Sull’ammissibilità di una doppia giurisdizione speciale in materia di ricognizione delle Amministrazioni pubbliche operata dall’ISTAT (nota a Corte dei conti, sez. riunite, 19 ottobre 2023, n.17).
di Stefania Florian
Sommario: 1. Il problema della limitazione della giurisdizione esclusiva delle Sezioni riunite della Corte dei conti, ad opera dell’art. 23 quater d.l. 137/2020, in materia di ricognizione delle amministrazioni pubbliche operata dall’ISTAT. I contrapposti orientamenti sulla configurabilità di una doppia giurisdizione speciale prospettati dalla sentenza in commento. 2. Inquadramento della sentenza della Corte dei conti, 19 ottobre 2023, n. 17 rispetto alla sentenza della CGUE, Sez. I, 13 luglio 2023, Ferrovienord e Federazione Italiana Triathon. 3. Brevi considerazioni sull’ammissibilità di una doppia giurisdizione speciale. 4. Conclusioni.
1. Il problema della limitazione della giurisdizione esclusiva delle Sezioni riunite della Corte dei conti, ad opera dell’art. 23 quater d.l. 137/2020, in materia di ricognizione delle amministrazioni pubbliche operata dall’ISTAT. I contrapposti orientamenti sulla configurabilità di una doppia giurisdizione speciale prospettati dalla sentenza in commento.
La fattispecie oggetto di indagine concerne le modifiche apportate dall’art. 23 quater del d. l. 28 ottobre 2020, n. 137 (inserito dalla legge di conversione 18 dicembre 2020, n. 176) all’art. 11, co. 6, lett. b) c.g.c, che limitano la giurisdizione esclusiva in unico grado delle Sezioni riunite della Corte dei conti sui giudizi in materia di ricognizione delle Amministrazioni pubbliche operata dall’ISTAT ai soli fini dell’applicazione della normativa nazionale sul contenimento della spesa pubblica. Sul problema dell’interpretazione del citato art. 23 quater e del connesso art. 11, co. 6 c.g.c., così come modificato nel 2020, si è pronunciata non definitivamente, con sentenza del 19 ottobre 2023, n. 17, la Corte dei Conti, a Sezioni riunite, in sede giurisdizionale, in un giudizio che vedeva la Società Autostrade del Brennero S.p.a. come parte ricorrente, che, essendo inserita come Amministrazione pubblica nell’elenco del conto economico consolidato delle Amministrazioni pubbliche per l’anno 2023 e concorrendo, perciò, alla determinazione dei saldi di finanza pubblica, sarebbe sottoposta alla «disciplina nazionale sul contenimento della spesa pubblica» ai sensi dell’art. 11 del c.g.c. La ricorrente, perciò, contestando il proprio inserimento in suddetto elenco in forza dell’assenza dei presupposti per l’iscrizione, chiedeva l’accertamento e la declaratoria della non applicazione nei suoi confronti della disciplina di cui all’art. 11 del d. lgs. 26 agosto 2016, n. 174 e s. m.; l’accertamento e la declaratoria dell’insussistenza dei presupposti per la sua qualificazione come «amministrazione pubblica» in violazione dell’art. 1, co. 3, della l. 31 dicembre 2009, n. 196 e s.m. e della disciplina europea contenuta nel SEC 2010; nonché l’annullamento, previa sospensione degli effetti, dell’elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, pubblicato nella G.U. – Serie generale n. 229 del 30 settembre 2022, nella parte in cui l’Istituto Nazionale di Statistica ha inserito, tra le «Altre amministrazioni locali», la Società Autostrada del Brennero S.p.a. per l’anno 2023 e di ogni altro atto connesso, presupposto e conseguente[1].
La Corte dei conti, a Sezioni riunite in sede giurisdizionale, nel dispositivo, ritenendosi giurisdizionalmente competente, si pronuncia non definitivamente disapplicando l’art. 23 quater – recepito dalla legge di conversione 18 dicembre 2020, n. 176 – poiché tale disposizione, precludendo non solo una decisione con effetti erga omnes come l’annullamento o la disapplicazione, ma anche una sentenza meramente dichiarativa dell’insussistenza dei presupposti per la qualificazione della ricorrente come Amministrazione pubblica ai sensi dell’art.1, co. 3, della l. 31 dicembre 2009, n. 196 (legge di contabilità e finanza pubblica) e del regolamento UE 594/2013, non garantirebbe il principio di effettività della tutela giurisdizionale e dell’effetto utile e dispone, conseguentemente, la propria cognizione su tutte le domande proposte rinviando, con separata ordinanza, gli incombenti istruttori ai sensi degli artt. 94 e 96 c.g.c. e la fissazione dell’udienza.
La pronuncia della Corte dei conti troverebbe fondamento nel rilievo per cui l’art. 23 quater in esame si porrebbe in contrasto sia con il diritto comunitario, sotto il profilo della violazione del «diritto al ricorso» di cui all’art. 47 CDFUE e del combinato disposto di cui agli artt. 52, par. 3 CDFUE e 6 CEDU, sia con la Costituzione, per la violazione degli artt. 3, 24, 97, 103, 111, 113 Cost. L’impedimento arrecato dalla disposizione in esame all’attuazione del principio dell’effetto utile dei regolamenti e della direttiva 85/2011/Ue, nonché del principio di effettività della tutela giurisdizionale imposto sia dalla Costituzione, sia dal diritto dell’Unione[2], avrebbe condotto, perciò, la Corte dei conti a disapplicare l’art. 23quater in esame. Questo impedimento all’attuazione dei principi comunitari sembra determinato dall’adesione alla tesi dell’impossibilità di configurare una doppia giurisdizione speciale, che potrebbe ipotizzarsi nel caso in cui si escludessero dalla cognizione giurisdizionale della Corte dei conti i giudizi aventi ad oggetto una normativa diversa da quella nazionale sul contenimento della spesa pubblica. Sul punto la sentenza in commento evidenzia le contrapposte posizioni assunte dalla parte ricorrente e dalla parte resistente. L’Avvocatura dello Stato, da un lato, ravvisa nel limite introdotto dall’art. 23quater, relativo alla cognizione della Corte dei conti, uno spazio per la tutela di quelle situazioni giuridiche soggettive derivanti dal diritto comunitario da parte del giudice amministrativo[3], evidenziando come il citato articolo, se fosse interpretato nel senso di circoscrivere la possibilità di proporre ricorso alla Corte dei conti contro l’elenco ISTAT nel solo caso di applicazione della normativa nazionale sul contenimento della spesa pubblica, non sarebbe incompatibile con il diritto dell’Unione (in particolare, con il regolamento n. 549/2013 e con i principi di effettività e di equivalenza) perché sarebbe comunque garantita agli enti interessati una tutela giurisdizionale effettiva.
Di contro, la ricorrente ritiene non configurabile una doppia giurisdizione speciale, perché in contrasto, da un lato, con il principio di «tassatività» sancito dagli artt. 25 e 111, co. 1 Cost. e, dall’altro, con gli artt. 103, co. 2, e 100 Cost., che individuano la Corte dei conti come il giudice competente in materia, rispettivamente, di contabilità pubblica e di controllo successivo sulla gestione del bilancio dello Stato, nonché sulla gestione finanziaria degli enti cui lo Stato contribuisce in via ordinaria[4]. La tesi che si oppone alla configurabilità di una doppia giurisdizione speciale, perciò, esclude qualsiasi deroga alla designazione del giudice contabile come giudice competente in materia di corretta determinazione dei saldi di bilancio [5].
La Corte dei conti, oltre a condividere le ragioni della parte ricorrente, a conforto della scelta di procedere alla disapplicazione evidenzia il carattere self executing del regolamento n. 549/2013 (il cui allegato A è noto come SEC 2010) – parte di un sistema normativo comprensivo della direttiva n. 85/2011/Ue e del regolamento 471/2013/Ue – che rimetterebbe allo stesso giudice a quo la verifica del superamento del limite del principio di autosufficienza del ricorso, che sarebbe configurabile nel caso in cui il ricorrente fosse costretto a proporre più di un ricorso per l’esame della propria domanda. A questo riguardo, la sentenza in commento riporta un rilievo della Corte costituzionale che, nella sentenza dell’11 marzo 2022, n. 67, osserva che «in caso di doppia pregiudizialità, ove, per effetto di una sentenza della Corte di giustizia, vi sia certezza dell’esistenza di un diritto Ue direttamente applicabile, è onere del giudice a quo riscontrare, a pena di inammissibilità, la possibilità di una interpretazione conforme al diritto europeo (cfr. ex plurimis, C. cost. sentt. n. 7 e n. 166/2004, n. 406/2005, n. 129/2006) ovvero la sussistenza dei presupposti per la «non applicazione» della disciplina interna (C. cost. sent. n. 170/1984)»[6], che imporrebbe, perciò, la disapplicazione[7]. Nella fattispecie in esame, pertanto, il giudice adito, esclusa l’ammissibilità di una doppia giurisdizione speciale e rilevata l’incompatibilità del sistema giurisdizionale interno con quello comunitario, disapplica l’art. 23 quater del d.l. 137/2020[8].
2. Inquadramento della sentenza della Corte dei conti, 19 ottobre 2023, n. 17 rispetto alla sentenza della CGUE, Sez. I, 13 luglio 2023, Ferrovienord e Federazione Italiana Triathon.
La Corte dei conti, nella sentenza in commento, nel porre a fondamento della pronuncia con la quale disapplica l’art. 23 quater in esame il principio di effettività della tutela giurisdizionale imposto dal diritto dell’Unione[9], richiama la sentenza della CGUE, Sez. I, del 13 luglio 2023, Cause riunite C-363/21 e C-364/21, Ferrovienord e Federazione Italiana Triathlon[10], che affronta alcune questioni utili all’inquadramento della fattispecie in esame.
Anche le richiamate cause riunite – in cui si contrappongono, rispettivamente, Ferrovie nord S.p.a. e la Federazione italiana Thriathlon (FITRI) all’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) in merito all’iscrizione di Ferrovie nord e della FITRI nell’elenco delle Amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato delle autorità pubbliche – affrontano il problema dell’interpretazione dell’art. 11, co. 6 c.g.c., così come modificato dall’art. 23 quater d. l. 137/2020 c.g.c. e, a fronte delle contrapposte posizioni assunte dalle parti ricorrenti e dalle resistenti principali sull’interpretazione da attribuire alla citata disposizione, la Corte dei conti decide di sospendere i procedimenti e di adire la CGUE affinchè chiarisca «se i regolamenti n 473/2013 e n. 549/2013, la direttiva 2011/85, nonché l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, letti alla luce dell’articolo 47 della Carta e dei principi di equivalenza e di effettività, debbano essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa nazionale che limiti la competenza del giudice contabile a statuire sulla fondatezza dell’iscrizione di un ente nell’elenco delle amministrazioni pubbliche»[11]. Ad avviso del giudice del rinvio, non dissimilmente dalle posizioni assunte dal giudice della sentenza in commento, la limitazione di competenza introdotta dall’art. 23 quater del decreto-legge n. 137/2020 determinerebbe un’assenza di controllo giurisdizionale in merito alla fondatezza della designazione di determinati enti come Amministrazioni pubbliche. «Di conseguenza, tale limitazione escluderebbe la corretta applicazione delle regole contabili e di bilancio dell’Unione contemplate tanto dal regolamento n. 549/2013 quanto dalla direttiva 2011/85 e, pertanto, il rispetto dei requisiti indicati all’articolo 126 TFUE e nel Protocollo n. 12»[12]. In particolare, la disposizione in esame, secondo il giudice del rinvio delle cause riunite, escluderebbe anche «qualsiasi controllo indipendente sulle autorità di bilancio nazionali, quale previsto da detta direttiva e dal regolamento n. 473/2013, nonché la garanzia di una tutela giurisdizionale effettiva come sancito dall’articolo 19 TUE e dall’articolo 47 della Carta»[13]. Il medesimo giudice del rinvio osserva anche che nel caso in cui si ammettesse che l’art. 23 quater in esame abbia ristretto la competenza della Corte dei conti, estendendo, nel contempo, quella del giudice amministrativo, si porrebbero comunque dei dubbi sulla conformità del medesimo articolo con il principio della tutela giurisdizionale effettiva, poiché le ricorrenti dovrebbero «proporre due distinti ricorsi dinanzi a due giudici differenti per far valere i propri diritti, il che rischierebbe di ledere il principio della certezza del diritto in ordine alla determinazione del loro status con riguardo all’attuazione del regolamento n. 549/2013»[14].
Alla luce delle questioni poste dal giudice a quo, la CGUE ha ritenuto necessario «verificare, da un lato, se l’assenza di possibilità di contestare la fondatezza dell’iscrizione di un ente come amministrazione pubblica nell’elenco ISTAT, quale derivante, ad avviso del giudice del rinvio, dall’articolo 23 quater del decreto-legge n. 137/2020, confligga con le prescrizioni scaturenti dai regolamenti n. 473/2013 e n. 549/2013 nonché dalla direttiva 2011/85 e, dunque, con l’efficacia di questi ultimi nonché con l’esigenza di una tutela giurisdizionale effettiva stabilita dal diritto dell’Unione. Dall’altro lato occorre esaminare, se tale articolo 23 quater, come interpretato dai convenuti di cui ai procedimenti principali, sia conforme all’esigenza di una siffatta tutela giurisdizionale effettiva»[15].
Sulla prima questione la CGUE rileva che al fine di assicurare che l’autorità nazionale competente rispetti la definizione del diritto dell’Unione di un ente come «amministrazione pubblica», ai sensi del regolamento n. 549/2013, la sua decisione deve poter essere oggetto di un controllo giurisdizionale. L’effetto utile di detto regolamento, perciò, ad avviso della Corte europea, «osta ad una normativa nazionale che escluda, di fatto, qualsiasi possibilità di controllo giurisdizionale della fondatezza della qualificazione di un ente come amministrazione pubblica»[16]. L’assenza di un controllo giurisdizionale sulla qualità di «amministrazione pubblica» determinerebbe, poi, anche una compromissione della finalità e dell’effetto utile della direttiva 2011/85[17] se «i dati di bilancio di enti fossero pubblicati e trasmessi alla commissione (Eurostat) pur in assenza, in capo a tali enti, della qualità suddetta»[18].
Con riferimento, poi, alla verifica dell’idoneità dell’articolo 23 quater del decreto-legge n. 137/2020 a soddisfare la necessità di un controllo indipendente sulle autorità di bilancio dello Stato membro interessato risultante dal regolamento n. 473/2013 e dalla direttiva 2011/85, la CGUE rileva che tali testi normativi dell’Unione «esigono l’istituzione di organismi indipendenti soltanto ai fini del rispetto delle regole di bilancio numeriche dell’Unione, ma lasciano gli Stati membri liberi di limitare la portata del controllo giurisdizionale delle loro Corti dei conti per quanto riguarda l’applicazione del regolamento n. 549/2013»[19]. Sui principi di equivalenza e di effettività rileva, infine, la CGUE di non disporre «di alcun elemento tale da far dubitare della conformità a tale principio della normativa nazionale controversa nei procedimenti principali»[20]. Sul principio di effettività ricorda il giudice ad quem che il diritto dell’Unione non impone agli Stati membri di «istituire mezzi di ricorso diversi da quelli stabiliti dal diritto interno, a meno che dalla struttura complessiva dell’ordinamento giuridico nazionale in discussione non risulti che non esiste alcun rimedio giurisdizionale tale da permettere, anche solo in via incidentale, di assicurare il rispetto dei diritti riconosciuti ai singoli dal diritto dell’Unione, oppure che l’unico modo per poter adire un giudice da parte di un singolo sia quello di commettere violazioni del diritto (sentenza del 21 dicembre 2021, Randstad Italia, C-497/20, EU:C:2021:1037, punto 62 e la giurisprudenza ivi citata)»[21].
Nonostante la CGUE non escluda la possibilità di configurare una doppia giurisdizione speciale nell’ordinamento interno, la Corte dei conti, nella sentenza in commento, ritiene che il legislatore non abbia «in nessun modo alterato i confini dell’ambito oggettivo della cognizione del giudice contabile»[22], che continuerebbe «a riguardare complessivamente “la ricognizione delle amministrazioni pubbliche operata dall’ISTAT”»[23], ma abbia modificato il quomodo della giurisdizione, delimitando, quindi, i soli «fini» della giurisdizione contabile[24]. In particolare, ad avviso della Corte dei conti, la disposizione in esame avrebbe «escluso la capacità di questo giudice di statuire in modo vincolante a fini diversi da quelli relativi della normativa nazionale, escludendo la disponibilità di mezzi di tutela, quali l’annullamento (produttivo di effetti erga omnes) o la disapplicazione a garanzia di altri effetti/fini, tra cui, quelli del diritto Ue»[25], pregiudicando il principio dell’effetto utile della direttiva 2011/85[26] e del connesso principio dell’effettività della tutela giurisdizionale.
La richiamata sentenza della CGUE, tuttavia, non pare escludere una giurisdizione generale e residuale del giudice amministrativo, evidenziando come i regolamenti n. 473/2013 e n. 549/2013, la direttiva 2011/85, nonché l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, letti alla luce dell’articolo 47 della Carta e dei principi di equivalenza e di effettività, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano ad una normativa nazionale che limiti la competenza del giudice contabile a statuire sulla fondatezza dell’iscrizione di un ente nell’elenco delle amministrazioni pubbliche, purché siano garantiti l’effetto utile dei regolamenti e della direttiva summenzionati nonché la tutela giurisdizionale effettiva imposta dal diritto dell’Unione. Inoltre, la stessa CGUE rileva che «qualora il giudice del rinvio dovesse accogliere l’interpretazione dell’articolo 23 quater del decreto-legge n. 137/2020 proposta dai convenuti, ossia quella secondo cui soltanto il giudice amministrativo è competente ad annullare l’iscrizione di un ente nell’elenco ISTAT ed il giudice contabile può controllare unicamente la legittimità di tale iscrizione in maniera incidentale allorché statuisce sull’applicazione della normativa nazionale sul contenimento della spesa pubblica, non si potrebbe ritenere che tale disposizione leda il principio di effettività o che essa riveli un elemento da cui risulta che l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE sarebbe violato»[27]. «Infatti, in una simile ipotesi, esisterebbe un mezzo di ricorso giurisdizionale che permette di assicurare il controllo sulle misure adottate dall'ISTAT in applicazione del regolamento n. 549/2013 e della direttiva 2011/85»[28]. Con riguardo al rischio di un allungamento dei procedimenti, cui potrebbe condurre la configurabilità di una doppia giurisdizione speciale, rileva la CGUE che «gli enti iscritti nell’elenco ISTAT che intendono contestare la loro designazione quali amministrazioni pubbliche non sono tenuti a presentare due distinti ricorsi, vale a dire uno davanti al giudice amministrativo e un altro davanti alla Corte dei conti. Infatti, da un lato, essi potrebbero chiedere al giudice amministrativo l’annullamento erga omnes della decisione che li ha iscritti in quest’elenco. Dall’altro, dinanzi alla Corte dei conti, essi potrebbero contestare le conseguenze della loro iscrizione nell’elenco suddetto e ottenere, eventualmente, in maniera incidentale, la disapplicazione di tale iscrizione»[29]. La CGUE, infine, supera il problema relativo al possibile crearsi di una situazione di incertezza giuridica, in relazione all’eventuale formarsi di giudicati contrastanti sulla fondatezza dell’iscrizione di un ente nell’elenco ISTAT, rilevando che «la semplice possibilità che si verifichino simili divergenze non è sufficiente per concludere per l’esistenza di una violazione dell’articolo 19 TUE, letto alla luce dell’articolo 47 della Carta e del principio di effettività, purché un ente che contesti la decisione di qualificazione adottata nei suoi confronti possa limitarsi a proporre un unico ricorso per veder esaminata la propria domanda. Ciò non toglie che incombe all’ordinamento giuridico italiano prevedere le modalità concrete di esercizio dei mezzi di ricorso, in modo tale da non pregiudicare in maniera sproporzionata il diritto ad un ricorso effettivo sancito dall’articolo 47 della Carta»[30]. Inoltre, osserva la CGUE, «il fatto che il giudice competente – ossia, secondo i convenuti di cui ai procedimenti principali, il giudice amministrativo – non sia, come indicato da detto giudice del rinvio, quello designato dalla Costituzione della Repubblica italiana quale giudice competente in materia di bilancio è privo di rilevanza dal punto di vista del diritto dell’Unione»[31].
3. Brevi considerazioni sull’ammissibilità di una doppia giurisdizione speciale.
A fronte della posizione assunta dalla CGUE, per cui non sembrerebbe impossibile considerare l’art. 23 quater in esame compatibile con la normativa comunitaria, purchè siano garantiti il principio di effettività e dell’effetto utile, occorre verificare, muovendo dalla citata sentenza della Corte dei conti, se il sistema normativo interno consenta di configurare la giurisdizione amministrativa come una giurisdizione di carattere generale per quanto riguarda la tutela dell’interesse legittimo.
A questo riguardo, la Corte dei conti – esclusa la compatibilità dell’art. 23 quater del d. l. 137/2020 con il diritto Ue in forza della rimessione, da parte della CGUE, al giudice nazionale del riscontro dei limiti ostativi a tale compatibilità – osserva che per costante giurisprudenza, ai sensi degli artt. 100 e 103 Cost., la giurisdizione «generale» in materia di contabilità pubblica compete alla Corte dei conti. Inoltre, una giurisdizione generale del giudice amministrativo per l’annullamento degli atti sarebbe esclusa anche in ragione dell’«avvenuta codificazione della clausola generale dell’equilibrio di bilancio»[32] e della tutela del bilancio quale «bene pubblico» in senso giuridico, che comporterebbe costanti verifiche preventive e consuntive riservate alla Corte dei conti dall’art. 100 Cost.[33]. Tuttavia, tali rilievi della Corte dei conti non sembrano del tutto convincenti se si considera che già il previgente art. 1, co. 169 della legge del 24 dicembre 2012, n. 228 rimetteva al giudice amministrativo tutte le decisioni concernenti l’iscrizione di un ente nell’elenco ISTAT. Pare, pertanto, che la riserva di giurisdizione in favore della Corte dei conti ai sensi dell’art. 103, co. 2 Cost. – per cui «la Corte dei conti ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge» – non escluda una competenza generale e residuale del giudice amministrativa in materia di interessi legittimi, ma incontri il limite funzionale della interpositio del legislatore[34] contenuta nel codice di giustizia contabile[35]. Ai fini dell’attribuzione di una determinata competenza giurisdizionale alla Corte dei conti in materia di contabilità pubblica non pare sufficiente, quindi, il generale riferimento al concorso dell’elemento soggettivo, che attiene alla natura pubblica dell’ente e di quello oggettivo, che riflette la natura pubblica del denaro e del bene oggetto di gestione, rientrando, già secondo una risalente giurisprudenza, «nella discrezionalità del potere legislativo valutare se e quali siano le soluzioni più idonee alla salvaguardia dei pubblici interessi»[36]. Se, quindi, l’art. 103, co. 2 Cost. fosse inteso come una norma di garanzia conservativa della giurisdizione della Corte dei conti nelle materie di contabilità pubblica e, proprio in quanto norma sulla ripartizione della giurisdizione, non risultasse dotato di un’assoluta generalità, ma necessitasse di apposite specificazioni legislative[37], non sembra potersi escludere che il legislatore ordinario possa non solo ampliare le materie assegnate alla giurisdizione della Corte dei conti tanto nell’ambito delle «altre materie specificate dalla legge» quanto in quello delle «materie di contabilità pubblica»[38], ma anche restringere la potestas judicandi della medesima Corte, in forza di valutazioni discrezionali, anche di opportunità politica, che potrebbero condurre a ravvisare nel giudice contabile una minore idoneità all’esame di determinate controversie[39].
La configurabilità di una giurisdizione generale e residuale del giudice amministrativo laddove il cittadino si contrapponga all’esercizio del potere autoritativo dell’Amministrazione non sembra porsi in contrasto con la Costituzione anche se si considerano gli artt. 113, co. 3 e 103, co. 1 Cost. Infatti, una parte della dottrina ha rilevato come, da un lato, «il giudice ordinario, che pacificamente ha giurisdizione in materia civile e penale […] e che decide in materia di diritti soggettivi non abbia però una giurisdizione esclusiva in merito, perché la sua giurisdizione sul punto è limitata dalla possibilità prevista dall’art. 103, comma 1, Cost. sulla giurisdizione in tema di diritti soggettivi del Consiglio di Stato» e, dall’altro, come «il Consiglio di Stato […] ha giurisdizione a tutela di interessi legittimi, ma non ha una giurisdizione esclusiva sul punto, poiché il disposto di cui al terzo comma dell’art. 113 Cost., che consente che anche ad altri giudici sia attribuito il potere di annullamento dei provvedimenti amministrativi, dimostra come questi giudici, nella specie il giudice ordinario, abbiano una giurisdizione estesa agli interessi legittimi (se si trattasse di diritti soggettivi non vi sarebbe un problema di annullamento ma di riconoscimento di nullità)»[40].
Una rimessione al giudice amministrativo di una tutela generale degli interessi legittimi, inoltre, sembra essere confermata, oggi, dal legislatore ordinario che, con le modifiche apportate all’ 37c.p.c.[41] dalla riforma Cartabia, distinguendo il difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti del giudice amministrativo o degli altri giudici speciali e individuando, perciò, il giudice amministrativo come un giudice che ha una posizione particolare nell’ordinamento, che lo distingue dagli altri giudici speciali in genere[42], sembra individuare nello stesso il giudice naturale degli interessi legittimi[43], come il giudice ordinario è il giudice naturale dei diritti soggettivi. Questa distinzione tra il giudice amministrativo e gli altri giudici speciali è ripresa dal legislatore anche all’art. 362 co. 1 c.p.c., che definisce gli altri casi di ricorso in Cassazione[44]. Sulla possibilità di considerare la giurisdizione amministrativa sullo stesso “piano” di quella ordinaria, una parte della dottrina ha evidenziato anche il richiamo operato dal c.p.c. ai principi di chiarezza, specificità e sinteticità degli atti, propri del codice del processo amministrativo[45] e applicabili, dopo la riforma Cartabia, anche nel processo civile. Anche l’art. 7 c.p.a., infine, devolvendo alla giurisdizione amministrativa «le controversie nelle quali si faccia questione di interessi legittimi […] concernenti l’esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo» pare attribuire rilievo, ai fini della configurabilità della giurisdizione amministrativa, non all’avvenuto esercizio del potere attraverso l’emanazione di un provvedimento imperativo suscettibile di incidere unilateralmente nella sfera giuridica del destinatario dell’atto, ma all’avvio di un procedimento amministrativo, in cui il privato si contrappone all’“esercizio” del potere autoritativo dell’Amministrazione[46]. La predisposizione annuale dell’elenco Istat delle Amministrazioni pubbliche, pertanto, non essendo un atto assunto dall’Amministrazione iure privatorum, rientrerebbe nella giurisdizione generale del giudice amministrativo[47].
4. Conclusioni.
Alla luce delle considerazioni esposte, con riguardo alla possibilità di configurare una doppia giurisdizione speciale all’interno del sistema, se si ammettesse una cognizione giurisdizionale del giudice amministrativo in materia di ricognizione delle Amministrazioni pubbliche, potrebbe ritenersi che l’art. 23 quater in esame abbia inciso sul titolo legittimante il giudizio dinnanzi alla Corte dei conti ai fini della configurabilità della sua giurisdizione. Non è infrequente, infatti, che il legislatore devolva alla giurisdizione dell’uno o dell’altro giudice una stessa materia a seconda del titolo fatto valere in giudizio, identificabile con la causa petendi, per cui la giurisdizione è determinata sulla base dei fatti allegati da chi propone l’atto introduttivo e dalla intrinseca natura della posizione giuridica che in base ad essi viene fatta valere[48]. Si pensi, ad esempio, alla materia delle pensioni dei militari, in cui «la giurisdizione esclusiva della Corte dei conti […] è limitata solo a quanto concerne con immediatezza, anche nella misura, il sorgere, il modificarsi e l’estinguersi totale o parziale del diritto alla pensione in senso stretto, restando esclusa da tale competenza ogni questione connessa con il rapporto di pubblico impiego, quale la determinazione della base pensionabile e dei relativi contributi da versare, sulla quale, invece, la giurisdizione è del giudice amministrativo» (Cons. Stato Sez. VI, 30-04-2002, n. 2323)[49]. Se, quindi, si ritenesse che l’art. 23 quater in esame, imponendo alla Corte dei conti di decidere solo con riguardo all’applicazione della normativa interna sulla spending review, abbia ristretto la materia della giurisdizione esclusiva della Corte dei conti, la disapplicazione, nel caso di specie, sarebbe pronunciata da un giudice privo di giurisdizione.
[1] Corte dei conti, Sez. riunite, 19 ottobre 2023, n. 17, sub 1. In particolare: «Con il primo motivo di ricorso, (I) è stata denunciata la violazione della l. n. 241/1990 sul procedimento amministrativo (vizio formale). ISTAT, infatti, secondo la tesi della società ricorrente, agirebbe in base all’inopinata tesi di non ritenersi obbligata ad osservare le regole del giusto procedimento, in virtù della natura vincolata del provvedimento autoritativo. Tale tesi ha l’effetto di costringere la società ad attivare necessariamente la propria difesa direttamente in sede giurisdizionale, con danno alle proprie ragioni» (sub 3.1.). «Dal punto di vista sostanziale, il ricorrente ha negato la sussistenza dei requisiti per essere qualificata “amministrazione pubblica” ai sensi del SEC 2010. In particolare, ha contestato (II) la sussistenza di un “controllo pubblico” (secondo motivo di ricorso), atteso che nessuna delle partecipazioni ascrivibile a soggetti pubblici, da sola, garantisce il controllo della maggioranza dei voti. In merito, ISTAT non avrebbe in alcun modo dimostrato l’esistenza di un formale vincolo (di legge o fondato su atti negoziali) tramite cui le varie amministrazioni pubbliche si coordinano per esercitare un controllo unitario» (sub 3.2.). «Infine, (III) (terzo motivo di ricorso), A22 ha negato di operare fuori mercato, quale soggetto la cui attività è prevalentemente “non destinabile alla vendita”. Il punto centrale di tale difesa riguarda la tesi della qualificabilità della tariffa autostradale alla stregua di un corrispettivo, avente le caratteristiche di un “prezzo economicamente non significativo” ai sensi del SEC 2010. Infatti, il carattere regolamentato di un prezzo, secondo il SEC (§§3.19 e 20.19) non escluderebbe il carattere economicamente significativo dello stesso» (sub 3.3.).
[2] Testualmente Corte dei conti, cit., sub 4.
[3] Corte dei conti, cit.: «Secondo la difesa di ISTAT e MEF […] la sentenza non avrebbe negato, ma confermato, la separazione tra due ambiti normativi, quello privatistico (ovvero degli effetti sui poteri gestionali dei soggetti inclusi nell’elenco ISTAT, mediante la distinzione tra enti pubblici e privati) e quello pubblicistico-europeo (concernente la delimitazione della finanza pubblica). Seguendo questa impostazione, il legislatore interno non si è posto in contrasto con il diritto Ue, poiché la “mappatura della finanza pubblica”, come correttamente riconosciuto dalla Corte di giustizia, può essere verificata dal giudice amministrativo, mentre i risvolti contabili (ex art. 103 Cost.) restano attribuiti alla cognizione della Corte dei conti» (sub 15-15.1).
[4] Testualmente Corte dei conti, cit., sub 12.2
[5] La difesa della parte ricorrente, in altri termini, esclude la possibilità per il giudice o, comunque, per l’interprete di «desume[re] criteri di attribuzione della giurisdizione alternativi o opposti a quelli che il legislatore stesso ha espressamente indicato»[5] in forza della «tassatività» delle norme sulla giurisdizione, che «risulta ancora più rigoroso in materia di bilancio, dove vige, in virtù del combinato degli artt. 81, co. 6, Cost. e 5, co. 1, lett. a) l. cost. n. 1/2012, una riserva formale e assoluta in materia di controlli sull’andamento della finanza pubblica» (Corte dei conti, cit., sub 40).
[6] Corte dei conti, cit., sub 3.2.
[7] Corte dei conti, cit., sub 3.3 La Corte dei conti, con riguardo al principio dell’effetto utile, afferma che «l’obbligo di disapplicazione, infatti, è direttamente connesso a tale principio (C. cost. sent. n. 67/2022, punto 10.2 in diritto; Corte di giustizia, sentenza 22 febbraio 2022, RS, C-430/21, RS, punto 88, ECLI:EU:C:2020:99), costituendo una garanzia e una forma di tutela obbligatoria a disposizione di ciascun giudice nazionale che deve applicare il diritto Ue» (sub 3.3).
[8] Sul rilievo dei principi generali di diritto comunitario v. D. DE PRETIS, I principi del diritto amministrativo europeo, in M. RENNA – F. SAITTA (a cura di), Studi sui principi del diritto amministrativo, Milano, 2012, 41-59.
[9] Testualmente Corte dei conti, Sez. riunite, 19 ottobre 2023, n. 17 (sub 4).
[10] Rileva la CGUE, Sez. I, 13 luglio 2023, Ferrovienord e Federazione Italiana Triathon, C-363/21 e 364/21, EU: C: 2023: 563: «[…] qualora il giudice del rinvio dovesse accogliere l’interpretazione dell’articolo 23 quater del decreto-legge n. 137/2020 propugnata dai convenuti di cui ai procedimenti principali nonché, all’udienza, dal governo italiano, ossia quella secondo cui soltanto il giudice amministrativo è competente ad annullare l’iscrizione di un ente nell’elenco ISTAT ed il giudice contabile può controllare unicamente la legittimità di tale iscrizione in maniera incidentale allorché statuisce sull’applicazione della normativa nazionale sul contenimento della spesa pubblica, non si potrebbe ritenere che tale disposizione leda il principio di effettività o che essa riveli un elemento da cui risulta che l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE sarebbe violato” (sub 95). «Infatti, in una simile ipotesi, esisterebbe un mezzo di ricorso giurisdizionale che permette di assicurare il controllo sulle misure adottate dall’ISTAT in applicazione del regolamento n. 549/2013 e della direttiva 2011/85» (sub 96).
[11] CGUE, cit., sub 60
[12] CGUE, cit., sub 61
[13] CGUE, cit., sub 61
[14] CGUE, cit., sub 62
[15] CGUE, cit., sub 63
[16] CGUE, cit., sub 70
[17] La direttiva 2011/85, infatti, all’art. 1 enuncia le regole relative ai quadri di bilancio degli Stati membri, necessarie «per garantire il rispetto, da parte degli Stati membri, degli obblighi che incombono loro in virtù del Trattato FUE per quanto riguarda l’esigenza di evitare disavanzi pubblici eccessivi» (CGUE, cit., sub 71).
[18] CGUE, cit., sub 77
[19] CGUE, cit., sub 83
[20] CGUE, cit., sub 91
[21] CGUE, cit., sub 92
[22] Corte dei conti, cit., sub 26
[23] Corte dei conti, cit., sub 26
[24] Corte dei conti, cit., sub 26.1; 26.2
[25] Corte dei conti, cit., sub 26.3
[26] Cfr CGUE, cit., sub 94
[27] CGUE, cit., sub 95
[28] CGUE, cit., sub 96
[29] CGUE, cit., sub 97
[30] CGUE, cit., sub 98
[31] CGUE, cit., sub 99
[32] Corte dei conti, cit., sub 36.1
[33] Corte dei conti, cit., sub 36.1
[34] Dig. disc. pubbl., «giurisdizioni amministrative speciali» (voce) 494 Cfr. O. SEPE, ult. op. cit., 97. L’Autore prosegue: «L’elaborazione giurisprudenziale […] e le stesse pronunce sia della Corte costituzionale (sentenza 3 giugno 1966, n. 55) sia della Cassazione (Sez. riunite, 20 luglio 1968, n. 2616) hanno portato a chiarire che la Costituzione ha voluto una giurisdizione di contabilità caratterizzata da un ambito di materie, cioè una giurisdizione generale contabile che, essendo di diritto oggettivo, “è disegnata dalle materie di contabilità pubblica, ma che, in quanto generale, è automaticamente espansibile per ciò che attiene a dette materie, mentre lo è in guisa subordinata alla volontà legislativa per quelle altre specificate dalla legge, vale a dire per quelle altre materie per le quali solo si potrebbe porre il problema della natura derogatoria della giurisdizione della Corte rispetto alle giurisdizioni generali”» (11).
[35] Rileva C.E. GALLO, Considerazioni a prima lettura circa le ricadute della riforma Cartabia sul processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 3/2023, 450: «Per quanto concerne la Corte dei conti, la Corte costituzionale in passato ha sempre escluso che alla medesima sia attribuita una giurisdizione esclusiva in materia di contabilità pubblica, ritenendo che occorresse in ogni caso una interpositio legislatoris: oggi l’interpositio c'è, ed è contenuta nel codice di giustizia contabile, ma è pur vero che vi sono una serie di ambiti nei quali la responsabilità di soggetti legati alla pubblica amministrazione in modo variegato è attribuita al giudice ordinario»
[36] Dig., cit., 494. Si rileva, a questo riguardo, che «l’assenza di determinazione dei limiti concernenti la “tendenziale generalità” della giurisdizione della Corte dei conti ai sensi dell’art. 103, 2° co. Cost., inducono la giurisprudenza costituzionale ad un atteggiamento restrittivo, espresso in C. Cost., n. 641/1987, la quale, riannodando le fila dell’interpretazione giurisprudenziale sulla norma dell’art. 103, 2° co. Cost., afferma: a) la materia della contabilità pubblica non è definibile oggettivamente, ma occorrono apposite qualificazioni legislative e puntuali specificazioni non solo rispetto all’oggetto, ma anche rispetto ai soggetti; b) la giurisdizione della Corte dei conti nelle materie di contabilità pubblica è solo tendenzialmente generale e pertanto sono possibili deroghe con apposite determinazioni legislative, specialmente nella materia della responsabilità amministrativa non di gestione; c) la cognizione delle cause attinenti alla responsabilità patrimoniale per danni cagionati ad enti pubblici da pubblici funzionari involge questioni relative a diritti soggettivi, per i quali, in assenza di apposite disposizioni derogatorie, anche di rango costituzionale, sarebbe competente il giudice ordinario; la riserva di giurisdizione spettante alla Corte dei conti ai sensi dell’art. 103, 2° co. Cost., incontra il limite funzionale della interpositio del legislatore, cui spetta, nei limiti ad esso imposti dalle norme costituzionali sulla ripartizione della giurisdizione, fra le quali rientra l’art. 103, 2° co. Cost., la determinazione della sfera di giurisdizione dei giudici (ordinario, amministrativo, contabile, militare ecc…)» (494)
[37] Dig., ibidem
[38] O. SEPE, La giurisdizione contabile, in G. SANTANIELLO (a cura di), Trattato di diritto amministrativo, Padova, 1989, 36: «La seconda parte del precetto contiene un rinvio alle leggi ordinarie vigenti e future; la prima parte copre con l’usbergo della costituzionalità le materie di contabilità pubblica. In effetti la Corte costituzionale ha più volte affermato che l’art. 103, nel riservare alla giurisdizione della Corte dei conti le materie di contabilità pubblica, ha recepito la nozione tradizionalmente accolta dalla legislazione vigente e dalla giurisprudenza, comprensiva dei giudizi di conto e di quelli di responsabilità; sotto l’aspetto soggettivo ne ha allargato l’ambito oltre quello, cui aveva originario riferimento, di amministrazione diretta dello Stato. Tale sarebbe il significato e il contenuto dell’aggettivo pubblico, com’è confermato dallo stesso uso fattone in altre disposizioni della Costituzione (ad es. art. 54, 2° comma; artt. 97 e 98). La giurisprudenza della Corte costituzionale nelle dette materie, per le quali occorrono “apposite qualificazioni legislative e puntuali specificazioni non solo rispetto all’oggetto ma anche rispetto ai soggetti” è solo tendenzialmente generale. sono possibili deroghe alla giurisdizione ordinaria solo con apposite disposizioni legislative, specie nella materia della responsabilità amministrativa non di gestione». Cfr. T.A.R. Lazio sez. III - Roma, 09 gennaio 2017, n. 246, sub 4.
[39] Testualmente O. SEPE, La giurisdizione, cit., 98.
[40] C. E. GALLO, Considerazioni, cit., 450
[41] Art. 37, co. 1, secondo periodo: «Il difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti del giudice amministrativo o dei giudici speciali è rilevato anche d’ufficio nel giudizio di primo grado».
[42] Testualmente C. E. GALLO, ult. op. cit., 449
[43] Cfr. M. NIGRO, Giustizia amministrativa, III, Bologna, 1983. L’Autore, distinguendo tra «giurisdizione amministrativa ordinaria e giurisdizioni amministrative speciali» (162) e ravvisando nei giudici amministrativi i “giudici ordinari del contenzioso amministrativo» (162) e nella Corte dei conti «la più importante delle giurisdizioni speciali […] alla quale la Costituzione riconosce competenza “nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge” (art. 103 II c.)» (164) osserva: «Le giurisdizioni amministrative speciali sono quelle costituite per somministrare giustizia in particolari materie: esse si debbono considerare speciali rispetto al giudice dei diritti (tribunali ordinari) se, o per la parte in cui, conoscono di diritti, o rispetto al giudice degli interessi (Consiglio di Stato e Tribunali amministrativi) se, o per la parte in cui, conoscano di interessi legittimi, il che comporta che là dove si arresta la loro competenza riprende vigore rispettivamente quella dei tribunali ordinari o quella dei tribunali amministrativi» (164).
[44] Testualmente C. E. GALLO, ult. op. cit., 449. Sulla riforma Cartabia v. F. DE STEFANO, La riforma del processo civile in Cassazione. Note a prima lettura, in www.giustiziainsieme.it
[45] GALLO, ult. op. cit., 449
[46] Cfr. Corte cost., 6 luglio 2004, n. 204. Lo stesso art. 7 c.p.a. devolve alla giurisdizione amministrativa «[…] le controversie, nelle quali si faccia questione di interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, di diritti soggettivi, concernenti l’esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo […]».
[47] Cfr. T.A.R. Lazio sez. III – Roma (sub 3). Cfr. Dig., cit., 492
[48] Cons. Stato, Sez. VI, 9 ottobre 2020, n. 6022; Cons. Stato, Sez. VI, 11 luglio 2017, n. 3418; Cons. Stato, Sez. IV, 14 gennaio 2016, n. 81; T.A.R. Lazio, Sez. III – Roma, 21 febbraio 2023, n. 2935; T.A.R. Campania, Sez. V – Napoli, 20 febbraio 2020, n. 811; T.A.R. Emilia Romagna, Sez. I – Parma, 7 dicembre 2017, n. 395; T.A.R. Campania, Sez. V – Napoli, 4 dicembre 2017, n. 5720; T.A.R. Lazio, Sez. I – Roma, 13 ottobre 2016, n. 10239; T.A.R. Lombardia, Sez. III – Milano, 7 gennaio 2015, n. 4; T.A.R. Campania, Sez. V – Napoli, 7 maggio 2015, n. 2538; T.A.R. Piemonte, Sez. I – Torino, 6 marzo, 2015, n. 431; T.A.R. Campania, Sez. V – Napoli, 2 dicembre 2014, 6300.
[49] TAR Abruzzo, Sez. I – L’Aquila, 23 giugno 2022, n. 273, sub 2.1.