Recensione di In un piccolo cielo di Paul Yoon (2020 Bollati Boringhieri Editore, Torino)
Paul Yoon è nato a New York, ha 45 anni, è di origine laotiana e vive a Cambridge in Massachussets.
La prima parte del romanzo si svolge in Laos, definito “il paese più bombardato della storia” pur se mai entrato ufficialmente nella guerra del Vietnam: fino al 1973, l’aviazione statunitense vi effettuò più di 500.000 missioni, scaricandovi più di 2 milioni di tonnellate di materiale esplosivo nel corso di una guerra segreta che serviva a colpire il sentiero di Ho Chi Minh utilizzato dalle truppe nord vietnamite. Il tutto in un contesto reso caotico anche dalla guerra civile tra la monarchia e i marxisti del Pathet Lao.
È quella la ragione che, unitamente al terrore di essere segregati in campi di rieducazione, spinge nel 1969 i protagonisti del romanzo - Alisak, Prany e la più piccola Noi, sorella di Prany - a voler abbandonare il Laos e il villaggio in cui vivono, costituito da “una miriade di capanne di legno, case d’argilla e baracche con i tetti di metallo radunate insieme”. Sono tre giovani orfani, sopravvissuti con espedienti, “senza altro posto dove andare”, che sanno usare le armi e sono uniti come fossero tutti fratelli. Senza una meta precisa fuggono verso il nord e si rifugiano in territorio degli Hmong (una popolazione che durante la guerra si schierò con gli Stati Uniti), sull’Altopiano delle Giare, in un ospedale improvvisato, un tempo di proprietà di un latifondista francese, ove iniziano a lavorare con il medico Vang che cura i civili feriti, viene da Vientiane e suona Bach al pianoforte. L’ospedale diventa così una casa e un luogo di solidarietà condivisa, dove rifugiarsi dalla guerra e sognare ad occhi aperti, contemplando il cielo attraverso un tetto parzialmente sfondato: “Se il cielo era sufficientemente piccolo c’erano meno possibilità che un aereo lo attraversasse. E allora, era soltanto il cielo” (NdR: significativo sottotitolo di questo romanzo che ben rimanda al suo contenuto).
I tre ragazzi si impegnano facendo di tutto: gli infermieri di fortuna che imparano a ricucire arti dilaniati, i corrieri che vanno a procurare medicine e cibo, a volte recuperando feriti dai campi minati, con motociclette BSA di fortuna che guidano lungo sentieri pieni di granate inesplose, il tutto mentre dal cielo gli americani continuano a sganciare dai B-52 le bombe di una guerra che non esiste e non è dichiarata. Alisak, Prany e Noi si preoccupano anche di piantare segnali che consentano a chiunque di conoscere le parti sicure delle strade di campagna ed evitare quelle minate. Ma quella vita diventa sempre più pericolosa, come per tutti i laotiani, sicché il medico Vang si preoccupa di organizzare la loro fuga sugli ultimi elicotteri che lasciano il paese: finisce così la stagione delle corse in moto. I tre ragazzi innocenti sperano in quel modo di potersi ricostruire una vita serena e felice in terre straniere, ma non tutti riescono a fuggire e la realtà sarà diversa come i loro destini.
La seconda parte del libro è costituita da capitoli che fanno riflettere e che hanno il nome dei vari personaggi che ne sono protagonisti, a partire dai tre citati, ormai cresciuti, ma a cui altri se ne aggiungono (Aunti e Khit): la guerra è finita, ma le conseguenze della guerra sono forse anche peggiori. Yoon descrive ciò che è successo a molti giovani laotiani e ne racconta le vite. Alisak, Prany e Noi, tutti accomunati dal desiderio di fuga, si ritrovano nella realtà divisi: ci sarà chi attraversa il Mekong per fuggire in Thailandia, chi trova rifugio in Europa e chi negli Stati Uniti, ricominciando una nuova vita, e chi invece rimarrà a lungo prigioniero in un campo di rieducazione. Ma il fil rouge della loro amicizia non verrà mai interrotto e il ricordo di ognuno rimarrà nella mente dell’altro a distanza di anni.
Il romanzo produce emozioni forti facendo riflettendo su ciò che la guerra determina soprattutto per una popolazione che si trova dalla parte dei perdenti, pur se – come è stato detto - la guerra sconfigge tutti. Il romanzo è anche uno straordinario documento storico ma soprattutto analizza la forza della speranza e della perseveranza di chi aspira a guardare il vasto cielo di tutto il mondo.
Immagine via Wikimedia Commons.