Il ruolo dell’inerzia del curatore ai fini della legittimazione straordinaria del contribuente insolvente ad impugnare atti impositivi
di Ginevra Iacobelli
La quinta sezione civile della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 25373 del 25 agosto 2022, ha rimesso gli atti al Primo Presidente, per valutare il rinvio della causa alle Sezioni Unite Civili, per le seguenti questioni:
- Se, al fine di ritenere sussistente la legittimazione straordinaria del contribuente insolvente ad impugnare atti impositivi, rilevi la mera inerzia del curatore, intesa come omesso ricorso alla tutela giurisdizionale o, invece, occorra accertare se l’inerzia sia frutto o meno di valutazione ponderata degli organi della procedura concorsuale;
- Quali siano gli effetti della soluzione alla predetta questione sulla natura, relativa o assoluta, dell’eccezione di difetto di legittimazione e sulle difese del contribuente, e le possibili ripercussioni al di fuori della materia tributaria.
La questione oggetto dell’ordinanza interlocutoria in commento origina dall’impugnazione di due avvisi di accertamento, con i quali venivano disconosciuti costi non documentati e recuperata IVA, per i quali il contribuente ha fatto valere la propria legittimazione straordinaria ad impugnare, stante il disinteresse dimostrato dal curatore del fallimento della società di cui egli era legale rappresentante, società nelle more dichiarata fallita.
La CTP di Napoli ha dichiarato inammissibile il ricorso, ritenendo il contribuente privo di legittimazione. La CTR della Campania ha rigettato l’appello del contribuente ritenendo che non vi fosse stato disinteresse della curatela ad impugnare l’atto impositivo, ma che la rinuncia fosse stata oggetto di specifica valutazione del giudice delegato.
Il contribuente ha proposto ricorso per cassazione specificando che l’atto impositivo riguardava crediti concorsuali insorti prima della dichiarazione di fallimento e considerandosi – quale soggetto passivo del rapporto di imposta – legittimato ad agire in costanza di fallimento. Secondo il ricorrente l’inerzia del curatore ad impugnare gli atti impositivi relativi a crediti concorsuali rileva, ai fini della insorgenza della legittimazione straordinaria del soggetto dichiarato fallito, per il solo fatto che il curatore ometta tout court di adire la tutela giurisdizionale. Di conseguenza, il difetto di legittimazione passiva non può essere rilevato di ufficio, in assenza di eccezione sollevata dal curatore.
1. La legittimazione ad impugnare atti impositivi in caso di fallimento del contribuente
L’indagine viene incentrata sulla legittimazione del debitore a far valere la tutela giurisdizionale avverso atti impositivi, che astrattamente e potenzialmente impattano sullo stato passivo del fallimento e che, pertanto, tendono a incrementare la massa dei creditori che concorrono sul ricavato dell’attivo ripartibile.
La Suprema Corte richiama il principio secondo cui, stante il trasferimento al curatore della legittimazione a far valere rapporti di diritto patrimoniale che facevano capo al debitore (artt. 43 l. fall., 143 d. lgs. 12 gennaio 2019, n. 14) - il debitore è privo, in linea generale, della capacità di stare in giudizio nelle controversie concernenti i rapporti patrimoniali compresi nel fallimento.
A questa regola fanno eccezione i seguenti casi:
i) il debitore dichiarato fallito (insolvente) che agisce per la tutela di diritti di natura strettamente personale ex artt. 46 l. fall., 146 d. lgs. n. 14/2019 (Cass., Sez. III, 9 maggio 2019, n. 12264);
ii) inerzia degli organi della procedura (Cass., Sez. Lav., 5 dicembre 2019, n. 31843; Cass., Sez. II, 4 dicembre 2018, n. 31313).
Con la specifica che fa a sua volta, eccezione a quest’ultimo principio – secondo cui il debitore, in caso di inerzia degli organi della procedura concorsuale, è legittimato a impugnare provvedimenti che impingono nei rapporti patrimoniali che facevano capo al debitore e che incrementano il passivo concorsuale - il decreto di esecutività dello stato passivo, provvedimento che non è in alcun modo impugnabile dal debitore, attesa anche l’estraneità del debitore al novero dei soggetti legittimati ad impugnare il suddetto decreto, a termini degli artt. 98, terzo comma, l.f., art. 206, comma 3, d. lgs. n. 14/2019 (Cass., Sez. I, 21 gennaio 2020, n. 1197; Cass., Sez. VI, 25 marzo 2013, n. 7407; Cass., Sez. I, 29 marzo 2012, n. 5095).
Nel caso di impugnazione di atti impositivi i cui presupposti si fossero determinati prima dell’apertura della procedura concorsuale – impugnazioni che si svolgono davanti al giudice tributario e che indirettamente incidono sullo stato passivo – si riafferma il principio che il contribuente dichiarato fallito (insolvente) è legittimato ad impugnare gli atti impositivi in caso di inerzia degli organi della procedura.
2. Il ruolo dell’inerzia del curatore nel riconoscimento della legittimazione straordinaria del contribuente fallito
Come è evidente, l’inerzia degli organi del fallimento è considerata, in ogni caso, il presupposto per attribuire legittimazione al debitore. È evidente l’importanza che assume comprendere cosa debba intendersi per inerzia del curatore del fallimento e quando si manifesta.
Il problema è che tipo di inerzia permetta al contribuente fallito di agire personalmente in giudizio.
Sul punto la Corte specifica che, nel tempo, si sono formati due orientamenti:
L’orientamento tradizionale (i) sostiene l’impugnabilità degli atti impositivi da parte del contribuente, giustificata dal diverso interesse che ha il contribuente insolvente rispetto al curatore del fallimento.
Il curatore ha interesse ad opporsi ad una pretesa tributaria, in sede giurisdizionale, solo se il contenzioso possa incidere astrattamente sulla ripartizione dell’attivo; il contribuente ha un interesse diverso che gli deriva da riflessi anche di carattere sanzionatorio. L’interesse ad adire del contribuente, inoltre, rileva anche in forza di eventuali effetti positivi che potrebbero derivargli al momento della chiusura del fallimento, ad esempio nel giudizio di esdebitazione, anche ai fini IVA.
Dal riconoscimento della legittimazione straordinaria in capo al contribuente dichiarato fallito discendono i seguenti corollari:
- il difetto di legittimazione straordinaria può essere rilevato solo dal curatore che non sia rimasto inerte e abbia adito l’autorità giudiziaria (l’eccezione è, quindi, di natura relativa non rilevabile né dalla controparte, né d’ufficio);
- il contribuente, in costanza di fallimento, non ha l’onere di dimostrare l’interesse ad agire visto che né il giudice né la controparte potrebbero rilevare il difetto di interesse.
Più chiaramente, secondo l’orientamento richiamato la regola è che il contribuente sia legittimato ad impugnare gli atti impositivi (salvo l’eccezione del curatore), presumendosi l’inerzia degli organi concorsuali in caso di mancato avvio dell’azione giurisdizionale. Unica eccezione è il caso in cui il curatore resti inerte dopo aver instaurato un giudizio tributario, ritenuto successivamente inopportuno da coltivare.
Si afferma, cioè, che l’avvio di un giudizio tributario da parte del curatore fallimentare sia idoneo a escludere il realizzarsi del presupposto dell’inerzia e precluda la legittimazione straordinaria del contribuente. Si delinea la presunzione secondo cui la mancata prosecuzione del giudizio o l’omessa impugnazione della sentenza che lo conclude derivano da una specifica valutazione degli organi della procedura che ne escludono l’inerzia. In tal caso l’eccezione di difetto di legittimazione diviene assoluta, rilevabile anche d’ufficio.
All’orientamento tradizionale si è opposto, di recente, un diverso orientamento (ii) che ritiene che non ricorra l’inerzia in ogni caso in cui vi sia stata una espressa valutazione da parte del curatore, sfociata nella mancata impugnazione dell’atto impositivo. L’inerzia, pertanto, non rileva per il solo fatto che il curatore non abbia impugnato l’atto impositivo, ma solo se la mancata impugnazione sia stata causata da un totale disinteresse. Così, però, occorrerebbe volta per volta esaminare l’omessa proposizione dell’azione di impugnazione da parte del curatore per comprendere se sia frutto di ponderata valutazione.
L’ordinanza sembra non appoggiare la predetta soluzione sottolineando che:
1. in tal caso, l’eccezione di difetto di legittimazione attiva del contribuente diventerebbe assoluta e potrebbe essere rilevata anche d’ufficio dal giudice;
2. la legittimazione straordinaria per pura inerzia diventerebbe, così, inapplicabile in caso di normale operare degli organi della procedura, visto anche che il curatore, quando non intende agire, non procede a farsi autorizzare, ma si limita a sottoporre al visto del giudice delegato il proprio operato.
L’unico spazio di operatività del principio di pura inerzia sarebbe fatto salvo solo nel caso in cui il curatore non si fosse accorto della pendenza del termine per impugnare, lasciando spazio all’iniziativa del debitore.
Si finirebbe, così, per pregiudicare l’operato dei contribuenti insolventi che si trovino al cospetto di curatori attenti e si favorirebbero, viceversa, i contribuenti che si trovino al cospetto di curatori disattenti in relazione ai contenziosi pendenti;
3. l’interesse ad agire del contribuente verrebbe in qualche modo legato alla valutazione operata dal curatore, la quale è del tutto slegata dall’interesse del contribuente.
Se l’irrilevanza dell’interesse del debitore fallito sembra essere alla base dell’esclusione della legittimazione del debitore per quanto riguarda le impugnazioni dei crediti ammessi allo stato passivo, ove si esclude la legittimazione del debitore, l’estensore sottolinea che non si rinviene una analoga norma nel procedimento tributario.
Questa limitazione «di fatto» della legittimazione straordinaria del contribuente potrebbe, peraltro, apparire distonica con la persistenza del rapporto di imposta – in costanza di fallimento - in capo al contribuente e con l’interesse alla tutela giurisdizionale in materia tributaria, la quale rientra tra i diritti fondamentali dell’ordinamento (artt. 24, 53 Cost.).