Sommario: 1. Introduzione: la novità della sentenza - 2. La valutazione della rarità nei due gradi del giudizio - 3. Osservazioni sul sindacato e sui punti di novità - 4. Il sindacato di legittimità e la sua estensione - 5. Il problema della sostituzione.
1. Introduzione: la novità della sentenza.
La sentenza in esame riguarda la discrezionalità tecnica in materia di beni culturali, nel caso di un’autorizzazione alla libera circolazione del bene. È interessante perché entra nel vivo della valutazione tecnica, la rarità di un dipinto di Morandi. Il Consiglio di Stato valuta la rarità con il criterio della “specifica” e maggiore attendibilità scientifica. Si inscrive così in quell’orientamento recente, che mette l’accento sulla attendibilità prevalente.
La sentenza è interessante anche per un altro aspetto: considera non solo la parte del fatto ma anche quella del diritto. In “linea di diritto”, dice la sentenza, l’interesse culturale è nella norma giuridica, nell’art. 68 del Codice dei beni culturali, e la sua “importanza” è nella considerazione della norma stessa.
Infine, la sentenza ridefinisce i criteri del sindacato sulla discrezionalità tecnica. Viene fuori così il problema del limite e della sostituzione nel merito; su questo punto la sentenza individua un limite inedito, tentando la risoluzione dello storico problema.
Si delinea così una sentenza che offre una gamma di principi. E, riteniamo, qualcosa di diverso nel modo di sentire e di rappresentare il sindacato di legittimità sulla discrezionalità tecnica[1]. Questo modo, in fondo, riflette l’idea stessa della giurisdizione e dei suoi limiti. Corrisponde a un grande e noto dibattito, anche nella dottrina contemporanea, specie per un suo profilo, l’alternativa tra sindacato debole e sindacato forte, quando vi sia un concetto giuridico indeterminato. Conviene dunque studiare il caso, che già fa emergere tutto il problema. Infine, si potrà fare un’osservazione sull’idea di legittimità, quando in essa entri un concetto, e un interesse, indeterminato.
2. La valutazione della rarità nei due gradi di giudizio
Si tratta dell’opera Fiori, di Giorgio Morandi, dipinto a olio del 1943, proveniente dalla collezione Plaza di Caracas e poi giunto a Milano e appartenente a un soggetto privato. Il proprietario chiede l’autorizzazione alla libera circolazione del bene e il Ministero adotta un provvedimento di diniego. TAR Lombardia, sez. III, Milano, 20 aprile 2022 n. 880 annulla il diniego, mentre la sentenza in esame accoglie l’appello dell’amministrazione e conferma la legittimità del diniego.
Tutto il punto è sul giudizio di valore: l’interesse culturale e la sua importanza. Nella valutazione tecnica, l’importanza si traduce in rarità e qualità dell’opera.
Nel particolare, il provvedimento nega l’autorizzazione alla circolazione ai sensi dell’art. 68 del decr. lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, che rinvia ad un decreto ministeriale. La norma dell’art. 68 prevede che l’amministrazione possa autorizzare o negare la libera circolazione “con motivato giudizio”, accertando “se le cose presentate, in relazione alla loro natura o al contesto storico-culturale di cui fanno parte, presentano interesse artistico … a termini dell'articolo 10. Nel compiere tale valutazione gli uffici di esportazione si attengono a indirizzi di carattere generale stabiliti con decreto del Ministro”.
Gli indirizzi sono adottati con D.M. 6 dicembre 2017, n. 537, “Indirizzi di carattere generale per la valutazione del rilascio o del rifiuto dell'attestato di libera circolazione da parte degli uffici esportazione delle cose di interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico”.
Il decreto ministeriale enuncia sei criteri di valutazione, che permettono di desumere “l’importanza” dell’interesse culturale. In questo caso, l’Ufficio dei beni culturali ne utilizza quattro:
1. qualità artistica dell'opera;
2. rarità in senso qualitativo e/o quantitativo
3. rilevanza della rappresentazione;
4. testimonianza particolarmente significativa per la storia del collezionismo.
Di conseguenza, l’Amministrazione ritiene che Fiori del 1943 sia un’opera rara, di rilevante rappresentazione, una testimonianza significativa per la storia del collezionismo. Per questi motivi adotta il diniego.
Il Tar annulla il diniego per vizio della motivazione. Ritiene la motivazione inadeguata, perché mostra una decisione che non ha osservato il criterio della rarità, in senso qualitativo e in senso quantitativo.
È dimostrato dal ricorrente, dice la sentenza, che Morandi ha dipinto i Fiori più volte e che vi sono “moltissimi dipinti simili”, in collezioni pubbliche o in contesti privati vincolati; precisamente: “Rose (Fiori), 1917, Collezione Gianni Mattioli e ora in presso la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia; Fiori, 1918, conservato alla Pinacoteca di Brera a Milano e lascito di Vitali; Fiori 1924, Fiori 1950 e Fiori 1958, presso il Museo di Bologna; Rose secche (Fiori), 1940, Fiori 1941 e Fiori 1952, conservati presso la Casa Museo Boschi di Stefano a Milano; Fiori 1940, Fiori 1943, Vaso di fiori 1947, Fiori (Vaso di fiori) 1950 e Fiori (Vaso di fiori) 1951, mantenuti presso la Fondazione di studi di storia dell’arte Roberto Longhi a Firenze; Fiori 1952 esposto al MART - Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto; Fiori 1946 e Fiori 1957, parte della Collezione Enos e Alberto Ferri, in deposito in comodato Gratuito al Museo di Bologna; Fiori 1954 della Collezione Cerruti di Torino; Fiori 1940 e Fiori 1962 conservati presso il Museo d’Arte Moderna Mario Rimoldi a Cortina d’Ampezzo” .
Esistono, dunque, “quasi venti opere, tutte col medesimo soggetto, conservate in pubbliche collezioni, di cui sette con datazione simile a quella per cui è causa”.
Dunque, secondo il Tar, non è dimostrata la rarità del dipinto. Non c’è, in particolare, quella “rilevanza” o “diversità” del dipinto in esame rispetto alle restanti opere similari già tutelate, come invero richiesto negli indirizzi ministeriali”. D’altro canto, secondo il Tar, la motivazione del diniego enfatizza altri aspetti: la circostanza che si tratti di “fiori naturali anziché secchi”, la presenza dei Topinambur nella composizione del vaso, la firma dell’autore e la data 1943; ma questi elementi, per il Tar, non denotano alcuna rarità o “diversità”; al più, potrebbero denotare la qualità artistica dell’opera”, cioè soddisfare il primo criterio (l’elemento n. 1 dei criteri del D.M. citato), ma, conclude il Tar, per disposizione del decreto ministeriale, la qualità non può mai essere l’unico criterio di prevalenza e quindi anche in questo caso la valutazione sarebbe illegittima.
In appello questa valutazione si rovescia. Per il Consiglio di Stato, la premessa è in “linea di diritto: la dichiarazione dell’interesse culturale «accerta la sussistenza, nella cosa che ne forma oggetto» dell’«interesse particolarmente importante» (combinato disposto degli articoli 10, comma 3, lett. a) e art. 68 del Codice)”.
L’importanza dell’interesse, dunque, si desume dal decreto ministeriale e dai suoi criteri, ma cambia la lettura. Mentre il Tar riteneva che quei criteri non siano osservati, perché le quasi venti opere sui Fiori possono dimostrare che non c’è rarità qualitativa del dipinto, secondo il Consiglio di Stato questo giudizio è in contrasto con i “limiti del sindacato” di legittimità e con le “risultanze degli atti”.
La sentenza del Consiglio di Stato ribadisce che il caso è in tema di “discrezionalità tecnico-valutativa” e richiama le note distinzioni con la discrezionalità amministrativa[2].
Nel caso in esame, dice il Consiglio di Stato, “l’interesse culturale dell’opera viene preso in considerazione dalla norma attributiva del potere non nella dimensione oggettiva di fatto storico, accertabile in via diretta dal giudice, bensì di fatto <<mediato>> affidato alla valutazione dell’Amministrazione. Ne consegue che il giudice non è chiamato, sempre e comunque, a sostituire la sua decisione a quella dell’Amministrazione”. (4.2).
Il giudice deve di regola verificare se “l’opzione prescelta dall’amministrazione rientri nella gamma delle risposte plausibili e convincenti alla luce delle scienze. È possibile, dunque, che l’interessato possa “contestare il nucleo intimo dell’apprezzamento complesso”, ma ha “l’onere di dimostrare che il giudizio di valore espresso dall’Amministrazione sia scientificamente inaccettabile” (4.3).
Infine, per la prova, quando si confrontano “opinioni divergenti, tutte parimenti argomentabili”, il giudice deve dare “prevalenza alla posizione espressa dall’organo istituzionalmente investito (dalle fonti del diritto e, quindi, nelle forme democratiche) della competenza ad adottare decisione collettive, rispetto alla posizione <<individuale>> dell’interessato”.
La Sezione applica dunque questi principi al caso di specie (par. 5). Così, i motivi accolti dal Tar, i motivi di non rarità, si “scontrano con la sola opinabilità delle valutazioni ministeriali e non possono dirsi scientificamente inaccettabili”. Sono “diverse valutazioni di merito” e quelle ministeriali non sembrano meno pregevoli, anzi.
La sentenza passa così alla valutazione specifica della rarità (par. 6). Ritiene che la relazione storico-artistica, assunta a motivazione del provvedimento impugnato, spieghi e dimostri la rarità. Nel particolare, “Morandi, 1943”, è indicazione di un momento storico particolare e rivela il fatto inedito che l’Autore intendeva reagire alle brutture della guerra con un’espressione originale, non ripetitiva delle altre nature morte sui i fiori secchi, ma con una creazione diversa, ritraendo i Topinambur, fiori rari in botanica. Così si dimostra la rarità dell’opera e, quindi, la sua importanza storica e stilistica.
3. Osservazioni sul sindacato e sui punti di novità
Si svolgono alcune osservazioni su questo tipo di sindacato, per punti.
a. La questione della rarità costituisce il nucleo interno dell’apprezzamento, è la valutazione stessa. Resta il velo della discrezionalità tecnica, richiamata nel testo della sentenza, ma l’essenziale è che il sindacato verifica la valutazione nella sua attendibilità scientifica. Si concentra su precisi elementi: la rarità, la data del 1943, i Topinambur, inediti in botanica e nella produzione di Morandi, dunque, non la ripetizione ma il modo diverso e infinito di vedere la stessa cosa, i Fiori, con un diverso metodo stilistico; tutti motivi che designano la rarità qualitativa, e, per giunta, la differenza tra rarità qualitativa e qualità. Insomma, una diversa espressione artistica del Morandi del 1943, da cui un’attendibilità che è “specifica” e maggiore. Prevale.
In tutti i punti visti sopra, si delinea un sindacato che verte sul merito della valutazione tecnica. È un sindacato forte. Apre due problemi, la prova e la sostituzione.
b. È forte, questo sindacato, anche nella distribuzione della prova: esige che la inattendibilità scientifica della opinione dell’amministrazione sia dimostrata dal ricorrente, con una attendibilità maggiore e prevalente; e, in mancanza, davanti a opinioni parimenti argomentabili, presume che l’attendibilità che prevale sia quella dell’amministrazione. Questo perché, secondo la sentenza, l’amministrazione è il soggetto “istituzionale”, chiamato dall’ordinamento, “in forme democratiche”, a esprimere la valutazione [3].
c. Infine, il sindacato di legittimità. Nella sentenza si dice che il giudizio riguarda il presupposto del potere, per come è rappresentato nella norma attributiva del potere, ovvero l’interesse culturale e la sua importanza. La sua valutazione è alla stregua dell’art. 68 del Codice e del decreto ministeriale.
Il che è dire che l’interesse e la sua importanza, il grado più o il grado meno del merito, come direbbe Cammeo, sono entrati nella legge. Il merito vi entra sotto forma di importanza dell’interesse.
In questo caso, il passaggio è agevole perché la stessa norma dell’art. 68 prevede “l’importanza” dell’interesse e rimanda il suo apprezzamento a un decreto ministeriale. Ma, oltre questo caso – la sentenza parla di un Codice di “settore”- vi può essere un principio?
Non a caso, nella parte in diritto la motivazione della sentenza esordisce stabilendo che l‘importanza dell’interesse è anzitutto in “linea di diritto”, nella premessa maggiore, nella considerazione della norma. Senz’altro si può dire, rispettando la logica della sentenza, che la considerazione dell’interesse non è solo nel merito amministrativo.
4. Il sindacato di legittimità e la sua estensione
Questa apertura della sentenza fa sentire che nel sindacato di legittimità sulla discrezionalità tecnica vi sia la prospettiva dell’interesse e del suo valore. Sembra la zona meno esplorata e più interessante. Si svolgono qui alcune osservazioni, che riflettono il pensiero di scrive e l’intento di dare alcuni spunti.
Come indicato dalla sentenza, il punto di partenza è il diritto e non solo il fatto complesso. Da tempo, si va considerando l’estensione del sindacato al fatto complesso, nel senso che la valutazione tecnica sul fatto è ritenuta parte integrante del fatto stesso. Ma, per la sentenza, prima viene il diritto e poi il fatto complesso. È un’inversione di metodo notevole, che rievoca, così sembra al lettore, quel passo della sentenza Baccarini, quando la tecnica è inserita nella struttura della norma giuridica… [4]
Qui si potrebbe determinare l’estensione del sindacato, e anche il suo limite.
Intanto, in estensione, si può fare un’osservazione in più: se l’interesse entra “dentro la struttura della norma giuridica”, la conseguenza non è marginale e, aggiungiamo, non è solo nell’art. 68. Difatti, l’interesse è anche in tutte le altre norme attributive del potere amministrativo, e, in generale, è nel principio stesso di legittimità amministrativa, se si rilegge l’art. 1 della legge n. 241 del 1990 come principio che impone di perseguire i “fini determinati dalla legge”. È una legittimità funzionale e finalistica[5].
Per completare, sul lato del diritto, si osserva che l’amministrazione contemporanea, che è amministrazione della scienza e della tecnica, non vive isolata e ha un suo ordinamento, che resta ordinamento giuridico, a partire dal principio di legittimità funzionale e a finire nelle norme tecniche e nelle norme interne[6].
Una risposta- e un passo avanti- può dunque venire dalla legittimità funzionale. Il passo avanti è già visibile nel caso in esame, nel metodo di giudizio messo in pratica: come detto dal giudice, “l’importanza dell’interesse” è anzitutto nella legge, nella stessa norma dell’art. 68 del codice dei beni culturali, anche se, in questo caso, la volontà della norma non predetermina un assetto degli interessi e lo affida all’amministrazione. Eppure, qui il giudice non si ritrae e fa un passo in più rispetto agli orientamenti precedenti[7]. Questi orientamenti poggiavano la soluzione su una distinzione teorica che ha due ipotesi opposte: la norma assume il concetto indeterminato, ma impone un assetto preferenziale degli interessi e quindi il sindacato è possibile; la norma lascia il concetto indeterminato e non delinea un assetto preferenziale e quindi, almeno per una parte della dottrina, che riprende una parte della giurisprudenza, il sindacato non è possibile, perché equivarrebbe a sostituzione nel merito[8].
Sul piano della teoria delle norme, si tratterebbe di una “rarefazione deduttiva”[9], o, meglio, di una “potenza espressiva delle norme” non ben sviluppata e forse troppo debole[10]; dunque, in teoria, davanti al concetto giuridico che lasci indeterminato l’interesse prevalente, il sindacato forte o si ferma o va avanti, ma qui si espone ai pericoli della sostituzione nel merito.
Nella sentenza in esame il giudice non si ferma, svolge il sindacato di legittimità, pur se in questo caso il concetto giuridico, l’interesse, resta indeterminato.
Si tratta, a parere di chi scrive, di un progresso del sindacato di legittimità e della tutela giurisdizionale. Potrebbe riflettere non solo la norma dell’art. 68, ma il carattere funzionale della legittimità stessa, ove si ritenga che l’interesse e il suo valore siano insiti nella legittimità cui la tecnica soggiace, secondo la teoria autorevole di Ledda[11], che forse ha ispirato la sentenza Baccarini e gran parte della dottrina contemporanea[12], e che, aggiungiamo, si riflette oggi nell’art. 1 della legge n. 241 del 1990 e nel principio di legittimità funzionale.
5. Il problema della sostituzione
A questo punto, in un sindacato che tende a estendersi al merito della valutazione tecnica, che ne è del limite e della sostituzione, nel punto specifico, e inedito, affrontato dalla sentenza?
Su questo punto, per una sensazione di chi legge la sentenza, la preoccupazione del limite si vede nel seguente passo della motivazione (par. 4.1): “Sebbene sia stata oramai definitivamente accantonata l’opinione tradizionale che escludeva si potesse riconnettere alla sentenza del giudice amministrativo l’effetto di imporre una disciplina del rapporto tra amministrazione e cittadino “sostitutiva” della disciplina dettata dall’atto annullato, resta il fatto che non sempre il contenuto ordinatorio della sentenza di accoglimento consente una definizione della fattispecie”.
Dunque, resta il limite del merito amministrativo e della sostituzione, ma si apre una possibilità di “definizione” della fattispecie. Pone un interrogativo: non è forse vero che, in fondo, il Consiglio di Stato entra nel giudizio di valore della rarità, come aveva fatto il Tar, solo che rovescia la questione e ritiene che gli indici di valore denotino rarità e che l’amministrazione abbia ragionato bene?
Il che serve a porre il vero interrogativo di fondo: un sindacato forte è possibile – e non viola il limite- solo nel caso in cui l’appello confermi la legittimità del provvedimento amministrativo, come in questo caso, o il sindacato forte è possibile anche nel caso inverso, in cui l’appello annulli il provvedimento ammnistrativo, sostituendo il suo giudizio, e il suo motivo giuridico, a quello dell’amministrazione? E questo è possibile quando il concetto sia indeterminato al punto che la norma non detta un assetto preferenziale, un interesse prevalente?
La risposta resta aperta. Seguendo e sviluppando la soluzione della sentenza, in teoria, si può dire che nel primo caso, in cui vi è conferma della legittimità del provvedimento amministrativo e conferma che l’amministrazione è attendibile, il sindacato può essere forte[13] e, invece, nel secondo caso, illegittimità del provvedimento e amministrazione inattendibile, il problema resta aperto. Dipende molto dal concetto indeterminato, se lasci o meno trasparire un interesse prevalente, come visto sopra; e dipende dal giudice stesso, perché, è chiaro, il rischio è che nel secondo caso la valutazione la faccia il giudice. Quindi, aggiungendo qualcosa al dictum della sentenza, la soluzione, almeno per una parte della dottrina, potrebbe essere quella di mantenere, nel solo caso della illegittimità- inattendibilità, un sindacato senza indicazioni, senza soluzioni finali[14].
In definitiva, senza prendere una posizione, nel caso del concetto indeterminato, si delinea un sindacato double face, ora forte e ora debole, a seconda della legittimità o della illegittimità del provvedimento amministrativo, e a seconda del concetto d’interesse insito nella norma, determinato o indeterminato. Nella sentenza, in questo secondo caso, il sindacato di legittimità è possibile.
Quella della sentenza è dunque una risposta coraggiosa e pragmatica[15]. Tutta la soluzione, così definita, si può esporre alle note obiezioni teoriche che la dottrina solleva, e, solo per accennare alle difficoltà maggiori, ricordiamo la gamma dei problemi: resta il problema del giudicato debole dopo l’annullamento[16]; il sindacato debole sulla inattendibilità, sotto il velo ineccepibile del suo aspetto logico-formale, può nascondere gravi errori di valutazione tecnica[17]; infine, il limite dà adito al problema, più ampio, della giustizia negata[18]. Problemi, questi, di ordinamento, visibili nel noto triangolo che si forma tra legge, giudice e amministrazione, immagine di una relazione quasi insolubile a priori, se non prendendo posizione per uno di quegli angoli[19].
E allora, anche nel caso del concetto indeterminato che non indichi un interesse prevalente, si può dire, considerando l’esperienza storica, che molto, quasi tutto, è nell’idea stessa di giurisdizione, nell’idea che la giurisdizione di legittimità ha di sé stessa e dei suoi limiti, secondo la sensibilità del giudice, secondo la sua cultura giuridica. Dunque, si pone una domanda finale: se in origine tutto era nell’idea che la Sezione IV ebbe di sé stessa e dei suoi limiti verso la Sezione V, e in fondo nella positiva idea di sintesi di legittimità e giustizia, che già era visibile nei principi dell’ordinamento[20], non si può risolvere allo stesso modo la questione contemporanea della tecnica e del concetto giuridico indeterminato ?
[1] La letteratura sulla discrezionalità tecnica è immensa e quindi conviene limitarsi ai soli riferimenti pertinenti al ragionamento svolto nel testo ed ivi citati. In ogni caso, un quadro ricostruttivo completo si può leggere in P. LAZZARA, Discrezionalità tecnica, Dig. Disc. pubbl., vol. aggiornamento, IV, 146 ss.; F. CINTIOLI, Discrezionalità tecnica (dir. amm.), Enc. dir., vol. aggiornamento, II, 471 ss. Sul punto specifico affrontato dalla sentenza, in materia di discrezionalità tecnica e interesse culturale v. A. MOLITERNI, Le valutazioni tecnico-scientifiche tra amministrazione e giudice. Concrete dinamiche dell’ordinamento, Napoli, 2021, spec. 159 ss., nella parte dedicata ai vincoli storico-artistici (a cura di M. Bray); G. TROPEA, Il vincolo etnoantropologico tra discrezionalità tecnica e principio di proporzionalità: "relazione pericolosa" o "attrazione fatale", Dir. proc. amm., 2021, 714; P. L. PORTALURI, Amara Sicilia e bella. Iudicis ad memoriam Livatini, in questa Rivista, maggio 2021; A. ROTA, La tutela dei beni culturali tra tecnica e discrezionalità, Padova, 2002.
[2] Secondo la sentenza, la valutazione dei fatti complessi riguarda la discrezionalità tecnica, che è “differente dalla discrezionalità amministrativa, che implica “ponderazione di interessi diversi e non previamente selezionati dalle norme”. In particolare, la discrezionalità tecnica è oggetto di “particolari competenze ed è vagliata dal giudice con riguardo a una “specifica <<attendibilità>> tecnico-scientifica”.
[3] Ci si chiede: se un’opinione prevalente non è raggiungibile, è possibile ragionare presumendo che sia prevalente l’opinione dell’Amministrazione, solo perché è istituzionale, per posizione data?
La domanda si pone, è chiaro, non per la posizione assunta nella sentenza, ma perché la sentenza stessa spinge il sindacato più in là, e nella scienza, e quindi ha bisogno di nuove definizioni della prova. Una prima risposta si può trovare leggendo la dottrina, che da sempre, e di più negli ultimi tempi, afferma il principio di effettività della tutela, come principio adatto a risolvere anche la questione dell’onere della prova. In questa luce potrebbero sciogliersi i problemi della presunzione, in senso logico e in senso relativo, senza posizioni a priori. Sulla questione, per esempio, cfr. D. GRANARA, Sindacato pieno della discrezionalità tecnica e principio di effettività della tutela giurisdizionale: dialogo tra le Corti, in www . Giustizia amministrativa, sito istituzionale, anno 2021. La questione è ripresa nelle conclusioni.
[4] Cfr. il risalto del passo in M. DELSIGNORE, Il sindacato del giudice amministrativo sulle valutazioni tecniche: nuovi orientamenti del Consiglio di Stato, Dir. proc. amm., 2000, 185 ss., 198.
[5] ALB. ROMANO (a cura di), Diritto amministrativo, Torino, 2022, spec. 179-180, nel collegamento funzionale visibile tra art. 10 del codice dei beni culturali e principio di legalità ai sensi dell’art. 1 della legge n. 241 del 1990.
[6] L’idea della incorporazione della norma tecnica nell’ordinamento giuridico è di P. LAZZARA, Discrezionalità tecnica … cit., 156 ss. L’idea che la norma interna possa assumere una sua rilevanza giuridica oltre il limite interno, nell’ordinamento generale, è efficacemente argomentata nelle dottrine contemporanee: cfr. F. FRACCHIA- M. OCCHIENA, Le norme interne: potere, organizzazione e ordinamenti. Spunti per definire un modello teorico-concettuale generale applicabile anche alle reti, ai social e all’intelligenza artificiale, Napoli, 2020; M. ROVERSI MONACO, Le norme interne nel sistema amministrativo italiano. Uno studio introduttivo, Milano, 2020. Per uno sviluppo ulteriore di queste teorie, v. G. BOTTINO, Norme interne e discrezionalità della pubblica amministrazione, Il dir. dell’economia, n. 1 /2023, 273 ss.; A. CIOFFI, La norma interna nell’ordinamento giuridico, ibidem, 287 ss. Infine, di recente, su scienza, tecnica e diritto, v. G. TROPEA, Biopolitica e diritto amministrativo del tempo pandemico, Napoli, 2023.
[7] Cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 25 febbraio 2019 n. 1321; Cons. St., sez. VI, 19 luglio 2019 n. 4990; Cons. St., Sez. III, Ordinanza 11 dicembre 2020 n. 7097.
[8] Per questa distinzione cfr. A. GIUSTI, Tramonto o attualità della discrezionalità tecnica? Riflessioni a margine di una recente “attenta riconsiderazione” giurisprudenziale… cit. 358-360.
[9] Cfr. S. COGNETTI, Sindacato giurisdizionale tra discrezionalità amministrativa e indeterminatezza della norma, in www. Giustizia amministrativa, sito istituzionale, anno 2020, 1 ss., 13.
[10] Così E. CANNADA BARTOLI, Giustizia amministrativa, Dig. Disc. pubbl., VII, 3 ss., 41: nel pensiero di Spaventa, il termine giurisdizione era assunto in due significati: “l’uno forte, riferibile al giudice civile o a quello penale; l’altro debole, riferito alla norme che, se non hanno raggiunto una <<potenza di espressione giuridica da servire di base a veri e propri giudizi di un’autorità indipendente dall’amministrazione, possono bastare al sindacato che questa deve esercitare gli atti dei suoi organi, e questa è anche giurisdizione>>”.
[11] Cfr. F. LEDDA, Potere, tecnica e sindacato giudiziario sull’amministrazione pubblica, Dir. proc. amm., 1983, 371 ss.
[12] Per esempio, v. M. DELSIGNORE, Il sindacato del giudice amministrativo sulle valutazioni tecniche: nuovi orientamenti del Consiglio di Stato, Dir. proc. amm., 2000, 185 ss., 198; P. LAZZARA, <<Discrezionalità tecnica>> e situazioni giuridiche soggettive, Dir. proc. amm., 2000, 212 ss.
[13] “Forte”, nelle dottrine contemporanee, significa che il sindacato ha ad oggetto la valutazione stessa e fa uso di massime non di esperienza comune ma di leggi scientifiche- v. M. DEL SIGNORE, Il sindacato del giudice amministrativo sulle valutazioni tecniche … cit., 200-201 e, di recente, fra i numerosi contributi in materia, A. GIUSTI, Tramonto o attualità della discrezionalità tecnica? Riflessioni a margine di una recente “attenta riconsiderazione” giurisprudenziale, Dir. proc. amm., 2021, 335 ss.; A. MOLITERNI, Il sindacato giurisdizionale sulle valutazioni tecnico-scientifiche e l’instabile confine tra amministrare e giudicare, Dir. proc. amm., 2021, 398 ss.
[14] A. GIUSTI, Tramonto o attualità della discrezionalità tecnica … cit., 359.
[15] Però, a completare la soluzione, e a ripresa di un altro punto della sentenza sulla prova, pensiamo che si dovrebbe evitare ogni rischio di collateralità istituzionale, evitando che la prova della inattendibilità sia orientata dal giudice creando una presunzione a favore della amministrazione, per una sua posizione istituzionale, data a priori, sciogliendo invece la prova in una situazione alla pari e non precostituita V. nota 2.
[16] Cfr. F.G. SCOCA (a cura di), Giustizia amministrativa, Torino, 2020, 106-110; 613 ss.; M. TRIMARCHI, L’inesauribilità del potere amministrativo, Napoli, 2018, 80 ss.
[17] Così F. LEDDA, Potere, tecnica e sindacato giudiziario sull’amministrazione pubblica, Dir. proc. amm., 1983, 371 ss., 422.
[18] Per tutti v. F. FRANCARIO, Quel pasticciaccio brutto di piazza Cavour, piazza del Quirinale e piazza Capodiferro, in Giustiziainsieme, 11 novembre 2020; Id, Quel pasticciaccio della questione di giurisdizione. Parte seconda: conclusioni di un convegno di studi, in Federalismi, 2020 e Id., Il pasticciaccio parte terza. Prime considerazioni su Corte di Giustizia UE, 21 dicembre 2021 C-497/20, Randstad Italia spa, ibidem, 2022; nonché M.A. SANDULLI, Guida alla lettura dell’ordinanza delle Sezioni Unite della Corte di cassazione n. 19598 del 2020, in Giustizia Insieme, 30 novembre 2020.
[19] Cfr. S. COGNETTI, Sindacato giurisdizionale tra discrezionalità amministrativa e indeterminatezza della norma … cit., 4.
[20] Così E. CANNADA BARTOLI, Giustizia amministrativa… cit., 16 e 41-65.