GIUSTIZIA INSIEME

ISSN: 2974-9999
Registrazione: 5 maggio 2023 n. 68 presso il Tribunale di Roma

    Le disposizioni della riforma Cartabia in materia di indagini: tempi e “stasi” delle indagini, discovery degli atti e controllo giurisdizionale delle iscrizioni

    Le disposizioni della riforma Cartabia in materia di indagini: tempi e “stasi” delle indagini, discovery degli atti e controllo giurisdizionale delle iscrizioni

    di Claudio Gittardi

    Sommario: 1. Le disposizioni sui termini e la stasi delle indagini – La discovery degli atti - 2. Le disposizioni sull’accertamento da parte del Giudice della tempestività dell’iscrizione – La retrodatazione dell’iscrizione in caso di ritardo.  

    1. Le disposizioni sui termini e la stasi delle indagini – La discovery degli atti  

    La Legge 27.9.2021 n° 134 di “delega al Governo per l’efficienza del processo penale, nonché  in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari” pubblicata sulla G.U del 4.10.2021 è intervenuta quanto alla fase delle indagini preliminari in primo luogo   all’ art 1 comma 9  lettere d)  e)  f)  dettando alcuni principi a cui dovrà attenersi il legislatore delegato per modificare il codice di rito in materia di proroga del termine delle indagini preliminari, dei tempi dei successivi provvedimenti  definitori  nonché di discovery degli atti di indagine preliminare.

    La legge delega ha innanzitutto rimodulato i termini di durata delle indagini preliminari prevedendo un termine per le stesse di sei mesi per le contravvenzioni, di un anno per i delitti in genere  e di uno anno e sei mesi per  i più gravi delitti previsti dall'articolo 407 comma 2  CPP.

    Ha inserito inoltre la previsione della possibilità per il PM di chiedere una sola proroga del termine delle indagini preliminari  per un tempo non superiore a sei mesi nel solo caso in cui la proroga  risulti  giustificata dalla complessità delle indagini ed eliminando quindi il  riferimento generico nell’attuale stesura ad una giusta causa o alla oggettiva impossibilità di concludere le indagini: tale proroga viene determinata, come detto, in sei mesi per qualsiasi tipologia di reato e quindi anche per i delitti più gravi previsti dall'articolo 407 comma 2 CPP per cui il termine iniziale di indagine risulta  fissato come visto in un anno e sei mesi.

    Pur non incidendo dunque tali disposizioni  sul termine massimo di durata delle indagini preliminari fissato ex art 407 comma 1 e 2 cpp almeno per quanto riguarda i delitti ( termine massimo che rimane di un anno e sei mesi per quanto riguarda i delitti in genere, due anni per quanto riguarda i più gravi delitti previsti dall'articolo 407 comma 2 CPP) la legge delega  modula diversamente  il meccanismo delle proroga prevedendo, a fronte della doppia proroga di sei mesi ciascuna attualmente in vigore, una sola  proroga di sei mesi   indifferenziata per tutti i reati limitandone le ragioni giustificatrici alla complessità delle indagini. Ragioni giustificatrici della proroga che per inciso appaiono difficilmente invocabili per le contravvenzioni se non per particolari tipologie contravvenzionali quali alcune  fattispecie  previste nella legislazione speciale.

    A fronte del riconoscimento quindi di una serie di più gravi delitti indicati all’art. 407 comma 2 cpp  per i quali i tempi iniziali di indagine vengono determinati in una  misura tripla rispetto alle contravvenzioni riconoscendo l’oggettiva complessità di indagine che si riflette sui relativi tempi, la previsione di una sola proroga normativamente fissata in sei mesi anche per i più gravi delitti ex art 407 cpp appare scarsamente compatibile con i tempi necessari per lo svolgimento delle indagini preliminari per procedimenti di maggiore complessità.  

    La legge delega è poi intervenuta  dopo aver richiamato l'obbligo per il Pubblico Ministero di esercizio dell'azione penale o di richiesta di archiviazione una volta esaurita la durata delle indagini preliminari prevedendo che tale attività debba essere esercitata entro un termine da fissarsi dal legislatore delegato in misura diversa in base alla gravità del reato e alla complessità delle indagini preliminari.

    La disposizione risulta certamente opportuna nel fissare il principio di  una “graduazione” dei termini fissati in relazione alla gravità del reato ed alla complessità dell'indagine poiché  la valutazione del materiale raccolto nella fase delle indagini presenta parametri di complessità differenziati e la valutazione dello stesso impone al Pubblico Ministero di dover ripercorrere in alcuni casi nei procedimenti di maggiore impegno un materiale articolato e complesso  con conseguente ripercussione sui tempi concreti di definizione una volta concluse le indagini.

    Si tratta di una disposizione maggiormente condivisibile rispetto a quella attualmente in vigore ex art.407 comma 3 bis cpp che prevede, salvo la possibilità di proroga da richiedersi al Procuratore Generale, un termine standard di tre mesi dalla scadenza del termine massimo di durata delle indagini per le determinazioni del Pubblico Ministero.

    Da notare che la legge delega introduce tale disposizione fissando come riferimento iniziale per il computo del termine di definizione dell’azione penale il termine di durata delle indagini preliminari senza alcun richiamo, come nell'attuale regime,  alla scadenza dei termini di cui all'articolo 415 bis cpp. In questo caso i “termini di definizione” in caso di esercizio dell'azione penale per il Pubblico Ministero risulterebbero  in realtà ulteriormente ridotti  in modo significativo per il  tempo tecnico necessario per la notifica degli avvisi di conclusione indagini e per le attività susseguenti , attività che  in determinati casi non si esaurisce, come noto, in tempi brevi.

    Si deve rilevare per inciso che  nell’ iniziale impianto del disegno di delega legislativa A.C. 2435 (c.d. riforma BONAFEDE),fuori del caso di richiesta di archiviazione, il contenuto dell’obbligo di attivazione per il Pubblico Ministero una volta scadute le indagini preliminari era quello della notifica dell'avviso di conclusione indagini preliminari  ex articolo 415 bis cpp (previsione peraltro monca rispetto all’ipotesi ad esempio di giudizio immediato).

    Sempre nella stesura iniziale del DDL Bonafede, con una scelta di maggiore dettaglio nell’esercizio della delega, tali termini erano inoltre già espressamente fissati in 3 mesi nei casi ordinari e in 6  mesi e 12 mesi rispettivamente nei casi di cui all'articolo 407 comma 2 lettera b) (notizie di reato che rendono particolarmente complesse le investigazioni per molteplicità di fatti o  numero di indagati) e comma 2 lettera a) numeri 1, 3 e 4 ( delitti di criminalità mafiosa, eversiva, terroristica e contro la personalità dello Stato, e alcuni ipotesi di contrabbando di TLE).

    L'obbligo di esercizio dell'azione penale o di presentazione della richiesta di archiviazione entro un termine prefissato  dal legislatore delegato, una  volta decorsi i termini di durata delle indagini preliminari  eventualmente prorogati, presupporrà in ogni caso una attenta valutazione in sede di attuazione della delega che tenga conto non solo  della specifica gravità del reato ma anche della  peculiare complessità  delle indagini, elemento quest’ultimo non necessariamente collegato al primo.

    Sarà pertanto necessaria una puntuale determinazione e graduazione di tali termini da parte del legislatore delegato conteggiando anche i tempi necessari per lo svolgimento delle complesse attività collegate alla notifica dell'avviso di conclusione indagini preliminari (nel caso che non venga determinato il termine a partire dalla conclusione di tali procedure) al fine  di evitare la fissazione di tempi che, nella sostanza, compromettano o limitino la valutazione  esaustiva del materiale di indagine da parte del Pubblico Ministero.

    Quanto sopra richiamato in ordine all'esigenza di una corretta determinazione dei tempi entro i quali il Pubblico Ministero deve necessariamente assumere le determinazioni in ordine all'esercizio dell'azione penale appare ancora più rilevante se si tiene conto di due collegate previsioni contenute nella legge delega 134/2021:

    - La previsione del tutto innovativa rispetto al disegno di legge originario di un intervento del Giudice per le indagini preliminari per “rimediare” alla stasi del procedimento nel caso in cui il Pubblico Ministero non assuma tempestivamente le determinazioni in ordine all'azione penale, una volta  decorso il termine fissato dal legislatore a partire dalla scadenza della  durata massima delle indagini preliminari. 

    Tali rimedi devono essere "analogamente" previsti in base alla legge delega, e quindi si deve ritenere individuando il titolare del controllo sempre  nel  GIP, nell'ipotesi in cui dopo la notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari, si determini allo stesso modo  una stasi nell'attività del PM.

    Appare evidente come qui il legislatore delegante  abbia introdotto tale previsione ritenendo sostanzialmente inefficace il meccanismo di controllo attualmente previsto dalla normativa introdotta dalla Legge 23 giugno 2017 n°103 in materia di intervento delle Procure Generali a fronte di mancate definizioni di procedimenti per cui sono scadute le indagini.

    Si introduce un controllo giurisdizionale in capo Giudice delle Indagini Preliminari non sul contenuto di alcune specifiche richieste del Pubblico Ministero ma sulle stesse modalità e tempi di esercizio dell'azione penale da parte di quest’ultimo con un sostanziale e significativo ampliamento dei poteri procedimentali del GIP.

    Il legislatore non ha peraltro indicato neppure in termini sommari come debbano essere articolati tali rimedi.

    Si deve rilevare che tale controllo giurisdizionale presupporrà in concreto gravosi obblighi di monitoraggio in capo all’Ufficio  GIP delle scadenze delle indagini e/o di comunicazione da parte degli uffici del PM   dei procedimenti per i quali siano decorsi termini dell'indagine o si sia conclusa la fase ex art 415 bis CPP e per cui non sia in fase di emanazione alcun provvedimento di definizione delle stesse da parte del PM.

    Obblighi di monitoraggio/comunicazione reciproci ed analoghi a quanto previsto in alcuni protocolli definiti a livello distrettuale tra Procure del distretto e Procure generali a seguito della novella legislativa in materia di avocazione introdotta dalla sopra citata Legge 23 giugno 2017 n°103.  

    - La previsione di un meccanismo  procedurale, anche in questo caso non dettato nella delega ma da definirsi in sede di normativa delegata, volto a consentire  alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa che ne faccia richiesta  di prendere cognizione degli atti di indagine  allorquando, scaduto il termine di cui si è detto dopo l'esaurimento della fase delle indagini preliminari, il Pubblico Ministero non assuma le proprie  determinazioni in ordine all'azione penale.

    In sede di delega si dispone peraltro che tale procedura venga assunta "tenuto conto delle esigenze di tutela del segreto investigativo nelle indagini relative ai reati di cui all'articolo 407 del codice di procedura penale e di  eventuali ulteriori esigenze di cui all'articolo 7, paragrafo 4, della direttiva 2012/13/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012".

    È evidente infatti come un obbligo di discovery indifferenziata da parte del PM in tale fase possa determinare in alcuni casi ripercussioni gravemente negative su specifiche esigenze di indagine, o in relazione procedimenti o posizioni collegati o sugli interessi della persona offesa o per gli stessi esiti della formazione della prova nel successivo giudizio specie se non correlato ad una corretta determinazione dei termini di definizione in sede di legislazione delegata.

    La previsione di una meccanismo di discovery completa delle indagini viene in prospettiva temperato in sede di legge delega  con riferimento solo ai più gravi delitti di cui all'articolo 407 del codice di procedura penale e alle esigenze ulteriori indicate nella Direttiva europea citata.

    La Direttiva 2012/13/UE prevede la possibilità per l'autorità di rifiutare l'accesso alla documentazione relativa all'indagine ove tale accesso comporti una grave minaccia per la vita o per i diritti fondamentali di un'altra persona o se la limitazione  sia funzionale alla salvaguardia di interessi pubblici importanti, ivi comprese quelli relativi alla tutela indagini in corso, o qualora possa minacciare gravemente la sicurezza interna dello Stato membro in cui si svolge il procedimento penale.

    In sede di legislazione delegata pertanto tali esigenze dovranno essere attentamente trasfuse con la previsione della potestà  di rifiutare o ritardare per un congruo termine da parte del PM con provvedimento motivato l'accesso alla documentazione da parte dell'indagato o della persona offesa ogniqualvolta la conoscenza di tali atti possa pregiudicare le esigenze investigative ovvero gli ulteriori interessi indicati in sede di Direttiva europea.  

    Si deve rilevare per inciso che  nella stesura della c.d riforma BONAFEDE il meccanismo procedurale di discovery veniva invece puntualmente regolato dal legislatore delegante e prevedeva l'obbligo del PM in caso di inerzia al termine delle indagini - individuata nell'omessa notifica dell'avviso della conclusione delle indagini o nell' omessa presentazione della richiesta di archiviazione - di notificare direttamente all'indagato o alla persona offesa un avviso di deposito della documentazione relativa all'indagini espletate presso la segreteria del PM con  facoltà della persona sottoposta alle indagini del suo difensore nonché della persona offesa dal reato di prendere visione ed estrarre copia di tale documentazione.

    Si prevedeva inoltre una possibilità di “ritardato deposito” da parte del PM degli atti di indagine per un limitato periodo di tempo e con provvedimento motivato solo  nei procedimenti previsti per reati di criminalità mafiosa, terroristica o eversiva ex art 407 cpp.

    Quale la sia modulazione che verrà  introdotta dalla normazione delegata risulta evidente che si porrà  inevitabilmente a carico degli uffici del Pubblico Ministero, in termini  da ritenere sostanzialmente analoghi a quanto previsto dal DDL Bonafede, una ulteriore attività di notifica o comunque di avviso nei confronti dell'indagato  e della persona offesa  circa il  deposito del materiale di indagine una volta inutilmente decorsi i termini per lo svolgimento delle stesse.  

    2. Le disposizioni sull’accertamento da parte del Giudice della tempestività dell’iscrizione - La retrodatazione dell’iscrizione in caso di ritardo  

    Di rilevante se non maggiore  impatto processuale  sono le disposizioni  dettate dalla Legge 134/2021 all’ articolo 1 comma 9  lettera q) in materia di  accertamento da parte del Giudice sulla  tempestività dell'iscrizione  della notizia di reato e del nome della persona alla quale lo stesso attribuito e di conseguente retrodatazione  nel caso di ingiustificato e inequivocabile ritardo.

    Si prevede che il Giudice su richiesta motivata dell'interessato accerti la tempestività dell'iscrizione nel registro di cui all'articolo 335 del codice di procedura penale della notizia di reato e del nome della persona alla quale lo stesso attribuito e la retrodatati nel caso di ingiustificato e inequivocabile ritardo.

    Tale previsione , per inciso in sostanziale continuità con il disegno di legge Bonafede, “azzera” per cosi dire sul piano normativo la consolidata giurisprudenza della Suprema Corte sull’esclusività della valutazione discrezionale  in capo al  PM della tempestività dell’iscrizione e sulla sottrazione contestuale  di tale sindacato al  Giudice.

    Si deve precisare che alle stesse disposizioni risulta correlata l’opportuno principio, in vista di una  condivisibile esigenza di garanzia ed uniformità delle attività di iscrizione da parte delle Procure, della  precisazione in sede legislativa  dei presupposti per l'iscrizione nel registro  delle notizie di reato  della  notizia di reato e del nome della persona  a cui lo stesso è attribuito.

    Si dispone ulteriormente che debba essere previsto un termine per la presentazione di tale richiesta a pena di inammissibilità, termine che decorre “dalla data in cui l'interessato ha facoltà di prendere visione degli atti che imporrebbero l'anticipazione dell'iscrizione della notizia di reato a suo carico” e quindi  nella prevalenza dei casi  al momento del deposito degli atti in sede di 415 bis cpp o in sede di esercizio dell’azione penale o eventualmente nella fase incidentale cautelare.

    Viene ulteriormente precisato che a pena di inammissibilità dell'istanza l'interessato che chieda la retrodatazione dell'iscrizione delle notizie di reato abbia l'onere di indicare le ragioni che sorreggono la richiesta.

    Va osservato che nulla viene detto in sede di delega sulla natura del vizio degli atti di indagine  conseguente alla retrodatazione dell'iscrizione di reato ma è evidente che lo stesso debba essere configurato nella forma della inutilizzabilità ex art.191 cpp delle risultanze di indagine acquisite oltre il termine di indagine così come successivamente retrodatato, in quanto acquisite ad indagine scaduta e pertanto in violazione di un divieto stabilito dalla legge. 

    La delega non indica neppure eventuali specifici rimedi di reclamo/impugnazione in capo al PM  a fronte di un provvedimento del Giudice di retrodatazione dell'iscrizione né se  tale questione possa essere riproposta dall'interessato nelle fasi successive e in sede di giudizio: tema di estrema rilevanza posto che l’inutilizzabilità delle prove  è rilevabile anche di ufficio in ogni grado e stato del procedimento.

    Si deve osservare  che  nella stesura del DDL  BONAFEDE  il meccanismo procedurale veniva invece regolato con maggiore analiticità  dal legislatore delegante e al contempo veniva espressamente indicata nella inutilizzabilità delle risultanze di indagine “tardive” la sanzione conseguente  alla retrodatazione dell’iscrizione.

    Si prevedeva infatti che l'istanza potesse essere presentata dall'interessato al Giudice fino a che le parti non avessero formulato le conclusioni nell'udienza preliminare o in mancanza della stessa subito dopo il compimento per la prima volta delle formalità di accertamento della costituzione delle parti in giudizio, oltre a prevedere che l'istanza dell'interessato dovesse contenere a  pena di inammissibilità specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto alla base della richiesta.

    In conclusione, a fronte dell’  inevitabile margine di  discrezionalità  da parte del Giudice nella valutazione  della natura non giustificata e inequivocabile del ritardo  per  l'iscrizione da parte del PM, tale disposizione, se non correttamente modulata in fase di normativa delegata sul piano sia della non reiterabilità dell’istanza sia della eventuale impugnabilità della decisione del Giudice  da parte del Pubblico Ministero, è  idonea a produrre effetti potenzialmente gravi  e non rimediabili - anche a lungo termine - sull’utilizzabilità del materiale di indagine in sede di richieste cautelari e definitorie nella fase delle indagini preliminari oltre che nelle successive fasi processuali  ove la questione  dell’utilizzabilità probatoria di alcuni atti di indagine, basti pensare alle intercettazioni, potrebbe essere riproposta in sede difensiva o rilevata di ufficio  anche sulla base di fatti processuali emersi in un secondo momento.

    In ogni caso i complessivi interventi  normativi  in materia di retrodatazione dell’iscrizione imporranno di esercitare da parte del PM, come del resto doveroso e previsto in base all’art 335 comma 1 cpp, il massimo controllo sulla puntualità, tempestività e completezza dell'iscrizione della notizia di reato anche sul piano soggettivo nel relativo registro , eventualmente disponendo da parte del PM una decorrenza anticipata dell'iscrizione in relazione alla fonte informativa della stessa.

    Sarà inoltre necessaria in tale prospettiva anche da parte della PG una corretta e completa indicazione nelle comunicazioni/annotazioni di reato degli elementi emersi  sul piano del fatto e della riferibilità soggettiva nella fase di accertamento preliminare.

    Tale attività di  puntuale controllo dell’attività di iscrizione in capo alla Procura deve investire non soltanto la fase di iscrizione genetica al momento della ricezione della comunicazione delle notizie di reato da parte del Procuratore o del Procuratore aggiunto o del Pm designato secondo le  rispettive  disposizioni del Progetto organizzativo, ma anche nel  momento  delle iscrizioni successive in corso di indagine da parte del PM titolare del procedimento, specie nel caso di procedimenti complessi e con pluralità di soggetti e i fatti di reato oggetto di iscrizione.      

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