Motivazione giurisdizionale e cultura condivisa*
di Pierpaolo Gori
1. Ringrazio molto Area DG per aver organizzato questo workshop sulla motivazione e il suo ruolo servente alla giurisdizione, cui mi è stato chiesto di partecipare, forse anche per il mio ruolo passato di ufficiale distaccato presso la divisione della ricerca della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
2. Ho aderito all’invito molto volentieri, così come con il medesimo spirito ho partecipato attivamente al gruppo di lavoro che, a partire dall’autunno scorso, facendo tesoro dell’insegnamento della giurisprudenza della Corte EDU e in particolare della sentenza Succi c. Italia, ha prodotto con numerosi validissimi colleghi un elaborato collettivo sulla motivazione delle decisioni della Corte di Cassazione, i cui risultati di contenuto tecnico sono stati messi a disposizione della Prima Presidenza e della Ges dell’ANM presso la Corte.
3. Tengo particolarmente a sottolineare come, pur non iscritto ad alcuno dei gruppi fondatori di Area DG, né Magistratura Democratica né Movimento per la Giustizia, cerco costantemente di offrire il mio apporto all’elaborazione associativa, anche di tutta l’ANM, nei limiti del tempo lasciato dalle funzioni di Consigliere presso la Corte, perché credo che solo un ragionamento ampio tra colleghi, ulteriormente esteso ad autorevoli esponenti dell’Accademia e dell’Avvocatura possa consentire il raggiungimento di risultati condivisi, tra l’altro, in questa materia.
4. C’è un ponte in Cina chiamato comunemente “Il ponte di Marco Polo”. Ormai molti anni fa alcuni amici cinesi della Beida (۹य़ o Università di Pechino) me ne parlarono, in occasione di un breve saluto in quella splendida città, e mi narrarono di una leggenda popolare del posto che ha ispirato anche un celebre passo de “Le città invisibili” di Italo Calvino.
5. Lo scrittore, riprendendo l’episodio della tradizione, narra che Marco Polo stia descrivendo pietra per pietra quel ponte di accesso alla capitale imperiale Khanbaliq. Kublai Kan gli chiede qual è la pietra che sostiene il ponte e Marco risponde che il ponte non è sostenuto da questa o da quella pietra,bensì dalla linea dell'arco che esse formano.
6. Allora Kublai Kan rimane silenzioso, riflettendo, e soggiunge:
“Perché mi parli delle pietre? È solo dell'arco che mi importa. Polo risponde: - Senza pietre non c'è arco.”.
Tale è la motivazione giurisdizionale, un insieme di “pietre-parole” idonee e sufficienti a comporre l’arco argomentativo che, attraverso il fatto e le ragioni della decisione, è chiamato a sorreggere il dispositivo finale. È un percorso di trasparenza che attraversa il momento, segreto, in cui viene presa la decisione, e sorregge la modalità tipica in cui si esprime la funzione giurisdizionale. La giurisprudenza della Corte EDU individua nella motivazione il fulcro della libertà di espressione del magistrato inteso come funzione giudiziaria, e del suo rapporto tra trasparenza e rendicontabilità delle decisioni assunte nel contesto istituzionale.
7. Non c’è una locuzione che, da sola, sia idonea a sorreggere l’intero ragionamento di una sentenza. Al tempo stesso, leggendo come giudice di legittimità molte decisioni giurisdizionali impugnate, capita non di rado di imbattersi in un eccesso quantitativo di elementi argomentativi non necessari e talvolta non coerenti tra loro, inidonei nel loro complesso a costruire la pulita linea dell’arco motivazionale, così che possa essere compreso sia dal professionista che dal cittadino che legge la sentenza.
8. La continenza del linguaggio è un altro aspetto che suggerisce una scelta funzionale delle pietre necessarie per sorreggere l’”arco”, e si nutre del profondo rispetto per il ruolo professionale svolto l’Avvocatura, tanto quella dello Stato che del libero foro e della persona che concretamente ha articolato il ricorso, al meglio delle sue possibilità quali offerte dal singolo cliente, anche quando permette chiaramente di individuare un tentativo di difesa dal processo oltre che nel processo.
9. Non può essere minimizzata, anche in questa prospettiva, l’importanza dell’interlocuzione con la difesa, funzionale alla stessa efficiente strutturazione della motivazione. Innanzitutto l’Avvocatura è prezioso specchio della funzione giurisdizionale, in cui il ragionamento del Collegio giudicante e ancor più del Giudice unico si alimenta delle ragioni addotte dalle parti: si pensi al caso delle sempre più frequenti ordinanze di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia o alle questioni incidentali di costituzionalità, per le quali si rinvia alla rassegna periodica delle ordinanze interlocutorie della Corte pubblicata dall’Ufficio del Massimario. Sia consentito anche un cenno al Protocollo n.16 di emendamento della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, la cui mancata ratifica preclude all’Italia - a differenza di altri Paesi con analoga civiltà giuridica come la Francia - la possibilità di inviare a Strasburgo richieste di interpretazioni pregiudiziali che potrebbero incidere sulla motivazione in modo significativo, non solo in termini passivi come alcuni interpreti paventano, esattamente come il dialogo e il linguaggio non sono mai unidirezionali e la domanda stessa condiziona la risposta.
10. La collaborazione con l’Avvocatura sta svolgendo poi un ruolo centrale per il lento decollo del Desk, il processo telematico di legittimità, il quale è ancora largamente migliorabile anche raccogliendo alcuni suggerimenti di un gruppo di sperimentazione sviluppato dalla stessa Area DG in composizione mista avvocati-magistrati di cui ho avuto la fortuna di far parte, e riflettenti due visioni del medesimo applicativo che necessariamente devono completarsi a vicenda. Si pensi alla necessità, non ancora prevista dal Desk di consentire il deposito telematico anche dei provvedimenti di rinvio a nuovo ruolo, di quelli di riunione dei ricorsi connessi e in decisione contestuale, degli stessi statini delle udienze e adunanze celebrate, tutte funzionalità non ancora implementate. Ciò spiega il perché la fase sperimentale di deposito dei provvedimenti dal lato magistrato non si sia ancora conclusa ad oltre un anno dal suo inizio.
11. È stata inoltre significativa, anche in chiave di collaborazione e facilitazione dell’adempimento motivazionale da parte del giudice, l’importanza dei protocolli d’intesa conchiusi con l’Ordine forense e l’Avvocatura dello Stato per affrontare la fase dell’emergenza Covid - che si spera superata, ma senza certezza - e la stessa assenza di un PCT di legittimità interamente affidabile per il settore civile e a maggior ragione per il penale, lacune colmate anche grazie alla trasmissione via pec di atti di parte (auspicabilmente files pdf editabili e non mere immagini) caricati su Microsoft Teams a disposizione del collegio giudicante.
Infine, non può essere dimenticato il particolare meccanismo di accesso alla Corte di Cassazione che consente anche ad autorevoli professionisti e docenti universitari di entrare nel consesso di legittimità offrendo il loro qualificato apporto, un onore ma anche un onere vista la complessa e gravosa attività giurisdizionale da svolgere e di cui dare conto in primo luogo attraverso la motivazione.
12. Sulla linea di sviluppo di questa sinergia credo si debba investire energie e intelligenze, con maggiore convinzione e, soprattutto, nel rispetto reciproco, al fine di rafforzare il più possibile quella comune cultura giurisdizionale che da tempo si sta sfilacciando, lasciando spazio a troppe tensioni tra Avvocatura e Magistratura, acuite anche dalla crisi economica e sanitaria vissute negli ultimi anni.
La cultura condivisa e il rispetto reciproco sono infatti “pietre” necessarie - non meno di dotte locuzioni intrinseche alla motivazione scritta - perché possa esistere l’”arco”: sono il presupposto perché la lettura di qualsiasi argomentata decisione giurisdizionale possa essere effettivamente convincente e percepita come servizio efficace dello Stato anche quando inevitabilmente sgradita, per il cittadino e presso la sua difesa.
*Il testo riproduce l’intervento svolto al convegno “Giurisdizione e motivazione. Dialogo a più voci tra linguaggio e organizzazione del lavoro”, tenutosi lo scorso 8 giugno 2022 a Roma, Corte Suprema di Cassazione, Aula Magna, organizzato da AreaDg Cassazione.