Note di udienza e tutela dell’integrità del contraddittorio nella disciplina emergenziale del processo amministrativo (Nota a Cons. Stato, Sez. IV, 19 luglio 2021, n. 5404)
di Michele Ricciardo Calderaro
Sommario: 1. Il caso di specie. – 2. La disciplina emergenziale del processo amministrativo: l’alternativa tra la discussione orale ed il deposito delle note d’udienza. – 3. La questione rilevata d’ufficio dal giudice amministrativo ed il problema delle c.d. pronunzie della terza via. – 4. Osservazioni critiche: l’effettività della tutela non può prescindere dall’integrità del contraddittorio.
1. Il caso di specie
La crisi sanitaria dovuta alla pandemia da Covid-19 ha comportato conseguenze rilevanti anche per il processo amministrativo, la cui disciplina ha necessariamente subito delle modifiche, in modo particolare per quanto concerne la possibilità di svolgere il processo da remoto.
Ovviamente, queste innovazioni debbono essere compatibili con l’esigenza fondamentale di ogni processo, ovvero quella di tutelare in modo effettivo e soddisfacente le posizioni giuridiche soggettive che si deducono in giudizio, sia che si tratti di diritti soggettivi ovvero di interessi legittimi.
Il caso oggetto di attenzione da parte della sentenza del Consiglio di Stato che si annota concerne proprio una particolare facoltà concessa dalla disciplina emergenziale del processo amministrativo, con particolare riferimento alle conseguenze che si producono sulla tutela del contraddittorio.
I ricorrenti si oppongono alla realizzazione di un impianto per la produzione di ceramiche con recupero di scorie da termovalorizzazione e, a tal fine, hanno impugnato dinanzi al T.A.R. Lazio la determinazione di V.I.A. (valutazione di impatto ambientale) rilasciata dalla Regione Lazio, deducendo due articolati motivi di gravame per incompetenza, violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari profili.
Nel giudizio di primo grado si sono costituiti la Regione Lazio e la società titolare dell’impianto.
Con note di udienza, le controparti hanno eccepito l’improcedibilità del ricorso per omessa impugnazione della sopravvenuta determinazione regionale recante l’approvazione dell’A.I.A. (autorizzazione integrata ambientale).
Con sentenza n. 12805/2020, il T.A.R Lazio ha dichiarato improcedibile il ricorso proprio per la mancata impugnazione della determinazione recante l’autorizzazione ambientale integrata.
La pronunzia del T.A.R. Lazio è stata impugnata dagli originari ricorrenti, che hanno affidato il gravame a due mezzi di impugnazione.
In particolare, con il primo, hanno dedotto la nullità della sentenza di primo grado in quanto il T.A.R per il Lazio non avrebbe dovuto accogliere l’eccezione proposta per la prima volta da parte resistente e controinteressata nelle note di udienza.
Il T.A.R. Lazio, difatti, avrebbe dovuto rilevare che il deposito di note di udienza presuppone la fissazione di un’udienza da remoto con la presenza delle parti. Tale udienza si svolge solamente a seguito di richiesta delle parti, che nella specie non veniva presentata.
Ragion per cui, il TAR avrebbe dovuto considerare nulle le suddette note e rilevare d’ufficio, se del caso, la questione di rito assegnando termini alle parti per controdedurre sul punto ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a.
2. La disciplina emergenziale del processo amministrativo: l’alternativa tra la discussione orale ed il deposito delle note d’udienza
La questione processuale su cui si è soffermata la sentenza del Consiglio di Stato che si annota è peculiare perché sorge da una normativa emergenziale che il legislatore ha dettato per disciplinare l’andamento del processo amministrativo durante l’apice della crisi sanitaria determinata da Covid-19.
La norma di riferimento, difatti, è l’art. 4, d.l. 30 aprile 2020, n. 28, conv. in legge 25 giugno 2020, n. 70, rubricato “Disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia amministrativa”, che ha integrato e modificato, in alcuni casi solo per un limitato arco temporale, il dettato del Codice del processo amministrativo.
In particolare, questa disposizione ha previsto che “a decorrere dal 30 maggio e fino al 31 luglio 2020 può essere chiesta discussione orale con istanza depositata entro il termine per il deposito delle memorie di replica ovvero, per gli affari cautelari, fino a cinque giorni liberi prima dell'udienza in qualunque rito, mediante collegamento da remoto con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l'effettiva partecipazione dei difensori all'udienza, assicurando in ogni caso la sicurezza e la funzionalità del sistema informatico della giustizia amministrativa e dei relativi apparati e comunque nei limiti delle risorse attualmente assegnate ai singoli uffici. L'istanza è accolta dal presidente del collegio se presentata congiuntamente da tutte le parti costituite. Negli altri casi, il presidente del collegio valuta l'istanza, anche sulla base delle eventuali opposizioni espresse dalle altre parti alla discussione da remoto. Se il presidente ritiene necessaria, anche in assenza di istanza di parte, la discussione della causa con modalità da remoto, la dispone con decreto. In tutti i casi in cui sia disposta la discussione da remoto, la segreteria comunica, almeno tre giorni prima della trattazione, l'avviso dell'ora e delle modalità di collegamento. Si dà atto a verbale delle modalità con cui si accerta l'identità dei soggetti partecipanti e la libera volontà delle parti, anche ai fini della disciplina sulla protezione dei dati personali. Il luogo da cui si collegano i magistrati, gli avvocati e il personale addetto è considerato udienza a tutti gli effetti di legge. In alternativa alla discussione possono essere depositate note di udienza fino alle ore 12 del giorno antecedente a quello dell'udienza stessa o richiesta di passaggio in decisione e il difensore che deposita tali note o tale richiesta è considerato presente a ogni effetto in udienza”.
La vigenza di questa previsione è stata poi estesa per le udienze pubbliche e le camere di consiglio che si sono tenute dinnanzi ai diversi Tribunali Amministrativi Regionali, al Consiglio di Stato ed al Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Sicilia sino al 31 luglio 2021 dall’art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, che, dettando ulteriori disposizioni per il processo amministrativo, ha ritenuto di estendere questa particolare modalità di svolgimento delle udienze, anche cautelari, dinnanzi al giudice amministrativo.
La disposizione è apparsa sin da subito particolare perché prevede una modalità di discussione della causa alquanto singolare[1].
Il legislatore, difatti, ha dovuto fronteggiare la problematica della presenza fisica dei difensori per la discussione in udienza pubblica o in camera di consiglio per la trattazione delle istanze cautelari[2] resa impossibile dalle misure di contenimento della pandemia da Covid-19, che hanno anzitutto imposto dei limiti alla circolazione delle persone ed un distanziamento sociale oltre che fisico per limitare la diffusione del virus.
Così, con questa norma emergenziale, si è deciso anche per il processo amministrativo di prevedere delle modalità telematiche di trattazione delle controversie tramite una discussione “virtuale” tra i difensori delle parti ed il collegio giudicante.
A tale possibilità il legislatore ha pensato, tuttavia, di aggiungerne un’altra.
Il difensore non solo può richiedere la discussione a distanza, ma può altresì depositare brevi note d’udienza sino alle 12 del giorno antecedente a quello dell’udienza o della richiesta del passaggio in decisione e, in questo caso, pur non essendovi stata un’effettiva discussione della controversia, anche se solo a distanza, il difensore è considerato presente all’udienza stessa.
Data la particolarità della previsione, occorre comprendere quale sia la portata di queste note di udienza, perché in un giudizio quale quello amministrativo, ove la trattazione scritta della causa è ampiamente articolata dal Codice tra deposito di documenti, memorie e repliche, certamente non possono assumere la portata di un ulteriore scritto difensivo dove inserire questioni nuove che non siano già state dibattute nel contraddittorio tra le parti in considerazione anche del fatto che la tutela dell’integrità del contradditorio[3] è un principio fondante, imprescindibile dello stesso processo amministrativo.
La giurisprudenza amministrativa, preoccupata dall’applicazione concreta che poteva trovare questa facoltà, si è subito affrettata a specificare le modalità di utilizzo delle note di udienza di cui all’art. 4, co. 1, d.l. 28/2020.
In primis, si è stabilito che le note di udienza intervenendo a ridosso dell'udienza, quale ultimo presidio del diritto di difesa prima di essa, e aggiungendosi all'atto introduttivo e alle memorie, devono rispettare il canone di sinteticità (e ragionevolmente non possono eccedere le tre - quattro pagine) e non possono assolvere alla funzione sostanziale della memoria con una elusione del termine di deposito di quest'ultima, pena la violazione del contraddittorio e un vulnus quanto all'approfondimento collegiale della causa[4].
L'art. 4, co. 1, d.l. n. 28/2020 (cui rinvia l'art. 25 del d.l. n. 137/2020) stabilisce, difatti, che le note di udienza sono alternative alla discussione orale, ma non specifica che la discussione orale debba essere anche chiesta e autorizzata.
Sicché, in assenza di una limitazione espressa, pare preferibile una interpretazione ampia della disposizione, che consenta il pieno dispiegarsi del diritto di difesa, in forma orale o in forma scritta (purché alternativa e non congiunte) a scelta del difensore, fermi restando, ovviamente, i principi di parità delle armi e di correttezza processuale.
Le note d'udienza non possono cioè essere utilizzate per svolgere attività difensive che andavano effettuate nei termini perentori del codice di rito, i quali siano ormai trascorsi, e così per sorprendere le controparti con argomenti che avrebbero dovuto essere spesi nei precedenti scritti difensivi.
Possono, invece, contenere, sia pure succintamente, replica agli argomenti conclusivi delle altre parti, che non era stato possibile introdurre negli scritti precedenti, ovvero una semplice ripresentazione dei profili salienti delle proprie argomentazioni già avanzate[5].
Correttamente, nella lettura della giurisprudenza amministrativa, le note di udienza non possono contenere argomenti difensivi introdotti “a sorpresa” rispetto ai precedenti atti perché deve essere tutelata la pienezza del contradditorio, in considerazione del fatto che, già in sede cautelare, l’opzione prevalente, malgrado il periodo emergenziale, dovrebbe essere quello di garantire la discussione, quanto meno scritta tra le parti.
Ed infatti, in base ad una piana e coordinata lettura delle disposizioni legislative disciplinanti la trattazione delle istanze cautelari nella sede collegiale della camera di consiglio (art. 4, d.l. n. 28/2020; art. 55 cod. proc. amm.) nonché della relativa normativa di applicazione deve escludersi che la possibilità di replicare fino a due giorni prima della celebrazione della camera di consiglio (art. 55, co. 5, c.p.a.) alla memoria prodotta dalla parte avversaria comporti la preclusione della discussione orale da remoto della causa in sede cautelare, una volta che sia stata presentata domanda di discussione orale.
L'interesse a sentire le parti ex art. 73, co. 2, cod. proc. amm. è un'opzione assolutamente prevalente rispetto al passaggio in decisione della istanza di sospensiva allo stato degli atti, essendo la discussione orale un'incomprimibile estrinsecazione del diritto di difesa[6].
Peraltro, la discussione orale da remoto deve essere considerata del tutto equivalente rispetto a quella in presenza, quanto alla sua capacità di salvaguardare in maniera adeguata l'esercizio dei diritti di difesa e la pienezza della dialettica processuale[7].
Al riguardo, è doveroso sottolineare che l’art. 7, d.l. 23 luglio 2021, n. 105, c.d. decreto green pass, ha esteso le disposizioni emergenziali, comprensive dello svolgimento da remoto delle udienze, sino al 31 dicembre 2021 per il processo civile e penale ma non anche per quello amministrativo.
La legge di conversione del decreto, legge 16 settembre 2021, n. 126 ha introdotto un articolo 7-bis, ove, per il processo amministrativo, si è previsto che, “fino al 31 dicembre 2021, in presenza di situazioni eccezionali non altrimenti fronteggiabili e correlate a provvedimenti assunti dalla pubblica autorità per contrastare la pandemia di COVID-19, i presidenti titolari delle sezioni del Consiglio di Stato, il presidente del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana e i presidenti dei tribunali amministrativi regionali e delle relative sezioni staccate possono autorizzare con decreto motivato, in alternativa al rinvio, la trattazione da remoto delle cause per cui non è possibile la presenza fisica in udienza di singoli difensori o, in casi assolutamente eccezionali, di singoli magistrati”.
Questa distinzione, per cui lo svolgimento dell’udienza nel processo civile ed in quello penale sino al 31 dicembre 2021 continua ad essere a distanza mentre per quello amministrativo torna in presenza, salvo decisione diversa dei Presidenti dei Tribunali Amministrativi o delle singole Sezioni del Consiglio di Stato dinnanzi a situazioni eccezionali, francamente è incomprensibile perché la situazione emergenziale è la medesima per tutti i processi e l’equivalenza tra svolgimento da remoto ed in presenza delle udienze vale inevitabilmente anche per il giudizio amministrativo[8].
Tornando alle note di udienze, queste, come si è anticipato, costituiscono una modalità alternativa alla discussione orale del ricorso, configurata dall’art. 4 d.l. n. 28/2020 (richiamato dall’art. 25 d.l. n. 137/2020).
Si tratta, dunque, di una facoltà difensiva alternativa a quella della discussione orale.
Tanto che, come è stato chiarito in alcune pronunce, nel caso in cui le parti, per il tramite dei relativi difensori, partecipino alla discussione telematica, le note d’udienza dalle medesime depositate devono essere oggetto di una declaratoria di inutilizzabilità.
La maggiore problematica di queste note d’udienza riguarda il loro contenuto, perché per il loro tramite non si possono introdurre questioni o eccezioni difensive nuove che potrebbero sorprendere le controparti.
La sentenza del Consiglio di Stato che si annota evidenzia correttamente, difatti, come il contraddittorio scritto disciplinato dal Codice del processo amministrativo sia significativamente articolato, suddiviso nella presentazione di memorie e repliche.
Le repliche debbono contenere soltanto la risposta alle argomentazioni sviluppate da controparte nella memoria e non possono introdurre elementi nuovi.
Se ne deve inferire che le note di udienza rappresentano semplicemente una estrema sintesi degli argomenti già dibattuti oppure una contestazione di quanto controparte abbia illustrato in modo non corretto nella replica.
Non appare possibile, pertanto, introdurre questioni nuove in precedenza non dibattute, pena la violazione del contraddittorio e un vulnus quanto all’approfondimento collegiale della causa[9].
Ancora, per di più, rileva la collocazione delle note di udienza.
Posto che si tratta di scritti depositati in prossimità dell’udienza, è evidente che ad esse deve essere attribuito il significato non di nuovi scritti difensivi, bensì di trascrizione di quanto altrimenti la parte avrebbe dedotto in udienza o in camera di consiglio.
Nel caso di specie, inoltre, rileva la circostanza che, essendo mancata la discussione orale del ricorso, alle quali le parti avevano rinunciato in primo grado, il mezzo utilizzato per introdurre la divisata eccezione di improcedibilità del ricorso per omessa impugnazione della sopravvenuta determinazione regionale, recante l’approvazione dell’A.I.A., si è tradotto in un surrettizio strumento di elusione del contraddittorio sul punto controverso, atteso che sulla questione nuova non è stato possibile replicare nelle ordinarie forme.
Né è possibile argomentare che, giusta la previsione della facoltà delle parti di depositare le predette note entro il giorno antecedente quello stesso dell’udienza, sarebbe stato onere delle ricorrenti verificare anche in extremis gli eventuali depositi di controparte e i relativi contenuti: è evidente infatti che un siffatto modo di argomentare, determinando una sorta di “gara” tra le parti per avere l’ultima parola nei confronti del giudice, non è idoneo ad assicurare il contraddittorio processuale nel modo pieno e leale imposto dai principi costituzionali in materia di “giusto processo”[10].
Le note d’udienza, pertanto, non devono costituire uno strumento di violazione del contraddittorio; le parti hanno la possibilità di articolare le loro difese entro gli ordinari limiti concessi dal Codice del processo amministrativo e le norme eccezionali, dettate per fronteggiare un’emergenza nazionale, non possono divenire norme derogatorie.
Peraltro, la possibilità di depositare note di udienza è alternativa alla richiesta di discussione orale; è quindi evidente che con le stesse si possano compiere solo delle precisazioni sulle memorie e sulle repliche delle controparti così come si potrebbe fare oralmente ma di certo non si può introdurre un’eccezione che non era stata precedentemente formulato.
Ed infatti, al riguardo la sentenza del Consiglio di Stato che si annota evidenzia come “nel caso di specie le parti intimate in primo grado avrebbero avuto tutta la possibilità di evidenziare prima le cause del sopravvenuto difetto di interesse, anziché ridursi all’ultimo momento utile processuale, così precostituendosi, ancorché inconsapevolmente, i presupposti di una eccezione formulata “a sorpresa”, sulla quale controparte non ha potuto replicare né è stata messa nelle condizioni per farlo”.
Ora, chiarita la portata di questi particolari scritti difensivi, occorre comprendere quale sia la conseguenza processuale dell’introduzione, tramite questi, di una questione nuova sul quale non si sia formato il contraddittorio, e cosa succeda in grado d’appello se il giudice di prima cure non rilevi tale aspetto.
3. La questione rilevata d’ufficio dal giudice amministrativo ed il problema delle c.d. pronunzie della terza via
Il Consiglio di Stato ritiene, correttamente, che “il giudice di prime cure, quindi, per un verso avrebbe dovuto considerare l’eccezione alla stregua di una questione nuova, fino ad allora non trattata, come tale inutilizzabile in quanto introdotta per la prima volta con mere note di udienza; per l’altro, ove ne avesse ravvisata la rilevanza ai fini della decisione (come poi accaduto in concreto), avrebbe dovuto procedere ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a, sostanziandosi essa in una questione rilevata ex officio”.
Quindi, il T.A.R. Lazio avrebbe dovuto ravvisare che l’eccezione di sopravvenuto difetto di interesse era stata posta per la prima volta con le note d’udienza, quindi “nuova” rispetto al contraddittorio tradizionalmente instaurato, e dichiararla inutilizzabile, salvo ritenerla rilevante ai fini della decisione ed agire, in questo caso, secondo il disposto dell’art. 73, co. 3 del Codice del processo.
Secondo questa norma, dedicata dal Codice all’udienza di discussione, se il giudice ritiene di porre a fondamento della sua decisione una questione rilevata d'ufficio, la indica in udienza dandone atto a verbale; se la questione emerge dopo il passaggio in decisione, il giudice riserva quest'ultima e con ordinanza assegna alle parti un termine non superiore a trenta giorni per il deposito di memorie.
Vi è, pertanto, un vero e proprio obbligo per il giudice amministrativo: questo dovere del giudice di venire in soccorso alle parti ex art. 73, comma 3, cod. proc. amm. è posto a garanzia della pienezza del contraddittorio; costituisce cioè un meccanismo di tutela volto ad evitare pronunzie "a sorpresa" su profili che esplicano una influenza decisiva sul giudizio[11], con la conseguenza che l'omessa comunicazione di una eccezione rilevata d'ufficio determina nel giudizio di appello l'annullamento con rinvio della causa[12].
Occorre, tuttavia, compiere una precisazione: l'obbligo di attivare il contraddittorio presuppone che il collegio debba pronunciare sopra una questione che assuma valore dirimente ai fini della decisione della causa; tale non è, per definizione, quella inerente l'eccessiva lunghezza di una memoria difensiva attesa la natura meramente illustrativa della stessa[13].
Il Codice si è preoccupato di garantire l’integrità del contraddittorio, tutelando le parti contro le sentenze della terza via pronunziate su questioni nuove, non poste all’attenzione delle stesse.
Il problema è stato avvertito in modo particolare successivamente alla modifica che la legge cost. 23 novembre 1999, n. 2 ha apportato all’art. 111 Cost. ove è stato introdotto il primo comma secondo cui “la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge”.
La necessità di evitare decisioni a sorpresa nel processo amministrativo era già stata, in realtà, evidenziata precedentemente alla modifica costituzionale[14], in quanto si sosteneva, giustamente, che i principi del giusto processo costituzionalizzati nel 1999 fossero già presenti nel nostro ordinamento[15]; la riforma costituzionale ha però avuto l’effetto di valorizzarli ancor di più e portare prima la giurisprudenza e poi il legislatore a riflettere su quali fossero le modalità migliori per tutelare l’integrità del contraddittorio nel processo amministrativo[16], che ha risentito molto, sul punto, anche delle correlative novità apportate nel giudizio civile.
Ed infatti, così come rilevato anche dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, l'obbligo del giudice di provocare il contraddittorio sulle questioni rilevate d'ufficio, a pena di nullità della sentenza, è stato espressamente introdotto, nel processo civile, prima per il giudizio di Cassazione con la novella apportata all'art. 384, co. 3, cod. proc. civ. dall'art. 1, d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40; poi, in via generale, con quella apportata all'art. 101, co. 2, c.p.c. dall'art. 45, co. 13, della l. 18 giugno 2009, n. 69.
Quest’obbligo, in quanto correlato al potere-dovere del rilievo d'ufficio delle questioni non riservate all'eccezione di parte, quale espressione di un principio generale del processo, doveva ritenersi operante quantomeno dopo l'entrata in vigore delle novelle apportate al cod. proc. civ. anche nel processo amministrativo già nella disciplina previgente l'entrata in vigore del nuovo cod. proc. amm., ove risulta ormai codificato dall'art. 73, co. 3; ma anche a prescindere dalle stesse, esso era, come detto, già in precedenza ricavabile — rectius, ricavato — in via sistematica dalla garanzia costituzionale del giusto processo[17].
L’assunto è condivisibile, ma, come accennato, al di là dell’espressa codificazione della norma del Codice del processo, risulta ancor di più rafforzato dalle modifiche apportate dalla legge n. 69 del 2009 al cod. proc. civ., ed in particolare all’art. 101, dedicato al principio del contraddittorio[18].
Questa norma, difatti, dopo aver previsto che “il giudice, salvo che la legge disponga altrimenti, non può statuire sopra alcuna domanda, se la parte contro la quale è proposta non è stata regolarmente citata e non è comparsa”, dispone al co. 2 che “se ritiene di porre a fondamento della decisione una questione rilevata d’ufficio, il giudice riserva la decisione, assegnando alle parti, a pena di nullità, un termine, non inferiore a venti e non superiore a quaranta giorni dalla comunicazione, per il deposito in cancelleria di memorie contenenti osservazioni sulla medesima questione”[19].
Come si può notare, al di là della fisiologica differenza dei termini, la norma dell’art. 73, co. 3 del Codice del processo amministrativo presenta un contenuto simile a quanto previsto nel co. 2 dell’art. 101, cod. proc. civ.[20], con la differenza che però questa prevede testualmente, quale conseguenza della sua inosservanza da parte del giudice, la nullità di ogni sentenza della terza via[21]: non è così nel processo amministrativo, perché, la nullità è circoscritta ai soli casi in cui si registra, in concreto, una violazione del contraddittorio come garanzia costituzionale, ex artt. 24, co. 2 e 111, co. 1 Cost., delle parti[22].
La preoccupazione del legislatore di evitare che vi sia una pronunzia assunta su una questione non sottoposta all’interlocuzione delle parti è forte e gli interventi normativi adottati in questo senso paiano adeguati, ma sul punto, sin dall’inizio degli anni 2000, è intervenuta in maniera decisa anche la giurisprudenza del Consiglio di Stato, anche nella composizione dell’Adunanza Plenaria.
Questa, difatti, già con la sentenza n. 1 del 2000, sulla spinta della riforma sul giusto processo dell’art. 111 Cost., ha affermato in modo risoluto che il giudice amministrativo, prima di decidere una questione rilevata d'ufficio, sulla base dell’art. 183, co. 3, cod. proc. civ. deve indicarla alle parti[23], per consentirne la trattazione, in attuazione del principio del contraddittorio[24].
Occorre comprendere, ora, cosa accada alla sentenza di primo grado se il giudice non indica alle parti una questione rilevata d’ufficio, come avvenuto nel caso di specie.
Si è già anticipato che nel processo amministrativo, a differenza di quello civile[25], non vi è una previsione testuale della nullità della pronunzia della terza via.
La conseguenza è chiara: sono nulle soltanto le sentenze dei Tribunali Amministrativi Regionali pronunziate a sorpresa e che implicano, in concreto, un vulnus del contraddittorio come garanzia costituzionale delle parti[26].
Il legislatore dell’art. 73, co. 3 del Codice del processo ha compiuto una scelta limpida, non prevedendo la nullità testuale.
Difatti, se non vi è una violazione del contraddittorio e del diritto di difesa delle parti, la sentenza, in cui non vi è stata indicazione della questione rilevata d’ufficio, potrà essere qualificata come ingiusta, appellata quindi come tale, senza però che infici il campo della validità dell’atto processuale[27].
Nel caso di specie, la presentazione dell’eccezione di improcedibilità per sopravvenuta carenza d’interesse da parte resistente e controinteressata nelle note d’udienza concretizza un vulnus del contraddittorio[28], non utilizzabile in quanto questione nuova salvo procedere, laddove giudicata rilevante, a’ sensi dell’art. 73, co. 3 del Codice.
La sentenza del T.A.R. Lazio, non avendo il Collegio proceduto in tali termini, per violazione del contraddittorio, è stata pertanto giustamente considerata nulla da parte del Consiglio di Stato con rimessione della causa al giudice di primo grado ex art. 105, co. 1, cod. proc. amm.
4. Osservazioni critiche: l’effettività della tutela non può prescindere dall’integrità del contraddittorio
La decisione assunta dal Consiglio di Stato, per quanto sopra esposto, appare equilibrata e pienamente condivisibile.
A’ sensi dell’art. 1 del Codice, la giurisdizione amministrativa “assicura una tutela piena ed effettiva secondo i principi della Costituzione e del diritto europeo”[29].
L’effettività della tutela[30] è raggiungibile solamente ove vengano rispettati i principi del giusto processo[31], della pienezza del contradditorio nonché il diritto di difesa delle parti[32].
Ciò non sarebbe possibile ove, pur nella eccezionalità della disciplina dell’art. 4, d.l. 28/2020, si giudicassero legittime eccezioni sollevate nelle note difensive immediatamente antecedenti l’udienza pubblica o la camera di consiglio per la discussione dell’istanza cautelare.
È certamente vero che si tratta di una disciplina eccezionale, dettata per un periodo di emergenza nazionale, in cui è stato impossibile lo svolgimento tradizionale del giudizio amministrativo[33].
Ma questo non può divenire uno strumento attraverso cui introdurre nell’ordinamento processuale una lesione a principi e garanzie di rilevanza costituzionale.
Le note d’udienza sono state pensate dal legislatore come uno strumento alternativo, per di più facoltativo, attraverso cui il difensore, impedito alla discussione “virtuale” della controversia, è considerato presente all’udienza.
In questi brevi scritti si possono precisare questioni o argomenti che erano già presenti negli atti precedenti[34], al limite argomentando brevemente in relazione alla replica di controparte, così come si potrebbe fare discutendo oralmente in udienza[35], ma non si possono introdurre eccezioni nuove, perché la controparte non avrebbe la possibilità di reagire.
Se così fosse ci si potrebbe limitare ad evidenziare questioni di fatto e di diritto secondarie nelle memorie e nelle repliche per poi sollevare l’eccezione risolutiva della controversia nella breve nota antecedente l’udienza.
Al di là di evidenti questioni deontologiche rinvenibili nel comportamento del difensore che così si comportasse, è chiaro che un siffatto ordinamento processuale non potrebbe funzionare, perché la sentenza non sarebbe mai “giusta”[36].
Questa particolare modalità duale di discussione, come si è detto, salvo particolari eccezioni, non è stata rinnovata per il processo amministrativo sino alla fine del 2021, come invece è avvenuto per il processo civile e per quello penale e francamente non si riesce a comprenderne il motivo, perché se il processo è impossibile in presenza per le controversie civili e penali, così dovrebbe essere anche per quelle amministrative.
Ora, a parte questa considerazione di carattere sistematico, occorre sottolineare che la dichiarazione di nullità con rimessione degli atti al primo giudice compiuta dalla pronunzia del Consiglio di Stato che si annota è da condividere in toto.
L’eccezione di improcedibilità contenuta nelle note d’udienza non poteva essere utilizzata dal giudice di primo grado, con la conseguenza che, contravvenendo alla regola dettata nell’art. 73, co. 3 del Codice, la sentenza così pronunziata ha determinato una grave violazione del contradditorio[37].
In casi di così gravi violazioni, il Consiglio di Stato non può che pronunziare la nullità della sentenza, a garanzia della tenuta del sistema[38].
[1] Sull’importanza dell’udienza di discussione nel processo amministrativo cfr. C.E. Gallo, L’impedimento del difensore ed il rinvio dell’udienza nel processo amministrativo, in Foro amm. CdS, 2011, 1031 ss.
[2] Sullo svolgimento “tradizionale” delle udienze cfr. A. Crismani, Le udienze nel processo amministrativo, in Giustamm, 2012.
[3] In generale, su questo principio, cfr. L.P. Comoglio, Contraddittorio (principio del), in Encicl. giur. Treccani, VIII, Agg., Roma, 1997; per l’applicazione nel processo amministrativo v. A. Romano Tassone, Il contraddittorio, in R. Villata, B. Sassani (a cura di), Il codice del processo amministrativo, Torino, Giappichelli, 2012, 383 ss.; con riferimento alla disciplina ante Codice del 2010 cfr. F. Merusi, Il principio del contraddittorio nel processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 1985, 6 ss.; C. Dal Piaz, Sul contraddittorio nel processo amministrativo, Torino, Giappichelli, 1971. Cfr. ancora, per un inquadramento sistematico del principio, il fondamentale studio di F. Benvenuti, Contraddittorio (dir. amm.), in Encicl. dir., Milano, Giuffrè, 1961, Vol. IX, 739 ss.; nonché L. Migliorini, Contraddittorio (principio del), in Encicl. giur. Treccani, Roma, 1988, Vol. VIII, 1 ss., secondo cui il contraddittorio “esprime la posizione di eguaglianza che è fatta alle parti nel processo in ordine alla possibilità di elaborazione del contenuto della sentenza”.
[4] T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 1° febbraio 2021, n. 662, in www.giustizia-amministrativa.it.
[5] Così T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 6 maggio 2021, n. 409, in www.giustizia-amministrativa.it.
[6] Così T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, Sez. I, 5 giugno 2020, n. 102, in www.giustizia-amministrativa.it.
[7] Così Cons. Stato, Sez. II, 15 gennaio 2021, n. 24, in www.giustizia-amministrativa.it, secondo cui, inoltre, “a fronte di una disciplina positiva che contempla, in via straordinaria e temporanea, il collegamento da remoto come unica modalità di svolgimento della discussione orale, resta preclusa all'interprete ogni opzione interpretativa che, invece, ammetta la discussione in presenza, da intendersi quale possibilità esclusa, implicitamente, ma chiaramente, dalla citata normativa di riferimento (in ragione del suo carattere completo ed esauriente)”.
[8] Al riguardo, si condivide il comunicato dell’UNAA, Unione Nazionale Avvocati Amministrativisti, del 6 settembre 2021, in http://www.unioneamministrativisti.it/comunicato-unaa-dd-6-9-2021/, che, già prima della conversione del decreto in legge, evidenziava come “in Commissione alla Camera è stato approvato un emendamento che si limita a prevedere che la discussione possa avvenire da remoto solo in casi eccezionali, non meglio indicati e lasciati alla discrezionalità dei singoli Presidenti dei TAR e delle Sezioni del Consiglio di Stato, introducendo così un modello ibrido mai nemmeno sperimentato ed aggravando la disparità di trattamento anche all’interno del nostro processo”.
[9] V., ad esempio, Cons. giust. amm. Reg. Sicilia, sez. giurisd., ord. 15 gennaio 2021, n. 36, in www.giustizia-amministrativa.it, secondo cui “le note di udienza, intervenendo a ridosso dell’udienza (entro le ore 12 del giorno anteriore l’udienza), quale ultimo presidio del diritto di difesa prima di essa, e aggiungendosi all’atto introduttivo e alle memorie, devono rispettare il canone di sinteticità (e ragionevolmente non possono eccedere le tre-quattro pagine) e non possono assolvere alla funzione sostanziale della “memoria” con una elusione del termine di deposito di quest’ultima”.
[10] Secondo S. Foà, Termine decadenziale e azione risarcitoria per lesione di interessi legittimi. Dubbi di legittimità costituzionale, nota a T.A.R. Piemonte, Sez. II, 17 dicembre 2015, n. 1747, in Resp. civ. e prev., 2016, 595 ss., “il giusto processo amministrativo deve assicurare, secondo i principi della Costituzione e del diritto europeo, una tutela piena ed effettiva. Ciò si traduce nella necessità di assicurare che il processo si svolga di fronte ad un giudice terzo e imparziale, nel contraddittorio ed a condizioni di parità tra le parti, senza cioè discriminazioni a vantaggio dell'una o dell'altra”; sul punto ancora Id., Interesse legittimo “disomogeneo” rispetto al diritto soggettivo: ragionevole il termine decadenziale per l’azione risarcitoria, nota a Corte cost., 4 maggio 2017, n. 94, in Resp. civ. e prev., 2017, 1583 ss.; si rinvia altresì a M. Sinisi, Il giusto processo amministrativo tra esigenze di celerità e garanzie di effettività della tutela, Torino, Giappichelli, 2017, 1 ss.; M. Luciani, Il “giusto” processo amministrativo e la sentenza amministrativa “giusta”, Relazione al Convegno “La sentenza amministrativa ingiusta ed i suoi rimedi”, Castello di Modanella, Serre di Rapolano (Siena), 19 – 20 maggio 2017, in www.giustizia-amministrativa.it, 2017, 1 ss.; M. Ramajoli, Giusto processo e giudizio amministrativo, in Dir. proc. amm., 2013, 100 ss.; F. Merusi, Sul giusto processo amministrativo, in E. Catelani, A. Fioritto, A. Massera (a cura di), La riforma del processo amministrativo. La fine dell’ingiustizia amministrativa?, Napoli, Editoriale Scientifica, 2011, 8 ss., secondo cui il processo per essere giusto deve poter soddisfare la pretesa dedotta in giudizio; M. Mengozzi, Giusto processo e processo amministrativo, Milano, Giuffrè, 2009, 1 ss.; M. Renna, Giusto processo ed effettività della tutela in un cinquantennio di giurisprudenza costituzionale sulla giustizia amministrativa: la disciplina del processo amministrativo tra autonomia e “civilizzazione”, in G. Della Cananea, M. Dugato (a cura di), Diritto amministrativo e Corte costituzionale, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2006, 552 ss.; S. Tarullo, Il giusto processo amministrativo, Milano, Giuffrè, 2004, 1 ss.; v. G. Corso, Il nuovo art. 111 Cost. e il processo amministrativo: profili generali, in Aa. Vv., Il giusto processo, Accademia nazionale dei Lincei, Roma, 2003, 51 ss.; G. Leone, Brevi note a margine della l. n. 205 del 2000. Un passo avanti verso il «giusto processo amministrativo»?, in Dir. proc. amm., 2001, 645 ss.; M. Cecchetti, Giusto processo (diritto costituzionale), in Encicl. dir., Milano, Giuffrè, 2001, Agg., Vol. V, 595 ss; E. Picozza, Il “giusto” processo amministrativo, in Cons. Stato, 2000, 1074 ss.
[11] Profili che si possono concretizzare in qualunque questione di diritto o di fatto nonché ogni elemento valutativo, fino ad allora ignorato, che, se considerato rilevante, esige di venir sottoposto a contraddittorio: sul punto cfr. G. De Giorgi, Poteri d'ufficio del giudice e caratteri della giurisdizione amministrativa, in Associazione Italiana dei Professori di Diritto Amministrativo, Annuario 2012, Napoli, Editoriale Scientifica, 2013, 23 ss.
[12] Sul punto cfr. Cons. Stato, Sez. III, 24 marzo 2020, n. 2065, in www.giustizia-amministrativa.it.
[13] Così Cons. Stato, Sez. IV, 16 marzo 2020, n. 1878, in Foro amm., 2020, 418; nonché Cons. Stato, Sez. IV, 7 settembre 2018, n. 5277, in Foro it., 2019, III, 57 ss.
[14] V., ad esempio, C.E. Gallo, Lo svolgimento del giudizio nel processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 1986, 520 ss.
[15] Così M.P. Chiti, Influenza dei valori costituzionali e processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 1994, 117 ss.
[16] Su come il dovere di collaborazione del giudice con le parti, che si concretizza nell’obbligo di indicazione delle questioni rilevate d’ufficio, debba farsi discendere dai precetti costituzionali dell’art. 111, co. 1 Cost. ma altresì dall’art. 24 Cost., cfr. F. Ceglio, Le sentenze della “terza via” nel processo amministrativo, in Giorn. dir. amm., 2007, 905 ss.
[17] In tema cfr. l’affermazione di Cons. Stato, Sez. II, 12 dicembre 2019, n. 8447, in Foro amm., 2019, 2003 ss.
[18] Su questa disposizione cfr. D. Buoncristiani, Il nuovo art. 101, comma 2º, c.p.c. sul contraddittorio e sui rapporti tra parti e giudice, in Riv. dir. proc., 2010, 403 ss.
[19] Secondo la giurisprudenza di Cassazione, come ad esempio Cass. civ., Sez. III, 5 maggio 2021, n. 11724, in Giust. civ. Mass., 2021, l'obbligo del giudice di stimolare il contraddittorio sulle questioni rilevate d'ufficio, stabilito dall'art. 101, co. 2, cod. proc. civ., non riguarda le questioni di solo diritto, ma quelle di fatto ovvero quelle miste di fatto e di diritto, che richiedono non una diversa valutazione del materiale probatorio, bensì prove dal contenuto diverso rispetto a quelle chieste dalle parti ovvero una attività assertiva in punto di fatto e non già mere difese.
[20] Secondo G. Crepaldi, Le pronunce della terza via, Torino, Giappichelli, 2018, 67, “in entrambi i giudizi, civile ed amministrativo, deve ammettersi che le rispettive discipline consentano l’introduzione di tutti gli strumenti utili ad una difesa in senso ampio, dal deposito di memorie contenenti le rispettive posizioni e le ragioni giuridiche rispetto alla questione rilevata d’ufficio, sino alla produzione di mezzi di prova, primi fra tutti i documenti, compresa la possibilità che le parti rimodulino la propria pretesa modificando le domande e le eccezioni già presentate”.
[21] In tema cfr. M. Gradi, Il principio del contraddittorio e la nullità della sentenza della “terza via”, in Riv. dir. proc., 2010, 827 ss.; A. Giordano, La sentenza della “terza via” e le “vie” d'uscita. Delle sanzioni e dei rimedi avverso una “terza soluzione” del giudice civile, in Giur. it., 2008, 913 ss.
[22] Sul punto cfr. L. Bertonazzi, Forma e sostanza nel processo amministrativo: il caso delle sentenze “a sorpresa” e dintorni, in Dir. proc. amm., 2016, 1048 ss., che riprendendo le parole di S. Chiarloni, Questioni rilevabili d'ufficio, diritto di difesa e “formalismo delle garanzie”, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1987, 569 ss., osserva come si è evitato di importare nel processo amministrativo “un caso tipico formalismo delle garanzie”.
[23] Quest’orientamento dell’Adunanza Plenaria non era condiviso da parte della dottrina perché si riteneva che l’art. 183, co. 3, cod. proc. civ. non potesse ricomprendersi tra le norme di diritto processuale comune applicabili (anche) al processo amministrativo né estensibile allo stesso in via analogica stante la sua stretta attinenza alle funzioni — collaborative rispetto alle parti in causa — proprie del giudice istruttore nell'ambito della prima udienza di trattazione: così, ad esempio, G. Iudica, Questioni rilevabili d'ufficio e contraddittorio nel processo amministrativo, in LexItalia, n. 1/2000.
[24] Cons. Stato, Ad. Plen., 24 gennaio 2000, n. 1, in Foro it., 2000, III, 305, con nota di A. Travi, Riduzione del termine per l'appello nei giudizi in tema di opere pubbliche; in Dir. proc. amm., 2001, 12 ss., con nota di F. Ceglio, L’Adunanza Plenaria indica un nuovo modello di processo amministrativo: la decisione n. 1 del 2000.
[25] Sulle sentenze della terza via nel processo civile cfr., ad esempio, S. Chiarloni, Efficienza della giustizia, formalismo delle garanzie e sentenze della terza via, in Giur. it., 2011, 208 ss.; C. Consolo, Questioni rilevabili d'ufficio e decisioni della terza via: conseguenze, in Corr. giur., 2006, 507 ss.; L.P. Comoglio, “Terza via” e processo “giusto”, in Riv. dir. proc., 2006, 758 ss.; E.F. Ricci, La sentenza “della terza via” e il contraddittorio, in Riv. dir. proc., 2006, 751 ss.; E. Fabiani, Rilievo d'ufficio di “questioni” da parte del giudice, obbligo di sollevare il contraddittorio delle parti e nullità della sentenza, nota a Cass., Sez. III, 5 agosto 2005, n. 16577, in Foro it., 2006, 3181 ss.; F.P. Luiso, Questione rilevata di ufficio e contraddittorio: una sentenza “rivoluzionaria”?, nota a Cass. civ., Sez. I, 21 novembre 2001, n. 14637, in Giust. civ., 2002, 1612; L. Montesano, La garanzia costituzionale del contraddittorio e i giudizi civili di “terza via”, in Riv. dir. proc., 2000, 929 ss.; V. Denti, Questioni rilevabili di ufficio e contraddittorio, in Riv. dir. proc., 1968, 217 ss.
[26] Come evidenziato, già con riferimento al processo civile, da E. Grasso, La collaborazione nel processo civile, in Riv. dir. proc., 1966, 580 ss., “contrariamente a ciò che alla superficie può apparire, l'inosservanza del dovere del giudice di stimolare il contraddittorio delle parti sulle questioni rilevabili d'ufficio non mette in giuoco, di per sé... il principio del contraddittorio [come garanzia costituzionale delle parti] e la correlativa nullità che sanziona il suo mancato rispetto. Trattandosi del dovere di sollecitare la previa discussione su questioni che appartengono al patrimonio del comune sapere di tutti i soggetti del processo, il principio che viene in considerazione è un altro, la cui trasgressione non comporta (e sarebbe irragionevole che comportasse) la nullità della sentenza. Si tratta del principio di reciproca collaborazione del giudice con le parti”.
[27] In generale, sul tema, v. C.E. Gallo, Contributo allo studio della invalidità degli atti processuali nel giudizio amministrativo, Milano, Giuffrè, 1983.
[28] Si deve evitare la formazione del giudicato a sorpresa, che “è un attentato alla parità delle armi, e quindi all'idea del giusto processo”: così F.P. Luiso, Voilà m'sieurs dames, les jeux sont faits! Giudicato a sorpresa e cultura del giusto processo, in www.judicium.it, 2012.
[29] F.G. Scoca, Il processo amministrativo ieri, oggi e domani (brevi considerazioni), in Dir. proc. amm., 2020, 1095 ss., ritiene che “l’attuale orientamento della giurisprudenza sia, in ordine a tale fondamentale principio, piuttosto arretrato”.
[30] In linea generale, secondo I. Pagni, La giurisdizione tra effettività ed efficienza, in G.D. Comporti (a cura di), La giustizia amministrativa come servizio (tra effettività ed efficienza), Firenze, Firenze University Press, 2016, 85, il concetto di effettività deve valorizzare il principio chiovendiano, “in virtù del quale il processo deve dare al titolare di una situazione soggettiva tutto quello e proprio quello che il diritto sostanziale riconosce”; l’affermazione del principio è di G. Chiovenda, Della azione nascente dal contratto preliminare, in Saggi di diritto processuale civile, Milano, Giuffrè, 1930, Vol. I, 101 ss.; Id., Istituzioni di diritto processuale civile, Napoli, Editoriale Scientifica, 1923, ora in Principi di diritto processuale civile, Napoli, Editoriale Scientifica, 1965, 81, secondo cui "il processo deve dare per quanto è possibile praticamente a chi ha un diritto tutto quello e proprio quello ch'egli ha diritto di conseguire". C.E. Gallo, Servizio e funzione nella giustizia amministrativa, in Riv. trim. dir. pubbl., 2020, 73 ss., nell’affermare che la giustizia amministrativa non può essere qualificata come servizio pubblico ma come funzione, ricorda che il sindacato prestato dal plesso giurisdizionale T.A.R. – Consiglio di Stato deve essere pieno e completo sull’attività dell’amministrazione: in questo senso occorre leggere l’effettività della tutela nell’ambito del processo amministrativo; in merito cfr. altresì le osservazioni di M.A. Sandulli, Processo amministrativo, sicurezza giuridica e garanzia di buona amministrazione, in Il Processo, 2018, 45 ss. Sul punto cfr. altresì S. Foà, Giustizia amministrativa, atipicità delle azioni ed effettività della tutela, Napoli, Jovene, 2012; C. Feliziani, Effettività della tutela nel processo o nel procedimento? Convergenze e divergenze tra il sistema italiano di giustizia amministrativa e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in Dir. proc. amm., 2019, 758 ss.
[31] In tema v. M. Sinisi, Il giusto processo amministrativo tra esigenze di celerità e garanzie di effettività della tutela, Torino, Giappichelli, 2017.
[32] Al riguardo si concorda con F.G. Scoca, Processo amministrativo e giusto processo, in Dir. e proc. amm., 2021, p. 1 ss., secondo cui il processo amministrativo si è profondamente evoluto fino ad essere almeno in potenza uno strumento pienamente efficace di tutela nei confronti della pubblica amministrazione. Occorre, però, che lo strumento potenziale di piena tutela divenga effettivo: sul punto v. le considerazioni di C.E. Gallo, Attualità del giudice amministrativo, in Giustiziainsieme, 15 giugno 2021.
[33] In tema di norme eccezionali dettate durante il periodo di emergenza sanitaria occorre fare riferimento altresì all’art. 84, d.l. 18 marzo 2020, n. 18 ove si è previsto solo la possibilità per le parti di chiedere la discussione orale dell’istanza cautelare, andando altrimenti in decisione sulla base solamente degli atti difensivi scritti: in tema cfr. C.E. Gallo, La discussione scritta della causa nel processo amministrativo, in Giustiziainsieme.it, 16 luglio 2020; F. Saitta, Il processo cautelare alle prese con la pandemia, in LexItalia, 16 giugno 2020, 1 ss.; cfr. C. Cacciavillani, Controcanto sulla disciplina emergenziale del processo amministrativo (con riferimento all’art. 4 del d.l. 30 aprile 2020, n. 28), in GiustAmm, n. 5-2020, 1 ss.; F. Francario, Diritto dell’emergenza e giustizia nell’amministrazione. No a false semplificazioni e a false riforme, in Federalismi, Osservatorio Covid-19, 15 aprile 2020, 3 ss., che evidenzia come neanche la crisi sanitaria che stiamo vivendo può far immaginare una giustizia amministrativa che non garantisca una tutela piena nei confronti dell’Amministrazione; in tema v. anche Id., L’emergenza Coronavirus e la “cura” per la giustizia amministrativa. Le nuove disposizioni straordinarie per il processo amministrativo, in Federalismi, Osservatorio Covid-19, 23 marzo 2020, 1 ss.; M.A. Sandulli, Vademecum sulle ulteriori misure anti Covid 19 in materia di giustizia amministrativa: l’art 84 del decreto “cura Italia”, in L’Amministrativista.it, 2020; Id., Un brutto risveglio? L’oralità “condizionata” del processo amministrativo, in L’Amministrativista, 1° maggio 2020 N. Paolantonio, Il processo amministrativo dell’emergenza: sempre più speciale, in GiustAmm, 2020, 1 ss.
[34] In considerazione del fatto che, come evidenziato dalla giurisprudenza (ad esempio, Cons. Stato, Sez. II, 30 settembre 2019, n. 6534, in www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Toscana, Sez. II, 3 aprile 2019, n. 491, in Foro amm., 2019, 688 ss.), già l'oggetto della memoria di replica depositata dalla parte entro il termine di 20 giorni liberi prima dell'udienza di discussione deve restare contenuto nei limiti della funzione di contrasto alle difese svolte nella memoria conclusionale avversaria.
[35] Ai sensi dell’art. 73, co. 2 del Codice, difatti, “nell'udienza le parti possono discutere sinteticamente”.
[36] E le parti non si troverebbero in posizione di parità: sul punto cfr. le riflessioni di V. Domenichelli, Per un processo amministrativo paritario, in Dir. proc. amm., 1996, 415 ss.
[37] Si concorda con F. Saitta, La “terza via” ed il giudice amministrativo: la “questione rilevata d’ufficio” (da sottoporre al contraddittorio) tra legislatore e giurisprudenza, in Dir. proc. amm., 2014, 827 ss., secondo cui “nessuna valida ragione — tantomeno quella del carico dei ruoli, che peraltro dovrebbe essere stato reso meno gravoso dal progressivo aumento del contributo unificato, che in alcune materie è divenuto talmente esorbitante da apparire incompatibile con la normativa comunitaria — può ormai giustificare esenzioni del giudice amministrativo dall'obbligo di sottoporre al contraddittorio le questioni rilevate d'ufficio”.
[38] Per evitare che il “giusto processo” rimanga “un’inafferrabile chimera”: sul punto v. le interessanti riflessioni di L.P. Comoglio, Requiem per il processo giusto, in www.judicium.it, 2013.