GIUSTIZIA INSIEME

ISSN: 2974-9999
Registrazione: 5 maggio 2023 n. 68 presso il Tribunale di Roma

    A un maschio che si guarda allo specchio di Gianni Caria

    A un maschio che si guarda allo specchio di Gianni Caria

    Guardati, guardati bene. Non quell’osservare fugace, quel correre superficiale sulla pelle di quando ti fai la barba o ti conti le rughe più recenti. Guardati bene, guardati dentro, potresti avere delle sorprese.

    Lo so che non sei stato tu, che pensi che chi fa certe cose è uno psicopatico, un reietto della società, uno squilibrato. Tu non lo faresti mai, tu sei innocente.

    Forse è vero, non l’hai mai fatto e mai lo farai. Probabilmente chi ti ha educato quando eri un  bambino ti ha detto no, con fermo e attento amore. È stata una fortuna quel no, e ora hai gli strumenti per capire qual è la differenza fra l’essere protettivo e l’essere proprietario, fra il rispetto e il possesso, fra un uomo e un bambino viziato.

    Ma è sempre utile insinuarti con cura negli interstizi dell’anima: magari non incontrerai una parte nera e inconfessabile, il pensiero buio che presagisce un’azione orribile. Ma potresti trovare la complicità passiva, la testa che si gira dall’altra parte quando dovresti intervenire.

    Inizia allora dal no che hai ricevuto: chiediti se sei stato altrettanto fermo e amorevole nel dirlo ai tuoi figli, ai tuoi amici, a tutti quelli che a te si affidano. Comunica quel no: ti è stato dato per tramandarlo, perché la civiltà e i doveri e i diritti non sono altro che un passaparola.

    Se non hai mai avuto un no, indaga meglio nelle pieghe più recondite e domandati se ti sei mai sentito proprietario di un’altra persona, se hai mai formulato nel tuo pensiero la frase “la voglio, quindi deve essere mia”, se hai giudicato intollerabile l’abbandono. Questo è il bordo del precipizio: pensare di poterti rapportare a una possibile compagna della tua vita, o anche di un solo occasionale incontro, come se fosse una macchina nuova che vuoi avere o tenere a tuo piacimento, costi quel che costi. Non rapinerai mai la concessionaria che vende l’auto, non prenderai mai con la forza la donna che ti attrae: ma sei a un passo dal desiderio di farlo.

    Potresti però non avere l’istinto del possesso, ma semplicemente provare invidia per quella donna che vive la propria felicità senza coinvolgerti e senza condividerla. Invidia della bellezza e dell’intelligenza, delle speranze giovani e delle serenità adulte, in un mondo in cui pensi di stare male perché non fai tuo ciò che gli altri hanno, non appari come gli altri appaiono.

    Coltiva allora quel no che ti hanno insegnato o che più tardi ti hanno comunicato, fallo crescere e prosperare anche nella tua vita adulta, senza rinunciare ai sogni e ai desideri ma declinandoli solo con la frase “mi piacerebbe”.

    Ma anche se hai ogni buon motivo per autoassolverti, se sei sicuro che mai ti ha sfiorato il pensiero del possesso e dell’invidia, questo non dovrà fermare la tua indagine interiore. Prova a contare quante volte da ragazzo, o anche da adulto, hai espresso con i tuoi amici propositi di conquista solo per fregiarti della vittoria; quante volte hai riso a battute sessiste per essere parte del gruppo; quante volte hai pensato, girandoti da un’altra parte, che la sopraffazione, la violenza anche minima, il controllo possessivo e ossessivo delle vite non fossero affar tuo.

    Troverai là la tua colpa: aver pensato che tirandotene fuori avresti potuto sempre dire “io non l’ho fatto, io non lo farei mai”. Affinché non ci faccia provare vergogna ciò che tu vedi allo specchio, che io vedo nel mio specchio, non basta star fermi: si deve agire, una buona volta, aiutando e proteggendo chi ha bisogno, mettendoci alla pari con i desideri altrui.

    Dicendo sempre a noi stessi e agli altri quel benedetto no, con fermo e attento amore.  

    * in copertina Egon Schiele, Autoritratto con camicia rigata, 1910

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