Disposizioni urgenti per l’accelerazione dei giudizi amministrativi relativi a opere o interventi finanziati con il PNRR
L’art. 3 del d.l. 7 luglio 2022 n. 85 ha dettato disposizioni per l’accelerazione dei giudizi amministrativi relativi a opere o interventi finanziati con il PNRR manifestamente rivolte a vanificare l’effettività della tutela giurisdizionale erogabile dal giudice amministrativo e che allontanano il processo amministrativo dal rispetto dal principio fondamentale del giusto processo.
Il Comitato di redazione della Sezione diritto e processo amministrativo della rivista Giustiziainsieme, pur consapevole dello sforzo che nell’attuale momento storico è richiesto all’intero ordinamento per assicurare la massima efficienza possibile dell’azione amministrativa per non pregiudicare il raggiungimento degli obiettivi PNRR, intende manifestare al riguardo la propria preoccupazione sulla grave compromissione che le nuove norme arrecano alla tutela giurisdizionale erogabile dal giudice amministrativo, nel fermo convincimento che il giudice amministrativo rappresenti una risorsa da salvaguardare e non un fattore di crisi dell’efficienza amministrativa.
Il Comitato di redazione ritiene di fare proprie e di esprimere nei termini essenziali di seguito riportati le considerazioni critiche che emergono a prima lettura dalle norme introdotte dall’art 3 del dl 7 luglio 2022 n. 85, auspicando che ciò sia utile affinché vengano apportate le opportune modifiche e correzioni al testo normativo.
Problema dell’individuazione dei giudizi che abbiano ad oggetto “una procedura amministrativa che riguardi interventi finanziati in tutto o in parte con le risorse previste dal PNRR”.
Il comma 5 prevede l’applicazione in ogni caso a questi giudizi dell’art 119, c. 2 (oltre che dell’art 120, c 9) del c.p.a.; ovvero la dimidiazione dei termini processuali con conseguenti rischi di inammissibilità delle impugnazioni delle sentenze, di improcedibilità dei ricorsi non tempestivamente depositati, in genere di caos sui termini di deposito delle memorie, dei documenti e delle repliche (oltre che delle sentenze e dei dispositivi). Sarebbe necessario prevedere che i Presidenti dei Tribunali o delle Sezioni cui sono assegnati i ricorsi, indicassero, con inserimento sul sito, sentite le p. A. (o soggetti equiparati) parti del giudizio o la Presidenza del Consiglio dei Ministri, se questo rientra o meno tra quelli interessati dalla disposizione, tanto ai fini della certezza dei termini di “scambio” degli atti e dei documenti in vista dell’udienza, quanto ai fini della scusabilità dell’errore di chi, in assenza di una tale indicazione, non rispettasse i termini. Sussiste inoltre un problema di coordinamento con il comma 3, laddove prevede che le p.A. sono tenute a rappresentare che il ricorso ha a oggetto una procedura amministrativa rientrante nella disposizione, ma non stabilisce alcun termine per tale adempimento.
Il comma 1 prevede all’ultimo periodo che, nel caso in cui l’udienza pubblica non sia celebrata nei termini (estremamente stringenti) previsti dallo stesso comma, la misura cautelare perde efficacia.
Il ricorrente è quindi pregiudicato dalle tempistiche fissate dal giudice. La disposizione, più rigida di quella introdotta dal comma 8-bis dell’art. 120 c.p.a. (che prevede che le misure cautelari siano “disposte” per una durata non superiore a 60 gg. dalla pubblicazione della relativa ordinanza, “fermo restando quanto previsto dal comma 3 dell’articolo 119” e sembra dunque più dare una “guida” al giudice, da coordinare con la sollecita fissazione del merito, che stabilire un tempo massimo di efficacia della misura concessa, facendola automaticamente decadere al suo spirare) è tanto più assurda e grave in quanto si applica ai giudizi in corso e non è neppure esplicitato che (come sembra corretto ritenere) vi si applichi la sospensione feriale.
Il comma 1 fissa tempistiche iper-accelerate per la definizione dei giudizi in caso di accoglimento dell’istanza cautelare e il comma 2 condiziona la decisione del giudice in sede cautelare (oltre che per la fissazione di merito) all’onere di motivare sul rispetto dei tempi del PNRR.
Si riduce, ulteriormente, la possibilità di concedere misure cautelari e si chiede in sostanza al giudice di rinunciare al suo ruolo di dare giustizia, impedendo, se del caso, che un atto illegittimo produca i suoi effetti (come pure imposto dalla direttiva UE 2007/66), pur di non compromettere il rispetto dei tempi del PNRR; come se questa tempistica possa di per sé consentire di derogare ai principio di legalità dell’azione amministrativa, di effettività della tutela giurisdizionale e alle norme anti corruzione.
Il comma 1 prevede che, in caso di accoglimento dell’istanza cautelare, il giudice disponga il deposito dei documenti necessari e l’acquisizione delle eventuali altre prove occorrenti.
La previsione è sicuramente apprezzabile, ma dovrebbe valere sempre, in forza degli artt. 55, comma 12 e 65 c.p.a., e non essere collegata all’accoglimento dell’istanza cautelare.
Il comma 3 dispone che “Le pubbliche amministrazioni sono tenute a rappresentare che il ricorso ha ad oggetto una procedura amministrativa che riguarda interventi finanziati in tutto o in parte con le risorse previste dal PNRR”.
Non è però, come detto, previsto un termine entro il quale le pubbliche amministrazioni debbono rappresentare quanto richiesto, né le modalità con cui debbano farlo; e neppure un obbligo delle segreterie degli uffici giudiziari di darne immediata comunicazione alle altre parti. Con quanto ne consegue in termini di incertezza sui termini processuali.
Il comma 4 individua come parti necessarie del processo, facendo espresso riferimento anche all’obbligo di integrazione del contraddittorio, “le amministrazioni centrali titolari degli interventi previsti nel PNRR ai sensi dell’art 1, c 1, lett l), dl 77/21”.
Il rinvio all’art 1, c 1, lett l), dl 77/21 è privo di qualsivoglia utilità perché fa anch’esso generico riferimento a “ministeri e strutture della Presidenza del Consiglio dei ministri responsabili dell’attuazione delle riforme e degli investimenti previsti dal PNRR. L’integrazione del contraddittorio, oltre ad essere già di per sé complessa per la difficile individuazione delle suddette parti, va peraltro manifestamente nel senso opposto alle esigenze di accelerazione, in nome delle quali si impone addirittura al giudice di rinunciare al suo ruolo e di anticipare d’ufficio le udienze già fissate sui ricorsi pendenti.