Sommario: 1. Premessa - 2. Il parere di compatibilità paesaggistica nella disciplina dell’art. 146 l. 42/2004 - 2.1. (segue) Natura e funzione del parere. Il punto del Consiglio di Stato - 3. Sindacabilità delle valutazioni espresse nel procedimento autorizzativo - 3.1. (segue) il punto del Consiglio di Stato.
1. Premessa.
La pronuncia in commento offre un quadro di sintesi delle questioni che vengono in rilievo nell’ambito del complesso procedimento finalizzato al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, come disciplinato dal Codice dei beni culturali e del paesaggio [1].
La vicenda trae origine dal progetto presentato da una società agricola al Comune di Capestrano per la realizzazione di una struttura di produzione e trasformazione vitivinicola. Il Comune, in prima battuta, esprimeva parere favorevole sotto il profilo paesaggistico e trasmetteva lo stesso alla Soprintendenza, la quale - dopo aver richiesto e ottenuto l’attivazione del tavolo al Direttore Generale - esprimeva parere negativo ed a questo seguiva poi il diniego definitivo al rilascio del permesso di costruire.
Gli atti venivano impugnati dinanzi al Tar Abruzzo n. 365/2020 che, accertando la legittimità dell’operato delle amministrazioni coinvolte, lo respingeva. Il Consiglio di Stato, investito della questione confermava le statuizioni del Tar, richiamando principi ormai pacificamente riconosciuti dalla giurisprudenza.
In particolare, nella decisione in commento il Consiglio di Stato rinvia alla casistica relativa: al silenzio assenso, al parere tardivo, all’ambito delle valutazioni da parte della Soprintendenza (limitatamente agli aspetti paesaggistici e archeologici), ai rapporti coi titoli edilizi, alla tutela delle identità tradizionali e culturali delle popolazioni locali [2].
Delineando, così, un quadro generale della disciplina e della giurisprudenza afferenti il procedimento di autorizzazione paesaggistica, la sentenza offre interessanti spunti di riflessione, tra gli altri, sulla natura e valenza del parere espresso dalla Soprintendenza, sulla discrezionalità che contraddistingue l’esercizio dei suoi poteri in tale ambito e sulla conseguente sindacabilità di detti poteri e più in generale degli atti che afferiscono la tutela ambientale.
Ed è proprio su tale aspetto che nel presente scritto ci si concentrerà, tentando di delineare, seppur sinteticamente, la disciplina del procedimento autorizzativo con particolare riguardo alla natura e funzione del parere di compatibilità paesaggistica e alla sua sindacabilità in sede giudiziale, attraverso i richiami operati dal Consiglio di Stato e gli arresti della giurisprudenza precedente, alla quale la pronuncia in commento mostra di conformarsi.
2. Il parere di compatibilità paesaggistica nella disciplina dell’art. 146 l. 42/2004.
Il Codice dei Beni culturali e del paesaggio, nel disciplinare il procedimento finalizzato al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, stabilisce - all’art. 146, comma 5 - che “sull’istanza di autorizzazione paesaggistica si pronuncia la regione, dopo avere acquisito il parere vincolante del soprintendente in relazione agli interventi da eseguirsi su immobili ed aree sottoposti a tutela dalla legge o in base alla legge”, specificando che tale parere, reso all’esito dell’approvazione delle prescrizioni d’uso dei beni paesaggistici tutelati, predisposte secondo quanto disposto dalla normativa di riferimento, nonché della positiva verifica da parte del Ministero, su richiesta della regione interessata, dell’avvenuto adeguamento degli strumenti urbanistici, assume natura obbligatoria non vincolante ed è reso nel rispetto delle previsioni e delle prescrizioni del piano paesaggistico, entro il termine di 45 giorni decorrente dalla ricezione degli atti.
Al fine di delineare l’oggetto di valutazione sul quale la Soprintendenza deve esprimere parere il legislatore, al comma 8 del Codice, chiarisce che questo è limitato alla compatibilità paesaggistica del progettato intervento nel suo complesso ed alla conformità dello stesso alle disposizioni contenute nel piano paesaggistico ovvero alla specifica disciplina di cui all’articolo 140, comma 2.
Si tratta, dunque, di un atto a contenuto decisorio e di un giudizio di merito tecnico-discrezionale.
L’amministrazione procedente non può disattenderlo, salva l’ipotesi in cui risulti che il parere sia stato reso sulla base di atti o fatti palesemente erronei o travisati, quindi, è stato notato come, in buona sostanza, l’atto autorizzativo venga deciso sostanzialmente nel suo contenuto dalla Soprintendenza ma formalmente imputato all’ente subdelegato, solitamente il Comune [3].
Al comma 9 si afferma che “decorsi inutilmente sessanta giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente senza che questi abbia reso il prescritto parere, l’amministrazione competente provvede comunque sulla domanda di autorizzazione”[4].
2.1 (segue) Natura e funzione del parere. Il punto del Consiglio di Stato.
La Soprintendenza, nell’ambito del procedimento autorizzativo in analisi, svolge una funzione consultiva. È lo stesso legislatore a definire il parere di compatibilità paesaggistica “obbligatorio non vincolante”.
Come è noto, l’attività consultiva della pubblica amministrazione, che si caratterizza per l’essere esercitata da organi amministrativi cui è stata attribuita la relativa funzione di rendere consulenza ad altri organi o enti pubblici [5], ha valenza eminentemente preparatoria della decisione finale [6].
In ragione di ciò, generalmente l’atto consultivo consegue ad una espressa richiesta da parte dell’organo decidente, connotandosi così quale «attività su impulso, che non si mette in moto da sola» [7].
Questo particolare tipo di attività amministrativa si concretizza con l’adozione di pareri [8] che ne costituiscono il proprium [9].
Essendone la manifestazione concreta i pareri sono caratterizzati dalle medesime peculiarità proprie dell’attività consultiva, ovvero sono resi in sede endoprocedimentale, su richiesta, hanno natura preparatoria ed, in linea generale, sono carenti di autonomia funzionale [10] e quindi non direttamente lesivi.
I pareri sono generalmente classificati [11] dal punto di vista dell’oggetto in pareri di legittimità, di opportunità e tecnici; del regime giuridico in relazione alla loro acquisizione in obbligatori e facoltativi [12]; dell’efficacia in: conformi, quando l’organo di amministrazione attiva ha il dovere di richiederli, potendo però decidere se provvedere o meno, ma se sceglie di provvedere deve farlo uniformandosi al contenuto del parere; vincolanti, ovvero i parere obbligatori cui l’amministrazione decidente deve uniformarsi, a meno di motivarne l’illegittimità; semivincolanti, ovvero quando l’organo di amministrazione attiva può adottare un provvedimento difforme solo in una determinata direzione o con un determinato procedimento [13].
Il parere di compatibilità paesaggistica rientra, come è agevole comprendere, tra i pareri a contenuto tecnico, in ragione della specificità della materia su cui deve esprimersi. Ed è qualificato dallo stesso legislatore obbligatorio non vincolante.
La sua acquisizione è prescritta dalla legge a pena di illegittimità del provvedimento finale. Una volta ottenuto il parere, la pubblica amministrazione che ha dovuto richiederlo può essere o meno costretta a conformarsi al contenuto dell’atto consultivo, anche se la possibilità di discostarsene costituisce – invero - un’eccezione, infatti, in tal caso l’ente sarà tenuto a motivare in ordine alle ragioni che hanno determinato la decisione non conforme. Nello specifico, il parere di cui sopra rientra tra quelli non vincolanti, il che significa – come detto – che non vincola l’amministrazione alla decisione conforme.
La giurisprudenza ha sottolineato più volte che, con l’entrata in vigore nel 2010 dell’art. 146 cit., la Soprintendenza esercita, non più un sindacato di legittimità ex post sulla autorizzazione già rilasciata dalla regione o dall’ente delegato, con il correlativo potere di annullamento, ma un potere che consente di effettuare ex ante valutazioni di merito amministrativo, con poteri di cogestione del vincolo paesaggistico [14]. Per tale via, la sua funzione, benché consultiva, assume valenza, in sostanza, di tipo co-decisionale regionale e statale della tutela paesaggistica delle aree soggetta a tutela [15].
Nella pronuncia in commento il Consiglio di Stato, richiamando un orientamento consolidato ed in linea con le definizioni generali proprie dell’attività consultiva della pubblica amministrazione, ci dice che il parere in questione costituisce un atto endoprocedimentale emanato nell’ambito di quella sequenza di atti ed attività preordinata al rilascio del provvedimento di autorizzazione paesaggistica (o del suo diniego) e che le valutazioni in esso espresse sono finalizzate all’apprezzamento dei profili di tutela paesaggistica che si consolideranno, all’esito del procedimento, nel provvedimento di autorizzazione o di diniego di autorizzazione paesaggistica.
In merito alla sua efficacia, i Giudici di Palazzo Spada specificano che, nell’ipotesi di decorso del termine stabilito dalla legge senza che la Soprintendenza abbia espresso il parere di che trattasi, non può escludersi in radice la possibilità per l’organo statale di rendere comunque un parere in ordine alla compatibilità paesaggistica dell’intervento, fermo restando che, nei casi in cui vi sia stato il superamento del termine, il parere perde il suo carattere di vincolatività e deve essere autonomamente e motivatamente valutato dall’amministrazione deputata all’adozione dell’atto autorizzatorio finale [16].
3. Sindacabilità delle valutazione espresse nel procedimento autorizzativo.
L’attività consultiva che svolge la Soprintendenza nell’ambito del procedimento autorizzativo, si caratterizza per essere - come del resto tutta l’attività consultiva della pubblica amministrazione - ausiliaria rispetto ad altre attività amministrative volte all’assunzione di decisioni [17].
Nel caso specifico, come detto, si tratta valutazioni tecniche che incidono sul principio, oggi costituzionalmente garantito in modo espresso, della tutela ambientale. Dunque, la sua funzione, che - come in tutti gli altri casi in cui si esprimono organi consultivi - è strumentale a salvaguardare la qualità delle decisioni amministrative [18], assume nel procedimento autorizzativo una pregnanza particolare, soprattutto con riguardo al bilanciamento degli interessi in gioco.
Si è già detto che, nel procedimento di rilascio dell'autorizzazione paesaggistica, la Soprintendenza effettua ex antevalutazioni di “merito amministrativo”, con poteri di cogestione del vincolo paesaggistico. Si tratta, pertanto, di un giudizio connotato da un'ampia discrezionalità tecnico-valutativa, poiché implica l'applicazione di cognizioni tecniche specialistiche proprie dei vari settori scientifici di riferimento [19].
In generale l’attività tecnico discrezionale è stata considerata come un’attività di valutazione della sussistenza in concreto dell'interesse pubblico tutelato dalla norma, che si traduce in una valutazione sul merito dell'azione amministrativa o cui si correlano situazioni soggettive tutelate come interessi legittimi [20].
L'apprezzamento così compiuto dall’amministrazione competente è quindi sindacabile, in sede giudiziale, esclusivamente sotto i profili della logicità, coerenza e completezza della valutazione, considerati anche per l'aspetto concernente la correttezza del criterio tecnico e del procedimento applicativo prescelto, ma fermo restando il limite della relatività delle valutazioni scientifiche, sicché, in sede di giurisdizione di legittimità, può essere censurata la sola valutazione che si ponga al di fuori dell'ambito di opinabilità, affinché il sindacato giudiziale non divenga sostitutivo di quello dell'amministrazione attraverso la sovrapposizione di una valutazione alternativa, parimenti opinabile [21].
Del resto, non sarebbe ammissibile la surrogazione delle valutazioni tecniche spettanti alle amministrazioni preposte alla tutela dell'ambiente, del patrimonio paesaggistico e territoriale, nonché della salute dei cittadini [22].
3.1. (segue) il punto del Consiglio di Stato.
Nella decisione in commento il Consiglio di Stato ribadisce che la Soprintendenza esercita un potere discrezionale nell’elaborazione del parere di compatibilità paesaggistica, che non può dunque essere sindacato nel merito.
Nell’affermare questo principio, i Giudici colgono l’occasione per rammentare che nel caso di valutazioni dei fatti complessi richiedenti particolari competenze (e quindi nelle ipotesi in cui i poteri dell’amministrazione siano caratterizzati dalla c.d. «discrezionalità tecnica»), difettando parametri normativi a priori che possano fungere da premessa del ragionamento sillogistico, il giudice “non ‘deduce’ ma ‘valuta’” se la decisione pubblica rientri o meno nella gamma delle risposte maggiormente plausibili e convincenti alla luce delle scienze rilevanti e di tutti gli altri elementi del caso concreto.
Per tale via, concludono che, ove l’interessato non ottemperi all’onere di mettere in discussione l’attendibilità tecnico-scientifica della valutazione amministrativa e si fronteggino, quindi, opinioni divergenti parimenti plausibili, il giudice dovrà far prevalere la posizione espressa dall’organo istituzionalmente competente ad adottare la decisione collettiva, rispetto alla prospettazione individuale dell’interessato.
Nell’affermare ciò, il Consiglio di Stato richiama il contenuto di una sua recente pronuncia [23], nell’ambito della quale viene affermato che la necessità del bilanciamento degli interessi in gioco diviene maggiore quando confligge l’interesse alla tutela dell’ambiente con quello alla tutela del paesaggio, soprattutto in ragione del fatto che, ad oggi, non può più essere sottovalutato che il nuovo testo dell’art. 9 Cost., come novellato dalla legge costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1, depone nel senso della maggiore, e non minore, tutela dei valori ambientali e paesaggistici nell’ottica della salvaguardia delle generazioni future e dello sviluppo sostenibile.
In particolare, è stato anche in precedenza affermato che alla funzione di tutela del paesaggio è estranea ogni forma di attenuazione determinata dal bilanciamento o dalla comparazione con altri interessi, ancorché pubblici, che di volta in volta possono venire in considerazione. L’intervento progettato, infatti, viene messo in relazione con i valori protetti ai fini della valutazione tecnica della sua compatibilità con il tutelato interesse pubblico paesaggistico, valutazione che è istituzionalmente finalizzata a evitare che sopravvengano alterazioni inaccettabili del preesistente valore protetto [24].
A confutazione di qualunque dubbio possa sorgere in merito al suddetto orientamento che afferma, allo stato, una sorta di prevalenza dell’opinione dell’amministrazione nel caso in cui venga in rilievo la materia della tutela ambientale è lo stesso Giudice a specificare che “non si tratta di garantire all’Amministrazione un privilegio di insindacabilità (che sarebbe contrastante con il principio del giusto processo), ma di dare seguito, sul piano del processo, alla scelta legislativa di non disciplinare il conflitto di interessi ma di apprestare solo i modi e i procedimenti per la sua risoluzione”.
[1] Per un inquadramento generale della materia si veda: Codice dei beni culturali e del paesaggio, (a cura di) M.A. Sandulli, Milano, 2019, 1161 ss.; P. Marzaro, La “cura” ovvero “l’Amministrazione del paesaggio”: livelli, poteri e rapporti tra Enti nella riforma del 2008 del Codice Urbani (dalla concorrenza dei poteri alla paralisi dei poteri?), in Riv. giur. urb., 2008, 4, 416 ss.; G. Mastronardo, Valore del paesaggio, in A. Angiuli, V. Caputi Iambrenghi (a cura di), Commentario al codice dei beni culturali e del paesaggio, 2005, 344 ss.;
[2] Cons. Stato, sez. IV, n. 563 del 2022, n. 181 del 2022, n. 941 del 2021, n. 4765 del 2020, n. 3170 del 2020. Nello specifico sulla questione del silenzio assenso si veda da ultimo: S. SPERANZA, “Silenzio assenso tra P.A. e autorizzazione paesaggistica. Le prospettive del Consiglio di Stato (nota a Consiglio di Stato, Sezione Sesta, n. 4098 del 24 maggio 2022)”, in giustiziainsieme.it, Diritto e Processo Amministrativo, 3.11.2022; precedente: G. DELLE CAVE, Autorizzazione paesaggistica e silenzio assenso tra P.A.: un connubio (im)possibile? competenze procedimentali e portata applicativa dell’art. 17 bis l. n. 241/1990 (nota a Consiglio di Stato, Sez. IV, 29 marzo 2021, n. 2640), in giustiziainsieme.it, Diritto e processo amministrativo, 06.07.2021.
[3] A. Berlucchi, Il parere tardivo espresso dalla soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici ex art. 146 d. lgs. n. 2004/42: spunti di riflessione, in Riv. giur. ed., 2017, 1, 130 ss.
[4] Articolo così modificato dal D.L. 133/2014, c.d. “Sblocca Italia”. La versione antecedente prevedeva la possibilità per l’amministrazione competente di indire una conferenza di servizi che avrebbe dovuto pronunciarsi nel termine “perentorio” di quindici giorni. In ogni caso, decorsi sessanta giorni dalla ricezione degli atti da parte del Soprintendente, l’amministrazione competente provvedeva sulla domanda di autorizzazione.
[5] Si veda in tal senso, per tutti, V. Cerulli Irelli, Lineamenti del diritto amministrativo, Torino, 2018, 335.
[6] In questo senso si esprime, a proposito dei pareri, A.M. Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1989, I, 63919.
[7] C. Barbati, L’attività consultiva nelle trasformazioni amministrative, Bologna, 2002, 20 ss.
[8] Per una ricostruzione storica della categoria dei pareri: Sandulli, Il procedimento, in Trattato di diritto amministrativo. Diritto amministrativo generale, a cura di S. Cassese, Milano, II, 2000, 1015 ss; A. Travi, voce Parere nel diritto amministrativo, in Dig. disc. pubbl., X, Torino, 1995, 615 ss.
[9] M. Occhiena, N. Posteraro, “Pareri e attività consultiva della pubblica amministrazione: dalla decisione migliore alla decisione tempestiva”, ne “Il diritto dell’economia» issn 1123-3036, anno 65, n. 100 (3 2019), pp. 27-62.
[10] Su questo aspetto si veda A. Corsaro, L’attività consultiva e le valutazioni tecniche, in Le nuove regole dell’azione amministrativa. Atti del Convegno di Catania dell’11-12 novembre 2005, Catania, 2006, 113 e ss.
[11] M. Occhiena, N. Posteraro, “Pareri e attività consultiva della pubblica amministrazione: dalla decisione migliore alla decisione tempestiva op. cit.
[12] Classificazione espressamente contemplata dal legislatore ai primi due commi dell’art. 16, legge 241/1990,come modificati dall’art. 8, della legge 18 giugno 2009, n. 69
[13] P. Virga, Diritto amministrativo. 2. Atti e ricorsi, Milano, 1999, 29. Invero a tale categoria, abrogata dalla l. 69/2009, veniva ricondotta sono l’ipotesi di cui all’art. 14, comma 1, d.p.r. 24 novembre 1971, n. 1199, relativa al parere del Consiglio di Stato nel procedimento di decisione dei ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica, che poteva essere disatteso mediante deliberazione del Consiglio dei Ministri.
[14] cfr. Cons. Stato, sez. IV, 10 giugno 2019, n. 3870.
[15] In tal senso Cons. Stato, sez. VI, 04 giugno 2015, n. 2751, in Riv. giur. ed., 2015, 4, 768 ss.
[16] in linea con questo principio il Consiglio di Stato richiama giurisprudenza precedente: ex plurimis, Cons. Stato, sez. VI, n. 2136 del 27 aprile 2015; n. 4927 del 28 ottobre 2015; in termini da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 2 febbraio 2021, n. 941
[17] D. Sorace, Diritto delle amministrazioni pubbliche, Bologna, 2005, 193
[18] V. Parisio, La funzione consultiva nella dinamica procedimentale, in Codice dell’azione amministrativa, a cura di M.A. Sandulli, Milano, 2017, 804. In giurisprudenza, così si esprimono, tra gli altri: T.A.R. Campania, Salerno, sez. I, 4 giugno 2015 n. 1261, T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. II, 2 febbraio 2011, n. 224, T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. II, 18 marzo 2011 n. 440 e T.A.R. Abruzzo, Pescara, sez. I, 20 giugno 2009 n. 448
[19] In proposito si veda G. Sigismondi, Valutazione paesaggistica e discrezionalità tecnica: il Consiglio di Stato pone alcuni punti fermi, in Aedon.it, n. 3, 2016, issn 1127-1345
[20] In questo senso F. Volpe, Discrezionalità tecnica e presupposti dell'atto amministrativo, in Dir. Amm., 2008, pag. 791.
[21] T.R.G.A. Trentino-Alto Adige, Bolzano, 24 dicembre 2007 n. 398
[22] Tar Calabria - Catanzaro, 05 settembre 2022 n. 1497.
[23] CdS sez VI 23.09.2022 n. 8167. Per un’analisi critica si veda: G. Severini e P. Carpentieri, Sull’inutile, anzi dannosa modifica dell’articolo 9 della Costituzione, in giustiziainsieme.it, 22 settembre 2021.
[24] In questo senso già Consiglio di Stato, Sez. IV, 29 marzo 2021, n. 2640.