Il Covid e il lavoro negli uffici giudiziari: una storia da non dimenticare.
A 5 anni dalla dichiarazione dello stato di emergenza per pandemia da Covid-19
Sommario: 1. Una data da ricordare – 2. Le date della pandemia e le cd. “fasi” nella giustizia italiana – 3. L’inizio della Pandemia negli uffici italiani: il ricordo dei primi giorni – 4. Misure organizzative nuove e lo stravolgimento del lavoro giudiziario: la reazione della giurisdizione e degli uffici giudiziari – 5. Conclusioni: il lascito del Covid-19.
1. Una data da ricordare.
L’11 marzo 2020 è data che riporta alla mente l’emergenza pandemica e all’epoca vissuta in Italia e non solo durante il periodo di isolamento sanitario, e poi ancora alle mille difficoltà della lenta ripresa della vita sociale, tra regole di distanziamento sociale e sistema di vaccinazione e controlli connessi.
A seguito infatti del presentarsi di alcuni focolai di COVID-19, tra cui anche quelli italiani di Codogno, Vo e Casalpusterlengo, l’11 marzo del 2020 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato lo stato di Pandemia mondiale da parte da COVID-19.
Un percorso finito formalmente il 5 maggio 2023 con la dichiarazione sempre dell’OMS che ha dichiarato chiusa l’emergenza da pandemia, stimando in circa 20 milioni i morti quale tributo pagato dall’umanità.
Il modo di manifestarsi e propagarsi della pandemia da Covid-19 ha imposto misure sanitarie del tutto nuove: isolamento, vaccinazioni di massa, e ha imposto una rapida riprogrammazione del sistema lavorativo e produttivo della nostra società moderna.
La giustizia italiana ed in specie gli uffici giudiziari hanno ovviamente attraversato questa epoca, nella quale hanno fatto irruzione temi del tutto nuovi, quali la sicurezza sanitaria dei luoghi di lavoro, il ripensamento degli spazi dei nostri uffici, lo smart working quale unica modalità di lavoro che potesse assicurare una apparente normalità, il ripensamento degli strumenti tecnologi del lavoro giudiziario “a distanza”.
Siamo portati a dimenticare tutto ciò, presi dalla quotidianità del nostro lavoro, ma a 5 anni da quella data è opportuna una riflessione su che cosa abbia davvero significato per l’organizzazione del lavoro degli uffici giudiziari la Pandemia dal Covid-19 e su quale sia il suo “lascito”.
All’epoca mi trovavo a ricoprire il ruolo di Capo del Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria presso il Ministero della giustizia, ovvero il dipartimento che deve fornire beni, strumenti e mezzi per gli uffici, il dipartimento più direttamente coinvolto nel funzionamento degli uffici giudiziari in quel delicato momento.
Il contributo che segue non vuole quindi essere una cronaca di ciò delle fasi della pandemia da Covid-19 per gli uffici, o un’analisi peculiare della normativa emergenziale[1] scaturita in quel periodo o delle regole per il processo civile e penale in epoca pandemica[2], quanto piuttosto una riflessione, quale testimone diretto su come abbia reagito la giustizia italiana in quella fase e su come e se sia cambiata l’organizzazione degli uffici giudiziari a seguito dell’emergenza pandemica[3].
2. Le date della pandemia e le cd. “fasi” nella giustizia italiana.
Il cammino della pandemia da un punto di vista sanitario è stato segnato da alcune tappe, che merita ricordare perché hanno inciso e scandito anche il lavoro negli uffici giudiziari di cui ai fini del presente contributo si ricordano le seguenti[4].
- Il 9 gennaio 2020 l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dichiarato l'avvenuto isolamento, da parte delle autorità sanitarie cinesi, di un nuovo ceppo di coronavirus mai identificato prima nell'uomo: il 2019-nCoV, conosciuto anche come COVID-2019, poi ridenominato Sars-CoV-2, associato a un focolaio di casi di polmonite registrati a partire dal 31 dicembre 2019 nella città di Wuhan, nella Cina centrale.
- Il 30 gennaio l'OMS ha dichiarato l'epidemia da COVID-19 un'emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale, poi definiti l’11 marzo 2020 come situazione pandemica.
- L'Italia ha attivato tra i primi stati a livello mondiale, misure di prevenzione e contenimento dichiarando, già con del delibera del consiglio dei ministri il 31 gennaio 2020 lo stato di emergenza per sei mesi (pertanto fino al 31 luglio 2020) in conseguenza del rischio sanitario connesso, all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili, disponendo che si provveda con ordinanze, emanate dal Capo del Dipartimento della protezione civile, acquisita l'intesa della Regione interessata, e in deroga a ogni disposizione vigente e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico.
- Lo stato di emergenza è stato di volta in volta prorogato con atti successivi, fino a giungere alla proroga al 31 marzo 2022 ad opera dell'articolo 1 del D.L. 221 data in cui è poi cessato in Italia formalmente.
- Come sopra ricordato solo il 5 maggio 2023 l’OMS ha dichiarato chiusa formalmente l’emergenza pandemica da Covid-19.
Durante la fase dell’emergenza pandemica molte sono state le misure prese dal Governo dell’epoca per far fronte alla Pandemia, con l’uso di una spesso criticata legislazione emergenziale basata sulla emissione di decreti del consiglio dei ministri che seguivano l’evolversi del quadro pandemico o di decretazione di urgenza soprattutto nelle fasi finali[5].
A queste tappe dell’iter dell’evoluzione sanitaria della pandemia sono corrisposte nell’organizzazione della giustizia almeno quattro fasi, scandite da provvedimenti normativi per quanto riguarda la gestione degli uffici e da plurime circolari, note e direttive del Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria per quanto attiene l’organizzazione degli uffici, l’applicazione delle misure sanitarie indicate dal Ministero della salute agli stessi[6].
La prima fase va dal marzo del 2020 al 12 maggio 2020, caratterizzata dalla sospensione di udienze, attività e termini processuali che corrispondeva alla dichiarazione di totale isolamento disposta con decretazione del Presidente del Consiglio dei ministri.
Una seconda fase dal 12 maggio al 30 giugno 2020, ed è della fase della ripartenza, nella quale era consentita un’attività processuale, limitata, e che corrispondeva appunto alla ripresa di alcune attività pubbliche considerate essenziali. Si consente quindi l’attività giudiziaria purché si fosse tenuto conto delle due principali finalità esplicitate nel comma 6 dell’art. 83 d.l. n. 18 del 2020, ovvero: «contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria», nonché «evitare assembramenti all’interno dell’ufficio giudiziario e contatti ravvicinati tra le persone». Cessato il periodo di sospensione generalizzata, è stato attribuito quindi ai dirigenti degli uffici giudiziari, al pari di tutti gli apicali negli uffici pubblici, il compito e la responsabilità di adottare misure organizzative valutate necessarie sulla scorta delle emergenze epidemiologiche certificate nel territorio di riferimento (la cd. “seconda fase”). Una fase molto delicata e difficile per l’organizzazione degli uffici giudiziari italiani e per il funzionamento della giurisdizione.
La terza fase. La cd. “terza fase”, avviata dall’art. 221 del d.l. n. 34 del 2020 e durata sino al termine ultimo al 31 ottobre 2020, ed in cui prima che il Governo avesse disposto la cessazione dello stato di emergenza, nella trattazione dei procedimenti civili davanti agli uffici giudiziari italiani si è stabilito la ripresa di efficacia della maggior parte delle norme processuali ordinarie, come in precedenza derogate dalle disposizioni contenute nel citato art. 83 del d.l. n. 18 del 2020, con vigenza di alcune misure organizzative già sperimentate (a partire di una quota di smart working).
Infine la quarta fase prende avvio dall’art. 23 del d.l. n. 137 del 2020: con il protrarsi della pandemia, il Governo ha preso la decisione di intervenire nuovamente sui processi civili e penali, dettando ulteriori disposizioni, tese a richiamare l’applicazione di taluni istituti già sperimentati nelle prime due fasi dell’emergenza epidemiologica.
Durante queste fasi si sperimentano negli uffici italiani istituti processuali nuovi, quali l’uso dell’udienza da remoto o udienza a trattazione scritta, o strumenti organizzativi nuovi nella gestione del personale, quale il lavoro agile, reso in parte possibile da un uso di alcuni strumenti informatici introdotti proprio sotto Pandemia, quali la video conferenza tramite teams e la remotizzazione dei sistemi di gestione amministrativa (registro calliope, SCRIPT@, SICOGE, SIAMM) e l’introduzione di una nuova piattaforma e-learning per la formazione del personale che avrà un ruolo determinante per le prime due fasi.
3. L’inizio della Pandemia negli uffici italiani: il ricordo dei primi giorni
Se la dichiarazione formale dello stato di Pandemia da parte dell’OMS è del 11 marzo 2020, tuttavia l’Italia era costretta ad affrontare già il COVID 19, è del 31 gennaio 2020 la delibera del consiglio dei ministri che dichiara per la durata di sei mesi “lo stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”, pubblicata nella GU n. 26 del 1 febbraio 2020, la delibera quale contestualmente si ampliavano di bilancio per le misure sanitarie e si conferiva al Capo dipartimento della protezione civile il potere di agire con ordinanze per l’attuazione delle misure necessarie alla emergenza sanitaria.
Immediatamente dopo tale delibera il Capo dipartimento della protezione costituisce una “cabina di regia” governativa civile in cui chiese a tutti i ministeri, enti pubblici statali e ai rappresentanti delle Regioni di fare parte. Tutti i capi dipartimento del Ministero della giustizia ne fecero quindi parte.
Ma è la sera del 21 febbraio che il COVID-19 irrompe negli uffici giudiziari.
Ricordo come fosse ora la telefonata dell’allora Presidente della Corte di Appello di Milano, Marina Tavassi, che mi avvertiva che tra le vittime del contagio della nuova epidemia, negli uffici del circondario di Lodi potevano esserci alcuni nostri dipendenti, e mi interrogava sul da farsi, sia per la loro personale salute, sia per garantire il funzionamento della giustizia nel circondario di Lodi dal momento che la dichiarazione di “zona rossa” della provincia di Lodi del 20 febbraio aveva ovviamente determinato l’impossibilità di muoversi e di entrare nell’ufficio giudiziario.
Seguiranno di lì a pochissimi giorni la telefonata della Presidente della Corte di Appello di Venezia e poi quella dei capi degli uffici dei circondari interessati dall’inizio della pandemia.
Sarà l’inizio dell’epoca Covid connessa alla vita degli anche degli uffici che segnerà innanzi tutto una triste storia di vittime del Covid anche tra personale amministrativo e magistrati che non possiamo dimenticare. Una fase delicata quell’inizio che tra incertezze sulle misure sanitarie da applicarsi e delle soluzioni organizzative da adottarsi che aprì comunque anche una nuova stagione di contatto e di colloquio tra il Ministero e gli uffici.
Inizia una stagione di circolari e note in cui in tutto il dipartimento cercavamo da un lato di “tradurre” le note del Ministero della salute in tema di misure sanitarie applicabili negli uffici pubblici, dall’altro di si pensò di introdurre un modo più concreto e più diretto per stare davvero più vicino alle esigenze degli uffici.
La prima circolare che il Ministero della giustizia emana è del 23 febbraio 2020, a cui seguiranno le prime indicazioni operative con la circolare del 10 marzo 2020 e le prime linee guida sulle varie tematiche organizzative del 19 maggio 2020[7].
In quelle prime circolari, coeve alla dichiarazione dello stato di emergenza pandemica, si tentavano di dare indicazioni su quelle che poi sarebbero venuti a enuclearsi quali le tematiche principali della pandemia per tutta la sua durata: sicurezza sanitaria, uso e reperimento dei DPI, acquisto materiale per sanificazione, modalità di svolgimento del lavoro agile, organizzazione degli spazi.
Rileggendole il mio ricordo va immediatamente alla primaria difficoltà che trovammo: anche giustizia partecipava della pubblica amministrazione ma è molto articolata sul territorio, ha un servizio all’utenza del tutto peculiare, ovvero necessariamente partecipato da avvocati (oltre 200.000), professionisti (più di un milione) e un numero non considerevoli di parti.
Emergono nelle prime fase del contesto pandemico alcune caratteristiche dell’agire dell’amministrazione complessiva del Ministero
Fu davvero complicato, e non mi aspettavo così tanto, far comprendere in sede governativa le peculiarità delle modalità di svolgimento della giurisdizione (banalmente far capire che il servizio non può essere erogato solo da “remoto” come in un comune o altra pubblica amministrazione), e che non si può bloccare la giustizia in quanto è davvero servizio essenziale.
Ciò determinò tuttavia una sorta di coraggio del dipartimento e degli uffici giudiziari nell’anticipare varie soluzioni organizzative che poi furono adottate da altre amministrazioni, un inaspettato spirito di iniziativa non mio personale ma di tutti i dirigenti e dei funzionari del dipartimento a cui molto si deve delle soluzioni immaginate in quei primi giorni.
Cercammo di dar forma al cd. lavoro agile (la prima circolare è del 4 marzo 2020, prima che si esprimesse funzione pubblica), in modo che potesse essere funzionale alle varie professionalità presenti negli uffici, dal momento che lo smart working era istituto non praticamente sconosciuto prima nella pubblica amministrazione ed in specie in giustizia e non vi era una regolamentazione contrattuale.
Contestualmente fu davvero unica quella che non stento a definire un’opera di fantasia dei tanti dirigenti e funzionari degli uffici nel redigere i progetti di lavoro agile per ogni dipendente, in tale contesto ed in assenza di precedenti.
Decidemmo di acquistare la piattaforma teams per poter consentire a tutti i dipendenti di poter accedere in modo facile e rapido ad un sistema di comunicazione diretta ed efficace (è del 6 marzo l’autorizzazione a tale utilizzo per gli uffici), autorizzandone l’utilizzo in situazione di emergenza prima ancora di aver ricevuto tutti i vari pareri delle autorità di controllo.
Adottammo immediatamente la politica di aprire la piattaforma e-learning di giustizia a tutti i dipendenti e a tutti i pacchetti formativi che avevamo su vari temi (sicurezza, informatica, spese di funzionamento ecc.), in modo da sfruttare il tempo del lockdown almeno come “spazio temporale” per la formazione e soprattutto in modo da fidelizzare e abituare il personale amministrativo all’uso di tale piattaforma.
Ma credo che una novità assoluta di quei primi mesi siano stata la modalità di “comunicazione” con gli uffici giudiziari che fu realmente stravolta. Era una necessità pensare in modo repentino a dei modelli di comunicazione del tutto differenti che mettessero in reale contatto il Ministero con gli uffici giudiziari per portare loro un reale aiuto e supporto.
A differenza di altre amministrazioni fu deciso di adottare circolari e note che oltre alle indicazioni formali sulla gestione nelle varie tematiche (acquisti DPI, sicurezza, gestione del personale, vaccinazione dipendenti, utilizzo strumenti informatici ecc.) sui vari temi prevedessero come allegati di “modelli”, dei format. Tali modelli fungevano da reale e concreto aiuto per gli uffici (si pensi alle difficoltà in quei giorni di redigere un contratto per l’acquisto di materiale per la sanificazione o alle modalità per redigere un progetto individuale per lavoro agile) dall’altro hanno agito come unificazione della gestione sul COVID-19 negli uffici.
Fu immediatamente introdotto un nuovo modo di “colloquiare” con gli uffici. Comprendemmo che in quei giorni i nostri vertici distrettuali erano la sola possibilità che avevamo per diffondere informazioni e nello stesso tempo recepire reali necessità di supporto. Così adottammo una banale quanto utilissima chat in cui tutti i vertici dei distretti e tutti i vertici del ministero si scambiavano informazioni ed indicazioni in modo molto agile, nonché adottammo un sistematico calendario di call conference via teams con tutti i vertici degli uffici dei vari distretti, per area geografica.
Un contesto, quale quello dell’avvio delle prime fasi della Pandemia nel quale l’emergenza sanitaria si evolveva di giorno in giorno, con grandi diversità territoriali, specie nella fase inziale, richiedeva qualcosa di ulteriore e di diverso rispetto alle circolari istituzionali, richiedeva modalità meno “ortodosse”. Tali modalità sono servite anche a mettere in contatto gli uffici stessi di territori diversi quelli più in difficoltà per il contesto pandemico ed ha preparato gli uffici che ancora non erano entrati in vero contesto pandemico ad affrontare le misure più efficaci.
4. Misure organizzative nuove e lo stravolgimento del lavoro giudiziario: la reazione della giurisdizione e degli uffici giudiziari.
La Pandemia ha stravolto, e non poteva essere altrimenti, tutta l’attività degli uffici italiani ed ha da un lato imposto la creazione di nuovi strumenti di organizzazione, dall’altro ha creato anche nuove modalità di svolgimento del processo civile e penale di cui certamente le udienze a distanza e a trattazione scritta sono un esempio.
Una nuova cultura sulla sicurezza sanitaria e sulle responsabilità connesse, nata nel contesto pandemico, è patrimonio ormai degli uffici giudiziari. Il lavoro agile e tutti gli istituti di flessibilità lavorativa (turnazione, lavoro delocalizzato ecc.) sono stati definitivamente adottati, non come meri strumento di welfare lavorativo, ma come istituti contrattuali facenti ormai parte anche del lavoro nella pubblica amministrazione e anche nella amministrazione della giustizia.
Indubbiamente vi è stata una spinta all’innovazione tecnologica, ed il COVID-19 ha messo a nudo l’arretratezza dei sistemi penali rispetto a quelli in uso al civile ormai da anni, creando una consapevolezza della necessità di investire anche nei settori più “arretrati” (non solo nei procedimenti penali ma anche per gli uffici di sorveglianza e minori).
Ed una risposta tecnologica è stata immediata: l’uso delle piattaforme di call conference e della piattaforma e-learning, che si badi bene lungi dall’essere processo telematico sono comunque contesto di innovazione tecnologica lavorativa dei nostri uffici in larga scala con acquisto di molte licenze office di un enorme numero pc portatili anche per il personale amministrativo, introducendo un’idea di necessaria dotazione informatica per ogni lavoratore della giustizia, che si badi non era prima così scontata.
Alcuni dati danno la portata di quella che è stata quella fase da un punto di vista di uso di strumenti tecnologici, e soprattutto della loro importanza, operata sin dalle prime fasi della pandemia[8]:
- dal marzo 2020 furono stati abilitati ad operare da remoto circa 9.500 unità di personale amministrativo sui sistemi amministrativi (a titolo esemplificativo protocollo, spese di giustizia, Sicoge) e sul registro delle notifiche penali (SNT) nonché sulla consolle dell’assistente del PCT;
- a maggio 2020 erano già acquistata 55.000 licenze di “office automation” per consentire a tutto il personale giustizia di effettuare collegamenti da remoto in call conference ed utilizzare strumenti di condivisione documentale.
- 16.000 i pc portatili acquistati e distribuiti nel 2020 per consentire al personale amministrativo degli uffici giudiziari di accedere da remoto ai registri di cancelleria.
- nel corso del 2020 dal 26 ottobre 2020 è stato dato avvio alla fase sperimentale del deposito telematico civile in Cassazione.
- 17.000 gli utenti abilitati alla piattaforma e-learning già al maggio 2020.
- nel corso del 2020 tutti i sistemi amministrativi i registri di cancelleria civile SICID e SIECIC per il PCT e il SIGP erano disponibili da remoto per il personale di cancelleria.
Se tutto ciò è vero tuttavia si è portati a sottovalutare la reazione della giurisdizione e degli uffici giudiziari al contesto pandemico e lo sforzo fatto da personale amministrativo, magistrati, avvocati e sindacati per uscire dalla pandemia mantenendo un contesto di apertura degli uffici giudiziari.
Innanzi tutto vorrei ricordare in primis proprio la rivendicazione iniziale della magistratura e dell’avvocatura (specie quella penalistica) della necessità di ripresa della giurisdizione, al fine di considerare anche la giustizia tra i servizi essenziali.
Il cd. rientro nelle aule in sicurezza e la ripresa della seconda fase dal 12 maggio 2020 in poi, fu fortemente voluto dagli operatori della giurisdizione, con tutti i timori e le cautele e assicurazioni che furono richieste ma fu forte la spinta e la determinazione con cui il ruolo della giurisdizione fu rappresentato alla parte politica.
Prese avvio in quel frangente anche una forte interlocuzione tra il Ministero e il Consiglio superiore della magistratura per assicurare la ripresa delle attività giurisdizionali soprattutto per operare la scelta di quelle da intendersi strettamente necessarie e per condividere con il Consiglio anche la difficile organizzazione dell’apprestamento delle misura organizzative per la ripresa delle attività pur in costanza di diffusione della pandemia ed ancora sotto la vigenza dello stato di emergenza sanitaria[9].
È stato un momento importante tale scelta e la rivendicazione dell’avvocatura: rendeva chiaro che la giurisdizione non un “servizio” come una altro, ha delle peculiarità, è estremamente delicato ma soprattutto è essenziale e fondamentale anche e soprattutto in un periodo di contesto pandemico quale quello che stavamo vivendo.
Netta davanti alla politica fu la posizione del Consiglio superiore della magistratura per la possibilità di ripresa in sicurezza delle attività giudiziarie, forte fu la voce dell’allora presidente del Consiglio nazionale forense, avvocato Andrea Mascherin unita a quella di alcuni vertici di uffici giudiziari, specie distrettuali nella stessa direzione[10].
Unite furono poi le rappresentanze sindacali del personale amministrativo nel dichiararsi non solo disponibili a valutare un percorso di ripresa “in sicurezza” del lavoro negli uffici giudiziari ma soprattutto ad offrire una loro incondizionata disponibilità al dipartimento per controllare nei territori le necessità (giunsero proprio dalle OO.SS. molte segnalazioni) e per elaborare soluzioni organizzative. Fu così che aprimmo ad incontri settimanali via call con le OO.SS. e fu solo così che giustizia arrivò ad elaborare misure per il rientro in sicurezza prima con circolare riassuntiva delle varie riunioni sindacali poi con accordo del 4 agosto 2020[11], e poi un protocollo sul lavoro agile (accordo del 14 ottobre 2020)[12], quale misura rientrante negli strumenti di gestione del lavoro della pandemia.
Ancora poco si sottolinea la capacità che ebbero gli uffici giudiziari di trovare le energie in tale contesto per consentire la ripresa: i dati di spesa contenuti nella relazione per l’anno giudiziario per l’anno 2020 parlano chiaro gli uffici riuscirono a spendere le risorse appostate e a fare i contratti nei soli primi 3 mesi per ben 125.000 euro di media giornaliera per acquisto di materiale vario sanitario (DPI, barriere, materiale sanificazione ecc.).
Ed ancora si valorizza poco la capacità avuta dagli uffici giudiziari nei primi 3 mesi di avvalersi di contatti e protocolli concreti con le regioni che sul territorio assicuravano il presidio sanitario ed anche un concreto supporto per forniture di DPI e organizzazione del sistema di vaccinazione anche ai nostri dipendenti.
Ancor meno si valorizza il lavoro ingente fatto dal nostro personale di dirigenti e direttori amministrativi per adattare le forme iniziali di lavoro agile alle situazioni del personale di ogni ufficio giudiziario (tantissimi sono stati i progetti per lavoro agile fatti per la prima volta proprio in quei giorni).
Mi preme ancora ricordare lo sforzo fatto dagli uffici non solo per assicurare il rientro in presenza ma anche per guardare al futuro dei nostri uffici giudiziari, dando un forte contributo per le commissioni di assunzione del personale amministrativo anche in epoca COVID.
Nella seconda fase del COVID-19 aprimmo comunque a due concorsi per assunzione di personale amministrativo (cancellieri e direttori amministrativi), modificando le norme sull’espletamento concorsuale e aprendo a concorsi per titoli e fase orale, fase orale che fu possibile solo perché gestita interamente da commissioni distrettuali, partecipata da personale del distretto.
Infine ma non in ultimo dobbiamo evidenziare come la risposta della giurisdizione fu importante, nel senso che pur con un comprensibile rallentamento nella definizione dei procedimenti in avvio del 2020 (gravato di una prima fase di sospensione processuale totale) immediatamente dopo sono riprese performance statistiche di buon livello, che denotano un’immediata ripresa dell’attività giurisdizionale, e con dati dei procedimenti civili che registrano definizioni superiori alle iscrizione e con contestuale riduzione non solo del disposition time ma anche delle pendenze.
I prospetti che si riportano di seguito, presi da elaborazione del ministero della giustizia, direzione generale di statistica[13] al portale di dgstat rendono chiaro l’andamento immediatamente positivo della giurisdizione civile in epoca immediatamente successiva alla prima fase pandemica.
Fig. 1
Fig. 2
5. Conclusioni: il lascito del Covid-19
A conclusione di questo mio breve “ricordo” del periodo vissuto sotto Pandemia dell’attività degli uffici giudiziari vorrei aprire ad alcuni brevi valutazioni conclusive.
La Pandemia ha comunque portato con sé anche lasciti importanti: in primis la grossa capacità di gestione degli uffici giudiziari e dei distretti, basata sulle nostre professionalità, che andrebbe dal Ministero della giustizia maggiormente valorizzata. L’emergenza pandemica ci ha fatto riflettere poi sull’importanza di nuove forme di gestione del personale che possono trovare un quadro di flessibilità, che seppur usato in forma più ristretta oggi può dirsi operante.
La pandemia ha poi aperto all’epoca del PNRR, con previsione di una fondamentale misura organizzativa finanziata e pensata proprio per la ripresa dopo il COVID-19: l’ufficio per il processo che in base all’accordo di finanziamento del Piano poi nel 2026 doveva andare a regime. È stato chiaro alla commissione europea che la ripresa dell’attività degli uffici giudiziari dopo il Covid doveva alimentarsi di tale nuovo strumento organizzativa basato sulla qualità e specificità di professionalità nuove.
La stagione della Pandemia ha creato poi la necessità di elaborare misure organizzative e processuali alcune delle quali troviamo come retaggio anche nella riforma cd. “Cartabia” del processo civile e penale. Il tema del distanziamento sociale, quale misura regina della prevenzione sanitaria, è antitetico con molta parte del lavoro nei nostri uffici, che in modo diverso per quello che avviene per gran parte della restante la pubblica amministrazione, era impostato invece sul “contatto sociale” tra i vari operatori. L’udienza era il momento principale di formazione della prova, del convincimento del giudice, della sua interlocuzione con le parti e con l’avvocatura. L’udienza era anche un luogo pubblico in senso materiale: il palazzo di giustizia e l’aula del giudice.
Tutto ciò è stato scardinato dall’irrompere del fenomeno pandemico, che è entrato anche nella vita e nella gestione quotidiana degli uffici.
Tuttavia se da un lato alcune misure organizzative prese sotto periodo pandemico trovano ancora la loro efficacia per il futuro (l’uso degli strumenti di remotizzazione per attività amministrative, l’attenzione all’uso degli spazi e alla gestione anche sanitaria della sicurezza), non può negarsi come il distanziamento sociale ha provocato anche una progressiva assuefazione del giudice (specie quello civile) dall’allontanamento del contatto e incontro con le altre parti del processo che francamente valuto come negativo per il futuro della giurisdizione.
Devo dire che il mio rientro in ruolo è stato infatti sotto questo profilo scioccante: ho trovato aule deserte in virtù delle misure processuali eccezionali della pandemia (in specie udienza da remoto e udienza cartolare) anche se l’emergenza pandemica era finita.
Credo che a tale tendenza dobbiamo prestare molta attenzione.
Infatti un conto è possedere degli strumenti processuali per la gestione dell’emergenza o di situazioni particolari che necessitano o consentono lo svolgimento del processo in assenza di un momento di incontro tra le parti del processo, altra prospettiva è invece quella di immaginare un processo senza udienza senza il contatto tra gli operatori.
Penso che occorra prestare attenzione a che la giurisdizione post pandemica non si trasformi in un processo senza parti o con parti distanti, perché ciò contribuire inevitabilmente ad innescare anche meccanismi di conflitto tra avvocati e magistrati e di sfiducia nelle parti nei magistrati, con il rischio di svilire il senso stesso della giurisdizione.
Un giudice di cui non si conosce volto e l’atteggiamento di udienza è un simulacro di giurisdizione.
Tale affermazione è un’opinione che immagino non condivisa da tutti, ma credo che meriti una più attenta riflessione.
Credo proprio che la lezione più importante che ci ha lasciato l’epoca pandemica è quella a cui accennavo prima in relazione alla forte forte vissuta in avvio di prima fase pandemica.
Si fece strada all’epoca un’esigenza di “solidarietà” tra gli attori della giurisdizione al fine di garantire l’apertura degli uffici e lo svolgersi della giurisdizione e delle attività ad esse connesse.
Una prospettiva questa che va recuperata, perché con essa si afferma anche l’importanza della giurisdizione distinguendola dagli altri servizi della pubblica amministrazione da altri servizi e attività si cui pure sotto pandemia si assicurò già dalle prime fasi il mantenimento (supermercati, parrucchieri, librerie). Si disse nei dibattiti di allora: se può stare aperta una libreria ed un giornalaio devono stare aperti anche gli uffici giudiziari.
Con gli sforzi compiuti allora si è reso evidente come la giustizia non possa essere messa in “quarantena” a tempo indefinito e soprattutto si è dato risalto al ruolo fondamentale della giurisdizione non solo per la tutela dei diritti dei cittadini ma prima ancora per il funzionamento dello Stato di diritto, così importante da dover permanere funzionante anche in caso di emergenza sanitaria.
Dobbiamo essere quindi grati a tutti coloro che in quei giorni hanno operato tale scelta, e hanno pur tra mille difficoltà messo in campo ogni azione possibile pur di apprestare quanto prima la riapertura degli uffici giudiziari: in quel momento si è reso palese il ruolo fondamentale della giustizia nell’equilibrio costituzionale dello Stato democratico.
A cinque anni da quell’incredibile stagione oggi lo possiamo affermare.
[1] Sulla Per una riflessione sulla decretazione con decreto del presidente del consiglio dei ministri in epoca pandemica si veda A. Arcuri La Corte costituzionale salva i dpcm e la gestione della pandemia. Riflessioni e interrogativi a margine della sent. n. 198/2021, in Giustizia Insieme 19 gennaio 2022.
[2] Per una delle prime analisi sulla diritto processuale penale nella prima fase pandemica si veda G. Santalucia La giustizia penale di fronte all’emergenza da epidemia da COVID-19 (Brevi note sul d. l. n. 11 del 2020), in Giustizia Insieme 9 marzo 2020; per una prima analisi della normativa processuale civile nella prima fase pandemica si veda di A. Panzarola e M. Farina Il diritto processuale civile e la emergenza Covid-19 (le garanzie individuali nello stato di eccezione, in Judicium, 29 maggio 2020. Si vedano inoltre tra i molti articoli sul tema G. Scarselli La giustizia civile al tempo della pandemia (Sulla approvazione da parte del Senato del ddl 21 settembre 2021), in Giustizia Insieme, 28 settembre 2021; G. Ruffini Emergenza epidemiologica e processo civile, in Questioni Giustizia, 12 febbraio 2021
[3] Le prime fasi dell’impatto pandemico negli uffici sono state oggetto di un mio contributo, con intervista di Paola Filippi l’organizzazione della giustizia nell’emergenza pandemica, in Giustizia Insieme, 12 maggio 2020.
[4] Per un quadro delle misure governative adottate per gestire la Pandemia si veda: https://temi.camera.it/leg19DIL/area/19_1_37/l-emergenza-Covid-19.html.
[5] Tra le diverse misure adottate si possono ricordare la nomina di un Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica COVID -19 (art. 122 del decreto-legge 18/2020). Il Commissario era deputato a gestire ogni intervento utile a fronteggiare l'emergenza sanitaria, programmando e organizzando le attività, individuando i fabbisogni, indirizzando le risorse umane e strumentali e procedendo all'acquisizione e alla distribuzione di farmaci, delle apparecchiature e dei dispositivi medici e di protezione individuale, in raccordo con il Capo del Dipartimento della Protezione Civile.
Il quadro degli interventi normativi necessari a fronteggiare l'emergenza derivante dalla diffusione della pandemia è stato definito nell'ordinamento italiano, nel 2020 e all'inizio del 2021, da un insieme di decreti-legge che stabiliscono la cornice ordinamentale delle misure adottabili per la gestione dell’emergenza (tra essi il decreto-legge 19/2020; la L.135 /2020 e la L. 33/2020, L. 74/2020 e di d.p.c.m., che hanno attuato le disposizioni dei decreti-legge, scegliendo in concreto, all'interno del "catalogo" di provvedimenti adottabili previsto dai decreti-legge, le misure di contenimento, e modulandole in relazione all'andamento epidemiologico (ultimo adottato il 2 marzo 2021).
Nel 2021, la disciplina è stata poi direttamente affidata alla fonte legislativa con nuovi decreti legge (si citano i decreti-legge 52/2021) ed infine con il decreto-legge 52/2022 sono state previste le disposizioni per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, e per il rientro all'ordinario in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza.
Il contrasto della pandemia ha poi naturalmente richiesto l'adozione di provvedimenti emergenziali diretti ad introdurre e disciplinare le misure sanitarie e socio-economiche necessarie per il contrasto del contagio e delle conseguenze economiche derivanti dall'adozione delle misure restrittive, tra cui: 1) una estesa campagna di vaccinazione della popolazione, green pass. In tale contesto la normativa ha comportato soprattutto nelle prime fasi una sinergia tra il Dipartimento Protezione civile, Commissario straordinario, Regioni e le varie amministrazioni e istituzioni coinvolte tra le quali anche il Ministero della giustizia. Importanti sono anche state le misure di sostegno dirette a fronteggiare e gestire le conseguenze economiche e sociali derivanti dall'adozione delle diverse misure restrittive. Tali misure di sostegno sono state finanziate ricorrendo, tra il 2020 e il 2022, a numerose richieste di autorizzazione al Parlamento al ricorso a maggiore indebitamento, al fine di far fronte agli eventi di carattere eccezionale connessi all'emergenza pandemica. Tali autorizzazioni, approvate dalle Camere a maggioranza assoluta, conformemente a quanto stabilito dall'articolo 81, secondo comma, della Costituzione e dall'articolo 6 della legge "rinforzata" n. 243 del 2012, hanno consentito al Governo di utilizzare gli spazi di manovra aperti dall'attivazione a livello europeo, da parte della Commissione, della clausola generale di salvaguardia prevista dal Patto di Stabilità e Crescita (PSC).
Importanti poi le misure in materia di lavoro e welfare volte al contenimento dei contagi nei luoghi di lavoro, quali ad attraverso la promozione del lavoro agile, il rispetto dei protocolli di sicurezza sottoscritti da Governo e parti sociali e l'obbligo di green pass.
[6] Per un contributo sulla scansione delle fasi della pandemia nella giustizia italiana, con particolare riferimento a tutte le misure processuali, si veda G. Fichera e E.Escriva “Le quattro fasi del processo civile al tempo della pandemia”, in Judicium, 2 febbraio 2021.
[7] Sul sito del Ministero della Giustizia sono inserite tutte le circolari e direttive rese in tema di Covid-19 al seguente link https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_8_1.page?contentId=SDC249026. Ivi si possono trovare varie circolari, note direttive e la successiva modulistica.
[8] I dati sono presi e sono disponibili dalla relazione per l’anno giudiziario 2020 del Ministero della giustizia disponibile al sito
[9] Sono del 5 e 20 marzo le prime delibere con linee giuda del Consiglio superiore della magistratura sulla giurisdizione durante la prima fase ma che si limitavano di fatto ad indicare la doverosità e le modalità della sospensione delle attività giurisdizionali.
[10] In quei giorni pone chiaro il tema dell’esigenza di non considerare la giustizia come un servizio pubblico da poter fermare, ma di doverle dare il giusto peso per l’importanza per il funzionamento dello stato e dei diritti dei cittadini, G.Civinini La giustizia in quarantena, in Questione Giustizia, 31 marzo 2020.
[11] Si veda il verbale e l’accordo: https://www.giustizia.it/cmsresources/cms/documents/verbale_recepimento_protocollo_rientroinsicurezza_24lug2020.pdf.
[12] Il testo dell’accordo è disponibile al sito https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_23_1.page?contentId=CON298669.
[13] L’integrale relazione si trova al link del portale di dgstat che segue https://datiestatistiche.giustizia.it/cmsresources/cms/documents/durata_dei_procedimenti_civili.pdf.