Co-progettazione vs appalti: discrezionalità amministrativa e nuovi assetti tra il mercato degli appalti e il terzo settore (nota a TAR Lombardia n. 2533/2024)
di Andrea Crismani
1. I tratti caratterizzanti del sistema degli enti del terzo settore - 2. Strumenti di interazione tra pubbliche amministrazioni ed enti del terzo settore e criticità sintomatiche - 2.1. Primo aspetto sintomatico: la rilevanza economica nei rapporti con gli enti del terzo settore e la gratuità - 2.2. Secondo aspetto sintomatico: la correttezza delle procedure cooperative - 3. La discrezionalità della pubblica amministrazione nella scelta tra appalto e co-progettazione - 4. Il rapporto tra co-programmazione e co-progettazione e la non sequenzialità necessaria - 5. Il procedimento di cooperazione - 6. Elementi di contrasto e di contatto con la disciplina sui contratti pubblici - 6.1. Non applicabilità del principio di separazione tra offerta tecnica ed economica - 6.2. Punti di contatto con i contratti pubblici - 7. Le ONLUS nel regime transitorio - 8. Considerazioni finali.
1. I tratti caratterizzanti del sistema degli enti del terzo settore
La gestione delle prestazioni pubbliche nel contesto del terzo settore ha subito una significativa evoluzione con l’introduzione del Codice del terzo settore (CTS) che indubbiamente ha svolto una funzione unificante, diretta a ordinare e a riportare a coerenza la disciplina degli enti del terzo settore, superando le precedenti frammentazioni e sovrapposizioni[1].
I tratti caratterizzanti del sistema degli enti del terzo settore sono il perseguimento del bene comune (art. 1), lo svolgimento di attività di interesse generale (art. 5) senza perseguire finalità lucrative soggettive (art. 8), la soggezione a un sistema pubblicistico di registrazione (art. 11) e a rigorosi controlli (artt. da 90 a 97).
Questo sistema, valorizzato dal principio di sussidiarietà orizzontale di cui all’art. 118, c. 4, Cost., ha dato vita, tramite l'art. 55 CTS, a un modello di "amministrazione condivisa" tra gli enti del terzo settore e le pubbliche amministrazioni[2].
I rapporti tra pubbliche amministrazioni ed enti del terzo settore sono finalizzati ad innalzare i livelli di cittadinanza attiva e di assicurare la fruizione, equa ed universalistica, delle prestazioni sociali e civili ex art. 117, co. 2, lett. m) Cost.
L’obiettivo degli istituti giuridici collaborativi consente di comprendere le ragioni per le quali il CTS abbia inteso ricondurre le attività di interesse generale ex art. 5 al di fuori delle regole sulla concorrenza e, quindi, del mercato.
Le attività di interesse generale svolte senza fini di lucro da questi enti rappresentano, come ha notato la Consulta[3], anche una nuova e indiretta forma di concorso alla spesa pubblica—derivante dal necessario reinvestimento degli utili in attività con funzione sociale—il Titolo X CTS prevede misure di agevolazione fiscale che, sebbene differenziate per intensità, forme e modalità, riguardano tutti gli enti del terzo settore. Inoltre, nel Capo IV del Titolo VIII, si razionalizzano forme di finanziamento e si enfatizza la tipologia organizzativa in modo da riservare alcune forme di contributo statale diretto esclusivamente agli enti del terzo settore[4].
Quindi il Codice promuove un modello gestionale fondato sui principi di co-programmazione e co-progettazione, che sostituisce i tradizionali appalti pubblici con un approccio collaborativo tra le amministrazioni pubbliche e gli enti del terzo settore. Questo modello si distingue per la sua natura non competitiva, promuovendo la solidarietà e la sussidiarietà tra pubblico e privato sociale [5].
La sentenza TAR Lombardia n. 2533/2024 ribadisce questa posizione, sottolineando che, anche se gli enti del terzo settore non devono seguire le rigide regole del Codice dei contratti pubblici, devono comunque operare nel rispetto dei principi di trasparenza e imparzialità. Le amministrazioni devono adottare criteri chiari e verificabili per selezionare i partner del terzo settore e garantire che la co-progettazione non diventi uno strumento per eludere le normative sugli appalti. Ciò rispecchia anche il quadro giuridico offerto dalla Corte costituzionale, sent. n. 131/2020, secondo la quale è lo “stesso diritto dell’Unione che mantiene, a ben vedere, in capo agli Stati membri la possibilità di apprestare, in relazione ad attività a spiccata valenza sociale, un modello organizzativo ispirato non al principio di concorrenza ma a quello di solidarietà (sempre che le organizzazioni non lucrative contribuiscano, in condizioni di pari trattamento, in modo effettivo e trasparente al perseguimento delle finalità sociali)” [6].
La sentenza in commento offre in esame un caso tipico di come questo modello venga implementato nella pratica, nello specifico nella gestione di un centro per l'accoglienza di persone in condizioni di povertà ed emarginazione sociale. L’analisi della sentenza rivela i fondamenti giuridici della co-progettazione e il suo utilizzo nel contesto del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), nonché il ruolo principale delle amministrazioni locali nella promozione del benessere sociale[7].
2. Strumenti di interazione tra pubbliche amministrazioni ed enti del terzo settore e criticità sintomatiche
Com’è noto, il CTS definisce una serie di strumenti in apparenza innovativi, ma già presenti nel nostro ordinamento (sebbene scarsamente regolamentati) per la gestione dei “servizi sociali”. Gli artt. 55 e 56 delineano due modalità principali di interazione tra le amministrazioni pubbliche e gli enti del terzo settore: la co-programmazione e la co-progettazione[8].
La co-programmazione (art. 55, comma 2): consiste nell’identificazione congiunta, da parte dell’amministrazione pubblica e degli enti del terzo settore, dei bisogni da soddisfare e degli interventi necessari.
La co-progettazione (art. 55, comma 3): riguarda la definizione e la realizzazione di specifici progetti o servizi attraverso una collaborazione attiva tra pubblico e privato sociale, che si differenzia dall'appalto pubblico o dalla concessione previsti dal Codice dei contratti[9].
La differenza principale tra questo modello e gli appalti pubblici è il suo carattere non competitivo, che promuove la solidarietà e l'inclusione attraverso la collaborazione attiva degli enti del terzo settore. Tale impostazione è stata ulteriormente confermata dal codice dei contratti pubblici. L'art. 6 di quest'ultimo, infatti, sancisce espressamente che gli istituti di co-programmazione e co-progettazione del terzo settore non sono soggetti al regime degli appalti pubblici. Si tratta di un modello di "amministrazione condivisa", che si fonda sulla collaborazione tra pubblica amministrazione ed enti del terzo settore, senza un rapporto sinallagmatico tipico degli appalti.
Indubbiamente gli istituti giuridici cooperativi del CTS rappresentano un nuovo paradigma di collaborazione tra pubbliche amministrazioni ed enti del terzo settore, basato sul principio di sussidiarietà e orientato alla condivisione di obiettivi e responsabilità[10].
Questo modello supera le tradizionali logiche competitive degli appalti pubblici attraverso strumenti come la co-programmazione, la co-progettazione e le convenzioni. Tuttavia, emergono criticità legate alla diffidenza culturale verso questi strumenti, alla difficoltà di accettare la rilevanza economica nei rapporti con gli enti del terzo settore e a percezioni errate delle procedure cooperative. Per sfruttare appieno le potenzialità di questi istituti nel garantire livelli essenziali di prestazioni e nel rispondere alle sfide del welfare, è necessario che sia le pubbliche amministrazioni sia gli enti del terzo settore sviluppino capacità adeguate, investano in formazione congiunta e promuovano un coinvolgimento esteso e consapevole, valorizzando la corresponsabilità e superando le resistenze culturali esistenti[11].
2.1. Primo aspetto sintomatico: la rilevanza economica nei rapporti con gli enti del terzo settore e la gratuità
Un aspetto sintomatico è legato alla difficoltà nell'accettare la rilevanza economica nei rapporti con gli enti del terzo settore, spesso erroneamente associati all'idea di gratuità, il che porta a limitare o escludere il giusto riconoscimento dei costi sostenuti da questi enti.
La nozione di "gratuità" nel contesto degli affidamenti e delle convenzioni con enti del terzo settore è stata più volte approfondita dalla giurisprudenza, la quale ha delineato i confini tra ciò che può essere considerato “gratuito” e ciò che comporta invece un corrispettivo economico che andrebbe a qualificare l’operazione come onerosa. In questo ambito, il concetto di gratuità non esclude totalmente la possibilità di rimborsi spese, ma impone che questi siano limitati ai costi effettivamente sostenuti, verificati e documentati, escludendo ogni rimborso forfettario che non sia direttamente e chiaramente connesso a una spesa reale.
Nel diritto del Terzo Settore, la gratuità è un elemento distintivo dell’attività degli enti non profit che operano per finalità sociali, assistenziali o di promozione sociale. Secondo l’art. 56 CTS, le convenzioni con enti di volontariato possono prevedere esclusivamente il rimborso delle spese documentate e sostenute per lo svolgimento del servizio. Questo principio risponde alla finalità di garantire che le attività del terzo settore, pur coinvolgendo enti privati, non perdano il loro carattere non lucrativo, allineandosi così agli interessi generali della collettività.
La giurisprudenza ha chiarito che la gratuità, così definita, si applica specificamente alle “convenzioni” stipulate con associazioni di volontariato e organizzazioni di promozione sociale, come previsto dall’art. 56 CTS[12]. Diversamente, la co-progettazione e la co-programmazione, disciplinate dall’art. 55, rappresentano forme di collaborazione pubblico-privato destinate a rispondere a bisogni complessi e richiedono un impegno economico e organizzativo maggiore. In questi casi, pur non implicando un lucro, la gratuità non è richiesta in senso stretto, consentendo un rimborso per attività che richiedono una struttura organizzativa e gestionale più articolata[13].
La nozione di gratuità assume ulteriore rilevanza alla luce della normativa europea sugli appalti pubblici, la quale interviene solo sugli affidamenti di carattere oneroso. La Corte di giustizia dell’Unione Europea ha chiarito che il rispetto della concorrenza si impone quando si tratta di appalti onerosi, dove esiste una remunerazione del servizio. Tuttavia, un affidamento può sfuggire alle norme europee se è del tutto gratuito o se prevede solo il rimborso delle spese reali, evitando qualsiasi forma di guadagno o margine economico. Questo aspetto permette, dunque, alle amministrazioni pubbliche di collaborare con enti di volontariato per lo svolgimento di attività a beneficio della collettività, senza l’obbligo di ricorrere a una gara pubblica, purché l’attività sia effettivamente gratuita o limitata al solo rimborso delle spese sostenute.
Un aspetto importante emerso dalla giurisprudenza è il divieto di utilizzare formule forfettarie per il rimborso dei costi, in quanto queste prescindono dalla verifica delle spese reali sostenute. In altre parole, la gratuità implica che solo le spese effettivamente documentate e necessarie per lo svolgimento del servizio possano essere rimborsate, escludendo rimborsi percentuali o forfettari che non rispecchiano una spesa effettiva e verificabile[14].
In sintesi, la giurisprudenza ha progressivamente definito il concetto di gratuità come un principio cardine per mantenere il carattere di interesse pubblico degli interventi svolti dagli enti del terzo settore, garantendo che il denaro pubblico venga utilizzato in modo responsabile e senza scopi di lucro. Tale impostazione salvaguarda il principio di concorrenza e rende possibile un’azione sussidiaria tra pubblico e privato nel campo sociale, senza incorrere nelle rigide normative degli appalti pubblici, a condizione che l’operazione mantenga un carattere genuinamente non lucrativo e socialmente utile[15].
2.2. Secondo aspetto sintomatico: la correttezza delle procedure cooperative
La seconda riguarda l'errata percezione delle procedure cooperative. Questi strumenti innovativi, come la co-programmazione, la co-progettazione e le convenzioni, offrono alternative alle tradizionali procedure competitive degli appalti pubblici, promuovendo la collaborazione e le partnership anziché la concorrenza. Emergono difficoltà legate a una diffidenza culturale nei confronti di tali istituti, dovuta alla formazione e alle prassi consolidate che privilegiano le logiche contrattualistiche e competitive. Si osserva una tendenza a confondere le procedure cooperative con quelle competitive o, al contrario, a considerarle prive di evidenza pubblica e trasparenza.
Anche su questi aspetti è intervenuta la giurisprudenza[16]. Quest’ultima sottolinea come in una procedura di affidamento pubblico, sia fondamentale anzitutto che l'amministrazione predetermini criteri di selezione chiari, oggettivi e trasparenti. Tale predeterminazione risponde all’esigenza di assicurare imparzialità e parità di trattamento, come previsto sia nel codice del terzo settore sia nel codice dei contratti pubblici. Solo con criteri stabiliti ex ante, infatti, si garantisce che l'amministrazione possa procedere, in una seconda fase, a una valutazione comparativa effettiva delle manifestazioni di interesse pervenute, riducendo il rischio di arbitrarietà e assicurando l'adesione ai principi di trasparenza e buon andamento della pubblica amministrazione[17]. In mancanza di tali criteri predefiniti, la comparazione tra i candidati risulterebbe infatti compromessa, poiché verrebbe meno il fondamento oggettivo su cui basare l'analisi e la scelta dell'affidatario[18]. Inoltre, dottrina[19]e altra giurisprudenza[20] evidenziano la criticità di non poter ridurre la fase di co-progettazione a un mero adempimento burocratico nel senso di una predeterminazione non solo dei criteri (doverosa e ammissibile) ma addirittura dei contenuti esecutivi della presentazione (non ammissibile in quanto violativa del principio della compartecipazione)[21].
In questa prospettiva, il documento programmatico della co-progettazione redatto dall’amministrazione rischia di coincidere con un vero e proprio capitolato d’appalto, prevedendo compensi per servizi mascherati da rimborsi per costi diretti e indiretti. Questo approccio compromette la dimensione partecipativa e ideativa assegnata alla co-progettazione, generando incertezza sulla natura giuridica dell’operazione e rendendo problematico il ricorso a un modello derogatorio rispetto alle ordinarie procedure di affidamento di appalti di servizi. In tale contesto, l’assenza sostanziale della co-progettazione invalida l’applicazione del modello partenariale delineato dall’art. 55, cc 3 e 4, CTS, riavvicinando la questione a un ordinario appalto di servizi sociali.
Infine, la giurisprudenza ribadisce dunque che, in presenza di più offerte valide, la predisposizione dei criteri di valutazione deve precedere e guidare la comparazione delle proposte, assicurando che l’affidamento rispetti i principi di evidenza pubblica e imparzialità[22].
3. La discrezionalità della pubblica amministrazione nella scelta tra appalto e co-progettazione
Uno dei temi centrali della sentenza in commento è la discrezionalità della pubblica amministrazione nella scelta tra l'utilizzo di appalti pubblici e la co-progettazione per la gestione di servizi pubblici. La sentenza affronta una questione per nulla irrilevante, in quanto costituisce sintomo di un riassestamento o di un futuro riassestamento del mercato degli appalti e dell’ambito del terzo settore, evidenziando la tendenza della trasmigrazione di prestazioni che fino ad ora erano considerate e venivano gestite secondo le regole degli appalti pubblici nei modelli gestionali previsti dal codice del terzo settore. Si pone infatti la domanda se un servizio precedentemente gestito tramite appalto possa essere trasformato in un'attività di co-progettazione senza violare i principi di trasparenza e parità di trattamento o costruire una mera simulazione o mascheramento dell’appalto come appena evidenziato sopra.
In base all’art. 55 CTS, la co-progettazione rappresenta un modello alternativo agli appalti pubblici per la gestione di servizi di interesse generale. La pubblica amministrazione ha ampia discrezionalità nel decidere se ricorrere a un appalto pubblico o a una procedura di co-progettazione, in base alle caratteristiche del servizio da gestire. Tuttavia, questa discrezionalità non è illimitata e deve essere esercitata nel rispetto dei principi di trasparenza, parità di trattamento e proporzionalità.
La sentenza chiarisce che la scelta tra appalto e co-progettazione deve essere giustificata da ragioni oggettive, legate alla natura del servizio e alle finalità sociali che si intendono perseguire. Indubbiamente, non è legittimo utilizzare la co-progettazione solo per evitare le procedure competitive previste per gli appalti pubblici. Questo punto è stato sollevato nel contesto del caso in esame, dove il Comune ha optato per la co-progettazione.
L'aspetto critico conseguenziale emerso nella sentenza riguarda la trasformazione di un servizio precedentemente gestito tramite appalto in un'attività di co-progettazione. Quando un servizio, che fino a quel momento era stato affidato tramite gara d'appalto, viene trasferito al modello di co-progettazione, le amministrazioni devono garantire che tale passaggio non sia finalizzato ad aggirare le norme sugli appalti.
Nella sentenza del TAR Lombardia, la contestazione mossa si basava proprio sulla trasformazione della gestione della casa dell'accoglienza da un modello di appalto a uno di co-progettazione. Il ricorrente ha sostenuto che il Comune avrebbe dovuto continuare a utilizzare il sistema degli appalti pubblici per la gestione del servizio, e che la scelta di ricorrere alla co-progettazione era volta a evitare la competizione prevista dalle gare d'appalto.
Il Giudice, tuttavia, ha respinto questa argomentazione, affermando che il Comune aveva legittimamente esercitato la propria discrezionalità nell'optare per la co-progettazione, poiché tale modello si adattava meglio alla natura del servizio da gestire, che richiedeva un'ampia partecipazione del terzo settore e una flessibilità operativa non compatibile con le rigide regole degli appalti pubblici. In particolare, il Giudice ha sottolineato che la co-progettazione è giustificata quando si tratta di servizi di carattere sociale che richiedono una forte componente collaborativa, piuttosto che una semplice esecuzione di compiti predefiniti.
La sentenza evidenzia che la scelta del passaggio dall'appalto alla co-progettazione non è stata arbitraria, ma risultava ben giustificata nella documentazione prodotta dal Comune. Il Comune, infatti, aveva adottato un modello gestionale delineato negli atti programmatici, come il Piano di Sviluppo del Welfare della Città di Milano 2021-2023 e il Regolamento sui rapporti tra il Comune e gli enti del Terzo Settore. Questi documenti, insieme alla deliberazione di Giunta Comunale n. 1506 del 2023, delineano con chiarezza la volontà di utilizzare gli strumenti di co-progettazione e co-programmazione previsti dal CTS, confermando che la scelta di adottare un modello di amministrazione condivisa per la gestione della Casa dell'Accoglienza rispondeva a un piano già definito, in linea con le finalità sociali perseguite.
La discrezionalità della pubblica amministrazione nella scelta tra appalto e co-progettazione è ampia, ma deve essere esercitata con trasparenza e in modo coerente con la natura del servizio. La sentenza in commento conferma che è possibile trasformare un servizio precedentemente gestito tramite appalto in un'attività di co-progettazione, a condizione che tale scelta sia motivata da esigenze oggettive e che il processo sia gestito in modo trasparente e imparziale. Le amministrazioni devono assicurarsi che la co-progettazione non diventi un mezzo per eludere le normative sugli appalti pubblici, ma piuttosto uno strumento per coinvolgere attivamente il Terzo Settore nella gestione di servizi di interesse generale.
4. Il Rapporto tra co-programmazione e co-progettazione e la non sequenzialità necessaria
Il CTS distingue chiaramente due fasi nella gestione dei servizi pubblici: la co-programmazione e la co-progettazione. La co-programmazione rappresenta la fase iniziale di pianificazione degli interventi, durante la quale vengono identificati i bisogni da soddisfare e le risorse da mobilitare. La co-progettazione, invece, è la fase esecutiva, in cui si realizza l’effettiva attuazione degli interventi pianificati attraverso una collaborazione diretta tra l’amministrazione e gli enti del Terzo Settore.
Un aspetto sollevato dalla sentenza riguarda la non obbligatorietà della co-programmazione come fase propedeutica alla co-progettazione. In altre parole, il CTS non impone un passaggio automatico dalla co-programmazione alla co-progettazione; le amministrazioni hanno dunque la facoltà di avviare direttamente la co-progettazione quando ritengono che i bisogni e le modalità d’intervento siano già chiaramente definiti. Qualora gli obiettivi siano già stati chiaramente definiti, non è necessaria una fase preliminare di co-programmazione. In tal caso, potrebbe accadere che la pubblica amministrazione abbia autonomamente stabilito gli obiettivi, senza richiedere preventivamente la partecipazione dei soggetti del Terzo Settore per la loro definizione. Tuttavia, questa circostanza non dovrebbe precludere o condizionare la successiva fase di co-progettazione, poiché le due fasi possono mantenere una natura distinta. Dalla fase di co-programmazione potrebbe emergere, ad esempio, che determinati interventi non siano idonei alla co-progettazione e che sarebbe preferibile ricorrere al modello dell'appalto pubblico per la loro realizzazione.
Nel caso in esame, il Comune ha scelto di avviare direttamente la fase di co-progettazione, ritenendo che i bisogni della struttura fossero già ben definiti e che la co-programmazione non fosse necessaria. Il TAR ha evidenziato che il CTS non impone una gerarchia rigida tra co-programmazione e co-progettazione, lasciando all'amministrazione la libertà di decidere se procedere subito con la co-progettazione, specialmente quando si tratta di servizi o strutture già esistenti.
5. Il procedimento di cooperazione
Ulteriore aspetto riguarda il rapporto tra gli atti di indirizzo politico e gli atti di gestione all’interno delle procedure amministrative, evidenziando i confini della loro autonomia e legittimità. Nella sentenza in commento., viene esaminata la distinzione tra il ruolo della Giunta, che fornisce orientamenti generali, e quello dei dirigenti, responsabili dell’attuazione concreta. La ricorrente ha contestato l’avviso di istruttoria pubblica, approvato con determinazione dirigenziale, affermando che esso violasse l’atto di indirizzo politico della Giunta, proponendo una modalità procedurale in contrasto con tale atto. La sentenza ha risolto questo punto chiarendo che la deliberazione di Giunta rappresenta un atto di indirizzo politico che non limita l’autonomia e le competenze dei dirigenti nell’adozione di atti di gestione, secondo il modello delineato dall’art. 107 TUEL.
In effetti, la deliberazione di Giunta non specifica in dettaglio le caratteristiche della procedura, ma indica un "approccio non competitivo" con gli enti del Terzo Settore. Di conseguenza, l’avviso di istruttoria prevede una prima fase procedurale a carattere selettivo per individuare l’ente più idoneo alla co-progettazione, cui segue la fase di co-progettazione vera e propria.
Come sottolineato dal TAR, tale fase preliminare di selezione dell’ente è di fatto indispensabile per individuare, tra le proposte ricevute, quella più adeguata alle esigenze dell’amministrazione. Questa selezione rispetta i principi di trasparenza, pubblicità e non discriminazione stabiliti dalla legge n. 241 del 1990.
Il TAR ha ritenuto idonei gli atti e i piani amministrativi – tra cui il Piano di Sviluppo del Welfare della Città di Milano 2021-2023 e la deliberazione di Giunta n. 1506 del 2023 – a delineare chiaramente il modello gestionale da adottare, confermando che questi documenti evidenziavano fin dall'inizio l'intenzione del Comune di avvalersi della co-progettazione.
In sostanza la censura avanzata dai ricorrenti sulla distinzione tra gli atti era strumentale a sostenere un'invasione della procedura collaborativa in quella selettiva e competitiva prevista invece dal Codice dei contratti. Ad avviso di chi scrive, si può cogliere come entrambe le procedure devono includere una valutazione comparativa, rimanendo nei rispettivi ambiti normativi.
6. Elementi di contrasto e di contatto con la disciplina sui contratti pubblici
Per riprendere il discorso della scelta ovvero distinzione tra appalto e co-progettazione, emerge la necessità di una riflessione sull’applicabilità delle disposizioni del Codice dei contratti pubblici.
Come notato la sentenza rappresenta un caso interessante in cui si assiste a un cambiamento nel modello gestionale della prestazione: inizialmente disciplinata secondo le regole degli appalti pubblici, questa è stata successivamente riorientata verso una logica di collaborazione con il terzo settore, sottraendola così alle dinamiche di mercato. Tale decisione sottolinea una volontà amministrativa di privilegiare un approccio partecipativo e non competitivo, ritenuto più adatto a soddisfare finalità sociali, evidenziando al contempo le implicazioni giuridiche di questa scelta rispetto alla distinzione tra procedure di selezione tradizionali e quelle orientate alla co-progettazione con enti del terzo settore
La distinzione fra i due approcci si basa non solo su una differenza strutturale – l’appalto ha natura competitiva, mentre la co-progettazione è collaborativa – ma anche su aspetti normativi che limitano l’applicazione di alcuni principi degli appalti alla co-progettazione. Tuttavia, in fase applicativa, permangono contatti significativi tra i due modelli, quali l’assegnazione dei punteggi, la discrezionalità tecnica e il rispetto dei principi di trasparenza e parità di trattamento, che richiamano alcuni tratti tipici del regime degli appalti pubblici.
Questa analisi ulteriore intende dunque esaminare i punti di contrasto e di contatto tra i due modelli, mostrando come il TAR abbia affrontato le contestazioni relative all’applicabilità delle norme sugli appalti pubblici alla co-progettazione, confermando da un lato l’inapplicabilità di alcune regole del codice dei contratti pubblici, e dall’altro sottolineando la necessità di garantire trasparenza e correttezza anche nelle procedure di amministrazione condivisa con il terzo settore.
6.1. Non applicabilità del principio di separazione tra offerta tecnica ed economica
La ricorrente lamentava la mancata separazione tra offerta tecnica ed economica, un principio tipico delle gare d'appalto. Il TAR ha respinto tale motivo, evidenziando che nella procedura di co-progettazione le due componenti (tecnica ed economica) sono congiunte poiché l'oggetto è un progetto da sviluppare insieme alla pubblica amministrazione, piuttosto che una gara competitiva. Questo approccio è confermato anche dalle Linee Guida del Ministero del Lavoro (decreto n. 72 del 2021).
L’altro aspetto riguardava l’esclusione del principio di segretezza delle offerte. La ricorrente sosteneva che il principio di segretezza delle offerte era stato violato perché le domande di partecipazione sono state trasmesse tramite posta elettronica certificata e non con sistemi più rigorosi. Il TAR ha rigettato la doglianza affermando che, trattandosi di una procedura di co-progettazione, non si applicano le stringenti regole di segretezza previste per gli appalti pubblici. La trasmissione a mezzo di posta elettronica certificata è stata considerata sufficiente per garantire la trasparenza e la correttezza della procedura.
6.2. Punti di contatto con i contratti pubblici
Un primo aspetto riguarda l’attribuzione dei punteggi. Sebbene la procedura di co-progettazione non si configuri come una gara d’appalto, il sistema di punteggio utilizzato per valutare le proposte progettuali degli enti del terzo settore ha mantenuto alcuni elementi di trasparenza tipici delle gare pubbliche. Nello specifico, i criteri di valutazione delle proposte (ad es. il contesto territoriale, le competenze dei soggetti proponenti, la rete di collaborazioni) sono stati strutturati in modo tale da attribuire un punteggio a ciascun elemento. Questo approccio ricalca quello dei contratti pubblici, dove i criteri di valutazione delle offerte tecniche ed economiche devono essere chiari e predeterminati.
Il secondo aspetto riguarda la discrezionalità tecnica e il conseguente controllo giudiziario.
Il TAR ha applicato un principio frequentemente utilizzato nei contratti pubblici, ovvero la discrezionalità tecnica della commissione giudicatrice, che è censurabile solo in caso di evidenti errori o manifesta illogicità. Anche se la procedura di co-progettazione non segue le rigide norme del Codice dei contratti pubblici, il Giudice ha richiamato la giurisprudenza in tema di valutazione discrezionale delle proposte, stabilendo che la commissione può assegnare i punteggi in base a criteri qualitativi. Questa analogia con gli appalti pubblici si nota particolarmente nella valutazione del Piano Economico Finanziario (PEF) e dei profili professionali delle proposte, dove la commissione ha goduto di una certa discrezionalità nella valutazione delle proposte concorrenti.
Il terzo aspetto riguarda la trasparenza e la parità di trattamento. Un altro punto di contatto con il regime dei contratti pubblici è stato il rispetto dei principi di trasparenza e non discriminazione. Sebbene la procedura di co-progettazione non sia una gara competitiva in senso stretto, il Comune ha adottato una fase preliminare di selezione tra le proposte, richiedendo che fosse rispettata la trasparenza e la parità di trattamento tra i partecipanti. Questo elemento è stato giustificato dal TAR come un principio generale che si applica anche fuori dal contesto degli appalti pubblici, in particolare quando vi è l’erogazione di finanziamenti pubblici o la gestione di servizi d’interesse generale.
Il quarto aspetto attiene alla valutazione delle proposte economiche e alla sostenibilità finanziaria. Pur non essendo un appalto di servizi, la procedura ha previsto la presentazione di un Piano Economico Finanziario (PEF) per ogni proposta. Il TAR ha sottolineato che la commissione giudicatrice doveva valutare la sostenibilità economica del progetto proposto dagli enti del Terzo Settore, in modo simile a quanto avviene negli appalti pubblici, dove l’offerta economica deve essere congruente con il servizio da svolgere. Anche in questo caso, la valutazione dei costi e delle risorse messe a disposizione ha richiesto una valutazione tecnica e una disaggregazione delle voci di costo, analogamente a quanto accade negli appalti pubblici.
Un quinto aspetto che merita attenzione è il giudizio sulla coerenza delle proposte con il progetto da sviluppare. Anche se la procedura di co-progettazione non è competitiva nel senso tradizionale, le proposte sono state valutate in base alla loro coerenza complessiva rispetto agli obiettivi del progetto. Questo tipo di valutazione è simile a quella condotta nelle gare pubbliche, dove l’amministrazione valuta la conformità e l’adeguatezza dell’offerta tecnica rispetto alle esigenze del bando. In particolare, il TAR ha valutato la congruenza delle voci di costo e delle figure professionali indicate nelle proposte, utilizzando criteri simili a quelli adottati per la valutazione delle offerte negli appalti pubblici.
In sintesi, anche se la procedura di co-progettazione si distingue nettamente dalle gare d’appalto per la sua natura collaborativa, diversi principi tipici del regime dei contratti pubblici sono stati applicati per garantire la trasparenza, la correttezza della procedura e la parità di trattamento, specialmente nell'attribuzione dei punteggi e nella valutazione delle proposte economiche.
7. Le ONLUS nel regime transitorio
La sentenza affronta ancora un ulteriore aspetto che sebbene possa risultare marginale per la costruzione degli istituti dell’amministrazione condivisa è invece importante nella fase transitoria di applicazione della disciplina alle ONLUS.
L’ENTE DEL TERZO SETTORE non scelto ha contestato la decisione del Comune, sostenendo che la vincitrice non avesse i requisiti di ammissione richiesti per la procedura di co-progettazione, in particolare in relazione all’iscrizione al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS). Altre (in tutto dieci) doglianze riguardavano presunte irregolarità nella trasparenza e nell’assegnazione dei punteggi.
Il TAR ha respinto il ricorso, confermando la legittimità della procedura adottata dal Comune. La sentenza chiarisce che il regime transitorio previsto per le ONLUS consente loro di partecipare a tali procedure anche senza l'iscrizione al RUNTS, poiché la procedura di autorizzazione da parte della Commissione europea non è ancora stata completata.
In particolare, si deve considerare la disciplina sul regime transitorio di cui all’art. 101, comma 3 del CTS, e il decreto ministeriale n. 106 del 15 settembre 2020, che disciplina il RUNTS ai sensi dell’art. 45 del CTS. Tuttavia, l’art. 34 del decreto introduce una normativa specifica per gli enti iscritti all’anagrafe delle ONLUS (cfr. il comma 3 dell’art. 34), imponendo loro di presentare la domanda di iscrizione al RUNTS entro il 31 marzo del periodo d'imposta successivo all’autorizzazione della Commissione europea, prevista dall’art. 101, comma 10 del CTS.
Quest'ultimo comma, all'interno del regime transitorio del CTS, subordina l'efficacia di alcune disposizioni del Codice all'autorizzazione della Commissione europea, secondo quanto stabilito dall’art. 108, par. 3 del TFUE, che regola in particolare gli aiuti di Stato.
Poiché tale autorizzazione della Commissione non è ancora stata concessa, non esiste al momento alcun obbligo per le ONLUS di richiedere l’iscrizione al RUNTS, potendo le stesse mantenere la loro iscrizione nei registri di settore di appartenenza.
8. Considerazioni finali
La sentenza ha rilevanti implicazioni per la gestione dei servizi sociali. Conferma la validità del modello di co-progettazione, in cui le amministrazioni pubbliche possono collaborare attivamente con il terzo settore senza ricorrere agli appalti pubblici. Questo modello si dimostra particolarmente efficace nel contesto di progetti finanziati dal PNRR, come nel caso concreto dove la flessibilità e la cooperazione tra pubblico e privato sociale sono fondamentali per il successo degli interventi.
Inoltre, la sentenza rappresenta un precedente importante per future controversie legali riguardanti l’applicazione del CTS, ribadendo che le ONLUS non iscritte al RUNTS possono ancora partecipare alle procedure di co-progettazione durante il periodo transitorio. Questo approccio inclusivo permette di ampliare la platea degli enti coinvolti, favorendo una maggiore partecipazione di soggetti esperti nel campo sociale.
Infine, il TAR ha chiarito che non è necessario avviare una fase di co-programmazione in tutti i casi. Le amministrazioni possono optare per la co-progettazione diretta quando i bisogni del territorio e le modalità di intervento sono già definiti. Ciò rende il modello della co-progettazione più flessibile e adattabile alle esigenze dei servizi sociali, rafforzando la capacità delle amministrazioni di rispondere tempestivamente alle necessità della comunità.
Infine, la sentenza riconosce l'ampio potere discrezionale della pubblica amministrazione nella scelta di adottare, per la gestione di un servizio, un modello basato sulla co-progettazione invece di un tradizionale appalto pubblico. Questo potere comporta un possibile riassetto dei due settori coinvolti – quello degli appalti pubblici e quello del terzo settore – poiché le amministrazioni possono decidere di passare da un modello gestionale all'altro in funzione delle esigenze specifiche del servizio e degli obiettivi sociali perseguiti. Tale possibilità di scelta evidenzia come i due settori siano in continua interazione, dando forma a un nuovo equilibrio tra l’attività amministrativa regolata dai principi della concorrenza e quella orientata alla collaborazione e al coinvolgimento attivo degli enti del terzo settore, consolidando così un sistema di amministrazione condivisa.
[1] Corte cost., 15 marzo 2022, n. 72.
[2] A. D'Atena, Costituzione e principio di sussidiarietà, in Quad. cost., 1, 2001, 24.
[3] Corte cost. 26 giugno 2020, n. 131.
[4] L'art. 72, c. 1, istituisce un fondo destinato a sostenere lo svolgimento di attività di interesse generale, con priorità stabilite annualmente dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali attraverso un atto di indirizzo triennale. Per il 2024, questo atto è stato adottato con decreto n. 122 del 19 luglio 2024, stanziando 22.450.000 euro per progetti e attività di interesse generale e 13.150.000 euro per il sostentamento degli enti del terzo settore. Il finanziamento mira a promuovere la crescita autonoma degli ENTI DEL TERZO SETTORE senza interferire nella loro gestione, prevedendo che i progetti di rilevanza nazionale siano attuati in almeno 10 regioni e che il contributo ministeriale copra fino all'80% del costo totale (50% per le fondazioni), con importi compresi tra 250.000 e 600.000 euro per iniziativa. I soggetti promotori devono essere organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale o fondazioni del terzo settore iscritte al RUNTS, con una fase transitoria che include le fondazioni iscritte nell'anagrafe delle ONLUS. Gli obiettivi prioritari di intervento si allineano ai 17 obiettivi dell'Agenda 2030, focalizzandosi su 13 specifici e includendo una linea di finanziamento dedicata all'intelligenza artificiale con 2.500.000 euro stanziati. L'individuazione dei singoli interventi finanziabili avverrà successivamente tramite procedure che rispettino i principi di trasparenza, imparzialità, partecipazione e parità di trattamento; sul punto si v G. Biasutti, Decreto direttoriale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali 19 luglio 2024, n. 122: linee di indirizzo per l’anno 2024 per gli obbiettivi di interesse generale, in https://terzosettore.info/d-d-122-19-07-2024/
[5] Per una visione d’insieme si rinvia al lavoro completo e dettagliato di A. Santuari, Diritto delle organizzazioni socialmente responsabili. Manuale degli Enti del Terzo settore, delle cooperative, delle società benefit e dei loro rapporti con la P.A., Milano, 2024, pp. 9-807.
[6] La controversia verteva sulla gestione della "Casa dell’Accoglienza Enzo Jannacci" attraverso una procedura di co-progettazione, finanziata in parte dai fondi PNRR. Si costituivano in giudizio, trattandosi di una controversia in materia di PNRR (ai sensi dell’art. 12-bis del DL n. 68 del 2022 convertito con legge n. 108 del 2022), anche il Ministero dell’Economia e delle Finanze ed il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
[7] Sul terzo settore in generale si v. tra gli altri: F. Loffredo, Gli enti del terzo settore, Milano, 2018; A.Propersi e G. Rossi, Gli enti del terzo settore. Gli altri enti non profit dopo la Riforma. Milano, 3 ed., 2022; F. Donati e F. Sanchini, Il codice del terzo settore. Commento al d.lgs. 3 luglio 2017, n. 117 e ai decreti attuativi, Milano, 2019; F. Sanchini, Profili costituzionali del terzo settore, Milano, 2021; A. Fusaro, Gli Enti del Terzo Settore. Profili civilistici, Milano, 2022.
[8] Per un’analisi critica si rinvia a B. Giliberti, L'amministrazione condivisa: co-programmazione e co-progettazione nel terzo settore tra autonoma iniziativa delle formazioni sociali e poteri delle pubbliche amministrazioni, in Annuario 2023 AIPDA, Lo spazio della pubblica amministrazione vecchi territori e nuove frontiere, Atti del convegno annuale Napoli, 29-30 settembre 2023, Napoli 2024, p. 321 ss.
[9] Per una disamina completa E. Frediani, La co-progettazione dei servizi sociali. Un itinerario di diritto amministrativo, Torino, 2021.
[10] D. Palazzo, Pubblico e privato nelle attività di interesse generale. Terzo settore e amministrazione condivisa, Torino, 2022; R. Parisi, Il sistema dei servizi sociali tra Stato, mercato e terzo settore, Napoli, 2023; F. Giglioni, Forme e strumenti dell'amministrazione condivisa, in G. Arena, M. Bombardelli (a cura di), L'amministrazione condivisa, 80 ss.; V. Parisio, Risorse idriche, contratti di fiume e amministrazione condivisa, in Federalismi.it, 2023, 162 ss.
[11] In tal senso ragionato e critico A. Santuari, I rapporti giuridici cooperativi tra pubbliche amministrazioni e ETS/imprese sociali. Potenzialità e criticità, in https://www.rivistaimpresasociale.it/rivista/articolo/i-rapporti-giuridici-cooperativi-potenzialita-e-criticita
[12] Cons. Stato, V, 26 maggio 2023, n. 5217 e 5218.
[13] A. Crismani, Il meccanismo della co-progettazione. Spunti utili dal Consiglio di Stato (n. 5217/2023 e n. 5218/2023), in https://terzosettore.info/il-meccanismo-della-co-progettazione-spunti-utili-dal-consiglio-di-stato-n-5217-2023-e-n-5218-2023/
[14] Cons. Stato, V, 22 maggio 2024, n. 4540.
[15] G. Biasutti, Il Consiglio di Stato precisa i presupposti ed i limiti applicativi della co-progettazione, in https://terzosettore.info/consiglio-di-stato-limiti-applicativi-coprogettazione-4540-2024/
Il Consiglio di Stato, con la sent. n. 4540/2024, ha ribadito che solo i servizi resi effettivamente a titolo gratuito nell'ambito della co-progettazione possono essere esentati dall'obbligo di rispettare la disciplina europea sugli appalti. Nel caso specifico, il bando prevedeva non solo il rimborso delle spese vive, ma anche il pagamento, tramite fatturazione, di spese di gestione, compensi agli operatori, rimborsi ai volontari e retribuzioni agli esperti. Questo implicava una retribuzione dei fattori produttivi, evidenziata sia dalla modalità di rimborso prevista sia dal fatto che l'operatore economico in partenariato aveva sostenuto solo l'8% dei costi totali. Di conseguenza, il Consiglio di Stato ha ritenuto che il servizio non fosse realmente gratuito e che, pertanto, dovesse rispettare le normative europee in materia di appalti pubblici (sentenza del Consiglio di Stato n. 4540/2024).
[16] Cons. Stato, V, 29 agosto 2023, n. 8025.
[17] G. Biasutti, La valutazione comparativa nell’affidamento dei servizi agli Enti del Terzo Settore: le indicazioni del Consiglio di Stato, in https://terzosettore.info/affidamento-servizi-sociali-terzo-settore/
l Consiglio di Stato, con la sentenza n. 8025/2023 ha stabilito che “il semplice richiamo a vaghi principi quali quello di dare la priorità alle domande pervenute prima risulta arbitrario ed irragionevole”. Infatti, laddove siano presentate diverse candidature per la gestione del servizio, o comunque esistano nell’area interessata diversi enti del terzo settore in grado di rendere il servizio, l’amministrazione è obbligata ad operare una valutazione comparativa. Pertanto, la regola generale è quella per cui, in questi casi la selezione dell’affidatario, deve avvenire “previa fissazione di obiettivi criteri di valutazione, secondo i principi dell’evidenza pubblica”.
[18] Sul punto anche il Cons. Stato, V, 22 maggio 2024, n. 4540.
[19] A. Santuari, Quando la co-progettazione è conforme al dettato normativo – Cons. Stato 5217/23, in https://www.personaedanno.it/articolo/quando-la-co-progettazione-e-conforme-al-dettato-normativo-cons-stato-5217-23
[20] Cons. Stato, V, 26 maggio 2023, n. 5217.
[21] La sentenza già citata in tema di gratuità affronta anche la fase di co-progettazione e il principio di partecipazione attiva degli enti del terzo settore. Il Consiglio di Stato stabilisce che la co-progettazione non deve limitarsi alla semplice attuazione dei servizi, ma deve prevedere un’effettiva collaborazione sin dalla fase di definizione delle modalità di intervento, dei bisogni e delle risorse necessarie. La sentenza critica l’amministrazione comunale per aver pubblicato un “documento di massima” che, predefinendo nei dettagli i servizi da erogare, di fatto precludeva una vera co-progettazione.
La sentenza ribadisce l’obbligo di trasparenza e imparzialità nelle procedure di affidamento dei servizi pubblici, evidenziando come l’amministrazione avrebbe dovuto definire criteri obiettivi e trasparenti per la selezione degli enti del terzo settore con cui attivare il partenariato. L’art. 55, c. 4, impone infatti che la selezione sia condotta rispettando questi principi, e che sia fatta previa definizione degli obiettivi generali, della durata e delle caratteristiche essenziali del progetto. In mancanza di tali criteri, la selezione del partner risulta arbitraria, violando così i principi generali di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione.
[22] G. Biasutti, Il Consiglio di Stato precisa i presupposti ed i limiti applicativi della co-progettazione, in https://terzosettore.info/consiglio-di-stato-limiti-applicativi-coprogettazione-4540-2024/ secondo il quale: “Un’ulteriore censura specificamente accolta dal Consiglio di Stato riguarda la mancata partecipazione degli enti del terzo settore alla definizione del progetto oggetto del partenariato. Rimarcando la differenza genetica che sussiste tra questa tipologia di procedure e l’affidamento a gara, i giudici hanno ritenuto non ammissibile che l’interezza dei contenuti dell’affidamento fossero appannaggio esclusivo del Comune, il quale non si è adeguatamente aperto al confronto con gli operatori. Ai soggetti partecipanti alla procedura, invero, era concesso di proporre solo modalità esecutive di dettaglio, in maniera di fatto non dissimile a quanto avverrebbe con una offerta tecnica in sede di gara”.