di formazione della prova in ragione delle relative modalità di assunzione (sulle quali fra breve ci soffermeremo) è indubbio che la controparte potrà opporsi all’ammissione del mezzo istruttorio invocato dall’avversario e, nel caso in cui la deposizione testimoniale sollevi dubbi, potrà richiedere al giudice di convocare il teste affinchè renda oralmente le risposte ai quesiti postigli”.
[63] A. Russo, Prova testimoniale scritta: distinzioni tra processo tributario e processo civile, in Il Fisco, 2023, p. 451: “Per tali ragioni, deve dedursi l’inammissibilità del potere del giudice (tributario), esaminate le risposte o le dichiarazioni, di disporre che il testimone sia chiamato a deporre davanti a lui o al giudice delegato (ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 257- bis c.p.c.)12. Diversamente, verrebbe elusa la circostanza che l’art. 2, comma 2, lett. b), della Legge n. 130/2022 ha comunque mantenuto fermo il divieto di giuramento, stante l’indisponibilità del tributo per la parte erariale. Né sembra possa essere efficacemente sostenuto che il divieto di giuramento de quo possa essere ascritto al giuramento decisorio ex art. 234 c.p.c. o che la prima parte del comma 4 dell’art. 7 citato sia totalmente avulsa dalla seconda parte dello stesso. Del resto, non può sottacersi che - nonostante non fosse problematico introdurre con piena chiarezza la prova testimoniale orale - alcuna intenzione, da parte del legislatore, è stata manifestata al fine di introdurre testimonianze all’insegna della oralità e quindi è da escludersi il ricorso alla deposizione di cui al comma 8 dell’art. 257- bis , c.p.c.”.
[64] In tal senso si veda C. Consolo, La legge di riforma 18 giugno 2009, n. 69: altri profili significativi a prima lettura, in Corr. Giur., 2009, p. 877.
[65] In tal senso si richiama C. Mandrioli, A. Carratta, Come cambia il processo civile, Torino, 2009, p. 55.
[66] L’espressione è utilizzata da A. Giovanardi, La riforma della giustizia tributaria nel disegno di legge di iniziativa governativa AS/2636: decisivo passo in avanti o disastrosa iattura?, in Riv. dir. trib. - Supp. on line dell’8 luglio 2022.
[67] Conformemente a tale ricostruzione L. Sabbi, Il contraddittorio nel processo tributario, Milano, 2019, p. 251; A. Marcheselli, Riforma del diritto civile, testimonianza scritta e giusto processo tributario, in GT – Rivista di giurisprudenza tributaria, 2010, p. 5.
[68] F. Pistolesi, La testimonianza scritta, in A. Carinci – F. Pistolesi (a cura di), La riforma della giustizia e del processo tributario, Milano, 2023, p. 73: “Sebbene il contraddittorio sia evidentemente attenuato nella fase di formazione della prova in ragione delle relative modalità di assunzione (sulle quali fra breve ci soffermeremo) è indubbio che la controparte potrà opporsi all’ammissione del mezzo istruttorio invocato dall’avversario e, nel caso in cui la deposizione testimoniale sollevi dubbi, potrà richiedere al giudice di convocare il teste affinchè renda oralmente le risposte ai quesiti postigli. Si aggiunga, come subito vedremo, che detta controparte potrà chiedere che il medesimo teste si pronunci sugli stessi o su altri fatti, necessitanti di prova. Vuol dire, allora, che il contraddittorio, seppur compresso e posticipato rispetto alla tradizionale testimonianza orale, non è disatteso”.
[69] Cfr. Corte EDU, 23 novembre 2006, Jussila c. Finlandia, causa n. 73053/01, in Rass. trib., 2007, p. 228, con nota di M. Greggi, Giusto processo e diritto tributario europeo: la prova testimoniale nell’applicazione della CEDU (il caso Jussila).
