Sommario: 1. Premessa. – 2. La disciplina delle sopravvenienze: un problema generale di adeguatezza? – 3. Segue: le sopravvenienze atipiche (o non codificate). – 4. Il contratto di locazione ad uso commerciale. – 5. Il contratto di locazione a uso abitativo. – 6. L’affitto di azienda. – 7. La locazione finanziaria (o leasing).
1. Premessa.
Lo stato di emergenza[1] in cui versava l’Italia, derivante dalla diffusione del Covid-19, ha imposto una revisione transeunte del contemperamento tra i diritti dei singoli e l’interesse della collettività. Accanto alla crisi sanitaria e a quella economica, si è manifestata anche una crisi giuridica, determinata dall’enorme mole di previsioni legislative prodotte durante il periodo emergenziale e dal difficile contemperamento delle stesse con il sistema normativo vigente. In particolare, la pandemia ha alimentato la discussione giuridica su numerosi istituti del diritto civile e sulla tenuta stessa del diritto delle obbligazioni e dei contratti.
Il suddetto dibattito ha ad oggetto, da un lato, l’adeguatezza del sistema rimediale delle sopravvenienze rispetto ai rapporti negoziali pregiudicati e, dall’altro, l’impatto dell’emergenza sanitaria e delle misure di contenimento adottate dal governo sui contratti in corso di esecuzione.
2. La disciplina delle sopravvenienze: un problema generale di adeguatezza?
Occorre osservare come le sopravvenienze tipiche, ossia l’impossibilità sopravvenuta della prestazione e l’eccessiva onerosità, non abbiano potuto dispiegare particolare utilità rispetto alle contingenze richieste a causa del virus.
Per quanto concerne l’impossibilità sopravvenuta poiché il pagamento del canone di locazione costituisce un’obbligazione pecuniaria, in virtù del principio genus numquam perit, essa non appare suscettibile di estinzione per impossibilità sopravvenuta, non essendo l’oggetto di simile impegno obbligatorio naturalmente esposto a rischi di materiale perimento o di indisponibilità giuridica. In conseguenza di ciò, secondo la Relazione tematica della Corte di Cassazione n. 56 dell’8 luglio 2020, l’operatività che un simile strumento può dispiegare rispetto alle contingenze discendenti da una pandemia non possono che essere circoscritte, da un lato, alla disciplina dell’impossibilità parziale, in ragione del pagamento ridotto del canone e, dall’altro, alla regolamentazione di quella temporanea, connessa all'osservanza delle prescrizioni “anti-Covid”.
Per quanto riguarda l’eccessiva onerosità una parte degli interpreti sostiene l’inidoneità dell’istituto in questione per risolvere la crisi dovuta al coronavirus, perché trascurerebbe l’ipotesi in cui il contraente in difficoltà ha interesse non a sciogliersi dal vincolo contrattuale, bensì a mantenere in vita il rapporto. Il ricorso a questo rimedio è stato criticato dalla giurisprudenza, secondo la quale la prestazione, ossia la corresponsione del canone di locazione, è sempre possibile. Infatti, richiedere la riduzione del canone significherebbe invocare motivi riguardanti il reddito di impresa, che fanno parte dell’ordinario rischio dell’imprenditore, che dovrebbe rimanere a carico del conduttore.
Ancora, parte della letteratura afferma, invece, che la pandemia darebbe luogo sia a un’impossibilità sopravvenuta sia a un’eccessiva onerosità. Infatti, l’alterazione del sinallagma, dovuta alle misure di contenimento, può riguardare sia l’onerosità della prestazione di una delle parti, sia appartenere all’impossibilita totale o parziale che interessa la prestazione cui sarebbe tenuto uno dei contraenti.
3. Segue: le sopravvenienze atipiche (o non codificate).
Parte della dottrina riconduce tra le sopravvenienze atipiche anche la pandemia da Covid-19, e sostiene che, in riferimento ai contratti di locazione, potrebbe essere invocato l’istituto della presupposizione. Infatti, con il venir meno della difficoltà nel fornire la prova di un fatto implicitamente considerato dalle parti, l’applicazione della presupposizione sembrerebbe ammissibile, anche se si ritiene che l’interprete finirebbe per scegliere alternativamente tra la risoluzione per eccessiva onerosità e quella per impossibilità sopravvenuta della prestazione.
Secondo altra parte della dottrina, non potrebbe essere ipotizzato anche uno spazio applicativo per la presupposizione, in quanto quest’ultima, invece di mirare alla conservazione del contratto, è volta alla cancellazione del vincolo negoziale.
4. Il contratto di locazione ad uso commerciale.
Contrariamente a quanto è avvenuto in ordinamenti giuridici stranieri[2], in Italia non sono stati emanati provvedimenti legislativi specifici per risolvere il problema relativo all’impatto delle misure di contenimento sulle locazioni commerciali. Infatti, sono state introdotte alcune agevolazioni tributarie di portata generale, sotto forma di crediti d’imposta. Dunque, non è stato previsto la sospensione del canone, tanto è vero che il credito è riconosciuto solo a séguito del pagamento del corrispettivo.
La dottrina prevalente ha messo in risalto come la legislazione emergenziale[3] non autorizzi il conduttore di un immobile commerciale, la cui attività risulti sospesa dai provvedimenti governativi, a non pagare o a sospendere ovvero ridurre/rinegoziare il pagamento del canone di locazione. La legittimità della sospensione totale o parziale del canone sarebbe possibile solamente qualora venga a mancare la controprestazione del locatore. Infatti, una riduzione autonoma del corrispettivo periodico costituirebbe un’alterazione del sinallagma contrattuale, con conseguente squilibrio delle prestazioni.
La giurisprudenza ha affrontato molte domande della parte locataria di sospensione ovvero di revisione del canone locatizio. A questo proposito, peculiare importanza riveste l’ordinanza emessa dal Tribunale di Roma il 29 maggio 2020, che si è occupata della riduzione del canone di un esercizio commerciale a causa delle restrizioni imposte dalla pandemia. L’impossibilità era considerata, da un lato, parziale, in quanto il negozio non serviva più come spazio di vendita, ma restava utilizzabile come magazzino per le merci del rivenditore, e, dall’altro, temporanea, siccome l’attività commerciale avrebbe ripreso il suo corso dopo i mesi del lockdown.
I giudici hanno dato peso alla violazione dell’obbligo di buona fede nell’esecuzione del contratto di locazione, stabilendo che tale violazione impone una riduzione del canone in ragione della pandemia.
Alcuni autori sostengono che il coronavirus sarebbe un evento di forza maggiore che incombe su entrambe le parti del contratto di locazione. Tuttavia, la giurisprudenza di merito afferma che il rispetto delle misure pandemiche costituisce solamente una causa astratta di forza maggiore, da valutare in concreto.
Parte della letteratura ipotizza l’esperibilità del diritto di recesso per gravi motivi ex art. 27, ultimo comma, della legge sull’equo canone. A tal fine, il conduttore dovrebbe dimostrare che la sua crisi finanziaria, derivante dal rispetto delle misure di contenimento, sia di una gravità tale da rendere pregiudizievole la persistenza del rapporto locativo. Tuttavia, si tratta di una misura che comporterebbe la caducazione del vincolo contrattuale e non esimerebbe il conduttore dall’obbligo di versare il canone per la parte del rapporto ormai esaurita.
Alla luce di quanto detto, sembra ragionevole ritenere che il legislatore non abbia predisposto, come è accaduto per gli altri tipi di locazione, una disciplina apposita in grado di contrastare la crisi economica derivata dal Covid-19.
5. Il contratto di locazione a uso abitativo.
La disciplina emergenziale ha provveduto, a partire dal decreto «cura Italia», a una sospensione di tutti i provvedimenti di rilascio degli immobili (a uso abitativo e non). Inoltre, il decreto, all’art. 65, comma 2-ter, ha previsto per il Fondo nazionale per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione 60 milioni di euro, e ha destinato 9.5 milioni di euro al Fondo per gli inquilini morosi incolpevoli. Secondo la dottrina, si tratta di misure che si sommano alla sospensione degli sfratti, e che sostengono quella fascia di popolazione che non riesce a pagare i canoni alle condizioni di mercato, né ha i mezzi per l’acquisto di un’abitazione.
In ragione del protrarsi degli effetti economici negativi della pandemia, il legislatore dell’emergenza ha previsto ulteriori 140 milioni di euro per l’anno 2020 da destinare al Fondo nazionale per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione con l’art. 29, d.l. n. 34/2020. Nell’ottica di incentivare la revisione dell’originario canone di locazione attraverso una rinegoziazione volontaria, il legislatore ha stabilito, nelle città ad alta intensità abitativa, la possibilità per i locatori di ridurre spontaneamente il canone di locazione della prima casa. Si tratta dell’art. 9-quater, d.l. n. 137/2020 (c.d. decreto «ristori unificato»), che ha previsto la possibilità per i locatori di ricevere il 50% della revisione del canone fino a un importo massimo di 1.200 euro annui, se il contratto non è sottoposto al regime di tassazione della “cedolare secca”. Questo «rimborso» da parte dello Stato è possibile grazie all’istituzione di un fondo ad hoc di 50 milioni di euro per l’anno 2021.
Dalle suesposte considerazioni si evince che il conduttore non può, di sua spontanea iniziativa, interrompere il pagamento del canone ovvero corrispondere un importo inferiore rispetto a quello stabilito nel contratto di locazione. Vi è, però, la possibilità, per il locatore e il conduttore, di stipulare un accordo sulla revisione o sospensione del canone. Questo accordo può essere concluso per le locazioni di immobili a uso sia abitativo sia commerciale.
Una volta redatto e sottoscritto, l’accordo deve essere registrato all’Agenzia delle Entrate, la quale ha predisposto un apposito modello (c.d. «modello 69»), attraverso il quale le parti possono chiedere la registrazione dell’atto entro 60 giorni dal raggiungimento del patto stesso. L’accordo in discorso è vantaggioso per entrambi i contraenti.
La pandemia ha occasionato una vera e propria legislazione transitoria di emergenza. Per quanto concerne i provvedimenti governativi, sembra ragionevole condividere l’opinione di quella parte della dottrina che osserva come l’attenzione del legislatore si sia concentrata maggiormente sul sottotipo non abitativo, che, in effetti, risulta essere quello più colpito. In rifermento a quest’ultimo aspetto, la dottrina analizza gli effetti della disciplina emergenziale in termini di lungo periodo, considerando sia la prospettiva macroeconomica che quella microeconomica, interrogandosi sui rimedi offerti dalla disciplina generale delle obbligazioni e dei contratti, ovvero se sia necessario un intervento di tipo pubblicistico. Nondimeno, va evidenziato come il legislatore emergenziale abbia predisposto misure più specifiche per il sottotipo abitativo rispetto alla locazione commerciale.
7. L’affitto di azienda.
La pandemia da Covid-19 ha inevitabilmente prodotto effetti negativi anche sull’azienda e i relativi contratti di affitto. La sospensione delle attività commerciali, dovuta ai provvedimenti emergenziali, ha generato una crisi di liquidità delle aziende, che si sono trovate a dover corrispondere comunque i canoni previsti dai contratti sottoscritti, senza poter materialmente beneficiare della controprestazione cui avevano diritto, ossia del godimento dei beni affittati.
Per quanto concerne la disciplina emergenziale, occorre notare che le regole previste per la locazione commerciale possono trovare applicazione anche rispetto al contratto di affitto di azienda. In proposito, assume rilevanza la già citata decisione del Tribunale di Roma del 29 maggio 2020, che ha sottolineato come la normativa emanata per contrastare la diffusione del virus non offra all’affittuario la possibilità di sospendere il pagamento del canone di affitto. Il giudice romano ha posto l’accento sull’assenza di una precisa disciplina che consentisse la sospensione del canone. In particolare, il Tribunale, considerando la clausola di esecuzione del contratto secondo buona fede ex art. 1375 c.c. e il comportamento secondo correttezza di cui all’art. 1175 c.c. quali meri obblighi di collaborazione tra le parti, ha messo in luce come essi non potrebbero incidere direttamente sulle obbligazioni principali del contratto, «a partire dai tempi e dalla misura di corresponsione del canone». Questa posizione è stata ribadita dal medesimo Tribunale con una decisione del 25 luglio 2020, che ha rigettato il ricorso ex art. 700 c.p.c. promosso dall’affittuario attribuendo uno sconto del canone pari al 70%. Il giudice capitolino ha sostenuto che i provvedimenti emanati per effetto della diffusione del virus costituissero ipotesi di impossibilità parziale e temporanea della prestazione dell’affittante, ai sensi degli artt. 1256 e 1464 c.c.
In senso opposto sono le pronunce del Tribunale di Torre Annunziata del 22 luglio 2021 e del 10 aprile 2022 in tema di contratto di affitto di ramo di azienda. La prima pronuncia ha ritenuto la parte conduttrice legittimata ad ottenere una riduzione in via cautelare dei canoni previsti dal contratto, mentre la seconda ha ammesso il ricorso alla buona fede esecutiva di cui all’art. 1375 c.c. e al principio di solidarietà ex art. 2 Cost.
Il caso da ultimo accennato riguardava una società alberghiera conduttrice di un ramo d’azienda, che si era rivolta all’autorità giudiziaria per ottenere una pronuncia che dichiarasse non dovuto il canone per vari periodi, intercorrenti tra il 2020 e il 2022. L’affittuario ha fatto valere l’incidenza negativa dell'emergenza sanitaria sui ricavi della società e l’impossibilità di pagare ulteriori canoni senza ricorre a misure di finanziamento.
Il Tribunale ha accolto l’istanza del locatario con decreto pronunciato inaudita altera parte; tale decreto è stato revocato a séguito dell’impugnazione dell’affittante, a cui ha fatto seguito reclamo ex art. 669-terdecies del conduttore. Successivamente, l'attore ha spiegato nuovo ricorso ex art. 700 c.p.c. allo scopo di ottenere la sospensione di altri canoni inerenti all’anno 2022.
La pronuncia del 22 luglio 2021 si caratterizza per essere particolarmente attenta alle esigenze del conduttore. Tuttavia, il modus operandi delle due ordinanze considerate è diverso, in quanto, nel primo provvedimento viene privilegiata una lettura estensiva di una clausola contrattuale prevista per il caso della sopravvenuta inutilizzabilità del centro sportivo oggetto di affitto, mentre, nel secondo caso, si fa riferimento all’art. 1375 c.c. come strumento generale di riequilibrio del sinallagma.
8. La locazione finanziaria (o leasing).
A séguito dell’emergenza sanitaria, inizialmente, molti istituti di credito hanno proposto ai propri clienti le moratorie ABI, attraverso le quali è possibile posticipare, e quindi sospendere, i pagamenti delle rate di leasing fino a un anno. L’eventuale accordo tra banche e correntisti, destinato ai finanziamenti di micro, piccole e medie imprese danneggiate dall’emergenza Covid-19, è applicabile ai prestiti concessi fino al 31 gennaio 2020.
L’art. 56 del decreto «cura Italia» contempla la possibilità, per le imprese, di fruire di una sospensione fino a sei mesi di tutte le rate di leasing, mutui e finanziamenti. La norma considerata prevede anche la possibilità, per imprese e professionisti, di beneficiare del divieto di revoca, proroga e sospensione del canone del leasing.
Per accedere alla moratoria, l’imprenditore deve effettuare una comunicazione all’istituto di credito, consistente in un’autodichiarazione che evidenzi una temporanea carenza di liquidità causata dalla pandemia. Tale dichiarazione comporta anche l’ammissione automatica alla speciale forma di garanzia pubblica costituita dal Fondo di garanzia per le PMI, istituito con l’art. 2, comma 100, lett. a), l. n. 662/1996, incrementato grazie al decreto «liquidità».
L’art. 57, d.l. 17 marzo 2020, n. 18 ha disciplinato una «garanzia della liquidità», nella parte in cui prevede che le banche, attraverso il supporto della Cassa Depositi e Prestiti S.p.A., potranno erogare più agevolmente finanziamenti alle imprese colpite dalla pandemia.
Sembra opportuno segnalare il credito di imposta ex art. 28 del decreto «rilancio», che prevede un’agevolazione finanziaria anche per i canoni leasing. Tuttavia, stando all’interpretazione contenuta nella circolare n. 14/E del 2020 dell’Agenzia delle Entrate, il credito d’imposta non sarebbe applicabile ai canoni di locazione finanziaria pagati dagli utilizzatori.
Parte della dottrina sostiene che non sarebbe da escludere la soluzione del Tribunale di Roma resa con ordinanza nel 27 agosto 2020, riguardante la riduzione del canone di un contratto di locazione. Secondo tale filone di pensiero, essendo il leasing (finanziario) equiparabile alla locazione, nonostante l’avvenuta tipizzazione normativa ad opera della l. n. 124/2017, la soluzione del giudice capitolino potrebbe essere applicata anche alla locazione finanziaria. In particolare, nella stessa ottica si potrebbe prospettare, in virtù dell’obbligo di buona fede e del principio di solidarietà, la riduzione del corrispettivo periodico dovuto e la sospensione di un’eventuale garanzia fideiussoria.
Il legislatore dell’emergenza, dunque, seppure in modo scarno, ha previsto una disciplina ad hoc rispetto al contratto di locazione commerciale.
[1] Lo stato di emergenza epidemiologica da Covid-19 è stato dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020 fino al 31 luglio 2020. Con successive previsioni normative, lo stato di emergenza è stato prorogato fino al 31 marzo 2022.
[2] In Germania si prevede la sospensione dell’adempimento, se la microimpresa non sia in grado di eseguire la prestazione. Tuttavia, il debitore non può invocare il diritto di sospendere l’esecuzione, qualora la sospensione sia rischiosa per il creditore o per l’esercizio dell’attività di impresa. Nel caso di locazione di immobili ad uso abitativo, il mancato pagamento del canone, che resta dovuto, non costituisce una causa di risoluzione del contratto per inadempimento.
La Spagna ha disposto una moratoria, relativamente al pagamento del canone, per tutti i contratti stipulati con società o enti di edilizia residenziale, mentre per le locazioni abitative si è previsto una dilazione della scadenza del contratto e per i proprietari dotati di un’apprezzabile solidità economica, è stata stabilita una riduzione del 50% del canone, ovvero una dilazione del pagamento dell’importo originario, secondo un piano di rateizzazione triennale.
La Francia nulla ha disposto in tema di locazione commerciale, mentre per le locazioni abitative ha dettato uno statuto di significativo presidio per i conduttori, precludendo l’applicazione di sanzioni pecuniarie e interessi di mora, oltreché l’escussione di garanzie rilasciate per il mancato pagamento dei canoni
Per quanto concerne i contratti di locazione di immobili a uso sia abitativo sia commerciale, nel Regno Unito i conduttori devono continuare a pagare il canone di locazione e rispettare il loro contratto di locazione.
[3] Si allude agli artt. 65 e 91 del decreto «cura Italia».