Ergastolo, stop all’abbreviato. Intervista al prof. Glauco Giostra: “Soluzione che aggrava invece di risolvere”
Niente più rito abbreviato per i reati che prevedono la pena dell’ergastolo. Con 168 voti favorevoli, 48 contrari e 43 astensioni, il Senato ha approvato in via definitiva il disegno di legge di riforma del rito abbreviato.
“Con l’approvazione di questa legge in Senato diamo un segnale fortissimo a tutti i cittadini di questo Paese – ha commentato il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede -.
Il messaggio è che c’è la certezza della pena, non ci sono più gli sconti di pena a cui i criminali un po’ si sono abituati quando ci sono reati gravissimi”. Ma l’approvazione del provvedimento suscita anche forti perplessità.
Come quelle espresse da Glauco Giostra, ordinario di Procedura Penale all’università Sapienza di Roma, presidente della Commissione che lavorò a lungo, la scorsa legislatura, alla riforma dell’Ordinamento penitenziario e consulente ministeriale per numerose altre riforme del sistema penale.
Professore, cosa pensa della nuova legge?
Penso che ad un problema esistente si è risposto, come troppo spesso capita, con una soluzione che non lo risolve, anzi, che ne genera altri, ma che può essere utile dare in pasto all’opinione pubblica per raccogliere consensi.
C’è da dire che l’opinione pubblica resta spesso sconcertata di fronte a drastiche riduzioni di pena. Che necessità c’è di prevedere certi sconti sulla base della scelta del rito?
“Ogni ordinamento che, come il nostro, è incentrato sulla formazione della prova nel contraddittorio dibattimentale, fa ricorso, per la sopravvivenza del sistema, a riti speciali. Cioè a procedure semplificate nelle quali la rinuncia da parte dell’imputato alla garanzia del dibattimento e la relativa accettazione ad essere giudicato sulla base degli atti di indagine, è premiata dallo Stato con una riduzione di pena. Per il giudizio abbreviato la riduzione è di un terzo della pena temporanea inflitta, mentre l’ergastolo, sino all’approvazione di ieri, era sostituito con la reclusione a 30 anni, e in caso di ergastolo con isolamento diurno veniva eliminato l’isolamento”.
Non si può negare che, soprattutto quando la riduzione per la scelta del rito abbreviato si somma a quella per il concorso di circostanze attenuanti, si determinano abbattimenti di pena difficilmente accettabili dal comune senso di giustizia… “Certo. Per questo le dicevo che un problema esiste, soprattutto quando alla riduzione per la scelta del rito si cumula quella per il riconoscimento delle attenuanti generiche. Ma la legge non lo risolve, ignora le possibili soluzioni adeguate e crea serissimi problemi alla giustizia”.
Andiamo con ordine. Perché dice che non lo risolve?
“Prima lei ha fatto giustamente riferimento al senso comune di giustizia. Ebbene dopo l’approvazione della legge, chi a seguito di abbreviato viene condannato a trent’anni continuerà a vedere ridotta la pena a venti anni. Mi dica lei: è davvero più inaccettabile di questo sconto quello di cui poteva usufruire chi, avendo scelto il rito abbreviato, si vedeva applicata la pena dell’ergastolo invece della pena dell’ergastolo con isolamento diurno? Oppure trent’anni invece che l’ergastolo? La verità è che la riduzione di un terzo della pena per i reati più gravi è eccessiva. Lei pensi che un condannato per ottenere una riduzione di pena di dieci anni con la misura della liberazione anticipata dovrebbe tenere in carcere una condotta irreprensibile e impegnata per 40 anni. Inoltre si consideri che chi viene giudicato con l’abbreviato ha il solo merito di aver fatto risparmiare tempo e risorse. Il condannato in esecuzione di pena, invece, di aver dato prova di ravvedimento sociale”.
Come se ne esce, se il sistema ha bisogno di procedure semplificate e queste devono essere incentivate?
“Si sarebbe dovuto lavorare sull’incentivo. Ad esempio, prevedere che la riduzione è sì di un terzo, ma che non possa essere superiore ad un certo tetto: ad esempio cinque anni. Per l’ergastolo si poteva lasciare il regime di conversione attuale o renderlo anche più severo, anche intervenendo sulla cumulabilità con altre attenuanti, soprattutto con le cosiddette generiche, ma prevedendo sempre un vantaggio per chi accetta il rito abbreviato, sia per una giustizia comparativa nei confronti degli altri imputati, sia per evitare problemi gravissimi all’amministrazione della giustizia”.
Quali problemi prevede per l’amministrazione della giustizia?
“La legge appena approvata appesantirà in maniera preoccupante una giustizia già ansimante, forse dandole il definitivo colpo di grazia. Innanzitutto, i procedimenti per reati puniti con l’ergastolo oggi definiti in abbreviato da un giudice monocratico dovranno ‘migrare’ verso la Corte di assise, andandone ad ingolfare i ruoli già ora gestiti con affanno. Ma poi, potendo l’imputazione variare nel corso del procedimento penale, si determineranno fatalmente ritorni, sbandamenti ed ingiustizie. Facciamo il caso di un’accusa per un reato punito con pena temporanea: l’imputato sceglie il rito abbreviato nel corso del quale, in seguito all’assunzione di prove, l’imputazione si aggrava e viene contestato un reato punito con l’ergastolo. Il processo deve tornare indietro e riprendere nelle forme ordinarie, vanificando quanto già fatto e non tenendo conto, di regola, delle prove assunte in abbreviato.
Ancora più imbarazzante la situazione opposta: si procede con il rito ordinario, perché il reato originariamente contestato era punito con l’ergastolo e quindi preclusivo del rito abbreviato. Dice la nuova legge che, se la richiesta di abbreviato era stata dichiarata inammissibile per tale ragione, quando il giudice alla fine del dibattimento ritiene invece di condannare per un reato punito con pena temporanea, deve applicare la riduzione di un terzo di pena.
A parte che in questo modo tutti gli imputati di crimini puniti con l’ergastolo saranno indotti a chiedere l’abbreviato per farselo dichiarare inammissibile (altro lavoro a vuoto per i giudici) ed ottenere lo sconto di pena dopo il giudizio ordinario qualora, come capita non di rado, venisse ‘derubricato’ il reato. Con il che avremmo il capolavoro ‘economico’ di un imputato che ha usufruito di tutte le maggiori opportunità del dibattimento e che poi lucrerà anche uno sconto di dieci anni di pena.
Per non parlare, a proposito di ‘economie’, dell’imputato che, rinviato a giudizio per più reati, uno dei quali punito con l’ergastolo, chiede l’abbreviato per gli altri: l’ordinamento deve far svolgere due procedimenti contro la stessa persona, con il rischio che, per le ragioni appena ricordate non si crei necessità di passaggio dall’uno all’altro. La novità legislativa costituisce, dunque, un grave fattore di appesantimento e di disordine per la giustizia, ma evidentemente era più importante esibire un’inutile muscolarità sanzionatoria”.
(a cura di Teresa Valiani, dalla rivista “Redattore sociale” del 3.4.2019)