Prova-mv, motivazione-mv e linguaggio a verità aumentata-mv[1]
Sommario: 1 Ragioni dell’apice-mv - 2. Le cose-mv che possono formare oggetto di prova-mv o di motivazione-mv - 3. Il metodo matematico-mv della prova-mv e della motivazione-mv (la norma d’uso di sé-mv) – 4. Il codice Versiglioni 2.0. - 5. Il codice Versiglioni 3.0 (anticipazione) - 6. Conclusione.
1. Ragioni dell’apice-mv
Il titolo della relazione Prova-mv, motivazione-mv e linguaggio a verità aumentata-mv suggerisce di porre un cenno preliminare alle ragioni dell’apice (-mv). L’economia di questo intervento non consente di illustrare il linguaggio a verità aumentata-mv[2], le sue ragioni esistenziali, la sua tassonomia, le sue nomenclature, i suoi simboli matematici e i suoi segni (tra i quali, appunto si pone anche l’apice-mv).
Posso però evidenziare che le lettere m e v identificano casualmente l’inventore. Come dirò, le funzioni di quelle lettere sono invece concettuali, linguistiche e in-formatiche[3].
In effetti, e vengo al tema odierno, è noto che il «Problema della prova» e il «Problema della motivazione» intersecano il «Problema del giudizio» che interseca il «Problema della verità» che, a sua volta, interseca il «Problema del linguaggio». L’ipotesi che propongo è che i problemi giuridici, ivi inclusi quelli della prova e della motivazione, tendono a divenire dilemmi o drammi, come racconta la letteratura, anche perché sono affrontati con linguaggio naturale. In effetti, il linguaggio naturale è tendenzialmente assolutizzante e tale peculiarità crea conflitto.
Tra l’altro, iniziando a incamminarmi nell’irto sentiero tracciato per questo contributo, il linguaggio naturale non è compatibile con un nuovo concetto di diritto che (con linguaggio a verità aumentata-mv) chiamo diritto-mv, e che è diverso dal concetto tradizionale che (con linguaggio naturale) tutti chiamano diritto. Questo perché il diritto-mv [è costituito da una famiglia di insiemi a struttura tipologica, ossia da strutture concettuali e linguistiche necessariamente relazionali]-mv [4]. In breve, diritto e diritto-mv sono due cose tra loro simili ma non coincidenti o uguali. Ad esempio, mentre diritto è diritto, ossia termine aleticamente assoluto, diritto-mv è invece termine aleticamente relativo, in quanto diritto-mv può essere diritto con verità-mv o diritto senza verità-mv [5]. Analogo è il rapporto che corre tra prova e prova-mv, motivazione e motivazione-mv.
Più in dettaglio, l’uso della parola prova (al naturale) implica il dilemma che dietro quella parola possano annidarsi concetti tra loro esistenzialmente dissimili, ovvero qualitativamente o quantitativamente differenti. Questo dilemma terminologico è fonte di incertezza o di soggezione, e insorge in chiunque affronti, ovunque e in ogni tempo, qualunque problema giuridico mediante linguaggio naturale (come fa l’essere umano) o, similmente, mediante linguaggio correlazionale (come fa l’umanoide). Insomma, i termini giuridici espressi da ogni essere umano con linguaggio naturale sono fortemente ambigui, vaghi, equivoci, incerti, in uno, arbitrari. Talvolta, addirittura, frutto di libero arbitrio. Lo stesso capita all’umanoide. Da ciò, l’ipotesi di conferire al comunicare-mv (ma anche al pensare-mv, come dirò tra breve) nuove forme-mv, nuovi segni-mv, nuovi suoni-mv, all’uopo codificate-mv e identificate, post codificazione-mv, dall’apice-mv.
2. Le cose-mv che possono formare oggetto di prova-mv o di motivazione-mv
Fatta questa doverosa premessa linguistica, mi accingo ora a trattare i concetti oggetto di esame.
Vorrei segnare almeno un paio delle numerose differenze che corrono tra prova e prova-mv, nonché tra motivazione e motivazione-mv.
In primo luogo, ed è questa una delle più importanti novità dell’ipotesi che propongo, chi si accinge a provare o a motivare deve-mv, prima di tutto, qualificare le cose-mv o, meglio, il tipo aletico delle cose-mv, che possono formare oggetto della prova-mv o della motivazione-mv.
In effetti, ragionando o comunicando naturalmente, non c’è pensiero o atto linguistico, concetto o parola, conoscenza o comunicazione, giudizio o comando, la cui prova o la cui motivazione non ponga da millenni il problema della “sua” verità. Verità che, intanto, con linguaggio ibrido, può essere così qualificata: Qual. {La verità (in senso naturale) è una proprietà possibile, positiva o negativa, ma non necessaria, perché suscettibile di assenza}-mv.
Tanto che, la filosofia classica ha distinto tra cose delle quali è predicabile la verità e cose delle quali, invece, non è predicabile la verità. Ma molti filosofi hanno sin dall’antichità osservato e osservano tuttora che, anche laddove fosse davvero «figlia del tempo», la verità nulla aggiungerebbe e nulla toglierebbe a ciò che l’essere umano (e oggi l’umanoide) osserva alla luce di essa. Più in dettaglio, varie correnti di pensiero sostengono – in modo a mio avviso non condivisibile – che, generalmente, “le cose sono così come sono”, a prescindere da tale asserita proprietà.
Vien da pensare, perciò, che, forse, anche per tale motivo, la parola verità sia così raramente usata nei manuali giuridici, nelle sentenze o nei provvedimenti amministrativi. In effetti, almeno in termini naturali, persino ciò che tutti chiamano diritto è cosa tradizionalmente considerata “essere, così com’è”, vale a dire come data dall’autorità, a prescindere, cioè, dalla sua verità.
Tesi questa - appunto assolutizzante - che, invece, è sempre sembrata obiettivamente non condivisibile, in specie a partire dal secondo dopoguerra mondiale. In effetti, almeno nel così detto “occidente”, da molti decenni: [la validità del diritto dipende, in modo necessario, dalla sua attitudine a rendere vera la relazione tra sé e un parametro relazionale di verità, sia esso costituzionale, europeo o internazionale]-mv.
Ciò significa che, per forza di cose, esiste diritto con verità-mv, e che tale diritto (cui fa da complemento al diritto senza verità-mv) qualifica cose-mv suscettibili di divenire oggetto di prova-mv o di motivazione-mv [enti o entità materiali o immateriali, viventi o non viventi, naturali o non naturali, spirituali o non spirituali, razionali o non razionali e così, ad esempio, pensieri o atti linguistici, conoscenze o comunicazioni, norme o leggi, giudizi o comandi e altre non numerabili simili cose]-mv.
Perciò, una prima conclusione è che le cose oggetto di prova sono diverse dalle cose-mv oggetto di prova-mv. Corollario ne è che è rilevante ed efficace sia la funzione concettuale, sia la funzione semantica dell’apice -mv.
Una seconda conclusione è che la distinzione tra diritto con verità-mv e diritto senza verità-mv implica anche un nuovo ambito di esistenza della prova-mv, che include anche la prova-mv del diritto-mv. Infatti, la prova-mv, diversamente dalla prova, non opera soltanto nel diritto, ossianei fatti-mv delle sue attuazioni concrete. In definitiva, questa proprietà mentre appartiene alla prova-mv, non appartiene invece alla prova. Analoga conclusione può ricavarsi per la distinzione tra motivazione e motivazione-mv.
3. Il metodo matematico-mv della prova-mv e della motivazione-mv (la norma d’uso di sé-mv)
In secondo luogo, vorrei occuparmi del carattere funzionale, ossia dinamico, che il linguaggio a verità aumentata-mv associa al termine prova-mv e al termine motivazione-mv.
Si tratta dell’intuizione di fondo che anima l’ipotesi-mv e che sta nel rovesciamento metodologico-mv (scoperto tra il 2005 e il 2007), secondo cui [è la logica della cosa (ossia, la cosicità) che implica la logica della prova o della motivazione e non viceversa]-mv come, invece, per lo più si pensava tradizionalmente e ancora per lo più si pensa.
Questo algoritmo logico è stato poi specificato nel 2020. Nei diritti con verità-mv [tra la logica della cosa (la cosicità) e la logica della prova (la provabilità) o della motivazione (la motivazionalità) esiste una relazione univoca identificabile matematicamente, perciò di volta in volta verificabile come vera o falsa]-mv. Del resto, in ipotesi, proprio la apofanticità-mv del diritto è la proprietà che distingue i diritti con verità-mv, prevalenti nei paesi c.d. “democratici”, dai diritti senza verità-mv, invece prevalenti nei paesi c.d. “non democratici”. Dunque, la verità-mv gioca un ruolo fondamentale, direi imprescindibile, nella società e nell’economia, prima che nell’esperienza giuridica.
D’altra parte, la verità costituisce da sempre il Problema di tutti i problemi. Neppure tradizioni o evoluzioni millenarie sono riuscite a dotare l’essere umano (e oggi l’umanoide) di strumenti idonei a superare o risolvere il «Problema della verità». In specie, quando occorre dare la prova o la motivazione di una cosa-mv. Così, ad esempio, è ancora controverso persino il rapporto che corre tra la verità greca (alétheia = ciò che è) e la verità romana (veritas = ciò che è conforme ovvero veritas = ciò che ha riguardo). Rapporto, questo, la cui obiettiva incertezza è poi ampliata dal fatto che in Italia il lemma verità include singolare e plurale.
La dubbiosità che deriva dal Problema della verità ha sempre condizionato e tutt’ora condiziona in ogni contesto, in specie in quello della prova e della motivazione, il confronto agonistico tra le differenti teorie. A partire dai modi del pensare, dalle forme del ragionamento, dai tipi dei veicoli comunicativi, sino a giungere ai criteri di giudizio, ai canoni interpretativi, agli standard probatori, agli iter logico-motivazionali (…) di ogni operatore giuridico (legislatore, cittadino, giudice, studioso etc).
Per esemplificare, si pensi ai dilemmi: verità formale o verità sostanziale? Verità certa o verità probabile? Verità identità o verità corrispondenza? Verità coerenza o verità consenso? Verità fattuale o verità giuridica? Verità materiale o verità processuale? O, ancor prima, a che può servire la verità, se non è di questo mondo? La verità è solo un mito? O piuttosto è un orizzonte, non raggiungibile ma utile?
Dilemmi che si pongono identicamente per la prova o per la motivazione: prova formale o prova sostanziale? Prova statistica o prova retorica? E così via dicendo. Dilemmi, più in generale, che sorgono quotidianamente ogni volta che l’essere umano (o l’umanoide) è tenuto a “dire la verità”, o perché si impegna volontariamente a farlo o perché deve farlo.
Così, nella prospettiva pluralista, non negazionista, non deflazionista e non monista che questa ipotesi-mv adotta (e che la rende anche per questo falsificabile) tutto ciò implica porre a sé stessi innanzi tutto l’interrogativo: quale verità? E non già l’interrogativo: quanta verità?Infatti, quest’ultimo interrogativo che ancora molti teorici si pongono, così come fa l’intelligenza artificiale, appare invece incompatibile con i valori fondativi dei diritti con verità-mv.
Ecco, dunque, una terza conclusione: tutti i Problemi che ho sin qui nominati si traducono in un problema di metodo: [trovare il metodo che combina correttamente ogni cosa alla sua verità, qualitativamente intesa]-mv. Infatti, le numerose concezioni di “verità” sin qui singolarmente professate dai teorici della verità, da Parmenide sino ai nostri giorni, non sembrano affatto riconducibili o riducibili l’una all’altra. Così, nella vita comune, come nelle sedi decisionali o giudiziali, cognitive o deliberative, ideali o pratiche (…) esse per lo più collidono tra loro.
Al punto che l’essere umano (e soprattutto l’umanoide) o non ricorre affatto alla verità o, se vi ricorre, sceglie, tra “le” verità filosofiche, “la” (sua) verità. Ma lo fa in modo imperscrutabile, seguendo la via dell’arbitrio, dell’ambiguità o della vaghezza, dunque, in modo soggettivo, deterministico o casuale, comunque incontrollabile. Cosa che accade anche all’essere umano che prova o motiva usando il linguaggio naturale e all’umanoide che prova o motiva usando il linguaggio correlazionale.
Da tutto ciò sorgono le ragioni di questa ricerca ormai ventennale. Tipizzare, ordinando in modo isometrico, formale, logico-matematico e, al contempo, senza nascondimento, le norme d’uso di sé stesse-mv delle verità poste all’interno dell’ampio spettro concettuale fornito dalla filosofia e costruire le categorie delle verità-mv attraverso fattori principali o mediante altre analoghe tecniche tassonomiche [6]. Più in dettaglio, rovesciare i metodi classici di approccio monistico al «Problema della verità»; ricostruire la natura tipologica o insiemistica del concetto filosofico di verità; identificare entro un quadro logico formale i tipi o gli insiemi delle verità-mv e associare a essi, mediante determinanti analogiche, i tipi o gli insiemi di verità matematiche-mv.
Così facendo, l’ipotesi-mv giunge a delineare un sistema formale, relativamente chiuso, di indici di verità-mv e di codici di verità-mv. Ecco, dunque, una quarta conclusione: [gli indici di verità-mv e i codici di verità-mv sono operatori essenziali del pensiero e del linguaggio umano o umanoide, così come delle relazioni tra cose, ivi incluso il diritto]-mv. Dunque, essi sono anche operatori essenziali della prova-mv e della motivazione-mv.
4. Il codice Versiglioni 2.0
Un’immagine tabellare del diritto matematico-mv così ottenuto può forse essere utile per farsi un’idea.
Ecco, dunque, un paio di tabelle che sono parte della ben più ampia grammatica-mv prodotta dal codice Versiglioni.
Tabella 1 - Verità matematiche-mv (linguaggio a verità aumentata-mv)

Tabella 2 – Verità filosofiche (dal linguaggio naturale al linguaggio a verità aumentata-mv)

Rinviando per eventuali approfondimenti al sito https://marcoversiglioni.it o al sito https://dirittomatematico.it, se tuttavia si osserva l’ultima colonna della tabella 2, essa dimostra chiaramente che il codice Versiglioni rispetta, nel senso che recepisce, l’ampissimo pluralismo di idee e concezioni elaborate nei millenni riguardo alla verità. Infatti, identità, corrispondenza, coerenza e consenso costituiscono tipi di verità offerti dalla storia della filosofia e della letteratura, umanistica e scientifica. Tuttavia, questa ipotesi innova rispetto a ogni altra ipotesi, perché non si limita a elaborare una concezione nuova di verità, ma trova, decodifica-mv e codifica-mv un meta-codice-mv, ossia, appunto, una grammatica superiore de le-verità-mv , che ne tipizza i criteri, ne governa la convivenza, ne disciplina gli statuti, ne fissa gli effetti in termini di credibilità o di validità, sempre indicando (soltanto) il metodo-mv, tanto delle regole astratte e generali, quanto delle loro attuazioni concrete e speciali.
In effetti, poste in disparte le impostazioni scettiche o deflazioniste, la ricerca assume che le principali tradizioni colgano tutte aspetti parzialmente condivisibili del fenomeno della conoscenza e della comunicazione umana e della relazionalità tra cose, così come del fenomeno giuridico, tant’è che, ad esempio, questo è qui così descritto: Qual. [il diritto è una famiglia di insiemi retta dal perenne mutevole combinamento di differenti tipi di verità e di falsità o di assenze di verità-mv]
Più in generale, la vista di queste tabelle dovrebbe trasmettere da sé almeno il senso della funzione del codice Versiglioni 2.0 (che risale al 2020).
Tuttavia, per agevolare la comunicazione, fornirò una qualificazione del codice-mv che descrive il suo ambito di esistenza e di applicazione affinché si possa meglio intuire che tale codice verte soltanto sul metodo-mv della prova-mv e della motivazione-mv.
Qual. {il codice Versiglioni è un meta-codice del metodo del pensare, del comunicare e del vivere dell’essere umano (umanità) o dell’umanoide (umanoidità) che consente di affrontare il «Problema della verità» di qualunque cosa (cosicità,, dirittocità, provabilità, motivazionalità..) attraverso un algoritmo (rectius: una norma d’uso di sé) di natura logico-matematica}-mv.
In concreto il codice-mv funziona e produce un proprio output codificato-mv di natura legistica (ad es., una legge con verità-mv)[7] o di natura attuativa (ad es., una sentenza con verità-mv )[8].
Dunque, un meta-codice che, a differenza dell’Intelligenza artificiale, non si pone l’illusione di produrre ogni volta “la” soluzione di merito. Un meta-codice, perciò particolarmente utile alla prova-mv o alla motivazione-mv perché in grado di codificare-mv, ogni volta, il metodomatematicamente corretto-mv o la direzione geometricamente corretta-mv per trovare la soluzione di merito (a prescindere dal se, poi, la si trovi o meno, a prescindere, cioè, dal fatto che la soluzione trovata sia vera-mv o falsa-mv).
In effetti, in sintesi estrema, nient’altro che il codice-mv che:
Def. [dà al dado la sua chiave, alla vite il suo cacciavite, alla non controvertibilità la sua razionalità, alla controvertibilità la sua ragionevolezza]-mv.
5. Il codice Versiglioni 3.0 (anticipazione)
Come si è potuto notare, il codice Versiglioni 2.0, pur trovando premessa di sé nella distinzione tra diritti con verità-mv e diritti senza verità-mv, è tuttavia, almeno positivamente, dedicato ai diritti con verità-mv. In realtà, Qual.: {un codice che intendesse comprendere e spiegare tutto ciò che chiamiamo sinteticamente diritto dovrebbe essere astrattamente idoneo a raccogliere in sé e a spiegare da sé quel ‘tutto’, così come quel ‘punto’, che è necessario a un codice che implichi unità e pluralità[9]}-mv. Dunque, dovrebbe poter funzionare efficacemente sia se la cosa fosse senza verità-mv, sia se la cosa fosse con verità-mv.
Proprio alla luce di questa esigenza, posta prima di tutto dal vero Metodo scientifico, ho recentemente completato la versione 3.0 del codice Versiglioni. Si tratta di un sistema chiuso e universale (immaginabile geometricamente come un cerchio o una sfera) in grado di comprendere e spiegare l’orientamento o il disorientamento, l’attrazione o la repulsione, l’appartenenza o la non appartenenza etc.: in sintesi, Qual. [un codice di computazione quantistica, logica o illogica, a base qualitativa]-mv.
Più in dettaglio, un codice capace di sistemare e spiegare anche cose senza verità-mv quali sono le cose frutto di arbitrio o di libero arbitrio (ad esempio le funzioni ordinanti o imperative) o le cose casuali (ad esempio, l’imperscrutabile correlazione che normalmente si trova tra un altissimo numero di elementi tra loro eterogenei, che è carattere fondativo dell’intelligenza artificiale).
Dell’immagine di questa nuova versione 3.0 del Codice Versiglioni (che forma oggetto di una monografia di prossima pubblicazione), fornisco qui l’anteprima.
Per ciò che concerne il diritto-mv, questa versione del codice Versiglioni produce sempre un output di validità/invalidità metodologica-mv, sia che lo si usi per creare il diritto-mv, sia che lo si usi per applicare il diritto (dunque per provare e motivare), sia esso un diritto-mv a forma costituzionalizzata e multilivello (con verità-mv), sia esso un diritto a forma autoritaria e mono livello (senza verità-mv). Il codice Versiglioni 3.0 è un meta-codice-mv degli indici e dei codici di verità-mv che offre alla scelta di metodo una piattaforma, meta-logica o meta-normativa, di natura essenzialmente pratica.
Questa piattaforma è capace di integrare (senza confonderle) e gestire (con metodo matematico-mv) le tradizionali dimensioni formali, assiologiche e/o epistemiche che concorrono alla produzione di qualunque discorso o ragionamento umano, compreso quello giuridico, cosìcome di qualsiasi relazione tra cose ovvero tra esseri umani, umanoidi e cose.
6. Conclusione
Il Linguaggio a verità aumentata-mv è il linguaggio che incorpora contenuti e veicoli che sono indispensabili alla prova-mv e alla motivazione-mv (intese, entrambe, come cose-mv non coincidenti, rispettivamente, con la prova e la motivazione espresse con linguaggio naturale). Tale linguaggio-mv è il prodotto di un algoritmo ossia di un codice denominato codice Versiglioni.
Il codice Versiglioni non coltiva il mito tradizionale fatto di classifiche metodologiche, di regole di priorità o di standard di giustificazione che stabiliscano quando e come un codice di verità prevalga sugli altri, e quali oneri argomentativi gravino sull’interprete che intenda discostarsene, addirittura soppesando probabilisticamente le capacità aletiche attribuite ai vari codici in modo almeno deterministico. Via, questa, che è stata tentata fin dagli albori dell’esperienza umana, ivi inclusa quella giuridica, ma che a questa lunga ricerca è sempre apparsa e continua ad apparire illusoria, anche alla luce dei tratti che caratterizzano i linguaggi informatici odierni, in specie se prodotti dall’intelligenza artificiale.
A differenza di quanto sovente accaduto in passato, la novità del modello-mv che qui si propone non sta tanto in una nuova, ennesima, ipotesi sul concetto unitario di verità (e dunque di prova o di motivazione) ritenuta soggettivamente preferibile o logicamente più efficiente rispetto alle precedenti. La novità del modello-mv sta invece nel proporre una grammatica di reciproca e condivisa sostituzione e, al tempo stesso, di convivenza tra linguaggi di verità differenti ma iso-ordinati e funzionalmente equivalenti o equipollenti sia sul piano aletico, sia sul piano probatorio o motivazionale.
Una matrice pratica di priorità metodologica, che impedisce sia il formalismo esasperato, sia il valorialismo senza vincoli, che ricorda all’homo di possedere in sé (e dunque usare) un algoritmo-mv che, come una bussola-mv, segna la direzione metodologica del pensiero o della comunicazione, dell’esperimento o dell’argomento ovvero, persino, del sofismo meramente persuasivo.
Un algoritmo che rende possibile alle cose-mv di relazionarsi in modo innato con tutto ciò che le circonda o che ognuna di esse circonda.
Il codice Versiglioni, in tal senso, non è un nuovo codice di verità che soppianta gli altri, ma un codice dei codici-mv, perciò, un meta-codice-mv, cioè una scienza-mv e/o un’etica-mv regolativa che, attraverso il suo algoritmo (la norma d’uso di sé-mv) governa l’uso dei codici già in campo, anche se diversamente formalizzati e sistemati. In definitiva, l’ipotesi che propongo è che, nel futuro tecnologico (digitale o quantistico) che è probabile attendersi, l’essere umano, se volesse ovunque votarsi alla convivenza e alla pace, dovrebbe scoprire e usare il codice delle verità-mv che è già presente in lui, ma che lui non sa ancora di possedere, codice-mv che è idoneo da sé a consentire, a tutti, di dialogare attivamente a verità aumentata-mv.
Tutto ciò servirebbe a comprendere il linguaggio a verità aumentata-mv di cui dovrebbe essere dotato un nuovo tipo di umanoide (l’umanoide-mv). Sia laddove, ossia nei discorsi con verità-mv, necessita un impegno soggettivo alla verità-mv, sia laddove, ossia nei discorsi senza verità-mv, un tale impegno non necessita.
In conclusione, tornando all’antico da cui ero partito, risalendo cioè al piano etimologico, il codice Versiglioni si propone quale codice delle verità-mv idoneo a decodificare finalmente il legame, altrimenti incerto, tra la concezione della verità come esperienza ontologica relativa a leggi che regolano la natura e la morale, così come tramandata dalla cultura greca (ἀλήθεια) e la concezione della verità come criterio epistemico di giudizio (di conformità o di riguardo) tramandata dalla cultura romana (veritas).
Tutto ciò, lasciando convivere verità e verità-mv, dando a ciascun lemma il suo e ricevendo da ciascun lemma il suo-mv, vicendevolmente, con moto perpetuo. Così che si attuino in modo pacifico e contestualizzato la tradizione e l’evoluzione: dal passato di ἀλήθεια e di veritas, al presente di verità e al futuro, sperato, di verità-mv [la cui perpetua, ma ordinata, mutevolezza pare forse il punto, come il tutto, nel quale si svela la congiunzione tra l’assoluto e il relativo di sé].
[1] Il testo del presente articolo corrisponde al testo della relazione svolta nel corso del Convegno “Prova e motivazione” tenutosi nell’Università di Perugia in data 21 novembre 2025.
[2] Per eventuali approfondimenti, v. M. Versiglioni, Codice Versiglioni e verità aumentata-mv. Una teoria generale del diritto che c’è (e che forse sarà), in Giocare con altri dadi. Giustizia e predittività dell’algoritmo, Torino, 2024, 291 ss. Id., M. Versiglioni, Codice Versiglioni. Dal linguaggio naturale al linguaggio matematico-mv in Il Pensare - Rivista di filosofia, 2023, 393 ss.
[3] In generale, l'apice -mv lavora come un modello architetturale nel software per computer che facilita la separazione dello sviluppo dell'interfaccia utente grafica (GUI), sia tramite un linguaggio di markup che un codice GUI, dallo sviluppo della logica di back-end (il modello), in modo tale che la vista (che comunica con il linguaggio naturale) non dipenda da alcuna piattaforma specifica del modello, anche se è, in realtà, derivazione, applicazione o comunque parte del modello (che invece comunica con linguaggio informatico). Più precisamente, l'apice -mv funge da intermediario tra il lemma, il termine, la frase, l'espressione, il concetto (naturalmente visibile) ecc. e il modello linguistico (non naturalmente visibile), che, nel nostro caso, cioè in ambito giuridico, è costituito da un insieme linguistico matematico chiamato diritto-mv o diritto matematico-mv, i cui singoli elementi sono definiti o qualificati dal codice Versiglioni. D'altra parte, l'apice -mv inverte la modalità d'uso classica (che avrebbe dovuto portare al diverso apice -vm); ma fortuna vuole che si possa creare un unicum che, anche per evitare confusione, identifichi l'invenzione con le rispettive lettere iniziali del nome e cognome dell'autore (appunto, M e V).
[4] Per evitare l’insorgere di eccessive ridondanze, l’apice (-mv) è usato quando necessario od opportuno e, comunque, nelle [definizioni] e nelle {qualificazioni} viene collocato solo sulla parentesi chiusa, anche quando la frase tra parentesi contiene termini o espressioni, concetti o strumenti, che, se usati singolarmente, sarebbero stati taggati con l’apice-mv.
[5] Per eventuali approfondimenti relativamente a questa ipotesi ricostruttiva di ciò che comunemente chiamiamo diritto, si propone il rinvio a M. Versiglioni,Diritto matematico-mv. Diritto Con verità-mv e Diritto Senza Verità-mv, Pisa, 2020, passim
[6] Esigenza manifestata inizialmente nella ricerca dedicata alla nozione tipologica dell’interpretazione, ossia M. Versiglioni, L’interpello nel diritto tributario, Perugia, 2005 e poi proseguita nella ricerca dedicata alla nozione tipologica della prova, Id., Prova e studi di settore, Milano, 2007. Fonti, queste, oggi liberamente consultabili nel sito https://marcoversiglioni.it.
[7] Come esempio di applicazione pratica del Codice Versiglioni in sede legistica può eventualmente vedersi M. Versiglioni, Appunti sul processo matematico-mv: l’accordo giudiziale-mv in giusmatematichese-mv, in Riv. tel. dir. trib., 2020; Id., Accordo matematico e sentenza matematica tra complementarità, equivalenza e alternatività, in Unità e pluralità del sapere giuridico, 2022, 109.
[8] Come esempio di applicazione pratica del Codice Versiglioni in sede giudiziale (o applicativa del diritto) può eventualmente vedersi M. Versiglioni, Abuso del diritto. Logica e Costituzione, Pisa, 2016 o, tra gli altri esempi reperibili nel sito www.dirittomatematico.it, M. Versiglioni, Dirittomatematico.it. L’algoritmo del dovere di contraddittorio preventivo, in Riv. tel. dir. trib., 2019.
[9] Per la dimostrazione pratica di questa attitudine, con riferimento alla legislazione sugli accordi complementari di cui alla recente riforma Cartabia, ossia per un’applicazione del criterio scientifico che passa per l’unione dell’affermazione e della negazione, v. Versiglioni, Accordo matematico e sentenza matematica, cit., p. 114 ss.
Immagine: particolare da René Magritte, La firma in bianco, 1965.
