Sicilia. La giurisdizione palermitana e l’emergenza epidemiologica
di Matteo Frasca
"Giustizia Insieme" è da sempre attenta a raccontare la giurisdizione attraverso lo sguardo dei territori, e dei suoi protagonisti, per valorizzare il pluralismo della giustizia e mostrare l’attività giudiziaria nella sua più concreta esperienza.
Nel proseguire, anche durante l’epidemia, questo viaggio nelle diverse realtà giudiziarie la Rivista ha chiesto - al Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Ancona Sergio Sottani[1], al Presidente della Corte di Appello di Palermo Matteo Frasca e alla Presidente della Corte di Appello di Venezia Ines Maria Luisa Marini[2] - di raccontare, ciascuno a suo modo, la giurisdizione d’appartenenza di fronte all’emergenza.
In momenti di frenesia normativa e organizzativa è opportuno precisare che gli scritti sono stati redatti tra la fine del mese di aprile e l’inizio del mese di maggio ed è doveroso ringraziarne gli autori.
Nella foto l’ex Collegio dei Gesuiti, odierna Biblioteca regionale, utilizzato nel contrasto all’epidemia di vaiolo di inizio ‘800 come centro per il programma di vaccinazione di massa, uno dei primi realizzati nella storia.
Sommario: 1. La Fase 1: gli esiti e le conseguenze; 2. La Fase 2: la differenziazione necessaria; 3. Le diseguaglianze e la giustizia; 4. Il coordinamento organizzativo e gli strumenti per la gestione delle attività; 5. Gli ostacoli dell’edilizia giudiziaria; 6. Un’opportunità di crescita.
1. La Fase 1: gli esiti e le conseguenze
Con l'art. 83 comma 1 del decreto legge n. 18/2020, integrato dall'art. 36 comma 1 del decreto legge 36/2020, il Governo, nell'ambito delle "misure urgenti per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19", ha disposto il rinvio d'ufficio delle udienze dei procedimenti civili e penali a data successiva al giorno 11 maggio 2020.
L'intervento normativo senza precedenti, corroborato dall'altrettanto inedita sospensione del decorso "dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali", estesa ai termini per il deposito della motivazione dei provvedimenti giudiziari, ha comportato il sostanziale blocco dell'attività di udienza nel nostro Paese, solo marginalmente attenuato dalle eccezioni contenute nel medesimo testo normativo che, al di là della numericamente corposa elencazione contenuta nel comma 3 della disposizione relativamente alle fattispecie escluse dalla interdizione, nei fatti ha comportato la trattazione di un numero di procedimenti esiguo rispetto alla ordinaria attività.
La preoccupazione diffusa tra tutti gli operatori dell'espansione incontrollata dell'epidemia, alimentata sia dal trend crescente dei contagi e dei decessi, sia dal timore sulla capacità di tenuta delle strutture sanitarie nonostante l'abnegazione dei medici e del personale sanitario protagonisti di autentico eroismo civile, ha concorso all'applicazione assai limitata della dichiarazione di urgenza dei procedimenti, peraltro neppure sollecitata dall'Avvocatura e costituente l'unico strumento di invero modesta flessibilità integrativa del rigido contesto della tassatività delle eccezioni alla regola generale del rinvio.
Dalle rilevazioni statistiche del distretto della Corte di Appello di Palermo emerge che nella cd. "fase 1" la percentuale dei procedimenti civili trattati, in quanto "consentiti" dal decreto legge 18/2020, é stata, per la Corte, del 9,6% rispetto a quelli programmati, mentre per i Tribunali la percentuale media si è attestata al 2,7%, sia pure con differenze anche significative tra i vari uffici.
Analogo é il dato relativo al settore penale nel quale la percentuale media di processi rinviati, sia in Corte sia nei Tribunali ha mediamente superato il 97%.
L’unicità della situazione é avvalorata anche dall'esiguo numero dei procedimenti con imputati detenuti trattati per i quali l'inconsueta previsione normativa della trattazione solo in caso di espressa richiesta da parte degli imputati medesimi o dei loro difensori ha avuto scarsa applicazione.
Il lockdown totale della giurisdizione é stato evitato solo perché nel periodo di sospensione delle udienze i Magistrati hanno continuato a lavorare per la definizione dell'arretrato, in molti casi praticamente azzerandolo, anche se dalla comparazione tra i dati relativi al periodo 9 marzo - 11 maggio del 2020 e il medesimo periodo del 2019 emerge una flessione, in quello dell’anno in corso, sia delle iscrizioni (-54% in Corte e -50% nei Tribunali) sia delle definizioni (-37% in Corte e -64% nei Tribunali).
E’ ragionevole temere che questo rallentamento comporterà una significativa battuta d’arresto nel difficile percorso di recupero di efficienza del settore della giurisdizione civile che nell’ultimo decennio, lentamente ma costantemente, ha determinato una progressiva diminuzione della pendenza complessiva e soprattutto, attraverso l’applicazione ponderata di criteri di produttività selettiva, la riduzione del contenzioso più datato.
2. La Fase 2: la differenziazione necessaria
In questo scenario, quindi, è stata avviata la cd. “fase 2” che il decreto legge 18/2020 ha affidato all’autonomia gestionale dei dirigenti di ciascun Ufficio ai quali è stato passato il testimone nell’ambito di un percorso e di una cornice normativa ben delineati che ne costituiscono fonte di legittimazione formale e sostanziale.
L’Avvocatura, analogamente a una parte della Magistratura, ha criticato severamente la scelta del legislatore lamentando che la disomogeneità talvolta marcata tra i numerosi modelli organizzativi adottati tra Uffici anche limitrofi determinerà una risposta diseguale alla domanda di giurisdizione, per di più obbligando i professionisti a districarsi nel non facile percorso di apprendimento delle diverse regole di funzionamento adottate.
Al di là del comprensibile disagio e dello sconcerto suggestivamente indotto da una geografia differenziata il rilievo non convince perché in un’ottica comparativa tra costi e benefici una diversa velocità nella ripartenza e la diseguaglianza che ne potrà derivare sono un “male necessario” per uscire dalla condizione di sostanziale stagnazione in cui si è ritrovata la giurisdizione e si giustificano per la eccezionalità e per la temporaneità della situazione: parametri in funzione dei quali sono state tarate tutte le altre misure che hanno fortemente inciso su diritti di rango almeno pari a quello dell'accesso alla giurisdizione.
I fattori che condizionano i livelli di operatività degli uffici sono molteplici ed eterogenei, dipendendo in particolare dal diversificato andamento dell’epidemia, dall’edilizia giudiziaria, dai flussi e dalla tipologia dei carichi di lavoro, dalle norme processuali applicabili, dalla adeguatezza della dotazione del personale amministrativo, ecc., in buona sostanza da una pluralità di elementi estremamente variabili anche all’interno della medesima area geografica, di talché una regolamentazione unitaria a livello nazionale avrebbe comportato quello che é accaduto per la "fase 1", ossia il mantenimento della soglia minima compatibile con le potenzialità degli uffici operanti nelle condizioni meno favorevoli e si sarebbe tradotta in una marcia con il freno a mano tirato per quelle realtà in condizione di realizzare una perfomance migliore.
Le prime esperienze applicative del nuovo regime nel distretto palermitano hanno confermato la ragionevolezza della scelta legislativa se si considera che alcuni uffici, sia pure ubicati nella stessa città, hanno adottato progetti organizzativi diversi con prospettive di rendimento differenziato, indotto da una ponderata valutazione delle diverse condizioni di operatività.
La ripartenza, quindi, è stata organizzata all’insegna del principio di responsabilità declinato in una duplice direzione.
Da un lato sono state evitate azzardate fughe in avanti che avrebbero potuto essere incoraggiate dai dati sull'evoluzione dell'epidemia nella Regione Siciliana che sono stati e a oggi ancora sono tra i meno drammatici rispetto alle altre parti del Paese.
Dall'altro, però, è maturata la consapevolezza delle necessità di "gettare il cuore oltre l'ostacolo" cercando tutte le soluzioni che, senza porre mai a rischio il bene primario della salute, consentissero la ripresa più ampia e più rapida possibile.
In altri termini, se nella "fase 1" la regola dettata dal legislatore era stata "non fare nulla tranne...", la "fase 2" é stata avviata e deve essere sviluppata all'insegna del "fare tutto tranne ...", calibrando le eccezioni sulla base delle complessive variabili condizioni di contesto.
Un cambio di passo culturale e operativo doveroso se si considera che l'impegno organizzativo dovrà tenere conto, innanzitutto e nell'immediato, della necessità di recuperare oltre due mesi di lavoro arretrato accumulatosi, che già in sé non si presenta agevole in quanto si inserisce quasi ovunque in contesti di ruoli carichi che rendono difficile che l'aggiunzione di altri procedimenti non determini un "effetto domino" con rinvii a catena, ma dovrà essere proiettato anche in direzione della più complessa problematica delle ricadute sulla giurisdizione che l'emergenza sanitaria (probabilmente) in calo avrà sulla questione socio-economica (certamente) in crescita.
3. Le diseguaglianze e la giustizia
Pur nel quadro di una ancora persistente incertezza scientifica non credo che sia affatto vero che la pandemia abbia colpito in modo indifferenziato tutte le classi sociali.
Le complessive condizioni di vita indotte dalla scarsa disponibilità di risorse finanziarie non sono un fattore neutro nel rischio del contagio già per il semplice fatto che l'impossibilità o la difficoltà di ricorrere alle cure mediche per motivi economici, resa ancora più complessa dai robusti tagli alla sanità pubblica in una malintesa ottica di risparmi che si é tradotta nella complessiva riduzione dello stato sociale, incentiva l'insorgenza di situazioni patologiche che aumentano il rischio del contagio da Covid 19 e soprattutto il relativo tasso di mortalità.
Sotto altro profilo non va trascurato che anche condizioni inadeguate di vita sociale e lavorativa, come l'abitazione in ambienti degradati già strutturalmente inidonei ad assicurare il distanziamento sociale minimo o la prestazione lavorativa in contesti produttivi poco protetti e malsani, sono fattori incentivanti la diffusione del virus.
In ogni caso la pandemia rischia di divenire fattore di amplificazione di diseguaglianze preesistenti o di creazione di nuove forme di deprivazione economica e di povertà.
Basta pensare non solo alla gravissima incidenza negativa del prolungato blocco per alcune imprese soprattutto in quei territori già afflitti da crisi economica sistemica ma anche a quali potranno essere le ricadute sul versante occupazionale che i cambiamenti di comportamento delle persone, sia spontanei sia imposti da provvedimenti normativi per il rispetto del distanziamento sociale, avranno su numerose attività strutturalmente "indifferenti" ai fenomeni di assembramento se non quando fondate proprio su partecipazioni di massa.
Cercare le difficili soluzioni a tali allarmanti prospettive postula nuove politiche economiche e sociali, ma le diseguaglianze e la crescita della povertà alimentano nuovi conflitti e nuove domande di tutela giudiziaria.
E l'attenzione dovrà essere rivolta anche sul versante della giustizia penale.
E' diffuso il convincimento che per salvare le imprese dalla crisi dilagante sarà necessaria una robusta iniezione di liquidità ed é ragionevole temere che, in mancanza di un adeguato ed effettivo intervento pubblico di sostegno, le organizzazioni criminali, che dispongono di una grande massa di risorse, saranno pronte alla conquista di fette rilevanti del mercato e al recupero di una incisiva capacità di penetrazione nel tessuto economico.
Va altresì considerato che un generale allentamento dei vincoli per l'accesso generalizzato al credito, all'insegna della ripetuta necessità di "sburocratizzazione" del sistema, potrebbe alimentare fenomeni di illegalità diffusa con altrettanti danni irreversibili per l'economia del Paese.
Uno scenario assai complesso e delicato, quindi, che certamente richiede interventi normativi a diverso livello ma al quale non può restare estranea la giurisdizione che con la sua organizzazione deve essere pronta ad affrontare i problemi immediati e al tempo stesso essere proiettata verso i temi di un futuro prossimo.
4. Il coordinamento organizzativo e gli strumenti per la gestione delle attività
Nella Corte di Appello di Palermo, immediatamente dopo l'approvazione del decreto legge 18/2020 é stata costituita una "cabina di regia", anche con l'attivazione di alcune chat, al fine di realizzare un coordinamento autentico ed efficace tra gli uffici giudicanti del distretto, di raccogliere le diverse proposte organizzative che maturavano in momenti di ragionevoli timori e di grande incertezza, di tentare di raggiungere soluzioni condivise che però tenessero conto anche delle peculiarità di realtà geograficamente vicine ma con esigenze diversificate, di fare da collettore per le successive interlocuzioni operative con tutte le altre Istituzioni.
La cassetta degli attrezzi messa a disposizione ai dirigenti degli Uffici dal legislatore é articolata e prevede un ampio ventaglio di possibilità che, se adoperate in sinergia, offrono un contributo rilevante alla ripartenza, conciliando l'imprescindibile necessità di tutela della salute con l'altrettanto indispensabile necessità della ripresa dell'attività giudiziaria.
Seppur espressamente previsti per la "fase 2" molti di questi strumenti sono stati attivati immediatamente dopo il 9 marzo e, pur in un contesto di assai limitata attività giurisdizionale, si sono rivelati assai utili.
Limitazioni dell'ingresso del pubblico negli edifici giudiziari, restrizioni per l'accesso "fisico" alle cancellerie sostituito dalle comunicazioni telefoniche o telematiche, celebrazione delle udienze a porte chiuse, rimodulazione delle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa del Personale amministrativo con l'adozione prevalente della forma del "lavoro agile", intensificazione dell'uso dell'informatica, uso ponderato del processo "da remoto", oltre all'apprestamento dei diversi dispositivi di protezione individuale, sono state le opzioni che, impiegate contestualmente, hanno consentito di contenere le presenze negli uffici e attuare efficacemente la regola del distanziamento sociale che, a oggi, sembra essere quella che il mondo scientifico ritiene l'unica vera arma per evitare il contagio.
E questi strumenti sono stati potenziati e affinati dal 12 maggio (ad esempio con la previsione della obbligatorietà della misurazione della temperatura per l'accesso, attuata con la fattiva collaborazione dei Carabinieri e mediante economici termometri laser senza necessità di ricorrere a costosissimi e superflui termoscanner) quando, dopo il periodo di blocco deciso dal Governo, la ripresa dell'attività é stata affidata alle scelte organizzative dei dirigenti, che hanno assunto il compito di far ripartire la macchina dettando specifiche linee guida adottate all'esito di un complesso e articolato procedimento, che, oltre agli apporti provenienti dall'interno di ciascun Ufficio, prevede la partecipazione sia dell'autorità sanitaria regionale, chiamata al compito decisivo di esprimersi, nella qualità di organo tecnico, sulla compatibilità delle misure organizzative con l'andamento del quadro epidemiologico, sia del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati, al quale spetta il ruolo di formulare motivate e fattibili proposte di integrazione e di modifica dei progetti, coerentemente con il ruolo ripetutamente rivendicato di coprotagonista della giurisdizione.
"L'intesa" con i vertici distrettuali ha completato l'iter rafforzando l'idea del necessario coordinamento preventivo tra diversi attori.
A Palermo é stato realizzato un costante e fecondo confronto e uno scambio continuo di informazioni e di idee tra tutti gli uffici, le cui bozze di progetto elaborate sulla base di un'accurata analisi della situazione organizzativa, logistica e del Personale amministrativo, nonché dopo un proficuo confronto con il corrispondente ufficio requirente e con l'Avvocatura, sono state trasmesse in unico contesto all'autorità sanitaria e, quindi, varate in via definitiva.
Dall'esame di ciascun progetto emergono, da un lato, la medesima filosofia di fondo, ossia fare quanto più é possibile nel rispetto del principio precauzionale, ma dall'altro diversità anche significative che confermano la bontà del criterio seguito dal legislatore perché la uniformità della regolamentazione avrebbe fortemente penalizzato senza alcuna giustificazione alcuni uffici.
E' il caso della Corte di Appello che, per una serie di favorevoli condizioni coniugate all'adozione di alcuni accorgimenti organizzativi, ha ripreso l'attività senza alcuna limitazione sia nel settore civile sia in quello penale.
Analoga opportunità non ha avuto il Tribunale di Palermo, che ha risentito negativamente in modo particolare della condizione logistica di alcuni suoi uffici, e situazioni diversificate si sono presentate per altri tribunali del distretto.
5. Gli ostacoli dell’edilizia giudiziaria
Purtroppo nell'edilizia giudiziaria é mancata per anni una progettualità autentica e di lungo periodo, si é proceduto prevalentemente con aggiustamenti e dispendiosi interventi manutentivi settoriali, per di più spesso indotti da contingenze avverse che hanno finito per tradire anche gli obiettivi di contenimento della spesa indicati spesso come la ragione ostativa a scelte di più ampio respiro.
I dirigenti degli uffici, soprattutto nell'ambito della Conferenza permanente, si confrontano quotidianamente con una pluralità di problemi che sembrano insorti negli ultimi anni e che invece assai spesso scopriamo essere atavici e ignorati, come quelli attinenti alla prevenzione degli incendi, all'adeguatezza delle scale, alle carenze strutturali e manutentive.
Probabilmente edifici più funzionali sul versante della sicurezza e della salubrità avrebbero contribuito positivamente nella gestione dell'attuale emergenza.
Tuttavia, occorre essere consapevoli che il rispetto del distanziamento sociale richiede una nuova cultura architettonica che abbandoni la attuale tendenza alla contrazione degli spazi, elevando la soglia minima in atto mediamente attestata a 8 mq per persona e 14 mq in caso di ambiente occupato da una sola persona, che riveda la compartimentazione degli ambienti comuni con adeguati divisori, che regolamenti meglio le zone di transito.
E' evidente che si tratta di un problema che non può essere risolto in tempi brevissimi, anche se un utile modello in questo settore é offerto dall'aula bunker del carcere "Ucciardone" di Palermo, costruita in appena sei mesi tra il 1985 e il 1986, per consentire la celebrazione del primo "maxiprocesso": un raro esempio di efficienza coniugato a un effettivo impiego razionale del denaro pubblico.
In ogni caso, é indispensabile affrontare la questione con una rinnovata filosofia, abbandonando la disorganicità che ha prodotto la coesistenza di strutture diverse e che ha reso notevolmente difficile l'adozione di provvedimenti organizzativi omogenei anche all'interno del medesimo ufficio, imponendo interventi calibrati sulla specificità dei singoli edifici.
Emblematica, al riguardo, é la situazione della "cittadella giudiziaria" palermitana all'interno della quale coesistono ben tre strutture totalmente diverse delle quali la più idonea nell'attuale emergenza si é rivelata quella più antica, perché i suoi grandi spazi, spesso criticati in quanto ritenuti uno spreco, hanno agevolato non poco nella ripresa dell'attività.
In funzione della sicurezza sono stati misurati tutti gli spazi degli edifici, sia delle aule di udienza sia degli uffici, in modo da accertare quale fosse il numero massimo di presenze consentito nel rispetto della regola del distanziamento sociale, sia statico sia dinamico, e il risultato é stato affisso in ciascuna aula di udienza, mentre per quanto attiene agli uffici, nel caso in cui la collocazione del personale non fosse stata perfettamente compatibile con l'osservanza della distanza, é stata predisposta la collocazione delle barriere protettive in policarbonato, con esclusione delle unità immunodepresse alle quali é stata assicurata in ogni caso la collocazione senza compresenze.
La rilevazione della capienza degli ambienti é stata effettuata anche tenendo conto dell'areazione per la quale, peraltro, sta emergendo in tutta la sua rilevanza, alimentata dalla rapida crescita delle temperature, la questione della climatizzazione.
Infatti, nell'Allegato 17 del D.P.C.M. del 17 maggio 2020, nella parte dedicata agli "UFFICI APERTI AL PUBBLICO" é prevista, all'ultimo punto, la "indicazione", riproposta nello stesso contenuto nell'Ordinanza contingibile e urgente n. 21 del Presidente della Regione Siciliana del 17 maggio 2020, di "escludere totalmente, per gli impianti di condizionamento, la funzione di ricircolo dell’aria".
La medesima indicazione è stata elaborata per le attività di ristorazione, per quelle di acconciatori ed estetisti, per il commercio al dettaglio, per i musei, gli archivi e le biblioteche, mentre una regolamentazione differenziata é dettata per le strutture ricettive alberghiere e per le palestre, in relazione alle quali la eliminazione della funzione di ricircolo è prevista solo per gli impianti con "ventilazione meccanica controllata", mentre per pompe di calore, fancoil e termoconvettori, il cui uso sia reso necessario per garantire la corretta climatizzazione, é richiesta soltanto l'adozione delle attività di pulizia prescritte dal produttore.
Ebbene, poiché, almeno in quasi tutti gli uffici del distretto palermitano, la maggior parte degli impianti non può essere utilizzata disattivando la funzione di ricircolo dell'aria, il superamento della temperatura ritenuta tollerabile per evitare il discomfort ambientale porrà i dirigenti degli uffici dinanzi all'alternativa tra la esposizione a rischio della salute dei lavoratori, che potrebbe essere danneggiata o per il funzionamento degli impianti in violazione delle regole del DPCM o per la loro mancata accensione, e la sospensione dell'attività giudiziaria con buona pace dell'impegno non indifferente profuso fin qui per la ripresa.
In ogni caso si realizzerebbe una inaccettabile assunzione di responsabilità ben al di là di quella relativa alla adozione delle misure organizzative delegate dell'art. 83 del d.l. 18/2020.
Peraltro, alla risoluzione del problema potrebbero contribuire le linee guida approvate dalla conferenza delle regioni e delle province autonome appena il 25 maggio scorso che contengono alcune indicazioni che potrebbero consentire, con le opportune cautele, anche l'utilizzo degli impianti di condizionamento in atto esistenti.
6. Un’opportunità di crescita
Se vogliamo fare tesoro di questa tragica esperienza dobbiamo quantomeno provare a trasformare l'emergenza in un'opportunità di crescita, trarre insegnamento dalle contingenze più drammatiche per farle divenire strumenti per il miglioramento, valorizzando per il futuro tutto ciò che é stato positivamente sperimentato e che deve essere conservato, sviluppato e potenziato.
Ma essere resilienti non basta più perché é necessario essere anche proattivi.
Ricordo che lo scorso anno, studiando le complesse modalità organizzative per effettuare le prove di evacuazione dagli edifici della cittadella, un dirigente della Protezione Civile mi chiese se sapessi quale sarebbe stato in caso di terremoto il maggior pericolo per l'incolumità delle persone che si trovano negli uffici e alla mia risposta negativa mi disse che il rischio maggiore non derivava dal crollo dei tetti ma dallo schiacciamento conseguente alla caduta delle librerie perché prive di ancoraggio alla parete, realizzabile con una semplice e non dispendiosa operazione di fissaggio.
Fare divenire prevedibile anche l'imprevedibile, come (forse) è stata l'epidemia da COVID-19, probabilmente dovrà fare parte del bagaglio aggiornato della funzione dirigenziale.
Riuscirci non sarà semplice ma provarci credo che sia doveroso.
[1] Marche. La giurisdizione marchigiana e l’emergenza epidemiologica (https://www.giustiziainsieme.it/it/diritto-dell-emergenza-covid-19/1071-marche-la-giurisdizione-marchigiana-e-l-emergenza-epidemiologica). [2] Veneto. La giurisdizione veneta e l’emergenza epidemiologica (https://www.giustiziainsieme.it/it/diritto-dell-emergenza-covid-19/1100-veneto-la-giurisdizione-veneta-e-l-emergenza-epidemiologica).