Ordine di demolizione e diritto all’abitazione. Riflessioni sulla perimetrazione del concetto di abuso di necessità (nota a T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VII, 24 gennaio 2022, n. 474)
di Cristina Agliata
Sommario: 1. La vicenda. - 2. Brevi premesse sulla natura giuridica ripristinatoria delle sanzioni edilizie. - 3. Diritto all’abitazione. Il giudizio di bilanciamento tra interessi pubblici e private necessità. - 4. Rapporto tra ordine di demolizione e diritto all’abitazione: quando può parlarsi di abuso di necessità. - 5. Conclusioni.
1.La vicenda
Con la sentenza in commento il Tar Campania, Napoli, ha affrontato il delicato tema della applicabilità delle sanzioni ripristinatorie avverso opere edilizie abusive, in relazione al diritto all’abitazione[1] ed ai principi euro unitari a tutela dello stesso.
La vicenda riguarda, più in particolare, l’impugnativa del provvedimento emesso dal Comune di Santa Maria la Carità con il quale è stata ingiunta la demolizione di talune opere abusive rinvenute nel fabbricato di proprietà delle ricorrenti; opere consistenti nella realizzazione, su un immobile edificato in assenza di idoneo titolo abilitativo, di una tettoia di circa 35 mq, nonché nel completamento della porzione sita al piano terra della parte retrostante al fabbricato.
A sostegno delle proprie ragioni, le parti ricorrenti hanno dedotto la violazione dell’articolo 1 del D.M 28 marzo 1985, la violazione dei principi di legittimo affidamento e buona fede, nonché la violazione del diritto all’abitazione previsto dagli articoli 6 e 8 della CEDU. Il collegio ha ritenuto le doglianze non meritevoli di accoglimento ed ha rigettato il ricorso.
Nel dirimere la controversia i giudici hanno, in primis, evidenziato come la conclamata abusività dell’intero plesso edilizio fosse da ritenersi elemento fondante il provvedimento gravato, giustificato dalla mancanza assoluta di un titolo abilitante; inoltre, hanno sottolineato come il decorso di un ampio lasso di tempo non fosse da considerarsi elemento idoneo ad inficiare la legittimità dell’ordine sanzionatorio emesso. Sul tema, il collegio ha richiamato i numerosi arresti in tema di ordini di ripristino intervenuti anche a distanza di anni rispetto alla realizzazione degli abusi e sulla non necessità di una motivazione specifica sulla attualità e prevalenza dell’interesso pubblico rispetto all’affidamento del privato[2].
In particolare il T.A.R. Campania ha ricordato che l’Adunanza Plenaria, con sentenza n.9 del 2017, ha affermato il principio secondo cui il decorso del tempo non incide sulla doverosità degli atti volti a perseguire l’illecito attraverso l’adozione della misura sanzionatoria: stante il suo carattere di vincolatività, l’ordinanza di demolizione di un immobile abusivo, anche se adottata tardivamente, non necessita di specifica motivazione sulla prevalenza dell’interesse al ripristino della situazione quo ante, né comporta una puntuale comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti[3].
L’abuso edilizio è illecito permanente, pertanto, ogni provvedimento repressivo posto in essere dall’amministrazione, anche a distanza di tempo dalla commissione dello stesso, non è da ritenersi emanato nei riguardi di un illecito esaurito, bensì posto in essere avverso una situazione antigiuridica che perdura sino al momento del venire in essere della sanzione[4].
In relazione alla dedotta violazione del principio di affidamento, il collegio ha sottolineato che nel caso di abusi edilizi, non sussiste alcun affidamento incolpevole e come tale meritevole di tutela, ma piuttosto l’auspicio dell’inerzia sanzionatrice dell’ente locale.
Diversamente la tutela è invocabile laddove un privato che abbia correttamente ed in senso compiuto reso nota la propria posizione all’Amministrazione, venga da questa indotto con un suo provvedimento a ritenere legittimo il suo operato. Ci si riferisce, ad esempio, all’ipotesi del permesso di costruire dapprima rilasciato e poi successivamente annullato. In tal caso, infatti, recente giurisprudenza ha affermato che l’annullamento della concessione a seguito dell’accertamento della sua illegittimità non possa operare in automatico ma necessiti di una compiuta valutazione comparativa degli interessi in gioco. Fra questi, ad esempio, l'affidamento creato dalla Pubblica Amministrazione con il rilascio del permesso di costruire, la situazione di apparente legalità protratta nel tempo e la conseguente buona fede generata in capo al costruttore. L'annullamento in autotutela, dunque, necessita di una valutazione e comparazione degli interessi coinvolti. E’ solo mediante un’articolata e completa motivazione, infatti, che il provvedimento potrà dirsi legittimo. Tale obbligo, inoltre, sarà più stringente qualora le scelte pregresse che hanno ampliato la sfera giuridica dei privati siano state non già frutto di comportamenti fraudolenti da parte degli stessi, ma maturate in un rapporto con la pubblica amministrazione caratterizzato, apparentemente, dalla reciproca buona fede[5].
Per quanto concerne, invece, il presunto contrasto tra il provvedimento sanzionatorio ed i principi euro-unitari a tutela del diritto all’abitazione il collegio ha specificamente evidenziato come nella specie venisse in rilievo un immobile già oggetto di un ordine demolitorio non adempiuto e divenuto inoppugnabile per decorso del tempo, nonché una ‘nuova’ costruzione realizzata sul preesistente fabbricato abusivo, elementi questi connessi ad una maggiore fruibilità dell’edificio piuttosto che a soddisfare esigenze minime di abitazione , come tali inidonei a concretizzare un’ipotesi di abuso di necessità.
La demolizione è da ritenersi, ad avviso del collegio, conseguenza naturale e vincolata della violazione urbanistica; in tal senso, non sussisterebbe, pertanto, alcun diritto “assoluto” all’inviolabilità dello spazio abitativo, desumibile dai principi euro unitari, tale da precludere l’esecuzione dell’ordine di demolizione di un immobile abusivo, finalizzato al ripristino dell’ordine giuridico violato.
Utile a tale finalità il richiamo del collegio agli sviluppi giurisprudenziali nazionali che hanno portato a qualificare la demolizione, a differenza della confisca, non una “pena”, ma una “misura di riparazione del danno”[6].
In ultimo, è stata ritenuta infondata la presunta violazione del diritto all’abitazione, non avendo le parti provveduto a dimostrare in giudizio di non disporre di un immobile diverso da quello oggetto del provvedimento gravato.
2. Brevi premesse sulla natura giuridica ripristinatoria delle sanzioni edilizie
Differenti sono stati gli orientamenti giurisprudenziali susseguitesi nel tempo e, in particolare, due sono le impostazioni da considerare: una prima, ad avviso della quale le misure repressive previste dal d.P.R n.380 del 2001 sarebbero vere e proprie sanzioni a cui corrisponderebbero illeciti amministrativi[7] ed un’altra, ad oggi prevalente, ad avviso della quale le misure repressive in materia edilizia avrebbero natura ripristinatoria[8] in quanto provvedimenti rientranti nell’esercizio della funzione esecutiva della pubblica amministrazione[9]. Tali provvedimenti mirano non già a sanzionare un comportamento quanto piuttosto a rimuovere gli effetti che dal comportamento illecito derivano e che ledono l’assetto urbanistico-edilizio di una determinata porzione di territorio[10].
Tale impostazione, cristallizzando la considerazione sulla natura permanente degli illeciti edilizi, esclude che ad essi possa applicarsi il principio di irretroattività. L’adozione della sanzione è doverosa, la pubblica amministrazione, infatti, laddove accerti l’illiceità dell’intervento è tenuta ad emanare la sanzione repressiva che non è soggetta né al termine di prescrizione né tantomeno a quello di decadenza.
La natura amministrativa della sanzione emessa assolve, da un lato, all’autonoma funzione ripristinatoria del bene giuridico leso e, dall’altro, riveste carattere reale e configura un obbligo di fare imposto per ragioni di tutela del territorio[11].
Il dibattito, stante la natura di illecito permanente della sanzione edilizia e la doverosità dell’azione amministrativa volta al ripristino del corretto assetto edilizio-urbanistico dell’area, si è concentrato sulla sussistenza o meno dell’obbligo motivazionale in relazione al richiamo al principio dell’affidamento in relazione agli abusi edilizi.
Maggioritaria e sedimentata giurisprudenza[12] ha affermato l’insussistenza di un obbligo motivazionale specifico, tenuto conto del fatto che l’ingiunzione di demolizione appare adeguatamente motivata mediante l’indicazione del carattere abusivo dell’opera e dei parametri normativi asseritamente violati. Il privato cui viene notificato l’ordine di demolizione, anche a distanza di tempo, non vanta alcuna posizione di legittimo affidamento, tra l’altro considerato impropriamente richiamato[13]; l’ordinamento, infatti, tutela l’affidamento di chi versa in una situazione antigiuridica soltanto laddove esso presenti un carattere incolpevole e non nel caso in cui un soggetto abbia reiteratamente posto in essere azioni illecite. Come sottolineato anche dal collegio nella sentenza che si annota, il decorso tempo non può, in ogni caso, legittimare l’illiceità del comportamento di un soggetto che confida nell’omissione dei controlli o dell’inerzia dell’amministrazione nell’esercizio del potere di vigilanza.
Ad avviso di un diverso e minoritario orientamento[14], invece, l’ingiunzione di demolizione sarebbe in linea di principio sufficientemente motivata con l’affermazione dell’accentuata abusività fatta salva un’eccezione, rinvenibile nell’ipotesi in cui per un lungo lasso di tempo l’amministrazione preposta alla vigilanza abbia ingenerato un legittimo affidamento nel privato; in tal caso sussisterebbe un obbligo di motivazione da parte dell’amministrazione che dia conto, alla luce della tipologia di abuso di cui trattasi, del prevalente interesse pubblico fatto valere dall’amministrazione.
L’Adunanza Plenaria, con sentenza n.9 del 2017 ha aderito al primo orientamento affermando il principio secondo cui “il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pur tardivamente, la demolizione dell’immobile abusivo mai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata non richiede alcuna specifica motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse che impongono la rimozione dell’abuso”[15]. Tale principio, ad avviso della Plenaria, non ammette deroghe neppure nel caso in cui la demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso. Nel caso di tardiva adozione del provvedimento di demolizione avverso un’edificazione sine titulo, infatti, la mera inerzia da parte dell’amministrazione non è idonea a far divenire legittimo ciò che ha connotati di illegittimità ab origine[16].
L’ermeneutica fornita dalla Plenaria è in linea con quanto affermato dalla giurisprudenza della Corte EDU[17] che ha ritenuto non in contrasto con l’art.1 protocollo 1 l’erogazione dell’ordine di demolizione, anche dopo un lungo lasso di tempo. Le argomentazioni dei giudici comunitari si fondano proprio sulla natura ripristinatoria della misura che, nel rispetto del principio di proporzionalità, è tendente alla riparazione effettiva di un danno e non è finalizzata, nella sua essenza, a punire i trasgressori[18].
L’ordinamento, dunque, tutela l’affidamento solo qualora esso sia incolpevole, mentre la realizzazione di un’opera abusiva, concretizzandosi in una volontaria attività del costruttore contra legem, giustifica l’azione ripristinatoria posta in essere avverso l’illecito edilizio, che, in virtù del suo intrinseco carattere permanente, si protrae e conserva nel tempo la sua natura. L’azione demolitoria posta in essere dall’amministrazione tutela 'in re ipsa' l’interesse pubblico alla repressione dell’abuso[19].
3. Diritto all’abitazione. Il giudizio di bilanciamento tra interessi pubblici e private necessità
Alla luce di quanto osservato in merito alla natura giuridica della sanzione edilizia, quale misura necessitata a carattere ripristinatorio, è possibile procedere con l’analisi della relazione sussistente tra il riconoscimento del diritto all’abitazione e il dovere sussistente in capo alla pubblica amministrazione di sanzionare la realizzazione di immobili abusivi.
La Costituzione italiana non prevede un espresso riconoscimento del diritto all’abitazione, così come invece risulta rinvenibile nelle Carte costituzionali di altri Stati (ad es. Belgio, Portogallo, Spagna[20]); tuttavia, tale diritto può ritenersi evincibile da una serie di enunciati dai quali dottrina e giurisprudenza ne hanno desunto la sussistenza e la relativa riconducibilità nel novero dei diritti sociali[21]. Anche con riguardo alla normativa sovranazionale, nonostante l’abitazione sia configurabile come bene primario da tutelare in modo concreto, non è rilevabile una norma che espressamente contempli tare diritto; è l’operato dei giudici comunitari, ancora una volta, che ridiscute l’esistenza dello stesso, mettendone in luce l’emersione progressiva, la necessaria ponderazione e la conseguente indivisibilità in relazione agli ulteriori diritti civili, politici e sociali coinvolti [22].
Il fondamento del diritto all’abitazione è stato rinvenuto, in primis, nell’art.42 comma 2 della Costituzione. Nella funzione sociale [23]del diritto di proprietà, infatti, è stato a più riprese posto il suo ancoraggio costituzionale e contestualmente la necessarietà della sua contemperazione con altri diritti costituzionalmente garantiti e tutelati dall’ordinamento. Emblematica in tal senso è la sentenza della Corte Costituzionale n.404 del 1988 che, nell’affermare l’esistenza di un diritto sociale[24] all’abitazione collocabile fra i diritti individuali dell’uomo riconducibili all’articolo 2 della costituzione, quale norma a fattispecie aperta[25], fa discendere da tale riconoscimento importanti conseguenze sul piano della effettività della tutela, specie in relazione al bilanciamento con altri interessi costituzionalmente rilevanti[26].
Il diritto all'abitazione, partecipando della doppia natura di diritto inviolabile, da un lato, e diritto sociale dall’altro, diviene poi diritto “condizionato”[27], anche finanziariamente[28], sicché le scelte d’indirizzo devono necessariamente confrontarsi con le risorse economiche disponibili.
Su questo scenario di riferimento l’amministrazione competente è chiamata a sostanziare la propria azione attraverso un continuo bilanciamento degli interessi in rilievo[29].
Nell’ottica del bilanciamento, i differenti diritti si limitano reciprocamente dando vita a un sistema aperto a contenere in sé stesso tutte le situazioni meritevoli di tutela. Il compito di scegliere tra i vari possibili punti di equilibrio spetta al legislatore con il limite invalicabile della doverosità di non operare alcuno ‘sbilanciamento’ tendente ad eliminare taluni dei diritti socialmente riconosciuti, pena la sua declaratoria d’incostituzionalità[30].
Ne rappresenta conferma la copiosa giurisprudenza costituzionale relativa, prevalentemente, alla disciplina sui condoni edilizi[31] nel tempo emanata ed in particolare sul suo carattere di specialità, ma anche all’utilizzo di beni del patrimonio comunale, appunto, per finalità abitative.
Esula dalla presente riflessione un’analisi compiuta della giurisprudenza costituzionale in tema di abitazione; merita però di essere richiamata la disposizione contenuta nell’art 4. della legge 14 ottobre 1993 della regione Sicilia, recante la previsione circa la possibilità di concedere un diritto di abitazione sul bene acquisito al patrimonio comunale, sempreché l’opera oggetto dell’abuso sia adibita a “dimora abituale e principale del responsabile dell’abuso e del suo nucleo familiare”[32].
Più volte richiamata la natura discrezionale del riconoscimento del diritto all’abitazione, la Corte Costituzionale ha affermato in relazione alla norma predetta la non irrazionalità della previsione[33] rispetto all’esigenza, di rilievo anche costituzionale, di disciplinare il problema dell’abusivismo edilizio e allo stesso tempo assicurare un’abitazione ai bisognosi[34]. La Consulta, in altri termini, contempla la possibilità di configurare la sussistenza di uno stato di necessità, con conseguente rimessione alla discrezionale valutazione da parte dell’amministrazione, circa la presenza dello stesso alla luce delle risultanze fattuali.
Nell’emettere un ordine di demolizione, l’amministrazione è tenuta, in tale ottica, ad operare un necessario e proporzionato bilanciamento tra la doverosità di porre in essere tutte le azioni necessarie a tutelare il territorio, ed impedire che tali attività illecite si protraggano sullo stesso, e il rispetto del diritto all’abitazione, così come identificato in sede giurisprudenziale.
Ci si può allora domandare se il diritto all’abitazione prevalga sull’onere dell’amministrazione di porre in essere tutte le azioni idonee a determinare un corretto governo del territorio, e, soprattutto, se lo stesso diritto possa essere qualificato in termini di diritto assoluto intrinsecamente sufficiente a determinare la dichiarazione di illegittimità del provvedimento di demolizione.
4. Rapporto tra ordine di demolizione e diritto all’abitazione: quando può parlarsi di abuso di necessità
Al fine di rispondere a tale interrogativo, occorre evidentemente indagare il rapporto sussistente tra l’ordine di demolizione ed il diritto all’abitazione, nei casi in cui, come quello oggetto della pronuncia in commento, le parti intendano rimarcare la sussistenza di uno stato di necessità alla base della violazione edilizia posta in essere.
La premessa giuridica da cui partire è, come detto, la natura giuridica della sanzione amministrativa in oggetto, ovvero dalla sua riconosciuta finalità ripristinatoria (indirizzata ad assicurare la ricomposizione dell'originario assetto del territorio) e giammai punitiva (non costituente pena nel senso indicato dalla giurisprudenza della Corte EDU). Inoltre, il provvedimento di demolizione determina un obbligo di fare ed ha natura reale, nel senso che produce effetti sul soggetto che è in rapporto con il bene, indipendentemente dall'essere stato o meno quest'ultimo l'autore dell'abuso[35].
Giova preliminarmente richiamare la sentenza delle Corte EDU, n. 46577 del 2015 che, nel ribadire l’esigenza di effettiva tutela del principio di proporzionalità[36] nell’esercizio dell’azione sanzionatoria, introduce una questione di indubbio interesse: l’azionabilità della scriminante[37] dello stato di necessità in relazione agli abusi edilizi posti in essere da parte di soggetti del tutto privi di idonee soluzioni abitative. La Corte EDU nella succitata pronuncia ha, di fatto, sancito il principio secondo il quale il giudice dell’esecuzione, nell’emettere l’ordine di demolizione, deve valutare la proporzionalità della stessa rispetto allo scopo, nel caso in cui le opere illecite siano necessarie per esigenze abitative. La Corte EDU ha, in relazione al caso di specie, precisato la doverosità, a fronte dell’emanazione di misure invasive poste in essere a salvaguardia della legalità, di procedere ad una valutazione circa le condizioni economiche e personali in cui versano i soggetti destinatari delle stesse.
Alla luce della succitata pronuncia, il collegio ha ritenuto che l’ordine di demolizione posto in essere non fosse in contrasto con quanto stabilito dai giudici sovranazionali, osservando come in tema di reati edilizi non sia invocabile un diritto ‘assoluto’ all’abitazione, tale da precludere l’esecuzione dell’ordine di demolizione.
Come già osservato, ad avviso della giurisprudenza prevalente, il diritto all’abitazione deve necessariamente essere contemperato, alla luce del succitato principio di proporzionalità, con l’obiettivo di ripristinare l’ordine giuridico violato dal comportamento dell’autore dell’abuso edilizio, e non può essere invocato con l’intento di dichiarare illegittimo, sic et simpliciter, l’ordine di demolizione, essendo lo stesso una doverosa espressione del diritto della collettività a rimuovere la lesione di un bene o interesse costituzionalmente tutelato[38].
Tale diritto, infatti, riconducibile agli articoli 2 e 3 Cost. e all’articolo 8 CEDU, non è tutelabile in termini assoluti e deve necessariamente essere contemperato con gli altri valori di rango costituzionale come, ad esempio, l’ordinato sviluppo del territorio[39]. Il contemperamento dei differenti interessi coinvolti e la riconducibilità del diritto all’abitazione nel catalogo dei diritti sociali[40] rende quanto mai opportuno comprendere in che modo il dovere dello Stato di intervenire per dare attuazione concreta ai precetti costituzionali possa dirsi adempiuto nel caso in cui i soggetti coinvolti invochino una violazione di tale diritto. Da un lato, il diritto all’abitazione nella sua più ampia accezione, e dall’altro, l’interesse pubblico connesso al ripristino dello status quo ante.
Partendo dal richiamato principio, ad avviso del quale non è giuridicamente apprezzabile una assoluta prevalenza del diritto all’abitazione sull’interesse pubblico a ristabilire l’ordine giuridico violato, è doveroso affermare la sussistenza del dovere dell’amministrazione di procedere ad una compiuta valutazione delle risultanze fattuali del caso concreto[41].
La fattispecie dello stato di necessità si connota per l'intima connessione causale tra due fatti giuridici: la "situazione di necessità" ed il "comportamento necessitato"[42] ed è doveroso comprendere in che misura le stesse si trovino in relazione per verificarne la sussistenza e l’azionabilità dello stesso come scriminante atta ad eliminare l’antigiuridicità di un determinato comportamento[43], valutazione da porre in essere ponderando in che misura gli interessi coinvolti siano in relazione nel caso concreto.
Giurisprudenza e letteratura si sono interrogati sul tema, al fine di individuare in che misura possa essere riconosciuta l’esimente dello stato di necessità in capo ai soggetti che vertano in una situazione di emergenza abitativa e siano destinatari di un ordine di demolizione.
Ci si è chiesti, in particolare, se tale riconoscimento possa trovare fondamento nel concetto di danno grave alla persona, secondo quanto previsto dall’ articolo 54 c.p. e se allo stesso possano considerarsi connesse anche situazioni che solo indirettamente pongano in pericolo l’integrità fisica dei soggetti[44]. È nell’interpretazione più o meno rigorista del concetto di danno grave alla persona che, ad avviso di parte della dottrina[45] e di copiosa giurisprudenza[46], è rinvenibile l’applicabilità dello stato di necessità, inteso in tutte le sue sfaccettature.
Il pericolo predetto, si rileva per alcuni nella minaccia di un danno grave alla persona, consistente nella lesione di un diritto non patrimoniale[47], ma personale[48], che comprende in sé non solo i beni della vita e dell’integrità fisica ma anche della personalità e della moralità; al contrario, per altri, tale danno non è riscontrabile in base ad una astratta valutazione della necessità connessa ai casi di bisogno economico[49].
È opportuno chiedersi, dunque, se di tale pericolo possa essere delineata una cornice tale da consentirne una automatica applicazione, oppure se sia opportuno valutare compiutamente le circostanze fattuali delle differenti situazioni oggetto di analisi.
Il concetto di casa, connesso a quello di abitazione, ha valenza autonoma che non dipende necessariamente dalla classificazione che ne fa il diritto interno. Occorre al riguardo intendersi su cosa rende un luogo ‘casa’[50]; la classificazione del bene e la tutela dello stesso o le circostanze di fatto, i collegamenti continui con un luogo specifico la cui demolizione determinerebbe il venir meno di una condizione di sicurezza per un soggetto determinato[51].
Come è noto, ampio margine di discrezionalità è riconosciuto all’autorità preposta a tale valutazione, che nell’esplicare la propria attività deve tener conto di una serie di fattori[52]. Quando, come nel caso in esame, un'abitazione o una pertinenza di essa sia stata costruita senza alcun titolo abilitativo, in assenza dell'autorizzazione necessaria ai sensi della legislazione nazionale, vi è dunque un conflitto tra il diritto della persona al rispetto della propria casa, e il diritto degli altri membri della comunità alla tutela del corretto assetto di un determinato territorio[53].
Un conflitto da cui deriva una interferenza, che determina la lesione di uno dei due beni di cui si chiede tutela, e al venire in essere della quale è lecito domandarsi se la stessa sia del tutto giustificata dall’ esecuzione di un provvedimento venuto in essere per scopi di interesse pubblico.
Ciò a maggior ragione se si considera la difficile perimetrazione del riconoscimento del diritto all’abitazione, diritto ancora oggi dai confini indefiniti[54]. Il diritto all’abitazione, infatti, è concepito come strumento indispensabile per consentire la concreta attuazione dei diritti fondamentali dell’individuo; la possibilità di fruire di una casa, ad esempio, rappresenta una garanzia di protezione della riservatezza dell’individuo, ma tale garanzia non è da sola elemento sufficiente a fondare lo stato di necessità.
Interessante è anche l’ermeneutica fornita in merito, dal giudice penale[55] e dai richiami ulteriori dallo stesso delineati. E così non è legittimo invocare un diritto alla casa[56] così come un generico diritto ad una vita sana o, ancor più in astratto, un diritto ad una vita privata e familiare. In particolare, il giudice di legittimità ha specificato che l’ordinamento, nel porre in essere l’ordine di demolizione non ha lo scopo di violare in astratto il diritto individuale di un soggetto, bensì quello di rimuovere la lesione di un bene costituzionalmente tutelato al pari del diritto all’abitazione.
Necessario è, dunque, valutare compiutamente le risultanze fattuali del caso concreto, nel rispetto dei principi e degli interessi coinvolti e tutelati tanto a livello nazionale quanto sovranazionale, tenuto conto dell’ingerenza che i provvedimenti ripristinatori in questione hanno sulla vita privata dei soggetti e della proporzionalità degli stessi con il succitato scopo di tutelare l’assetto urbanistico territoriale.
5. Conclusioni
La caratterizzazione della natura giuridica dell’ordine di demolizione[57] ha messo in luce come da tale provvedimento non solo derivi un obbligo di fare ma discenda altresì una incisione degli interessi del soggetto destinatario, producendo effetti nella sfera giuridica dello stesso. Ciò ha reso quanto mai opportuno comprendere in che termini il diritto del soggetto al mantenimento dell’abitazione oggetto dell’illecito potesse dirsi prevalente nell’ipotesi in cui l’immobile gravato fosse l’unico in possesso del destinatario del provvedimento.
La giurisprudenza sia nazionale che comunitaria ha, sostanzialmente, ridefinito la fattispecie. La natura ripristinatoria predetta, unitamente con la determinazione circa l’insussistenza di un obbligo motivazionale specifico nel caso in cui fosse decorso un certo arco di tempo tra la produzione dell’illecito ed il provvedimento hanno dato modo di rilevare l’insensibilità del provvedimento di demolizione al decorso del tempo, sottolineando l’infondatezza di qualsiasi determinazione circa il legittimo affidamento del privato che, all’esito dell’inerzia dell’amministrazione, avrebbe erroneamente radicato il proprio affidamento nel mantenimento della situazione di illiceità perpetrata.
In relazione a quanto detto, è stato più volte messo in evidenza un presunto contrasto con l’art 8 della CEDU per la sua finalità di tutela del singolo da indebite azioni dei pubblici poteri; contrasto questo che impone di valutare i caratteri di tale indebita ingerenza al fine di poterla, eventualmente, ‘arginare’, posto che il confine tra obblighi positivi e negativi posti a carico degli Stati contraenti, non si presta però ad una definizione univoca.
Nell'adempiere ad entrambi gli obblighi, infatti, lo Stato deve trovare un giusto equilibrio tra i concorrenti interessi generali e particolari, nell'ambito del margine di apprezzamento che gli è conferito. Una procedura, questa, da esplicarsi equamente[58], ricorrendo al principio di proporzionalità tra la misura posta in essere e lo scopo perseguito.
La Corte Edu, dunque, ha l’onere di verificare che le autorità statuali abbiano effettuato un corretto bilanciamento tra gli interessi concorrenti dell'individuo e della collettività ed è forse per tale motivo che spesso, sul tema, viene richiamato tale bilanciamento, per comprendere in che misura l’operato concreto dell’amministrazione si sia svolto in ottemperanza dei principi comunitari. L'art. 8, però, come più volte specificato tanto dalla stessa Corte Edu quanto dalla Corte di Cassazione, non configura, in relazione all’abitazione, un diritto avente carattere ‘assoluto’, considerato, piuttosto, frutto di un ragionevole contemperamento tra più interessi coesistenti concorrenti, ed è proprio questo che ne ha evidenziato non pochi profili problematici.
Al diritto all’abitazione inteso nella sua più ampia accezione, infatti, non è stata riconosciuta valenza di diritto assoluto, azionabile come metro idoneo a valutare in astratto l’illegittimità del provvedimento di demolizione, ma un valore rinvenibile nella sua accezione di ‘diritto sociale’, da leggere in un bilanciamento con altri interessi giuridicamente rilevanti. Tali diritti, sostanziandosi in pretese all’ottenimento di prestazioni positive da parte dello Stato in materia sociale ed economica, vengono necessariamente ad essere condizionati, nella loro attuazione, dal bilanciamento con altri interessi tutelati dalla Costituzione.
Tale necessaria opera di bilanciamento presuppone però un’indubbia interferenza, intercorrente fra il diritto di un soggetto al mantenimento e alla tutela della propria abitazione e la necessarietà dell’ordine di demolizione emesso al fine di tutelare il corretto assetto del territorio e la legalità dello stesso.
Nel caso di specie, la questione confluisce nella doverosa attuazione da parte dell’amministrazione competente dell’obbligo di emanare un provvedimento di ripristino della legalità violata, più in particolare l’ordine di demolizione, nel caso in cui si accerti l’abusività ab origine di una determinata costruzione. Non si tratta quindi di interferenza tra due diritti ma tra un diritto ed un obbligo, quello statuale, di provvedere ad eliminare le improprie modifiche dell’assetto territoriale.
Ciò rende quanto mai opportuno comprendere il discrimen tra queste due posizioni e la ratio sottesa alla scelta, discrezionale, di azionare una tutela che sia aperta a riconoscere centralità alla situazione concreta. Una valutazione che tiene conto delle differenti situazioni coinvolte e non più incentrata sulla delineazione di un contorno rigido come, forse, si era orientati a ritenere in precedenza.
Nell’ipotesi in cui le parti dichiarino la sussistenza di uno stato di necessità a fondamento del determinato abuso, l’amministrazione dovrà valutare compiutamente le risultanze fattuali al fine di giungere ad una determinazione sull’opportunità o meno di porre in essere l’azione ripristinatoria nel rispetto del principio di proporzionalità.
Proporzionalità e bilanciamento sono d’altronde concetti chiave del nostro sistema costituzionale, genesi di modelli giuridici e tecniche argomentative che, nel tempo, si sono occupati su vari livelli della protezione dei diritti dell’uomo. La proporzionalità, intesa nella sua più ampia accezione, trova applicazione in diversi ambiti del diritto; nel diritto costituzionale, ad esempio, è vincolo generale dell’attività legislativa nonché parametro di legittimità della legislazione statale; nel diritto amministrativo, invece, si pone come metro per rilevare i vizi dell’atto, spostando il focus sul rapporto amministrativo e mettendo in luce in canone della ragionevolezza dell’azione amministrativa[59]. Così anche nell’ordinamento dell’unione europea la proporzionalità è divenuta nel tempo criterio di interesse generale, avente una propria autonomia ed idoneo a delimitare le libertà in modo che vi fosse un concreto bilanciamento tra le diverse posizioni tutelate.
Nel contesto del sistema convenzionale, il principio di proporzionalità non ha assunto un ruolo di ‘barriera’[60] quanto piuttosto di clausola limitativa di specifici diritti garantiti dalla Cedu. E forse, proprio per tale motivo, il presunto contrasto con la disciplina della Corte Edu è stato più volte rimarcato in tema di ordine di demolizione.
L’azione dei pubblici poteri, infatti, è tenuta al rispetto della legge ma la sua attuazione è da operarsi nel doveroso bilanciamento dei differenti interessi coinvolti, e ciò diviene ancor più pregnante, nel caso in cui vi sia da disporre un provvedimento che si assuma essere di gravità tale da poter compromettere la vita del soggetto destinatario.
Il principio di proporzionalità, dunque, riconosciuto e tutelato tanto a livello nazionale quanto comunitario, deve orientare il provvedimento amministrativo, che sarà ritenuto legittimamente emesso, appunto, nella misura in cui si ritenga essere proporzionale, all’esito di una compiuta istruttoria del caso concreto, alla funzione che intende perseguire.
In tema d’illeciti edilizi il concetto di proporzionalità è stato individuato dalla giurisprudenza interna, prima, e da quella convenzionale, poi, come rilevante, quale punto di equilibrio tra la legittima pretesa dell’ordinamento di rimuovere ciò che ha leso l’interesse pubblico e la rilevanza che determinate condizioni oggettive o soggettive possano assumere come limitazione alla pretesa azionata.
Il principio assume rilievo solo quando venga in gioco il diritto al rispetto della vita privata e familiare e del domicilio di una persona e non anche quando venga invocato un generico diritto alla tutela della proprietà. Ne consegue, dunque, che il rispetto del principio di proporzionalità è configurabile esclusivamente in relazione ad un immobile che sia destinato ad abituale abitazione della dimora.
Tuttavia, tale assunto, finisce per essere foriero di non pochi dubbi interpretativi, terreno fertile per il proliferarsi di differenti argomentazioni. Il principio di proporzionalità, da leggere nella sua dimensione procedurale e sostanziale, si rende applicabile, in relazione alle misure ripristinatorie, nella misura in cui sussistano determinate condizioni di emergenza, dai contorni ampi e senza dubbio non facilmente individuabili, lasciando uno spazio aperto ad incertezze probatorie e continue rideterminazioni.
[1]Sul diritto all’abitazione, ex multis: F. BESTAGNO, La dimensione sociale dell’abitazione nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, Milano, 2009; G. VENTURINI, S. BARIATTI (a cura di) Diritti individuali e giustizia internazionale, Milano, 2009.G. MARCHETTI,La tutela del diritto all'abitazione tra Europa, Stato e Regioni e nella prospettiva del Pilastro europeo dei diritti sociali, in Federalismi.it, 4/2018, 184 ss.; P. VIPIANA, La tutela del diritto all’abitazione a livello regionale, in Federalismi.it, 10/2014, 1 ss.; P. LOMBARDI, Riflessioni sul diritto all’abitazione tra Carta sociale europea, Corte costituzionale e PNRR, in Federalismi.it, 7/2022.
[2] T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 22.02.2010 n.860. Il decorso del tempo, lungi dal radicare in qualche misura la posizione giuridica dell’interessato, rafforza piuttosto il carattere abusivo dell’intervento (in tal senso – ex multis -: Cons. Stato, sez. VI, 27.3.2017, n. 1386; id., sez. VI, 6.3.2017, n. 1060).
[3]“Non sarebbe in alcun modo concepibile l’idea stessa di connettere al decorso del tempo e all’inerzia dell’amministrazione la sostanziale perdita del potere di contrastare il grave fenomeno dell’abusivismo edilizio, ovvero di legittimare in qualche misura l’edificazione avvenuta senza titolo, non emergendo oltretutto alcuna possibile giustificazione normativa a una siffatta – e inammissibile – forma di sanatoria automatica o praeter legem” in tal senso: Cons. Stato, Adunanza Plenaria sentenza n. 9/2017. Nel caso in cui l’Amministrazione adotti un ordine di demolizione di opere abusive a notevole distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, sostanziandosi in un atto di natura vincolata non è richiesta alcuna specifica motivazione circa la sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale all’irrogazione della sanzione in questione, non potendosi ritenere sussistente alcuna posizione di affidamento meritevole di tutela in capo al privato in ragione della prolungata inerzia della pubblica amministrazione.
[4] “L'ordinanza di demolizione, in quanto atto ad adozione e contenuti vincolati, non abbisogna … nemmeno della valutazione di un affidamento alla conservazione della situazione di fatto, che il decorso del tempo non potrebbe mai legittimare” (T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, 04.01.2021, n. 12; T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 1.10.2020 n. 679); “il lungo tempo trascorso dalla realizzazione dell'opera abusiva non è idoneo a radicare in capo al privato interessato alcun legittimo affidamento in ordine alla conservazione di una situazione di fatto illecita” (Cons. Stato, sez. V, 26.02.2021, n. 1637). In termini v. anche T.A.R. Campania Napoli, Sez. II, 9.5.2019, n. 2500.
[5] In tal senso: Cons. Giust. Amm. Reg. Sic., 20.5.2020, n. 325.
[6] Cass. pen., sez. III, 05.12.2016, n. 51709; Corte EDU, 29.10.2013, Varvara c. Italia; Corte EDU, 20 gennaio 2009, Sud Fondi c/ Italia.
[7] Ex multis: Cass. pen., 20.5.2014, n.20636; Id., 5.3.2008, n.9982. Ad avviso di tale orientamento alla confisca era attribuibile natura di sanzione amministrativa corrispondente all’illecito posto in essere, la lottizzazione abusiva.
[8] In tal senso, ex multis: T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, 9.12.2020, n. 5940.
[9] Sulla funzione esecutiva della pubblica amministrazione, F. BENVENUTI, Funzione amministrativa, procedimento e processo, prolusione al corso di diritto amministrativo del 1951 presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’università di Padova, 123: “Nel parlare di funzione esecutiva, o anche amministrativa non s’ intende riferirsi a ciò che fa l’amministrazione nel concretare il potere di una norma in un atto o questo stesso concretarsi del potere nel singolo atto: ci si riferisce invece alla serie di atti emanati da un soggetto o da un organo di amministrazione, in relazione al loro fine o al loro risultato; ovvero ci si riferisce alla capacità di quel soggetto o alla competenza di quell’organo in relazione agli atti e quindi al loro risultato. Si accetta cioè il significato empirico dell’espressione “funzione” e vi si attribuisce ora un valore oggettivo, ora un valore soggettivo”.
[10] In tal senso: F.G. SCOCA, Diritto amministrativo, Torino 2017; A. M. SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1989.
[11] P. TANDA, La rilevanza del decorso del tempo sugli illeciti urbanistico-edilizi tra tutela del territorio ed esigenze processuali, in Rivista giuridica dell’edilizia, 6, 2018, 1707 ss.
[12] In tal senso, ex multis: T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 17.6.2008, n. 2045; Cons. Stato, 28.12.2012, n.6702; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 19.2.2009, n. 1318; Cons. Stato, 29.5.2006, n. 3270.“L’ordine di demolizione è da ritenersi adeguatamente esplicativo se contiene, l’esatta descrizione delle opere abusive attraverso il confronto con quelle autorizzate, tanto più che, come sopra evidenziato, da questo è dato agevolmente inferire la sussistenza della fattispecie della totale difformità” cfr. Cons. Stato, n. 5921/2021. Ex multis: Cons. Stato, 6.09.2017 n. 4243 e Cons. Stato, 6.12. 2019 n. 6055 ad avviso del quale “l’ordine di demolizione è atto vincolato che non richiede una specifica ponderazione di particolari ragioni di interesse pubblico, né comporta la necessità di una comparazione con gli interessi privati coinvolti e sacrificati”.
[13] Il richiamo di tale principio, infatti, se ritenuto sussumibile e declinabile nella buona fede oggettiva, appare improprio difronte a vicende che traggono origine da una consapevole violazione della materia urbanistica. E. ZAMPETTI, Il principio di tutela del legittimo affidamento, in M.A. SANDULLI (a cura di), Codice dell’azione amministrativa, Milano, 2017, 173 ss.; V. CERULLI IRELLI, Sul principio del legittimo affidamento, in Rivista italiana delle scienze giuridiche, 2014.
[14] Cons. Stato, sez. V, 25.6.2002, n. 3443; Cons. Giust. Amm. Reg. Sic., 23.4.2001, n. 183; Cons. Stato, sez. V, 19.3.1999 n. 286; Cons. Stato, sez. V, 29.5.2006, n. 3270.
[15] Tale sentenza, recependo l’indirizzo maggioritario che ritiene legittima l ’ordinanza di demolizione di un manufatto abusivo adottata a distanza di un notevole lasso temporale intercorso tra commissione dell’abuso anche in assenza di specifica motivazione, esclude la sussistenza di ogni legittimo affidamento in capo al responsabile dell’abuso; P. TANDA, La rilevanza del decorso del tempo sugli illeciti urbanistico-edilizi tra tutela del territorio ed esigenze processuali, nota a cassazione penale, cit.
[16] Differente sarebbe il caso in cui l’amministrazione procedesse ad un tardivo rinvio in autotutela di un titolo edilizio adottato ovvero del provvedimento in sanatoria rilasciato, in tal caso il legittimo affidamento risulterebbe sussistente e di conseguenza anche l’onere motivazionale in capo all’amministrazione.
[17] Corte europea dei diritti dell’uomo, 21 aprile 2016, ric. n. 46577/15.
[18] Sul tema, ex multis, Cass. pen, 4.10.2016, n. 41475: “l’ordine di demolizione dell’opera abusiva, disciplinato dagli articoli 27 e ss. del Testo Unico Edilizia (d.lgs. 380/2001) si qualifica in termini di sanzione amministrativa, non essendo ad esso pertinenti gli indici sintomatici della natura di norma ontologicamente penale elaborati dalla Corte EDU; pertanto non può applicarsi analogicamente all’istituto l’art. 173 c.p., che disciplina la prescrizione dell’arresto e dell’ammenda, né sotto il profilo dell’analogia legis, né sotto quello dell’analogia iuris”.
[19] Ex multis: Cons. Stato, 13.5.2016, n. 1948; Id., 5.5.2016, n. 1774.
[20] Cost. Belgio (1994) art. 23, comma 3, n. 3) che elenca fra i diritti sociali «il diritto ad un'abitazione decorosa»; Cost. Portogallo (1974) art. 65, comma 1 che attribuisce a tutti il «diritto ad una abitazione di dimensione adeguata, in condizioni di igiene e comodità e che preservi l'intimità personale e la riservatezza familiare» e comma 2, che demanda allo Stato, anche in collaborazione con gli enti locali, una serie di compiti per «assicurare il diritto all'abitazione»; Cost. Spagna (1978) art. 47 il quale prevede che «tutti gli spagnoli hanno diritto a un'abitazione decorosa e adeguata» e che «i poteri pubblici si adopereranno per creare le condizioni necessarie e fisseranno le relative norme per rendere effettivo questo diritto.
[21] Sul tema, P. VIPIANA, La tutela del diritto all’abitazione a livello regionale, in Federalismi.it, 10/2014, 1 ss.
[22]F. BESTAGNO, La dimensione sociale dell’abitazione nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, in G. VENTURINI ― S. BARIATTI (a cura di), Diritti individuali e giustizia internazionale, Milano, 2009, 19 ss.
[23] La Corte costituzionale, nella sentenza n. 217 del 1988 afferma che «Il “diritto all'abitazione” rientra fra i requisiti essenziali caratterizzanti la società cui si conforma lo Stato democratico voluto dalla Costituzione».
[24] Tali diritti emergono, come noto, nel XX secolo, in occasione dell’affermazione dello stato sociale e delle democrazie popolari, con la relativa individuazione dei diritti economici, sociali e culturali, orientati a promuovere il principio di eguaglianza sostanziale tra i cittadini. I diritti di seconda generazione trovano il loro nucleo principale dalla richiesta dei cittadini allo stato relativa alla soddisfazione dei loro bisogni (in cambio di un’adeguata tassazione). Sulla tematica, fondamentale è il contributo di N. BOBBIO L’età dei diritti, Torino 1997.
[25] Si definisce tale una norma che non intende fare riferimento a una serie tassativa, determinata e chiusa di diritti, la quale non potrebbe essere ampliata o modificata se non con legge costituzionale, ma che postulerebbe la possibilità di ricomprendere nella stessa ogni diritto che potesse ritenersi “inviolabile” in considerazione dell’evoluzione storica”. S. RUSTICELLI, I diritti inviolabili riconosciuti dalla Costituzione, fattispecie aperta o chiusa? L’annoso dibattito in: www.iuribus.com. Sulla tematica, in termini più ampi, A. PACE, Problematica delle libertà costituzionali, parte generale, Padova, 1990.
[26] Cfr. Corte. cost. nn. 404 del 1988 e 209 del 2009. In dottrina, con divergenti posizioni, cfr. A. PACE, Il convivente more uxorio, il «separato in casa» e il c.d. diritto «fondamentale» all’abitazione, in Giur. cost., 1988, 1801 ss.; F. MODUGNO, I «nuovi diritti» nella giurisprudenza costituzionale, Torino, 1995.
[27] Un diritto costituzionalmente condizionato all'attuazione che il legislatore ne dà, attraverso il bilanciamento dell'interesse tutelato da quel diritto con gli altri interessi costituzionalmente protetti, tenuto conto dei limiti oggettivi che lo stesso legislatore incontra in relazione alle risorse organizzative e finanziarie, di cui l'apparato dispone.
[28] Il diritto all’abitazione, nella specie, sarebbe condizionato nel senso che richiede un’attività erogatrice delle prestazioni che deve necessariamente contemperarsi con le esigenze del bilancio statale. Sul tema: F. MODUGNO, I «nuovi diritti» nella Giurisprudenza Costituzionale, Torino, 1995.
[29] “La necessità di bilanciare principi o diritti costituzionali ha come presupposto il fatto che principi o diritti confliggano, ossia una situazione in cui due o più diritti non possono essere soddisfatti contemporaneamente”, G. PINO, Conflitto e bilanciamento tra diritti fondamentali. Una mappa dei problemi, in Etica & Politica, 2006, 1 ss.
[30]L. FERRAJOLI, Diritti fondamentali, Roma-Bari, 2001, 15; Id. Principia iuris. Teoria del diritto e della democrazia, vol. I, Teoria del diritto, Roma-Bari, 2007, in F.PALLANTE, Il problema costituzionale dell’attuazione dei diritti sociali (con particolare riguardo al diritto all’abitazione).
[31] Con la pronuncia n. 416 del 1995 e già prima con la sentenza n. 369 del 1988, la Corte ha svolto alcune considerazioni di carattere generale sull’ammissibilità della sanatoria edilizia che hanno poi trovato notevole sviluppo nella giurisprudenza successiva alla riforma del Titolo V della Costituzione. Essa infatti, dopo aver sancito la sostanziale legittimità dell’intervento, precisa che “ben diversa sarebbe [...] la situazione in caso di altra reiterazione di una norma del genere” e “conseguentemente differenti sarebbero i risultati della valutazione sul piano della ragionevolezza, venendo meno il carattere contingente e del tutto eccezionale della norma [...] in relazione ai valori in gioco, non solo sotto il profilo della esigenza di repressione dei comportamenti che il legislatore considera illegali e di cui mantiene la sanzionabilità in via amministrativa e penale, ma soprattutto sotto il profilo della tutela del territorio e del correlato ambiente in cui vive l’uomo. La gestione del territorio sulla base di una necessaria programmazione sarebbe certamente compromessa sul piano della ragionevolezza da una ciclica o ricorrente possibilità di condono- sanatoria con conseguente convinzione di impunità, tanto più che l’abusivismo edilizio comporta effetti permanenti (qualora non segua la demolizione o la rimessa in pristino), di modo che il semplice pagamento di oblazione non restaura mai l’ordine giuridico violato, qualora non comporti la perdita del bene abusivo o del suo equivalente almeno approssimativo sul piano patrimoniale”. D. BALDAZZI, focus sulla giurisprudenza costituzionale in materia di condono edilizio, consultabile in: https://www.regione.emilia-romagna.it/
[32] Corte. Cost., 5.5.1994, n. 169.
[33] La Corte con sentenza n. 169 del 1994 ha affermato che “alla stregua di un'interpretazione conforme a Costituzione, che l'atto di concessione del diritto di abitazione è provvedimento discrezionale, sia relativamente all' an (il sindaco può concedere solo se ricorre l'interesse pubblico primario sotteso all'intera legge regionale, nel senso che sussista l'esigenza di assicurare l'abitazione a chi ne ha bisogno, in considerazione del reddito, delle condizioni di vita, etc.), sia relativamente al quid (il diritto di abitazione può essere concesso solo se l'opera abusiva costituisca già l'effettiva dimora del richiedente e del suo nucleo familiare, proporzionata a quelle esigenze minime rispetto a una vita dignitosa dell'effettivo nucleo familiare, garantite dalla Costituzione e dalla legislazione ordinaria sull'edilizia residenziale pubblica)… il diritto di abitazione non può esser concesso relativamente a edifici aventi caratteristiche di abitazione di lusso o di "seconda casa": in questi casi, infatti, si esorbiterebbe dall'interesse pubblico (costituzionalmente tutelato) che presiede al provvedimento del sindaco, diretto a soddisfare un'esigenza abitativa primaria, riferibile soltanto ai bisognosi (chi non ha altra casa) e nei limiti di tale diritto sociale (necessità di assicurare un livello di vita che non sia inferiore a quello di una "vita dignitosa"). Nel complesso, dunque, il secondo comma dell'art. 4 - chiarite queste premesse interpretative e ferme le declaratorie di illegittimità di cui infra - contiene un bilanciamento non irrazionale (nell'àmbito del potere che ogni comune ha di utilizzare opere abusive non demolite a fini di soddisfazione dei bisogni di edilizia residenziale pubblica) tra l'esigenza di disciplinare il grave problema dell'abusivismo edilizio e l'esigenza (di rilievo anche costituzionale: v. sentenza n. 49 del 1987) di assicurare un'abitazione ai bisognosi”.
[34] Corte. Cost. 17.2.1987, n. 49.
[35]P. TANDA, Le conseguenze della natura giuridica di sanzione amministrativa dell'ordine di demolizione di cui all'art. 31, comma 9, t.u.e. in Rivista Giuridica dell'Edilizia, 3, 2016, 307 ss. Sul punto, ex multis, Cons. Stato, sez. VI, 30.06.2017, n. 3210, T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 29.4.2021, n. 2835; id., 22.3.2021, n. 1896.
[36] Secondo la Corte EDU, infatti, poiché la perdita della casa di abitazione costituisce la forma più grave ed estrema di ingerenza statale nel diritto al rispetto della propria abitazione “gli Stati contraenti sono tenuti ad assicurare un esame giudiziale della complessiva proporzionalità di misure così invasive, come la demolizione della propria abitazione, e a riconsiderare l’ordine di demolizione della casa abitata dai ricorrenti alla luce delle condizioni personali degli stessi, che vi vivevano da anni e avevano risorse economiche limitate”- Corte EDU 21/4/2016 Ivanova And Cherkezov Vs Bulgaria.
[37] In diritto penale la scriminante dello stato di necessità è disciplinata dall' 54 c.p., che afferma: "Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo…”. La ratio legis dello stato di necessità come scriminante trova attuazione nel rispetto del principio del bilanciamento degli interessi, in cui uno di essi viene considerato prevalente rispetto agli altri e perciò la condotta, qualora integri tutti i requisiti richiesti dalla norma, non sarà punibile. F. VIGANÒ, Stato di necessità e conflitti di doveri. Contributo alla teoria delle cause di giustificazione e delle scusanti, Milano, 2000. F. CONSULICH, Lo statuto penale delle scriminanti Principio di legalità e cause di giustificazione: necessità e limiti, Torino, 2018.
[38] In tal senso T.A.R. Lazio, Roma, 3.5.2021, n. 5097 : “l’ordine di demolizione di un immobile abusivo non contrasta con il diritto al rispetto della vita privata e familiare e del domicilio di cui all’art. 8 CEDU, neanche nell’ipotesi in cui l’ordine di demolizione dell’abuso edilizio riguardi un immobile costituente l’unica abitazione del contravventore e quest’ultimo sia un soggetto in età avanzata e si trovi in precarie condizioni reddituali, qualora la situazione personale del destinatario dell’ordine demolitorio non assuma un peso determinante a fronte della consapevole realizzazione della costruzione edilizia in un’area vincolata paesaggisticamente, in assenza di qualsivoglia autorizzazione, dovendo ritenersi la demolizione frutto di un’adeguata valutazione della necessità e proporzionalità da parte delle autorità nazionali nel dare prevalenza all’interesse pubblico generale presidiato dalle norma urbanistiche e paesaggistiche”.
[39] A. SCARCELLA, Sul bilanciamento operato dalla corte di Strasburgo fra l'interesse generale alla protezione dell'ambiente e del paesaggio e l'ordine di demolizione di un manufatto abusivo quando l'immobile costituisca l'unica abitazione del proprietario, in Cass. pen., 1/2021, 359 ss.
[40] Sui diritti sociali: C. SALAZAR, Dal riconoscimento alla garanzia dei diritti sociali, Torino, 2000; P. BILANCIA, La dimensione europea dei diritti sociali, in Federalismi, 2018; A. BALDASSARRE, Diritti Sociali, in Enciclopedia Giuridica, XI, Roma, 1989. M. BENVENUTI, I diritti sociali, in Digesto delle discipline pubblicistiche, Torino, 2012.
[41] L'eventuale violazione dell'art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, va verificata sotto il profilo della proporzionalità dell’ordine di demolizione rispetto alle condizioni personali e familiari dei destinatari della sanzione. Sul tema, ex multis: Cass. pen., 20.08.2019, n. 36257; Cass. pen., 13.01.2020, n. 844.
[42] S. PORRECA, L'occupazione di alloggio pubblico non è abusiva se c'è lo stato di necessità, in Responsabilità Civile e Previdenza, 9, 2008, 1885.
[43] La Cass. pen., con la sentenza n. 7183 del 2008 ha escluso l'operatività dell'esimente essendo stato accertato un mero stato di disagio abitativo, ma non quella urgenza assoluta ed improrogabile di procurarsi un alloggio che, sola, avrebbe potuto necessitare l'occupazione.
[44]A. MEREU, La configurabilità dello stato di necessità nelle ipotesi problematiche di necessità economica e abitativa, in Cass. pen., 3, 2008, 1024 ss.
[45] Per un’analisi approfondita della problematica cfr: G. FIANDACA, E. MUSCO, Diritto Penale. Parte Generale, Bologna, 2019; F. VIGANO’, Stato di necessità e conflitti di doveri. Contributo alla teoria delle cause di giustificazione e delle scusanti, Milano, 2000.
[46] Sul tema, ex multis, Cass., 26.9.2007, n. 35580; Cass. pen., 1.2.2012, n. 4292; Cass. pen., 2.7.2015, n. 28067.
[47]Per una compiuta analisi della categoria “diritto non patrimoniale”, è interessante ricordare il difficile cammino del “danno non patrimoniale” e l’incidenza che su di questa ha avuto la giurisprudenza di legittimità. In ragione di questa viene in rilievo la lesione di un interesse protetto dall’ordinamento ed avente ad oggetto utilità per le quali non sussiste un mercato. Lo stesso, definito come danno “determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica” (Cass. Sez. Un. n. 26972 del 2008), va inteso come categoria generale che attiene alla lesione di interessi inerenti la persona, non connotati da valore di scambio; ha quindi natura composita e si articola in una pluralità di aspetti (o voci), con funzione meramente descrittiva, quali ad esempio il danno biologico, il danno morale, il danno da perdita del bene vita, la perdita di chances ed il danno da mancato raggiungimento del risultato.
[48] F. MANTOVANI, Diritto penale. Parte generale, Padova, 2007.
[49] T. PADOVANI, Invasione di edifici e stato di necessità, in Arch. Pen, 1970, II, 426 ss., A. MEREU, La configurabilità dello stato di necessità nelle ipotesi problematiche di necessità economica e abitativa, cit.
[50] Interessanti sono gli arresti della Corte Costituzionale sul tema, che hanno, nel tempo, evidenziato le peculiarità e le criticità, per certi versi, nell’opera di riconoscimento di tale diritto. Con la sentenza n. 168 del 1971 nella quale la Corte ha evidenziato che “i diritti primari e fondamentali dell’uomo diverrebbero illusori per tutti, se ciascuno potesse esercitarli fuori dall’ambito della legge, della civile regolamentazione, del costume corrente, per cui tali diritti devono venir contemplati con le esigenze di una tollerabile convivenza”; la sentenza n. 217 del 1988 ha affermato la rilevanza costituzionale del diritto all’abitazione, riconoscendolo come diritto sociale fondamentale collegato all’universale principio della dignità umana e facendolo rientrare tra “i requisiti essenziali caratterizzanti la socialità cui si conforma lo Stato democratico voluto dalla Costituzione”; nella sentenza n. 252 del 1989, confermata dalla sentenza 121 del 1996, si legge che “come ogni altro diritto sociale, anche quello all’abitazione, è diritto che tende ad essere realizzato in proporzione alle risorse della collettività; solo il legislatore, misurando le effettive disponibilità e gli interessi con esse gradualmente satisfattibili, può razionalmente provvedere a rapportare mezzi a fini, e costruire puntuali fattispecie giustiziabili espressione di tali diritti fondamentali”. La disciplina costituzionale dei diritti di proprietà, indirizzando l’intervento del legislatore in chiave di conformazione della disciplina dei beni al fine di “assicurarne la funzione sociale” e di rendere la proprietà “accessibile a tutti”, ne orienta gli sviluppi in chiave di realizzazione del programma costituzionale di attuazione dell’eguaglianza sostanziale, in un contesto ordinamentale che, tenendo conto della complessità economico-sociale, aspiri ad una equilibrata composizione legislativa degli interessi dei consociati (F. BILANCIA, Brevi riflessioni sul diritto all’abitazione, in Scritti in onore di Franco Modugno, Napoli, 2011). Si veda anche sul tema M. MEZZANOTTE, Quando la casa è un diritto, in Forum Quad. cost., 2009, 1 ss.
[51] A. SCARCELLA, Sul bilanciamento operato dalla corte di Strasburgo fra l'interesse generale alla protezione dell'ambiente e del paesaggio e l'ordine di demolizione di un manufatto abusivo quando l'immobile costituisca l'unica abitazione del proprietario, cit.
[52] Corte Edu, 17.10.2013, Winterstein e altri c. Francia- partendo dal presupposto che tale interferenza fosse prevista dalla legge e volta a perseguire scopi legittimi, inclusa la tutela della sicurezza e della salute pubblica, è risultato dirimente stabilire se essa potesse definirsi anche necessaria in una società democratica alla luce della condizione di particolare vulnerabilità riconosciuta a taluni soggetti.
[53] A. SCARCELLA, Sul bilanciamento operato dalla corte di Strasburgo fra l'interesse generale alla protezione dell'ambiente e del paesaggio e l'ordine di demolizione di un manufatto abusivo quando l'immobile costituisca l'unica abitazione del proprietario, cit.
[54] A. MEREU, La configurabilità dello stato di necessità nelle ipotesi problematiche di necessità economica e abitativa, cit.
[55] Cass. pen., 17.09.2021, n.34607.
[56]“Dal carattere troppo ampio da essere potenzialmente idoneo a superare e vanificare ogni prescrizione amministrativa”: Cass. Pen., n.34607/2021.
[57]Per tali sue caratteristiche la demolizione non può ritenersi una "pena" nel senso individuato dalla giurisprudenza della Corte EDU e non è soggetta alla prescrizione stabilita dall'art. 173 c.p. (Sez. 3 n. 49331 del 10.11.2015, RV 265540).
[58] A. SCARCELLA, Sul bilanciamento operato dalla corte di Strasburgo fra l'interesse generale alla protezione dell'ambiente e del paesaggio e l'ordine di demolizione di un manufatto abusivo quando l'immobile costituisca l'unica abitazione del proprietario, cit., 359.
[59] G. SCACCIA, Proporzionalità e bilanciamento tra diritti nella giurisprudenza delle corti europee, in Rivista AIC, 2017, 2 ss.
[60] G. SCACCIA, Proporzionalità e bilanciamento tra diritti nella giurisprudenza delle corti europee, cit., 13.