Il silenzio-assenso sulla domanda di permesso di costruire tra esigenze di certezza giuridica e tutela dell’interesse pubblico (nota a Cons. St., sez. IV, 7 settembre 2022, n. 7631)
di Saul Monzani
Sommario: 1. Richiesta di permesso di costruire e silenzio della pubblica amministrazione: inquadramento normativo. –2. I requisiti di formazione del silenzio-assenso sulla domanda di permesso di costruire: orientamenti giurisprudenziali a confronto. – 3. La tesi della formazione del silenzio-assenso per effetto del solo decorso del termine di conclusione del procedimento in una prospettiva sistematica. – 4. Conclusioni: silenzio-assenso ed annullamento d’ufficio dei titoli edilizi.
1. Richiesta di permesso di costruire e silenzio della pubblica amministrazione: inquadramento normativo.
La sentenza oggetto del presente commento si colloca nel dibattito giurisprudenziale avente ad oggetto l’individuazione delle condizioni in presenza delle quali si possa ritenere formato il silenzio-assenso sulla richiesta di permesso di costruire non riscontrata espressamente dalla pubblica amministrazione.
Come è noto, la fattispecie in questione è regolata attualmente dal comma 8 dell’art. 20 del d.P.R. 65 giugno 2001 s.m.i. (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), il quale, capovolgendo la prospettiva di cui all’originario comma 9, il quale ricollegava la formazione del silenzio diniego all’inutile decorso del termine per l’adozione del provvedimento conclusivo, dispone che, in tale ultimo caso, “ove il dirigente o il responsabile dell'ufficio non abbia opposto motivato diniego, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio-assenso, fatti salvi i casi in cui sussistano vincoli relativi all'assetto idrogeologico, ambientali, paesaggistici o culturali”.
Ma vi è di più: tramite l’art. 10, comma 1, del d.l. 16 luglio 2020, n. 76, conv. nella l. 11 settembre 2020, n. 120 (c.d. decreto semplificazioni 2020), proprio al fine di “semplificare e accelerare le procedure edilizie e ridurre gli oneri a carico dei cittadini e delle imprese”, si è introdotto, sempre al comma 8 dell’art. 20 cit., un’ulteriore specificazione per cui “Fermi restando gli effetti comunque prodotti dal silenzio, lo sportello unico per l'edilizia rilascia anche in via telematica, entro quindici giorni dalla richiesta dell'interessato, un'attestazione circa il decorso dei termini del procedimento, in assenza di richieste di integrazione documentale o istruttorie inevase e di provvedimenti di diniego; altrimenti, nello stesso termine, comunica all'interessato che tali atti sono intervenuti”.
Tale ultimo intervento legislativo è apparso funzionale a fornire all’interessato un elemento di certezza documentale rispetto alla fictio juris rappresentata dal silenzio assenso, in modo da consentire l’avvio dei lavori senza esporre a rischi i soggetti a vario titolo coinvolti nonché allo scopo di offrire un adeguato livello di sicurezza giuridica nei contratti di compravendita immobiliare o ai fini dell’accesso al credito[1].
2. I requisiti di formazione del silenzio-assenso sulla domanda di permesso di costruire: orientamenti giurisprudenziali a confronto.
A fronte di un apparente, per non dire evidente, favor legislativo verso la prospettiva della formazione del silenzio-assenso in virtù del mero decorso del termine di conclusione del procedimento, fatta eccezione per le situazioni in cui sussistano particolari vincoli afferenti ad interessi pubblici particolarmente rilevanti[2], il panorama giurisprudenziale, entro cui si inserisce anche la sentenza oggetto del presente commento, continua a fornire un’interpretazione più rigorosa di quanto sembra emergere dal quadro normativo. In tale ottica, permane l’interpretazione per cui la formazione del silenzio-assenso nei confronti di una domanda di permesso di costruire richiede, non solo il decorso del termine previsto dalla legge senza l’avvenuta emissione di un provvedimento espresso, bensì anche la sussistenza della c.d. conformità urbanistica, ossia la contestuale presenza di tutti i requisiti e i presupposti per conseguire il bene della vita richiesto, consistente, nel caso, nel rilascio del titolo edilizio richiesto[3].
La giurisprudenza che si è espressa nel senso indicato ha assunto quale presupposto il principio per cui “non si possa ottenere per silentium quel che non sarebbe altrimenti possibile mediante l’esercizio espresso del potere da parte della pubblica amministrazione”[4] o, in altri termini, che, se così non fosse, il richiedente, sulla base dell'inerzia della pubblica amministrazione, verrebbe ad ottenere un ampliamento della propria sfera giuridica, in termini di assenso all'esercizio dello ius aedificandi, che non avrebbe potuto conseguire mediante l'ordinario procedimento espresso, il che significherebbe rimettere a un dato casuale (l’inerzia o l’attività della pubblica amministrazione) la formazione del titolo edilizio, in contrasto con il fondamentale principio di buon andamento di cui all’art. 97 Cost.[5]
Per tale via, si ammette che la pubblica amministrazione conservi il potere di adottare, anche dopo la scadenza del termine di conclusione del procedimento, un provvedimento di diniego in modo da intervenire senza limiti di tempo a reprimere un’attività avviata in carenza dei presupposti di legge. In sostanza, la prospettazione appena illustrata poggia sulla considerazione dell’inerzia come un mero fatto giuridicamente rilevante, a cui l’ordinamento fa discendere la produzione di effetti equivalenti a quelli del provvedimento di accoglimento dell’istanza, con la conseguenza che, in quanto fatto, esso sarebbe qualificabile come esistente o inesistente in base alla conformità a legge sia della domanda che dell’attività da svolgere, quale requisito per la formazione del silenzio-assenso[6].
La fin qui riferita posizione giurisprudenziale, sebbene tenda a prevalere numericamente nelle pronunce più recenti, non appare incontrastata: anzi, si possono rinvenire, anche negli ultimi tempi, prese di posizione di segno opposto secondo le quali, viceversa, il silenzio-assenso si forma per effetto del vano decorso del termine di conclusione del procedimento, a prescindere dall’effettiva sussistenza dei requisiti e presupposti sostanziali richiesti dalla legge per il rilascio del titolo abilitativo[7].
Quest’ultima interpretazione si è basata sulla considerazione generale per cui il silenzio-assenso costituisce un istituto che risponde ad una valutazione legale tipica in forza della quale l’inerzia equivale a provvedimento di accoglimento, con il naturale corollario per cui, ove sussistano i requisiti di formazione del silenzio-assenso, il titolo abilitativo può formarsi anche con riguardo ad una domanda non conforme alla legge. Sempre secondo la interpretazione ora in commento, ritenere diversamente, ovvero che il silenzio-assenso sia produttivo di effetti solo in presenza dei requisiti posti dalla disciplina sostanziale, significherebbe vanificare in radice le finalità di semplificazione proprie di tale istituto: in tale ottica, il privato non trarrebbe alcun vantaggio ove la pubblica amministrazione fosse posta in grado, senza oneri e vincoli procedimentali ed in qualunque tempo, di disconoscere gli effetti della domanda non riscontrata nei termini, oltre i quali, invece, viene, meno il potere (primario) di provvedere e residua solo la possibilità di intervenire in autotutela, nei termini previsti dalla legge, sull’assetto degli interessi formatosi tacitamente.
3. La tesi della formazione del silenzio-assenso per effetto del solo decorso del termine di conclusione del procedimento in una prospettiva sistematica.
L’orientamento giurisprudenziale da ultimo riferito, che risulta il più aderente al dato testuale normativo come sopra ricordato nonché al chiaro intento legislativo nel senso della semplificazione, è stato basato anche su considerazioni di carattere sistematico, ossia traendo spunto da altre disposizioni di legge che si porrebbero in coerenza con la prospettiva della formazione del silenzio-assenso sulla domanda di permesso di costruire per effetto del solo decorso del termine di conclusione del procedimento.
In tale quadro, è stato notato, in primo luogo, che, ai sensi dell’art. 20, comma 3, della l. n. 241 del 1990, ove il silenzio dell'amministrazione equivalga ad accoglimento della domanda, l'amministrazione competente può assumere determinazioni in via di autotutela, nel senso della revoca o dell’annullamento d’ufficio. Da tale norma, si trarrebbe la conseguenza che la violazione di legge non incide sul perfezionamento della fattispecie, bensì rileva, secondo i canoni generali, in termini di illegittimità dell’atto. In altri termini, per quanto qui interessa, la norma citata deporrebbe per il fatto che il silenzio-assenso si perfeziona col decorso del termine di conclusione del procedimento anche in assenza dei presupposti di legge, determinando, in tale ipotesi, un risultato equivalente all’emissione di un provvedimento espresso illegittimo che, come tale, può essere oggetto, al più, di un’iniziativa in autotutela dell’amministrazione competente.
In secondo luogo, si è considerato, ai fini ora in questione, il disposto di cui all’art. 2, comma 8-bis, della l. n. 241 del 1990, come introdotto in forza della l. n. 120 del 2020, il quale è giunto a precisare che le determinazioni relative ai provvedimenti, alle autorizzazioni, ai pareri, ai nulla osta e agli atti di assenso comunque denominati, adottate dopo la scadenza dei termini di conclusione del procedimento sono inefficaci, fermo restando il potere di annullamento d’ufficio, ove ne ricorrano i presupposti e le condizioni. Anche da questo angolo visuale, dunque, si confermerebbe che il provvedimento tacito si forma per effetto del silenzio, salvo che i relativi effetti possano risultare illegittimi in mancanza dei presupposti di legge, con la conseguenza che il provvedimento così formatosi diverrebbe passibile di annullamento d’ufficio.
La novella appena evidenziata, a fronte del citato confronto giurisprudenziale tra posizioni diverse, ha posto un ulteriore tassello a favore dell’interpretazione per cui, nel caso che qui preme considerare, la formazione del silenzio-assenso sull’istanza di permesso di costruire rimasta inevasa si ricollega (unicamente) al mero decorso del termine di conclusione del procedimento. In tale ottica, il legislatore è giunto a precisare il carattere perentorio del termine predetto, ai fini della formazione del silenzio, nonché a sancire che l’eventuale provvedimento tardivo emanato dalla pubblica amministrazione non produce effetti, essendosi ormai consumato il relativo potere e residuando solo un eventuale intervento di secondo grado in autotutela. Proprio in quest’ultimo ordine di idee, sarebbe forse stato preferibile chiarire che un eventuale provvedimento tardivo sia affetto da nullità, piuttosto che da inefficacia, e ciò proprio in quanto, consumatosi il potere di decidere per effetto del decorso del termine di conclusione del procedimento, da intendersi appunto perentorio, la successiva attività provvedimentale dovrebbe, logicamente, considerarsi “tamquam non esset”, in ragione di una sopravvenuta carenza assoluta di potere[8].
In ogni caso, è stato osservato che pure nell’ipotesi della nullità, comunque, al privato destinatario di un provvedimento (di diniego) tardivo, residuerebbe l’onere, nell’incertezza derivante dal quadro giurisprudenziale in commento, di adire il giudice amministrativo entro 180 giorni dal provvedimento stesso, anche solo in via prudenziale, per sentirne dichiarare la nullità o, al limite, l’inefficacia[9].
In terzo luogo, militerebbe nel senso ora in commento la previsione generale di cui all’art. 20, comma 2-bis, della l. n. 241 del 1990, come introdotta dal d.l. n. 77 del 2021, per cui, sulla falsariga di quanto già specificamente previsto proprio in materia edilizia, nei casi in cui il silenzio dell'amministrazione equivale a provvedimento di accoglimento e fermi restando gli effetti comunque intervenuti del silenzio assenso, l'amministrazione è tenuta, su richiesta del privato, a rilasciare, in via telematica, un'attestazione circa il decorso dei termini del procedimento e pertanto dell'intervenuto accoglimento della domanda, con l’ulteriore precisazione che decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, l'attestazione è sostituita da una auto-dichiarazione del privato.
Ancora, si è individuato un elemento di conferma alla prospettazione ora in considerazione nell’avvenuta abrogazione della norma di cui al comma 2 dell’art. 21 della l. n. 241 del 1990, la quale disponeva che le sanzioni previste in caso di svolgimento dell’attività in carenza di atto di assenso dell’amministrazione o in difformità da esso si applicano anche a coloro che abbiano iniziato l’attività in forza della formazione del silenzio-assenso in mancanza dei requisiti richiesti o, comunque, in contrasto con la normativa vigente.
Infine, sempre con riguardo all’art. 21 della l. n. 241 del 1990 ma con riferimento al disposto di cui al comma 1 e sempre a sostegno della teoria ora in commento, si è apprezzato, sul presupposto per cui l’interessato nella propria domanda deve dichiarare la sussistenza dei presupposti e dei requisiti di legge richiesti, che la conformazione dell’attività e dei suoi effetti a legge o la sanatoria sono escluse solo in caso di dichiarazioni mendaci o di false attestazioni, e non in caso di dichiarazioni più semplicemente incomplete, nel qual caso, pertanto, il silenzio-assenso si perfezionerebbe comunque.
4. Conclusioni: silenzio-assenso ed annullamento d’ufficio dei titoli edilizi.
In conclusione, la giurisprudenza, di cui fa parte la sentenza in commento, che richiede la conformità urbanistica dell’intervento proposto, oltre al decorso del termine di conclusione del procedimento, ai fini della formazione del silenzio-assenso sulla domanda di permesso di costruire appare decisamente criticabile.
Del resto, è stato anche svelato come l’argomentazione per cui non si potrebbe ottenere attraverso il silenzio un risultato contrario alla legge tradisca in realtà una confusione tra perfezionamento della fattispecie attraverso il silenzio-assenso, nei termini previsti dalla legge, ed effetti di quella fattispecie, i quali possono anche essere illegittimi per violazione delle norme urbanistiche, con conseguente possibilità di attivare i rimedi in autotutela, quale l’annullamento d’ufficio, la cui operatività è espressamente estesa, dall’art. 21-nonies, comma 1, della l. n. 241 del 1990 s.m.i., ai casi in cui il provvedimento si sia formato per silenzio assenso[10].
In definitiva, il quadro di incertezza che viene tuttora alimentato dalla giurisprudenza come quella in commento appare vanificare, almeno una certa misura, gli sforzi del legislatore, innegabilmente diretti verso la semplificazione, quale valore funzionale anche alla ripresa economica. In campo edilizio, peraltro, ove i valori in gioco sono rilevanti, sia dal punto di vista meramente economico che di quello occupazionale, le esigenze di certezza giuridica appaiono particolarmente significative al fine di non rendere difficoltosi i passaggi di proprietà degli immobili. Tenendo conto di ciò, appare ancora più criticabile che, in caso di inerzia dell’amministrazione, si lasci il privato nell’incertezza circa l’effettiva formazione del silenzio-assenso, nel momento in cui quest’ultimo sia ricondotto, non solo al mero decorso del termine di conclusione del procedimento, ma anche alla sussistenza dei requisiti e presupposti previsti dalla legge per il conseguimento del permesso di costruire, il cui accertamento non è affatto scontato in un quadro normativo, come quello relativo all’attività edilizia, multi-livello tra Stato, Regioni ed enti locali, attraversato da molteplici interessi pubblici, anche particolarmente sensibili, nonché in un ambito potenzialmente interessato anche dall’azione penale nei confronti di comportamenti in grado di integrare la fattispecie dell’abuso edilizio.
In altre parole, occorre che il privato possa confidare nell’effettiva acquisizione del titolo legittimante l’intervento edilizio, anche per il tramite del silenzio-assenso, la cui formazione non può ragionevolmente dipendere dall’accertamento della conformità urbanistica lasciata all’apprezzamento del privato stesso, invece che all’attività provvedimentale della pubblica amministrazione.
Proprio nella descritta direzione, ovvero quella della necessità della certezza dei rapporti giuridici, va collocata la, già segnalata, novella legislativa introdotta nel campo edilizio, e poi generalizzata, per cui la pubblica amministrazione è tenuta a rilasciare un’attestazione circa l’avvenuto decorso dei termini di conclusione del procedimento senza che siano intervenute richieste di integrazione documentale o istruttorie inevase e provvedimenti di diniego, la quale attestazione, come parimenti già rilevato, verrebbe a costituire un elemento di certezza maggiormente “tangibile” rispetto al provvedimento tacito e dunque in grado di rassicurare tutti i soggetti coinvolti nell’avvio e nello svolgimento dell’attività edilizia.
Del resto, la tutela dell’interesse pubblico a fronte di un permesso di costruire formatosi tacitamente appare comunque adeguatamente tutelato, in primo luogo, dall’esclusione dell’operatività del silenzio-assenso nei casi in cui sussistano vincoli relativi all'assetto idrogeologico, ambientali, paesaggistici o culturali, nonché in secondo luogo, dalla possibilità di procedere all’annullamento d’ufficio di eventuali provvedimenti taciti formatisi in difetto dei presupposti di legge. Da quest’ultimo punto di vista, il (doveroso) equilibrio con il legittimo affidamento del privato che abbia confidato nell’ottenimento, sia pure in via tacita, del permesso di costruire, viene ottenuta grazie alle particolari condizioni e limiti che caratterizzano i provvedimenti di secondo grado adottati in via di autotutela da parte della pubblica amministrazione, senza che quest’ultima, viceversa, possa ritenersi abilitata ad emanare provvedimenti tardivi senza il rispetto di tali condizioni.
Pertanto, nel momento in cui la pubblica amministrazione intenda inibire un’attività edilizia tacitamente assentita per effetto del mero decorso del termine di conclusione del procedimento, non potrà farlo liberamente in maniera tardiva, ma dovrà necessariamente accertare, dandone conto in motivazione, la sussistenza dei presupposti dell'esercizio del potere di annullamento d'ufficio dei titoli edilizi, i quali presupposti sono da individuarsi nell'originaria illegittimità del provvedimento nonchè nell'interesse pubblico concreto ed attuale alla sua rimozione (diverso dal mero ripristino della legalità violata), tenuto conto anche delle posizioni giuridiche soggettive consolidate in capo ai destinatari[11].
[1] Sul punto cfr E. Boscolo, Semplificazioni e flessibilizzazioni nella disciplina dei titoli edilizi, in Riv. giur. urb., 2022, 185-188.
[2] Nel senso che ai fini della formazione del provvedimento implicito di assenso occorre verificare che, oltre all'inutile decorso del tempo necessario alla conclusione del procedimento, la domanda sia stata presentata dal soggetto legittimato alla richiesta, nonché corredata dalle attestazioni, dagli elaborati grafici e dalle asseverazioni espressamente richieste e che, infine, non sussistano vincoli relativi all'assetto idrogeologico, ambientale, paesaggistici o culturali, si v. tra le altre e di recente, T.A.R. Lombardia Brescia, sez. I, 3 novembre 2021, n. 910, in www.giustizia-amministrativa.it.
[3] Nel senso indicato si sono espresse di recente, oltre alla sentenza in commento, anche, Cons. St., sez. IV, 28 gennaio 2022, n. 616, in www.giustizia-amministrativa.it.; Cons. St., sez., VI, 8 settembre 2021, n. 6235, in Riv. giur. edilizia, 2021, I, 1654; T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 29 luglio 2022, n. 10792, in Riv. giur. edilizia, 2022, I, 1247; T.A.R. Puglia Bari, sez. II, 22 novembre 2022, n. 1565, in www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Sicilia Palermo, sez. II, 2 maggio 2022, n. 1462, ivi; T.A.R. Sicilia Catania, sez. IV, 9 luglio 2021, n. 2229, ivi; T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. II,18 gennaio 2021, n. 105, ivi. Per ulteriori riferimenti giurisprudenziali in tempi più risalenti, si v. A. Licci Marini, Silenzio assenso in materia edilizia, in Urb. e app., 2018, 850 ss.
[4] Cons. St., sez. IV, 29 novembre 2021, n. 7924, in www.giustizia-amministrativa.it.
[5] Così, di recente, T.A.R. Trentino-Alto Adige Trento, sez. I, 28 febbraio 2022, n. 44, in www.giustizia-amministrativa.it.
[6] Sul punto cfr. G. Mari, L’obbligo di provvedere e i rimedi preventivi e successivi ai silenzi provvedimentali e procedimentali della P.A., in M.A. Sandulli (a cura di), Principi e regole dell’azione amministrativa, Milano, 2020, 226. In tema si v. anche M. Calabrò, Silenzio assenso e dovere di provvedere: le perduranti incertezze di una (apparente) semplificazione, in www.federalismi.it, 2020.
[7] Così, di recente, Cons. St., sez. VI, 8 luglio 2022, n. 5746, in www.giustizia-amministrativa.it. Per un commento si v. anche P. Marzaro, Il silenzio assenso e l’infinito della semplificazione. La scomposizione dell’ordinamento nella giurisprudenza sui procedimenti autorizzatori semplificati, in Riv. giur. urb., 2022, 584-588.
[8] Sul punto M. Calabrò, Il silenzio assenso nella disciplina del permesso di costruire. L’inefficacia della decisione tardiva nel d.l. n. 76 /2020 (c.d. decreto semplificazioni), in questa Rivista, 26 novembre 2020. Sempre nel senso della ritenuta nullità di un provvedimento tardivo sull’istanza di permesso di costruire, G. Corso, Silenzio-assenso: il significato costituzionale, in Nuove autonomie, 2021, 9 ss., ha osservato come le recenti novelle legislative abbiano condotto all'attribuzione al silenzio-assenso di una forza limitativa del potere amministrativo, che con la formazione di questo si esaurisce, conseguendone una rinnovata connessione tra il piano della (in-)validità, sotto forma di nullità, e quello della (in-efficacia) della determinazione espressa tardiva.
[9] Così. M.A. Sandulli, Silenzio assenso e inesauribilità del potere, in www.giustizia-amministrativa.it, 24 maggio 2022.
[10] Così A. Travi, Silenzio-assenso e conformità urbanistica delle opere, in Foro it., 2022, 430 ss., il quale ha osservato come la individuazione delle condizioni per la maturazione del silenzio-assenso non siano rimesse alla giurisprudenza, essendo definite dalla legge, con la conseguenza che il giudice amministrativo non può sovrapporre valori diversi a quelli che la legge abbia sancito e stabilito nel prevedere e regolare l’istituto. In definitiva, in tale ottica, si è ribadito che se la legge non stabilisce che la conformità urbanistica rappresenti una condizione per la formazione del silenzio-assenso, quest’ultimo si forma anche in assenza di conformità urbanistica, fatta salva l’eventuale illegittimità degli effetti così prodotti e la loro conseguente annullabilità nei modi e nei termini previsti dalla legge.
[11] Così, di recente, Cons. St., sez. II, 17 ottobre 2022, n. 8840, in www.giustizia-amministrativa.it, in cui si è ulteriormente specificato che l'esercizio del potere di autotutela è espressione di una rilevante discrezionalità che non esime, tuttavia, l'Amministrazione dal dare conto, sia pure sinteticamente, della sussistenza dei menzionati presupposti e l'ambito di motivazione esigibile è integrato dall'allegazione del vizio che inficia il titolo edilizio, dovendosi tenere conto, per il resto, del particolare atteggiarsi dell'interesse pubblico in materia di tutela del territorio e dei valori che su di esso insistono, che possono indubbiamente essere prevalenti, se spiegati, rispetto a quelli contrapposti dei privati, nonché dall'eventuale negligenza o malafede del privato che ha indotto in errore l'Amministrazione. Nello stesso senso anche Cons. St., sez. VI, 28 dicembre 2021, n.8641, ivi; T.A.R. Friuli Venezia Giulia, sez. I, 14 marzo 2022, n. 135, ivi; T.A.R. Campania Napoli, sez. VIII, 1° ottobre 2021, n. 6150, ivi.