Le Sezioni Unite civili alla “scoperta” del contraddittorio nei riparti fallimentari(nota a Cass.S.U. n.24068/2019).
di Giuseppe Fichera
Sommario: 1. – L’antefatto processuale. 2. – L’ordinanza interlocutoria delle Sezioni Unite del 2018. 3. – Il contraddittorio nel procedimento di approvazione del piano di riparto. 4. – Le conseguenze della violazione del contraddittorio. 5. – La decisione delle Sezioni Unite del 2019.
1. – L’antefatto processuale.
La vicenda che si commenta con queste brevi note ha certamente un tratto assai singolare: la violazione del contraddittorio tra tutti i creditori ammessi al concorso fallimentare nell’ambito del procedimento di approvazione di un piano di riparto delle somme da distribuire tra i medesimi creditori, viene rilevata d’ufficio per la prima volta dalle Sezioni Unite della S.C., dopo che la questione era passata sostanzialmente inosservata – nessuna delle parti avendo sollevato eccezioni di sorta sul punto – sia davanti al giudice delegato alla procedura che al tribunale fallimentare e pure innanzi ad un collegio della Prima sezione civile della medesima S.C.
In fatto la questione portata all’esame della S.C. può così riassumersi in breve: il commissario straordinario di una società, già posta in amministrazione straordinaria ex d.lgs. 8 luglio 1999, n. 270 (la c.d. Prodi bis), depositò un piano di riparto parziale dell’attivo disponibile tra taluni creditori già ammessi al concorso.
Avverso il detto piano di riparto venne proposto reclamo dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (di seguito breviter i “Ministeri”), tutti soggetti che risultavano non ancora ammessi al concorso, essendo pendente il relativo giudizio di opposizione innanzi al tribunale fallimentare; il giudice delegato accolse il reclamo, ordinando l’accantonamento di tutte le somme appostate nel detto piano di riparto.
I Ministeri reclamanti, in particolare, contestavano la possibilità di procedere al riparto, sussistendo un loro credito di natura prededucibile – conseguente a danni da disastro ambientale cagionato dall’attività industriale svolta dalla società debitrice – pari complessivamente a circa 3,439 miliardi di euro, destinato ad essere pagato in via preferenziale; il giudice delegato, in prime cure, ritenne che fosse necessario un accantonamento integrale dell’attivo liquidato, in vista del relativo accertamento dei crediti all’esito del cennato giudizio di opposizione pendente.
Un creditore concorrente, già ammesso alla distribuzione dell’attivo disponibile in base al progetto di riparto parziale originario, propose allora reclamo avverso il decreto del giudice delegato, che venne accolto dal tribunale; il collegio del reclamo affermò che, alla luce delle risultanze dello stato passivo, non poteva tenersi in considerazione il credito vantato dalle amministrazioni – escluso dal concorso e dunque senza titolo idoneo a fondare una pronuncia interinale di accantonamento –, non potendosi includere i crediti degli opponenti allo stato passivo tra quelli di cui all’art. 110, comma quarto, l.fall., posto che la detta norma si riferisce esclusivamente ai crediti già inclusi nel piano di riparto anche se contestati; in mancanza quindi di una giustificazione dell'accantonamento, il tribunale dichiarò l’esecutività del progetto di ripartizione depositato dal commissario.
I Ministeri reclamati a questo punto proposero ricorso per cassazione avverso il decreto del tribunale; ad esso resistettero con controricorso il creditore concorrente e, in unica difesa, la società in amministrazione straordinaria e il suo commissario straordinario.
Con ordinanza interlocutoria n. 9250 del 13 aprile 2018, la Prima sezione civile, rimise gli atti al Primo presidente per l’eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.
In particolare, le Sezioni Unite furono sollecitate dall’ordinanza interlocutoria a decidere la seguente questione di massima di particolare importanza: «se sia ammissibile il ricorso per cassazione, ex art. 111, comma settimo, Cost., nei confronti del decreto del tribunale fallimentare che, decidendo sul reclamo contro il provvedimento del giudice delegato, abbia ordinato l’esecuzione del piano di riparto parziale, avuto riguardo alla sua idoneità a stabilire, in maniera irreversibile o meno, da un lato, il diritto del creditore concorrente a partecipare al riparto dell’attivo fino a quel momento disponibile e, dall’altro, il diritto degli altri interessati ad ottenere gli accantonamenti nei casi previsti dall’art. 113 l.fall.».
2. – L’ordinanza interlocutoria delle Sezioni Unite del 2018.
Va premesso che con Cass. S.U. 26 settembre 2019, n. 24068, le Sezioni Unite in commento hanno risolto, in maniera abbastanza agevole, la questione di massima di particolare importanza sottoposta dalla cennata ordinanza interlocutoria della prima sezione civile, dando continuità a quello che si può definire un orientamento “granitico” della S.C. (a partire già dalle remote Cass., Sez. 1, 27 gennaio 1961, n. 124 e Cass., Sez. 1, 4 aprile 1962, n. 703, cui fecero seguito una serie di arresti tutti in assoluta continuità, tra i quali merita di essere menzionata la fondamentale Cass., Sez. 1, 6 maggio 1992, n. 5358), pronunciando il seguente principio di diritto: «il decreto del Tribunale che dichiara esecutivo il piano di riparto parziale, pronunciato sul reclamo avente ad oggetto il provvedimento del giudice delegato, nella parte in cui decide la controversia concernente, da un lato, il diritto del creditore concorrente a partecipare al riparto dell'attivo fino a quel momento disponibile e, dall'altro, il diritto degli ulteriori interessati ad ottenere gli accantonamenti delle somme necessarie al soddisfacimento dei propri crediti, nei casi previsti dall'art. 113 l.fall, si connota per i caratteri della decisorietà e della definitività e, pertanto, avverso di esso, è ammissibile il ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell'art. 111, co. 7°, Cost.».
Quello che ci interessa approfondire in questa sede, invece, è il tema sollevato con una precedente ordinanza interlocutoria – la n. 31266 del 4 dicembre 2018 – delle medesime Sezioni Unite della Corte di Cassazione; con il cennato provvedimento il S.C. aveva espressamente richiesto all’Ufficio del Massimario del Ruolo della S.C. una “relazione di approfondimento” (ai sensi del § 71.2. delle vigenti tabelle di organizzazione della Cassazione), evidenziando l’esistenza di una questione processuale, mai sollevata da alcuna delle parti nel corso del procedimento né rilevata d’ufficio dai giudici, concernente la esatta individuazione di chi sia legittimato all'impugnativa di un piano di riparto e, conseguentemente, sui soggetti nei cui confronti vada sempre integrato in contraddittorio in sede di reclamo endofallimentare.
3. – Il contraddittorio nel procedimento di approvazione del piano di riparto
La problematica sollevata d’ufficio dalla cennata ordinanza interlocutoria delle Sezioni Unite, tra origine dal singolare iter processuale seguito dalle impugnazioni al piano di riparto sottoposto all’esame del Giudice di legittimità.
E invero, l’iniziale progetto di ripartizione in favore dei creditori in prededuzione e di ripartizione parziale in favore dei creditori pignoratizi, ipotecari e privilegiati generali fino al nono grado, già ammessi al concorso, presentato dal commissario straordinario al giudice delegato, venne comunicato, su ordine di quest’ultimo, a tutti i creditori concorrenti a mezzo PEC.
Nei quindici giorni successivi avverso il detto progetto di riparto parziale i Ministeri proposero reclamo ex art. 36 l.fall.; il giudice delegato, con decreto inaudita altera parte, dispose la sospensione dell’esecuzione del riparto delle somme, ordinando ai reclamanti di dare comunicazione del reclamo a mezzo PEC al commissario straordinario.
La società in amministrazione straordinaria depositò quindi una memoria difensiva, in seno alla quale chiedeva di respingere il reclamo; pure taluni tra i creditori ammessi al concorso con il privilegio generale mobiliare ex art. 2751-bis, n. 2), c.c. (tutti professionisti che avevano reso le proprie prestazioni in favore della società quando era ancora in bonis), intervennero volontariamente nel procedimento, concludendo senz’altro per il rigetto del reclamo.
Il giudice delegato, in primo luogo ritenne inammissibile l’intervento volontario in giudizio sia della società in amministrazione straordinaria che dei creditori non reclamanti – essendo, secondo il suo parere, unici contraddittori, nel reclamo ex art. 36 l.fall., il reclamante e il commissario della società in amministrazione straordinaria – e, invece, giudicò ammissibile il reclamo proposto dai creditori non ancora ammessi al concorso; accolse poi integralmente il reclamo, rigettando la richiesta di esecutività del progetto di ripartizione parziale avanzata dal commissario straordinario e disponendo nel decreto che le somme indicate nel piano di riparto restassero “accantonate”.
Uno soltanto tra i creditori concorrenti che erano intervenuti volontariamente nel reclamo, propose allora reclamo, ex art. 26 l.fall., avverso il detto decreto del giudice delegato. Fissata dal presidente della sezione fallimentare udienza per la comparizione delle parti, il reclamo venne notificato, a cura del medesimo reclamante, ai Ministeri – che si costituirono con memoria difensiva –, nonché alla società in amministrazione straordinaria e al suo commissario straordinario, che invece non spiegarono alcuna difesa.
Il tribunale, sovvertendo integralmente la decisione del giudice delegato, ritenne ammissibile senz’altro l’intervento dei creditori concorrenti nel procedimento di impugnazione del piano di riparto; accolse pure il reclamo proposto dal professionista intervenuto volontariamente in prime cure, dichiarando esecutivo il progetto di ripartizione parziale in precedenza depositato dal commissario straordinario.
A questo punto i Ministeri proposero ricorso per cassazione avverso il decreto del tribunale fallimentare reso sul reclamo proposto dal professionista; ad esso resistettero con controricorso il creditore concorrente vittorioso in sede di reclamo, e, in unica difesa, la società in amministrazione straordinaria e il suo commissario straordinario.
Ora, per capire meglio il tema di indagine, è forse utile qui ricordare che il testo dell’art. 110, comma terzo, l.fall., come introdotto dal d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, prevedeva che il giudice delegato, sentito il comitato dei creditori, ordinasse il deposito del progetto di ripartizione in cancelleria, disponendo che tutti i creditori, compresi quelli per i quali era in corso un giudizio di opposizione allo stato passivo, ne fossero avvisati mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento o altra modalità telematica.
I creditori, entro il termine perentorio di quindici giorni dalla ricezione della comunicazione di cui al secondo comma, potevano «proporre reclamo contro il progetto di riparto nelle forme di cui all’articolo 26».
Ai sensi del quarto comma dell’art. 110 l.fall., decorso il termine per proporre reclamo, il giudice delegato, su richiesta del curatore, dichiarava esecutivo il progetto di ripartizione.
Con il d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169 (il c.d. “decreto correttivo”), si è stabilito invece che il giudice ordina il deposito del progetto di ripartizione in cancelleria, disponendo che tutti i creditori, compresi quelli per i quali è in corso uno dei giudizi di cui all’articolo 98 l.fall., ne abbiano conoscenza integrale a mezzo PEC; non è più previsto invece, dopo il decreto correttivo del 2007, che il giudice delegato debba acquisire il parere del comitato dei creditori.
I creditori, entro il termine perentorio di quindici giorni dalla ricezione della detta comunicazione, possono proporre reclamo al giudice delegato contro il progetto di riparto, ai sensi dell’art. 36 l.fall.
La riformulazione dell’art. 110, terzo comma, l.fall., che ha sostituito al reclamo ex art. 26 l.fall. quello ex art. 36 l.fall., è espressione della scelta della riforma di ridefinire le attribuzioni degli organi delle procedure fallimentari, residuando in capo al giudice delegato soltanto le funzioni di controllo per decidere le impugnative avverso un atto del curatore .
Ora, mentre l’art. 26 l.fall. stabilisce che «Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, deve essere notificato, a cura del reclamante, al curatore ed ai controinteressati entro cinque giorni dalla comunicazione del decreto», non potendosi dubitare che nella categoria vi rientrino tutti i creditori che potrebbero subire modifiche nelle quote di riparto loro assegnate, il discorso appare diverso per l’art. 36 l.fall., norma che – essendo prevista in tema di impugnazione dei provvedimenti di amministrazione del curatore – si limita seccamente a disporre che sono legittimati al reclamo il fallito e ogni altro interessato, mentre sotto il profilo procedurale stabilisce che «Il giudice delegato, sentite le parti, decide con decreto motivato, omessa ogni formalità non indispensabile al contraddittorio».
Orbene, sulla legittimazione attiva a proporre reclamo avverso il progetto depositato dal curatore non sembrano sorgere soverchi dubbi, dovendo farsi coincidere i creditori interessati con i destinatari della comunicazione tramite PEC del progetto medesimo; forse più problematico, invece, riuscire a stabilire se il reclamo, da chiunque proposto, debba essere comunicato, oltre al curatore come espressamente presuppone la norma («sentito il curatore»), anche a tutti gli altri creditori concorrenti controinteressati.
L’opinione della dottrina sul punto, peraltro, è unanime nel ritenere che il contraddittorio vada esteso anche ai controinteressati, da intendere qui quali creditori in qualche modo potenzialmente pregiudicati dalla diversa ripartizione auspicata dal reclamante, poiché la relativa quota di riparto potrebbe subire una variazione, ovviamente in peius.
Tuttavia, si pone il problema di affidare al curatore – il cui atto è esattamente quello oggetto del reclamo – la scelta dell’individuazione dei creditori concorrenti controinteressati; sembra allora più opportuno sottrarre una tale valutazione al medesimo reclamato, onerando il curatore di dare avviso del reclamo, ovvero in caso di più gravami, dei reclami proposti, a tutti i creditori concorrenti già destinatari del progetto di ripartizione, mettendoli così in condizione di valutare se intervenire nel procedimento per sostenere o contrastare le ragioni del reclamante.
Va rimarcato, poi, come nella giurisprudenza della S.C., già nel vigore della precedente disciplina introdotta dalla legge del ’42, non erano sorti soverchi dubbi sulla necessità di integrare il contraddittorio, nel caso di reclamo ex art. 26 l.fall. – l’unico allora disciplinato dalla legge fallimentare – avverso il provvedimento del giudice delegato che stabiliva l’esatto contenuto del piano di riparto parziale rendendolo esecutivo.
In un primo tempo, anzi, la S.C. (Cass., Sez. 1, 14 marzo 1985, n. 1983) aveva affermato che poiché la sentenza n. 42 del 1981 della Corte Costituzionale (la quale dichiarò illegittimo l’originario art. 26 l.fall. nella parte in cui assoggettava a reclamo, disciplinato nel modo ivi previsto, i provvedimenti decisori emessi dal giudice delegato in materia di piani di riparto dell'attivo), aveva caducato gli aspetti della disciplina positiva dell’istituto in contrasto con la tutela costituzionale del diritto di difesa (dovendo essere colmata la lacuna discendente dalla pronuncia di incostituzionalità, con le regole generali disciplinanti il procedimento in camera di consiglio), il tribunale, in sede di reclamo contro il provvedimento del giudice delegato che stabiliva e rendeva esecutivo il piano di riparto, fosse tenuto (a pena di nullità rilevabile d’ufficio in sede di impugnazione) all’osservanza del principio del contraddittorio e, quindi, a sentire oltre al reclamante, anche il fallito, il comitato dei creditori, il curatore ed eventualmente anche tutti gli altri controinteressati che ne avessero fatto richiesta.
Successivamente, peraltro, la medesima Corte di legittimità (Cass., Sez. 1, 1 ottobre 1997, n. 9580) aveva chiarito che in sede di reclamo al tribunale fallimentare, contro i provvedimenti resi dal giudice delegato in tema di vendita dei beni acquisiti all’attivo, ai sensi dell'art. 26 l.fall., l’osservanza del principio del contraddittorio richiedeva che il reclamo ed il provvedimento che ordinava la comparizione delle parti per la decisione in camera di consiglio, fossero notificati – spontaneamente dal reclamante o, in difetto, su ordine del tribunale, ed a pena di inammissibilità del rimedio – al curatore fallimentare ed ai soggetti che, con riferimento alla specifica materia che costituisce oggetto del giudizio, erano destinatari degli effetti della decisione; non anche al comitato dei creditori, il quale non aveva, sub Julio, nessun potere di gestione attiva o di rappresentanza del fallimento, ma solo una funzione interna, consultiva e di controllo.
4. – Le conseguenze della violazione del contraddittorio.
Per giurisprudenza costante della S.C., (Cass., Sez. 6-3, 16 marzo 2018, n. 6644; Cass., Sez. 1, 26 luglio 2013, n. 18127; Cass, Sez. 3, 13 aprile 2007, n. 8825; Cass., Sez. 3, 26 febbraio 2004, n. 3866), quando risulta integrata la violazione delle norme sul litisconsorzio necessario, non rilevata né dal giudice di primo grado, che non abbia disposto l’integrazione del contraddittorio, né da quello di appello, che non abbia provveduto a rimettere la causa al primo giudice ai sensi dell’art. 354, primo comma, c.p.c., resta viziato l’intero processo e s’impone, in sede di giudizio di cassazione, l'annullamento, anche d’ufficio, delle pronunce emesse ed il conseguente rinvio della causa al giudice di prime cure, a norma dell’art. 383, terzo comma, c.p.c.
Questo principio ha trovato in passato applicazione anche nell’ambito dei procedimenti in camera di consiglio, esattamente in tema di impugnazione del piano di riparto dell’attivo.
E invero già la S.C. (Cass., Sez. L, 9 luglio 1991, n. 7555) ebbe modo espressamente di affermare la nullità per violazione del principio del contraddittorio – rilevabile di ufficio anche in sede di legittimità – del provvedimento del tribunale che decida sul reclamo avverso il decreto, col quale il giudice delegato aveva dichiarato l'esecutività del piano di ripartizione dell’attivo, allorché tale decisione era stata adottata senza che il reclamo sia stato notificato ai creditori non reclamanti o, comunque, senza che gli stessi siano stati posti in condizione di conoscere l’esistenza del relativo procedimento e di comparirvi, spiegandovi le proprie difese, al fine di non vedere modificata in peius la loro collocazione o compromessa la possibilità di soddisfacimento totale o parziale del loro credito, non rilevando in contrario né che l’esito di detto procedimento fosse stato, in concreto, favorevole a tali creditori, né che questi non avessero proposto, nella fase anteriore di accertamento del passivo, ritualmente la domanda di ammissione.
Di recente, sempre nell’ambito di procedimenti camerale endofallimentari e precisamente in tema di esdebitazione del fallito, la S.C. (Cass., Sez. 1, 9 giugno 2014, n. 12950; Cass., Sez. 1, 25 ottobre 2010, n. 21864) ha cassato, con rinvio al tribunale, il decreto della corte d’appello confermativo del rigetto dell'istanza volta a ottenere il beneficio richiesto dal fallito, perché la domanda con cui il debitore chiedeva di essere ammesso all’esdebitazione non era stata notificata a tutti i creditori concorrenti non integralmente soddisfatti (in applicazione di Corte Cost. 30 maggio 2008, n. 181), ritenendo che la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di tali creditori determini l’inesistenza della pronuncia e la necessità di rimettere la controversia al primo giudice ex art. 354 c.p.c..
E ancora in tema di procedimento camerale di esdebitazione, la medesima S.C. (Cass., Sez. 1, 13 novembre 2015, n. 23303) ha ribadito che i creditori non integralmente soddisfatti, in quanto litisconsorti necessari, non possono essere pretermessi neppure nella fase di reclamo, dovendosi escludere, a pena di nullità rilevabile d'ufficio della decisione assunta, che il contraddittorio possa essere circoscritto a coloro che si siano costituiti innanzi al primo giudice, sicché, in tal caso, la decisione va cassata con rinvio al giudice del reclamo per l’integrazione del contraddittorio.
5. – La decisione delle Sezioni Unite del 2019.
Orbene, nella vicenda all’esame delle Sezioni Unite, come abbiamo visto in precedenza, è risultato incontroverso che il reclamo proposto dai Ministeri avverso il progetto di riparto parziale del commissario straordinario, non venne comunicato da quest’ultimo a nessuno tra i creditori concorrenti, né venne loro notificato su iniziativa dei medesimi reclamanti. E ciò nonostante in seno al reclamo le amministrazioni chiedessero, in sostanza, di accantonare integralmente tutte le somme destinate dal piano di riparto impugnato ai creditori ammessi al riparto, così pregiudicando concretamente il soddisfacimento delle loro ragioni di credito.
Peraltro, lo si è già ricordato sopra, taluni tra i creditori controinteressati ammessi al progetto di riparto parziale, depositarono un atto di intervento volontario – addirittura giudicato inammissibile dal giudice delegato –, mentre si è visto che tutti gli altri creditori concorrenti, pure destinatari delle somme previste nel riparto in base al progetto reclamato e, quindi, certamente controinteressati rispetto ai Ministeri, non spiegarono difese di sorta (è il caso dei creditori in prededuzione, di quelli ipotecari e pignoratizi, dei creditori muniti di privilegio generale ex art. 2751-bis n. 1) e 2) c.c. e degli altri creditori privilegiati generali, tutti ammessi al riparto parziale impugnato).
Quanto al secondo reclamo, quello proposto avanti al tribunale da uno solo tra i professionisti intervenuti nel primo reclamo celebrato davanti al giudice delegato, è sicuro che il ricorso venne notificato – a cura del medesimo reclamante – soltanto ai Ministeri, nonché alla società in amministrazione straordinaria e al suo commissario straordinario; nessuno degli altri creditori concorrenti, compresi quelli già intervenuti spontaneamente nel giudizio di prime cure, ricevettero notizia dell’impugnazione proposta da un loro sodale innanzi al collegio.
Né il tribunale, pure ritenuto ammissibile l’intervento volontario nel giudizio spiegato dal professionista, come quindi dagli altri creditori concorrenti intervenuti solo in prime cure, ritenne di disporre alcuna integrazione del contraddittorio, né nei confronti di questi ultimi, comunque parti processuali in prime cure – e però neppure destinatari della notifica del reclamo da parte del loro originale sodale –, né tantomeno nei confronti degli altri creditori controinteressati rimasti all’oscuro dell’intero procedimento, sia nella fase celebrata innanzi al giudice delegato che in quella davanti al collegio.
Le Sezioni Unite, allora, non possono che prendere atto delle plurime violazioni del contraddittorio che si erano consumate – nel singolare silenzio serbato da tutti i partecipanti al procedimento – nel corso dell’intero giudizio; e la S.C, in continuità con i suoi precedenti arresti, afferma il seguente principio di diritto: «In tema di riparto fallimentare, ai sensi dell'art. 110 l.fall. (nel testo applicabile ratione temporis come modificato dal d.lgs. n. 169 del 2007), sia il reclamo ex art. 36 l.fall. avverso il progetto – predisposto dal curatore - di riparto, anche parziale, delle somme disponibili, sia quello ex art. 26 l.fall. contro il decreto del giudice delegato che abbia deciso il primo reclamo, possono essere proposti da qualunque controinteressato, inteso quale creditore che, in qualche modo, sarebbe potenzialmente pregiudicato dalla diversa ripartizione auspicata dal reclamante, ed in entrambe le impugnazioni il ricorso va notificato a tutti i restanti creditori ammessi al riparto anche parziale».
In sostanza, quale che sia il tipo di impugnazione promosso dalla parte interessata, cioè sia che si tratti di reclamo davanti al giudice delegato, ex art. 36 l.fall., avverso il progetto presentato dal curatore (ovvero dal commissario straordinario), sia che si discuta di quello innanzi al collegio, ex art. 26 l.fall., contro il decreto del giudice delegato, è sempre necessario integrare il contraddittorio nei confronti di tutti i controinteressati, id est i creditori concorrenti che siano risultati ammessi al riparto anche parziale e che, dall’accoglimento del reclamo, potrebbero subire un concreto pregiudizio discendente dalla diversa ripartizione dell’attivo auspicata dalla parte che abbia promosso il reclamo.
E nella vicenda processuale all’esame della Suprema Corte, plateale si mostra la violazione delle norme sul contraddittorio, non rilevata né dal giudice delegato, il quale non aveva infatti disposto la notifica dell’originario reclamo nei confronti di tutti i creditori ammessi a partecipare al riparto, né dal giudice del reclamo, visto che il tribunale non aveva rimesso la causa al primo giudice, ai sensi dell'art. 354, primo comma, c.p.c., né comunque disposto la necessaria integrazione; l’unica conclusione possibile, allora, è che risulta viziato l'intero procedimento camerale fin dalla sua prima fase celebrata innanzi al giudice delegato.
E infatti, la decisione in commento, a conclusione – ahimè ancora soltanto parziale – di un procedimento teso all’approvazione di un piano di riparto dell’attivo fallimentare, che si era già articolato attraverso ben tre distinte tappe processuali (davanti al giudice delegato, al tribunale fallimentare e ad una sezione semplice della Corte di Cassazione), decidono di cassare d’ufficio il provvedimento impugnato, riportando tutto l’iter direttamente innanzi al primo giudice, id est quel giudice delegato alla procedura concorsuale, che avrebbe dovuto disporre l’integrazione del contradditorio nei confronti di tutti i creditori ammessi al piano di riparto parziale e, quindi, controinteressati rispetto agli originari reclamanti.