Sommario: 1. La vicenda di fatto – 2. La pronuncia del TAR – 3. Considerazioni sulla pronuncia – 4. Spunto di riflessione.
1. La vicenda di fatto[1]
Il pomeriggio del 28 marzo 2025 si sarebbe dovuto tenere, in un’aula dell’Università di Torino, un evento accademico regolarmente autorizzato, intitolato “Storia e legalità internazionale del conflitto Russia-Ucraina” e organizzato da un docente di diritto civile di quella Università, con la proiezione di un documentario della tv “Russia Today” seguita da un dibattito con due docenti provenienti da altri Atenei, inteso ad analizzare il filmato per verificarne la natura propagandistica e/o informativa.
A seguito di proteste di Radicali locali, che invocavano la normativa europea che vieta la diffusione di prodotti della propaganda russa, il 18 marzo il Rettore dell’Università di Torino revocava la disponibilità dell’aula universitaria già concessa.
Il docente organizzatore dell’evento impugnava davanti al giudice amministrativo il provvedimento di revoca e gli atti presupposti, chiedendone l’immediata sospensione.
2. La pronuncia del TAR
Con il decreto che si commenta, emesso in forma monocratica inaudita altera parte, il TAR del Piemonte ha respinto la richiesta di sospensiva e fissato la trattazione del merito a data successiva a quella dell’evento accademico non consentito, escludendo il pericolo nel ritardo e dubitando dell’interesse ad agire del ricorrente perché non vi sarebbe evidenza: 1) di lesione della libertà di insegnamento del ricorrente, docente di diritto civile, trattandosi di documentario estraneo a insegnamenti giuridici; 2) di pregiudizio per gli studenti, stabilendo la normativa europea che la Federazione russa ricorre in modo sistematico alla manipolazione dei media e alla distorsione dei fatti per destabilizzare i Paesi confinanti e della UE.
3. Considerazioni sulla pronuncia
La motivazione del giudice amministrativo, pur assumendo di escludere il pericolo nel ritardo, riguarda evidentemente il solo fumus boni iuris. Nessuna persona di buon senso potrebbe infatti ritenere non urgente, a prescindere dalla sua fondatezza o meno, la richiesta di consentire lo svolgimento di un evento autorizzato per il 28 marzo, e vietato solo il 18 marzo. Al di là di questa sorprendente confusione terminologica, è il contenuto intrinseco del decreto a suscitare serie perplessità.
Risulta anzitutto singolare l’idea che la proiezione e analisi collettiva di un documento relativo a un conflitto che è oggetto di valutazioni per il diritto internazionale e non (si pensi solo all’incidenza sulle libertà di impresa e di commercio delle sanzioni applicate alla Russia) non riguardi la libertà di insegnamento di un docente di diritto civile, e sia perfino estranea a insegnamenti giuridici, sì da far venir meno l’interesse ad agire di quel docente.
L’idea di libera comunità di docenti e studenti interessati alla conoscenza, a tutta la conoscenza svincolata da finalità immediate, che sta all’origine dell’istituzione universitaria, non è mai venuta meno nel corso della sua complessa evoluzione storica[2]. Se così non fosse, del resto, non si spiegherebbe l’originaria autorizzazione data dall’Ateneo torinese.
Di fatto, l’argomento in esame finisce per risolversi, più che nella vetusta prescrizione “Qui non si fa politica”, in una più attuale prescrizione “Qui si fa solo diritto” (oppure solo matematica, o solo filosofia, o solo scienza della comunicazione, ecc.). Dove la definizione vincolante dell’oggetto di studio “diritto” (o matematica, filosofia, scienza della comunicazione, ecc.), di cui gli ex-libertari Radicali invocano l’accezione restrittiva, è data dalla magistratura.
Ancora più sconcertante, se possibile, è l’idea che esaminare criticamente un prodotto comunicativo, russo o meno che sia, significhi ratificarne l’eventuale portata manipolativa anziché imparare a difendersene. L’uscita dell’uomo dallo stato di minorità, caratteristica secondo Kant dell’illuminismo, non potrebbe quindi maturare neppure nello spazio universitario, i cui utenti andrebbero tutelati attraverso la soave censura preventiva eurofila.
Peraltro, l’idea che tutto quanto è russo sia propaganda e manipolazione era molto presente durante i primi mesi dell’occupazione dell’Ucraina, quando si cercava di censurare anche le opere musicali o letterarie dei secoli scorsi. Oggi sarebbe possibile un atteggiamento più maturo, perché l’affermazione eurounitaria “la Federazione russa attua una sistematica campagna internazionale di manipolazione dei media e di distorsione dei fatti” ha carattere descrittivo e non normativo (altrimenti vi sarebbe la scienza della comunicazione di Stato, o meglio eurounitaria), e non riguarda necessariamente ogni aspetto della realtà, senza possibilità di verifica e controprova. Verifica e controprova che interessano quegli uomini e quelle donne che sono così desiderosi di uscire da ogni stato di minorità, da iscriversi ad un’Università.
4. Spunto di riflessione
La vicenda esaminata induce a chiedersi dove sia mai possibile esaminare e discutere i prodotti della ipotizzata disinformazione russa, se neppure l’Università sarebbe una sede adatta. Qualcuno da qualche parte lo dovrà fare: quanto meno per batterlo, un nemico bisogna pur conoscerlo. Magari si può fare solo con le agenzie che oggi è di moda chiamare di intelligence – parola straniera rassicurante, rispetto alla declinante intelligenza naturale e alla debordante intelligenza artificiale. Quelle agenzie che però sempre servizi segreti sono. Almeno i servizi, loro sì che i documenti dei nemici li devono analizzare.
Non è questa una risposta solo ironica, visto che l’art. 31 del disegno di legge “sicurezza” discusso nei mesi scorsi in Parlamento prevedeva, per le pubbliche amministrazioni e altri soggetti, l’obbligo di prestare ai servizi “la collaborazione e l'assistenza richieste, anche di tipo tecnico e logistico, necessarie per la tutela della sicurezza nazionale”, anche stipulando apposite convenzioni che potevano prevedere “la comunicazione di informazioni ai predetti organismi anche in deroga alle normative di settore in materia di riservatezza”.
Disegno di legge che, a causa delle difficoltà incontrate nella sua approvazione, dovrebbe essere sostituito da un decreto-legge che, recependo alcuni rilievi di Mattarella, prevederebbe tra l’altro la facoltà e non l’obbligo di collaborazione delle pubbliche amministrazioni con i servizi, e senza deroga alle normative sulla privacy. La modifica non può fugare le perplessità, perché prevedere espressamente la possibilità di collaborazioni con i servizi che non erano mai state vietate in precedenza significa di fatto incentivarle: quale delle nostre Università sottofinanziate (quasi tutte, e non solo al Sud) potrà mai rinunciare ai benefici economici e di prestigio derivanti dalle sinergie prospettate dal mondo dei servizi e dai suoi referenti politico-economici? E chi potrà fare affidamento sull’effettivo rispetto della privacy (ad es. sulla mancata schedatura di studenti e professori che protestino contro lo sterminio dei palestinesi in Terra Santa), se solo considera che con il decreto legge si vogliono esentare da pena gli agenti dei servizi che (non si limitino a infiltrarsi ma) partecipino ad associazioni terroristiche? Una volta giustificato il terrorismo di Stato in nome della sicurezza, sarebbe difficile non giustificare, quanto meno di fatto, anche la schedatura di Stato.
Conclusione – Può darsi che, in un eventuale futuro, un documentario russo come quello oggi vietato dal Rettore torinese possa essere liberamente proiettato e analizzato, purché in adempimento di qualche convenzione, facoltativa ma tanto “consigliata”, tra Università e servizi segreti. Magari alla presenza di barbe finte e di politici post-pannelliani. Se questa è libertà di insegnamento.
[1] Le informazioni essenziali sono tratte da https://www.torinoggi.it/2025/03/20/leggi-notizia/argomenti/politica-11/articolo/cancellata-la-proiezione-del-documentario-russo-il-professor-ugo-mattei-la-censura-non-riguarda-l.html
[2] Cfr. https://www.treccani.it/enciclopedia/universita_%28Enciclopedia-delle-scienze-sociali%29/
Qui la decisione commentata TARPiemonteN