ISSN: 2974-9999
Registrazione: 5 maggio 2023 n. 68 presso il Tribunale di Roma
Schema definitivo del nuovo Codice dei contratti pubblici
A cura di Redazione
Con la legge 21 giugno 2022, n. 78 (Delega al Governo in materia di contratti pubblici), Il Governo è stato delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, “uno o più decreti legislativi recanti la disciplina dei contratti pubblici, anche al fine di adeguarla al diritto europeo e ai principi espressi dalla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori, interne e sovranazionali, e di razionalizzare, riordinare e semplificare la disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture”.
La legge di delega ha esplicitamente invitato il Governo ad avvalersi del Consiglio di Stato per la redazione del testo normativo, possibilità generalmente prevista dall'articolo 14, numero 2, del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato, di cui al regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054 (“Formola quei progetti di legge ed i regolamenti che gli vengono commessi dal Governo”), prevendo che nell’occasione il Consiglio di Stato potesse avvalersi anche “di magistrati di tribunale amministrativo regionale, di esperti esterni e rappresentanti del libero foro e dell'Avvocatura generale dello Stato”.
La formulazione del progetto di codice dei contratti pubblici è stata affidata al Consiglio di Stato il 30 giugno 2022 e il successivo 4 luglio 2022 il Presidente del Consiglio di Stato ha nominato a tal fine una apposita Commissione speciale, allargata alla partecipazione di membri esterni al Consiglio di Stato.
Lo schema definitivo che viene pubblicato è il testo normativo licenziato dalla Commissione speciale come modificato e integrato dalla Commissione che ha successivamente operato nell’ambito del Ministero delle Infrastrutture e trasporti, al quale il testo è stato previamente trasmesso.
Il “non diritto della giustizia” di Pier Paolo Pasolini
di Mariavittoria Catanzariti
Nelle pagine di Pier Paolo Pasolini (PPP) la riflessione sul diritto non sembra così immediata, se non nelle vesti di un diritto “subìto”[1]. Sia che si associ il diritto alla storia ufficiale o invece a precetti che si lasciano osservare nella loro obiettiva generalità e astrattezza, PPP non fa mistero della sua riluttanza nei confronti delle verità calate dall’alto (auctoritas non veritas facit legem?). È invece affascinato dai processi embrionali, incompiuti o incompleti, perché autentici e non mediati. Il rapporto con il diritto può forse essere immaginato come la presenza di un’assenza, là dove PPP rivendica il carattere estetico della storia e dunque anche del diritto. La sua celebre frase “le persone più adorabili sono quelle che non sanno di avere diritti”[2] contiene in nuce il senso estetico dell’assenza del diritto, non necessariamente perché si è buoni e per questo si può fare a meno di esso, ma perché il diritto, in quanto risultato di processi socio-politici, potrebbe viziare l’originaria immediatezza di alcuni fenomeni. Ciò che si spiega alla luce di un pensiero che contrappone l’alterità di classe “che per sua stessa natura esclude ogni possibile assimilazione degli sfruttati con gli sfruttatori”[3] all’identificazione borghese e come tale intravvede proprio nei diritti la promessa mancata di quella alterità: “La realizzazione dei propri diritti altro non fa che promuovere chi li ottiene al grado di borghese”.[4]
Si potrebbe allora forse tentare di leggere questo rapporto quasi onirico con il diritto, a metà tra desiderio estetico e paura etica di un’assenza: “Rimpiango la rivoluzione pura e diretta della gente oppressa che ha il solo scopo di farsi libera e padrona di se stessa”[5]. Le pieghe di questa tensione intellettuale ed emotiva possono essere intercettate in vari modi. A mio parere, nella riflessione giuridica la definizione del diritto come “ordine auto-sostitutivo” di funzioni[6], ad esempio della giustizia, ben si lega con la lettura dell’opera dell’Autore, in quanto capace di sfrondare il campo dalla ideologia e non cedere il passo a interpretazioni tranchant che potrebbero viceversa non rendere giustizia all’opera. Secondo la celebre teoria dei sistemi, il diritto realizza le sue funzioni attraverso una coercizione alla decisione che rende decidibile la contingenza, poiché gli uomini possono agire anche diversamente da come ci si aspetta. In tale ottica “il rifiuto della decisione equivale al diniego di giustizia”[7] nel senso che il diritto perderebbe, in assenza di carattere decisionale, la sua precipua funzione di auto-fondarsi come sostituto funzionale di ciò che rimane contingente, non oggettivo, non ultimo.
Una lettura di questo tipo allarga l’orizzonte pasoliniano ricomprendendovi la doppia potenzialità del diritto: modificare e mutare, non esser mai uguale a se stesso e a ciò che si regola, sulla base di processi selettivi[8].
Tuttavia, il diritto può sì trasformare situazioni soggettive e stati di fatto o mutare a seconda di quanto esso recepisca istanze sociali, non per questo rinunciando né al suo carattere impersonale né alla capacità di calcolo generalizzato di aspettative, ma ciò può benissimo non avere alcun impatto sulla propria funzione emancipativa[9]. Da questo punto di vista il timore di PPP è senz’altro legato al rischio che il diritto stesso, come risultato di un processo riflessivo culturalmente e storicamente orientato, si sviluppi all’interno di dinamiche mediate dalla borghesizzazione e non attui pienamente per questo la sua funzione emancipativa: “Oggigiorno, la storia determina il suo orientamento in funzione di uno scopo unico: l’industrializzazione totale del pianeta”[10].
Il diritto può infatti sia volgere alla identificazione sia all’alterità a seconda se le scelte e le azioni si collochino in una dinamica di progresso o mero sviluppo: mero sviluppo è “meccanica e irreversibile distruzione di valori”[11], mentre il progresso è compatibile con un progetto di emancipazione culturale.
Di questo effetto dicotomico PPP sembra essere del tutto consapevole allorché denuncia la seconda rivoluzione industriale (il consumismo) come foriera di “rapporti sociali” immodificabili[12]. Ciò consisterebbe in una erronea realizzazione dei diritti civili, dei quali la falsa tolleranza e il falso laicismo opererebbero come ordine auto-sostitutivo dei diritti.
PPP, nello stigmatizzare l’immodificabilità dei rapporti sociali individua esattamente la funzione del diritto all’alterità nell’”essere continuamente irriconoscibili”[13].
PPP solleva a contrario il nodo scoperto del se, effettivamente, il diritto possa funzionare da antidoto alla immodificabilità dei rapporti sociali e a quali condizioni. Ammesso che il consumismo sia la logica sovrastante, preferibile per l’Autore il non diritto della giustizia a una giustizia sostituita dal diritto, là dove per giustizia si intenda una posizione non mediata e originaria, rispetto a un diritto alla identificazione con bisogni altrui. I rapporti immodificabili si realizzano mediante adesione alla logica dei consumi che cristallizza i ruoli degli attori in una dinamica ripetitiva al pari dell’ingranaggio di una macchina. Tale intuizione lucida e intransigente non si abbandona al moralismo ma al contrario dipinge esattamente il quadro evolutivo di una società nella quale “il neocapitalismo coincide insieme con la completa industrializzazione del mondo e con l’applicazione tecnologica della scienza”[14].
La civiltà dei consumi ha vinto evidentemente non perché più atroce e terribile, al contrario perché più attraente e confortevole per tutti e ognuno. A che prezzo però? Osserva PPP «Questa “civiltà dei consumi” è una civiltà dittatoriale. Insomma, se la parola fascismo significa la prepotenza del potere, la “società dei consumi” ha bene realizzato il fascismo»[15]. Tuttavia, tale prepotenza non ha più le fattezze di squadriglie e adunate, ma semplicemente di una granitica ma pacata e preordinata opera di cancellazione di ogni alternativa possibile. È dunque un modo di essere monologante e sagittale che non soltanto non contempla il dissenso ma addirittura fa a meno del consenso perché lo dà per scontato. Senza adesione generalizzata, azione ben diversa dal consenso consapevole, il consumismo non può esistere. Dunque, certamente, esso non può basarsi su un fattore aleatorio quale il consenso consapevole bensì su una sorta di comportamento concludente indotto dalla stessa possibilità di fruire di alcuni servizi digitali che crea dunque dipendenza sociale. Gli effetti pervasivi del consumismo sono naturalmente accentuati dall’uso della tecnologia finalizzata a creare conoscenza per determinati scopi: “La tecnologia (l’applicazione della scienza) ha creato la possibilità di una industrializzazione praticamente illimitata, e i cui caratteri sono ormai in concreto transnazionali. I consumatori di beni superflui, sono da parte loro, irrazionalmente e inconsapevolmente d’accordo nel volere lo sviluppo”[16].
Questa riflessione induce facilmente ad accostare la critica di PPP al dibattito sulla autodeterminazione informativa posta nella tradizione giuridica europea come base del diritto alla privacy e alla protezione dei dati personali. L’autodeterminazione informativa, intesa come pieno controllo del flusso di informazioni riguardanti un soggetto, rappresenta il nocciolo duro – sempre più spesso eroso tuttavia – del modello europeo dei diritti fondamentali, inclusi chiaramente privacy e data protection. La centralità di questo concetto si spiega peraltro storicamente grazie al fatto che detti diritti, prima ancora di essere stati costruiti e riconosciuti come diritti umani nelle carte novecentesche, sono stati ascritti allo sviluppo della persona come diritti della personalità, cioè come diritti al proprio inimitabile progetto di edificazione personale all’interno della società. Nella data-driven economy tale elaborazione giuridica è messa a dura prova a tal punto da sfumare di fronte a tecniche di estrazione di dati massive e generalizzate, di fronte alle quali i rimedi individuali possono soltanto aprire una breccia ma certamente non considerarsi adeguati alla reale portata del fenomeno.
A una più attenta riflessione non sfugge tuttavia come l’accostamento tra PPP e autodeterminazione informativa sia soltanto sintomatico di un processo ben più ampio che coinvolge i presupposti della libertà individuale e il ruolo del diritto nel preservare tale libertà.
Vi sono alcuni fattori ricorrenti tra l’analisi di PPP e la riflessione attuale sulle tecniche estrattive di dati comportamentali. L’obiettivo di una industrializzazione portata a perfetto compimento è quello di realizzare infatti ciò che Zuboff definisce behavioural surplus nel capitalismo della sorveglianza, cioè l’eccedenza del guadagno realizzato attraverso l’accumulazione estrattiva di dati di utenti di servizi digitali finalizzati a tecniche predittive sempre più affinate[17]. Diverse sono le definizioni di capitalismo della sorveglianza: “1. Un nuovo ordine economico che rivendica l'esperienza umana come materia prima gratuita per pratiche commerciali nascoste di estrazione, previsione e vendita; 2. Una logica economica parassitaria in cui la produzione di beni e servizi è subordinata a una nuova architettura globale di modificazione comportamentale; 3. Una ingannevole mutazione del capitalismo segnata da concentrazioni di ricchezza, conoscenza e potere senza precedenti nella storia umana; 4. Il quadro fondamentale di un'economia di sorveglianza; 5. Una minaccia significativa per la natura umana nel ventunesimo secolo al pari di come lo fu il capitalismo industriale per il mondo naturale nel diciannovesimo e ventesimo secolo; 6. L'origine di un nuovo potere strumentale che afferma il dominio sulla società e presenta sfide sorprendenti alla democrazia di mercato; 7. Un movimento che mira a imporre un nuovo ordine collettivo basato sulla certezza totale; 8. Un'espropriazione di diritti umani essenziali che è meglio intesa come un colpo di stato dall'alto: un rovesciamento della sovranità individuale”[18].
Ciascuna di tali definizioni, descrivendo una porzione del problema, identifica la capacità predittiva che, pur agendo sulla possibilità di calcolare e manipolare comportamenti, determina in ultima istanza l’immodificabilità finale dei rapporti sociali, esattamente come preconizzato da PPP a proposito della civiltà dei consumi. Opera cioè il calcolo predittivo del mutamento al fine di ristabilire esattamente una logica precostituita di potere egemonico che eterodirige il comportamento umano in vista della realizzazione di profitti certi[19]. Prevedere al fine di anticipare qualsiasi mossa indirizzando il comportamento umano verso sentieri battuti. Ingenerare bisogni da soddisfare compulsivamente al costo dell’analisi passata al setaccio della propria esperienza umana. Un perfetto progetto totalitario tanto per PPP quanto per Zuboff (nonostante Zuboff parli di “strumentalismo”[20]) che mira a modificare i comportamenti. La deriva della società digitale non fa altro che amplificare un fenomeno già affrontato da PPP a proposito del carattere pervasivo del consumismo.
Se ogni singolo dettaglio della esperienza umana, sia essa virtuale o reale, rappresenta materiale grezzo per la produzione di modelli predittivi secondo Zuboff – il cosiddetto «market project for total certainty»[21] - ciò produce una forma di disciplinamento finalizzato anche a determinare disparità sociale[22]. Ma anche PPP ritiene che “Il potere è un sistema di educazione che ci divide in soggiogati e soggiogatori”[23], e come tale, seppur esercitato attraverso forme persuasive che apparentemente ingenerano benessere, è pur sempre una modalità di dominio che crea dipendenza.
A questo punto il tema del non diritto diventa molto più di un leitmotiv letterario: esso è indice di una precisa scelta di sistema volta alla costruzione di un modello culturale, tanto alla self-regulation delle imprese tecnologiche in campo etico quanto alla conformità dei cosiddetti “capitalisti della sorveglianza” al rispetto di standard di protezione di diritti individuali soltanto formali. Come a dire che si può estrarre profitto dalla messa a punto di modelli predittivi comportamentali purché si rispetti la privacy dell’individuo. Ossimoro in termini evidentemente nei fatti ma non in diritto. Rispetto a tale immodificabilità è interessante cogliere il messaggio di PPP che mette in guardia nei confronti di un diritto preconfezionato come formula vuota, poiché i diritti individuali logicamente rappresentano nient’altro che l’antitesi immediata dei modelli capitalistici tecnologici estrattivi e predittivi. Nella loro forma mediata possono tuttavia coesistere con essi a date condizioni.
È innegabile che nella società digitale la rapidità e l’efficacia di alcune pratiche tecnologiche è grandemente più potente del diritto e anche l’Autore riconosceva pienamente la necessità per gli intellettuali di “fare [proprio] il rischio della scienza”[24]. Ciò non è chiaramente una buona ragione per rinunciare al diritto a patto che esso realizzi la propria funzione emancipativa nella modificazione di relazioni intersoggettive[25]. Di fronte a quei diritti che invece non irrompono in una situazione antitetica e di resistenza al potere, l’insofferenza estetica di PPP sprigiona una forza dirompente – talvolta irrequieta nei confronti dei tempi propri e maturi per la costruzione di una cultura giuridica - che si rifrange ancora oggi sul dibattito attuale dando impulso a riflessioni ulteriori in ordine alla parabola di un’epoca, quella della società dei consumi. Rispetto a essa il diritto può anche non costituire un ordine autosostitutivo e, nel caso, arretrare verso forme originarie e ideali: il “non diritto della giustizia”, per l’appunto.
[1] Ci si riferisce ai numerosi procedimenti a carico di Pasolini riguardanti la sua produzione artistica e la sua vita privata.
[2] P. P. Pasolini, Intervento al congresso del Partito Radicale, (Lettere luterane), in Saggi sulla politica e sulla società, a cura di W. Siti, Torino, Einaudi, 2012, p. 706.
[3] Ibidem, p. 710
[4] Ibidem, p. 710.
[5] P.P. Pasolini, «Siamo tutti in pericolo», (Altre interviste), in Saggi sulla politica e sulla società, cit., p. 1728.
[6] N. Luhmann, La differenziazione del diritto, Il Mulino, Bologna, 1990, p. 343.
[7] Ibidem, p. 319.
[8] Per una puntuale riflessione cfr F. Ciaramelli, Diritto e trasformazioni sociali, in L’Ircocervo. Rivista elettronica di metodologia giuridica, teoria generale del diritto e dottrina dello stato, 2010, https://lircocervo.it/pdf/2010_01/legislazione/2010_01_02.pdf.
[9] Mirabile in questo senso è l’analisi di Amy Kapczynski relativa ai volumi di Shoshana Zuboff, The age of surveillance capitalism e Julie Cohen, Between truth and power: the legal constructions of informational capitalism: "The law of informational capitalism», The Yale Law Journal, vol. 129/5, 2019-2020, p. 508: “legal ordering is being used not simply to help generate and sustain private power but to insulate it from democratic control”.
[10] P.P. Pasolini, «…e i contestatori» (Il sogno del centauro), in Saggi sulla politica e sulla società, cit., p. 1465.
[11] P.P. Pasolini, «Pannella e il dissenso», (Lettere luterane), in Saggi sulla politica e sulla società, cit., p. 604.
[12] P.P. Pasolini, «Intervento al congresso del Partito Radicale», (Lettere Luterane), in Saggi sulla politica e sulla società, cit., p. 711
[13] Ibidem, p. 715.
[14] P.P. Pasolini, «Quasi un testamento», (Dichiarazioni, inchieste, dibattiti), in Saggi sulla politica e sulla società, cit., p. 861.
[15] P.P. Pasolini, «Fascista», (Scritti corsari), in Saggi sulla politica e sulla società, cit., pp. 519 e 520.
[16] P.P. Pasolini, «Sviluppo e progresso», (Scritti corsari), in Saggi sulla politica e sulla società, cit., p. 456
[17] S. Zuboff, The age of surveillance capitalism. The fight for a human future at the new frontier of power, Public Affairs, New York, 2019, p. 74.
[18] Ibidem, p. 1, (mia traduzione).
[19] Ibidem, p. 212.
[20] Ibidem, p. 360.
[21] Ibidem, p. 379.
[22] Ibidem, pp. 93-97. Zuboff definisce il potere strumentale come indifferenza radicale: “Instrumentarianism’s radical indifference is operationalized in Big Other’s dehumanized methods of evaluation that produce equivalence without equality”, ibidem, p. 377.
[23] P.P. Pasolini, «Siamo tutti in pericolo», (Altre interviste), in Saggi sulla politica e sulla società, Einaudi, Torino, 2012, p. 1725.
[24] P.P. Pasolini, «Fare nostro il rischio della scienza», (Dichiarazioni, inchieste, dibattiti), in Saggi sulla politica e sulla società, Einaudi, Torino, 2012, p. 744.
[25] In tal senso anche A. Kapczynski, cit., p. 1504.
Scheda n. 18 - La giustizia riparativa (artt. 42-67, d.lgs. 150/2022)
OBIETTIVI
La riforma introduce una disciplina prima di oggi sconosciuta, volta a promuovere il riconoscimento della vittima del reato, la responsabilizzazione della persona indicata come autore dell’offesa e la ricostituzione dei legami con la comunità, tramite la risoluzione mediata delle questioni derivanti dal reato.
DISCIPLINA
Cos’è? (art. 42 lett. a) => È un programma cui si accede gratuitamente che consente alla persona indicata come autore dell’offesa (definizione ex art. 42 lett. c), alla vittima del reato (definizione ex art. 42 lett. b) e agli altri soggetti appartenenti alla comunità di partecipare in modo consensuale, attivo e volontario alla risoluzione delle questioni derivanti dal reato, con l’aiuto di un terzo imparziale adeguatamente formato denominato mediatore.
Qual è l’obiettivo del programma? (43 comma 2) => il raggiungimento di un esito riparativo: un accordo finalizzato alla riparazione dell’offesa e idoneo a rappresentare l’avvenuto riconoscimento reciproco (quindi, riconoscimento della vittima del reato e responsabilizzazione della persona indicata come autore del reato) e la possibilità di ricostruire la relazione tra i partecipanti. L’esito riparativo può essere simbolico (dichiarazioni di scuse formali, impegni comportamentali anche pubblici o rivolti alla comunità, accordi relativi alla frequentazione di persone o luoghi) o materiale (risarcimento del danno, restituzioni, adoperarsi per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato o evitare che sia portato a conseguenze ulteriori) (art. 56).
Chi cura il programma? (art. 42, lett. g) => Centro per la giustizia riparativa: una struttura pubblica istituita presso gli enti locali che si occupa della organizzazione, gestione, erogazione e svolgimento dei programmi di giustizia riparativa. All’interno di ciascun distretto di Corte d’Appello è istituita la Conferenza locale per la giustizia riparativa (cui partecipano i rappresentanti del Ministero della Giustizia, dei Comuni Province e Città metropolitane presenti nel distretto). La Conferenza, sentiti il Presidente della Corte d’Appello, il Procuratore generale presso la Corte d’Appello, il Presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati, sentiti anche i membri esperti della Conferenza nazionale per la giustizia riparativa, individua, mediante protocollo d’intesa, uno o più enti locali cui affidare l’istituzione e la gestione dei Centri per la giustizia riparativa. Entro 6 mesi dall’entrata in vigore del D. Lgs. 150/2022 la Conferenza locale provvede alla ricognizione dei servizi di giustizia riparativa erogata da soggetti pubblici o privati specializzati convenzionati con Ministero della giustizia (art. 92).
Per quali reati si può accedere al programma? (art. 44) => tutte le fattispecie, a prescindere dalla gravità.
Quando si può accedere al programma? (art. 44) => in ogni stato e grado del procedimento penale, anche prima della proposizione della querela e fino alla fase esecutiva della pena e della misura di sicurezza, dopo l’esecuzione delle stesse e all’esito di una sentenza di non luogo a procedere o di non doversi procedere, per difetto della condizione di procedibilità, anche ai sensi dell’art. 344 bis c.p.p. o per intervenuta causa estintiva del reato.
Come si accede al programma? (art. 129-bis c.p.p.) => In ogni stato e grado del procedimento, il Giudice può disporre l’invio dell’imputato e della vittima del reato al Centro per la giustizia riparativa di riferimento per l’avvio di un programma di giustizia riparativa con ordinanza (nel corso delle indagini preliminari provvede il pubblico ministero con decreto motivato):
- d’ufficio
- su richiesta dell’imputato (espressa personalmente o a mezzo di procuratore speciale)
- su richiesta della vittima (espressa personalmente o a mezzo di procuratore speciale)
in ogni caso prima dell’invio deve sentire le parti e i difensori. La vittima deve essere sentita solo se il Giudice lo ritiene necessario.
Il Giudice dispone il rinvio in presenza di due requisiti:
a) che lo svolgimento di un programma di giustizia riparativa possa essere utile alla risoluzione delle questioni derivanti dal fatto per cui si procede;
b) non comporti un pericolo concreto per gli interessati e per l’accertamento dei fatti.
Al termine dello svolgimento del programma: il giudice acquisisce la relazione trasmessa dal mediatore, che contiene la descrizione delle attività svolte e l’esito riparativo raggiunto. Il mediatore comunica all’autorità giudiziaria procedente la mancata effettuazione del programma, l’interruzione dello stesso o il mancato raggiungimento di un esito riparativo.
Nel caso di reato perseguibile a querela soggetta a remissione e in seguito all’emissione dell’avviso di cui al 415-bis c.p.p. il Giudice può disporre l’invio, in esito alla valutazione di cui sopra, su richiesta dell’imputato, sospendendo il procedimento per massimo 180 giorni.
Quali sono i poteri conoscitivi del Giudice nel corso dell’esecuzione del programma? (art. 55) => il mediatore, anche su richiesta dell’autorità giudiziaria procedente, invia comunicazioni sullo stato e sui tempi del programma.
Qual è il Giudice competente all’invio al Centro per la giustizia riparativa? (art. 45-ter) => a seguito dell’emissione del decreto di citazione diretta a giudizio i provvedimenti concernenti l’invio sono adottati dal G.I.P. finché il decreto, unitamente al fascicolo, non è trasmesso al Giudice, ai sensi dell’art. 553 c.p.p. Dopo la pronuncia della sentenza, è competente il giudice che ha emesso la sentenza, finché non vi è la trasmissione del fascicolo del dibattimento ai sensi dell’art. 590 c.p.p. Durante la pendenza del giudizio davanti alla Corte di Cassazione, è competente il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato.
Quale valutazione effettua il Giudice circa lo svolgimento e l’esito del programma? (art. 58) => solo in bonam partem per l’autore dell’offesa:
- se il programma non è stato svolto, è stato interrotto o non si è raggiunto l’esito riparativo: ciò non produce effetti sfavorevoli nei confronti della persona indicata come autore dell’offesa;
- se il programma è stato svolto e vi è stato un esito riparativo: il giudice lo valuta anche ai fini dell’art. 133 c.p. e, segnatamente:
1) come circostanza attenuante della pena ex art. 62, comma primo, n. 6 c.p.: l’avere, prima del giudizio, riparato interamente il danno, mediante il risarcimento di esso e, quando sia possibile, mediante le restituzioni o l’essersi, prima del giudizio e fuori del caso preveduto dall’ultimo capoverso dell’art. 56, adoperato spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato o l’avere partecipato a un programma di giustizia riparativa con la vittima del reato, concluso con un esito riparativo. Qualora l’esito riparativo comporti l’assunzione da parte dell’imputato di impegni comportamentali, la circostanza è valutata solo quando gli impegni sono stati rispettati;
2) ai fini della sospensione condizionale della pena ex art. 163, ult. comma c.p: qualora la pena inflitta non sia superiore ad un anno e sia stato riparato interamente il danno, prima che sia stata pronunciata la sentenza di primo grado, mediante il risarcimento di esso e, quando sia possibile, mediante le restituzioni, nonché qualora il colpevole, entro lo stesso termine e fuori del caso previsto nel quarto comma dell'articolo 56, si sia adoperato spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato da lui eliminabili, il giudice può ordinare che l'esecuzione della pena, determinata nel caso di pena pecuniaria ragguagliandola a norma dell'articolo 135, rimanga sospesa per il termine di un anno nonché qualora il colpevole, entro lo stesso termine, abbia partecipato a un programma di giustizia riparativa concluso con un esito riparativo;
3) come remissione tacita della querela ex art. 152 c.p. dopo il comma 2 è introdotto Vi è altresì remissione tacita: (…) 2) quando il querelante ha partecipato a un programma di giustizia riparativa concluso con un esito riparativo; nondimeno, quando l’esito riparativo comporta l’assunzione da parte dell’imputato di impegni comportamentali, la querela si intende rimessa solo quando gli impegni sono stati rispettati.
Quali sono i doveri informativi del Giudice (e del P.M.) durante il procedimento? (art. 47) => l’autorità giudiziaria in ogni stato e grado del procedimento nonché nella fase esecutiva della pena detentiva o della misura di sicurezza deve informare la vittima e l’autore del reato in merito alla facoltà di accedere ai servizi di giustizia riparativa e ai servizi disponibili. Deve essere un’informazione effettiva, completa e obiettiva.
DISCIPLINA TRANSITORIA
Il d.lgs. 150/2022 è entrato in vigore il 30/12/2022, come previsto dall’art. 99-bis del decreto medesimo, introdotto dall’art. 6, d.l. 162/2022.
Da ultimo, l’art. 5-novies, l. 199/2022, di conversione del d.l. 162/2022, ha introdotto all’art. 92, d.lgs. 150/2022 il co. 2-bis, il quale prevede che le disposizioni in materia di giustizia riparativa previste dal medesimo decreto legislativo (e, segnatamente, le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), lettera h), numero 2), e lettera l), all’articolo 5, comma 1, lettera e), numero 5), e lettera f), all’articolo 7, comma 1, lettera c), all’articolo 13, comma 1, lettera a), all’articolo 18, comma 1, lettera c), numero 2), all’articolo 19, comma 1, lettera a), numero 1), all’articolo 22, comma 1, lettera e), numero 3), lettera f) e lettera l), numero 2), all’articolo 23, comma 1, lettera a), numero 2), e lettera n), numero 1), all’articolo 25, comma 1, lettera d), all’articolo 28, comma 1, lettera b), numero 1), lettera c), all’articolo 29, comma 1, lettera a), numero 4), all’articolo 32, comma 1, lettera b), numero 1), lettera d), all’articolo 34, comma 1, lettera g), numero 3), all’articolo 38, comma 1, lettera a), numero 2), e lettera c), all’articolo 41, comma 1, lettera c), all’articolo 72, comma 1, lettera a), all’articolo 78, comma l, lettera a), lettera b) e lettera c), numero 2), all’articolo 83, comma 1, e all’articolo 84, comma 1, lettere a) e b)) si applichino nei procedimenti penali e nella fase dell’esecuzione della pena decorsi sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ovvero dal 30/6/2023.
Scheda n. 17 - Le impugnazioni
DISCIPLINA GENERALE DELLE IMPUGLIAZIONI: OBIETTIVI DELLA RIFORMA
Si modifica la disciplina generale delle impugnazioni, quanto alla forma e alla presentazione dell’impugnazione, nonché ai termini per proporla. Viene quindi perseguito il fine di innalzare il livello qualitativo dell’atto d’impugnazione e del relativo giudizio in chiave di efficienza, semplificando al contempo le forme in ottica acceleratoria.
Le modifiche proposte in tema di appello puntano ad implementarne l’efficienza attraverso una riduzione dell’appellabilità oggettiva delle sentenze e dei casi di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale. Viene pertanto esclusa l’appellabilità delle sentenze di proscioglimento e di non luogo a procedere relative a reati puniti con la sola pena pecuniaria o con pena alternativa, nonché delle sentenze di condanna qualora sia stata applicata la sola pena dell’ammenda o la nuova pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità. Viene parimenti esclusa la rinnovazione dell’istruzione finalizzata alla rivalutazione della prova dichiarativa nei casi di giudizio abbreviato in cui non vi sia stata integrazione probatoria.
In proposito si richiama l’art. 88-ter. introdotto dall’art. 5-septies D.L.162/2022 convertito nella L. 199/2022 ove ha emanato la disposizione transitoria con la quale si stabilisce che la nuova disciplina si applica alle sole sentenze di non luogo a procedere emesse dopo il 30 dicembre 2022.
La disposizione transitoria introdotta dall’art. 94 comma 2, modificato dall’art. 5 duodecies D.L. n. 162/2022, conv. nella L. n. 199/2022, prevede che per le impugnazioni proposte entro il 30 giugno 2023 continuino ad applicarsi le disposizioni emergenziali di cui all’art. 23 comma 8 primo, secondo, terzo, quarto e quinto periodo e comma 9, nonché all’art. 23 bis commi 1, 2, 3, 4 e 7 del D.L. n. 137/2020, conv. nella L. n. 176/ 2020, precisando, inoltre, che se avverso il medesimo provvedimento risultano proposte ulteriori impugnazioni in data successiva al 30 giugno 2023 si dovrà fare riferimento all’atto di impugnazione proposto per primo quanto ad applicabilità della normativa.
Un’ulteriore disposizione transitoria, introdotta in materia di pene sostitutive delle pene detentive brevi dall’art. 95 comma 1 D.L.vo n. 150/2022, stabilisce che le norme previste dal Capo III della L. n. 689/1981, qualora più favorevoli, si applicano ai processi penali pendenti in primo grado e anche in grado di appello alla data del 30.12.2022
EFFETTI DELLA DICHIARAZIONE DI IMPROCEDIBILITÀ DELL’AZIONE PENALE AI SENSI DELL’ARTICOLO 344-BIS C.P.P.
ARTICOLO RIFORMATO |
Art. 573 c.p.p. - Impugnazione per i soli interessi civili 1. L'impugnazione per gli interessi civili è proposta, trattata e decisa con le forme ordinarie del processo penale. 1-bis. Quando la sentenza è impugnata per i soli interessi civili, il giudice d’appello e la Corte di cassazione, se l’impugnazione non è inammissibile, rinviano per la prosecuzione, rispettivamente, al giudice o alla sezione civile competente, che decide sulle questioni civili utilizzando le prove acquisite nel processo penale e quelle eventualmente acquisite nel giudizio civile. 2. L'impugnazione per i soli interessi civili non sospende l'esecuzione delle disposizioni penali del provvedimento impugnato. |
ARTICOLO RIFORMATO |
Art. 578 c.p.p. - Decisione sugli effetti civili nel caso di estinzione del reato per amnistia o per prescrizione e nel caso di improcedibilità per superamento dei termini di durata massima del giudizio di impugnazione 1. Quando nei confronti dell'imputato è stata pronunciata condanna, anche generica, alle restituzioni o al risarcimento dei danni cagionati dal reato, a favore della parte civile, il giudice di appello e la corte di cassazione, nel dichiarare il reato estinto per amnistia o per prescrizione, decidono sull'impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che con- cernono gli interessi civili. 1-bis. Quando nei confronti dell'imputato è stata pronunciata condanna, anche generica, alle restituzioni o al risarcimento dei danni cagionati dal reato, a favore della parte civile, e in ogni caso di impugnazione della sentenza anche per gli interessi civili, il giudice di appello e la corte di cassazione, se l’impugnazione non è inammissibile, nel dichiarare improcedibile l'azione penale per il superamento dei termini di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 344-bis, rinviano per la prosecuzione al giudice o alla sezione civile competente nello stesso grado, che decidono sulle questioni civili utilizzando le prove acquisite nel processo penale e quelle eventualmente acquisite nel giudizio civile. 1-ter. Nei casi di cui al comma 1-bis, gli effetti del sequestro conservativo disposto a garanzia delle obbligazioni civili derivanti dal reato permangono fino a che la sentenza che decide sulle questioni civili non è più soggetta a impugnazione. |
ARTICOLO DI NUOVA INTRODUZIONE |
Art. 578-ter. Decisione sulla confisca e provvedimenti sui beni in sequestro nel caso di improcedibilità per superamento dei termini di durata massima del giudizio di impugnazione. 1. Il giudice di appello o la Corte di cassazione, nel dichiarare l’azione penale improcedibile ai sensi dell’articolo 344-bis, dispongono la confisca nei casi in cui la legge la prevede obbligatoriamente anche quando non è stata pronunciata condanna. 2. Fuori dai casi di cui al comma 1, se vi sono beni in sequestro di cui è stata disposta confisca, il giudice di appello o la Corte di cassazione, nel dichiarare l’azione penale improcedibile ai sensi dell’articolo 344-bis, dispongono con ordinanza la trasmissione degli atti al procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto o al procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo competenti a proporre le misure patrimoniali di cui al titolo II del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159. 3. Il sequestro disposto nel procedimento penale cessa di avere effetto se, entro novanta giorni dalla ordinanza di cui al comma 2, non è disposto il sequestro ai sensi dell’articolo 20 o 22 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159. |
Le nuove disposizioni disciplinano i rapporti dell’improcedibilità dell’azione penale per superamento dei termini di durata massima del giudizio di impugnazione con l’azione civile esercitata nel processo penale e la confisca disposta con la sentenza impugnata.
1) condanna alle restituzioni o al risarcimento a favore della parte civile
- il giudice dell’impugnazione rinvia per la prosecuzione al giudice o alla sezione civile competente nello stesso grado (utilizzabili le prove acquisite nel processo penale) (art. 578 co. 1 bis c.p.p.) e il sequestro conservativo mantiene i propri effetti (art. 578 co. 1 ter c.p.p.).
2) confisca (art. 578-ter)
- anche se l’azione penale è dichiarata improcedibile, è disposta comunque la confisca obbligatoria;
- se vi sono beni in sequestro di cui è stata disposta confisca, il giudice di appello o la Corte di cassazione, dispongono con ordinanza la trasmissione degli atti al procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto o al procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo competenti a proporre le misure patrimoniali di cui al titolo II del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (il sequestro cessa di avere effetto se, entro novanta giorni dalla ordinanza non è disposto il sequestro ai sensi dell’articolo 20 o 22 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159).
Quando la sentenza è impugnata per i soli interessi civili (art. 573 co. 1-bis c.p.p.) il giudice dell’impugnazione se l’impugnazione non è inammissibile rinvia per la prosecuzione al giudice o alla sezione civile competente nello stesso grado. Sono utilizzabili le prove acquisite nel processo penale) (art. 578 co. 1-bis c.p.p.) e il sequestro conservativo mantiene i propri effetti (art. 578 co. 1-ter c.p.p.).
FORMA, MODALITÀ E TERMINI DI PRESENTAZIONE DELL’IMPUGNAZIONE
ARTICOLO RIFORMATO |
Art. 581 c.p.p. - Forma dell'impugnazione 1. L'impugnazione si propone con atto scritto nel quale sono indicati il provvedimento impugnato, la data del medesimo e il giudice che lo ha emesso, con l'enunciazione specifica, a pena di inammissibilità: a) dei capi o dei punti della decisione ai quali si riferisce l'impugnazione; b) delle prove delle quali si deduce l'inesistenza, l'omessa assunzione o l'omessa o erronea valutazione; c) delle richieste, anche istruttorie; d) dei motivi, con l'indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. 1-bis. L’appello è inammissibile per mancanza di specificità dei motivi quando, per ogni richiesta, non sono enunciati in forma puntuale ed esplicita i rilievi critici in relazione alle ragioni di fatto o di diritto espresse nel provvedimento impugnato, con riferimento ai capi e punti della decisione ai quali si riferisce l’impugnazione. 1-ter. Con l’atto d’impugnazione delle parti private e dei difensori è depositata, a pena d’inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio. 1-quater. Nel caso di imputato rispetto al quale si è proceduto in assenza, con l’atto d’impugnazione del difensore è depositato, a pena d’inammissibilità, specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o l’elezione |
ARTICOLO RIFORMATO |
Art. 582 c.p.p. - Presentazione dell'impugnazione 1. Salvo che la legge disponga altrimenti, l'atto di impugnazione è presentato mediante deposito con le modalità previste dall’articolo 111-bis nella cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato. 1-bis. Le parti private possono presentare l’atto con le modalità di cui al comma 1 oppure personalmente, anche a mezzo di incaricato, nella cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato. In tal caso, il pubblico ufficiale addetto vi appone l’indicazione del giorno in cui riceve l’atto e della persona che lo presenta, lo sottoscrive, lo unisce agli atti del procedimento e rilascia, se richiesto, attestazione della ricezione. 2. Abrogato. |
Nuova disciplina
- l’appello è inammissibile per mancanza di specificità dei motivi quando, per ogni richiesta, non sono enunciati in forma puntuale ed esplicita i rilievi critici in relazione alle ragioni di fatto o di diritto espresse nel provvedimento impugnato, con riferimento ai capi e punti della decisione ai quali si riferisce l’impugnazione (art. 581 co. 1 c.p.p.);
- con l’atto d’impugnazione delle parti private e dei difensori è depositata, a pena d’inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio (art. 581 co. 1 ter c.p.p.);
- per l’imputato giudicato in assenza, con l’atto di impugnazione del difensore è depositato, a pena di inammissibilità, la dichiarazione/elezione di domicilio dell’imputato ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio (art. 581 co. 1 quater c.p.p.);
- deposito telematico (ai sensi dell’art. 111 bis cpp) obbligatorio per i difensori; le parti private possono presentarlo in forma analogica personalmente, anche a mezzo di incaricato, nella cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato (art. 582 c.p.p.); conseguentemente vengono abrogati l’art. 582 comma 2 e l’art. 583 (questo comporta anche la modifica degli artt. 589, 591 e 595).
- i termini di impugnazione sono aumentati di quindici giorni per l’impugnazione del difensore dell’imputato giudicato in assenza (art. 585 c.p.p.);
- sentenze inappellabili:
- le sentenze di condanna per le quali è stata applicata la sola pena dell'ammenda o la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità (art. 593 co. 3 c.p.p.);
- le sentenze di proscioglimento relative a reati puniti con la sola pena pecuniaria o con pena alternativa (art. 593 co. 3 c.p.p.);
- le sentenze di non luogo a procedere relative a reati puniti con la sola pena dell'ammenda pecuniaria o con pena alternativa (art. 428 co. 3 quater – udienza preliminare - e 554 quater co 6 c.p.p. - udienza predibattimentale);
- rinnovazione dell’istruzione dibattimentale limitata ai soli casi di prove dichiarative assunte in udienza nel corso del giudizio di primo grado (dibattimento o abbreviato con integrazione probatoria – art. 603 comma 3 bis c.p.p.);
- rinnovazione dell’istruzione dibattimentale ex art. 303 comma 3 ter anche quando l’imputato ne fa richiesta ai sensi dell’articolo 604, commi 5-ter e 5-quater (rimessione in termini per assoluta impossibilità di comparire e mancata effettiva, incolpevole conoscenza del processo). Tuttavia, quando nel giudizio di primo grado si è proceduto in assenza dell’imputato ai sensi dell’articolo 420-bis, comma 3 (imputato latitante o volontariamente sottrattosi alla conoscenza del processo), la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale è disposta ai sensi dell’articolo 190-bis (fatti/circostanze diversi o comunque necessario per specifiche esigenze).
TRATTAZIONE DEL GIUDIZIO DI APPELLO: OBIETTIVI DELLA RIFORMA
Si introducono disposizioni che incidono sulle forme di trattazione del giudizio di appello e sul concordato sui motivi di appello: vengono apportate modifiche finalizzate al risparmio di risorse giudiziarie e all’abbattimento dei tempi del processo, incentivando sia la celebrazione dell’appello in camera di consiglio con contraddittorio esclusivamente scritto, che la definizione del giudizio di secondo grado con il concordato.
Vengono inseriti i nuovi artt. 598 bis e 598 ter, che introducono il nuovo istituto della “decisione in camera di consiglio senza la partecipazione delle parti”. Si rinvia al testo dei due articoli per la disciplina, molto articolata, dell’udienza.
UDIENZA IN CAMERA DI CONSIGLIO SENZA LA PARTECIPAZIONE DELLE PARTI (ART. 598 BIS)
La camera di consiglio senza la partecipazione delle parti rappresenta il rito ordinario. Il comma 1 la introduce come trattazione ordinaria, cioè quella prevista salvo che sia diversamente stabilito e salva l’istanza di partecipazione dell’appellante o dell’imputato o del suo difensore.
Fino a quindici giorni prima dell’udienza, il procuratore generale presenta le sue richieste e tutte le parti possono presentare motivi nuovi, memorie e, fino a cinque giorni prima, memorie di replica.
Il provvedimento emesso in seguito alla camera di consiglio è immediatamente depositato in cancelleria ed equivale alla lettura.
Il deposito della sentenza equivale alla lettura in udienza ai fini di cui all’articolo 545.
UDIENZA IN CAMERA DI CONSIGLIO CON PARTECIPAZIONE DELLE PARTI (ART. 598 BIS)
È possibile però ottenere la trasformazione del rito dell’udienza prevedendo la presenza delle parti. Questo in due ipotesi: che la partecipazione sia richiesta dalle parti o che sia disposta d’ufficio dalla Corte d'appello.
- Ai sensi del comma 2, l’appellante e, in ogni caso, l’imputato o il suo difensore possono chiedere di partecipare all’udienza. La richiesta è irrevocabile ed è presentata, a pena di decadenza, nel termine di quindici giorni dalla notifica del decreto di citazione o dell’avviso della data fissata per il giudizio di appello. La parte privata può presentare la richiesta esclusivamente a mezzo del difensore;
- Ai sensi del comma 3, la corte può disporre d’ufficio di procedere con la partecipazione delle parti, per la rilevanza delle questioni sottoposte al suo esame.
- Ai sensi del comma 4, in ogni caso, la partecipazione è prevista quando la Corte ritiene necessario procedere alla rinnovazione dell'istruzione dibattimentale a norma dell'articolo 603, comma 5.
In tutti questi casi la Corte indica le forme della camera di consiglio o dell’udienza pubblica e dispone le comunicazioni alle parti.
Ai sensi del nuovo art. 599, se l’udienza si svolge con la partecipazione delle parti le forme sono quelle previste dall’articolo 127, nei casi previsti dalla legge, quando l’appello ha ad oggetto sentenza pronunciata in abbreviato o quando ha esclusivamente per oggetto la specie o la misura della pena, giudizio di comparazione fra circostanze, applicabilità circostanze generiche, sanzioni sostitutive, sospensione della pena o non menzione.
Al di fuori di tali casi, si procede con udienza pubblica (art. 602 c.p.p.). È completamente rinnovata la procedura in caso si sia proceduto in assenza dell’imputato (art. 604 commi 5bis, 5 ter, 5quater cui si rinvia).
CONCORDATO ANCHE CON RINUNCIA AI MOTIVI DI APPELLO (ART. 599-BIS C.P.P.)
Prima della camera di consiglio della Corte d'appello, le parti possono dichiarare di concordare sull'accoglimento, in tutto o in parte, dei motivi di appello, con rinuncia agli altri eventuali motivi.
La dichiarazione e la rinuncia sono presentate nel termine, previsto a pena di decadenza, di quindici giorni prima dell’udienza.
Si rinvia all’art. 599-bis, in particolare ai co. 3 e 3-bis inserititi dalla riforma, per la modalità di procedere.
Si rinvia al nuovo art. 601 c.p.p. per gli atti preliminari al giudizio, con gli opportuni adattamenti a seconda che l’udienza si svolga con o senza la partecipazione delle parti.
PROCEDIMENTO IN CASSAZIONE: OBIETTIVI DELLA RIFORMA
Le modifiche all’art. 611 c.p.p. perseguono gli obiettivi del risparmio di risorse giudiziarie e dell’abbattimento dei tempi del processo, incentivando la celebrazione del giudizio davanti alla Corte di cassazione in camera di consiglio con contraddittorio “cartolare”, in linea con l’analogo intervento apportato nella disciplina del giudizio di appello.
La disciplina del rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione, per la decisione sulla questione di competenza territoriale, è costruita sul modello della proposizione e della risoluzione dei conflitti di giurisdizione e competenza (artt. 30-32 c.p.p.), con i necessari adattamenti, propri della disciplina della incompetenza per territorio, in tema di termini per la proposizione della relativa eccezione e di provvedimenti conseguenti alla dichiarazione di incompetenza.
Sempre l’obiettivo dell’abbattimento dei tempi del processo ha portato ad introdurre il rinvio pregiudiziale per la decisione sulla competenza per territorio.
Con riferimento alla nuova disciplina delle pene sostitutive delle pene detentive brevi, in forza della disposizione transitoria di cui all’art. 95 comma 1 D.L.vo n. 150/2022, viene stabilito che il condannato a pena detentiva non superiore a quattro anni, all’esito di un processo pendente innanzi alla Corte di Cassazione alla data del 30 dicembre 2022, possa presentare al Giudice dell’esecuzione istanza di applicazione di una delle pene sostitutive previste dal capo III della L. n. 689/1981 entro trenta giorni dall’irrevocabilità della sentenza.
RITO CAMERALE “NON PARTECIPATO” IN CASSAZIONE
La trattazione dei ricorsi davanti alla Corte di cassazione avviene con contraddittorio scritto senza l’intervento dei difensori, salva la richiesta delle parti di discussione orale in pubblica udienza o in camera di consiglio partecipata (si rinvia all’art. 611 c.p.p.)
La Corte di cassazione, per la rilevanza delle questioni sottoposte al suo esame, può disporre, anche in assenza di una richiesta di parte, la trattazione con discussione orale in pubblica udienza o in camera di consiglio partecipata (art. 611 co. 1 quater e 1 quinquies).
Ove la Corte di cassazione intenda dare al fatto una definizione giuridica diversa, instaura preventivamente il contraddittorio nelle forme previste per la celebrazione dell’udienza (art. 611 co. 2 sexies).
È prevista dall’art. 623 comma 1 b-bis) una nuova disciplina se è annullata una sentenza di condanna nei casi previsti dall’art. 604 comma 5 bis.
RINVIO PREGIUDIZIALE ALLA CORTE DI CASSAZIONE PER LA DECISIONE SULLA COMPETENZA PER TERRITORIO (ART. 24 BIS C.P.P.)
Il nuovo istituto è dettagliatamente disciplinato dall’art. 24 bis c.p.p. di nuova introduzione. I termini per la rimessione alla Corte di cassazione sono:
- prima della conclusione dell’udienza preliminare;
- o, se questa manchi, entro il termine previsto dall’articolo 491, comma 1 (questioni preliminari);
- entro il medesimo termine la parte può riproporre l’eccezione e la richiesta di rinvio pregiudiziale proposta (e non accolta) in sede di udienza preliminare.
Si evidenzia che la parte che ha eccepito l’incompetenza per territorio, senza chiedere contestualmente la rimessione della decisione alla Corte di cassazione, non può più riproporre l’eccezione nel corso del procedimento (art. 24 bis co. 6).
Il rinvio pregiudiziale può essere disposto anche di ufficio dal giudice.
Il giudice pronuncia ordinanza con la quale rimette alla Corte di cassazione gli atti necessari alla risoluzione della questione, con l’indicazione delle parti e dei difensori.
La Corte di cassazione decide in camera di consiglio secondo le forme previste dall’articolo 127 e, se dichiara l’incompetenza del giudice che procede, ordina la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice competente.
L’estratto della sentenza è immediatamente comunicato al giudice che ha rimesso la questione e, quando diverso, al giudice competente, nonché al pubblico ministero presso i medesimi giudici ed è notificato alle parti private.
Il termine previsto dall’articolo 27 c.p.p. decorre dalla comunicazione di cui sopra.
ESECUZIONE DELLE DECISIONI DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO
L’indicazione contenuta nel criterio di delega di cui all’art. 1, comma 13, lett. o) va nel senso di superare l’assetto binario – da un lato, revisione europea e, dall’altro, incidente di esecuzione – fissato dalla Corte costituzionale e dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite, a favore di un unico rimedio di nuovo conio, che affidi sempre alla Corte di cassazione la valutazione del dictum europeo, con un vaglio preliminare sul vizio accertato dalla Corte di Strasburgo.
Viene introdotto un TITOLO III-BIS - RIMEDI PER L'ESECUZIONE DELLE DECISIONI DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO
Il titolo III bis è composto dal solo articolo 628 BIS, al quale si rinvia per l’articolata procedura, che può essere così sintetizzata.
Soggetto legittimato: il condannato e la persona sottoposta a misura di sicurezza che ha proposto ricorso per l’accertamento di una violazione dei diritti riconosciuti dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali o dai Protocolli addizionali alla Convenzione.
Presupposto: la Corte europea ha accolto il ricorso con decisione definitiva, oppure ha disposto la cancellazione dal ruolo del ricorso ai sensi dell’articolo 37 della Convenzione a seguito del riconoscimento unilaterale della violazione da parte dello Stato.
Oggetto domanda: revocare la sentenza penale o il decreto penale di condanna pronunciati nei loro confronti, disporre la riapertura del procedimento o, comunque, di adottare i provvedimenti necessari per eliminare gli effetti pregiudizievoli derivanti dalla violazione accertata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.
La Corte accoglie la richiesta quando la violazione accertata dalla Corte europea, per natura e gravità, ha avuto una incidenza effettiva sulla sentenza o sul decreto penale di condanna pronunciati nei confronti del richiedente.
In caso di accoglimento la Corte assume i provvedimenti necessari a rimuovere gli effetti pregiudizievoli derivanti dalla violazione, anche disponendo la revoca della sentenza o del decreto penale di condanna.
Altrimenti trasmette gli atti al giudice dell’esecuzione o dispone la riapertura del processo nel grado e nella fase in cui si procedeva al momento in cui si è verificata la violazione e stabilisce se e in quale parte conservano efficacia gli atti compiuti nel processo in precedenza svoltosi.
Alla luce dell’art. 91 comma 1 D.L.vo n. 150/2022, quando, in data anteriore al 30.12.2022, è divenuta esecutiva la decisione della Corte Europea ovvero la stessa ha disposto la cancellazione dal ruolo del ricorso, il termine ex art. 628 bis comma 2 c.p.p. decorre dal 31.12.2022.
Alla luce del comma 2 della stessa disposizione per i reati commessi prima dell’1.01.2020 la prescrizione riprendere il suo corso se la Corte di Cassazione dispone la riapertura del processo.
RESCISSIONE DEL GIUDICATO (ART. 629-BIS)
Presupposto: che non vi siano le condizioni per attivare il rimedio per l'esecuzione delle decisioni della Corte europea dei diritti dell'uomo – art. 628 bis c.p.p.
Soggetto legittimato: il condannato o la persona sottoposta a misura di sicurezza con sentenza passata in giudicato nei cui confronti si sia proceduto in assenza può ottenere la rescissione del giudicato qualora provi che sia stato dichiarato assente in mancanza dei presupposti previsti dall’articolo 420-bis, e che non abbia potuto proporre impugnazione della sentenza nei termini senza sua colpa, salvo risulti che abbia avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo prima della pronuncia della sentenza.
Giudice competente: Corte di appello nel cui distretto ha sede il giudice che ha emesso il provvedimento. La domanda deve essere presentata, a pena di inammissibilità, personalmente dall’interessato o da un difensore munito di procura speciale entro trenta giorni dal momento dell’avvenuta conoscenza della sentenza. La corte di appello provvede ai sensi dell’articolo 127 c.p.p. e se accoglie la richiesta, revoca la sentenza e dispone la trasmissione degli atti al giudice della fase o del grado in cui si è verificata la nullità.
Si applicano gli articoli 635 c.p.p. (sospensione esecuzione pena o misura di sicurezza) e 640 c.p.p. (ricorribilità in cassazione) in tema di revisione.
Riflessioni sulla riforma del processo tributario in Cassazione. La nuova Sezione Tributaria della Cassazione, la pace fiscale ed il rinvio pregiudiziale
di Rosita d’Angiolella
Sommario: 1. Il PNRR sfida la Suprema Corte di Cassazione: “(R)ipresa” o “(R)esilienza”? – 2. Misure organizzative per la definizione del contenzioso tributario pendente presso la Corte di cassazione. – 3. Rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione – 4. La definizione agevolata delle controversie pendenti in Cassazione.
1. Il PNRR sfida la Suprema Corte di Cassazione: “(R)ipresa” o “(R)esilienza”?
Il traguardo (Milestone M1C1-35) posto con il Piano Nazionale di Resistenza e Resilienza (PNRR) di rendere più efficace l’applicazione della legislazione tributaria italiana e di ridurre l’elevato numero di ricorsi alla Corte di Cassazione[1], è stato raggiunto con la legge 31 agosto 2022 n. 130, attuandosi, così, una delle principali misure di programmazione economico-sociale con le quali la Commissione Europea è intervenuta nei confronti dell’Italia, Paese “resiliente”.
Ed infatti, al di là dello scarso gradimento, in contesto giuridico, dell’uso del termine “resilienza”, è innegabile che tale sostantivo abbia innescato un’inusitata fortuna, in considerazione dell’attenzione riservata dalla Commissione Europea all’Italia, avviandone un’importante stagione di riforma in tutti i settori della giustizia, civile (l. 26 novembre 2021 n. 206), penale (l. 27 settembre 2021 n. 134) e tributaria (l. 9 agosto 2022 n. 130).
In tale contesto, gli spunti di riflessione che seguono - limitati al nuovo impianto organizzativo della sezione della Corte di cassazione deputata agli affari tributari ed ai nuovi istituti della “pace fiscale” e del rinvio pregiudiziale - non possono che muoversi, anche in base ai criteri interpretativi positivizzati nel nostro ordinamento dall’art. 12 preleggi, da un approccio ermeneutico funzionalmente “resiliente” considerato che l’intenzione del legislatore è ispirata alla “milestone M1C1-35” ed ai traguardi con essa posti. Il tentativo, cioè, è quello di proporre un’interpretazione che non indulga in esasperati formalismi, ma che agisca « “in maniera costruttiva, non sterile”, senza arroccarsi nella difesa dello status quo, tenendo conto che “se la qualità delle proposte è essenziale, la loro percezione non è di secondaria importanza, ma può essere determinante nel successo delle riforme”».[2]
Tale approccio ermeneutico appare necessitato dal fatto che il PNRR ha imputato ai ritardi eccessivi della giustizia italiana il principale fattore di decrescita economica del nostro Paese[3], condizionando alla messa in campo di strumenti di “riduzione dei tempi del giudizio” l’accesso ai benefici degli strumenti del Next generation EU e, quindi, l’accesso alle risorse del Recovery Found.
In tale stregua, i lavori preparatori alla legislazione di riforma hanno ben avuto chiaro che l’intervento che andava a farsi non potesse limitarsi alle sole misure di carattere processuale, ma dovesse aggredire “nodi organizzativi irrisolti”, muovendosi, contestualmente, “su tre direttrici tra loro inscindibili e complementari”, incidenti, cioè, “sul piano organizzativo, nella dimensione extra processuale e nella dimensione endoprocessuale”.[4]
La consapevolezza che, per attuare una compiuta riforma della giustizia tributaria, occorresse abbandonare l’approccio fondato esclusivamente sul rito del processo per puntare, invece, sulla dimensione strettamente organizzativa degli uffici giudiziari[5], ha portato all’adozione di misure certamente innovative che investono l’assetto ordinamentale della magistratura tributaria e, contestualmente, il sistema processuale tributario.
Ed invero, ad uno sguardo complessivo della legge n. 130 del 2022, è evidente come, a differenza delle parallele riforme del processo penale e di quello civile, la materia tributaria è stata la protagonista principale dell’attuazione degli obiettivi individuati dal PNRR per la riforma della giustizia, introducendosi novità sia sul piano strettamente organizzativo (reclutamento dei nuovi giudici tributari, elezioni componenti CPTG, nuovo assetto organizzativo della sezione tributaria della Corte di Cassazione), sia sul piano endoprocedimentale (per quel che qui interessa, rinvio pregiudiziale e pace fiscale), sia su quello extra processuale, di cui la pace fiscale e la disciplina di dettaglio delle misure organizzative ne rappresentano l’emblema.
È che, dunque, di “pietra miliare” (milestone) si sia trattato, non pare revocabile in dubbio, non foss’altro perché, con tale riforma, si sono affrontate importanti questioni, giuridiche e di prassi organizzative, di cui da tempo si reclamava una definizione.
La sfida più interessante agli occhi di chi scrive, riguarda le disposizioni che attengono alla Corte di Cassazione, frutto di un inusitato incontro tra le empiriche logiche economiche del PNRR e la sacralità delle regole del giudizio di legittimità, che pone la domanda del se, con esse, si sia intrapresa la strada della “Ripresa” o si sia soltanto enfatizzata la “Resilienza”, virtù quest’ultima da tempo funzionale all’attività giudiziaria della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione, ove, come è noto, pendono la gran parte delle cause del settore civile della Corte di legittimità.[6]
Le seguenti brevi riflessioni attengono alle novità contenute nell’art. 3 (Misure per la definizione del contenzioso tributario pendente presso la Corte di cassazione) e nell’art. 5 (Definizione agevolata dei giudizi tributari pendenti innanzi alla Corte di cassazione) della legge del 9 agosto 2022 n. 130 (entrata in vigore il 16 settembre 2022), nonché nell’art. 363 bis cod. proc. civ., come introdotto dal legislatore delegato alla riforma del rito civile (d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 149, entrato in vigore il 18 ottobre 2022).
2. Misure organizzative per la definizione del contenzioso tributario pendente presso la Corte di cassazione.
L’art. 3 della legge n. 130 del 2022 - rubricato: “Misure per la definizione del contenzioso tributario pendente presso la Corte di cassazione” - così dispone:
«Presso la Corte di cassazione è istituita una sezione civile incaricata esclusivamente della trattazione delle controversie in materia tributaria. 2. Il primo presidente adotta provvedimenti organizzativi adeguati al fine di stabilizzare gli orientamenti di legittimità e di agevolare la rapida definizione dei procedimenti pendenti presso la Corte di cassazione in materia tributaria, favorendo l'acquisizione di una specifica competenza da parte dei magistrati assegnati alla sezione civile di cui al comma 1.».
Del perché l’esercizio della funzione nomofilattica in materia fiscale sia stato inserito nel perimetro di attuazione della principale misura di programmazione economica sociale progettata dal Governo italiano, di concerto con l’Unione Europea, si è detto, se pur brevemente, in premessa.[7]
Come evidenziato, la leva per muovere una previsione di tal genere - che arriva a rimarcare i normali poteri di indirizzo organizzativo del Primo Presidente - è mossa dai dati statistici riguardanti il numero di ricorsi pendenti presso la sezione tributaria e dall’enorme valore economico delle controversie che da sole fanno, in realtà, la cifra economica della giustizia di legittimità.[8]
Quale consigliere di Cassazione della sezione deputata alla trattazione delle controversie tributarie (neonominata “Sezione Tributaria”), si comprende la preoccupazione di quanti hanno ritenuto che le disposizioni di cui all’art. 3 l. cit. abbiano un valore di “bandiera”, e non sostanziale, considerato, che la Sezione Tributaria e la cifra che esprime in termini di contenzioso, già esistono da tempo, così come i poteri organizzativi della massima autorità della Suprema Corte, pleonasticamente rimarcati dalla specifica disposizione normativa.[9].
Tuttavia, se, in base all’approccio resiliente di cui si è detto innanzi, il successo delle riforme è dato oltre che dalla qualità delle proposte anche dalla loro percezione,[10] non può negarsi che assume una certa significatività l’istituzione ex lege– come già fatto negli anni 70 per la Sezione Lavoro della Corte – della Sezione Tributaria, al fine di caratterizzare le sue competenze specialistiche e di differenziarla dagli altri settori del diritto civile, trattati in seno alla Corte di Cassazione.
Significativamente percettiva è, altresì, la disposizione in parola nella parte in cui ha rimarcato i poteri di indirizzo organizzativo del Primo Presidente, indicandoli come specificamente diretti alla Sezione Tributaria, al fine di a) “stabilizzare” gli orientamenti di legittimità in materia tributaria, b) porre in essere tutte le misure idonee ad agevolare la rapida definizione dei procedimenti pendenti presso la Corte di cassazione, c) di favorire l'acquisizione di una specifica competenza in materia tributaria da parte dei magistrati assegnati alla sezione tributaria.
Sebbene il potere organizzativo del Primo Presidente sia stato, nel corso degli anni, costantemente esercitato nei confronti della sezione civile deputata agli affari tributari della Corte di legittimità, con la riforma, tale potere è percepito con una specificità propria in quanto il Primo Presidente è tenuto all’adozione di misure specifiche e dirette a snellire la definizione dei procedimenti tributari pendenti in Corte di Cassazione.
Nei fatti, ciò ha coinciso, tra l’altro, con l’adozione del decreto di assegnazione dei nuovi consiglieri (n. 131 del 9/11/22) che, a memoria di chi scrive, ha tenuto conto per la prima volta, nei criteri di assegnazione, della specifica competenza dei consiglieri di assegnare alla Sezione Tributaria (svolgimento delle funzioni di giudice delle Corti di Giustizia tributaria di primo e di secondo grado). L’assegnazione stabile di magistrati specializzati in materia tributaria rappresenta senz’altro un caposaldo della riforma, ponendosi fine a misure “precarie” e non dirimenti che hanno visto l’assegnazione, di ufficio, dei giudici del Massimario – nonché di magistrati in pensione.[11]
Il momento attuativo di tale riforma non è di poco momento, considerato che la nuova organizzazione della Sezione tributaria, si innesta con la riforma del processo civile, per la quale il Primo Presidente ha messo in campo una serie di provvedimenti per dar modo da tutte le sezioni civili della Corte di attuare la riforma in maniera effettiva e coordinata. Proprio alle porte di quest’autunno, infatti, il processo riformatore avviato con la legge delega per la riforma del processo civile (l. 26 novembre 2021 n. 206), si è completato con la pubblicazione del decreto delegato del 10 ottobre 2022 n. 149, pubblicato in pari data al decreto delegato n. 151 per l’Ufficio del processo[12].
Con la riforma del processo civile, l’intervento del Governo, come esposto nella relazione tecnica[13] allo schema di decreto legislativo, è stato diretto, tra l’altro, a razionalizzare i procedimenti dinanzi alla Suprema Corte, riducendone i tempi di durata e modellando i riti sia camerali che in pubblica udienza con misure di semplificazione, snellimento ed accelerazione degli adempimenti.
In particolare, per quanto concerne il giudizio di cassazione, la delega prevede:
a) la riforma del c.d. filtro in Cassazione, con la previsione di un procedimento accelerato per la definizione dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati. In particolare, se il giudice (giudice filtro, in luogo della sezione filtro) ravvisa uno dei possibili suddetti esiti, lo comunica alle parti lasciando loro la possibilità di optare per la richiesta di una camera di consiglio ovvero per la rinuncia al ricorso. Quest'ultima possibilità è incentivata escludendo, per il soccombente, il pagamento del contributo unificato altrimenti dovuto a titolo sanzionatorio.
b) al fine di dare attuazione ai criteri e principi di delega previsti dai commi 9 e 10 dell'articolo unico della l. n. 206 del 2021, l’art. 3, commi 27, 28, e 29, d.lgs. n. 206 del 2022 (i) unifica i riti camerali attraverso la soppressione della sezione di cui all'art. 376 cod. proc. civ., concentrando la relativa competenza dinanzi alle sezioni semplici con il mantenimento della disciplina di cui all’art. 380 bis cod. proc. civ, con deposito immediato in cancelleria dell'ordinanza succintamente motivata; (ii) prevede, rispetto all'ordinaria sede camerale, un procedimento accelerato per la dichiarazione di inammissibilità, improcedibilità o manifesta infondatezza; (iii) introduce il nuovo istituto del rinvio pregiudiziale in Cassazione (v. infra, paragrafo 3), (iv) introduce anche una nuova ipotesi di revocazione delle sentenze il cui contenuto sia stato dichiarato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo in tutto in parte contrario stato alla convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, ovvero ad uno dei suoi protocolli, e non sia possibile rimuovere la violazione tramite la tutela per equivalente.[14]
Tornando all’art. 3, della l. n. 130 del 2022, è stato evidenziato che la disposizione in parola, nella parte in cui ha riguardo al potere organizzativo del Primo Presidente, sottintende, in realtà, «[…] evidenti responsabilità al riguardo del Consiglio direttivo della Corte ed anche di più del Consiglio Superiore della Magistratura».[15] Quest’ultimo, in particolare, sarebbe tenuto «a dare attuazione alla disposizione legislativa primaria con la normazione secondaria, sia tabellare che concorsuale, trovando i modi più appropriati per implementare l’influsso delle risorse, anche specialistiche, alla Cassazione, giacché, altrimenti, le attribuzioni presidenziali ne risulterebbero fortemente limitate e sostanzialmente la scelta riformatrice verrebbe vanificata»[16].
Al di là dei profili di eventuale responsabilità in caso di mancata attuazione dei provvedimenti del Primo Presidente – che fuoriescono dalla presente analisi - è innegabile che la nuova disposizione si innesca nel più ampio meccanismo del sistema di governo autonomo della Magistratura. L’auspicio è che la nuova normativa ponga le basi per una sinergia tra i vari attori istituzionali per operare nel senso dello snellimento del carico di lavoro della Sezione Tributaria, adottando misure organizzative organiche, omogenee e coerenti con tutto l’impianto riformatore.
In tale prospettiva, anche il potere di indirizzo formativo in carico alla Scuola Superiore della Magistratura, potrà trovare nella norma in parola specifici criteri guida per rafforzare l’offerta formativa nella materia tributaria.
3.Rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione
Il disegno di legge delega governativo conteneva due disposizioni processuali, di notevole rilievo, direttamente disciplinanti il giudizio di Cassazione: il rinvio pregiudiziale ed il ricorso del procuratore generale presso la Corte nell'interesse della legge.
In sede parlamentare si è scelto di epurare la legge n. 130 del 2022 di tali disposizioni scegliendo, da un alto, di collocare l’istituto del rinvio pregiudiziale nel codice di procedura civile (art. 363 bis) e, dall’altro, di eliminare la previsione del ricorso del procuratore generale nell’interesse della legge.
Entrambe le scelte appaiono senz’altro coerenti e funzionali al sistema ordinamentale del codice di rito in cassazione. Ed invero, il rito del processo civile in Cassazione è unico, indipendentemente dalla materia trattata, sicché le misure che investono la funzione giurisdizionale della Corte di legittimità, devono innestarsi nell’ambito dell’impianto generale che regola il processo di legittimità, evitandosi distonie processuali che finirebbero con l’incidere inevitabilmente sul diritto di difesa costituzionalmente garantito. Ciò, a maggior ragione, considerando che la Sezione Tributaria, per quanto concepita come sezione specializzata, non realizza un ordine autonomo e specializzato (art. 103 Cost.), sicché se fosse rimasta la previsione di una funzione di legittimità (nel caso il rinvio, pregiudiziale) deputata solo alla materia tributaria, tale previsione sarebbe stata sicuramente incompatibile con il sistema del nostro ordinamento processuale.
In tale cornice, si comprende anche il perché la legittimazione del procuratore generale a ricorrere nell’interesse della legge, avrebbe rappresentato una scelta del tutto spuria rispetto al sistema ordinamentale del rito civile di cassazione.[17]
L’istituto del rinvio pregiudiziale rappresenta, senz’altro, una delle principali novità del processo in cassazione.
Tale strumento, già presente in altri ordinamenti, in particolare in quello francese (cd. saisine pour avis), consiste nella possibilità per il giudice di merito di sottoporre direttamente alla Suprema Corte una questione di diritto, sulla quale deve decidere ed in relazione alla quale ha preventivamente provocato il contraddittorio tra le parti.
Il primo comma dell’art. 363 bis cod. proc. civ. delimita le questioni del possibile rinvio, prevedendo che: 1) la questione sia necessaria alla definizione anche parziale del giudizio e che non sia stata ancora risolta dalla Corte di cassazione; 2) la questione presenti gravi difficoltà interpretative; 3) sia suscettibile di porsi in numerosi giudizi.
Il secondo comma della norma in parola, invece, instrada il giudice di merito sui paletti di inammissibilità, descrivendo le caratteristiche che l’ordinanza di rimessione deve avere; essa deve essere motivata con riferimento a tutti i requisiti previsti dal primo comma della disposizione in parola (analogamente a quelle con cui viene sollevata una questione di legittimità costituzionale) ed in particolare, con riferimento al requisito delle “gravi difficoltà interpretative”, dando specifica indicazione delle diverse interpretazioni “possibili” e, quindi, attendibili, rispetto al sistema ordinamentale[18].
Il deposito dell’ordinanza che dispone il rinvio pregiudiziale comporta, inoltre, l’automatica sospensione del procedimento di merito, salvo il compimento degli atti urgenti e dell'attività istruttorie, non dipendente dalla soluzione della questione oggetto di rinvio pregiudiziale.
Il terzo comma introduce il filtro delle ordinanze di rimessione da parte del Primo presidente della Corte di cassazione, il quale, ricevuti gli atti, entro il termine di novanta giorni, valuta la sussistenza dei presupposti previsti dalla norma. In caso di valutazione positiva, assegna la questione alle sezioni unite o alla sezione semplice (secondo le ordinarie regole di riparto degli affari); mentre in caso di valutazione negativa, dichiara inammissibile la questione con decreto.
La relazione illustrativa evidenzia che poiché il rinvio è possibile solo ove si tratti di questione necessaria alla definizione anche parziale del giudizio, che non sia stata risolta dalla Corte di Cassazione, che presenti gravi difficoltà interpretative, nonché sia suscettibile di porsi numerosi giudizi (art. 363 bis primo comma), si è previsto che la Corte, sia a sezioni unite che a sezioni semplici, pronunci sempre in pubblica udienza con la requisitoria scritta del pubblico ministero e con la facoltà per le parti di depositare brevi memorie nei termini di cui all'articolo 378 cod. proc. civ. (363 bis, quarto comma).
Se il Primo Presidente non dichiara l'inammissibilità della questione oggetto di rinvio pregiudiziale per la mancanza di una o più delle condizioni di cui al primo comma dell'articolo 363 bis cod. proc. civ. (363 bis, terzo comma), il procedimento si conclude con l'enunciazione del principio di diritto da parte della Corte, espressamente previsto come vincolante nel giudizio nell'ambito del quale è stata rimessa la questione (363 bis, sesto comma).
Il nuovo istituto pone non poche questioni problematiche.
La prima, di carattere generale, riguarda la legittimazione a proporre il rinvio pregiudiziale, se cioè tra i “giudici di merito” rientrino, oltre ai giudici ordinari anche quelli speciali (amministrativi, contabili e tributari).
La questione, posta in maniera critica dall’Ufficio del Massimario con la relazione n. 96/2022, trova la soluzione all’interno del sistema che regola il rapporto tra le giurisdizioni speciali ed ordinarie.
In virtù di tale rapporto, senz’altro i giudici tributari sono ammessi alla proposizione di tale rinvio pregiudiziale, stante il disposto dell’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992 che stabilisce che i giudici tributari applicano le norme del predetto decreto e, per tutto quanto da esse non disposto e con esse compatibili, le norme del codice di procedura civile. Per tale espresso rinvio, dunque, i giudici tributari possono ricorrere al rinvio pregiudiziale; alle stesse conclusioni si perviene anche tenuto conto delle intenzioni del legislatore, considerato che, come si è detto sopra, nel progetto di riforma del giudizio tributario era stato introdotto appositamente tale istituto, poi eliminato, alla luce del rinvio generale previsto dal citato art. 1, comma 2, d.lgs. n. 547 del 1992 nonché per ragioni di politica legislativa che lo ha voluto come strumento estensibile a tutti i giudici di merito al fine di consentire l’uniformità e la certezza del diritto.
Viceversa, non rientra tra i soggetti legittimati, il giudice amministrativo, le cui pronunce possono essere impugnate dinanzi alla Corte di cassazione solo per questioni di giurisdizione (art. 111, comma 8, Cost.).
Altra questione che si pone riguarda i limiti temporali entro cui la questione di diritto può essere sollevata dal giudice di merito, potendo un rinvio “precoce” rendere inattuabile il principio di diritto per la mutata situazione dei fatti accertati nel frattempo. Ci si chiede, cioè, cosa accade nel caso in cui il rinvio pregiudiziale venga sollevato in un “momento anteriore alla fissazione definitiva dei fatti”, per il concreto il rischio, in tal caso, che il principio di diritto enunciato risulti «eccessivamente opinabile per il giudice e per le parti per non corrispondenza o completezza dei fatti al principio di diritto enunciato»[19].
Nel silenzio del legislatore, che non pone alcun sbarramento temporale al rinvio pregiudiziale, tale questione deve essere affrontata in considerazione della vincolatività del principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione.[20]
Ed invero, una volta enunciato il principio di diritto, la questione giuridica è definitivamente risolta ed il vincolo diventa efficace nei confronti di tutti i giudici chiamati a pronunciarsi all’interno del procedimento, anche del giudice di appello (in caso di rinvio pregiudiziale da parte del giudice di primo grado) e della stessa Corte di Cassazione.
Analogamente a quanto accade con riguardo alla violazione del principio di diritto ex art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., la mancata applicazione da parte del giudice del procedimento del principio di diritto è denunciabile in sede di impugnazione, come violazione della regola iuris ivi enunciata. Ed infatti, il principio di diritto, non può essere sindacato o eluso dal giudice del rinvio, neppure in caso di violazione di norme di diritto sostanziale o processuale, o per errore del principio di diritto affermato, la cui giuridica correttezza non è sindacabile né dallo stesso giudice del rinvio, né dalla Corte di Cassazione, neppure sulla base di arresti giurisprudenziali successivi diversamente orientati.[21]
La vincolatività del principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione, viene meno solo nel caso di sopravvenuta dichiarazione di illegittimità costituzionale delle norme in questione, ovvero di mutamento normativo prodotto da una sentenza della Corte di giustizia, oppure se la norma sia stata modificata, sostituita, abrogata per effetto dello ius superveniens, in quanto l'efficacia vincolante della sentenza della Corte, presuppone il permanere della disciplina normativa in base alla quale è stato enunciato il principio di diritto stesso.[22]
Stante, dunque, la vincolatività del principio di diritto, la soluzione alla questione posta non può che ritrovarsi in un’interpretazione di sistema che investa sia il giudice del rinvio - il quale, nel disporre il rinvio, sarà tenuto a compiere anche una valutazione del merito della controversia per dare chiarezza alla fattispecie rispetto alla quale l’enunciazione del principio è richiesta – sia, il filtro di ammissibilità esercitato dal Primo Presidente, il quale, là dove la fattispecie non consente la chiara identificabilità della questioni di fatto (dalle quali muove la questione di diritto oggetto del rinvio pregiudiziale) ben potrà ritenere la questione inammissibile per carenza delle condizioni legittimati il rinvio.
Ciò, fermo restando che, non diversamente da quanto accade per il giudizio di rinvio disciplinato dall’art. 384 cod. proc. civ., il giudice di merito rimarrà libero dal vincolo tutte le volte in cui vengano successivamente accertati – entro i limiti delle preclusioni eventualmente maturate - ulteriori e diversi profili di fatto che configurino un nuovo thema decidendum non affrontato, negli stessi termini, dalla decisione della Corte.[23]
In considerazione di tali problematiche, è stato evidenziato che « il rinvio pregiudiziale dovrebbe essere anzitutto (ed essenzialmente) disposto (e ritenuto ammissibile) in relazione a disposizioni caratterizzate da alto tasso di tecnicismo, meno incise dalle specificità delle situazioni di fatto (come per talune norme processuali e non poche proprio in ambito tributario) e, quindi, caratterizzate dalla astratta idoneità a consentire l'identificazione di una regola iuris non condizionata dalle stesse».[24]
Allo stato, stante la giovanissima entrata in vigore dalla norma introduttiva del rinvio pregiudiziale (ottobre 2022) che fa mancare una casistica applicativa, non rimane che attendere, per chiarire le incertezze che la norma pone, il successivo sviluppo giurisprudenziale che senz’altro contribuirà a dipanare anche le questioni oggetto della presente trattazione.[25]
L’ultima finale considerazione non può che riguardare l’impatto politico/giudiziario che tale previsione, anche in termini di prospettiva, pone.
Con il rinvio pregiudiziale si è voluto garantire il tempestivo intervento nomofilattico della Corte di legittimità per ovviare alle incertezze causate dalle interpretazioni divergenti e dagli orientamenti contrastanti, scaturenti oltre che da una normativa alluvionale, che incide sulla durata dei giudizi, anche dal numero delle impugnazioni in Cassazione. L'obiettivo esplicitato nelle relazioni della Commissione Luiso e della Commissione della Cananea è stato quello di ridurre i tempi del giudizio in Cassazione anche mediante un meccanismo in grado di incidere sui presupposti dell'impugnazione della sentenza con ricorso per Cassazione, assicurando il tempestivo intervento della Corte di Cassazione per prevenire, tramite l'enunciazione del principio di diritto, un probabile contenzioso su una normativa nuova o sulla quale non si sia ancora pronunciata la giurisprudenza di legittimità.
Le stesse Commissioni di studio hanno rilevato che l'istituto del rinvio pregiudiziale è «anche coerente con il ruolo di jus dicere proprio del giudice di legittimità. In questo modo infatti la Corte di legittimità assolve completamente al proprio compito di sommo organo regolatore, proteso all'armonico sviluppo del diritto nell'ordinamento»;[26] in particolare, per il diritto tributario «l'esigenza di assicurare una tempestiva interpretazione uniforme è particolarmente avvertita per due ordini di ragioni: il continuo succedersi di norme di nuove introduzioni, rispetto alle quali il giudice del merito non ha un indirizzo interpretativo di legittimità a cui fare riferimento è la serialità dell'applicazione le norme che si riflette sulla serialità del contenzioso».[27]
Nonostante il consueto approccio ermeneutico “resiliente”, rimangono notevoli dubbi sulla possibilità di realizzare, con il rinvio pregiudiziale, uno strumento di facilitazione e snellimento del contenzioso tributario, nonché di certezza del diritto. Ed infatti, se sul piano teorico, senz’altro lo strumento del rinvio pregiudiziale, integrato secondo i canoni normativi del sistema processuale del giudizio di legittimità, pone le basi per introdurre un importante strumento di nomifilachia preventiva che potrebbe giovare al giudizio tributario che risente del continuo cambio della normativa applicabile (basti pensare soltanto alle leggi finanziarie di anno in anno incidenti sulle singole disposizioni che regolano le imposte dirette, indirette e locali) e della ingente quantità dei ricorsi azionati dalla parte privata o dal Fisco, sul piano pratico, le attuali condizioni della giustizia italiana - che la stessa Commissione Europea ha attenzionato come la principale causa di decrescita del nostro Paese – sembrano preludere ad esiti negativi della nuova misura.
L’auspicio (resiliente) è che la nomifilachia preventiva riesca ad incanalarsi in un ciclo processuale virtuoso, che non sia interpretato dal giudice di merito come una facile scappatoia per eludere questioni di diritto comunque risolvibili appesantendo ulteriormente, in termini di contenzioso, l’attività giudiziaria della Corte Cassazione, che, tra filtro di ammissibilità e risoluzione della questioni di diritto, molto probabilmente si troverà a gestire un meccanismo processuale, parallelo a quello ordinario, che, anziché giovare, potrebbe ancor più limitare la funzione nomofilattica.
4. La definizione agevolata delle controversie pendenti in Cassazione.
L’art. 5 della legge n. 130 del 2022 reca la disciplina della definizione agevolata dei giudizi tributari pendenti innanzi alla Corte di Cassazione. Tale definizione realizza l’ultima di una lunga serie di definizioni agevolate delle liti che si sono susseguite nella legislazione degli ultimi anni (art. 16 l. 27 dicembre 2002 n. 289; art. 39, comma 12 del d.l. 6 luglio 2011 n. 98; art. 11 del d.l. n. 24 aprile 2017 n. 50; art. 6 del d.l. 23 ottobre 2018 n. 119, come conv. l. 17 dicembre 2018 n. 136).
La domanda di definizione deve essere presentata dal soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o da chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, il quale, ai sensi dell’art. 5 della legge 31 agosto 2022, n. 130, intende definire i giudizi tributari pendenti innanzi alla Corte di cassazione ai sensi dell’art. 62 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546.
Sono definibili le controversie pendenti innanzi alla Corte di cassazione per le quali l’Agenzia delle entrate risulti: a) integralmente soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio e il valore delle quali, determinato ai sensi dell'art. 16, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, sia non superiore a 100.000 euro, con il pagamento di un importo pari al 5 per cento del valore della controversia, determinato ai sensi del medesimo articolo 16, comma 3; b) soccombente, in tutto o in parte, in uno dei gradi di merito e il valore delle quali, determinato ai sensi dell'articolo 16, comma 3, della legge 27 dicembre 2002 n. 289, sia non superiore a 50.000 euro, con il pagamento di un importo pari al 20 per cento del valore della controversia, determinato ai sensi del medesimo articolo 16, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.
Come precisato dal provvedimento Prot. n. 356446/2022 del Direttore dell’Agenzia delle entrate, di attuazione della disposizione in esame, «per valore della controversia, da assumere a base del calcolo per la definizione, si intende l’importo dell’imposta che ha formato oggetto di contestazione in primo grado, al netto degli interessi, delle indennità di mora e delle eventuali sanzioni collegate al tributo, anche se irrogate con separato provvedimento; per le controversie relative esclusivamente a sanzioni non collegate al tributo, il valore della lite è determinato dall’importo delle stesse. Il valore della lite è determinato con riferimento a ciascun atto introduttivo del giudizio, indipendentemente dai tributi in esso indicati. Ai sensi dell’articolo 5, comma 4, della legge 31 agosto 2022, n. 130, per controversie tributarie pendenti si intendono quelle per le quali il ricorso per cassazione è stato notificato alla controparte entro la data di entrata in vigore della legge (16 settembre 2022), purché, alla data della presentazione della domanda, non sia intervenuta una sentenza definitiva. Gli effetti della definizione perfezionata prevalgono su quelli delle eventuali pronunce giurisdizionali non passate in giudicato prima dell’entrata in vigore del citato articolo 5 della legge 31 agosto 2022, n. 130».
La disposizione in parola esclude dalla definizione le controversie concernenti, anche solo in parte:
a) le risorse proprie tradizionali previste dall’art. 2, paragrafo 1, lettera a), della decisione (UE, Euratom) 2020/2053 del Consiglio, del 14 dicembre 2020, e l'imposta sul valore aggiunto riscossa all'importazione;
b) le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 16 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015.
Quanto ai riflessi processuali, la disposizione in commento dispone che le controversie definibili non sono sospese salvo che il contribuente con apposita richiesta al giudice dichiara di potersi avvalere della definizione agevolata; in tal caso il processo è sospeso fino alla scadenza del termine di 120 giorni dalla data in vigore del provvedimento in esame.
Inoltre, come per ogni definizione agevolata, è previsto il diniego da parte dell'Agenzia delle entrate da notificarsi entro 30 giorni nella modalità degli atti processuali; il diniego è a sua volta impugnabile entro 60 giorni innanzi alla Corte di Cassazione e, in mancanza di istanza di trattazione presentata dalla parte interessata, il processo si dichiara estinto.
La peculiarità della definizione agevolata introdotta dal legislatore del 2022 si ritrova nell’ambito applicativo che, rispetto alle misure condonistiche precedenti, risulta particolarmente ristretto.[28]
Ed invero, mentre per le ipotesi precedenti di definizione agevolata delle liti, la soccombenza dell’amministrazione in alcuni gradi di giudizio non definitivi incideva soltanto sul quantum della definizione (che diminuiva più erano i gradi di soccombenza per l’amministrazione e più avanzato era lo stato del giudizio), nella nuova ipotesi incide anche sull’an, potendosi definire in via agevolata soltanto le cause pendenti esclusivamente in Cassazione nelle quali l’amministrazione sia risultata soccombente in almeno un grado di giudizio di merito precedente e sempre che il valore della controversia sia contenuto entro i limiti suddetti, peraltro, abbastanza ridotti.
Il ristretto perimetro applicativo di tale definizione ha immediatamente levato critiche negative, specie confrontandola con la precedente “pace fiscale” (art. 6 d.l. n. 119 del 2018 conv. in l. 136 del 2018) che consentiva di chiudere tutte le controversie a prescindere dal valore, all’unica condizione che il ricorso introduttivo fosse stato notificato alla data del 24 ottobre 2018.
Le immediate critiche sono state da subito taciute in considerazione della finalità principale perseguita con questo nuovo istituto che è quella dello smaltimento dell’arretrato tributario pendente presso la Suprema Corte, piuttosto che, come nei precedenti condoni, dell’incasso del gettito fiscale suscettibile di essere ricavato dall’adesione alla definizione.
È quanto, del resto, espressamente chiarito nella relazione illustrativa al d.d.l. A.S. 2636 dove si afferma (pag. 12) la necessità di «incisive disposizioni legislative per la definizione agevolata delle controversie pendenti avanti la sezione specializzata, pur limitandole allo stretto necessario per raggiungere una «soglia critica» di deflazione immediata che consenta, de residuo, l’impostazione di un programma triennale di smaltimento dell’arretrato e di stabilizzazione operativa con ragionevoli probabilità di successo». Ciò sempre, in attuazione della “pietra miliare” posta dal PNRR, per lo smaltimento dell’arretrato (v. supra, paragrafo 1).
D’altro canto, dall’analisi svolta dai tecnici del Ministero della Giustizia circa i parametri del contenzioso in cassazione, si evince che una definizione delle liti di valore fino ad euro 100.000, 00, interesserebbe complessivamente circa il 63,89% del contenzioso pendente in Cassazione al 2020, per un totale di 33.337 controversie.[29]
Dall’elenco generale, predisposto dagli Uffici della Sezione Tributaria, delle cause interessate al condono in oggetto, aggiornato al 7/11/2022, risultano presentate 441 istanze e 23 dinieghi, il che dimostra l’efficacia della misura nel giro di pochi giorni di applicazione. Tale elenco contiene anche la provenienza regionale delle domande in questione, ove il primo posto è della Lombardia (con 65 domande), che precede solo la Campania (61 domande), mentre l’ultimo posto è di Bolzano (con “0” domande), cui segue la Basilicata con n. 2 domande.
Molti i nodi che rimangono irrisolti.
Se l’obiettivo era quello di ridurre il numero di ricorsi in cassazione, concreti dubbi sull'effettiva riduzione del contenzioso nascono dall’ulteriore dato statistico che la maggior parte dei ricorsi tributari definiti in cassazione è proposto dall’Agenzia delle entrate (al dicembre 2021 su un totale di 7.994 definiti, l’Agenzia delle entrate è parte ricorrente nel 51% del totale, per un valore economico di 6.880.604.918, pari al 73,3% del valore complessivo)[30]; inoltre, sempre in chiave critica, non può mancarsi di evidenziare che la definizione agevolata introdotta con la legge n. 130 del 2022 non è automatica in quanto, nonostante il contribuente abbia versato il dovuto (5%-20% del valore della controversia) l'Agenzia può sempre opporsi alla definizione, con l'effetto di creare un'ulteriore aumento del contenzioso atteso che il diniego, discrezionale, dell'Agenzia delle entrate è impugnabile entro 60 giorni innanzi alla Corte di Cassazione, generando ulteriore contenzioso.
Sotto altro e più specifico profilo, va attenzionato il comma 9 dell’art. 5 che prevede, tout court che «la definizione non dà comunque luogo alla restituzione delle somme già versate ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione stessa», senza curarsi di far salvi «i casi di soccombenza dell’amministrazione finanziaria dello Stato» come, invece, facevano l’art. 16, comma 5, della l. n. 289/2002 e l’art. 39, comma 12, del d.l. 98/2011, il che precluderebbe il giudizio d’ottemperanza nel caso in cui il contribuente abbia diritto alla restituzione delle somme pagate a titolo provvisorio. Ci si chiede, infatti, se tale aspetto limiterà l’appetibilità della definizione stessa, in quanto non ricevendo il contribuente la restituzione delle somme versate in maniera eccedente, ciò comporterà che non avrà interesse a definire la controversia in via agevolata, soprattutto quando, dopo la soccombenza in secondo grado, sia stato già costretto a pagare l'intero importo indicato nell'atto impugnato, come previsto l'art. 68, comma 1, lettera g), d.lgs. n. 546 del 1992.
Solo la prassi applicativa potrà dire della reale consistente deflattiva di tale misura che, nei fatti, appare già superata dalle intenzioni del Governo che, nel preparare la legge finanziaria 2022, all’art. 42 della bozza di proposta in circolazione, pur sottolineando che resta ferma, in alternativa, la definizione agevolata prevista per le controversie pendenti in Cassazione dall’art. 5 della legge n. 130 del 2022, prevede che tutte le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle entrate, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in Cassazione, ed anche a seguito di rinvio, possono essere definite dall’interessato con il pagamento di un importo pari al valore della controversia, superando così, con un colpo di spugna, le maglie strette dell’art. 5 in commento.
Il Governo ha, poi, indicato una “terza via” [31] da estendere alle liti tributarie pendenti presso la Suprema Corte, rappresentata dalla conciliazione giudiziale con sanzioni al 5% di fatto dando la possibilità di trovare un accordo con il Fisco anche in ipotesi di precedente soccombenza del contribuente. In questo modo, la definizione agevolata passerà dal pagamento di un importo del 40% del valore in caso di soccombenza del Fisco in primo grado, mentre l’importo dovuto sarebbe del 15% se l’amministrazione finanziaria fosse risultata perdente in appello.
[1] La Milestone M1C1-35 prevede che: «La riforma del quadro giuridico deve avere l’obiettivo di rendere più efficace l’applicazione della legislazione tributaria e ridurre l’elevato numero di ricorsi alla Corte di Cassazione».
[2] v. L. SALVATO, in Giustizia Insieme, Verso la Riforma del processo tributario: il rinvio pregiudiziale ed il ricorso del PG nell’interesse della legge; che rimanda, tra l’altro, negli incisi virgolettati, a G. DELLA CANANEA, Perché lo status quo della giustizia è il vero ostacolo delle riforme, Il Foglio, 3 luglio 2021.
[3] “Una giustizia inefficiente peggiora le condizioni di finanziamento delle famiglie e delle imprese”, (it/component/easyarticles/composer#-ftnref9).
[4] v. lavori della Commissione interministeriale per la riforma della giustizia tributaria presieduta dal Prof. Giacinto Di Cananea, consultabile su www.fiscooggi.it
[5] v. G. VERDE, La Giustizia non si risolve modificando le regole del processo, in Giustizia Insieme, 3 luglio 2021.
[6] Grazie all’impegno dei Presidenti, dei Consiglieri del personale amministrativo della Sezione Tributaria, già nel 2021 sono stati definiti 15.591 controversie di legittimità, rispetto alle 9.141 del 2022 e alle 11461 del 2019, v. Relazione del Primo Presidente della Corte di Cassazione 12 gennaio 2022, apertura dell’anno giudiziario 2022, pagg. 125-126, ove è, tra l’altro riportata, la percentuale dei ricorsi pendenti per il settore civile (2018 - 51%, 2019 - 55%, 2020 - 56%,2021 - 57%) e per il settore tributario (2018-49%, 2019-45%, 2020-44%, 2021-43%), con un indice di ricambio per il settore tributario pari al 166%.
[7] cfr. Relazione Commissione Luiso, (it/component/easyarticles/composer#-ftnref10) e Relazione Commissione Cananea (it/component/easyarticles/composer#-ftnref12).
[8] Con specifico riferimento ai ricorsi definiti nel 2021, la relazione del Primo Presidente della Corte di Cassazione del 12 gennaio 2022, apertura anno giudiziario 2022, indica che il valore economico complessivo dei ricorsi definiti in Corte, per il 2021, è di circa di 9.4 miliardi di euro; l’Agenzia delle Entrate è risultato essere l’attore più importante, con 7.994 ricorsi (pari al 51,7% del numero di ricorsi definiti) per un valore economico di quasi 7 miliardi di euro (pari al 73,3% del valore complessivo); i contribuenti hanno attivato 6.605 ricorsi (pari al 42,7% del numero di ricorsi definiti) per un valore economico di quasi 2.3 miliardi di euro (pari al 24,4% del valore complessivo).
[9] Secondo taluni, demandando integralmente al Primo Presidente le decisioni sull’organico e sul suo funzionamento, peraltro senza fornire alcun criterio e direttiva di massima, rimarrebbe incerta l’effettiva soddisfazione della riserva di legge di cui all’art. 108, comma 1 Cost., v. CONTRINO – F. FARRI, in centrostudiilvatino.it, La nuova giustizia tributaria – 3. la nuova “definizione agevolata” delle liti tributarie in cassazione: vizi, virtù e possibile (in)efficacia nel contesto dell’attuale assetto della Suprema Corte.
[10] v. nota 6.
[11] Come evidenziato dal Presidente Curzio nella relazione annuale del 12 gennaio 2022, entrambe le misure non hanno avuto il successo sperato; per i magistrati in pensione, probabilmente a causa della insufficienza dell’incentivo economico rispetto alla gravosità dell’impegno, per i magistrati del Massimario e del ruolo, sebbene abbiano fornito un contributo di una certa consistenza al lavoro della Sezione, sono stati sottratti alle preziose all’attività del Massimario.
[12] v. nota prot. 3680 del 3/11/2022 del Primo Presidente della Corte di Cassazione di attuazione della riforma del processo civile che ha riguardato anche la Sezione Tributaria.
[13] v. Dossier dei Servizi e degli Uffici del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati A.G. n. 407 del 6 settembre 2022.
[14] v. Relazione n. 96 del 6 ottobre 2022 dell’Ufficio del Massimario e del Ruolo della Corte di Cassazione.
[15] v. E. MANZON, La Cassazione civile tributaria alla sfida del PNRR, in sintesi ed in prospettiva, Giustizia Insieme, 24 novembre 2022.
[16] v. E. MANZON, cit.
[17] « (…) Si trattava di una fuga in avanti o forse meglio di un passo davvero troppo spinto verso la de-processualizzazione, quindi, è stato opportuno ripensarci e non vararla», v. E. MANZON, La Cassazione civile tributaria alla sfida del PNRR, in sintesi ed in prospettiva, Giustizia Insieme, 24 novembre 2022.
[18] Per la corretta interpretazione delle condizioni di ammissibilità, può aversi riguardo alla giurisprudenza in tema di presupposti del ricorso del PG nell'interesse della legge, del rinvio di costituzionalità e del rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, questi ultimi non direttamente evocabili ma senz'altro utili nell'individuazione dei confini e delimiti del giudizio di rinvio, v., sul punto, B. CAPPONI, E’ opportuno attribuire nuovi compiti alla Corte di Cassazione?, Giustizia Insieme, 19 giugno 2021.
[19] v. G. SCARSELLI, Note sul rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione di una questione di diritto da parte del giudice di merito, in Giustizia Insieme, 5 luglio 2021.
[20] v. L. SALVATO, Verso la Riforma del processo tributario: il rinvio pregiudiziale ed il ricorso del PG nell’interesse della legge, in Giustizia Insieme, 19 luglio 2021.
[21] « I limiti e l'oggetto del giudizio di rinvio sono fissati esclusivamente dalla sentenza di cassazione, la quale non può essere sindacata o elusa dal giudice di rinvio, neppure in caso di violazione di norme di diritto sostanziale o processuale o per errore del principio di diritto affermato, la cui giuridica correttezza non è sindacabile dal giudice del rinvio neanche alla stregua di arresti giurisprudenziali successivi della corte di legittimità”» (così, Cass., 29/10/2018, n. 27343; id., Cass. 14/01/2021 n. 448).
[22] v. Cass., 04/02/2015 n. 1995; Cass., 27/10/2006, n. 23169.
[23] v., tra le tante, Cass., 19/10/2018 n. 26521.
[24] v. L. SALVATO, in Giustizia Insieme, cit., il quale richiama, altresì, le considerazioni dell’avvocato generale Michal Bobek, secondo cui il rinvio pregiudiziale dovrebbe essere disposto, ed andrebbe giudicato ammissibile dalla Corte di Cassazione, tutte le volte che il giudice “si trovi di fronte ad una questione di interpretazione di diritto […] formulata a livello di astrazione ragionevole e appropriato. Tale livello di astrazione è logicamente definito dalla portata e dallo scopo della norma giuridica di cui trattasi”.
[25] v. C.V. GIOBADO, In difesa della Monofilachia. Prime notazioni teorico-comparate sul nuovo rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione nel progetto di riforma del Codice di procedura civile, in Giustizia Insieme, 22 giugno 2021.
[26] v. Relazione della Commissione Luiso.
[27] v. relazione della Commissione della Cananea.[28] v. A. CONTRINO – F. FARRI, in centrostudiilvatino.it, “la nuova giustizia tributaria – 3. la nuova “definizione agevolata” delle liti tributarie in cassazione: vizi, virtù e possibile (in)efficacia nel contesto dell’attuale assetto della suprema corte”.
[29] v. Contributo tecnico per la commissione interministeriale per la giustizia tributaria.
[30] v. Relazione inaugurale del 12 gennaio 2022 del Primo Presidente.
[31] Così, M. MOBILI- G. PARENTE, Tregua fiscale sui mini debiti e sanatoria lite più ampia, in NT+Fisco, 23 novembre 2022.
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