Vaccini e Covid-19: aspetti etici per la ricerca, il costo e la distribuzione. Note a margine del parere del Comitato Nazionale per la Bioetica
di Marianna Gensabella Furnari*
Sommario: 1.Le vaccinazioni come questione bioetica. 2.I vaccini anti-Covid-19 e l’etica della ricerca 3.Oltre le leggi del mercato: un bene a disposizione di tutti. 4.Le sfide della distribuzione dei vaccini: preparedness e giustizia 5.La campagna vaccinale tra adesione spontanea e obbligatorietà
1.Le vaccinazioni come questione bioetica
La scoperta dei vaccini anti-Covid-19, la loro approvazione e ancor più l’inizio della campagna vaccinale costituiscono, come è stato detto diverse volte, una luce in fondo al tunnel. Ciò di cui disponevamo prima per contenere la diffusione di questo virus, tanto potente quanto sconosciuto, ricordava le misure per combattere le epidemie del passato, una forma di prevenzione primaria: basata sul mutamento degli stili di vita, fatta di distanziamento, mascherine, lavaggi ripetuti delle mani, disinfezioni. Ciò che abbiamo ora è un’arma molto più potente, un balzo in avanti dall’antico al moderno, consentito dalla scienza e dalla tecnica. Un’arma che, a differenza delle prime, può sradicare il virus, come hanno mostrato in un passato non molto lontano alcuni vaccini[1].
Eppure di fronte a questa luce, non poche sono le ombre, le domande, le inquietudini che affiorano in molti di noi. I vaccini appartengono infatti alle misure di prevenzione che, già di per sé, difficilmente riscuotono la piena adesione da parte della popolazione, e in più sono farmaci che vengono iniettati in un corpo sano: per proteggerlo da un eventuale contagio e al tempo stesso per proteggere la comunità, certo, ma, in quanto farmaci, sempre soggetti a provocare effetti collaterali. Il rapporto tra rischi e benefici attesi è per i vaccini convalidati in chiaro saldo positivo. Ma ci fidiamo di ciò che dicono gli scienziati? Non sempre, non tutti. Una comunicazione poco corretta accentua la possibilità di eventi avversi, oscurando la luce che i vaccini gettano su epidemie più o meno virulente, più o meno pericolose. Da qui quell’”esitazione vaccinale”[2] che può giungere anche al rifiuto. Ma possiamo rifiutare di vaccinarci?
Ritagliandosi all’interno del delicato rapporto tra salute individuale e salute pubblica, i vaccini aprono una serie di problematiche che debordano dal piano meramente scientifico, andando ad investire quello etico e giuridico. Ad essere chiamati in causa non sono solo le nostre scelte individuali e le loro ripercussioni sulla collettività, ma anche le scelte sociali e politiche che stanno alla base delle campagne vaccinali, i principi etici, le norme giuridiche che devono regolare le une e le altre. Ponendosi quindi tra scienza, etica e diritto, il tema delle vaccinazioni ricade nell’ambito interdisciplinare della bioetica.
Già nei primi anni del suo operato il Comitato Nazionale per la Bioetica (di seguito CNB) dedica al tema delle vaccinazioni un parere, Le vaccinazioni, del 22 settembre 1995, che, nel metterne in luce l’importanza, evidenzia “il piano bioetico della questione”, non sempre investito correttamente nel dibattito[3]. Sullo stesso piano bioetico, ancora una volta poco frequentato dal dibattito politico e massmediale sui vaccini, richiama l’attenzione il parere I vaccini e Covid-19: aspetti etici per la ricerca, il costo e la distribuzione, del 27 novembre 2020.
Il parere è pubblicato prima dell’inizio della campagna vaccinale, in un momento segnato ancora da grande incertezza sia sulla disponibilità dei vaccini, ancora in corso di approvazione da parte delle Agenzie regolatorie, sia sulle modalità della loro distribuzione. Il CNB propone, quindi, una riflessione etica preliminare, indicando i principi e i criteri generali su tre aspetti giudicati fondamentali (la sperimentazione sui vaccini, il loro costo, la loro distribuzione), nella piena consapevolezza che l’evolversi della situazione porterà ad ulteriori riflessioni sull’applicazione dei principi e criteri etici indicati.
Qual è il senso di questa riflessione preliminare? Sarebbe stato meglio aspettare che i vaccini in fase già avanzata di sperimentazione passassero al vaglio delle Agenzie regolatorie, fossero disponibili e che il piano vaccinazione venisse varato? Il senso del parere è proporre, tenendo fede al mandato istituzionale del Comitato[4], una riflessione bioetica preliminare, che serva da orientamento sia al Governo, sia all’opinione pubblica: una riflessione sui principi etici fondamentali che devono guidare la campagna vaccinale, e che al tempo stesso indichi la via per preparare la popolazione ad un’adesione consapevole e responsabile alla vaccinazione.
Non si tratta di una campagna vaccinale tra le altre, ma della più imponente che la storia ricordi, dal momento che coinvolge, così come il virus, tutti i paesi del mondo. Come accade per altre tematiche, anche qui la pandemia pone in evidenza, agendo come una lente di ingrandimento, i problemi sollevati dalle vaccinazioni.
2. I vaccini anti-Covid-19 e l’etica della ricerca
Il primo problema è rispondere alla domanda che è nella mente di tutti: i vaccini sono sicuri? Una domanda che non riguarda solo i vaccini anti-Covid-19. Già nel primo parere del 1995 il CNB affrontava il problema dei sospetti nei confronti dei vaccini, delle paure di effetti collaterali, che possono determinare un rifiuto dei vaccini stessi. La risposta era semplice e chiara: in realtà i rischi sono presenti, come per ogni farmaco, ma sono ben bilanciati dai benefici, e sicuramente sono minori dei rischi che si corrono non vaccinandosi[5].
Per i vaccini anti-Covid-19 vi è una paura, un’incertezza in più, determinata dai tempi brevi, molto più brevi rispetto agli altri vaccini, trascorsi dall’inizio alla fine presunta della sperimentazione: possiamo considerarli sufficienti? Ed è questo il primo punto su cui il CNB prende posizione: “sebbene sia ovvio che le ricerche per un vaccino scientificamente valido ed efficace debbano avere una corsia preferenziale, al fine di tutelare la salute individuale e pubblica, l’emergenza non deve portare a ridurre i tempi o addirittura ad omettere le fasi della sperimentazione, definite dalla comunità scientifica internazionale requisiti indispensabili sul piano scientifico, bioetico e biogiuridico, per garantire la qualità, la sicurezza e l’efficacia di un farmaco”[6]. L’abbreviamento dei tempi può riguardare solo le procedure per la revisione delle ricerche, incidendo esclusivamente sulla parte amministrativa e burocratica.
L’etica della ricerca deve quindi rimanere rigorosa nell’accertare la validità della sperimentazione, ma anche rispettando il principio della gratuità nel reclutamento dei volontari sani, attuando confronti tra i vaccini approvati, nonché tenendo conto degli ultimi studi sulla genomica[7].
3.Oltre le leggi del mercato: un bene a disposizione di tutti
Altro problema che riguarda la produzione dei vaccini è il loro costo. Dal momento che proteggono un bene prioritario, la salute, agendo contemporaneamente a livello della salute individuale e di quella pubblica, i vaccini hanno, come già affermava il parere del 1995, un “valore sociale”[8]. In tempi di pandemia questo valore appare ancora più importante, un valore essenziale per la difesa della salute, che deve, proprio per questo, essere “messo a disposizione di tutti all’interno di ogni Paese e di tutti i Paesi”[9]. Un’affermazione forte, che si scontra con le leggi di mercato, opponendovi un’etica della solidarietà. È il tema scottante del “costo di un bene comune”: un tema, come il parere ricorda, già all’attenzione dell’Unione europea e al centro del programma globale Covax[10]. Anche qui ritroviamo, messo in luce dalla pandemia, un problema di sempre, doloroso, tragico: il costo di farmaci essenziali per la salute come discrimine tra chi può e chi non può pagare. Il CNB non si limita a raccomandare che il vaccino venga considerato un bene comune e che le istituzioni controllino che produzione e distribuzione non siano regolate unicamente dalle leggi del mercato, ma sottolinea che tale raccomandazione “non deve rimanere un mero auspicio, ma piuttosto un obbligo a cui deve far fronte la politica internazionale degli Stati”[11]. La raccomandazione assume, quindi, i toni forti dell’indicazione di un dovere di solidarietà, di un fermo richiamo non solo agli Stati, ma anche alla responsabilità sociale delle industrie farmaceutiche.
Ma il Comitato va ancora oltre: la pandemia ci pone di fronte ad un’alternativa in realtà illusoria: tra un agire solidale e un difenderci gli uni dagli altri. È l’alternativa di fronte a cui ci pone il vincolo di interdipendenza che da sempre ci unisce e che il virus, con il suo viaggiare tra di noi, ha messo in luce. Un vincolo che ci vede tutti vulnerabili, e insieme tutti capaci di cura, ma con potenzialità diverse di forza e di debolezza. La tentazione è di cercare di farcela da soli, facendo leva ognuno sulla propria forza e ignorando o peggio sfruttando le debolezze degli altri. Una tentazione illogica, irrazionale: il virus lo mostra, superando i confini, tornando a noi da quelle parti del mondo che pensavamo di poter abbandonare al loro destino. In realtà dobbiamo passare dall’interdipendenza alla solidarietà, perché solo la prima opzione, la collaborazione internazionale a livello scientifico ed economico può funzionare, può portarci fuori da questa crisi.
Ed ecco che la lente ingrandita funziona anche come possibile orientamento per azioni future: “Il Comitato auspica che l’attenzione per un’equa distribuzione del vaccino anti-Covid-19 non resti un caso isolato, ma diventi l’occasione per costruire una solidarietà internazionale che ponga fine alle gravi limitazioni nella tutela della salute che ancora permangono in molti Paesi”[12]. Utopia? Forse, ma un’utopia quanto mai necessaria oggi[13], e di cui la pandemia mette in luce, come mai prima, l’esigenza.
4.Le sfide della distribuzione dei vaccini: preparedness e giustizia
Una volta che sia autorizzata la distribuzione dei vaccini, e che questa sia, come si raccomanda, per tutti, altre sfide sono da affrontare. Il parere parla di sfide di “carattere pratico ed economico per non correre il rischio di trovarsi impreparati nella raccolta e distribuzione del vaccino”[14]. Una preoccupazione non da poco, che avvertiamo forte nel momento in cui scriviamo, dato che è questa la fase cruciale che ora stiamo attraversando. Una preoccupazione che, non a caso, ritorna nelle raccomandazioni, dove al punto sulla distribuzione si raccomanda “che venga pianificata in anticipo la realizzazione del programma di vaccinazione per non trovarsi di fronte a carenze strutturali e organizzative, in particolare evitando che le dosi disponibili di vaccino rimangano in stoccaggio per non aver anticipatamente predisposto le misure necessarie a garantire una rapida distribuzione, ed individuando con chiarezza le professionalità necessarie ad eseguire le vaccinazioni”[15]. Ma si tratta solo di sfide di carattere pratico ed economico? Al fondo di tali scelte si tratta di una responsabilità sociale di non poco conto, che impegna a pre-vedere e ad essere pre-parati: la preparadeness, su cui il CNB richiama l’attenzione in altri pareri dedicati al Covid-19[16].
La distribuzione pone però anche un altro problema etico fondamentale: dal momento che si pensa che inizialmente le dosi di vaccino saranno limitate, come stabilire le priorità? Qui il parere non può che limitarsi a ricordare il principio etico che deve guidare le scelte di distribuzione, senza poter individuare i gruppi di persone che avranno la priorità. Questa individuazione è, infatti, connessa ai dati, ancora non disponibili nel momento della stesura del parere, sulle sperimentazioni per ottenere i vaccini, in particolare alla conoscenza dei gruppi di persone su cui sono state effettuate. Il principio però va oltre i dati specifici che potranno consentire l’individuazione dei gruppi da vaccinare per primi: funziona come guida, orientamento per stabilire le priorità. Ed è il principio di giustizia, ripensato nella sua complessità: come principio dell’uguale dignità di ogni essere umano, che obbliga quindi a non discriminare alcuno, e al tempo stesso come “equità”, eguaglianza sostanziale, che tiene conto delle differenze, delle diseguali condizioni di partenza, riparandole attraverso una considerazione delle particolari vulnerabilità[17]. Al richiamo che giustamente il parere fa, all’art. 3 della Costituzione, si può dal punto di vista etico affiancare il richiamo alla teoria della giustizia di Rawls[18], nonché al principio di giustizia così come ripreso nel principialismo di Beauchamp e Childress[19].
Notiamo che il Comitato si preoccupa anche dell’applicazione di questo principio, perché è consapevole della complessità della questione e di come le scelte nell’individuazione delle priorità debbano essere corrette e trasparenti. Auspica quindi che “l’attribuzione specifica dei singoli gruppi nelle diverse fasi sia definita, con i criteri sopra raccomandati, sulla base di competenze multidisciplinari (medici, bioeticisti, giuristi, rappresentanti di pazienti, sociologi, statistici, ecc.) in modo che sia possibile valutare la situazione concreta al momento”[20]. Nulla si dice, e credo appositamente, sull’organizzazione di eventuali commissioni o comitati in cui tali competenze possano interagire, ma è significativo il richiamo alla multidisciplinarità, come momento chiave per un’attribuzione che sia la più giusta possibile.
5.La campagna vaccinale tra adesione spontanea e obbligatorietà
L’ultimo problema trattato nel testo è quello centrale in ogni campagna di vaccinazione: se si debba o no stabilire un obbligo di vaccinarsi. Il problema ci riporta al punto focale della questione bioetica delle vaccinazioni: la loro funzione di tutela della salute del singolo e della comunità a cui appartiene, del “bene del singolo” e del “bene di tutti”. Un’indicazione che è ben lungi dall’essere una “formula magica”, come già notava il parere del CNB del 1995[21]: l’e di congiunzione può essere fonte di tensioni, nel momento in cui il singolo non riconosca nel vaccino un bene per la propria salute. Che fare dunque di fronte al rifiuto della persona di vaccinarsi?
La questione è giuridica e, prima ancora, etica.
Nel parere del 1995 il Comitato aveva già preso posizione in merito, notando la complessità del problema: “Pur tenendo conto dell’obiettiva difficoltà di stabilire una chiara delimitazione tra diritti individuali e diritti collettivi, si ritiene che lo Stato abbia non solo il diritto, ma anche il dovere di promuovere le vaccinazioni considerate essenziali dalla comunità scientifica internazionali non solo attraverso campagne di informazione ed educazione sanitaria, ma anche, se necessario, con altre modalità più incisive”[22]. Quali? Si può giungere all’obbligatorietà? Nel parere si espongono tre diverse posizioni presenti in alcuni stati: misure coercitive indirette, ossia l’obbligo di esibire il certificato di vaccinazione al momento dell’iscrizione all’asilo nido o alla scuola elementare, un atteggiamento più articolato, che considera il rifiuto della vaccinazione illecito, ma non perseguibile penalmente, una coercizione esplicita, sia per la popolazione infantile, che per alcune categorie professionali. Ciascuna di queste posizioni viene considerata dal CNB “ugualmente accettabile, purché raggiunga lo scopo, rappresentato da una protezione vaccinale sufficientemente estesa da proteggere sia i singoli soggetti sia l’intera popolazione da rischi significativi di contagio”[23]
Insomma, l’imposizione è ammessa, come si dirà più avanti, come “eventuale”, in virtù del significato della vaccinazione, che persegue “due scopi pratici inscindibili”, la salvaguardia della salute dell’individuo e la tutela di coloro che gli sono vicini.[24]
Il tema dell’obbligatorietà ritorna nella mozione L’importanza delle vaccinazioni, 24 aprile 2015: una mozione sollecitata dall’allarme per la diminuzione della copertura vaccinale contro il morbillo, per il conseguente aumento dei casi nel 2014 e, più in generale, dalla preoccupazione per la tendenza diffusa a dilazionare o addirittura rifiutare la somministrazione delle vaccinazioni, sia quelle obbligatorie, che quelle raccomandate dalle Autorità sanitarie.
Di fronte a tale tendenza, il Comitato avverte l’esigenza di ribadire il valore delle vaccinazioni, che qui viene indicato non più come “valore sociale”, ma come “valore etico”: “il CNB ribadisce come i vaccini costituiscano una delle misure preventive più efficaci con un rapporto rischi/benefici particolarmente positivo e con un valore non solo sanitario, ma etico intrinseco assai rilevante”[25].
È forte, quindi, il richiamo alla responsabilità personale e sociale nell’assicurare una copertura adeguata, sia per le vaccinazioni obbligatorie, che per quelle raccomandate. Per raggiungere tale obiettivo il CNB indica la promozione di efficaci campagne di informazione, comunicazione ed educazione, che comprendano anche la stigmatizzazione del diffondersi di falsità e pregiudizi. Ma se ciò non bastasse?
“In conclusione, il Comitato ritiene che debbano essere fatti tutti gli sforzi per raggiungere e mantenere una copertura vaccinale ottimale attraverso programmi di educazione pubblica e degli operatori sanitari, non escludendo l’obbligatorietà in casi di emergenza”[26]. Insomma, l’obbligatorietà non viene per prima, ma è consentita come ultima ratio, là dove se ne ravvisi la necessità.
Questa posizione presa dal CNB nel 2015 è presente anche nel parere sui vaccini anti- Covid-19 che stiamo esaminando. Il Comitato ribadisce all’inizio come sia “sempre auspicabile il rispetto del principio che nessuno subisca un trattamento sanitario contro la sua volontà e, quindi, tendenzialmente la preferenza dell’adesione spontanea rispetto ad un’imposizione autoritativa, ove il diffondersi di un senso di responsabilità individuale e le condizioni complessive della diffusione della pandemia lo consentano”[27] . Anche se non esplicitato è chiaro qui il riferimento all’art.32 della Costituzione e alla legge 219 del 2017 sul consenso informato e le disposizioni anticipate di trattamento, così come dal punto di vista etico è chiaro il riferimento al rispetto del principio di autonomia. Ma fino a che punto? Qual è il limite?
Subito dopo l’auspicio al rispetto dell’autonomia e la dichiarazione di preferenza per l’adesione spontanea, troviamo un’apertura sull’obbligatorietà, laddove si ravvisi la necessità di raggiungere una copertura vaccinale adeguata: “Tuttavia il Comitato è altresì consapevole che sono riconosciute per legge nel nostro ordinamento ed eticamente legittime forme di obbligatorietà dei trattamenti sanitari, quali appunto il vaccino, in caso di necessità e di pericolo per la salute individuale e collettiva”[28].
Il limite è “il pericolo” per la salute non solo individuale, ma pubblica. Come ricorda il parere del 1995, richiamandosi alla sentenza n. 307 del 1990 della Corte costituzionale, le vaccinazioni obbligatorie sono costituzionalmente legittime solo se dirette contestualmente alla tutela della salute del singolo e della collettività. Ossia l’obbligo vaccinale può essere imposto “solo per quelle malattie che hanno carattere contagioso ed epidemico, ma non allorché è posta in pericolo solo la salute del singolo”[29].
Anche dal punto di vista etico il limite oltre il quale il rispetto dell’autonomia della persona cede è là dove metta in pericolo la salute degli altri. Ma se questo è il limite, occorre fare di tutto prima, per non scavalcarlo. Ancora una volta il richiamo forte del CNB è, come nella mozione, all’informazione e alla formazione. Possiamo leggere questo richiamo come un ulteriore rispetto del principio di autonomia, visto nel suo aspetto non solo negativo, non interferenza, ma anche positivo, come potenziamento della capacità di comprendere e di decidere[30]: l’informazione e, ancor più, la formazione, trasmettendo sapere e rafforzando la consapevolezza, sono infatti forme essenziali di potenziamento dell’autonomia della persona.
Ma quali sono gli ostacoli per tali azioni? In tempi di Covid emerge in modo più evidente la difficoltà di “comunicare” il sapere dagli esperti a chi esperto non è: un problema di sempre, con cui l’applicazione del consenso informato quotidianamente si confronta nella pratica clinica, là dove si voglia prendere sul serio l’autonomia del paziente. Un problema che nell’emergenza pandemica assume dimensioni più evidenti, viste le incertezze che ancora circondano il virus e, di conseguenza, i vaccini. Il richiamo qui non può che essere ai principi base di un’etica della comunicazione: la correttezza, ossia la veridicità, che impone l’attenta vigilanza sulle fonti e il rifiuto delle fake news, il rifiuto di trionfalismi ed enfatizzazioni, l’onestà nel confessare i limiti del proprio sapere, la fedeltà al patto di fiducia implicito con il destinatario. Questa comunicazione affidata agli esperti, anche qui sulla base di competenza multidisciplinari, riuscirà nel suo compito? Potrà condurre all’auspicata adesione spontanea? Sollecitare quel diffondersi della responsabilità individuale che ci faccia rimanere nel pieno rispetto dell’autonomia, onorandone il senso?
Lo speriamo tutti. E forse la cornice etica che dovrebbe accompagnare questa campagna vaccinale sul versante della comunicazione è quella tracciata dal CNB già nelle conclusioni del primo parere sulle vaccinazioni, là dove le vede non solo come un valore in sé, ma anche come “un’importante occasione di approfondimento del problema più generale dell’etica della cura della vita”[31]. I vaccini sono anche questo: non solo una possibilità preziosa per difendere la nostra salute, ma anche una possibilità in più per ripensare la responsabilità che abbiamo nei confronti della salute nostra e di chi ci sta accanto, vedendo quell’e di congiunzione come segno dell’alleanza, della cura reciproca, occasione per vivere l’interdipendenza come vincolo solidale.
Lo sono ancor più i vaccini anti-Covid-19. E per un motivo evidente: il virus con la sua forza dirompente ha messo in luce in modo tragico, con la sofferenza di tanti, la nostra comune vulnerabilità aprendo dinanzi a noi tutti, più o meno provati, i sentieri di un’etica della cura. Sta a noi percorrerli con la ragione e il cuore, persuadendoci l’un l’altro che il bene salute non può che essere un bene comune da perseguire in una solidale alleanza tra le persone e tra i popoli.
* Prof. Ord. di Filosofia Morale, Università di Messina, Componente del Comitato Nazionale per la Bioetica
[1] Cfr. COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA, Mozione L’importanza delle vaccinazioni, 24 aprile 2015, Comitato Nazionale per la Bioetica - L'importanza delle vaccinazioni (governo.it), p. 3.
[2] Cfr. COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA, I vaccini e Covid-19: aspetti etici per la ricerca, il costo e la distribuzione, p140_2020_vaccini-e-covid19_it.pdf (governo.it), p.14, nota 21.
[3] Cfr. COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA, Le vaccinazioni, 22 settembre 1995, Comitato Nazionale per la Bioetica - Le vaccinazioni (governo.it), p. 5.
[4] Sul sito del Comitato alla voce presentazione leggiamo: “Il Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB), istituito con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri il 28 marzo 1990, svolge sia funzioni di consulenza presso il Governo, il Parlamento e le altre istituzioni, sia funzioni di informazione nei confronti dell’opinione pubblica sui problemi etici emergenti con il progredire delle ricerche e delle applicazioni tecnologiche nell’ambito delle scienze della vita e della cura della salute”( Comitato Nazionale per la Bioetica - La presentazione del CNB (governo.it).
[5] Cfr. COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA, Le vaccinazioni, cit., p.7.
[6] COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA, I vaccini e Covid-19…, cit., p. 6. La stessa raccomandazione il CNB aveva già espresso nel parere La sperimentazione biomedica per la ricerca di nuovi trattamenti terapeutici nell’ambito della pandemia Covid-19: aspetti etici , 22 ottobre 2020, Comitato Nazionale per la Bioetica - La sperimentazione biomedica per la ricerca di nuovi trattamenti terapeutici nell’ambito della pandemia covid-19: aspetti etici (governo.it).
[7]Cfr. COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA, I vaccini e Covid-19…, cit., pp. 7-8.
[8] Già il parere del 1995 afferma il “valore sociale” dei vaccini, “in quanto oltre a proteggere la persona vaccinata riducono il rischio del contagio a carico della restante popolazione” (cfr. Cfr. COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA, Le vaccinazioni, cit., p. 8).
[9] COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA, I vaccini e Covid-19…, cit., p. 8.
[10] WORLD HEALTH ORGANIZATION, COVAX: Working for global equitable access to COVID-19 vaccines, https://www.who.int/initiatives/act-accelerator/covax
[11] COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA, I vaccini e Covid-19…, cit., p. 9.
[12] Ibidem.
[13] Cfr. S. RODOTÀ, Solidarietà. Un’utopia necessaria, GEDI S.p.A., Roma 2017.
[14] Cfr. COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA, I vaccini e Covid-19…, cit., p. 10.
[15] Ivi, p.16
[16] Cfr. COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA, COVID-19: La decisione clinica in condizioni di carenza di risorse e il criterio del “triage in emergenza pandemica”, 8 aprile 2020, pp.7-8; ID., COVID-19: salute pubblica, libertà individuale, solidarietà sociale, 28 maggio 2020, http://bioetica.governo.it/italiano/documenti/pareri-e-risposte/covid-19-salute-pubblica-liberta-individuale-solidarieta-sociale/, pp.8-10.
[17] Cfr. COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA, I vaccini e Covid-19…, cit., p.11.Il problema di una giusta distribuzione di risorse scarse era già stato preso in esame nel parere sopra citato dedicato al triage in emergenza pandemica.
[18] Cfr. J. RAWLS, Una teoria della giustizia, tr.it. U. Santini, a cura di S. Maffettone, Feltrinelli, Milano 1989.
[19] Cfr. T.L. BEAUCHAMP- J.F. CHILDRESS, Princìpi di etica biomedica, tr.it. F. Demartis, Le Lettere, Firenze 1999, pp.321-386.
[20] COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA, I vaccini e Covid-19…, cit., p. 12.
[21] Cfr. COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA, Le vaccinazioni, cit., p. 5.
[22] Ivi, p. 8.
[23] Ibidem.
[24] Cfr. ivi, p. 40.
[25] COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA, Mozione L’importanza delle vaccinazioni, cit., p. 2.
[26] Ivi, p. 4.
[27] COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA, I vaccini e Covid-19…, cit., p. 13.
[28] Ivi, p.13.
[29] COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA, Le vaccinazioni, cit., p. 29.
[30] Cfr. T.L. BEAUCHAMP- J.F.CHILDRESS, Princìpi di etica biomedica,pp. 131-134.
[31] “In conclusione, le vaccinazioni vanno viste non solo di per sé, ma anche come un’importante occasione di approfondimento del problema più generale dell’etica della cura della vita” (ivi, p. 42).