Specificità dei motivi e motivi aggiunti in materia elettorale:
effettività della tutela versus celerità processuale?
(nota a CGARS, 3 giugno 2020, n. 380)
di Giuseppe Andrea Primerano
Sommario: 1. Premessa. – 2. La vicenda. – 3. Specificità dei motivi e interpretazione giurisprudenziale. – 4. Requisiti di contenuto del ricorso e motivi aggiunti in materia elettorale. – 5. Conclusioni.
1. Premessa
La sentenza del CGARS n. 380 del 2020, nell’occuparsi di alcune questioni concernenti i presupposti di validità dei voti espressi in occasione di elezioni comunali, offre preziosi spunti per riflettere sulla specialità del rito elettorale.
È bene anzitutto ricostruire la vicenda nei suoi due gradi giudizio, che, pur conducendo ad esiti analoghi, si fondano su presupposti parzialmente differenti. Ciò in ragione di un supplemento di istruttoria ordinato dal giudice d’appello da cui è discesa la proposizione di motivi aggiunti e, secondo la difesa di parte appellata, un’alterazione della struttura processuale idonea a ledere gli artt. 24 e 125 Cost.
In disparte (l’irrilevanza e) l’infondatezza di un simile dubbio di legittimità costituzionale, argomentata dal Collegio in base alla considerazione per cui “non esiste una regola di diritto vivente che consenta ai motivi aggiunti nel contenzioso elettorale di andare oltre il perimetro circoscritto dal ricorso introduttivo”, il tema della loro ammissibilità, correlato al problema dell’onere di specificità dei motivi di ricorso, non solo depone nel senso della specialità sopra accennata, ma intercetta il rapporto tra declinazioni funzionali del giusto processo[1], in particolare effettività e ragionevole durata dei giudizi, che presenta sfumature peculiari in materia elettorale.
2. La vicenda
Nel 2018 si svolgeva, in provincia di Enna, una competizione per l’elezione di Sindaco e componenti il Consiglio comunale, all’esito della quale risultava escluso dal turno di ballottaggio il ricorrente (terzo classificato) in primo grado. Le censure, giudicate infondate dal T.A.R. Catania[2] per evidenziata impossibilità di risalire all’effettiva volontà degli elettori in questione, venivano riproposte nel giudizio di appello, nell’ambito del quale si rilevava la necessità di disporre una verificazione, al fine di avere piena contezza delle schede elettorali in contestazione.
Discendeva da ciò la proposizione di motivi aggiunti “propri” da parte del ricorrente in appello, che infine limitavano le doglianze ad un numero inferiore di schede, purtuttavia suscettibile di sostenere l’ammissibilità del gravame, viceversa, contestata in relazione all’assolvimento dell’onere di specificazione delle censure e in virtù dell’orientamento in base al quale, in conseguenza di una verificazione, non è possibile contestare tramite motivi aggiunti schede ulteriori o per motivi diversi.
Il CGARS ha respinto dette eccezioni di inammissibilità.
In primo luogo ha affermato che, ai fini dell’ammissibilità dei motivi di ricorso, è sufficiente specificare le questioni “in modo da permettere l’identificazione dei vizi del provvedimento che si vuole denunciare e l’individuazione delle norme ritenute violate”, pure alla luce dell’art. 156 c.p.c. sul raggiungimento dello scopo di un atto processuale idoneo a dimostrare il titolo e la causa delle richieste e delle norme che le giustificano[3]. A tale stregua è stata esclusa la natura meramente esplorativa del ricorso, in quanto, in entrambi i gradi di giudizio, è stata indicata la natura dei vizi, il numero delle schede e le sezioni di riferimento[4].
Quanto all’ammissibilità dei motivi aggiunti, poi, si è evidenziato che il numero di schede così contestate non supera il numero di quelle censurate con il ricorso introduttivo, in tal modo sviluppandosi vizi di legittimità, in precedenza articolati, riguardanti talune invalidazioni determinate da errori di scrittura del nome del candidato o di apposizione del crocesegno. Infatti, non può considerarsi “nuovo” il motivo finalizzato a una migliore specificazione del vizio o della scheda visionata successivamente a verificazione[5].
Tramite detto strumento il giudice amministrativo ha avuto la possibilità di accedere al “fatto storico” oggetto della controversia, ossia le schede elettorali, e quindi esercitare correttamente la propria giurisdizione, pur confermando nella sostanza la pronuncia del T.A.R. In altri termini, il CGARS si è avvalso del potere che l’art. 104, comma 2, c.p.a. riconosce al giudice di secondo grado ove nuove prove appaiano indispensabili per la decisione della causa, e lo ha fatto in una di quelle materie in cui storicamente al giudice amministrativo non è stata preclusa la cognizione della quaestio facti[6].
Tutto ciò allo scopo di emettere una sentenza “giusta”, cioè in grado di realizzare il fine della giurisdizione[7], essendo di comprensione più immediata censure poste in collegamento diretto con le schede in contestazione, con evidenti ripercussioni, inoltre, sul potere di azione della parte a mezzo di motivi aggiunti. Non risultano difatti violate le regole sul divieto di nova in appello, né quelle desumibili dal diritto vivente rappresentato dalla giurisprudenza amministrativa stratificatasi in materia elettorale sotto il profilo (dell’attenuazione) dell’onere di specificità dei motivi e successivo ricorso per motivi aggiunti.
Per comprendere la portata di simili affermazioni, e coglierne le peculiarità rispetto alla disciplina generale, è opportuno muovere dall’analisi di quest’ultima. Ciò consentirà di valutare in concreto l’idea secondo cui il contenzioso in argomento, data la presenza di “barriere” all’effettivo esercizio della tutela giurisdizionale[8] giustificabili – si suole affermare – in ragione del principio di democraticità e regolare funzionamento delle istituzioni, che a sua volta legittima una significativa contrazione della tempistica processuale, è essenzialmente preordinato al soddisfacimento di preminenti interessi pubblici[9] che collocano il “microsistema”[10] elettorale ai margini di una giurisdizione di tipo soggettivo.
3. Specificità dei motivi e interpretazione giurisprudenziale
L’articolazione dei motivi su cui si fonda il ricorso, ossia delle ragioni della domanda (causa petendi), ha valenza cruciale, in quanto è su essi che il giudice è chiamato a pronunciarsi. In un processo di parti improntato al principio della domanda, allora, sono del tutto comprensibili norme come quelle delineate dall’art. 40, comma 1, lett. d), e comma 2, c.p.a., dove la specificità dei motivi di ricorso è richiesta a pena di inammissibilità, ovvero dell’art. 101, comma 1, c.p.a., dove il riferimento è operato alle “specifiche censure contro i capi della sentenza gravata”.
Attraverso i motivi di ricorso si cristallizza il thema decidendum; il che presuppone un’adeguata consistenza delle censure dedotte in giudizio[11], non risultando di regola ammissibili ragioni formulate in via ipotetica o, comunque, incentrate su mere supposizioni. In altri termini, il ricorso non può possedere natura meramente esplorativa[12], o propagandistica[13], e l’analiticità delle contestazioni diviene essa stessa indizio di attendibilità della ricostruzione che sorregge le doglianze[14].
In presenza di motivi generici, non potrebbe neppure essere invocato il principio iura novit curia. La conoscenza del giudice delle norme ordinamentali, infatti, non incide sull’onere delle parti di specificare adeguatamente le proprie richieste, in quanto il giudice non è tenuto ad ovviare, con la sua attività, all’incapacità delle parti di reperire il fondamento delle rispettive pretese[15].
Se così fosse, problemi di effettività del contraddittorio a parte, risulterebbe irrimediabilmente compromesso il canone della corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c., applicabile in sede di giudizio amministrativo in base alla norma sul rinvio esterno (art. 39 c.p.a.), materializzandosi un vizio di ultrapetizione ogniqualvolta il giudice dovesse giungere all’accoglimento del ricorso alla stregua di un motivo non prospettato[16].
In tale apparato concettuale, è appena il caso di osservare come lo stesso potere del giudice amministrativo di qualificare l’azione in base ai suoi elementi sostanziali, da cui consegue quello di conversione ex art. 32 c.p.a.[17], è soggetto a limitazioni, anzitutto, percepibili sul piano squisitamente processuale, ma rilevanti, altresì, dal punto di vista del rapporto tra azioni. Sotto il primo profilo, può essere utile richiamare l’esempio del ricorrente che si veda convertire l’azione avverso il silenzio in un’azione di ottemperanza[18]. Sotto il secondo, invece, può brevemente accennarsi alla sentenza n. 4/2015 con cui l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, occupandosi dei rapporti tra tutela costitutiva e tutela risarcitoria, ha fornito importanti chiarimenti in merito al principio della domanda.
La prima forma di tutela presuppone una domanda che si caratterizza per i seguenti elementi identificativi: una causa petendi consistente nella illegittimità e un petitum di annullamento dei provvedimenti impugnati; con riguardo alla seconda, la causa petendi è rappresentata dalla illiceità e il petitum dalla richiesta di condanna al risarcimento in forma generica o specifica. L’Adunanza Plenaria ha escluso la possibilità di addivenire a una sentenza di condanna a fronte di un’azione di annullamento, a prescindere dagli inconvenienti, nel caso di specie, legati al tempo trascorso dall’adozione dei provvedimenti impugnati e ai pregiudizi per i controinteressati. Una simile conclusione si fonda sul presupposto che il giudice amministrativo non può “modulare” le forme di tutela a scapito di quanto richiesto dalle parti, ma solo determinarne la portata in ragione dei motivi di ricorso e dell’interesse del ricorrente.
Il generale onere di specificità della domanda si traduce, in un giudizio di annullamento, in quello di specificità, in primo grado, dei motivi di impugnazione del provvedimento. Ne discende, sul piano logico-giuridico, il divieto di nova in appello, riferibile sia agli atti impugnati, sia alle doglianze proposte[19], giacchè è il ricorso introduttivo a delineare il perimetro della controversia[20].
4. Requisiti di contenuto del ricorso e motivi aggiunti in materia elettorale
Si tratta, a questo punto, di comprendere in che modo simili regole si atteggiano nel contenzioso elettorale e, per farlo, è necessario considerare il ruolo della giurisprudenza sovente chiamata a conciliare interessi in gioco contrapposti: da un lato l’effettività della tutela giurisdizionale, dall’altro la celerità che, in ogni caso, il giudizio elettorale deve assicurare[21].
Ancorché si richieda sempre, ai fini dell’ammissibilità del ricorso o delle singole doglianze, che l’atto introduttivo, come già accennato, indichi natura dei vizi denunziati, numero delle schede contestate e sezioni cui esse si riferiscono, è stato a più riprese affermato che nei giudizi elettorali “il principio della specificità dei motivi di censura e dell’onere della prova è da considerarsi attenuato […] in considerazione della peculiare situazione di (obiettiva) difficoltà in cui si trova il soggetto che ha interesse ad aggredire le operazioni elettorali illegittime, sulla base di semplici informazioni, pur formalmente dichiarate e acquisite agli atti del giudizio, ma necessariamente indiziarie” e, a tale stregua, si è concluso che “possono ritenersi ammissibili censure anche parzialmente generiche o che risultino poi affette da errata individuazione del fatto che ha provocato la determinazione illegittima”[22]. In sostanza, resterebbe preclusa la sola proposizione di ricorsi con finalità esplorative o, comunque, diretti a stimolare l’esercizio dei poteri istruttori da parte del giudice.
In realtà, non è sempre facile valutare se il ricorso elettorale intenda, o meno, perseguire simili finalità, tanto più che lo svolgimento dell’attività istruttoria – come dimostra il primo grado di giudizio della vicenda in esame – spesso si rivela incompleto, impedendo all’organo giudicante un pieno accesso al fatto. Tale considerazione resta valida, ad avviso di chi scrive, sebbene la disciplina del procedimento elettorale, nel prevedere particolari forme di pubblicità delle operazioni, attribuisca un ruolo di controllo e di partecipazione ai candidati, ai rappresentanti di lista e, sia pure in forma più attenuata, agli elettori. Le contestazioni incentrate sulla deduzione a verbale delle pretese irregolarità nella valutazione delle espressioni di voto, in particolare, dovrebbero assicurare una forma di contraddittorio durante le operazioni elettorali e agevolare l’individuazione del materiale istruttorio nell’ottica di un eventuale ricorso giurisdizionale[23].
Il problema, a tacer d’altro, può essere in primo luogo rappresentato dall’ubicazione della competizione elettorale. Non si può infatti prescindere dalle connotazioni culturali, sociali ed economiche locali per valutare effettivamente la regolarità delle espressioni di voto. È questo, d’altro canto, il criterio impiegato dalla giurisprudenza per interpretare le disposizioni (v. in particolare l’art. 64 del d.P.R. n. 570/1960) concernenti la nullità dei voti contenuti in schede recanti scritture o segni idonei a rivelare la volontà dell’elettore di farsi riconoscere poiché “estranei alle esigenze di espressione del voto”, non trovando “ragionevoli spiegazioni nelle modalità con cui l’elettore ha inteso esprimere il voto stesso”[24].
Si deve, inoltre, considerare che la libera espressione dell’opinione del popolo sulla scelta dei propri rappresentanti – di cui si rinviene traccia sia nell’art. 48 Cost.[25], sia negli artt. 39 della Carta di Nizza e 3 del I Protocollo addizionale alla Cedu[26] – ha reso dirimente, come criterio esegetico, il favor voti “che restringe l’applicazione della sanzione di nullità in limiti rigorosi, trovando la propria ratio nella necessità di garantire il rispetto della volontà espressa dal corpo elettorale e di assicurare a tutti gli elettori di effettuare le loro scelte e, quindi, anche a coloro che non siano in grado di apprendere e di osservare appieno le istruzioni ai fini dell’espressione di voto”[27].
Il sistema mira a preservare le manifestazioni di volontà del corpo elettorale ed è proprio in tale ottica che bisogna intendere statuizioni come quella per cui “le modifiche o il sovvertimento del risultato elettorale non possono dipendere dalla effettiva conoscibilità dei vizi eventualmente sussistenti”[28]. Infatti, da un lato l’interesse di ogni candidato è quello di partecipare alla consultazione in un definito contesto politico e ambientale[29], dall’altro tale speditezza custodisce l’interesse della comunità territoriale allo svolgimento delle elezioni nei tempi designati, alla stabilità e alla certezza dei risultati elettorali.
In tale prospettiva, la giurisprudenza suole subordinare l’ammissibilità del ricorso per motivi aggiunti al fatto che essi rappresentino un sostanziale sviluppo logico delle prime doglianze[30], cosicchè la loro proposizione è circoscritta ai casi in cui le censure originarie possano trovare ragioni di esplicitazione e puntualizzazione nelle risultanze degli accertamenti istruttori disposti dal giudice[31]. In base a tali premesse, nel caso di specie, il CGARS ha escluso che i motivi aggiunti proposti a seguito della verificazione abbiano determinato un ampliamento del thema decidendum, essendo piuttosto deputati a specificare le censure originarie.
La regola secondo cui il ricorrente, in ragione della disparità in cui può concretamente trovarsi al cospetto dell’amministrazione, è legittimato a produrre un principio di prova, a maggior ragione, si applica al contenzioso elettorale e si correla all’attenuazione del rigore richiesto ai fini della specificità dei motivi di ricorso[32]. La parte è quindi legittimata a proporre motivi aggiunti ogniqualvolta gli stessi non denuncino schede ulteriori o per motivi diversi, in conseguenza di attività istruttoria, ma si collochino nel perimetro circoscritto dal ricorso.
L’interesse pubblico allo svolgimento delle elezioni nei tempi prestabiliti e alla certezza dei risultati, in sostanza, può realmente incidere sull’effettività della tutela giurisdizionale, e le regole del rito elettorale, a parte quanto si è finora osservato circa contenuto del ricorso e ammissibilità (limitata) di motivi aggiunti, si rivelano tuttora idonee a qualificarlo come “microsistema rimasto pressochè indenne ai profondi cambiamenti subiti dal processo amministrativo”[33]. Si rifletta, solo per fare qualche esempio, sulle norme concernenti la difesa personale nel primo grado di giudizio (art. 23 c.p.a.), l’esenzione dagli oneri fiscali (art. 127 c.p.a.), la sottoposizione del ricorso ex art. 129 c.p.a. al termine di tre giorni dalla pubblicazione o, se prevista, dalla comunicazione degli atti impugnati, ovvero sull’azione popolare di cui all’art. 130, comma 1, c.p.a., alla quale si accompagna l’inversione della classica sequenza notifica-deposito del ricorso per consentire al presidente del tribunale di fissare l’udienza di discussione della causa “in via di urgenza”[34].
5. Conclusioni
La ratio acceleratoria cui risulta improntato il contenzioso elettorale, in definitiva, emerge sia dal punto di vista normativo che dell’interpretazione giurisprudenziale, ma non sempre si accompagna alla valorizzazione del principio di effettività della tutela giurisdizionale. Ciò in ragione di preminenti interessi pubblici – allo svolgimento delle elezioni nei tempi designati, alla stabilità e alla certezza dei risultati elettorali – i quali richiedono che il giudizio sia organizzato e celebrato in tempi adeguati a garantirli in concreto[35].
Merita ricordare che, in base a tali presupposti e all’ampliamento dei poteri istruttori del giudice amministrativo, il Consiglio di Stato aveva sollevato una questione di legittimità costituzionale avente ad oggetto “la riserva al giudice ordinario dei giudizi di accertamento della falsità di atti pubblici attraverso la speciale procedura della querela di falso e la preclusione per il giudice amministrativo dell’accertamento, anche solo incidentale, di tali falsità”[36]. Una simile evenienza, infatti, in considerazione dei tempi necessari per la definizione della causa pregiudiziale di falso dinanzi al giudice ordinario, è suscettibile di vanificare la suddetta ratio.
Invero, solo se la struttura processuale è adeguata il giudizio può realizzare il fine della giurisdizione. Se ne trae implicita conferma nelle soluzioni adottate dalla giurisprudenza chiamata a conciliare effettività della tutela giurisdizionale e celerità che, in ogni caso, i giudizi elettorali devono assicurare.
Il rapporto tra attenuazione dell’onere di specificità dei motivi di ricorso e ammissibilità dei motivi aggiunti, analizzato alla luce della sentenza n. 380/2020 del CGARS, conferma tale assetto e contribuisce alla rappresentazione della specialità del contenzioso elettorale.
[1] Cfr. F.G. Scoca, I principi del giusto processo, in Id. (a cura di), Giustizia amministrativa, Torino, 2017, 164. Si vedano, inoltre, F. Merusi, Il codice del giusto processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 2011, 9, che riconosce al giusto processo il “ruolo” di principio guida; E. Picozza, Il “giusto” processo amministrativo, in Cons. Stato, II, 2000, 1061 ss., successivamente alla novella recata all’art. 111 Cost. dalla l. cost. n. 2 del 1999.
[2] Tar Sicilia, Catania, sez. II, 12 dicembre 2018, n. 2366.
[3] V. ex multis Cons. Stato, sez. V, 24 marzo 2011, n. 1792, secondo cui “ai fini della regolarità e ammissibilità dei motivi del ricorso, basta quindi che siano sufficientemente specificate le questioni che si intendono proporre al Giudice, in modo da permettere l’identificazione dei vizi del provvedimento che si vuole denunciare e l’individuazione delle norme ritenute violate, ancorché gli uni e le altre non siano precisamente ed espressamente specificati, poiché la formulazione alquanto sintetica dei motivi non impedisce al Giudice ed alle parti resistenti di coglierne il contenuto, considerato anche che l’art 156 c.p.c. esclude la dichiarazione della nullità per inosservanza di forme di un atto processuale che abbia raggiunto il suo scopo”.
[4] Cfr. Cons. Stato, ad. plen., 20 novembre 2014, n. 32.
[5] Come noto, la verificazione consiste in un incombente a natura illustrativa volto a completare la conoscenza di fatti non immediatamente desumibili dalle produzioni documentali (v. Cons. Stato, sez. VI, 12 novembre 2014, n. 5552), in nessun caso adoperabile come strumento di valutazione diretta delle censure oggetto di ricorso (Cons. Stato, sez. V, 25 febbraio 2016, n. 785).
[6] Ad avviso di P.G. Ponticelli, La giurisdizione di merito del Consiglio di Stato. Indagini storiche, Milano, 1958, 161, quella di merito è “una giurisdizione più ampia creata ad analogia del giudice ordinario di merito e costituente essenzialmente un giudizio completo in fatto, oltreché in diritto”. Su questa linea, si veda già A. Amorth, Il merito dell’atto amministrativo, Milano, 1939, 112 ss., e, più di recente, A. Police, Il ricorso di piena giurisdizione davanti al giudice amministrativo, I, Padova, 2000, 35 ss. Si concentrano sui maggiori poteri del giudice amministrativo in sede di giurisdizione di merito, fra i molti, M.S. Giannini - A. Piras, Giurisdizione amministrativa e giurisdizione ordinaria nei confronti della pubblica amministrazione, in Enc. dir., XIX, Milano, 1970, 261.
[7] Sul punto cfr. G. Chiovenda, Principii di diritto processuale civile, Napoli, 1923, 81.
[8] Cfr. F. Cintioli, L’azione popolare nel contenzioso elettorale amministrativo, in Dir. amm., 2008, spec. 346 e 356.
[9] Così, infatti, Cons. Stato, ad. plen., 24 novembre 2005, n. 10, con nota di C.E. Gallo, L’ambito del giudizio elettorale nella decisione dell’adunanza plenaria n. 10 del 2005, in Foro amm. - C.d.S., 2005, 3244 ss.
[10] P.M. Vipiana, Contenzioso elettorale amministrativo, in Dig. disc. pubbl., IV, Torino, 1989, 14.
[11] Come si legge nella stessa sentenza del CGARS n. 380 del 2020, “i motivi di ricorso devono considerarsi muniti di adeguata consistenza e specificazione (che ne impone l’esame da parte del giudice) non già quando descrivono le conclusioni cui essi sono indirizzati, ma se e quando indicano pure le ragioni che vengono poste a base di siffatte conclusioni e danno dimostrazione, secondo l’intendimento del ricorrente, del titolo e della causa delle richieste e delle norme che le giustificano”.
[12] Sul punto cfr. Cons. Stato, ad. plen., n. 32 del 2014. In tale prospettiva, merita ricordare che la giurisprudenza amministrativa si è espressa in diverse occasioni sul principio della c.d. prova di resistenza, ponendolo in collegamento diretto col principio del favor voti e con il “canone antiformalistico positivamente scolpito all’art. 21-octies della l. n. 241/1990”: così Tar Calabria, Catanzaro, sez. II, 28 novembre 2012, n. 1163. Più di recente v. Tar Umbria, sez. I, 29 gennaio 2020, n. 37; Tar Basilicata, sez. I, 3 ottobre 2019, n. 733; Tar Toscana, sez. II, 24 settembre 2019, n. 1283.
[13] Cons. Stato, ad. plen., n. 10 del 2005.
[14] Cfr. Tar Lombardia, Brescia, sez. I, 2 ottobre 2019, n. 860; Tar Campania, Salerno, sez. I, 3 dicembre 2012, n. 2186; Tar Lazio, Roma, sez. II, 10 febbraio 2010, n. 1860.
[15] Cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. V, 2 febbraio 2012, n. 551; Cons. Stato, sez. V, 22 settembre 2011, n. 5345; Cons. Stato, sez. V, 8 febbraio 2011, n. 854; Cons. Stato, sez. V, 13 luglio 2006, n. 4419; Cons. Stato, sez. IV, 22 novembre 2004, n. 7621; Tar Campania, Salerno, sez. I, 5 novembre 2018, n. 1550; Tar Lazio, Roma, sez. II, 25 novembre 2014, n. 11768; Tar Sicilia, Catania, sez. III, 7 marzo 2012, n. 581. Sulla portata applicativa del principio iura novit curia, da ultimo, si veda Cass. civ., sez. III, ord. 13 maggio 2020, n. 8883.
[16] Per un inquadramento teorico della tematica, si veda M. Nigro, Domanda (principio della) (dir. proc. amm.), in Enc. giur., XII, Roma, 1989. Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale (ex multis, Cons. Stato, sez. V, 6 giugno 2012, n. 3337), la regola della corrispondenza tra chiesto e pronunciato costituisce espressione del potere dispositivo delle parti: il giudice non può pronunciare oltre i limiti della concreta ed effettiva questione che le parti hanno sottoposto al suo esame, ossia eccedendo i limiti del petitum e della causa petendi. A tale stregua, il vizio di ultrapetizione sussiste qualora il giudice abbia attribuito alla parte un bene della vita non richiesto, ovvero abbia esaminato e accolto il ricorso per un motivo non prospettato dalle parti. La dottrina (cfr. F. Benvenuti, L’istruzione nel processo amministrativo, Padova, 1953, 50 ss.) ha rilevato da tempo che l’esercizio di poteri officiosi non può comunque comportare il governo del giudice sulle affermazioni del ricorrente. Sul rapporto tra principio dispositivo e poteri del giudice amministrativo, si veda A. Romano Tassone, Poteri del giudice e poteri delle parti nel nuovo processo amministrativo, in Scritti in onore di Paolo Stella Richter, I, Napoli, 461 ss.
[17] Sul punto cfr. G. Corso, Art. 32, in A. Quaranta - V. Lopilato (a cura di), Il processo amministrativo, Milano, 2011, 325.
[18] Cfr. Tar Campania, Napoli, sez. V, 15 ottobre 2012, n. 4119.
[19] In tal senso v. Cons. Stato, sez. V, 10 aprile 2018, n. 2168. Si veda, inoltre, Cons. Stato, sez. VI, 28 dicembre 2017, n. 6142.
[20] Cons. Stato, sez. V, 23 marzo 2018, n. 1859.
[21] Cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. III, 26 ottobre 2018, n. 6126.
[22] Così la sentenza in nota.
[23] Cfr. Tar Sicilia, Catania, sez. III, 9 luglio 2003, n. 1110, cui adde F. Saitta, Giudizio in materia di operazioni elettorali ed onere della prova: attenuazione o… aggravamento?, in Foro amm. - Tar, 2003, 2825 ss.
[24] Cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. V, 18 gennaio 2016, n. 142; Cons. Stato, sez. V, 7 gennaio 2013, n. 12; Cons. Stato, sez. V, 21 dicembre 2012, n. 6608; Cons. Stato, sez. V, 18 novembre 2011, n. 6070. Pertanto, le mere anomalie del tratto, le incertezze grafiche, le indicazioni di incerta identificazione della volontà o suscettibili di spiegazioni diverse non invalidano di per sé il voto espresso.
[25] Sulla natura fondamentale del diritto di voto v. Corte Cost., 13 gennaio 2014, n. 1.
[26] In tema v. F. Goisis, Pretesa sostanziale del cittadino elettore nel contenzioso elettorale avanti al giudice amministrativo e profili di incostituzionalità dell’art. 129 c.p.a., in Dir. proc. amm., 2013, 160.
[27] Cons. Stato, sez. V, 22 febbraio 2001, n. 1020.
[28] Cons. Stato, sez. V, 17 febbraio 2014, n. 755.
[29] In questi termini Corte Cost., 7 luglio 2010, n. 236, in Giur. cost., IV, 2010, con note di R. Chieppa, Riflessi della sent. 236 del 2010 sulla tutela degli atti di procedimento preparatorio alle elezioni (codice del processo amministrativo e procedimento elettorale politico), 2905 ss., e E. Lehner, Finalmente sancita l’immediata impugnabilità degli atti preliminari alle elezioni locali e regionali, 2908 ss. La Corte era stata investita della questione di legittimità costituzionale dell’art. 83-undecies del d.P.R. n. 570/1960 nella parte in cui risultava esclusa la possibilità di un’autonoma impugnazione degli atti endoprocedimentali elettorali, ancorché immediatamente lesivi, anteriormente alla proclamazione degli eletti: cfr. Tar Liguria, sez. II, ord. 28 maggio 2009, n. 90, con nota di C.E. Gallo, Nuovamente alla Corte Costituzionale l’impugnabilità immediata dei provvedimenti di esclusione dalla competizione elettorale, in Giust. amm., 2009, 151 ss.
[30] Cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. III, 21 novembre 2016, n. 4863.
[31] In tal senso v. Cons. Stato, sez. V, 11 luglio 2002, n. 3902.
[32] L’osservanza dell’onere di specificità dei motivi, chiaramente, non assorbe l’onere della prova. Un ricorso recante l’esplicazione dettagliata delle irregolarità in cui sia incorsa la sezione elettorale, infatti, dovrebbe comunque essere sorretto “da allegazioni ulteriori rispetto alle affermazioni del ricorrente” (Cons. Stato, ad. plen., n. 32 del 2014).
[33] P.M. Vipiana, Contenzioso elettorale amministrativo, cit., 14.
[34] Per approfondimenti ulteriori, sia consentito rinviare a G.A. Primerano, Il contenzioso elettorale davanti al giudice amministrativo nella recente evoluzione normativa e giurisprudenziale (a margine di Adunanza Plenaria n. 22 del 2013), in Dir. proc. amm., 2014, 927 ss.
[35] Sul punto cfr. A. Pajno, Fase preparatoria delle elezioni politiche e contenzioso elettorale. Verifica dei poteri, regolazione della giurisdizione e transizione italiana, in Corr. giur., 2008, 1693.
[36] Cons. Stato, sez. V, ord. 16 febbraio 2011, n. 1000. La questione di legittimità costituzionale è stata, tuttavia, dichiarata infondata da Corte Cost., 11 novembre 2011, n. 304. Per una rivisitazione critica di tale sentenza, e per ulteriori sviluppi, cfr. G.A. Primerano, La pregiudizialità civile nel processo amministrativo, Torino, 2017, spec. 275 ss.