Sommario: 1. Introduzione. – 2. Fondamento, presupposti e contenuto del diritto all’oblio oncologico. – 3. Il campo di applicazione dell’istituto: i contratti bancari, finanziari e assicurativi. – 4. (Segue). I procedimenti di adozione. – 5. (Segue). Altre ipotesi e fattispecie. – 6. Autorità e organismi competenti a vigilare sull’applicazione della legge sull’oblio oncologico. – 7. Osservazioni conclusive.
1. Introduzione.
Nei tempi più recenti, sono entrati nel vivo i lavori parlamentari che dovrebbero presto portare ad introdurre anche nel nostro ordinamento il (diritto al) c.d. oblio oncologico[1]. Si occupano dell’argomento, infatti, una nutrita serie di disegni di legge che sono stati presentati all’esame della Camera dei Deputati, quali: i d.d.l. n. 249, 413, 690 e 885, tutti di iniziativa parlamentare, sui quali è stato elaborato il Dossier del Servizio Studi della Camera n. 83 del 24 maggio 2023; gli ulteriori d.d.l. n. 744, 959 e 1013, sempre di iniziativa parlamentare; il d.d.l. n. 1066, presentato dal CNEL; da ultimo, i d.d.l. n. 1182 e 1200, ancora di iniziativa parlamentare.
In seno alla XII Commissione permanente per gli Affari sociali, i summenzionati disegni di legge sono poi confluiti in un testo unificato, adottato come testo base per la successiva discussione il 28 giugno del corrente anno.
Già conosciuto dai sistemi normativi di alcuni Paesi stranieri[2] e caldeggiato pure dalle istituzioni europee[3], il diritto all’oblio oncologico mira a scongiurare l’eventualità che quanti si possono considerare guariti da un cancro si vedano costretti a dichiarare e/o vedano direttamente indagata la loro pregressa condizione patologica – con conseguenti penalizzazioni e discriminazioni che saranno illustrate più avanti – in una serie di circostanze, quali per esempio l’accensione di un mutuo, la stipula di un’assicurazione, l’accesso ad una procedura di adozione, la partecipazione ad un concorso lavorativo, e così via, nelle quali viene in rilievo l’aspettativa di vita residua dell’individuo.
Come dimostrano recenti indagini, puntualmente richiamate dalle relazioni ai progetti di legge in esame, si tratta di un fenomeno di sempre più vasta portata e che necessita di essere affrontato in via normativa senza ulteriori differimenti. Se da un lato le diagnosi di tumore aumentano ogni anno, anche in virtù dell’invecchiamento della popolazione, dall’altro i progressi della medicina ormai consentono di portare ad uno stato di guarigione, che precisamente si concretizza quando le aspettative di vita del soggetto sono analoghe a quelle della popolazione dello stesso sesso e della stessa età, una quota assai significativa dei casi clinici trattati. Tale condizione, che in Italia riguarda una percentuale attualmente pari al 27 % dei malati, vale a dire circa un milione di persone, viene generalmente raggiunta trascorsi dieci anni dalla conclusione del trattamento della malattia, anche se tale lasso di tempo può allungarsi o accorciarsi in determinate situazioni cliniche.
2. Fondamento, presupposti e contenuto del diritto all’oblio oncologico.
In quanto l’istituto è diretto ad evitare l’ingiustificata discriminazione dei soggetti guariti dal cancro, il diritto all’oblio oncologico viene ricondotto dall’art. 1, comma 1°, del testo unificato all’attuazione di diverse previsioni costituzionali e sovranazionali riguardanti i diritti della persona, la tutela della vita familiare e la protezione dei consumatori: gli artt. 2, 3 e 32 della Carta costituzionale; gli artt. 7, 8, 21, 35 e 38 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea; l’articolo 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
Il successivo comma del medesimo articolo definisce, poi, il diritto in parola come «il diritto delle persone guarite da una patologia oncologica di non fornire informazioni né subire indagini in merito alla propria pregressa condizione patologica» in presenza delle condizioni stabilite dalla legge.
Dalla lettura degli articoli successivi si evince, infatti, che presupposto fondamentale del riconoscimento del diritto de quo è il trascorrere di (almeno) dieci anni dalla conclusione del trattamento attivo della patologia, in assenza di recidive o ricadute. Tale periodo di tempo si riduce a cinque anni nel caso in cui la malattia sia insorta prima del compimento di un’età che il testo unificato identifica in diciotto anni, ma che alcuni dei progetti di legge in esso confluiti invece innalzavano a ventuno anni; e va pure osservato che, per designare i presupposti del dimezzarsi del periodo di tempo necessario a maturare il diritto all’oblio oncologico, alcuni dei d.d.l. in discorso facevano riferimento alla «diagnosi» della malattia, espressione che appare più precisa e definita di quella, ora fatta propria dal testo unificato, che invece menziona un meno facilmente identificabile momento di «insorgenza» del tumore[4]. Ad ogni modo, l’art. 5, comma 2°, del provvedimento opportunamente attribuisce a un successivo decreto del Ministro della salute il compito di eventualmente individuare le malattie oncologiche per le quali si applicano termini inferiori rispetto a quelli sopra menzionati.
Come subito vedremo, il contenuto del diritto in discorso è poi destinato a declinarsi differentemente a seconda dei diversi contesti in cui può trovare applicazione.
3. Il campo di applicazione dell’istituto: i contratti bancari, finanziari e assicurativi.
I servizi bancari, finanziari e assicurativi rappresentano un primo settore nel quale le persone guarite da una patologia oncologica corrono il forte rischio di essere penalizzate. A quanto consta è, infatti, assai frequente che tali soggetti, dopo avere su richiesta fornito informazioni circa la loro pregressa condizione patologica, si vedano negare l’apertura o il mantenimento di un’assicurazione sanitaria per malattia o di una polizza vita, oppure si vedano imporre oneri, garanzie accessorie e/o condizioni particolarmente gravose per accedere a servizi finanziari o bancari, a partire dall’accensione di mutui; e i due aspetti addirittura si incrociano quando, secondo una prassi commerciale notevolmente diffusa, l’accensione del mutuo viene subordinata alla sottoscrizione di una polizza assicurativa sulla vita, pena il rigetto della richiesta. In ambito assicurativo, tutto ciò è del resto avvalorato dalla disciplina delle dichiarazioni inesatte e delle reticenze dell’assicurato dettata dagli artt. 1892 e 1893 c.c., che in estrema sintesi consente all’assicuratore di interrompere il rapporto e rifiutare il pagamento dell’indennizzo all’ex-paziente oncologico che non abbia risposto in maniera completa ed esauriente alle domande rivolte dalla controparte prima della sottoscrizione della polizza[5].
Per mettere fine a questo fenomeno, l’art. 2 del testo unificato sull’oblio oncologico innanzitutto prevede che: a) all’ex-paziente oncologico, qui considerato nella sua veste di consumatore, non possono essere richieste informazioni relative alla sua patologia pregressa; b) di questa prerogativa egli deve essere adeguatamente informato, in sede precontrattuale così come in caso di rinnovo del contratto, da banche, istituti di credito, imprese assicurative e intermediari bancari e assicurativi con cui viene in contatto[6]; c) laddove siano state fornite, le informazioni in discorso non possono comunque essere impiegate nella valutazione del rischio dell’operazione o della solvibilità della persona alla quale si riferiscono[7]; d) a banche, istituti di credito, imprese assicurative e intermediari bancari e assicurativi è fatto divieto di richiedere l’effettuazione di visite mediche di controllo.
La violazione delle disposizioni testé menzionate è sanzionata con la nullità, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento ma operante soltanto a vantaggio del consumatore, secondo il noto paradigma della c.d. nullità di protezione. Appartiene a tale modello, inoltre, pure la previsione che circoscrive tale conseguenza alle sole clausole difformi dalle norme di tutela dell’ex-paziente oncologico (nonché di quelle connesse) e fa salvo il resto del contratto, conformemente alla tecnica della c.d. parzialità necessaria[8].
Un’ultima osservazione riguarda la sfera applicativa dell’oblio oncologico in ambito contrattuale, che come quasi tutti i progetti di legge in materia il testo unificato riferisce esclusivamente ai summenzionati servizi del settore bancario, finanziario e assicurativo. Non essendovi ragione di escludere che anche in ambiti diversi si possa presentare il rischio di discriminazioni e penalizzazioni degli ex-pazienti oncologici, appare invece preferibile la più ampia formulazione che era stata adottata dal d.d.l. n. 249, il quale, dopo avere richiamato i servizi di cui sopra, estendeva la tutela offerta dal nuovo istituto ad ogni altro tipo di contratto, anche esclusivamente tra privati, i termini e le condizioni del quale fossero suscettibili di essere influenzati, al momento della stipulazione del negozio o anche successivamente, dalle informazioni relative alla malattia pregressa dell’interessato.
4. (Segue). I procedimenti di adozione.
Un secondo ambito nel quale si manifesta l’esigenza di tutelare i soggetti guariti da un cancro contro ingiustificate penalizzazioni è quello delle procedure di adozione di minori.
Dev’essere al riguardo ricordato che, in sede di affidamento preadottivo, l’art. 22, commi 3° e 4°, l. 4 maggio 1983, n. 184 affida al Tribunale per i minorenni il compito di svolgere indagini riguardanti, tra le altre cose, le condizioni di salute dei richiedenti, facendo ricorso ai servizi socio-assistenziali degli enti locali nonché avvalendosi delle professionalità delle aziende sanitarie locali e ospedaliere; indagini, queste, funzionali alla valutazione dell’idoneità affettiva e della capacità dei coniugi di educare, istruire e mantenere l’adottando richiesta dall’art. 6, comma 2°, legge cit. Com’è facile immaginare, può allora accadere che la verifica circa la pregressa malattia oncologica di uno o entrambi i richiedenti, anche se superata da tempo, conduca l’autorità giudiziaria ad escludere la coppia dall’adozione per il timore di recidive e/o di una morte prematura.
In effetti, assumendo un punto di vista che privilegi la considerazione del superiore interesse del minore coinvolto[9], si potrebbe a prima vista pensare che l’adottando, già segnato dalle sofferenze dell’abbandono, debba essere affidato a genitori che siano i “migliori” possibili sotto ogni profilo e che l’idoneità psico-fisica degli aspiranti adottanti sia tra i requisiti da valutare in tal senso, con conseguente esclusione delle coppie affette da patologie in grado di mettere in pericolo la loro vita o comunque ridurne significativamente la qualità[10]. In dottrina e in giurisprudenza, peraltro, prevale la diversa opinione secondo cui le cattive condizioni di salute dei genitori non devono assumere valore discriminante a priori, ma vanno sempre considerate insieme alle risorse, alle motivazioni adottive e alle attitudini della coppia, che del resto potrebbe anche essere stata rafforzata e umanamente arricchita da esperienze negative sul piano della salute: malattie, invalidità e disabilità non sono, quindi, di per sé ostative all’adozione, ma lo diventano solo se e nella misura in cui escludano la capacità di assurgere al ruolo di genitori adottivi ai sensi dell’art. 6 della legge sull’adozione[11].
Si inserisce armoniosamente in questa tendenza, quindi, l’art. 3 del testo unificato in esame, il quale prevede di inserire nell’art. 22 della legge sull’adozione una nuova previsione che esclude le informazioni sulle patologie oncologiche, per le quali siano maturate le condizioni per il riconoscimento dell’oblio oncologico, dall’oggetto delle indagini sulla salute degli adottanti svolte dal Tribunale per i minorenni. Viene, inoltre, coerentemente previsto l’inserimento di un richiamo a tale disposizione nell’art. 29-bis legge cit., in tema di adozione di minori stranieri, nonché nell’art. 57 legge cit., in tema di adozione in casi particolari.
5. (Segue). Altre ipotesi e fattispecie.
Solamente alcuni dei progetti di legge sull’oblio oncologico si preoccupavano di considerare ambiti applicativi dell’istituto diversi e ulteriori rispetto a quelli finora menzionati. Tale più ampia prospettiva appare, peraltro, del tutto condivisibile, non essendovi ragioni per confinare la tutela offerta agli ex-pazienti oncologici solamente a determinati settori della vita di relazione, escludendone arbitrariamente altri.
Sotto questo punto di vista si giustifica, quindi, la previsione dell’art. 4, comma 1°, del testo unificato, alla stregua del quale è fatto divieto di richiedere informazioni concernenti patologie oncologiche per le quali è maturato il diritto all’oblio ai fini dell’accesso alle procedure concorsuali, quando nel loro ambito sia previsto l’accertamento di requisiti psicofisici o concernenti lo stato di salute dei candidati.
Un riferimento all’ambito lavorativo compare anche nel comma 2° dell’articolo in discorso, che in maniera assai più generica – verrebbe da dire, “programmatica” – del precedente stabilisce che, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali da adottare di concerto con il Ministro della salute, «sono promosse specifiche politiche attive per assicurare, a ogni persona che sia stata affetta da una patologia oncologica, uguaglianza di opportunità nell’inserimento al lavoro e nella permanenza al lavoro, nella fruizione dei relativi servizi e nella riqualificazione dei percorsi di carriera e retributivi».
6. Autorità e organismi competenti a vigilare sull’applicazione della legge sull’oblio oncologico.
Sostanzialmente tutti i d.d.l. sull’oblio oncologico prevedevano, infine, che dovesse essere affidato a una qualche autorità o ad un qualche organismo il compito di vigilare sull’applicazione della nuova legge. A tale riguardo, diversi progetti di legge contemplavano l’istituzione di un apposito organismo presso il Ministero della salute, con compiti anche consultivi e di promozione della conoscenza del nuovo istituto tra tutti i soggetti interessati.
Il d.d.l. n. 690, per esempio, prevedeva la costituzione di un «Garante per la tutela dei diritti delle persone guarite da patologie oncologiche», composto da persone di comprovate professionalità ed esperienza nelle materie regolate dalla nuova legge, con specifico riferimento alle patologie oncologiche. Nel d.d.l. n. 885 si menzionava una «Consulta per la parità di trattamento delle persone che sono state affette da patologie oncologiche», da rinnovare ogni quattro e anni e composta in modo da assicurare la presenza di rappresentanti delle autorità di vigilanza sui servizi bancari e assicurativi, della commissione per le adozioni internazionali, delle associazioni familiari a carattere nazionale e di persone di comprovata esperienza nelle materie regolate dalla nuova legge, con particolare riferimento alle patologie oncologiche. Ai sensi del d.d.l. n. 959, ancora, si sarebbe dovuto istituire una «Commissione per la tutela dei diritti delle persone guarite da malattie oncologiche», da rinnovare ogni tre anni, anche in questo caso composta da professionisti di comprovata esperienza nelle materie oggetto della nuova legge, sempre con particolare riferimento alle malattie oncologiche.
L’art. 5, comma 4°, del testo unificato ha tuttavia preferito adottare la meno ambiziosa soluzione, pure essa già avanzata da alcuni dei d.d.l. in esso confluiti, di affidare la vigilanza sull’applicazione della nuova disciplina in tema di oblio oncologico ad un’autorità già esistente, identificata nel Garante per la protezione dei dati personali.
7. Osservazioni conclusive.
Al di là delle imprecisioni e delle manchevolezze che caratterizzano il progetto di legge attualmente all’esame della Camera, la finalità di tutelare gli ex-pazienti oncologici dalle discriminazioni e dalle penalizzazioni che possono subire in conseguenza della loro condizione pregressa è pienamente condivisibile e senza dubbio merita di essere perseguita con un apposito intervento normativo.
Nel metterlo a punto, occorrerà sicuramente meditare con attenzione su diversi aspetti, due dei quali possono essere evidenziati in questa sede.
Da un primo punto di vista, è da chiedersi se la disciplina de qua possa andare incontro a censure di incostituzionalità, per violazione del principio di eguaglianza, per il fatto di riferirsi in via esclusiva alle sole malattie oncologiche. Tanto potrebbe accadere, in particolare, qualora si dovesse riscontrare che esistono anche altre patologie in grado di sollevare analoghe problematiche per coloro che ne sono guariti, salvo riuscire a rinvenire un fondamento razionale che giustifichi la scelta di riservare la protezione accordata dalla nuova legge solo agli individui che hanno superato un cancro.
Sotto un secondo profilo, è da riflettere sull’opportunità di (continuare ad) impiegare l’espressione «oblio oncologico», peraltro utilizzata con parsimonia dagli stessi disegni di legge presentati in materia, ma ora fatta propria nell’art. 1 del testo unificato[12]. Tale sintagma è senza dubbio efficace ed evocativo sul piano del linguaggio comune, ma dal punto di vista tecnico-giuridico appare piuttosto lontano dal modo in cui viene comunemente inteso il c.d. diritto all’oblio nella moderna società dell’informazione, quale strumento di tutela dell’individuo e dei suoi diritti fondamentali, in primis quelli all’identità personale ed alla riservatezza, a fronte della circolazione di notizie risalenti nel tempo, rievocate e riproposte a distanza di anni, in assenza di un interesse pubblico che ne giustifichi ulteriormente la diffusione e la conoscenza[13]. D’altra parte, è anche vero che nell’oblio oncologico assume fondamentale importanza l’elemento sul quale si fonda pure il diritto all’oblio appena sopra menzionato, vale a dire «il fattore tempo», che tanto nell’uno quanto nell’altro caso «appare essenziale per ritenere superflui e quindi dimenticare dati o eventi non più utili per la persona o addirittura dannosi, anche se in passato veritieri»: sotto questo punto di vista, quindi, nella conformazione di entrambi gli istituti «ciò che appare determinante […] è la rappresentazione attuale di sé che richiede che siano rimossi o cancellati dati del passato che la possano offuscare, alterare, danneggiare, simulare»[14].
Volendo tracciare un parallelismo con la nota vicenda del «testamento biologico», si può forse auspicare che, come quell’espressione è stata via via accantonata con l’avvento della legge n. 219 del 2017 e della più corretta dicitura «disposizioni anticipate di trattamento» prescelta dal legislatore, il sintagma «oblio oncologico» sia impiegato per diffondere tra i consociati la conoscenza del futuro dettato normativo, ma con la promulgazione di quest’ultimo venga messo da parte in favore dell’espressione, in effetti utilizzata nell’intitolazione del testo unificato così come nella grande maggioranza dei d.d.l. in esso confluiti, di «disposizioni per la prevenzione delle discriminazioni e la tutela dei diritti delle persone che sono state affette da malattie oncologiche».
[1] In argomento v., sin d’ora, M. Mezzanotte, Brevi note in tema di diritto ad essere “medicalmente” dimenticato: il caso del diritto all’oblio oncologico, in Consultaonline (https://giurcost.org/), 21 giugno 2023, p. 486 ss.
[2] Segnatamente Francia, Portogallo, Belgio, Lussemburgo, Olanda e Romania. Per maggiori dettagli al riguardo, v. M. Mezzanotte, op. cit., p. 488 ss.
[3] Si veda, in particolare, la Risoluzione del Parlamento europeo del 16 febbraio 2022 su rafforzare l’Europa nella lotta contro il cancro – Verso una strategia globale e coordinata (2020/2267(INI)), n. 125.
[4] Sottolinea la difficoltà di definire con precisione la categoria dei c.d. cancer survivors anche M. Mezzanotte, op. cit., p. 487.
[5] Più precisamente, ai sensi dell’art. 1892 c.c., l’assicuratore può chiedere l’annullamento del contratto laddove ricorrano tre requisiti: a) una dichiarazione inesatta o reticente dell’assicurato sulle circostanze relative al rischio; b) l’influenza di tale dichiarazione o reticenza sulla rappresentazione del rischio da parte dell’assicuratore e, quindi, sul suo consenso, nel senso che egli non lo avrebbe dato, o l’avrebbe dato a condizioni diverse, se avesse conosciuto in modo completo ed esatto le circostanze influenti sul rischio; c) il dolo o la colpa grave dell’assicurato nel rendere la dichiarazione inesatta o reticente. Nel caso, poi, in cui il contratto venga annullato, l’assicuratore ha comunque diritto, oltre ai premi scaduti, a quelli relativi al periodo di assicurazione in corso al momento in cui ha chiesto l’annullamento e, in ogni caso, al premio convenuto per il primo anno. Laddove l’assicurato abbia reso una dichiarazione falsa o sia stato reticente senza dolo o colpa grave, ai sensi dell’art. 1893 c.c. l’assicuratore può invece recedere dal contratto con efficacia ex nunc, in tal modo rimanendo, anche in questo caso, a lui acquisiti i premi scaduti e quelli in corso al momento del recesso. Per maggiori dettagli sul punto e per il diritto dell’assicuratore di negare il pagamento dell’indennità, v. F. Peccenini, Assicurazione. Art. 1882-1932, in Comm. cod. civ. Scialoja-Branca, Bologna, 2011, p. 58 ss.; A. Bracciodieta, Il contratto di assicurazione. Disposizioni generali. Artt. 1882-1903, in Comm. cod. civ. Schlesinger, Milano, 2012, p. 123 ss.
[6] I d.d.l. n. 413 e 1182 inoltre prevedevano l’inserimento, all’interno dell’art. 21 del Codice del consumo, di un nuovo comma 3-ter, ai sensi del quale era da considerare scorretta la pratica commerciale di una banca, di un istituto di credito, di un’impresa di assicurazione, di un intermediario assicurativo o di un intermediario finanziario che ometta di informare il consumatore in merito al suo diritto a non fornire informazioni relative alla sua pregressa malattia oncologica in presenza delle condizioni che consentono la maturazione del diritto all’oblio; era considerata altresì scorretta la pratica dei medesimi operatori che, trascorso il termine prescritto dalla legge, richiedano tali informazioni, ovvero che, sulla base di esse, si rifiutino di contrarre o applichino oneri, garanzie accessorie o altre condizioni contrattuali aggiuntive.
[7] Sul punto, i d.d.l. n. 744, 885 e 1013 soggiungevano, in maniera certamente non inopportuna, che nei casi considerati fossero da considerare inapplicabili gli artt. 1892 e 1893 c.c.
[8] V., ex multis, C.M. Bianca, Diritto civile. 3. Il contratto, 3a ed., Milano, 2019, p. 579; M. Mantovani, Le nullità e il contratto nullo, in Tratt. contr. Roppo, IV, Rimedi, 1, 2a ed., Milano, 2023, p. 164; M. Girolami, voce Nullità di protezione, in Enc. dir., I tematici, I, Contratto, Milano, 2021, p. 712 ss. Con particolare riguardo al problema dell’integrazione del contratto del consumatore parzialmente nullo, v., poi, S. Gatti, Oltre la nullità (parziale) di protezione del contratto B2C: integrazione e restituzioni nella prospettiva di una tutela utile per il contraente debole, in Pers. e merc., 2022, p. 608 ss.
[9] In argomento v., per tutti, M. Bianca (a cura di), The best interest of the child, Roma, 2021, reperibile al seguente link: https://www.editricesapienza.it/sites/default/files/5950_Bianca_Vol_Child_completo.pdf.
[10] Cfr. S. Matteini Chiari, Adozione. Nazionale, internazionale e affidamento a terzi, Milano, 2019, p. 201 s.
[11] Fra gli altri v., anche per i relativi riferimenti giurisprudenziali, C.M. Bianca, Disabilità e adozione, in Scritti in memoria di G. Cattaneo, I, Milano, 2002, p. 209 ss.; N. Cipriani, Le adozioni, in A. Cordiano - R. Senigaglia (a cura di), Diritto civile minorile, Napoli, 2022, p. 335; L. Fadiga, L’adozione legittimante dei minori, in G. Collura - L. Lenti - M. Mantovani (a cura di), Filiazione, in Tratt. dir. fam. Zatti, 2a ed., Milano, 2012, p. 871; F.M. Scaramuzzino, Sub art. 6 legge 4 maggio 1983, n. 184, in Comm. dir. fam. Zaccaria, 4a ed., Milano, 2020, p. 1846.
[12] L’espressione era rinvenibile solamente nell’intitolazione del d.d.l. n. 1066 e nell’articolato dei d.d.l. n. 413 e 690. La utilizzava, inoltre, anche il d.d.l. n. 885, ma in maniera del tutto estemporanea nel dettare le attribuzioni della istituenda «Consulta per la parità di trattamento delle persone che sono state affette da patologie oncologiche».
[13] V., ex multis, V. Bellomia, Diritto all’oblio e società dell’informazione, Milano, 2019.
[14] Le parole riportate tra virgolette nel testo sono di M. Bianca, Memoria ed oblio: due reali antagonisti?, in MediaLaws, 2019, p. 28 s.