Intervista di Valentina Busiello a Pierluigi Picardi
Il Dottor Pierluigi Picardi, già Presidente del Tribunale di Nola, è da un mese e mezzo circa Presidente del Tribunale di Napoli Nord, con sede nello storico e maestoso Castello Aragonese situato ad Aversa.
Un Presidente dalle doti umane e vicino ai cittadini:«Il Tribunale deve essere un accesso per tutti i cittadini poichè è luogo e centro di un servizio, uno dei pilastri di una società democratica. Non un luogo di timore, ma di partecipazione».
Abbiamo avuto con lui una chiacchierata nei saloni della Presidenza porgendogli i migliori auspici di un buon lavoro e di benvenuto e lo abbiamo intervistato sui temi della giustizia e sui progetti di innovazione in questo campo.
Benvenuto Presidente, iniziamo parlando delle eccellenze nel nostro Mezzogiorno, il nostro Sud è certamente uno dei luoghi più belli al mondo, ma si caratterizza anche per la presenza di professionisti di alto livello. Ci parla per iniziare dalle sue origini e della sua brillante carriera professionale, soprattutto sotto un profilo umano?
Sono Napoletano, di preciso del Vomero, diciamo che sono di “Napoli Napoli”.
Da un mese circa presiedo il Tribunale di Napoli Nord che ha sede nel bellissimo e storico Castello Aragonese, per 5 anni e mezzo sono stato il Presidente del Tribunale di Nola. Prima ancora, Presidente di Sezione e Coordinatore del settore penale del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere e ancora prima sono stato consigliere in Corte D’Appello a Napoli. Tutta la mia carriera di magistrato si è svolta al Sud, i primi 5 anni a Foggia come Pubblico Ministero, poi a Napoli prima come Giudice del Dibattimento e poi come G.I.P. fino, come detto prima, ad arrivare in Corte d’Appello.
Presidente, lei è di formazione?
Sono un penalista di formazione, ma svolgendo funzioni di Presidente di Tribunale, mi occupo ormai nella stessa misura di civile, penale e di organizzazione della struttura giudiziaria.
Ci illustra da un suo punto di vista professionale, cosa intende per organizzazione giudiziaria?
Dobbiamo partire da un concetto chiaro.
Possiamo immaginare l’amministrazione della giustizia e il ruolo del magistrato sotto due profili, per un verso l’esercizio della giurisdizione è attuazione di un potere dello Stato, ma sotto un altro aspetto lo possiamo concepire (ed attuare) come svolgimento di un servizio. Sono due impostazioni a mio avviso entrambe legittime, la mia idea è che la funzione giudiziaria intesa come svolgimento del servizio è sicuramente più aderente al dettato Costituzionale ed è più coerente con la struttura democratica Repubblica. Questa impostazione non è priva di conseguenze e comporta che anche l’organizzazione della struttura che deve realizzare il “servizio” si adegui a questa idea di giurisdizione. Questo significa che l’esercizio della giurisdizione deve proiettarsi verso l’esterno, non essendo un mero esercizio di potere non può restare chiuso nelle stanze ma deve avvicinarsi ai cittadini, e la struttura organizzativa che è lo strumento per la realizzazione del servizio, deve evidentemente tenere conto di questa finalizzazione e di questo scopo. L’organizzazione dell’ufficio deve essere improntata su questa ottica. Quindi, quando parliamo di organizzazione delle strutture giudiziarie dobbiamo immaginare una istituzione che ha una sua sistematica proiezione alla realizzazione del servizio, cioè non è costruita per soddisfare, se non in via mediata, le esigenze dei soggetti che vi lavorano, ma ha come compito la realizzazione del servizio che deve essere fornito ai cittadini, che poi questo scopo sia più facile da raggiungere garantendo ai soggetti che partecipano all’organizzazione condizioni di lavoro migliori possibili, questo fa’ parte delle regole generali in tema di governo delle organizzazioni.
Presidente Picardi, ci parla del Tribunale di Nola e del contesto nel quale questa struttura si è trovata e si trova ad operare?
Si tratta di una realtà estremamente complessa.
Il Tribunale di Nola nasce per decongestionare il Tribunale di Napoli, ma fu anche una risposta chiara dello Stato alla presenza soffocante della criminalità organizzata in quella zona. Il Nolano è il territorio sul quale ha “regnato” per lungo tempo Carmine Alfieri (capo della “Nuova Famiglia”, federazione di clan camorristici che si opponeva alla NCO di Raffaele Cutolo ed oggi collaboratore di giustizia). E’ un tribunale di quasi 600 mila abitanti, dove insistono realtà economiche particolarmente significative, come per esempio, il Centro Commerciale “Vulcano Buono”, l’Interporto, il CIS ed altre attività commerciali e produttive significative; in sostanza si tratta di un Tribunale la cui competenza si estende su un territorio la cui importanza socio-economico va al di là del dato quantitativo (pur rilevante) relativo alla popolazione.
Durante la mia Presidenza al Tribunale di Nola si è riusciti tutti insieme, magistrati, personale amministrativo ed avvocatura, a realizzare e portare avanti un buonissimo lavoro.
Era un Tribunale in una situazione abbastanza complicata, ad oggi possiamo dire che è una struttura giudiziaria che funziona in maniera corretta in tutti i settori alcuni dei quali sono delle vere eccellenze. Nel settore penale dibattimentale non esistono più pendenze ultra triennali ed è quindi allineato agli standard europei; altri grandissimi risultati si sono raggiunti nel settore Lavoro che era una delle sezioni negli anni passati più disastrata d’Italia, anche in ragione di una assoluta carenza di organico in rapporto a quelle che sono le sopravvenienze del settore. In questo caso l’impegno delle colleghe, per lungo tempo è stata una sezione quasi tutta “rosa”, e del loro presidente ha permesso di ottenere risultati clamorosi in termini di risistemazione delle pendenze e quindi di risposta alla domanda di giustizia. Anche il settore “esecuzione immobiliari” ha raggiunto livelli di eccellenza riducendo i tempi di gestione delle procedure ed avvalendosi concretamente delle tecnologie disponibili. A Nola le vendite all’asta avvengono in via telematica cosa che nemmeno a Napoli succede.
Tutto questo avendo a disposizione una pianta organica (magistrati e personale amministrativo) palesemente insufficiente e clamorosamente inferiore (con l’unica eccezione di Napoli Nord) rispetto a quella degli altri tribunali del distretto.
Presidente, ci illustra invece un po’ le caratteristiche e le difficoltà del Tribunale di Napoli Nord?
Partiamo dalle caratteristiche.
Il Tribunale di Napoli Nord si occupa di una popolazione di circa un milione di abitanti, parliamo del quarto/quinto Tribunale italiano; ha poi una particolarità quasi unica, quella di essere diviso su due Provincie, in parte Caserta ed in parte Napoli, ma non basta. La parte casertana è corrispondente sostanzialmente quella che noi possiamo definire la “provincia Casalese”, per quanto riguarda invece Napoli, la zona compresa è quella notoriamente caratterizzata da un altissimo livello di criminalità organizzata; l’idea di strutturare in questo modo un ulteriore tribunale nel distretto di Napoli non è stata felice e, per amore di verità, devo dire che a suo tempo, quando lavoravo a Santa Maria Capua Vetere, ho espresso in maniera marcata il mio dissenso più assoluto su questa scelta. La condizione attuale del Tribunale di Napoli Nord ha confermato quello che in fondo non era così difficile prevedere.
Ad oggi il Tribunale di Napoli Nord si caratterizza per una carenza di organici e di strutture forse unica in Italia. Basta rapportarsi al vicino Tribunale di Santa Maria Capua Vetere per verificare che questo tribunale con il 35% in meno di popolazione ha il 40% in più di personale amministrativo e 5 magistrati in più.
Il Tribunale di Napoli Nord va avanti grazie all’abnegazione del personale e dei magistrati.
Sotto il profilo strutturale le basti pensare che non solo mancano le aule per fare i processi, ma molte di queste sono addirittura prive di camere di consiglio, e stiamo parlando di un territorio che è notoriamente definito “la terra dei fuochi”, “patria” di clan fra i più pericolosi in terra italiana.
Presidente, come si affrontano queste difficoltà?
C’è un primo problema che riguarda la politica buona, che deve farsi carico di scelte magari non avvenute in precedenza.
Perché la politica? E qui ritorniamo al discorso che abbiamo fatto prima.
Se una struttura giudiziaria è struttura di servizio, il problema non riguarda chi vive questa realtà, magistrati e personale amministrativo, ma attiene ai cittadini che devono avere un servizio e che questo servizio non hanno per niente o non lo hanno in misura qualitativamente accettabile. E delle carenze delle risorse umane e materiali non può farsi carico il Presidente del Tribunale che sul punto non ha alcun potere, ma deve occuparsene la politica, cioè chi per delega istituzionale ha la possibilità e il dovere di fare delle scelte coerenti con l’esigenza di fornire un servizio corretto.
Per altro verso, la nostra risposta all’interno del Tribunale non deve essere una risposta di tipo alibistico, non ci si può cioè nascondere dietro questo problema, ma bisogna fare il massimo possibile per offrire delle risposte alle domande dei cittadini.
Questo si può fare attraverso una organizzazione molto attenta dell’uso delle risorse, ma anche attraverso l’utilizzo di tutte le tecniche e le tecnologie che oggi ci consentono di raggiungere dei risultati, in termini di produttività e di qualità del servizio, adeguati alle forze che mettiamo in campo. Quindi l’idea, e stiamo già andando avanti in questi termini, è di razionalizzare le strutture e di utilizzare tutti gli strumenti tecnologici a disposizione procedendo anche alle necessarie ristrutturazioni organizzative. In questo Tribunale è sicuramente possibile procedere in questi termini, perché, ecco la cosa positiva di questo Tribunale, il capitale umano, cioè la qualità delle persone, magistrati e personale amministrativo che lo compongono è veramente eccezionale. Alla base c’è anche il dato anagrafico. I magistrati in servizio presso il Tribunale di Napoli Nord sono molto giovani e la minor esperienza è compensata da una grande passione accompagnata da elasticità mentale, da grande competenza tecnica e da capacità di gestione delle moderne tecnologie che consentono rinnovamenti organizzativi non sempre facili in strutture dove il personale ha una età media più elevata.
Presidente, parlando dei giovani magistrati, non pensa che dovrebbero essere seguiti attentamente in un contesto come quello del delicato lavoro che svolgono, proprio per far sì che abbiano una buona formazione anche pratica sul campo da lavoro?
Sicuramente. Ma questo vale per i magistrati come per tutte le persone che sono impegnate in attività così delicate e vale quindi anche per il personale amministrativo. E’ sempre necessario un mix fra formazione ed esperienza. Questo è il cocktail ideale. Al primo posto abbiamo la formazione, poi l’esperienza ovviamente si realizza sul campo.
Presidente Picardi, ci sono tirocini universitari che si svolgono al Tribunale?
Certamente. I tirocini non sono pochi, ma naturalmente non dobbiamo dimenticare che il tirocinio deve essere un luogo di apprendimento, un momento in cui si coniuga la formazione con l’esperienza lavorativa. La formazione è sicuramente già avvenuta all’inizio al tirocinio, si tratta di capire come una teoria studiata approfonditamente può trovare applicazione nella realtà lavorativa. A giorni accoglieremo altri tirocinanti. E questo accade anche per altri Tribunali.
Ovviamente questo inserimento non può sopperire a quelle che sono le carenze di organico, poiché gli organici sono strutturati in ragione di un numero di persone che dovrebbero garantire formazione ed esperienza. Il tirocinante garantisce formazione, ma non garantisce l’esperienza e quindi non va a compensare queste carenze. E’ un problema molto serio che deve essere affrontato, ripeto, dalla politica, poiché la politica credo debba essere responsabile nei confronti dei cittadini.
Pensi che ad oggi per le carenze che abbiamo la prima udienza nel processo penale che arriva ad oggi al Tribunale di Napoli Nord viene fissata nel 2024. Portando un paragone tra il Tribunale di Nola dove attualmente non abbiamo più pendenze ultra triennali, con il Tribunale di Napoli Nord siamo al punto che prima ancora che inizi l’udienza siamo già alla pendenza ultratriennale. E questo giusto per dare un flash sulle differenti situazioni che ci sono nel distretto di Napoli e che certo non possono essere risolte co i tirocinanti. C’è un lavoro lunghissimo da fare per il quale sono necessarie risorse adeguate. Se non abbiamo le aule per poter tenere i processi, non abbiamo i magistrati che li trattano, non abbiamo il personale da mandare in udienza, francamente vedo una situazione abbastanza complessa. Poi naturalmente quello che si può fare si farà’.
Presidente un suo personale progetto futuro, ce lo svela?
Con questa esperienza del Tribunale di Napoli Nord concluderò la mia carriera.
Il mio progetto professionale è in questo momento tutto costruito per questa realtà, tutto dedicato a vedere se è possibile dare un contributo, a risolvere i problemi che ho elencato. Ovviamente il Presidente del Tribunale non ha la bacchetta magica per risolvere questi problemi che esistono da tempo ed hanno bisogno, per essere risolti, del lavoro di tutti. Il lavoro del Presidente del Tribunale resta quello di coordinatore, di agevolare le sinergie, di costruire un sistema di coordinamento per l’utilizzo delle risorse, individuando le finalità verso le quali utilizzare l’uso delle risorse.
Presidente Picardi, è ammirevole il modo in cui ha portato avanti l’ottimo lavoro svolto, fatto di coordinazione e sinergia al Tribunale di Nola. Ci illustra uno dei progetti più importanti che ha realizzato a Nola?
Al Tribunale di Nola è stato davvero eseguito un ottimo lavoro, ripeto grazie all’impegno di magistrati e personale. Abbiamo svolto anche lavori sperimentali, utilizzato alcune risorse Europee che è una cosa che nei Tribunali normalmente non si fa’; abbiamo per esempio utilizzato finanziamenti europei per migliorare i livelli di conoscenza informatica del personale. L’Europa finanzia molte importanti iniziative, e questa storia che i soldi non ci sono è vera fino ad un certo punto, il problema è che per utilizzare i soldi ci vogliono progetti e per “pensarli” ci vogliono competenze, questa sarà la sfida, molto complessa, di questo Paese.
Presso il Tribunale di Napoli Nord secondo me si possono fare tantissime cose a livello organizzativo e molte di queste inun1 mese e mezzo della mia Presidenza stanno già prendendo forma. Sono progetti che miglioreranno sicuramente le performance dei vari settori. Al Tribunale di Nola, uno dei progetti che abbiamo realizzato è stato il Modeling in sinergia con la Regione Campania, un progetto sperimentale per tutte le pubbliche amministrazioni che ha subito un po’ di blocco a causa della situazione pandemica. E’ stato un progetto finanziato e realizzato con Fondi Europei. Siamo partiti da un’idea di fondo non è possibile parlare di uso dell’informatica senza migliorare in concreto la competenza di tutto il personale, da qui i corsi di base e i corsi avanzati, in modo che l’applicazione di tecnologie non cadesse su terreni aridi, ma concimati, e contemporaneamente in un secondo momento che non siamo riusciti ancora a completare, un’attività di informazione e formazione riguardante “il benessere organizzativo”, cioè la costruzione di strutture organizzative nelle quali la qualità delle condizione di lavoro viene valutata secondo parametri determinati ed idonei a migliorarne l’efficienza. Poi abbiamo realizzato altri progetti, nel penale, per esempio, è stata ideata e realizzata una consolle unica in Italia che ci ha consentito una acquisizione ed un’analisi di dati seguite da interventi mirati che ci hanno permesso di rendere ultra efficiente il sistema penale, (meno 50% della pendenza in 5 anni). Abbiamo realizzato anche il “Programma di Ingresso in Cancelleria”, un programma informatizzato che ha permesso di gestire il rapporto con tutta l’utenza da remoto e che durante il periodo pandemico ha consentito al Tribunale di Nola di lavorare come se non ci fosse nessuna pandemia. Tutta questi progetti sono stati realizzati grazie anche alla partecipazione di tantissimi magistrati, personale amministrativo, ecc. Altro progetto complesso ed articolato è stato quello sulla violenza di genere. Si è partiti con un intervento con gli “ambiti territoriali” per il settore famiglia allo scopo di seguire e preparare e dare supporto alle persone coinvolte nelle separazioni in modo da evitare che il momento giudiziario si trasformi in un momento di scontro violento. Siamo passati poi grazie ad un protocollo con la Procura, alla creazione di uno sportello per le violenze di genere; siamo poi andati avanti, realizzando il miglior complesso d’Italia per le “audizioni protette” in modo da consentire che queste audizioni si svolgevano in condizioni coerenti con gli standard Europei, fino ad arrivare all’ultimo progetto molto importante chiamato dalla Legge, il “recupero dei mariti violenti”. Un sistema abbastanza complesso che abbiamo messo in piedi con i colleghi, e con l’Ordine degli Psicologi, quindi con professionisti che vengono anche all’esterno della struttura giudiziaria, a protocolli che ci consentono di intervenire su queste realtà. Quindi un’idea di intervento non basato su un segmento, ma su tutta la linea.
Presidente, complimenti lei ha portato avanti dei progetti importantissimi e bellissimi al Tribunale di Nola, un lavoro che solo un professionista vero, dall’occhio umano poteva realizzare, poiché comprende le difficoltà che vivono i cittadini. Giusto?
Coerente con questa idea di luogo di servizio del Tribunale. Altro esempio, è il progetto che abbiamo realizzato al Tribunale di Nola, delle vendite all’asta che avvengono in via telematica. C’è l’assistenza per i professionisti, ma c’è anche l’assistenza gratuita per i soggetti che vogliono acquistare all’asta.
L’idea resta la stessa: avvicinare le istituzioni al cittadino.
Il Tribunale di Napoli Nord è situato all’interno del Castello Aragonese, il Castello è la sede ma non è una fortezza, è, deve essere, il luogo al quale devono avere accesso tutti i cittadini perché questo luogo è il centro di un servizio che è uno dei pilastri di una società democratica ed è garanzia di convivenza civile. Non quindi un luogo di timore, ma di partecipazione. Il cittadino non deve avere difficoltà di approccio in un Tribunale. Possiamo anche immaginare invece il Tribunale come fortezza all’interno della quale è difficile entrare. Non intendo nemmeno giudicare chi fa’ una scelta di questo genere, dico che la mia visione è diversa, è più portata verso i cittadini, più indirizzata verso l’esterno che verso l’interno e quindi, naturalmente, i progetti che le ho illustrato seguono questo filo conduttore.
Presidente nella sua lunga esperienza da Giudice, di solito si dice che:«I Giudici, i Magistrati durante i processi, guardano solo le carte e non in faccia alle persone emettendo subito una sentenza di giudizio», è vera questa notizia. Ce la smentisce?
Non è che non è vera, è un problema di interpretazione del ruolo.
Parlare di indipendenza del giudice in maniera rigorosa è una cosa che in fin dei conti sembra abbastanza semplice. Un esempio, nelle mie scelte decido in piena autonomia poiché autonomia ed indipendenza vanno sempre affiancate, detta cosi la cosa è neutrale e vera. Cerchiamo però di definire questi concetti, l’autonomia, come ha detto il nostro Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo discorso qualche mese fa’, non dovrebbe mai sfociare nell’autoreferenzialità, il che significa che l’idea di essere autosufficienti non esprime correttamente alla luce del dettato costituzionale il concetto di indipendenza; in realtà c’è una parte nella magistratura che pensa che sia corretto così, perché questa idea garantisce meglio la libertà di decisione del giudice che non è così condizionato nelle sue scelte da tutta una serie di realtà esterne. Secondo me questa scelta non è coerente con gli assetti democratici del Paese, nel senso che l’autonomia non può diventare autoreferenzialità, e l’indipendenza non può diventare indifferenza. Cioè indipendenza non significa che il giudice non è orientato nello spazio e nel tempo, non è calato nella realtà dove esercita la giurisdizione. Se andiamo a vedere l’intervento della giurisdizione nel diritto al lavoro, ma anche l’attività dei giudici nell’ambito della lotta alla criminalità organizzata, il collegamento con il territorio è davvero importante, nessun giudice che non capisce il territorio può essere un giudice qualificato, c’è differenza fra indipendenza e indifferenza e a fra autonomia e autoreferenzialità. Queste differenze comportano un modo diverso di interpretare il proprio ruolo.
Non condivido l’idea del giudice che arriva in Tribunale che ha un paraocchio di qua e uno di là, entra nella sua stanza, guarda le carte, pontifica sul diritto, chiude le carte e se ne va. Secondo il mio parere l’assetto Costituzionale chiede al giudice un impegno di tipo diverso e più complesso, rispetto a quello dell’analisi tecnica delle carte; chiede che in aggiunta a questa egli svolga un’operazione di intelligenza, di comprensione della realtà, che è una cosa non facile, e c’è di peggio, non è comoda. Un giudice scomodo non è quello che va a caccia dei cosiddetti poteri forti, prende decisioni impopolari ecc., un giudice scomodo è quello che cerca di fare il proprio lavoro svolgendo questa attività preparatoria che è di comprensione faticosa, intellettuale in senso buono, della realtà nella quale è calato lui, ma soprattutto deve essere calata la decisione che prende. Diversamente è difficile fare il giudice nella realtà che viviamo. Le cito un proverbio latino “ Fiat iustitia et pereat mundus”, sia fatta giustizia e perisca pure il mondo. E’ questo il giudice che vogliamo? Questo non vuol dire che un giudice debba essere condizionato dai risultati perchè i fini dell’attività amministrativa appartengono alla politica, però è anche vero che il giudice non può essere una persona che viene da un altro pianeta, calata in un posto neutrale privo di identità differenziata. Questa idea di giudice si collega alle iniziative che abbiamo realizzato al Tribunale di Nola, iniziative che vogliamo realizzare soprattutto qui al Tribunale di Napoli Nord, e che devono rispondere a questo tipo di politica, cioè all’idea di un giudice calato nella realtà e che amministra giustizia non limitandosi “a dare diritto”, ma svolgendo un servizio.
Presidente Picardi, è un background culturale?
È questione di background culturale, è sempre quello il problema.
Nelle università italiane questo problema viene affrontato in alcune materie, come in Filosofia del Diritto. Recentemente ho svolto alcune lezioni per un corso di Management per gli Uffici Giudiziari organizzato dall’Università degli studi di Napoli Federico II. Un corso molto importante ed interessante dove in qualche modo ci si è confrontati sulle tematiche dell’organizzazione non intesa solo in maniera tecnica. Insomma si comincia a parlare di organizzazione di uffici giudiziari, e quando parliamo di questo tema vuol dire che già cominciamo a porci il problema del servizio.
Oggi per esempio comincia a porsi in maniera seria il problema del “tempo” nella decisione e le organizzazioni giudiziarie ne dovranno tenere conto.
Parlando di processi del dibattimento, come si svolgono e perché si apre il processo del dibattimento?
Il processo dibattimentale si apre perché nel sistema c’è un giudice e c’è un pubblico ministero che fa delle indagini. Ad un certo punto questo pubblico ministero ritiene che gli elementi che ha raccolto siano sufficienti perché ci sia un processo a carico di qualcuno. C’è dunque prima un giudizio di probabilità, non di certezza, a seguire la decisione del giudice che è l’unico che è deputato ad esprimere un giudizio di certezza, in sostanza il pubblico ministero fa una sorta di pronostico e poi si arriva al dibattimento nel corso del quale questa ipotesi accusatoria deve essere verificata.
Quando si parla di prescrizione?
Tutto il dibattito sulla prescrizione sui tempi del processo ci renderemo conto che dietro c’è una percezione anche lì ideologica del processo. La domanda è: il tempo è una variabile indipendente? La durata di un processo è indifferente? In realtà il processo è uno strumento di accertamento che deve essere il più idoneo per raggiungere un risultato. Ora il tempo non è un elemento neutrale cioè se passa molto tempo, lo Stato non ha più interesse a sapere se una persona ha commesso un fatto o non lo ha commesso. Trascorso un certo tempo dal momento in cui è stato commesso il fatto lo Stato dice:«non mi interessa più, è passato talmente tanto tempo e quindi che l’abbia commesso, o non l’abbia commesso, che il fatto sia o non sia avvenuto veramente, non è più importante» Questo in realtà è la base della prescrizione, non il fatto che non sia giusto che una persona stia per tanto tempo sotto processo, in effetti questa è una forma non corretta di impostare il discorso, allora la domanda è: «lo strumento che noi utilizziamo per dare questa risposta ad una domanda di giustizia, deve o non deve essere tarato sul tempo necessario perché questo abbia un significato?» Secondo me, sì, nel senso che tutte le riforme processuali dovrebbero tener conto oggettivamente del tempo necessario per celebrare in maniera utile un processo, poiché questa diventa un esigenza allo stato democratico. Se noi stabiliamo il principio e la regola che non riusciamo a fare giustizia in tempo abbiamo minato sostanzialmente una delle basi della convivenza civile: io non mi faccio giustizia da me perché so che lo Stato farà giustizia.