L’articolo analizza la recente sentenza del Consiglio di Stato n. 7839/2025, che ha accolto il ricorso proposto da ASGI e Cittadinanzattiva contro il Decreto del Ministro dell’Interno del 4 marzo 2024, relativo al capitolato d’appalto per la gestione dei Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR). La decisione, in continuità con la sentenza della Corte Costituzionale n. 96/2025, rappresenta un passo significativo nel riconoscimento dei limiti costituzionali e dei diritti fondamentali delle persone trattenute nelle strutture in oggetto.
La pronuncia evidenzia, in particolare, le gravi criticità nella tutela della salute e nella prevenzione del rischio suicidario all’interno dei CPR, richiamando l’obbligo dell’amministrazione di conformarsi alla Direttiva Lamorgese del 2022 e di garantire valutazioni mediche adeguate e continue. I dati del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà e del Comitato europeo per la prevenzione della tortura confermano un quadro di sofferenza psicofisica e disomogeneità applicativa sul territorio nazionale.
Il Consiglio di Stato riafferma che, pur non essendo strutture penitenziarie, i CPR devono assicurare il pieno rispetto dei principi costituzionali di tutela della libertà personale (art. 13 Cost.) e del diritto alla salute (art. 32 Cost.). La decisione, unitamente al monito contenuto nella citata pronuncia della Corte Costituzionale, sottolinea l’importanza di una riforma sostanziale del sistema di detenzione amministrativa in Italia e segna un momento di svolta nel rapporto tra politiche migratorie e diritti fondamentali, soprattutto in un quadro politico europeo che sta ampliando la possibilità di prevedere il trattenimento amministrativo anche nel processo di esternalizzazione delle frontiere.
Sommario: 1. La pronuncia 96/2025 della Corte Costituzionale – 2. Il Capitolato d’appalto per i CPR e la Direttiva Lamorgese – 3. La Sentenza del Consiglio di Stato n. 07839/2025 - Le osservazioni del Garante Nazionale dei Diritti dei Detenuti e del Comitato Europeo per la Prevenzione della tortura – 5. Implicazioni e prime risposte giurisprudenziali.
1. La pronuncia 96/2025 della Corte Costituzionale
Nel corso di quest’anno sono già due le pronunce che affrontano tematiche delicate legate alla detenzione amministrativa nei Centri Per il Rimpatrio.
La prima è la sentenza n. 96/2025 della Corte Costituzionale[1], richiamata anche dal Consiglio di Stato nel provvedimento qui analizzato, la quale, è stata interpellata dalle ordinanze del Giudice di pace di Roma che “espongono che il trattenimento nel CPR determina uno stato di restrizione della libertà personale secondo modalità e procedimenti non disciplinati da una normativa di rango primario, in violazione della riserva assoluta di legge prevista dall’art. 13, secondo comma, Cost., della riserva rinforzata di legge di cui all’art. 10, secondo comma, Cost., nonché del principio di eguaglianza (art. 3 Cost., unitamente agli artt. 2, 13, 24, 25, primo comma, e 111, primo comma, Cost.)... Inoltre, la legge ometterebbe di individuare l’autorità giudiziaria competente al controllo di legalità dei «modi» di privazione della libertà personale, parimenti oggetto di riserva assoluta di legge, con ripercussioni sul diritto di difesa e sulla tutela del diritto alla salute dei soggetti in stato di detenzione amministrativa e sul principio di eguaglianza, ove la situazione degli stranieri trattenuti sia comparata con quella dei detenuti, cui si applica la disciplina dell’ordinamento penitenziario.”.
La Corte Costituzionale pur dichiarando le questioni di legittimità costituzionale inammissibili per la necessità di un intervento legislativo organico, ha riconosciuto un vulnus nella gestione dei CPR, stabilendo che l'attuale disciplina non rispetta la riserva assoluta di legge (Art. 13 Cost.), in quanto le modalità concrete di restrizione della libertà sono demandate a regolamenti e direttive ministeriali.
La Corte, dunque, nell’affermare l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale sollevata afferma: "È appena il caso di rilevare che il richiamo nell’art. 14, comma 2, del d.lgs. n. 286 del 1998, all’art. 21, comma 8, del d.P.R. n. 394 del 1999 non soddisfa, in alcun modo, la riserva assoluta di cui all’art. 13, secondo comma, Cost. La disposizione richiamata, infatti, non solo non è un atto con forza e valore di legge, ma a sua volta prevede che «[l]e disposizioni occorrenti per la regolare convivenza all’interno del centro, comprese le misure strettamente indispensabili per garantire l’incolumità delle persone, nonché quelle occorrenti per disciplinare le modalità di erogazione dei servizi predisposti per le esigenze fondamentali di cura, assistenza, promozione umana e sociale e le modalità di svolgimento delle visite, sono adottate dal prefetto, sentito il questore, in attuazione delle disposizioni recate nel decreto di costituzione del centro e delle direttive impartite dal Ministro dell’interno per assicurare la rispondenza delle modalità di trattenimento alle finalità di cui all’articolo 14, comma 2, del testo unico». Rimettendo, pertanto, pressoché l’intera disciplina della materia a norme regolamentari e a provvedimenti amministrativi discrezionali, il legislatore è venuto meno all’obbligo positivo di disciplinare con legge i «modi» di limitazione della libertà personale, eludendo la funzione di garanzia che la riserva assoluta di legge svolge in relazione alla libertà personale nell’art. 13, secondo comma, Cost.”.
La motivazione passa in rassegna anche la normativa europea rilevando che anche le direttive UE in materia di trattenimento non forniscono una normativa completa e dettagliata che limiti la discrezionalità dell'amministrazione. In particolare, manca una disciplina puntuale su come devono essere erogati i servizi essenziali (cura, assistenza, promozione umana e sociale, visite) durante il trattenimento, al fine di tutelare i diritti fondamentali delle persone soggette a tali misure restrittive. Tutto questo nonostante l’Europa stia non solo aprendo le possibilità di trattenimento, anche nelle procedure di frontiera ma pensi sempre più alla esternalizzazione delle frontiere.
Anche per questo quadro politico istituzionale è di fondamentale importanza la conclusione della Consulta che si traduce in un monito diretto al fine di legiferare con urgenza su una materia sempre più in espansione nel quadro europeo delle politiche migratorie: " Spetta, dunque, al legislatore adottare una disciplina che assicuri un’adeguata base legale alle enunciate istanze, tanto più urgente in considerazione della centralità della libertà personale nel disegno costituzionale".
2. Il Capitolato d’appalto per i CPR e la Direttiva Lamorgese
Le strutture di detenzione amministrativa, ex art. 14 D.lgs. 142/2015, centri per il rimpatrio o CPR attivi sul territorio sono dieci al momento: Torino, Milano, Gorizia, Roma, Bari, Brindisi, Macomer (NU), Palazzo San Gervasio (PZ), Pian del Lago (CL) e Trapani. Dette strutture sono gestite da enti gestori che partecipano ai bandi di gara indetti dalle Prefetture competenti per le aree dove incidono geograficamente. Tali bandi richiamato appunto il capitolato d’appalto approvato con Decreto Ministeriale 4 marzo 2024. Il capitolato definisce gli standard minimi in termini di beni e servizi da erogare ma anche il monte ore delle figure professionali e degli operatori e operatrici che devono essere presenti nelle strutture in base agli scaglioni di capienza delle stesse. È proprio il capitolato e le garanzie in esso richiamate ad essere contestato nella sentenza del consiglio di Stato che andremo a esaminare. Al quadro costituito dal Decreto ministeriale con cui è stato adottato il capitolato d’appalto per le strutture di trattenimento, si aggiunge la Direttiva del Ministro dell'Interno Luciana Lamorgese del 19 maggio 2022 che è stata concepita per bilanciare l'esigenza di assicurare l'effettività delle espulsioni con l'obbligo inderogabile di salvaguardare la salute delle persone trattenute nei CPR, imponendo tra le altre misure, una valutazione sanitaria al momento dell'ingresso, per accertare l’assenza di patologie incompatibili con la vita in comunità ristretta (es. malattie infettive contagiose, gravi disturbi psichiatrici, patologie acute o cronico-degenerative che non possano ricevere cure adeguate). La visita deve attestare la compatibilità delle condizioni di salute o vulnerabilità. Viene effettuato uno screening medico completo per valutare lo stato di salute generale, eventuali vulnerabilità e la necessità di visite specialistiche. Particolare attenzione dovrebbe essere dedicata alla ricerca di segni di traumi o esiti di torture. La Direttiva, insomma, ha istituito l'obbligo di un meccanismo di controllo preventivo e continuo, richiedendo anche che le strutture sanitarie siano in grado di effettuare tali visite anche in orario notturno e/o festivo, e di assicurare che la documentazione clinica sia sempre completa e accessibile al responsabile sanitario del CPR.
Per fare ciò è previsto, come allegato alle convenzioni che legano enti gestori e Prefetture competenti, di stipulare specifici protocolli d'intesa con le aziende sanitarie locali e gli enti gestori aggiudicatari di bandi per la gestione dei CPR. Questi protocolli devono garantire che ogni persona trattenuta sia sottoposta a una visita medica approfondita prima del trattenimento e dunque dell’ingresso nei centri di detenzione. Lo scopo è duplice: accertare l'assenza di patologie che rendano il trattenimento incompatibile con la salute individuale, e prevenire la diffusione di malattie contagiose. In particolare, dunque il protocollo sanitario deve escludere dal trattenimento le persone che presentino: malattie infettive pericolose per la comunità, patologie acute o cronico-degenerative che non possano ricevere cure adeguate in un ambiente di comunità ristretta e disturbi psichiatrici che risultino incompatibili con la permanenza nel CPR.
Questo però non si traduce in un’applicazione omogenea a livello nazionale, in quanto il personale delle aziende sanitarie che verifica le condizioni di salute e dunque certifica la compatibilità con la vita ristretta non svolge formazioni ad hoc sul tema della detenzione amministrativa e le implicazioni della stessa sul benessere psico-fisico delle persone. Infatti, quello che spesso emerge è una disomogeneità nella formulazione dei certificati stessi di compatibilità con la vita ristretta per cui in alcune aree vengono valutati aspetti che altrove non sono presi in considerazione. Basti pensare che alcune patologie psichiatriche o episodi di disagio psichico transitorio, in persone detenute in strutture penitenziarie, viene affrontato attraverso terapie farmacologie e supporto psicologico grazie al personale del servizio sanitario che opera nelle carceri. Una volta concluso il percorso in carcere, però, e trasferita la persona nei CPR per eseguire la misura del rimpatrio, la prosecuzione della terapia e del percorso terapeutico passa dalla competenza e gestione del servizio sanitario a quello privato del medico, professionista a partita iva, dell’ente gestore. Anche la valutazione stessa sulla compatibilità del trattenimento al mutare delle condizioni delle persone trattenute è a discrezione e su sollecitazione dell’ente gestore privato che può richiedere visite di follow-up esterne con le aziende sanitarie locali.
3. La Sentenza del Consiglio di Stato n. 07839/2025
"Nelle more dell’indispensabile intervento del legislatore, le Amministrazioni competenti sono chiamate ad un attento esame della situazione fattuale nei Centri, affinché la riformulazione delle disposizioni impugnate del capitolato possa tener conto di ogni elemento rilevante, nella prospettiva di garantire livelli di assistenza socio-sanitaria in linea con le previsioni costituzionali e sovranazionali. Anche la direttiva del Ministro dell’Interno del 19.05.2022 (c.d. Lamorgese) dovrà essere seguita scrupolosamente, superando le attuali discrasie di cui sopra si è dato conto".
La recente decisione del Consiglio di Stato n. 07839/2025[2] accoglie il ricorso presentato dall'Associazione Studi Giuridici sull'Immigrazione (ASGI) e da Cittadinanzattiva APS contro il Decreto del Ministro dell'Interno del 4 marzo 2024[3], che aveva approvato lo schema di capitolato d'appalto per la gestione dei CPR. La sentenza affronta tematiche importanti ed estremamente tecniche riguardanti gli standard sanitari e le misure poste in essere nella gestione dei CPR per la prevenzione del rischio suicidiario all’interno.
Le associazioni ricorrenti avevano, infatti, impugnato il capitolato d'appalto contestando le previsioni relative all'assistenza sanitaria e al personale medico-sanitario ritenute insufficienti. Il ricorso era basato sulla presunta violazione dell’articolo 13 e dell’articolo 32 della Costituzione, denunciando in sostanza un'insufficiente tutela per le persone con vulnerabilità psichica o sottoposte a trattamento farmacologico, l'inadeguatezza del monte ore del personale medico, e la grave mancanza di un piano anti suicidiario e di procedure specifiche di osservazione all’ingresso nella struttura. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio aveva precedentemente respinto il ricorso, rifiutando di equiparare gli standard dei CPR a quelli delle strutture carcerarie ai fini della predisposizione di misure anti suicidiarie.
Nella sua pronuncia, il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso riconoscendo la necessità di rendere il capitolato contestato più coerente con le disposizioni previste dalla direttiva ministeriale Lamorgese, in particolare:
- garantendo che si proceda a una nuova valutazione delle condizioni di compatibilità con la vita in comunità ristretta, prevedendo anche la possibilità, su disposizione del medico, di collocare temporaneamente le persone trattenute in stanze di osservazione (art. 3, comma 4);
- garantendo il diritto di accedere in qualsiasi momento alla propria scheda sanitaria (art. 3, comma 6);
- garantendo l’obbligo di includere le relazioni dei servizi socio-sanitari nei fascicoli trasmessi alle autorità giudiziarie e alle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale (art. 3, comma 7);
- ribadendo, rispetto alla prevenzione del rischio suicidiario, la necessità di tenuta di un registro in cui siano annotati anche gli atti di autolesionismo e suicidari, nonché i colloqui con i servizi di informazione legale, assistenza sociale e psicologica (art. 4, comma 2, lett. p).
È molto interessante notare che il Consiglio di Stato, proprio in ragione delle disomogeneità territoriali e della peculiarità della gestione di strutture di detenzione a soggetti privati attraverso bandi di gara, richiami in sentenza l’importanza dell’utilizzo dello strumento di governance menzionato dal D.lgs. 142/2015 e cioè il Tavolo di Coordinamento nazionale insediato presso il Ministero dell’Interno – Dipartimento Libertà Civili e Immigrazione. Il Tavolo, ai sensi dell’art. 29, comma 3, cit., è ordinariamente composto da rappresentanti del Ministero dell’Interno, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, delle Regioni, dell’Unione delle province d’Italia (UPI) e dell’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI), ed è integrato, in sede di programmazione delle misure di integrazione degli stranieri (tra l’altro anche con riferimento all’accesso all’assistenza sanitaria), con un rappresentante del Ministro delegato alle pari opportunità, un rappresentante dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), un rappresentante della Commissione nazionale per il diritto di asilo e, “a seconda delle materie trattate, con rappresentanti delle altre amministrazioni o altri soggetti interessati". Proprio su questo aspetto il Consiglio di Stato menziona la strutturale assenza e allo stesso tempo l’importanza e la strategicità di includere al Tavolo anche il Garante Nazionale dei diritti dei Detenuti e il Ministero della Salute come esperti e fondamentali osservatori sul tema dell’assistenza sanitaria nelle strutture detentive, anche amministrative appunto.
4. Le osservazioni del Garante Nazionale dei Diritti dei Detenuti e del Comitato Europeo per la Prevenzione della tortura
La decisione del Consiglio di Stato arriva in un contesto di allarme costante sulla condizione psicofisica delle persone trattenute nei CPR, confermato anche dai recenti rapporti relativi a visite condotte da autorità di garanzia. I dati e rilievi del Garante Nazionale dei diritti dei detenuti (pubblicati a Dicembre 2024[4]), successivi alle visite condotte nei CPR di Palazzo San Gervasio (PZ) e Bari, hanno infatti evidenziato una situazione di grave criticità che corrobora le tesi alla base del ricorso. Per quanto riguarda il CPR di Palazzo San Gervasio, ad esempio, il Garante riporta che tra gennaio e dicembre 2024, il registro degli eventi critici ha registrato un totale di 120 segnalazioni, tra cui 53 eventi di protesta (inclusi danneggiamenti e incendi), 42 atti vandalici e ben 5 episodi di autolesionismo, oltre a 1 decesso. Tali dati mettono in luce la forte sofferenza psicologica delle persone trattenute, che era stata alla base della denuncia di un "eccesso di potere per illogicità e difetto di istruttoria" nel capitolato.
La sentenza menziona infatti poi, oltre ai report del Garante Nazionale dei detenuti, il recente Rapporto del Comitato europeo per Prevenzione della Tortura e dei Trattamenti o Pene Inumane o Degradanti (CPT) del Consiglio d'Europa, pubblicato a dicembre 2024[5] e relativo alle visite ad hoc in Italia, condotte dal 2 al 12 aprile 2024, per esaminare il trattamento e le condizioni di detenzione dei cittadini stranieri trattenuti nei Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR). La delegazione ha visitato quattro dei dieci CPR attivi al momento in Italia: Gradisca d’Isonzo, Milano, Palazzo San Gervasio e Roma (Ponte Galeria). È interessante che proprio rispetto al tema della tutela della salute il CTP sottolinea l’importanza e la necessità di uniformare e migliorare la valutazione dell’idoneità alla detenzione e lo screening medico oltre all'adozione di protocolli clinici per la prevenzione dell'autolesionismo e del suicidio, e per la gestione degli scioperi della fame.
5. Implicazioni e prime risposte giurisprudenziali
Resta dunque da attendere quali saranno le risposte del Dipartimento Libertà Civili e Immigrazione del Ministero dell’Interno, considerato che la riforma dovrà mirare specificamente a elevare gli standard di assistenza sanitaria, in particolare per le vulnerabilità psichiatriche, e a introdurre un piano di prevenzione del rischio suicidario e protocolli di osservazione adeguati. Di fatto, il Consiglio di Stato ha stabilito che le strutture di detenzione amministrativa, pur non essendo strutture penitenziarie, non possono derogare al principio di tutela della salute individuale e collettiva (Art. 32 Cost.) e devono garantire condizioni che non si risolvano in trattamenti inumani o degradanti. L'attuazione delle modifiche imposte si prospetta come un passo decisivo verso il miglioramento nella gestione di strutture detentive da sempre oggetto di campagne elettorali e risultati politici, non solo in Italia ma in tutta l’Europa.
Nel frattempo, la Corte d’Appello di Torino ha disposto la liberazione di un richiedente asilo trattenuto in un CPR, riconoscendo che le condizioni sanitarie di questa tipologia di strutture non garantiscono una tutela adeguata. La Corte ha richiamato la sentenza oggetto del presente articolo e ha ritenuto che “le condizioni di salute del trattenuto non ne consentono la permanenza all’interno del centro di permanenza per il rimpatrio”, ordinandone la cessazione immediata del trattenimento.
A questo punto la domanda rispetto alle convalide dei trattenimenti è: Quid interea fiet?
[1] https://www.cortecostituzionale.it/scheda-pronuncia/2025/96
[2] https://mdp.giustizia-amministrativa.it/visualizza/?nodeRef=&schema=cds&nrg=202503857&nomeFile=202507839_11.html&subDir=Provvedimenti
[3] https://www.interno.gov.it/it/amministrazione-trasparente/disposizioni-generali/atti-generali/atti-amministrativi-generali/decreti-direttive-e-altri-documenti/decreto-schema-capitolato-gara-appalto-fornitura-beni-e-servizi-relativi-alla-gestione-e-funzionamento-dei-centri-accoglienza
[4]https://www.garantenazionaleprivatiliberta.it/gnpl/page/it/rapporto_sulle_visite_effettuate_ai_cpr_di_palazzo_san_gervasio_e_di_bari_il_12_e_il_13_dicembre_2024?contentId=RPT36644
[5] https://rm.coe.int/1680b2c7e7
