Efficacia dell’annullamento ex tunc, ex nunc o a die crastino?
di Raffella D’Agostino
Sommario: 1. La vicenda sottoposta all’esame del G.A. e le ragioni addotte a sostegno della decisione. – 2. La controversa natura dell’inefficacia del contratto: le tesi ancora sul tappeto. – 3. Della natura e dell’ampiezza dei poteri del G.A. sulla sorte del contratto. – 4. Le ulteriori spinte in avanti del G.A. quale giudice a cognizione piena. – 5. Della specialità dei poteri del G.A. ex art. 122 c.p.a., quale giudice di merito (ossia a cognizione piena) e non già sul merito. – 6. Analisi delle motivazioni addotte dal GA a sostegno della propria decisione. – 7. Brevi considerazioni conclusive.
1. La vicenda sottoposta all’esame del G.A. e le ragioni addotte a sostegno della decisione
Con sentenza n. 1737 dell’11 febbraio 2021, il Tar Lazio, sez. II bis, disponendo l’annullamento della procedura di gara, ha ritenuto opportuno modulare la decorrenza dell’inefficacia del contratto di appalto conseguente all’annullamento dell’aggiudicazione, coordinandone gli effetti con l’obbligo di ripetizione della procedura ad evidenza pubblica, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 122 e 34, comma 1, lett. e) c.p.a., non essendosi concluso il giudizio con la possibilità di una pronuncia di aggiudicazione o di subentro in favore del ricorrente vittorioso.
La controversia ha preso avvio con dispiegamento di un ricorso principale avverso il provvedimento di aggiudicazione di un appalto di servizi, nel caso di specie di trasporto pubblico con assistenza domiciliare distrettuale in favore di persone svantaggiate, da rendersi nei comuni di Marino e di Ciampino, nonché di tutti gli atti ad esso presupposti, connessi e consequenziali, con conseguente richiesta di declatoria di inefficacia del contratto per la gestione del servizio, nelle more stipulato, e successivo subentro. In via subordinata, parte ricorrente ha chiesto la ripetizione del procedimento di gara e conseguente risarcimento del danno patito.
La ricorrente principale ha addotto a fondamento delle proprie ragioni, l’illegittimità per eccesso di potere della determina dirigenziale con cui si era provveduto a confermare l’aggiudicazione della gara in favore della controinteressata, superando con esito favorevole la verifica dell’anomalia dell’offerta effettuata dalla stazione appaltante. Secondo parte ricorrente, dalla relazione prodotta ai fini della giustificazione dell’anomalia dell’offerta, cui aveva fatto accesso, era possibile evincere l’erronea formulazione dell’offerta economica presentata dalla concorrente risultata poi aggiudicataria. Pertanto, si è desunta la sussistenza dell’obbligo di esclusione della concorrente dalla procedura di gara, l’illegittimità della stessa e della conseguente aggiudicazione.
Ha dispiegato ricorso incidentale l’aggiudicataria, controinteressata, chiedendo a sua volta l’annullamento degli atti di gara nella parte in cui non avevano comportato l’esclusione della ricorrente per la presentazione di un’offerta parimenti viziata.
I ricorsi sono stati esaminati contestualmente, dipendendo entrambi dalla medesima questione di diritto. Il ricorso incidentale è risultato destituito di ogni fondamento, emergendo dalla semplice documentazione degli atti di gara la correttezza dell’offerta presentata da parte ricorrente. Diversamente, è parso fondato il ricorso principale per via della rilevata incongruità dell’offerta presentata dall’impresa risultata poi aggiudicataria. Pertanto, il Tar Lazio ha disposto l’annullamento del provvedimento di aggiudicazione con conseguente obbligo per l’amministrazione di riesaminare le offerte e di pronunciarsi sulle medesime conformemente a quanto rilevato in giudizio.
Purtuttavia, fermo l’accoglimento del ricorso principale con obbligo di ripetizione della procedura di gara, vista la particolare rilevanza sociale del servizio prestato, il giudice amministrativo ha disposto che l’inefficacia del contratto nelle more stipulato, decorresse a partire dal termine di trenta giorni dalla comunicazione della sentenza, o sua notificazione a cura di parte, oltre il quale il contratto stesso doveva intendersi risolto, con salvezza delle prestazioni medio tempore rese, così da consentire alla P.A. procedente di poter riesaminare le offerte e adottare le determinazioni necessarie ad assicurare la continuità di un servizio di particolare importanza sociale, senza soluzione di continuità, anche nel caso di subentro della ricorrente alla controinteressata, all’esito delle rinnovate operazioni di gara.
Nel caso di specie, pertanto, la possibilità per il giudice amministrativo di modulare gli effetti della dichiarazione d’inefficacia del contratto stipulato a valle di un’aggiudicazione dichiarata illegittima è stata coordinata con il riesercizio della funzione da parte della pubblica amministrazione, ossia collegata all’esito della ripetizione della procedura di gara, al fine di assicurare continuità al servizio reso.
Le ragioni giuridiche su cui il giudice amministrativo ha basato la propria decisione sono state essenzialmente tre.
La prima motivazione posta a fondamento del ragionamento giuridico seguito dal Tar Lazio, data per presupposto, è stata individuata nella possibilità di regolare gli effetti conformativi dell’accoglimento del ricorso anche in deroga all’efficacia retroattiva della pronuncia di annullamento, possibilità riconosciuta in linea generale dalla recente giurisprudenza del Consiglio di Stato (in particolare Cons. Stato, Ad. pl., n. 13/2017) e, nel caso di specie, ex artt. 121 e 122 c.p.a., nei limiti in cui consentono al giudice amministrativo di modellare gli effetti della pronuncia di annullamento dell’aggiudicazione.
Di poi, si è insistito sull’autonomia degli effetti costitutivi dell’assetto d’interessi derivanti dalla pronuncia d’inefficacia del contratto rispetto all’annullamento dell’aggiudicazione, ai sensi dell’art. 122 c.p.a.
Infine, si è posto l’accento sulla natura generale e atipica dei poteri conferiti al giudice amministrativo ai sensi dell’art. 34, comma 1, lett. e) c.p.a. che, letti in combinato disposto con i peculiari poteri riconosciuti all’organo giudicante sulla sorte del contratto, ex art. 122 c.p.a., a dire del Tar Lazio, si risolverebbero in un efficace strumento di garanzia dell’effettività della tutela, ampliando gli effetti costitutivi della pronuncia stessa d’inefficacia del contratto.
Ciò posto, al fine di comprendere la portata novativa e ampliativa della soluzione resa dal Tar del Lazio, si ritiene opportuno ripercorrere, seppur succintamente, le complesse questioni sottese alla pronuncia d’inefficacia del contratto, al fine di valutarne profili di criticità o di eventuale apprezzamento.
2. La controversa natura dell’inefficacia del contratto: le tesi ancora sul tappeto.
Gli artt. 121 - 125 c.p.a. e 133, comma 1, lett. e), n. 1 c.p.a., come noto, hanno attribuito al giudice amministrativo la giurisdizione esclusiva sulla sorte del contratto, previamente stipulato, in esito all’annullamento giurisdizionale dell’aggiudicazione. Tali disposizioni normative hanno riprodotto, sostanzialmente, la disciplina precedentemente contenuta negli artt. 245-bis e 245-ter del d.lgs. n. 163/2006, a sua volta conforme alla direttiva ricorsi n. 2007/66/CE, disciplina con cui il legislatore ha definitivamente inquadrato le questioni relative alle conseguenze sul contratto derivanti dall’annullamento dell’aggiudicazione, innanzitutto come un problema processuale e non piuttosto di diritto sostanziale[1].
Di qui, il permanere di alcuni profili d’incertezza su questioni teoriche che per anni hanno impegnato la dottrina nella decriptazione del dato normativo e nella qualificazione giuridica delle categorie sottese alla fattispecie normativa, dalla cui soluzione ancora oggi dipende la risposta a diverse problematiche, fra cui quella relativa all’ampiezza e all’incidenza dei poteri riconosciuti al giudice amministrativo circa la sorte del contratto, in particolare nelle ipotesi di “vizi residuali”, meno gravi, del procedimento di aggiudicazione, di cui all’art. 122 c.p.a., in cui la discrezionalità riconosciuta al giudice amministrativo sembra avere più ampi margini d’intervento.
Si ribadisce, che è proprio nella suddetta fattispecie normativa che s’inquadra la questione oggetto della presente analisi.
È noto che la soluzione normativa dell’inefficacia del contratto è stata adottata in quanto conforme alle indicazioni poste a livello comunitario, in particolare al 13° considerando della direttiva n. 2007/66/CE ove era individuata, come conseguenza necessaria di un appalto aggiudicato all’esito di un affidamento illegittimo, la privazione di ogni effetto del contratto a valle stipulato, con la precisazione che la carenza di effetti non doveva essere automatica ma accertata da un organo di ricorso indipendente o l’esito di una decisione assunta da quest’ultimo.
Di qui, il superamento di alcune tesi dottrinarie prima avvalorate, quali quelle: dell’annullabilità del contratto, maggiormente caldeggiata dalla giurisprudenza di Cassazione[2], nelle sue varie sfaccettature giuridiche – essendo stata essa ricondotta sia alle ipotesi di annullabilità relativa, ex artt. 1441 c.c., sia da annullabilità per vizio del consenso o per errore essenziale, secondo lo schema normativo di cui agli artt. 1428, 1429, comma 3, c.c. o, ancora, all’annullabilità per difetto di capacità a contrarre dell’amministrazione – ; nonché la diversa tesi della caducazione automatica[3], ossia dell’inefficacia assoluta, basata sul nesso di presupposizione e interdipendenza fra la serie procedimentale ad evidenza pubblica e quella contrattuale, tale per cui simul stabunt simul cadunt.
L’attuale disciplina normativa, dunque, individua una pluralità di fattispecie che consentono al giudice amministrativo di addivenire a una pronuncia di inefficacia del contratto a valle a stipulato, a seguito dell’accertamento della tipologia di violazione commessa nel corso della procedura di affidamento. Non a caso, si è parlato della predisposizione di un meccanismo d’inefficacia a geometrie variabili[4], o meglio ancora flessibile e funzionale[5], essendo l’inefficacia sostanzialmente riconducibile a due differenti regimi giuridici: una inefficacia per così dire “ordinaria” ma cedevole, per le violazioni più gravi, ritenute tassative (art. 121 c.p.a); l’altra facoltativa o discrezionale (art. 122 c.p.a.). E invero, mentre nella prima ipotesi, al verificarsi delle fattispecie declinate dal legislatore, la pronuncia d’inefficacia del contratto dovrebbe essere la regola, ossia conseguenza necessaria ma non per questo automatica, ben potendo sussistere esigenze imperative connesse a un interesse generale che impongano la conservazione del contratto, esigenze che il giudice amministrativo è tenuto a valutare secondo le indicazioni fornite dalla legge (art. 121, comma 2), nella fattispecie residuale, quella di cui all’art. 122 c.p.a., al giudice amministrativo sono lasciati più ampi margini interpretativi per via della maggiore indeterminatezza della disposizione legislativa, essendo Egli sostanzialmente chiamato a effettuare un giudizio complesso – della cui natura si dirà nel prosieguo – sulla pluralità d’interessi in gioco ai fini della decisione sulla sorte del contratto, bensì anche sulla regolazione della decorrenza degli effetti dell’inefficacia stessa. Pertanto, mentre nel primo caso si è difronte a un’inefficacia “cedevole”, nell’altro caso si tratterebbe di un’inefficacia meramente facoltativa, non essendo quella né una conseguenza necessaria ma nemmeno ordinaria dell’annullamento dell’aggiudicazione[6].
E tutto ciò, con evidenti ricadute sulla soluzione di questioni giuridiche ancora controverse, quali quelle relative alla definizione della natura giuridica della suddetta “inefficacia”, del necessario rispetto del principio della domanda per ciascuna delle due fattispecie giuridiche e, specularmente, della possibilità di riconoscimento, o meno, di poteri officiosi[7] in capo al giudice amministrativo ai fini della pronuncia d’inefficacia del contratto.
Con particolare riferimento al primo profilo, quello inerente la natura giuridica dell’inefficacia del contratto, è possibile rinvenire, oggi, due ricostruzioni fra loro alternative, da cui poi è gemmata una tesi mediana.
Secondo una prima impostazione, tale “inefficacia” dovrebbe interpretarsi alla stregua di una nullità-sanzione[8], intesa o come violazione di regole imperative che s’indirizzano sul regolamento negoziale o, piuttosto, secondo altra interpretazione, come nullità speciale da cui conseguirebbe l’illeceità del contratto per violazione dell’ordine pubblico economico o per nullità da disvalore. In questo caso l’inefficacia avrebbe una funzione rimediale, costituendo la reazione a un difetto contrattuale.
Diversamente, secondo altra ricostruzione, l’inefficacia dovrebbe interpretarsi come una risoluzione di fonte giudiziale[9].
Le due ricostruzioni si rifanno a una diversa interpretazione del concetto d’inefficacia, sul presupposto che l’inefficacia non è una categoria giuridica a se stante, non trovando un’autonoma disciplina nemmeno nella materia civilistica, tale per cui essa può intendersi o come inefficacia in senso lato, ossia come predicato di un contratto invalido, dunque come esito di un giudizio sulla validità o meno del rapporto contrattuale, oppure in senso stretto, come mero effetto giuridico di una valutazione sganciata da profili di validità contrattuale, effetto giuridico riconducibile a cause diverse dall’invalidità del rapporto contrattuale[10]. Secondo quest’ultima impostazione l’inefficacia si porrebbe come categoria autonoma rispetto all’invalidità.
Avvalorando quest’ultima prospettiva, dell’inefficacia in senso stretto, ossia dell’inefficacia intesa come effetto giuridico dell’annullamento dell’aggiudicazione, oggetto di un’autonoma e distinta valutazione rispetto a quella di validità del contratto e del rapporto contrattuale, di cui il giudice amministrativo non è chiamato ad occuparsi[11], sembra essere gemmata in dottrina una tesi mediana, per così dire neutrale, che tende a considerare l’inefficacia di cui agli artt. 121-122 c.p.a. come un autonomo istituto giuridico non sussumibile nell’ambito delle altre categorie. Ne deriverebbe una nozione complessa d’inefficacia, che valorizzerebbe la funzionalizzazione della stessa in relazione al subentro nel contratto del ricorrente vittorioso e che consentirebbe, diversamente, di apprezzarne la natura sanzionatoria nei limiti in cui il subentro non sia consentito[12].
Pertanto, è chiaro che la ricostruzione della natura giuridica dell’inefficacia ha ricadute anche sul piano interpretativo e applicativo delle norme di riferimento.
E’ evidente, dunque, che per sciogliere i nodi interpretativi sia opportuno ricostruire anche la ratio legis sottesa alla vigente disciplina, non potendosi negare che, da sempre, le differenti soluzioni interpretative offerte dalla dottrina circa la sorte del contratto e, di conseguenza, sui poteri spettanti al giudice amministrativo, abbiano fortemente risentito della ricostruzione teorica che si è fatta della procedura ad evidenza pubblica, delle finalità ad essa sottese, nonché della natura giuridica dell’aggiudicazione e del rapporto intercorrente fra essa e il contratto a valle stipulato.
Pertanto, non può non considerarsi innanzitutto la ratio sottesa alla disciplina comunitaria che ha le sue fondamenta nell’esigenza, sempre fortemente avvertita a livello europeo, di tutela della concorrenza, quale principio cardine della procedura di affidamento e, con essa, di tutela, in via prioritaria, degli interessi (pretensivi) degli operatori economici, cui è stata attribuita una tutela in forma specifica, che s’invera attraverso il conseguimento dell’aggiudicazione della gara, con conseguente stipula ed esecuzione del contratto.
Tuttavia, una disciplina integralmente calibrata sulla tutela della concorrenza e degli operatori economici avrebbe certamente trovato una migliore e più proficua soluzione nella previsione di una caducazione automatica del contratto all’inverarsi di violazioni della procedura ad evidenza pubblica, soluzione invece scartata dal legislatore.
La vigente disciplina codicistica, invece, sebbene conforme a quella comunitaria, si presenta ben più complessa perché impone al giudice amministrativo una sintesi fra contrapposti interessi, pubblici e privati, da valutarsi anche in termini di proporzionalità in relazione alle conseguenze che potrebbero derivare dalla declatoria d’inefficacia del contratto.
Pertanto, la medesima appare maggiormente improntata a una pubblicizzazione, o se si preferisce, a una vera e propria funzionalizzazione dell’inefficacia del contratto, imponendo un bilanciamento in concreto fra tutela della concorrenza e, dunque, per essa, dell’interesse del ricorrente, ma anche delle altre parti (art 122 c.p.a), nonché della pluralità d’interessi pubblici sottesi al contratto, non necessariamente coincidenti con quello di cui è titolare la pubblica amministrazione, così come la nozione di «esigenze imperative» lascia chiaramente evincere (art 121 c.p.a.), da cui inevitabilmente scaturisce una nozione complessa d’inefficacia del contratto.
In questa prospettiva, pertanto, sembra forse preferibile perseguire quella via interpretativa, per così dire neutrale, che vuole sganciata dalle categorie civilistiche la spiegazione della natura dell’inefficacia del contratto, valorizzando l’intentio legis sottesa alla disciplina codicistica che, lungi da fornire qualificazioni di diritto sostanziale sembra avere piuttosto delineato un complesso meccanismo in cui, fuor d’ogni dubbio, un ruolo cardine spetta al giudice amministrativo che, a seconda del caso concreto, nel rispetto della legge, sarà chiamato a decidere della sorte del contratto, quale conseguenza/effetto giuridico dell’annullamento dell’aggiudicazione, modificando l’assetto d’interessi a quello sottesi, con una pronuncia costitutiva.
Di qui, la necessità di definire la natura e l’ampiezza dei poteri spettanti al giudice amministrativo sulla sorte del contratto e sulla regolazione della decorrenza degli effetti dell’inefficacia.
3. Della natura e dell’ampiezza dei poteri del G.A. sulla sorte del contratto.
Anche con particolare riferimento alla natura e all’ampiezza del sindacato giudiziale sulla sorte del contratto è possibile rinvenire in dottrina diverse tesi che sono originate, sostanzialmente, dalla incerta dicitura espressa nella direttiva comunitaria 2007/66/CE e nella legge delega del 7 luglio 2009, n. 88, in cui si era prevista una giurisdizione esclusiva e di merito del giudice amministrativo circa gli effetti dell’annullamento dell’aggiudicazione sul contratto.
Il punto, come noto, è stato presto chiarito in sede giurisdizionale[13], e definitivamente fugato con la vigente disciplina codicistica, essendosi chiaramente prevista la giurisdizione esclusiva del g.a. sulla sorte del contratto, non potendo Egli sostituire le proprie valutazioni a quelle spettanti alla p.a., nonostante, nel caso di specie, sia legittimato a svolgere un sindacato forte[14], a tutela dei contrapposti interessi sottesi al contratto.
Proprio la specialità[15] che connota i poteri del giudice amministrativo in relazione alla sorte del contratto ha però alimentato dubbi in dottrina sulla tipologia di sindacato da quello svolto.
Secondo un primo orientamento[16], il giudice amministrativo sarebbe chiamato ad effettuare un giudizio equitativo, alla stregua di un giudizio di volontaria giurisdizione, in cui la valutazione e la decisone del giudice, piuttosto che natura decisoria, sembrerebbero avere natura gestionale, per via della molteplicità delle soluzioni cui il giudice può giungere, vista l’ampia discrezionalità a questi riconosciuta, avendo la normativa fatto ampio uso di concetti giuridici indeterminati, generici o incompleti. Pertanto, secondo questa teorica, i poteri del giudice amministrativo sarebbero da leggersi nell’ottica dell’equità integrativa o correttiva, così da conciliare il principio di legalità con l’indeterminatezza e flessibilità normativa, anche in ragione dell’effettività della tutela.
Di diverso avviso chi[17], valorizzando la prospettiva pan-processualista o giudice-centrica sottesa alla predetta normativa, ha ritenuto si fosse comunque difronte a un sindacato di merito del giudice amministrativo, essendo la normativa essenzialmente protesa ad assicurare una tutela effettiva e rapida del ricorrente attraverso l’inefficacia del contratto. Di conseguenza, secondo questa tesi dovrebbe ritenersi che il giudice amministrativo avrebbe un potere-dovere di compiere una valutazione dell’interesse pubblico sostitutiva di quella dell’amministrazione, compiendo una scelta discrezionale afferente a profili di opportunità e convenienza circa la conservazione, o meno, del contratto e dei suoi effetti[18].
Questa teorica, tuttavia, è confutata dal dato normativo e da quella dottrina[19] che, piuttosto, ha evidenziato come, nel caso di specie, per la prima volta, si sia chiaramente al cospetto di un sindacato pieno del giudice amministrativo sul rapporto, un sindacato particolarmente incisivo che attribuisce al giudice amministrativo una cognizione piena per l’accertamento e la valutazione dei fatti e dei contrapposti interessi sottesi alla fattispecie di riferimento, senza per questo, tuttavia, cadere in un sindacato di mera opportunità politica sulla scelta precedentemente effettuata dall’amministrazione (ossia sul merito). Ciò anche in ragione del fatto che il legislatore ha effettuato una scelta differente sul tipo di giurisdizione spettante al GA, a seconda che ricorrano le fattispecie di cui agli artt. 121-122 cp.a. o piuttosto 123 c.p.a.
La tesi merita un chiarimento, anche perché, come si dirà in seguito, differenti sono i parametri normativi che indirizzano il sindacato del G.A. nel caso concreto a seconda che ricorra l’ipotesi di cui all’art. 121, comma 2, c.p.a. o piuttosto, quella ben più problematica, per la maggiore indeterminatezza e per lo specifico riferimento all’apprezzamento degli interessi in gioco, di cui all’art 122 c.p.a.
Più in particolare, sembra possibile ritenere che nel caso di specie il legislatore abbia autorizzato il giudice amministrativo a compiere, nel rispetto della terzietà, imparzialità e indipendenza della propria posizione, una valutazione contestuale dell’interesse individuale, sia esso l’interesse legittimo pretensivo vantato dal ricorrente sia quello oppositivo del controinteressato, in uno con l’interesse pubblico sotteso al contratto; interesse, quest’ultimo, non inteso come strettamente coincidente con l’interesse pubblico prevalente, ossia quello rispondente all’interesse dell’amministrazione procedente, piuttosto come “interesse pubblico del caso concreto”, ossia come sintesi della pluralità degli interessi sottesi al contratto, da valorizzarsi nella prospettiva del rispetto di esigenze imperative espressione di un interesse generale.
Il che vorrebbe significare che il G.A. non sarebbe chiamato a esprimere ex post un giudizio sulla meritevolezza della scelta precedentemente effettuata dalla p.a., sostituendo la propria decisione con il merito amministrativo, bensì – e qui la peculiarità della normativa di riferimento – a compiere una valutazione autonoma, ora per allora, sull’assetto degli interessi in gioco, sottesi al contratto nelle more stipulato, per come emergente e per come determinatosi in conseguenza dell’annullamento giurisdizionale dell’aggiudicazione illegittima.
Tale prospettazione, tuttavia, potrebbe far sorgere il dubbio che ci si trovi di fonte a una palese violazione dell’art. 34, comma 2 c.p.a., ossia dell’inderogabile divieto per il giudice amministrativo di pronunciarsi su poteri amministrativi non ancora esercitati.
Purtuttavia, come la dottrina non ha mancato di precisare, tale norma impedirebbe al G.A. di anticipare l’amministrazione nell’esercizio del proprio potere, non già di individuare l’assetto definitivo del rapporto controverso[20].
Con particolare riferimento all’ipotesi di cui all’art.122 c.p.a., ciò starebbe a significare che la valutazione “dell’interesse pubblico del caso concreto” demandata al GA, nell’ipotesi in cui si rende necessaria un’ulteriore attività procedimentale della p.a. (ossia, la riedizione della procedura di gara), sarebbe meramente strumentale all’esplicazione dell’effetto conformativo della sentenza di annullamento.
Il che vorrebbe dire che il G.A., non ricorrendo l’ipotesi della giurisdizione di merito, non è tenuto a stabilire il nuovo e definitivo assetto d’interessi, non avendo Egli poteri costitutivi, bensì è legittimato a orientare, in maniera più puntuale, il riesercizio della funzione amministrativa, esplicitando nel dispositivo della sentenza gli effetti conformativi derivanti dall’annullamento dell’aggiudicazione sulla sorte del contratto, con particolare riferimento alla decorrenza dell’inefficacia del contratto medesimo.
Pertanto, dovrebbe ritenersi che la specialità dei poteri riconosciuti al giudice amministrativo sulla sorte del contratto, atto di natura privatistica consequenziale e direttamente connesso all’esercizio di una pubblica funzione cristallizzatasi nel provvedimento di aggiudicazione, trovi un fondamento in ragioni di economicità ed efficienza processuale che hanno, evidentemente, portato ad estendere – probabilmente oltremodo (?) – le maglie della giurisdizione esclusiva, essendo Egli di fatto chiamato a effettuare una valutazione, neutrale e obiettiva, di pura efficienza economica, non già di buona amministrazione, non dovendo esprimere un giudizio di opportunità politica o di convenienza in sostituzione della pubblica amministrazione.
In questa prospettiva, dunque, l’ampiezza dei poteri cognitori, istruttori e decisori del giudice amministrativo, per come specificatamente delineati nella normativa in esame, dovrebbe potersi apprezzare e necessariamente coniugare nel rispetto dei limiti legali alla pienezza ed effettività della tutela, per come posti dai precetti costituzionali di cui agli art. 24, 111 e 113 della Costituzione. Principi, a loro volta, recepiti e declinati nel codice del processo amministrativo che è, chiaramente, un processo di parti, fondato sul principio dispositivo, o meglio ancora, sul principio della domanda e della corrispondenza fra chiesto e pronunciato, come tali invalicabili, essendo nella disponibilità delle parti l’oggetto del processo, non potendo certamente accettarsi l’idea del “giudice regolatore”.
Pertanto, in questa prospettiva, sembra possibile affermare che si sia difronte a un’eccezionale ipotesi normativa di esercizio della giurisdizione piena del g.a.[21], non semplicemente perché si legittima una cognizione piena del giudice amministrativo sul fatto, bensì perché s’impone una valutazione della situazione fattuale venutasi a creare in conseguenza della sottoscrizione del contratto, tale per cui il g.a. è tenuto a valutare le conseguenze dell’annullamento dell’aggiudicazione sull’efficacia del contratto, senza per questo divenire giudice della validità del contratto stesso[22].
Purtuttavia, è evidente, però, che il giudice amministrativo, nell’ampiezza dei poteri cognitivi e decisori attribuitogli dalla legge in codesta materia, in uno con l’indeterminatezza del precetto normativo, in specie dell’art. 122 c.p.a., potrebbe inopinatamente spingersi al di là dei confini della giurisdizione di tipo soggettivo[23], verso una vera e propria funzionalizzazione del processo, esercitando poteri, e non semplici effetti, conformativi, come tali inaccettabili.
Non si può dimenticare, infatti, che anche nel caso in cui si volesse riconoscere nella fattispecie normativa in esame un esempio di giurisdizione piena del giudice amministrativo, vi sono dei limiti invalicabili – espressi nelle regole del giusto processo di cui all’art 111 Cost. – posti a presidio della legalità ordinamentale di cui il principio della separazione dei poteri è emblema, che il GA è sempre tenuto a rispettare: innanzitutto una cognizione piena sul fatto non potrà mai significare uso della scienza privata da parte del giudice, né elusione del principio dispositivo per come declinato nell’art. 64 c.p.a., né indebita violazione del principio del contraddittorio e della parità processuale fra le parti; di poi, anche un eventuale riconoscimento di poteri decisori più pervasi non potrà giustificare un sindacato del giudice sulla scelta valoriale che costituisce il proprium della funzione amministrativa[24].
Pertanto, è nel rispetto di questi termini che bisognerà condurre l’analisi della questione.
4. Le ulteriori spinte in avanti del G.A. quale giudice a cognizione piena.
Al fine di comprendere fino a che punto, nel caso di specie, il g.a. si sia spinto al di là del dato normativo e delle regole processuali è opportuno innanzitutto guardare al tenore letterale della disposizione normativa di riferimento, l’art. 122 c.p.a., e all’interpretazione estensiva che di quella si è data, anche sulla scia di una recente pronuncia della Corte di Cassazione a Sezioni Unite[25] che ha, per vero, aperto la strada a tale nuovo indirizzo interpretativo, sempre più seguito dal giudice amministrativo nelle sue recenti pronunce[26].
Ai sensi dell’art. 122 c.p.a., il giudice amministrativo che, al di fuori dei casi indicati nell’art. 121, comma 1 e nell’art. 123, comma 3, c.p.a., annulla l’aggiudicazione definitiva, può dichiarare inefficace il contratto, stabilendone la decorrenza, tenendo conto degli interessi delle parti, dell’effettiva possibilità per il ricorrente di conseguire l’aggiudicazione alla luce dei vizi riscontrati, dello stato di esecuzione del contratto e della possibilità di subentrare nel contratto stesso, nel caso in cui il vizio dell’aggiudicazione non comporti l’obbligo di rinnovo della gara e la domanda di subentro sia stata presentata.
La disposizione normativa, come noto, pone una fattispecie residuale di inefficacia, come detto facoltativa, trattandosi di una norma di chiusura rispetto alle ordinarie ipotesi di inefficacia del contratto declinate dall’art. 121 c.p.a., che lascia più ampi margini di discrezionalità al giudice amministrativo sulla scelta inerente la sorte del contratto.
La decisione sull’inefficacia, rimessa al giudice in termini di “possibilità”, è infatti condizionata alla valutazione di una serie presupposti normativi che, tuttavia, pongono in primo piano la considerazione degli interessi delle parti, dunque, del ricorrente, interessato all’inefficacia del contratto funzionale al subentro o, in via subordinata, alla riedizione della gara, dell’aggiudicatario - contraente in buona fede, così come della stessa pubblica amministrazione. E la ponderazione di tali interessi, in cui senza dubbio un peso primario è da attribuire all’interesse del ricorrente, essendo la norma calibrata sulla tutela in forma specifica da assicurare a quest’ultimo, non può che essere inversamente proporzionale alla gravità del vizio che inficia l’aggiudicazione.
Proprio in riferimento a tale profilo, con particolare riferimento ai quei vizi della procedura, pur di “gravità risiduale” rispetto a quelli declinati nell’art. 121 c.p.a., con cui la disposizione normativa va coordinata, che comunque comportano la riedizione della gara, sono sorti dubbi interpretativi in merito alla discrezionalità del giudice di dichiarare l’inefficacia del contratto.
Secondo una interpretazione letterale più rigorosa, infatti, richiamata anche nella sentenza che si commenta, nelle ipotesi di violazioni residuali che comunque comportino una riedizione della gara, la dichiarazione d’inefficacia del contratto dovrebbe essere la conseguenza ordinaria, non richiedendo alcuna valutazione comparativa degli interessi e degli altri elementi contemplati nella disposizione normativa (Cfr. Cons. Stato, Ad. Pl. n. 13/2011).
Il giudice amministrativo, pertanto, accertata la necessità di riedizione della gara, dovrebbe limitarsi ad annullare l’aggiudicazione e a disporre l’inefficacia del contratto, presumibilmente con efficacia ex tunc, quale conseguenza ordinaria dell’effetto retroattivo della pronuncia di annullamento dell’aggiudicazione cui il contratto è comunque connesso.
È proprio in relazione a questo profilo, della regolazione degli effetti dell’inefficacia del contratto, che si registrano orientamenti differenti, come quello espresso dalla sentenza in commento, partendo proprio dal presupposto della valorizzazione dell’autonomia degli effetti costitutivi della pronuncia di inefficacia del contratto rispetto a quelli derivanti dall’annullamento dell’aggiudicazione.
La disposizione normativa, infatti, è stata oggetto di differenti letture per via dell’ambivalenza del tenore letterario che la connota. Secondo un recente arresto della Corte di Cassazione, interpellata sul punto per motivi di giurisdizione, ritenuti però infondati, due sarebbero le possibili letture interpretative che la disposizione consentirebbe.
La prima corrisponderebbe alla tesi più rigorosa appena sopra richiamata, secondo cui le condizioni normative di esercizio del potere del giudice amministrativo varrebbero esclusivamente per le ipotesi in cui il vizio dell’aggiudicazione non comporti l’obbligo di rinnovazione della gara; nel caso contrario, pertanto, il giudice non sarebbe tenuto ad effettuare tali valutazioni.
Diversamente, secondo altra interpretazione, la disposizione normativa dovrebbe essere letta nel senso di consentire al giudice amministrativo, in ogni caso – sia che si debba o non si debba procedere al rinnovo della procedura di gara – di compiere la valutazione dei parametri condizionanti la declatoria d’inefficacia. Di conseguenza, il giudice amministrativo al ricorrere delle ipotesi di cui all’art 122 c.p.a. sarebbe sempre tenuto a tenere in considerazione gli interessi delle parti, lo stato di avanzamento dell’esecuzione del contratto, l’effettiva possibilità, per il ricorrente, di conseguire l’aggiudicazione del contratto o di subentrare nel contratto, alla luce del vizio della procedura in concreto riscontrato. Pertanto, l’eventuale obbligo di rinnovo della gara non limiterebbe i poteri cognitori e decisori del g.a., per come individuati dalla disposizione di legge, bensì impedirebbe, semplicemente, la possibilità di subentro nel contratto.
Secondo questa lettura dunque, le due condizioni della non necessità di riedizione della gara e dell’avvenuta presentazione della domanda di subentro sarebbero pregiudiziali – o meglio, necessarie anche se da sole non sufficienti, dovendo comunque valutarsi gli altri elementi condizionanti l’inefficacia – ai soli fini della tutela in forma specifica del ricorrente.
È evidente che questa seconda interpretazione amplia lo spettro dei poteri spettanti al giudice amministrativo, consentendogli di compiere un giudizio complesso anche nelle ipotesi di riedizione della gara; soluzione interpretativa, questa, che sarà maggiormente condivisibile nei limiti in cui si prediliga la tesi neutrale dell’inefficacia funzionale, posto che la qualificazione dell’inefficacia in termini di nullità-sanzione certamente imporrebbe un maggior rigore interpretativo.
Ad avvalorare tale soluzione interpretativa soccorre anche una lettura sistematica delle fattispecie di cui agli artt. 122 e 121 c.p.a. in quanto, se nelle ipotesi di violazioni più gravi di cui all’art. 121 c.p.a. è consentito al g.a. di conservare gli effetti del contratto al ricorrere delle esigenze imperative di cui al secondo comma dell’art. 121, escludere la ponderazione d’interessi contrapposti nel caso di violazioni meno gravi della procedura di gara sarebbe alquanto irragionevole, perché si giungerebbe ad un’applicazione più rigorosa della fattispecie residuale, meno grave, in cui l’inefficacia è comunque ope legis una conseguenza meramente eventuale.
Infatti, se al ricorrere delle fattispecie di cui all’art 121 c.p.a. l’inefficacia del contratto deve considerarsi una conseguenza ordinaria e, invece, la conservazione degli effetti del contratto una ipotesi eccezionale e derogatoria, possibile al ricorrere delle condizioni di cui all’art. 121 comma 2, nei casi di cui all’art 122 c.p.a. la soluzione è differente, non essendo posta una priorità a livello normativo al ricorrere di fattispecie che si pongono come regola ed eccezione, rimettendosi al giudice la decisione sulla sorte del contratto.
Pertanto, mettendo a sistema le due norme, un’interpretazione estensiva della disposizione in esame, con conseguente ampliamento dei poteri cognitori e decisori del giudice amministrativo, sarebbe legittima nei limiti in cui all’inverarsi di violazioni non gravi della procedura di gara che comunque comportino la riedizione della gara stessa, l’accoglimento della declatoria di d’inefficacia del contratto, con efficacia immediata o retroattiva, sarebbe da escludere perché conseguenza sproporzionata rispetto agli interessi di cui è causa.
È anche vero, però, che le condizioni normative cui è subordinato il giudizio sulla sorte del contratto divergono a seconda che ricorrano le fattispecie di cui all’art 121, comma 2, o 122 c.p.a.
Mentre nell’ipotesi di cui all’art 121, comma 2, c.p.a. ai fini della conservazione degli effetti del contratto si avvalorano esigenze imperative connesse alla sussistenza di un interesse generale – dunque, di più ampio respiro dell’interesse pubblico perseguito dalla p.a. competente, per vero recessivo – le sole capaci di giustificare una deroga alle accertate gravi violazioni della procedura di gara, nell’ipotesi di cui all’art. 122 c.p.a., la decisione dell’organo giudicante è strettamente calibrata sulla valutazione degli interessi di parte sottesi al contratto stipulato, ponendo particolare attenzione all’interesse del ricorrente non solo di subentrare al contratto, bensì anche alla ripetizione della gara allorché il medesimo abbia una effettiva possibilità di conseguire l’aggiudicazione.
Orbene, nell’ipotesi in cui il giudice accerti che ricorra un vizio che richieda la ripetizione della gara, l’unica conseguenza diretta e ordinaria cui la disposizione normativa darebbe luogo sarebbe quella di escludere la possibilità di subentro del ricorrente che ne abbia fatto domanda, non già quella di procedere alla declatoria d’inefficacia del contratto. Infatti, resterebbe in piedi il potere del giudice di decidere della sorte del contratto, dell’inefficacia dello stesso e della decorrenza dei relativi effetti.
Di conseguenza potrebbero aversi soluzioni divergenti a seconda del caso di specie, posto che questa interpretazione accentua i profili di autonomia degli effetti costitutivi dell’assetto d’interessi derivanti dalla pronuncia d’inefficacia del contratto rispetto all’annullamento dell’aggiudicazione. Un parametro normativo certamente rilevante, capace di condizionare la declatoria d’inefficacia del contratto sino ad escluderla, è quello dello stato di esecuzione del contratto, che postula una valutazione complessa dei profili fattuali ad esso sottesi[27].
Al di là di questa ipotesi di più semplice soluzione, la decisone sull’inefficacia del contratto e sulla sua decorrenza, dovrebbe calibrarsi tutta sul bilanciamento dei contrapposti interessi di parte sottesi al contratto, nonché sulla valorizzazione dell’interesse strumentale del ricorrente alla riedizione della gara. Considerando che l’accertamento di un vizio che comporti la riedizione della gara esclude, di fatto, la possibilità di offrire tutela piena al bene della vita del ricorrente, ossia di subentrare al contratto, non sembra errato ritenere che in suddette ipotesi si avrebbe un recupero valoriale degli interessi diversi da quello del ricorrente, – o se si preferisce, si avrebbe un depotenziamento dell’interesse del ricorrente, nella ratio della norma considerato primario – sia della pubblica amministrazione resistente che del controinteressato in buona fede, ai fini della ponderazione che il giudice deve eseguire, con il rischio di derive protezionistiche, a vantaggio della conservazione degli effetti del contratto.
Che gli effetti di decisioni improntate alla tutela di interessi superindividuali, siano essi interessi collettivi, diffusi, generali, o anche solo pubblici[28], incidano sull’effettività della tutela dell’interesse del singolo ricorrente, arretrandola o financo svuotandola di contenuto nei limiti in cui tali esigenze debbano, ope legis, prevalere sulle contrapposte ragioni del singolo dedotte in giudizio, anche se fondate, è conseguenza del tutto evidente proprio al ricorrere della fattispecie di cui all’art. 121, comma 2, c.p.a[29]. Sebbene debba ritenersi che al ricorrere di tali fattispecie, della cui eccezionalità non può dubitarsi, tale conseguenza oltre che possibile sia legittima perché conforme non semplicemente alla voluntas legis bensì alla littera legis, è altrettanto vero che non si possa dubitare della necessità di vagliare con stretto rigore il ricorrere di suddette ipotesi, in quanto le stesse implicano una evidente scissione fra illegittimità amministrativa/procedimentale, anche grave, e legalità sostanziale o ordinamentale, che dir si voglia, intesa come bisogno di tutela di un interesse generale, che si manifesta al ricorrere di specifiche esigenze imperative, come potrebbero essere quelle connesse alla realizzazione di infrastrutture strategiche o alla realizzazione di opere pubbliche fruibili dall’intera collettività, o la prestazione di servizi essenziali.
Il problema, come detto, si pone con maggior evidenza proprio in riferimento alla valutazione che il giudice è chiamato a compiere ex art. 122 c.p.a, per via della maggiore indeterminatezza della fattispecie normativa rispetto a quella di cui all’art. 121, comma 2, c.p.a.
Tuttavia, valorizzando una lettura coordinata della disciplina posta dall’art. 121, comma 2, e dall’art.122 c.p.a., trattandosi di norme fra loro complementari, si ritiene che anche per quest’ultima fattispecie l’apprezzamento, da parte del giudice, della situazione di fatto esistente, da effettuare attraverso la lente della valutazione dei contrapposti interessi, debba essere operata nella logica della valorizzazione dell’interesse pubblico del caso concreto, così come precedentemente chiarito.
Le considerazioni svolte, dunque, sembrano far ritenere che, in via del tutto generale, l’interpretazione meno rigorosa dell’art 122 c.p.a., per come prospettata, non possa considerarsi, sic et simpliciter praeter legem; più in particolare, che la lettura coordinata delle due disposizioni porti piuttosto a valorizzare i limiti all’esercizio della funzione giurisdizionale relativamente alla decisone sulla sorte del contratto, dovendo fugarsi l’insidia di una strumentalizzazione interpretativa delle regole processuali[30].
Pertanto, sarà fondamentale attenzionare le modalità con cui il giudice, di volta in volta, ne darà applicazione, potendo tale interpretazione portare a facili strumentalizzazioni, o meglio a una più accentuata pubblicizzazione o funzionalizzazione dell’inefficacia del contratto, allontanando ancor più la norma dalla sua ratio originaria di garanzia di tutela della concorrenza e dell’interesse pretensivo del ricorrente a godere di una tutela piena, in forma specifica, ma anche solo di essere ripagato della chance di concorrere nuovamente per l’aggiudicazione.
5. Della specialità dei poteri del G.A. ex art 122 c.p.a., quale giudice di merito (ossia a cognizione piena) e non già sul merito.
Orbene, nel caso di specie il giudice amministrativo non sembra aver oltrepassato o violato le regole del processo amministrativo quale processo di parti, piuttosto sembra aver speso i propri poteri effettuando una valutazione comparativa dei contrapposti interessi di parte ai soli fini della regolazione della decorrenza degli effetti dell’inefficacia del contratto, valorizzando l’interesse strumentale del ricorrente alla riedizione della gara, in uno con l’interesse non solo pubblico bensì collettivo alla continuità nell’esecuzione del contratto, evincibile dall’oggetto della prestazione contrattuale, nelle more resa dal contraente aggiudicatario, trattandosi di servizio essenziale di trasporto con assistenza domiciliare a soggetti svantaggiati.
Il giudice amministrativo, infatti, ha ritenuto di non emettere, nel caso di specie, una pronuncia d’inefficacia immediata o comunque retroattiva del contratto, non per ragioni di equità o di opportunità meramente politica, bensì in conseguenza di un giudizio complesso dal medesimo effettuato in maniera conforme ai parametri normativi condizionanti l’efficacia del contratto, sebbene, come detto, gli stessi impongano valutazioni a dicrezionalità piuttosto ampia, richiamando, gli elementi normativi della fattispecie, giudizi di tipo valoriale, oltre che tecnico ed economico.
Poteri del GA, che sembrerebbero trovare una plausibile spiegazione solo nella prospettiva della giurisdizione piena, intesa come espressione di un sindacato radicato nella pienezza della cognizione dei fatti e caratterizzato da una ampiezza della discrezionalità del giudice nel decidere la controversia[31]. Discrezionalità, tuttavia, che s’invera non nell’esercizio di poteri sostitutivi, non essendo chiamato il giudice a una scelta politica dell'interesse pubblico prevalente, bensì attraverso l’esplicazione di effetti conformativi più pervasivi, conseguenti alla valutazione dell'interesse pubblico del caso concreto che la norma gli impone di effettuare.
La disciplina normativa oggetto d’analisi[32], infatti, sembrerebbe porsi in posizione di assoluta distonia nel sistema processuale amministrativo, inverando una ipotesi peculiare di modello processuale di giurisdizione piena del G.A. Per comprenderne appieno il significato, è necessaria una breve riflessione storica sul punto.
Ripercorrendo le coordinate storiche sul tema, infatti, la normativa in esame invita innanzitutto a riflettere sulla complessità del concetto di giurisdizione di merito, risalente alla l. del 7 marzo 1907, n. 62, per certi versi riecheggiato nell’art. 27 del R.d. n. 1054/1924, molto spesso dimenticato.
E invero, la lettura di tali disposizioni normative porta a domandarsi cosa s’intenda per «giudicare nel merito», per coglierne una duplicità di significati: il primo significato, che forse con una maggior eco si è tramandato nella cultura del processo amministrativo, è quello di esprimere una valutazione di opportunità politica sulla scelta operata dall’amministrazione procedente; il secondo significato, il cui valore oggi, con il codice del processo amministrativo, si tende a recuperare con maggior vigore, è quello di intendere l’espressione giudicare del merito come riconoscimento di una cognizione piena del giudice amministrativo sul fatto[33].
Orbene, si è già più volte rimarcato che l’ipotesi di specie non comporti una valutazione da parte del GA in termini di opportunità politica. Con la conseguenza, che deve esser ben salda, che lo stesso non possa sostituirsi all’amministrazione, ergendosi a giudice-regolatore del caso concreto.
Diversamente, proprio il profilo della valorizzazione dell’ampliamento della cognizione del giudice, anche nel recente passato (si pensi all’art. 35 del d.lgs. n. 80/1998) è stato strumentale per valorizzare la funzione propria della giurisdizione esclusiva (nella quale rientra la materia di cui ci stiamo occupando) come giurisdizione piena del giudice amministrativo, intesa non soltanto come cognizione piena sul fatto per la verifica del corretto esercizio della funzione pubblica, bensì anche, per il profilo decisorio, come possibilità di rendere pronunce davvero satisfattive dell’interesse del ricorrente, in conformità al principio di pienezza ed effettività della tutela, di cui all’art. 1 c.p.a., quale corollario degli artt. 24, 103, 111 e 113 della Costituzione[34].
Più in particolare, l’eccezionalità dei poteri decisori che nel caso di specie sembrano riconosciuti, ope legis, al giudice amministrativo, paiono potersi giustificare proprio valorizzando il precetto di cui all’art. 113, comma 2 della Costituzione che impone di non limitare le forme di tutela giurisdizionale avverso l’esercizio scorretto della pubblica funzione, a garanzia della completa soddisfazione della pretesa fatta valere in giudizio dalla parte vittoriosa.
Norma che, tuttavia, non va interpretata nel senso di consentire, in ogni caso, dunque, incondizionatamente, una tutela giurisdizionale illimitata e invariabile contro l’atto amministrativo, spettando al legislatore il compito di regolarne modi di esplicazione ed efficacia (così testualmente, Corte Cost., 25 giugno 2019, n. 160).
E ciò con un evidente recupero del basilare e invalicabile principio di legalità ordinamentale.
Pertanto, se è vero che nella giurisdizione piena si assiste a un ampliamento tanto dei poteri cognitori quanto dei poteri decisori del giudice amministrativo, in ragione della concentrazione di una tutela potenzialmente esaustiva per la posizione soggettiva lesa dall’esercizio illegittimo della funzione, ciò non può avvenire ad libidum, non potendo farsi del giudice un organo legibus solutus, ricadendo altrimenti nel vizio del giudice- regolatore o amministratore, che dir si voglia.
6. Analisi delle motivazioni addotte dal GA a sostegno della propria decisione.
A sostegno della decisione assunta, il giudice amministrativo non si è limitato a valorizzare l’interpretazione meno rigorosa dell’art. 122 c.p.a., di cui si è ampiamente detto, ma ha giustificato la spendita dei propri poteri in relazione alla regolazione degli effetti del contratto, sfruttando le maggiori potenzialità degli effetti conformativi della propria pronuncia sul riesercizio della funzione pubblica, conseguenti alla (pacificamente riconosciuta) autonomia degli effetti costitutivi dell’assetto d’interessi derivanti dalla pronuncia d’inefficacia del contratto rispetto all’annullamento dell’aggiudicazione.
La soluzione cui il giudice amministrativo è giunto è senza dubbio innovativa perché, nella regolazione degli effetti del contratto, ha disposto la conservazione dello stesso per il tempo presuntivamente necessario alla riedizione della procedura di gara, reputando che nel bilanciamo degli interessi in gioco, ai fini della declatoria d’inefficacia del contratto, l’interesse strumentale del ricorrente vittorioso potesse essere ragionevolmente bilanciato con quello della continuità di un servizio essenziale, oggetto del contratto illegittimamente aggiudicato.
Se la soluzione cui il G.A. è giunto potrebbe essere condivisibile, qualche dubbio è lecito sollevare sul percorso motivazionale dal medesimo dispiegato.
In particolare, si ritiene opinabile un primo presupposto motivazionale cui il giudice amministrativo ha fatto impiego nell’argomentare la propria tesi, spendendolo quasi in sordina, con un obiter dictum. Ebbene, il GA sembra aver fondato (o per lo meno voluto rafforzare) la propria decisione, muovendo da un recente arresto dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, del 22 dicembre 2017, n. 13, con cui si è giunti a riconoscere, in via generale, la possibilità per il giudice amministrativo di disporre degli effetti conformativi dell’accoglimento del ricorso, seppure per derogare all’effetto retroattivo dell’annullamento.
Principio, questo, su cui la dottrina[35] ha speso rimarchevoli argomenti critici, non potendo essere accettato ad libidum posto che l’effetto retroattivo della sentenza di annullamento resta una regola fondamentale dello Stato di diritto, quale esplicazione dello stesso principio di legalità.
Sebbene tale presupposto motivazionale, pur utilizzato incidentalmente e a corollario della tesi poi dispiegata non pare condivisibile, si ritiene che il medesimo comunque non vizi la soluzione finale cui il giudice è addivenuto per una semplice ragione, dirimente, data dal fatto che il richiamo del principio generalmente posto dalla Plenaria, se non inconferente, appare comunque inutiliter datum perché, nel caso di specie, è la legge stessa ad autorizzare l’esercizio di poteri peculiari in capo al GA. Tale richiamo, pertanto, appare, se non pertinente, comunque non rilevante ai fini del decisum.
Diversamente, sembrerebbe più corretto insistere sulla specialità dei poteri riconosciuti al Giudice amministrativo dagli artt. 121 e soprattutto 122 c.p.a. cui, ope legis, gli è consentito di modulare gli effetti dell’inefficacia del contratto, sul presupposto dell’autonomia degli effetti dell’annullamento rispetto alla sorte del contratto. E di tanto si è detto.
Rilevante pare, inoltre, la lettura in combinato disposto di cui all’art. 34, comma 1, lett. e), c.p.a. e all’art. 122 c.p.a., operata dal giudice amministrativo. E qui la valenza novativa della pronuncia.
Partendo dal presupposto che tale ultima disposizione normativa legittimi la regolazione degli effetti dell’inefficacia del contratto in conseguenza dell’annullamento dell’aggiudicazione, con effetti costitutivi dell’assetto d’interessi ulteriori e non meramente dipendenti dall’annullamento, il GA è giunto a ritenere che la natura generale e atipica dell’azione cui all’art. 34, comma 1, lett. e) sia idonea a potenziarne l’efficacia, ampliando la valenza costitutiva della pronuncia a garanzia dell’effettività della tutela.
E ciò innanzitutto perché la dichiarazione d’inefficacia del contratto - e il conseguente potere di regolazione della decorrenza dei suoi effetti - quale conseguenza della decisione di annullamento dell’aggiudicazione, può essere intesa come effetto ulteriore, complementare e conformativo, della sentenza costitutiva di annullamento dell’aggiudicazione[36].
Di poi, il richiamo all’art. 34, comma 1, lett. e), c.p.a.[37], in riferimento a una azione di cognizione e non di ottemperanza, impone, come noto, una valutazione più complessa in rapporto ai poteri spettanti al giudice, avendo questa disposizione, nel suo contenuto generale e atipico, le potenzialità per amplificare gli effetti di una pronuncia di annullamento, consentendo al giudice di esplicitare nel dispositivo della sentenza non solo gli effetti ripristinatori, bensì e soprattutto quelli conformativi. Sebbene questa resti, in generale, una mera facoltà del giudice.
Tale norma di legge, infatti, nell’attribuire a una sentenza di annullamento (o anche di condanna) ulteriori effetti finalizzati a garantire l’efficacia pratica di una sentenza di accoglimento del ricorso, valevoli in particolar modo per la tutela di interessi legittimi pretensivi, implica il riconoscimento di poteri atipici atti a integrare e rafforzare il contenuto della tutela costitutiva[38].
L’atipicità delle misure attuative di cui all’art. 34, comma 1, lett. e), inoltre, varia a seconda del diverso grado di penetrazione dello scrutinio di legittimità concesso, nel singolo caso, al giudice amministrativo; pertanto tali misure potrebbero concretizzarsi o in puntualizzazioni del modo di esercizio del potere amministrativo o in misure satisfattive sulla spettanza del provvedimento richiesto.
Tuttavia, proprio con riferimento a tale ultimo profilo, il richiamo ai poteri di cui all’art. 34, comma 1, lett. e) c.p.a. è a volte ritenuto ridondante, in particolare nel caso in cui il giudice sia legittimato a usare i poteri ben più penetranti di cui all’art. 34, comma 1, lett.c), c.p.a. o legittimato a condannare la p.a. a un facere specifico[39].
Diversamente, la norma sembrerebbe avere maggiore capacità d’incidenza proprio nelle ipotesi in cui residui in capo alla p.a. un più o meno ampio margine di discrezionalità nel riesercizio della funzione, tale per cui la misura attuativa si concretizzerebbe in una maggiore specificazione dell’effetto conformativo della sentenza di annullamento, alla stregua di misure complementari o piuttosto di prescrizioni esecutive dell’effetto conformativo, con efficacia più o meno stringente sul riesercizio della funzione.
E tale sembrerebbe essere il caso di specie, in cui il G.A. ha voluto rafforzare gli effetti conformativi della sentenza costitutiva di annullamento, adottando una statuizione di completamento dell’annullamento dell’aggiudicazione, senza per questo assumere misure di carattere sostitutivo, non legittimate, né esprimere un giudizio sul merito.
Ipotesi, che sembrerebbe consentita nel caso di specie perché tipizzata (recte, nominata) nella fattispecie normativa in esame (art. 122 c.p.a.), sebbene la stessa, nell’individuazione dei presupposti normativi legittimanti tale potere presenti un contenuto alquanto indeterminato; di qui, l’atipicità del modo di esercizio, in concreto, della funzione giurisdizionale e degli effetti conformativi incidenti sul potere pubblico. Atipicità che, in alcuni casi, potrebbe lasciar interdetti nel modo in cui si dia concreta applicazione del disposto normativo.
7. Brevi considerazioni conclusive.
Alla luce dell’indagine svolta sembrerebbe che, nel caso di specie, il giudice amministrativo abbia cercato di esercitare quei peculiari poteri che la norma di legge gli attribuisce, particolarmente incisivi, districandosi in un delicato e spesso fragile equilibrio fra rispetto delle regole del processo amministrativo come processo di parti e divieto di sostituirsi all’amministrazione nella cura dell’interesse pubblico prevalente.
Sembrerebbe che il medesimo si sia sforzato di compiere una valutazione il più possibile obiettiva, neutrale, in conformità a quei parametri normativi che, pur con tutti gli evidenziati limiti, la norma pone, perseguendo il fine indicato dalla norma di legge (art. 122 c.p.a.), ossia la valutazione dell’interesse pubblico del caso concreto, che passa attraverso la migliore (recte: efficace e contestuale) conformazione possibile della misura di tutela delle ragioni del privato, così come fatte valere in giudizio, con le ragioni d’interesse pubblico che, come detto, non si esauriscono nell’interesse dell’amministrazione procedente.
Peculiari poteri del giudice amministrativo che, si ribadisce, trovano una giustificazione, in via del tutto eccezionale, nei limiti in cui hanno espressa previsione nella disposizione di legge, che sembrerebbe riconoscere al giudice amministrativo una giurisdizione piena, quale giudice di merito[40], nei termini in cui sopra si è detto.
Pertanto, la complessa lettura sistematica della normativa in esame, sembrerebbe non consentire di escludere a priori un’interpretazione estensiva della stessa, sebbene questo comporti un ampliamento dei poteri cognitori e decisori dell’organo giudicante, senza per questo farli ricadere in una cognizione di opportunità amministrativa[41].
È anche vero, però, che tali poteri sono apprezzabili nei limiti in cui valorizzino le complesse finalità sottese alla normativa in esame, non solo pro-concorrenziali ma anche d’interesse generale, garantendo ad esempio una tutela più ampia al ricorrente stesso, considerando, nell’economia dell’azione amministrativa, per come dispiegata, anche l’interesse strumentale[42] alla riedizione della gara, inteso come effettiva possibilità per quest’ultimo di conseguire il bene della vita, bensì anche ampliando i poteri di regolazione della decorrenza degli effetti d’inefficacia del contratto a tutela dell’esecuzione di un servizio fondamentale, non solo per l’amministrazione, ma per la collettività.
Con riferimento al caso di specie, pertanto, il giudice amministrativo sembrerebbe aver rispettato la propria posizione di terzietà e imparzialità, garantendo comunque un equilibrio fra rispetto del principio dispositivo e, al contempo, del merito amministrativo, pur nell’esercizio di poteri speciali che la normativa in esame gli consente di esercitare, attraverso un’inedita regolazione degli effetti dell’inefficacia del contratto, decorrenti non rigorosamente ex nunc o ex tunc, ma temporalmente condizionati al riesercizio della funzione da parte della p.a. o comunque al rispetto di un termine dilatorio dal medesimo individuato presumibilmente in base a parametri di proporzionalità e ragionevolezza rispetto alla gravità del vizio e alla complessità della procedura di gara da ripetere.
Tuttavia, si è anche cercato di evidenziare che il rischio cui ci si espone nel riconoscere, o peggio nello sdoganare incondizionatamente tale modus procedendi nell’esercizio della funzione giurisdizionale, è quello di un possibile uso improprio – dunque patologico – di tali poteri, che potrebbe inverarsi o attraverso una tendenziale oggettivazione delle forme di tutela[43] o mediante l’espressione di giudizi equitativi o di mera opportunità politica, come tali non consentiti, costituendo, ciascuno di essi, derive improprie che trasformerebbero il processo amministrativo da dispositivo in dirigistico e il giudice in un amministratore del rapporto contrattuale.
Il problema di fondo che sembra emergere dal riconoscimento di siffatti poteri, specie se non ancorati a elementi normativi sufficientemente determinati (come sembra essere proprio il caso dell’art 122 c.p.a.) o piuttosto legati a clausole generali o a elementi che comportano un giudizio di tipo valoriale altamente opinabile, è quello di lasciare all’ampia discrezionalità del giudice l’individuazione della “regola del caso concreto” con evidente estensione degli spazi interpretativi prima, e decisori poi, con conseguente grave lesione della certezza del diritto[44], intesa in termini di prevedibilità della decisione in linea con le esigenze di uniformità e di uguaglianza sostanziale.
Alla luce di questo filone interpretativo, dunque, sarebbe forse opportuno tornare a chiedersi se Juger l’Administration c’est encore administrer per prenderne immediatamente le distanze, in quanto questa prospettiva di pensiero ci riporterebbe indietro nel tempo, minando quella cultura del processo amministrativo come luogo neutrale di tutela del singolo nei confronti del potere pubblico[45], che inevitabilmente passa dalla valorizzazione dei limiti che il principio di legalità[46] pone all’interprete.
Purtuttavia, ferme queste ultime considerazioni, si ritiene, con riferimento alla fattispecie di cui è causa, che tale modus procedendi non possa essere condannato a priori, trovando fondamento e giustificazione nella specialità dei poteri che il legislatore ha eccezionalmente attribuito al giudice amministrativo nella suddetta materia e, soprattutto, nella lettera stessa della legge[47], nella disposizione normativa per come formulata, la quale forse dovrebbe essere il vero oggetto della contestazione se si ritiene che violi il fondamentale principio della separazione dei poteri, ipotesi, tuttavia, come ricordato, proprio di recente esclusa dalla stessa Corte di Cassazione.
Concludendo, dovrebbe rimarcarsi l’eccezionalità della richiamata fattispecie normativa, se non ci si volesse spingere sino a evidenziarne l’anomalia sistematica della stessa o piuttosto la sua illegittimità costituzionale per via di un evidente difetto di formulazione della medesima, presentandosi largamente indeterminata specie lì dove rimette al giudice amministrativo la valutazione degli interessi di parte, non potendo, l’impervio cammino del riconoscimento di poteri di giurisdizione piena del giudice amministrativo, legittimare “deleghe in bianco” a favore dell’organo giudicante, così ergendolo a giudice-regolatore del caso concreto, promuovendo prassi poco ortodosse di occasionalismo giurisprudenziale[48].
***
[1] E. Follieri, I poteri del giudice amministrativo nel decreto legislativo 20 marzo 2010 n. 53 e negli artt. 120 – 124 del codice del processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 4, 2010, 1 ss.
[2] Cass. Civ., sez. I, 17 novembre 2000, n. 14901; Id., 1 agosto 2002, n. 11427, ma anche Cons. Stato. Sez. VI, 1 febbraio 2002, n. 570. Per una ricostruzione delle tesi elaborate dalla dottrina prima del codice del processo amministrativo, cfr.: V. Cerulli Irelli, L’annullamento dell’aggiudicazione e la sorte del contratto, in Giorn. dir. amm., 2002, 1195; V. Lopilato, Vizi della procedura e patologie contrattuali, in Foro amm. Tar, 2006, 1521; M. Monteduro, Invalidità del contratto, in Repertorio degli appalti pubblici, L.R. Perfetti (a cura di), II, 2005, 829 ss; Id., Illegittimità del procedimento ad evidenza pubblica e nullità del contratto d’appalto ex art. 1418, comma 1, c.c.: una radicale «svolta» della giurisprudenza tra luci e ombre, in Foro amm. Tar, 2002, 2591; E. Sticchi Damiani, La caducazione del contratto per annullamento dell’aggiudicazione alla luce del codice degli appalti, in Foro amm. Tar, 2006, 3719 - 3728; A. Cianflone - G. Giovannini, L’appalto di opere pubbliche, XII ed., II, Milano, Giuffrè, 2012; M. Pisano, Annullamento dell’aggiudicazione e regime d’invalidità del contratto di appalto, in www.filodiritto.it, 6 maggio 2008.
[3] Cons. Stato, sez. V, n. 1518/2003; Cons. Stato, sez. VI, n. 2332/2003. Sulla qualificazione della caducazione automatica come forma d’inefficacia sopravvenuta: Cons. stato, sez. V, n. 3465/2004. Per una critica alla suddetta tesi: F.G. Scoca, Annullamento dell’aggiudicazione e sorte del contratto, in Foro amm. Tar, 2007, 283.
[4] F. Caringella, Manuale di diritto amministrativo, Roma, 2017.
[5] M. Lipari, Il recepimento della “direttiva ricorsi”: il nuovo processo super accelerato in materia di appalti e l’inefficacia flessibile del contratto nel d.lgs. n. 53 del 2010, in www.federalismi.it, 2010.
[6] M. Lipari, Il recepimento della “direttiva ricorsi”, cit.
[7] E. Follieri, I poteri del giudice amministrativo nel decreto legislativo 20 marzo 2010 n. 53 e negli artt. 120 – 124 del codice del processo amministrativo, cit.; M. Lipari, Il recepimento della “direttiva ricorsi”, cit.; F. Cintioli, In difesa del processo di parti. (Note a prima lettura del parere del Consiglio di Stato sul “nuovo processo amministrativo sui contratti pubblici), in www.giustamm.it, 2 marzo 2010.
[8] V. Lopilato - R Tuccillo, Effetti delle decisioni giurisdizionali sul contratto, in Trattato sui contratti pubblici, tomo V, Milano, 2019, 852 ss; V. Lopilato, Categorie contrattuali, contratti pubblici e nuovi rimedi previsti dal d.lgs. n. 53/2010 di attuazione della direttiva ricorsi, in Dir. proc. amm., 4/2010, 1326 ss; M. Fracanzani, Annullamento dell’aggiudicazione e sorte del contratto nel nuovo processo amministrativo: dall’onere d’impugnazione alla pronuncia di inefficacia, in Diritto della regione, Regione Veneto, 2010, 37 - 48.
[9] F. Caringella, Manuale di diritto amministrativo, cit.
[10] Sulla distinzione fra inefficacia in senso lato e inefficacia in senso stretto nella dottrina civilistica, cfr.: S. Pugliatti, I fatti giuridici, revisione e aggiornamento di A. Falzea, con prefazione di N. Irti, Milano, Giuffrè, 1996. Per una ricostruzione dell’inefficacia, come categoria giuridica: V. Lopilato - R. Tuccillo, Effetti delle decisioni giurisdizionali sul contratto, in Trattato sui contratti pubblici, cit., 860 ss.
[11] E. Follieri, I poteri del giudice amministrativo nel decreto legislativo 20 marzo 2010 n. 53 e negli artt. 120 – 124 del codice del processo amministrativo, cit.
[12] M. Lipari, Il recepimento della “direttiva ricorsi”, cit.; E. Sticchi Damiani, Annullamento dell’aggiudicazione e inefficacia funzionale del contratto, in Dir. proc. amm., 1/2011, 240 ss.
[13] Cons. Stato, parere reso in commissione speciale, 1 febbraio 2010, n. 368. F. Saitta, Contratti pubblici e riparto di giurisdizione: prime riflessioni sul decreto di recepimento della direttiva n. 2007/66/CE, in www.giustiziaamministrativa.it.
[14] E. Follieri, I poteri del giudice amministrativo nel decreto legislativo 20 marzo 2010 n. 53 e negli artt. 120 – 124 del codice del processo amministrativo, cit.; il quale sottolinea la specialità dei poteri riconosciuti al G.A. in relazione alla dichiarazione di inefficacia del contratto quale conseguenza dell’annullamento dell’aggiudicazione; nonché: F. Cintioli, In difesa del processo di parti, cit.
[15] Più in generale sulle recenti modifiche al rito appalti: M. Lipari, Il nuovo rito appalti nel decreto legge 16 luglio 2020, n. 76, in l’amministrativista, 22 settembre 2020; Ibidem M.A. Sandulli, Rito speciale in materia di contratti pubblici, 4 giugno 2020.
[16] P. Carpentieri, Sorte del contratto, in www.giustizia-amministrativa.it
[17] M. Lipari, Il recepimento della “direttiva ricorsi”, cit.; E. Sticchi Damiani, Annullamento dell’aggiudicazione e inefficacia funzionale del contratto, cit., in particolare 263 ove l’A. parla di «potere sostanzialmente di merito limitato dal solo parametro della ragionevolezza»; ma altresì V. Cerulli Irelli, Osservazioni sulla bozza di decreto legislativo attuativo della delega di cui all’art. 44 L. n. 88/2009 (presentate alla Commissione Giustizia della Camera dei deputati l’11 febbraio 2010), in Giustamm.it, 2/2010.
[18] R. Caponigro, La valutazione giurisdizionale del merito amministrativo, in www.giustizia-amministrativa.it.
[19] F.G. Scoca, Il processo amministrativo ieri, oggi domani (brevi considerazioni), in Dir. proc. amm., 4/2020, 1097 ss.; Id., Considerazioni sul nuovo processo amministrativo, in ww.giustizia-amministrativa.it; Id., Annullamento dell’aggiudicazione e sorte del contratto, in Foro amm. Tar, 2007, 797 ss.; E. Follieri, I poteri del giudice amministrativo, cit.; A. Police, Le forme della giurisdizione, in Giustizia amministrativa, F.G. Scoca (a cura di), Torino, III° ed. 2009 e oggi VIII° ed., 2020, 126 ss; Id., Il ricorso di piena giurisdizione davanti al giudice amministrativo. Contributo alla teoria dell’azione nella giurisdizione esclusiva, Padova, 2001.
[20] Così M. Trimarchi, Full jurisdiction e limite dei poteri non ancora esercitati, in Persona e amministrazione, 2/2018; Id., L’inesauribilità del potere amministrativo, Napoli, 2018.
[21] L. R. Perfetti, La full jurisdiction come problema. Pienezza della tutela giurisdizionale e teorie del potere, del processo e della Costituzione, in Persona e amministrazione, 2/2018; Ibidem: A. Police, L’epifania della piena giurisdizione nella prima stagione della «giurisdizione propria» del Consiglio di Stato. Più in generale, sull’intensità del sindacato giurisdizionale del G.A. può vedersi l’intera sezione monografica del richiamato numero della rivista.
[22] In tal senso: E. Follieri, I poteri del giudice amministrativo nel decreto legislativo 20 marzo 2010 n. 53 e negli artt. 120 – 124 del codice del processo amministrativo, cit.;
[23] Si ricordano le note pronunce del Cons. Stato, Ad. Pl., nn. 4 e 5/2015, su cui cfr.: A. Travi, Recenti sviluppi sul principio della domanda nel processo amministrativo, in Foro it., 5/2015, 286 ss.; E. Follieri, Due passi avanti e uno indietro nell’affermazione della giurisdizione soggettiva, in Giur. it. 2015, 2192 ss. Più in generale sui temi: Aa.V.v., Profili oggettivi e soggettivi della giurisdizione amministrativa in ricordo di Leopoldo Mazzarolli, F. Francario - M.A. Sandulli (a cura di), Napoli, 2017; G. Tropea, La specialità del giudice amministrativo tra antiche criticità e persistenti insidie, in Dir. proc. amm., 2018, 889 ss.; Id., Motivazione del provvedimento e giudizio sul rapporto: derive e approdi, in Dir. proc. amm, 2017, 1235; A. De Siano, Dall’atipicità delle azioni all’atipicità dei poteri del G.A. Torsioni del processo amministrativo in nome della giustizia, in Dir. proc. amm., 1/2020, 59 ss.
[24] Su questi temi, da ultimo: M.A. Sandulli, Riflessioni sull’istruttoria fra procedimento e processo, in Des 2/2020, 195 ss.
[25] Cass. Civ., sez. un., 22 marzo 2017, n. 7295.
[26] In particolare, possono citarsi: Tar Lazio, sez. II ter, 24 dicembre 2019, n. 14851; Cons. Stato, 24 luglio 2020, n. 3311.
[27] Cfr. Cons. Stato, n. 1032/2018; Cons. stato, n. 4369/2014; Cons. Stato, n. 4585/2015.
[28] Sulla distinzione: G. Corso, Manuale di diritto amministrativo, Torino, 2020.
[29] Ad es. cfr. T.r.g.a., Sez. autonoma Bolzano, n. 43/2021.
[30] Sui temi, sia consentito rinviare a: R. Dagostino, Le corti nel diritto del rischio, Bari, 2020.
[31] A. Police, L’epifania della piena giurisdizione nella prima stagione della «giurisdizione propria» del Consiglio di Stato, cit.
[32] Stessa considerazione potrebbe farsi anche per la disciplina della c.d. class action pubblica. Sui temi: A. Police, Le forme della giurisdizione, cit.
[33] G. Corso, Manuale di diritto amministrativo, 505 ss.
[34] A. Police, Le forme della giurisdizione, cit., 126 ss., 133 ss.
[35] R. Di Pace, L’annullamento tra tradizione e innovazione; la problematica flessibilità dei poteri del giudice amministrativo, in Dir. proc. amm., 4/2012, 1273; C.E. Gallo, I poteri del giudice amministrativo in ordine agli effetti delle proprie sentenze di annullamento, in Dir. proc. amm., 2/2012, 280 ss.; Ibidem, A. Giusti, La “nuova” sentenza di annullamento nella recente giurisprudenza del Consiglio di Stato, 293 ss; A. Cassatella, Nuovi orientamenti in tema di efficacia temporale delle sentenze del giudice amministrativo: un’innovazione necessaria? Nota a Cons. Stato, ad. pl., 22 dicembre 2017, n. 13, in Dir. proc. amm., 3/2018, 1134 ss. Sebbene oggi si riconosca un temperamento a tale regola, non rivelandosi assoluta, è anche vero che si tende a circoscrivere le ipotesi in cui la decorrenza retroattiva degli effetti della pronuncia di annullamento può non prodursi. Tali sono: a) factum infectum fieri nequit; b) quando è nell’interesse del ricorrente che l’annullamento non comporti la retrodatazione totale o parziale degli effetti; c) il giudice valuti che gli effetti ex tunc dell’annullamento si rivelino lesivi dell’interesse del ricorrente. Sul punto: E. Follieri, La tipologia delle azioni proponibili, in Giustizia amministrativa, F. G. Scoca (a cura di), Torino, 2020, 190 ss. e in particolare195.
[36] E. Follieri, I poteri del giudice amministrativo nel decreto legislativo 20 marzo 2010 n. 53 e negli artt. 120 – 124 del codice del processo amministrativo, cit.
[37] Commento all’art. 34 c.p.a., in Commentario breve al Codice del processo amministrativo, G. Falcon – F. Cortese – B. Marchetti (a cura di), Wolters Kluwers - Cedam, Vicenza, 2020.
[38] A. Giusti, Il contenuto conformativo della sentenza del giudice amministrativo, Napoli, 2012, 214 ss.
[39]Commento all’art. 34 c.p.a., in Commentario breve al Codice del processo amministrativo, cit.
[40] Così, acutamente: A. Police, L’epifania della piena giurisdizione nella prima stagione della «giurisdizione propria» del Consiglio di Stato, 277 ss. in cui l’A. dimostra come «questo tipo di cognizione… non ha nulla a che vedere con le valutazioni di opportunità o di merito amministrativo; il giudice di merito, infatti, non opera scelte discrezionali, né effettua ponderazioni d’interessi che siano alternative .. da quelle effettuate dalla pubblica amministrazione», nonché facendo riferimento proprio all’art. 122 c.p.a., quale ipotesi eccezionale prevista dalla legge, di attualità della giurisdizione di merito nel senso sopra chiarito di piena giurisdizione, si giustifichi proprio «nei casi in cui eccezionalmente si rende necessaria una contestualità tra la tutela delle situazioni d’interesse legittimo dei privati e la tutela delle ragioni dell’interesse pubblico».
[41] A. Police, L’epifania della piena giurisdizione nella prima stagione della «giurisdizione propria» del Consiglio di Stato, cit., 272.
[42] Sulla rilevanza dell’interesse strumentale e sull’autonomia della tutela riconoscibile a tali situazioni giuridiche soggettive, purché non emulative, diverse dal bene vita finale cui il ricorrente aspira: Cons. Stato, Ad. pl., 11 maggio 2018, n. 6; bensì anche Corte Cost., (sent.) 13 dicembre 2019, n. 271.
[43] Tale effetto patologico sembra, invece, essersi concretizzato proprio in una pronuncia di poco antecedente, emessa dallo stesso organo giudicante (Tar Lazio, sez. II ter, 24 dicembre 2019, n. 14851), in cui il G.A., sebbene abbia speso le medesime argomentazioni, sembra aver piegato la logica della funzionalizzazione della dichiarazione di inefficacia del contratto a ragioni di tutela meramente oggettive, mosse dalla evidente finalità di ripristinare la legalità violata, scavalcando il principio della domanda e della corrispondenza fra chiesto e pronunciato, ex art. 112 c.p.c.. Sul tema, cfr.: M. Condorelli, Rinnovazione della gara e inefficacia “condizionata” del contratto di appalto, in Giorn. dir. amm., 3/2020, 399 ss.
[44] Aa.Vv., Principio di ragionevolezza delle decisioni giurisdizionali e diritto alla sicurezza giuridica, F. Francario – M.A. Sandulli (a cura di), Napoli, 2018; G. Tropea, (In)certezza del diritto e Stato giurisdizionale: il caso dell’abuso del diritto e del processo (riflessioni a margine di V. Omaggio, Saggio sullo Stato costituzionale, Torino 2015), in Dir. e proc amm., 2017, 3, 1063-1118; ID., Diritto alla sicurezza giuridica nel dialogo “interno” ed “esterno” tra Corti, in Dir. proc. amm., 2018, 4, 1244 ss.; M.A Sandulli., Processo amministrativo, sicurezza giuridica e garanzia di buona amministrazione, in Il Processo, 3, 2018, 45 ss.
[45] A Travi, Lezioni di giustizia amministrativa, Torino, 2018.
[46] M. A. Sandulli, Principi e regole dell’azione amministrativa: riflessioni sul rapporto fra diritto scritto e realtà giurisprudenziale, al sito www.federalismi.it, 6 dicembre 2017
[47] In particolare si allude all’art. 122 c.p.a. nella parte in cui prescrive al G.A. di «tenere conto, in particolare, degli interessi delle parti».
[48] M. Betzu, Diritto giurisprudenziale versus occasionalismo giurisprudenziale, in Riv. dir. publ., 1/2017, 41 ss.; M. Luciani, Funzione e responsabilità della giurisdizione. Una vicenda italiana (e non solo), in Giur. Cost., 2012, 3824 ss.