Il 16 gennaio 2023 è una data da cerchiare in rosso vivo sul calendario: segna una decisiva - e da tempo attesa - vittoria dello Stato contro la mafia, l'affermazione dello stato di diritto rispetto alla barbarie di Cosa Nostra. Quel giorno, nel placido mattino invernale di Palermo, è stato arrestato il più pericoloso e ricercato stragista corleonese, latitante da trent'anni.
Una vittoria investigativa che riempie di speranza, eppure dal retrogusto amaro. Perché "La Cattura" (che dà il titolo al libro del procuratore Maurizio de Lucia e di Salvo Palazzolo, Feltrinelli, 2023) di Matteo Messina Denaro ha fatto emergere il vero volto della borghesia mafiosa, composta di intrecci e complicità su tutti i livelli, sopratutto i più elevati.
«La mafia è un sistema che in Sicilia contiene e muove gli interessi economici e di potere di una classe che approssimativamente possiamo dire borghese». Lo diceva Sciascia nel 1971, utilizzando proprio questo avverbio: "approssimativamente". Quell’anno si inaugurava la striscia degli omicidi eccellenti con Pietro Scaglione, il primo dei magistrati uccisi dalla mafia. Vent’anni dopo quella classe approssimativamente borghese si è imborghesita del tutto e ha avuto la forza militare e le complicità necessarie per uccidere i due magistrati più esposti. Dovevano passare ancora vent'anni, anzi trenta, per assicurare alla giustizia quel Messina Denaro allievo prediletto di Totò Riina, penetrato a tal punto nel tessuto sociale della Sicilia da non dovere più nascondere il suo volto: la sua era una vita piena, oggi si direbbe borghese (per l'appunto), e in quell'intreccio di relazioni scorreva una latitanza che sembrava dover essere eterna.
Così, "La cattura", col suo racconto in presa diretta dallo stile secco e avvincente (proprio come si sviluppa una indagine nel concreto operare di magistrati e polizia giudiziaria in sinergia tra loro: in stile secco e avvincente), si traduce nel progressivo disvelamento della rete che ha protetto la latitanza del boss. Personaggi - non solo della sua famiglia, non solo del suo ambiente criminale, questo il punto - che emergono da una nebbia investigativa che via via si dirada. Emerge l'insospettabile che ha prestato la sua identità al boss per consentirgli di curarsi; emerge il "cerchio magico" degli imprenditori collusi, che ha permesso a Messina Denaro di accumulare un patrimonio inestimabile; emergono i colletti bianchi che hanno concesso tutte le garanzie e tutti gli agi di una latitanza dorata, tra i quali spiccano i politici che hanno messo a disposizione il proprio ruolo istituzionale in cambio del sostegno elettorale delle famiglie mafiose. E' sempre la solita storia. E' il cuore della borghesia mafiosa, il cuore nero della mafia, che è una realtà conclamata, tanto abominevole quanto insondabile, inafferrabile. Ma non invincibile.
Nel libro questa selva di personaggi è infatti spazzata via dalla forza simbolica contenuta nelle gesta di altri - ben altri - personaggi, i veri protagonisti della storia, a prescindere dal loro ruolo e dai loro nomi - perché quando si sta dalla parte giusta non esiste primo, secondo o terz'ordine, né un registro dei presenti. Ci sono i ragazzi della "Siena 2", la scorta di finanzieri che proteggono il procuratore de Lucia da una vita; ci sono i ragazzi di Crimor guidati sul campo da <<un giovane maggiore che ha un bel nome di battaglia, Ulisse. Speriamo porti fortuna>>; quelli del Gis arrivati da Livorno, alcuni viaggiando in nave fingendosi camionisti; c'è il colonnello Arcidiacono, <<un ragazzone alto un metro e novantasei, sempre di buon umore, anche nei momenti complicati>>; c'è Paolo Guido, il procuratore aggiunto che dal 2017 coordina l'inchiesta su Messina Denaro, costretto a rinviare il viaggio a Torino per vedere il concerto di Paolo Baglioni perché la "cattura" sembra essere diventata una possibilità concreta - e c'è tanta umanità nell'abbraccio che si scambia col suo procuratore il giorno prima della cattura, e prima di chiedersi: <<Chi dormirà stanotte?>>.
E poi, appunto, c'è Maurizio de Lucia, tornato a Palermo dopo 13 anni e una brillante carriera inanellata di importanti vittorie dello Stato sulle cosche della Sicilia, compreso lo scacco alla mafia dei Nebrodi. Questo libro è, sopratutto, il racconto appassionato e in prima persona - in forma di diario - del procuratore della Repubblica di Palermo, un ufficio <<che non è più il palazzo dei veleni, com'era negli anni Ottanta>>, oggi capofila nella lotta alla mafia dove <<l'entusiasmo e l'impegno non mancano>>, anche se a volte magistrati e investigatori <<si rabbuiano in volto>>.
Ma nella sua intima sostanza, questo non è il diario del procuratore de Lucia. E' il diario di uno Stato che non si arrende: nonostante le operazioni, gli arresti e le condanne in gran numero, <<sembra che Cosa nostra non abbia alcuna intenzione di indietreggiare. Ma neanche noi indietreggiamo>>. E' il diario di un magistrato integro che restituisce orgoglio a tutta la categoria, funestata da una questione morale che dura ormai (troppi) anni, che lavora a testa bassa <<per rendere più efficiente il servizio giustizia alla comunità>>. E' il diario di un cittadino siciliano - che ha un cane di nome Fidel che abbaia ad ogni trillo del citofono - a tratti preso dallo sconforto perché <<la lotta alla mafia non è una priorità. Nella società, nella politica>>.
Il procuratore de Lucia sembra un personaggio romanzato, uscito dalla penna di Vázquez Montalbán, invece è tanto reale, è tanto calato nel flusso degli eventi (eventi che riguardano tutti noi), da essere stato proprio lui ad avere annunciato in conferenza stampa l'arresto di Matteo Messina Denaro quel fatidico 16 gennaio, affermando che veniva così saldato, almeno in parte, il debito della Repubblica nei confronti dei suoi martiti. Parole che rimarranno scolpite nella storia di questo Paese, e che da oggi hanno quale corollario anche la storia della "cattura", che racconta cosa c'è stato prima, cosa dopo, cosa dietro. E poi c'è il futuro della lotta alla mafia. <<Una storia in cui è stato messo un punto, ma non c'è ancora la parola fine>>.
La borghesia mafiosa è il
cuore nero della mafia, ed è una realtà conclamata, tanto
abominevole quanto insondabile, inafferrabile: lo riconosco.
Come l’ha chiamata lei, invece? La zona grigia.
La zona grigia non esiste, è solo un nome convenzionale
che diamo, senza saperlo, alla nostra incapacità di discernere
tra bene e male, ai nostri sentimenti più pavidi,
che ci impediscono di scegliere da che parte stare una
volta per tutte.