Nel 2003 Colin Crouch pubblicava Postdemocrazia in cui teorizzava la crisi della nostra democrazia rappresentativa tradizionale delineandone mutazione e deriva verso sistemi solo formalmente democratici.
Sosteneva Crouch che il crescente disinteresse dei cittadini per la cosa pubblica, la spettacolarizzazione della competizione elettorale e della politica in generale, il controllo di lobbies all’interno dei Parlamenti e il peso crescente delle tecniche di persuasione, hanno fatto sì che le democrazie siano profondamente mutate pur conservando tutti gli elementi formali tipici di quel tipo di sistema.
Ma sosteneva altresì che le democrazie hanno anticorpi sufficienti a difenderle.
Oggi, a più di 15 anni di distanza, gli eventi hanno ulteriormente modificato il quadro post-democratico: la crisi economica del 2008, la crisi dell’Unione Europea, la crescita e l’affermazione dei partiti populisti e della destra xenofoba, l’utilizzo politico della rete e dei social , che all’inizio, invece, promettevano l’allargamento del dibattito politico
Partendo dal presupposto che la democrazia americana è stata sempre considerata, a torto o a ragione, o comunque si è sempre autoproclamata custode della libertà e dell’ordine costituzionale, guardare a ciò che sta accadendo in quel Paese può servire a controllare lo stato di salute della nostra democrazia, per verificare se si tratta semplicemente di un esperimento populista che segue il percorso quasi obbligato della post democrazia o se anche noi ci stiamo avviando a rifare lo Stato a immagine e somiglianza di chi governa.
I movimenti democratici nati dalla ribellione ai sistemi monarchici e alle autocrazie del passato hanno improntato di sé le istituzioni politiche, le forme di governo le leggi e la vita politica di alcuni Stati. Lì dove hanno attecchito hanno creato cioè la democrazia come struttura politica.
Alexis de Tocqueville[1] analizzando la democrazia rappresentativa repubblicana e i motivi per i quali essa aveva potuto attecchire tanto bene negli Stati Uniti mentre era fallita in numerosi altri paesi, metteva in guardia riflettendo sul futuro della democrazia americana, dai potenziali pericoli ”per” la democrazia e “della” democrazia.
Scriveva Tocqueville infatti che la democrazia ha una tendenza a degenerare in ciò che egli descrive come dispotismo addolcito, che non è una tirannia materiale, che ha come obiettivo i corpi, ma una tirannia più subdola che si esercita sul pensiero.
Quella che descrive come la “tirannia della maggioranza”, una sorta di supremazia assoluta degli eletti, non consiste necessariamente in una limitazione della libertà fisica o nel fatto che la maggioranza imponga a coloro che non ne fanno parte di sottostare al proprio volere; ma anche nel fatto che essa tende a dominare l'opinione pubblica polarizzando la società verso un pensiero unico, creando una “società a una dimensione”[2] che tende a censurare azioni e opinioni delle posizioni diverse.
Nel delineare possibili antidoti per affrontare la tirannia della maggioranza Tocqueville indica lo spirito “legistico” inteso come contrappeso alla politica dell’esecutivo nel quale include gli organismi legiferanti, i giudici, che sarebbero dotati della massima integrità di giudizio in quanto non necessitano di mutare la loro opinione per inseguire il consenso, ed infine l'associazionismo in quanto capace di aggregare persone attorno ad un'idea ed attaccare così l'impero morale del mainstream: potere legislativo, il potere giudiziario e la società civile.
Nonostante Tocqeville parli in un tempo lontano, il nucleo centrale che egli individua come fulcro di quella democrazia che descrive, il rule of law, ossia il principio del governo della legge in senso ampio e con esso il principio dei pesi e contrappesi, non era mai stato , finora, messo in discussione negli Stati Uniti.
O almeno mai in una maniera così massiva e si potrebbe dire sfrontata come sta accadendo in questo momento.
Non era mai stata messa in discussione la legge fondamentale ovvero la costituzione che ha governato fin dalla nascita i rapporti tra poteri dello Stato e in particolare tra il Congresso e il presidente.
Né era mai stato messo in discussione il potere giurisdizionale cui spetta di far rispettare le leggi, rafforzato dopo la sentenza Marbury e Madison del 1803[3]che ha attribuito alla Corte Suprema degli Stati Uniti, tra gli altri, il potere di dichiarare l'incostituzionalità delle leggi del Congresso nonché dei regolamenti e degli atti dell'esecutivo.
Si tratta del sistema dei cosiddetti checks and balances da sempre celebrato come un modello di democrazia capace di garantire che sia il popolo tramite il Congresso e le sue leggi a governare e non il presidente che viene limitato dalle leggi e dalla costituzione.
Che l’attuale presidenza USA fosse allergica ai limiti provenienti dal sistema di pesi e contrappesi costituzionalmente previsto e che volesse ergersi al di sopra della legge esautorando le prerogative del Congresso era già risultato evidente in precedenza, durante il primo mandato.
Ma nel corso di questo secondo, però, e anzi fin dal suo avvio, l'attacco alle fondamenta dell'equilibrio costituzionale previsto dai padri fondatori è stato pesantissimo e senza esclusione di colpi e ha immediatamente portato all'ordine del giorno il tema della crisi costituzionale e delle sue difficili soluzioni.
Ad oggi non si contano più gli ordini esecutivi emanati dal presidente con i quali egli ha fatto uso di un potere proprio del Congresso, potere che teoricamente avrebbe potuto rivendicare solo in via eccezionale ed in casi particolari, e quindi posti in essere evocando emergenze di ogni tipo al fine di giustificare la sua attività di legislatore.
L’attacco al Congresso, oltre che dall’uso del potere di legiferare in materia di dazi, è evidenziato dall’emanazione di ordini esecutivi che hanno toccato migliaia di milioni di dollari allocati dal Congresso per spese sociali , ordini esecutivi con cui ancora una volta l'esecutivo si è posto al di sopra del Congresso.
Così è avvenuto per il blocco dei fondi attribuiti dal Congresso agli aiuti internazionali.
Sono noti poi gli ordini esecutivi che hanno alimentato i piani di “volontarie” dimissioni di dipendenti nell’ambito del cosiddetto programma “Fork in the Road” di Musk[4]; e anche i massicci licenziamenti di migliaia di impiegati federali che hanno determinato lo svuotamento o addirittura l'eliminazione di agenzie federali indipendenti e persino di interi dipartimenti (tra gli altri quello della pubblica istruzione!).
A tutte queste iniziative e in risposta a quasi tutte le mosse dell'attuale amministrazione hanno fatto seguito centinaia di azioni giudiziarie che in molti casi hanno dato luogo a decisioni delle Corti di giustizia volte ad arginarle: dallo sblocco degli aiuti destinati al sociale a quello ( almeno parziale) dei fondi già destinati agli aiuti internazionali.
“Il blocco dei fondi destinati al sociale scardina la base e la distinzione di ruoli che la costituzione stabilisce per ciascun potere dello Stato”: questa la dichiarazione fatta da un giudice federale[5] quando per la seconda volta ha imposto lo sblocco del denaro destinato agli aiuti sociali , ordine che l’amministrazione non ha rispettato così come già aveva fatto per quello di un'altro giudice federale[6] che aveva scongelato almeno una parte dei fondi attribuiti dal Congresso agli aiuti internazionali e per il provvedimento emesso da un altro giudice federale[7] che ha dichiarato illegale il blocco dei finanziamenti ad Harvard deciso come diretta ritorsione per la gestione delle proteste e del ritenuto “antisemitismo” in quella università.
È nota la vicenda dell’ordine imposto dall’amministrazione da un giudice federale del Distretto di Colombia[8] di non far partire gli aerei con i migranti non preventivamente sottoposti ad un processo.
L’amministrazione non ha rispettato gran parte delle pronunce delle Corti, sia per quanto riguarda lo sblocco dei fondi che sono rimasti in gran parte congelati; sia per gli ordini di reintegro per lavoratori licenziati illegittimamente che non sono tornati al lavoro; sia per il caso della deportazione senza processo di centinaia di migranti nelle prigioni salvadoregne sulla base di una legge del 1798 che assegna al presidente- ma solo durante un'invasione o in tempo di guerra - il potere di espellere in via sommaria i cittadini dello Stato ostile che abbiano più di 14 anni in quanto nemici.
In tutti i casi la risposta dell’amministrazione è stata a dir poco elusiva e omissiva, data mediante lo sbrigativo sistema di comunicazione attraverso social autoreferenziali, affermando, quanto ai provvedimenti emessi senza alcuna tutela delle garanzie processuali dei migranti, che “chi salva l'America non può violare la legge”, e minacciando lo stesso trattamento anche per coloro che hanno la cittadinanza americana, pur precisando che in questo caso occorrerà, tuttavia, “consultare le leggi”; o, rispetto all'ordine del giudice federale di riassumere le migliaia di lavoratori che si assume essere stati illegittimamente licenziati, rivolgendo ai giudici l’accusa di essersi sostituiti al presidente degli Stati Uniti , che è stato eletto con quasi 80 milioni di voti, e che “i giudici non possono controllare il legittimo potere dell'esecutivo”[9].
L’idea espressa, in forma diretta, elementare ma efficace è che il potere esecutivo dovrebbe essere libero o comunque operare in autonomia, sciolto dal vincolo dal potere giudiziario.
E ciò anche in relazione ad alcuni dei più controversi e problematici ordini esecutivi emessi dall’ amministrazione.
Oltre a quelli già visti, la cancellazione dello ius soli[10], l’accesso ai dati sensibili del Dipartimento del Tesoro consentito a Elon Musk e al suo staff, il trasferimento di detenuti transgender nelle carceri maschili, tutti provvedimenti adottati in spregio di diritti costituzionalmente garantiti e con la pretesa che nessun giudice possa intervenire: concetti evidentemente estranei a qualsiasi democrazia costituzionale e che stanno assumendo un connotato preoccupante sia per gli effetti specifici sia per il nuovo concetto di Stato di diritto che tentano di accreditare.
È preoccupante, e deve far riflettere, l’attacco, forte, aggressivo e delegittimante alla magistratura: giudici definiti “pazzi” che “non si preoccupano nemmeno un po' delle loro pericolosissime sbagliate decisioni che ostacolano l’attività presidenziale”, “buffoni in cerca di notorietà con sentenze ridicole e inette, che cercano di usurpare la Presidenza”.
Lo scontro ha raggiunto momenti incandescenti con l’arresto di Hanna Dugan[11], giudice statale di Milwaukee, accusata di aver ostacolato gli agenti dell’immigrazione consentendo ad un immigrato irregolare messicano di allontanarsi da una porta laterale della sua aula mentre gli agenti lo attendevano per arrestarlo.
La campagna di attacco e di “bullismo istituzionale”[12] si svolge anche in chiave preventiva come accaduto con le sanzioni applicate agli avvocati che in passato hanno rappresentato o difeso gli avversari politici dell’attuale presidente, come si legge nell'ultimo memorandum presidenziale volto a spronare i dipartimenti di giustizia e della sicurezza interna a perseguire gli studi legali e gli avvocati che intraprendono liti frivole, irragionevoli e vessatorie contro “gli Stati Uniti”, in una sorta di monarchica identificazione tra la figura del presidente e lo Stato.
Nella stessa scia la minaccia rivolta al Canada di aggravare i dazi nel caso non sia immediatamente sospeso lo spot che manda un video dell’ex Presidente Ronald Regan che spiega come i dazi siano dannosi per l’economia americana[13]
Non può allora liquidarsi come allarmistico e infondato il dubbio di un nuovo assetto istituzionale in cui un presidente legibus solutus, fuori da ogni controllo fondato sul principio del checks and balances costituzionalmente stabiliti, può disciplinare e disporre delle garanzie poste finora a protezione del corretto andamento della vita democratica e quindi degli individui e della società tutta.
Un dubbio e un allarme che, pur a fronte di un tale successo elettorale, pare ora avvertire – e fortemente - la società civile, l’altro polo al quale, in modo così profondamente illuminato, Tocqueville assegnava il potere di controllare e contrastare le eventuali derive della tirannia della maggioranza e, a maggior ragione, di un unico potere e di un unico soggetto istituzionale.
Il movimento NO KING già nella scelta del nome sembra esprimere tutto questo.
Le proteste contro le politiche repressive dell’attuale amministrazione e i raid della Immigration and customs enforcement (ICE) che da mesi rastrellano il Paese a caccia di irregolari, hanno superato i confini di Los Angeles e stanno interessando l’intero Paese.
Il No Kings Day di questo ottobre segue la manifestazione già avvenuta a giugno, in cui, in circa 2.600 siti in tutti i 50 Stati, gruppi nazionali e locali hanno marciato al fine di manifestare il loro dissenso alle politiche antidemocratiche dell’attuale amministrazione che, in risposta, li ha bollati come “Hate American Rally”
Secondo il New York Times[14] folle di migliaia di persone al grido di No More Trump stanno marciando nel Paese, invadendo le grandi città così come le medie e le piccole. “Sono insegnanti e avvocati, militari veterani e impiegati licenziati in tronco, bambini e nonne, studenti e pensionati”.
Nelle maggiori aree metropolitane come Washington DC la folle era immensa. Ad Atlanta un corteo ha coperto ben tre interi quartieri della città, 5 a San Francisco, a Chicago 22. A New York i dati ufficiali parlano di più di100.000 persone , con il più grande assembramento concentrato in Times Square.
Arrivati a frotte da tutto il Paese appartengono alle più diverse categorie sociali, espongono cartelli o sventolano la bandiera americana, tutti con l’obiettivo ben focalizzato di non volere sovrani, chiaramente manifestato dall’unico mantra: No Kings.
In questo senso la giornata No Kings potrebbe leggersi come una manifestazione di massa che inizia ad evidenziare gli anticorpi della democrazia, posto che migliaia di cittadini, delle più diverse estrazioni, hanno espresso la condanna verso un presidente che vedono agire come un monarca, rivendicando, come hanno dichiarato molti degli intervistati, che sulle politiche si può dibattere per decidere quali sia la via giusta per risolvere i problemi, ma che non si discute sul valore del Popolo e della Democrazia .
Critica e messaggi di odio, ironia volta a svilire e sottovalutazione sono state le risposte dell’amministrazione che non ha ritenuto neppure, almeno apparentemente, di assegnare un valore a questa forte protesta di quel Popolo in nome del quale si esercita il potere.
La risposta di Abigail Jackson, una delle speakers della Casa Bianca alla richiesta di un commento sul dilagare delle manifestazioni, data con una breve email, è stata: Who cares?
Gli avvenimenti di questi giorni, tra gli altri ma non solo, la nomina di Zohran Mamdani a sindaco di New York con un’affluenza da record al voto e due donne ai governatorati di Virginia e New Jersey, legittimano la riflessione che “who cares” non è la risposta giusta.
[1] La democrazia in America . Alexis de Tocqueville 1835/1840.
[2] Herbert Marcuse L’uomo a una dimensione 1964.
[3] Ha stabilito il principio del Judicial Rewiew il potere del controllo della Corte Suprema e delle Corti Federali di censurare le leggi statali e federali. Ha posto il principio che la Corte Suprema sia il garante della Costituzione e ha stabilito il principio della gerarchia delle norme al vertice delle quali vi è la legge suprema cui tutti devono attenersi. Incomprensibile dunque il dubbio espresso dall’attuale presidente che ha affermato di non essere certo di dover rispettare la legge suprema del Paese (intervista del 4.5.2025 NBCNews), nello stesso contesto in cui affermò, di non sapere, non essendo un giurista, se un immigrato avesse o meno diritto ad un giusto processo.
[4] Letteralmente biforcazione , Fork in the Road è la scelta che Elon Musk presentò, nel 2022,con un messaggino, agli impiegati di Twitter dopo la sua acquisizione, ponendoli al bivio di accogliere una nuova drastica ed intransigente visione della loro attività (!) o lasciare la compagnia dietro pagamento di uno stipendio fino ad una certa data ed alcuni benefits. Lo stesso è avvenuto nel gennaio 2025 con una mail inviata a migliaia di impiegati federali cui fu offerta la scelta tra il dimissionarsi o affrontare il licenziamento amministrativo o il demansionamento.
[5] John McConnell è capo del Tribunale distrettuale federale del Rhode Island, noto per aver presieduto la causa per lo sblocco di fondi federali destinati al sociale , ora inquisito per abuso di potere (high crimes and misdemeanors).
[6] Il giudice Amin Alì che ha sbolccato i finanziamenti a USAID e intimato con ordinanza il ripristino dei finanziamenti; l’ordinanza è stata revocata dalla Corte di Appello del Distretto di Colombia che, per questo specifico tipo di aiuti rivolti ad organizzazioni no profit, ha escluso che i soggetti destinatari possano contestarli.
[7] Il giudice Allison D.Burroughs della Corte distrettuale di Boston ha emanato il provvedimento che ha dichiarato, richiamandosi al diritto di libertà di parola, illegittimità dell’ordine di blocco dei fondi all’Università di Harvard, definita dall’attuale presidente come un luogo dove si insegna odio e stupidità.
[8] Il giudice Jame Boaseberg del distretto di Columbia.
[9] Su X J.D Vance.
[10] Il 27 giugno 2025 la Corte Suprema ha espresso una decisione sugli ordini esecutivi con i quali era stato eliminato lo ius soli per i soli figli degli immigrati irregolari a fronte del diritto costituzionale vigente secondo cui tutte le persone nate negli Stati Uniti hanno diritto ad ottenere la cittadinanza. L’ordine era stato sospeso da varie Corti federali, sostenendone l’illegittimità in relazione al XIV emendamento della Costituzione e quindi non ancora mai entrato in vigore. I giudici della Corte Suprema, con una maggioranza di 6 a 3, questi ultimi non eletti dall’attuale presidenza, pur senza valutare il merito della questione, hanno tuttavia stabilito l’incostituzionalità degli ordini di sospensione emessi dai giudici federali poiché ritenuti esorbitanti dalla loro specifica competenza.
Il che implica che i giudici federali non potranno più emettere ingiunzioni nazionali per sospendere provvedimenti decisi dal governo centrale per misure che hanno validità nazionale.
[11] Riportato dal Giornale. Pagina di politica estera 20 aprile 2025.
Secondo l’autore dell’articolo si tratta dell’attuazione della decisione di Trump di perseguire i funzionari contrari alla stretta contro i migranti.
La giudice Dugan, che si è difesa, tra le altre, affermando che non stava tenendo udienza, è stata immediatamente liberata per mancanza dei presupposti per l’arresto. Il processo doveva essere celebrato il 15 maggio 2025 ma è stato rinviato per questioni procedurali preliminari.
[12] La Stampa- Alan Friedman- 27.10.2025.
[13] Nel1987 in un discorso radiofonico ora diramato dallo Stato dell’Ontario, l’ex presidente degli Stati Uniti Ronald Regan esortava il Congresso a non perseguire politiche protezionistiche (allora ipotizzate contro il Giappone) facendo una dura critica agli effetti economici dei dazi sulla produzione, sul lavoro e sui rapporti con gli altri Stati.
L’Amministrazione attuale ha accusato lo spot di rappresentare un tentativo di intromissione nelle questioni nazionali americane e ha bloccato le trattative in corso con il Canada, con la minaccia non velata di aggravare i dazi.
[14] New York Times – Corina Knoll- 21.10.2025.
