I dati ministeriali di attuazione del PNRR relativi alle performance nazionali e dei diversi uffici giudiziari sono un formidabile giacimento di informazioni e potrebbero rappresentare una base preziosissima per impostare una linea di azione per raggiungere con successo gli obiettivi delineati dal PNRR sulla giustizia.
I dati nazionali sono apparentemente incoraggianti
Dati che non analizzano se la riduzione di tempi e pendenze in atto in particolare nel settore civile sia frutto degli interventi messi in campo con il PNRR o semplicemente una tendenza consolidata e forte in corso da anni, agevolata da una costante riduzione delle sopravvenienze, che ha portato, ben prima del PNRR, in dieci anni, a ridurre le pendenze della metà e ad avere un trend estremamente positivo anche negli ultimi anni.
Come si vede non si avverte un salto di qualità nel settore civile, mentre una notevole differenza si riscontra nel settore penale, anche se in questo ambito sarebbe opportuno scindere il dato del dibattimento da quello del Gip, ove vi è il maggiore flusso di affari anche di semplice definizione (la grande mole di archiviazioni e decreti penali). Probabilmente comunque questo forte passo in avanti deriva anche dal fatto che il settore penale é stato per anni ai margini dei processi di innovazione, anche tecnologici, e l’introduzione dell’ufficio per il processo ha rappresentato uno stimolo del tutto nuovo. Facendo semplici calcoli matematici, come tali inevitabilmente traditori, continuando di questo passo l’obiettivo del 40 % nella riduzione dei tempi nel settore civile potrebbe essere raggiunto nel 2028, mentre per il penale la riduzione dei tempi del 25 % potrebbe essere raggiunta nel 2027. Questo ovviamente a sopravvenienze e tassi di definizione invariati.
Da un’analisi dei dati ministeriali non risulta ci sia stato quel forte aumento di produttività nel settore civile che in particolare la concretizzazione dell’ufficio per il processo auspicava, mentre occorrerà verificare se i positivi dati del settore penale continueranno o rallenteranno, a causa dell’esaurimento dei procedimenti arretrati di più semplice definizione.
Una comparazione tra il 2021, anno di ripresa dopo il COVID, precedente al PNRR e ai suoi interventi, ed il 2022, primo periodo in cui sono stati messi in atto una parte di questi interventi, é di grande interesse e fornisce elementi estremamente rivelatori.
Il tasso di aumento dei processi definiti, la riduzione dell’arretrato e la diminuzione dei tempi processuali sono i dati che possono farci capire se hanno avuto effetto e rilievo i primi interventi posti in essere, ovvero l’assunzione della prima e più ampia tranche di funzionari UPP avvenuta nel febbraio 2022, e l’inizio nel marzo 2022 del Progetto Pon Governance di collaborazione con le Università e di sostegno all’Ufficio per il processo.
Questo ci consente di verificare, sia pure con le necessarie cautele, se sia aumentata la produttività degli uffici e se questo abbia cominciato a ripercuotersi positivamente sui tempi processuali.
Necessarie cautele perché il percorso è cominciato nel febbraio 2022 e, per le Università, nel marzo, e non si possono pretendere risultati subito, scontando inevitabilmente un periodo di formazione, di preparazione e un abbrivio iniziale. Non solo, ma occorre tener conto che il raffronto viene effettuato con il 2021, anno post COVID, in cui era stato effettuato un forte recupero rispetto all’anno precedente. Pure una tendenza, anche limitata, si comincia ad avvertire.
I risultati sono chiari.
Non si è avuto un aumento delle definizioni nel settore civile, dove sono addirittura diminuite, mentre sono aumentate nel settore penale in particolare nelle Corti di appello.
Quanto all’arretrato risulta penalizzante e altera il quadro l’impatto dei procedimenti ultratriennali di protezione internazionale che, maturando nel 2022, forniscono dati di aumenti indiscriminati per i Tribunali distrettuali maggiormente impegnati nel settore e che condizionano pesantemente il dato generale (si arriva al + 155,08 %).
La riduzione dei tempi, calcolati con la formula del disposition time, è altrettanto significativa e segna un primo chiaro positivo impatto.
Questi dati fanno pensare come in molti uffici l’attività, anche dell’ufficio per il processo, sia stata concentrata sull’eliminazione dell’arretrato e di procedimenti datati piuttosto che su di un aumento quantitativo della produttività.
I dati locali sono poi di grande interesse, con alcuni picchi difficilmente comprensibili e che probabilmente scontano errori di registrazione o di rilevazione come l’aumento dei tempi del 61,51% nel settore penale di una Corte e l’aumento dell’arretrato civile del 77,17 % in un Tribunale). Si denota una realtà a macchia di leopardo, senza costanti né a livello geografico, né a livello dimensionale. Anzi è positivo che spesso gli uffici con migliori performance sono uffici del Sud che partivano da una situazione più sfavorita, mentre gli uffici più virtuosi che partivano da situazioni più favorevoli inevitabilmente registrano performance nella media.
Ma, va detto, in questa analisi mancano dati fondamentali per capire performance e difficoltà: il numero di funzionari UPP assegnati e quelli realmente arrivati e rimasti, la scopertura di organico effettiva sia a livello di personale amministrativo che di magistrati ed infine, elemento cruciale, i modelli organizzativi adottati. Solo unendo le performance realizzate con il dato relativo alle risorse umane disponibili e a come sono state organizzate si potrebbe capire la realtà dei diversi uffici, la bontà delle scelte organizzative adottate e i rimedi da mettere in campo.
Dal monitoraggio occorrerebbe quindi partire per costruire un modello di analisi che metta in relazione risultati, risorse e modello organizzativo. Focus che si potrebbe realizzare, anche con l’aiuto delle Università che sono state coinvolte in un progetto di sostegno, per capire le scelte organizzative più proficue e aiutare gli uffici che si sono scontrati con ostacoli.
Perché il quadro che emerge conferma utilità e potenzialità dell’ufficio per il processo, che sconta un difetto di origine e che dimostra enormi possibilità di crescita.
Difetto di origine in quanto realizzato in modo parziale con personale a tempo determinato a cui non sono state date chiare prospettive professionali, che in una rilevante quota se ne è già andato (ben 2286, ovvero oltre un quarto degli assunti), giustamente attratto da altri concorsi per posti a tempo indeterminato, e che in una percentuale significativa è stato utilizzato per coprire i sempre più ampi buchi degli organici del personale amministrativo.
Enormi possibilità per il futuro perché, finita la fase iniziale e di assestamento, potrà esplicare fino in fondo le sue capacità, contribuendo tra l’altro alla formazione di una nuova generazione di giuristi.
Ma l’ufficio per il processo necessita anche di essere seguito con continuità con focus sulle situazioni di difficoltà ed esportazione di modelli virtuosi, senza lasciare gli uffici a loro stessi come in sostanza è avvenuto.
C’è difatti assolutamente bisogno di una governance del complessivo progetto se vogliamo raggiungere gli obiettivi. Governance oggi del tutto insoddisfacente. Ministero, Scuola Superiore della Magistratura e Consiglio Superiore della Magistratura hanno realizzato iniziative apprezzabili, inevitabilmente estemporanee, che però non solo mancano di coordinamento, ma non hanno quella indispensabile caratteristica di costante monitoraggio, verifica, sostegno agli uffici, soluzione dei problemi. Questo perché dirigere non vuol dire in primo luogo comandare, ma aiutare e risolvere.
Il problema oggi non è polemizzare, ma operare le necessarie correzioni in corsa, dato che abbiamo ancora tre anni alla fine del PNRR e abbiamo tutti gli spazi per farlo.
Un’ultima osservazione che é comunque determinante.
Ci siamo presi con il PNRR un impegno ambiziosissimo di riduzione di tempi e pendenze da far tremare i polsi e i riscontri come vediamo richiedono ancora più impegno, oltre che un salto di qualità. É possibile raggiungere gli obiettivi, ma solo con determinazione e impegno e mantenendo per un congruo lasso di tempo una stabilità normativa e organizzativa. Pensare di lanciare continue riforme senza mai aspettare ed analizzare gli esiti e i risultati di quella appena realizzata in una continua rincorsa, spendibile forse per la propaganda, ma non per un effettivo cambiamento della giustizia, è segno di una bulimia falsamente riformatrice che è caratteristica del nostro sistema politico. Proseguire nella pretesa di rivoluzionare l’organizzazione degli uffici giudiziari, creando il nuovo Tribunale delle persone e dei minori o introducendo il Gip collegiale cautelare, vuol dire semplicemente abbandonare gli obiettivi del PNRR. Ce ne sia consapevolezza e lo si dica chiaramente.