L’intelligenza artificiale per i giuristi: una sfida ormai inevitabile
Recensione di “Intelligenza Artificiale – Essere Avvocati nell’era di Chat GPT” di Claudia Morelli, Maggioli Editore, 2024.
di Claudio Castelli
L’intelligenza artificiale è il futuro e condizionerà inevitabilmente la nostra società e le nostre attività. Il punto è se ignorarla, subirla o governarla. Ciò riguarda e riguarderà tutte le professioni e, probabilmente, larga parte degli aspetti delle nostre vite, anche nelle professioni giuridiche e per i giuristi. Per questo il contributo di Claudia Morelli con il suo volume “Intelligenza Artificiale – Essere Avvocati nell’era di Chat GPT” è particolarmente prezioso e dovrebbe essere letto non solo dagli avvocati, ma da tutti i giuristi, in primis dai magistrati, e da tutti coloro che sono interessati al nostro mondo e ai suoi cambiamenti. Prezioso per la mole di informazioni, notizie e stimoli che contiene. Essenziale per l’inevitabile approccio multidisciplinare e per la capacità di navigare su terreni molto diversi, dalla storia del diritto alla normativa esistente, dall’impatto delle nuove tecnologie, ai nuovi problemi etici per arrivare alle esperienze concrete già avutesi.
È sicuramente un terreno difficile: basti pensare alla stessa difficoltà di definire cosa sia l’Intelligenza Artificiale, tanto che alcuni parlano al plurale di Intelligenze Artificiali, ma nel contempo un terreno ormai necessario e segnato. L’Intelligenza Artificiale e le sue applicazioni non sono più una scelta, ma una necessità per rimanere competitivi e, forse, per esistere come professione. E ciò riguarda anche la giustizia se per alcuni fonti (il paper How will Language Modelers like ChatGPT Affect Occupatons and Industries?) il mercato dei servizi legali sarà la prima industry ad essere investita dai sistemi di Gen AI. E sempre secondo questa fonte le professioni più esposte a rischi sono i professori di diritto (al 5° posto), i magistrati (al 17°), i giudici amministrativi e cancellieri (al 28°), gli assistenti giudiziari (al 35°) e gli avvocati (al 50°). Ipotesi inquietanti anche se riguardano un sistema profondamente diverso come quello americano e si basano su proiezioni di dubbia scientificità. Ipotesi che comunque dobbiamo prendere in considerazione per riaffermare la profonda umanità delle nostre professioni, ma nel contempo per poter riuscire ad utilizzare al meglio le enormi potenzialità che le applicazioni di intelligenza artificiale possono darci per lavorare meglio, più rapidamente e con crescente qualità. Non dobbiamo mai dimenticare che ci confrontiamo con sistemi, addestrati su milioni di testi scritti, che sono “stupidi” in quanto non sono in grado di comprenderne il significato, ma che sono in grado di riordinare le parole secondo pattern ricorrenti, basandosi su calcoli di probabilità sulla stessa sequenza del linguaggio e delle parole. La memoria e il giacimento di dati immagazzinati è davvero sovrumana, ma inevitabilmente priva di ragionamento. Sistemi definiti generativi, perché l’output è assemblato in maniera generativa, ovvero nuova. Sistemi che possono comunque soffrire di “allucinazioni”, dando soluzioni sbagliate o inventandole perché sono compiacenti e del tutto dipendenti dalla correttezza, completezza e bontà dei dati immagazzinati e messi a loro disposizione.
Sposare le enormi potenzialità dell’intelligenza artificiale generativa con la fantasia, la creatività e il sapere umano può darci risultati eccezionali che oggi neppure immaginiamo e può consentirci di risparmiare tempo e di migliorare il nostro lavoro e la nostra vita.
Si tratta comunque di un passaggio difficile in cui la prima necessità è cercare di conoscere e comprendere cos’è e cosa può darci l’intelligenza artificiale con le necessarie cautele, ma senza paura.
Un percorso in cui questo libro di Claudia Morelli ci può aiutare.