La giustizia civile di fronte all’emergenza epidemiologica. Parte I
Intervista ad Antonello Cosentino (Corte di Cassazione), Franco Petrolati (Presidente Sezione VII C.d.A. Roma), Paola Del Giudice (Presidente Tribunale di Paola), Antonella Magaraggia (Presidente Tribunale di Verona)
di Riccardo Ionta
Giustizia Insieme, con l’intento di offrire uno sguardo diretto sull’attività giudiziaria, ha chiesto a quattro magistrati appartenenti a diversi ruoli e realtà giurisdizionali di esprimere il proprio punto di vista sul presente e futuro della giustizia civile di fronte all’emergenza epidemiologica. La Parte I intervista Paola Del Giudice (Presidente Tribunale di Paola) e Antonella Magaraggia (Presidente Tribunale di Verona).
Sommario:1. La giustizia civile che verrà; 2. Prima dell’epidemia; 3. La proroga della sospensione; 4. Giustizia civile e penale; 5. Il lavoro agile e le (non) agevolazioni per le cancellerie; 6. L’alternativa del lavoro in presenza; 7. La tutela delle professionalità; 8. Trattazione scritta e da remoto; 9. Il ruolo dei presidenti; 10. Il primo mese e la proroga; 11. Frammentazioni possibili e frammentazioni esistenti; 12. Esigenze di uniformità; 13. Insegnamenti
1. La giustizia civile che verrà
Migliaia di procedimenti civili sono stati e saranno rinviati a causa della sospensione dell’attività giudiziaria. Altri saranno rinviati per effetto e della sospensione dei termini ed altri ancora sono già pronti ad essere iscritti dopo il lungo fermo delle attività. Come si prospetta il prossimo futuro della giustizia civile, anche considerando il ruolo che le spetta nel difficile periodo economico alle porte?
Paola Del Giudice
Certamente il rinvio di ufficio delle udienze civili per tre mesi aggraverà la situazione della Giustizia civile nei circondari, come quello del Tribunale di Paola, in cui le pendenze ultra-triennali sono numerose per ragioni strutturali legate alla composizione della pianta organica. Nondimeno, sono fiduciosa sulla possibilità di recupero della sezione civile per le seguenti ragioni:
a) alla ripresa dell’attività giurisdizionale non dovrebbe fare seguito una impennata immediata delle nuove iscrizioni, tenuto conto del fatto che il “fermo” si è accompagnato ad una brusca interruzione dell’attività professionale dell’Avvocatura e anche dei contatti dei professionisti con la clientela;
b) i magistrati della sezione civile, presso le loro abitazioni e con l’uso della consolle, stanno lavorando alacremente e stanno eliminando ogni forma di arretrato, anche quello non patologico, e questa è una circostanza di non poco conto per un ufficio, come quello di Paola, in cui i carichi di lavoro sono notevoli;
c) questo momento di lontananza fisica dall’ufficio e di interruzione della routine delle udienze sta rappresentando (lo si coglie nei dibattiti appassionati che fervono sulle mailing list) per tutti noi magistrati l’occasione per una riflessione profonda sulla organizzazione del lavoro giudiziario, del singolo e dell’intero ufficio, che potrà costituire una spinta, alla ripresa, per l’adozione di metodi di lavoro più razionali che contribuiscano ad una accelerazione dei tempi di trattazione, senza alcun risvolto negativo sulla qualità della risposta alla domanda giudiziaria e, naturalmente, sempre nel rispetto delle norme di legge e delle garanzie costituzionali.
Se la mia previsione è corretta, la sezione civile (il Tribunale di Paola è costituito da un’unica sezione civile che ingloba anche il settore lavoro – previdenza – assistenza) dovrebbe essere in condizioni di affrontare quel contenzioso aggiunto derivante dalla congiuntura economica negativa nazionale ed internazionale che prevedibilmente, a partire dall’autunno, coinvolgerà tutti i tribunali d’Italia.
Antonella Magaraggia
La riorganizzazione non sarà semplice. Nel periodo di sospensione ho ritenuto che non si potesse celebrare alcuna udienza, tranne quelle relative a procedimenti dichiarati urgenti. So che in altri Tribunali si sono fatte scelte differenti. Non penso siano corrette sia perché contrarie al dettato legislativo sia perché, per lo meno nella regione in cui opero (il Veneto), non avrebbero rispettato le cautele igienico sanitarie. Questo affermo anche per quanto riguarda la trattazione scritta e “da remoto” in quanto, pur non comportando la presenza fisica di giudici e avvocati e, quindi, rischi per questi ultimi, sarebbero state incompatibili con le scarne presenze del personale amministrativo, organizzato in presidi.
Il flusso di processi che gli uffici si troveranno a gestire nella fase successiva alla sospensione sarà notevole. Tuttavia, al fine ridurre, non certo di eliminare, i disservizi, con i giudici, ho condiviso la necessità che si facessero rinvii “ragionati”, non differendo le udienze solo di data, ma scaglionando i processi e fissando date diverse a seconda della prioritaria necessità di trattazione.
2. Prima dell’epidemia
La giustizia civile stava riuscendo nella riduzione dell’arretrato e nella riduzione dei tempi dei procedimenti.
Paola Del Giudice
Per quanto riguarda il tribunale da me presieduto, il “fermo” dell’attività giurisdizionale ha bruscamente interrotto un percorso - lento ed accidentato per il consueto “turn over” che caratterizza la sua composizione organica - di miglioramento dell’efficienza.
Certamente la possibilità di recupero di cui ho parlato prima non sterilizzerà del tutto gli effetti negativi del “fermo”, in quanto, ad esempio, le udienze sui ruoli civili generici più gravati (che contano anche più di 900 cause) sono state rinviate a distanza di almeno sei/otto mesi sicché medio tempore si assisterà ad un aumento ulteriore dei tempi di durata dei procedimenti civili.
Antonella Magaraggia
Nel triennio che ci ha preceduto vi è stata una generalizzata riduzione del contenzioso. Non è questa la sede per esaminare le ragioni di tale calo, non sempre legate ad una minore domanda di giustizia fisiologica (penso all’aumento del contributo unificato che ha scoraggiato molti). Ritengo che la necessaria riduzione dell’afflusso dei processi (vera riforma che tutti invochiamo), per essere davvero equa, dovrebbe dipendere da scelte della politica, che, invece, non pare avere intenzione di operarle, limitandosi a meri maquillage processuali. Il calo è stato così significativo che costringe gli uffici anche a ripensare la distribuzione dei giudici tra settore penale e civile. Nel mio Tribunale, ad esempio, con la prossima Tabella di organizzazione dell’ufficio prevederò un passaggio di unità dal civile al penale.
Non so se il rinvio generalizzato dovuto all’emergenza farà venir meno quella boccata di ossigeno che avevamo avuto con il calo significativo delle entrate. Certo è che prevedo un periodo molto impegnativo, che presumo durerà fino alla fine dell’anno e che non consentirà di portare a compimento i programmi ex art. 37 D.L. n.98/2011.
3. La proroga della sospensione
Il periodo di sospensione delle attività giudiziarie è stato prorogato dopo già un lungo, inevitabile, periodo di fermo. Il legislatore aveva comunque previsto la possibilità di rinviare le cause civili e di utilizzare, per le stesse, forme alternative di trattazione, sfruttando al massimo le potenzialità del processo telematico ed evitando così la frequentazione dei palazzi di giustizia. Era necessaria la nuova proroga anche per i procedimenti civili?
Paola Del Giudice
Ritengo che questa ulteriore proroga all’11.5.2020 del periodo di “sospensione” delle attività giudiziarie fosse indispensabile. Sebbene le forme alternative di trattazione previste dall’art. 83 comma 7 lettere e) ed h) del D.L. n. 18/2020 – per come, a mio avviso, correttamente intese anche quali strumenti offerti al magistrato per svolgere la propria attività giurisdizionale in piena sicurezza presso la propria abitazione - consentano lo svolgimento delle udienze senza alcun rischio di contagio (oltre che per il giudice) anche per parti e difensori, la ripresa con le restrizioni previste dalla decretazione di urgenza avrebbe avuto certamente un impatto negativo sulla tutela del personale di cancelleria dai rischi di contagio.
E’ noto che i registri informatici civili, SICID e SIECIC, non possono essere allo stato utilizzati al di fuori della rete giustizia, sicché, in mancanza della nuova proroga disposta con il D.L. n. 23/2020, sarebbe stato indispensabile rimpinguare il presidio in presenza del personale di cancelleria. Ma non solo.
La ripresa delle attività giudiziarie non può non accompagnarsi alla cessazione della sospensione dei termini e tale cessazione, a sua volta, non può non avvenire contemporaneamente all’attivazione dell’intero circuito gravitante sull’attività giurisdizionale. Faccio degli esempi per meglio rendere l’idea di quanto affermo: se comincia nuovamente a decorrere il termine perentorio per proporre una impugnazione, non solo dovrà essere consentito al cittadino di avere un colloquio in presenza con il suo difensore per portare consegnare tutto ciò che è rilevante per la sua difesa ma dovrà essergli garantita anche la possibilità di reperire documenti presso altri uffici pubblici e di avere contatti sociali con altre persone finalizzati ad articolare la linea difensiva; se il presidente del tribunale comincia a fissare con regolarità le udienze di comparizione dei coniugi nei giudizi di separazione e divorzio assegnando ai ricorrenti un termine per la notifica del ricorso e del decreto, gli agenti postali si dovranno recare con regolarità ad eseguire le notifiche presso la residenza/domicilio dei destinatari, con il conseguente aumento dei contatti sociali.
Occorre poi considerare che il processo telematico è inesistente presso gli uffici del giudice di pace, presso i quali sarebbe ripresa non solo l’attività di udienza (che in ipotesi secondo l’art. 83 citato poteva essere mantenuta sospesa con provvedimento del presidente del tribunale fino al 30.6.2020) ma anche quella di iscrizione a ruolo, da farsi necessariamente in presenza.
Infine, evidenzio che, nei tribunali d’Italia con maggiore arretrato, i fascicoli delle cause civili sono misti (cartacei e telematici) sicché non è detto che il giudice, per svolgere le sue funzioni con completezza, non avrebbe dovuto raggiungere la sede giudiziaria prima della celebrazione delle udienze.
La ripresa dell’attività giurisdizionale nel solo ambito civile in data 15.4.2020 avrebbe inciso, a mio avviso, negativamente sulla necessità del distanziamento sociale in un momento in cui la curva del contagio epidemiologico nel nostro Paese non presentava ancora alcun segnale incoraggiante.
Antonella Magaraggia
Premetto che la gestione normativa di questo periodo non è stata semplice, soprattutto all’inizio. Io che vivo e lavoro in una tra le regioni più colpite, soprattutto all’inizio, posso attestare che è stato un crescendo quasi giornaliero che ha trovato tutti impreparati. Tra l’altro ogni previsione sanitaria e, conseguentemente, legislativa che si faceva in un momento in poco tempo doveva essere rivista. Non è stato semplice per il Governo e per il Ministero della giustizia, in particolare, registrare questi mutamenti repentini. Non è stato facile per noi dirigenti fare provvedimenti organizzativi non semplici di per sé e continuamente revocati, ripensati, modificati.
Premesso questo, non ho condiviso la proroga “secca”, che lascia la possibilità di utilizzare le forme alternative solo per i procedimenti urgenti. Il legislatore avrebbe potuto pensarle anche per gli altri in quanto non comportano alcun rischio sanitario. Magari avrebbe potuto fornire un ventaglio di possibilità, che poi ciascun dirigente avrebbe adattato al proprio ufficio in relazione alla gestione del personale amministrativo (come sopra ho detto, unico limite alla possibilità di trattazione con le forme alternative).
4. Giustizia civile e penale
La giustizia civile ha strumenti e principi diversi dalla giustizia penale. Una distinzione di disciplina per il periodo emergenziale sarebbe stata opportuna o così inopportuna?
Paola Del Giudice
Sicuramente il processo civile telematico (lasciando da parte la situazione degli uffici del giudice di pace) salvaguardia maggiormente le parti e il giudice dal pericolo che possa derivare, in tempo di epidemia, dai contatti sociali.
Non secondaria, inoltre, è la circostanza che il giudizio civile più si presta alla possibilità che le parti (magari con la copertura del protocollo) rinunzino ad eccepire nullità derivanti dalla contrazione dell’oralità posta a presidio di interessi delle parti. Tanto è vero che i protocolli tra Tribunali e Avvocatura, per le udienze civili da celebrarsi dopo l’11 maggio prossimo, che si stanno adottando presso diversi circondari, prevedono 1) in taluni casi il ricorso alla trattazione scritta anche qualora le parti, la comparizione delle quali è prevista dalla legge, vi rinunzino; 2) in caso di giuramento di un ausiliario, che si possa ricorrere alla trattazione scritta qualora le parti accettino che quest’ultimo, in luogo della comparizione, invii una nota scritta contenente il giuramento di rito.
Tuttavia ritengo, per le ragioni esposte al punto 3, che non fossero maturi i tempi per una ripresa dell’attività, neppure limitata al settore civile.
Antonella Magaraggia
Sarebbe stata opportuna. La disciplina è necessariamente diversa per la semplice ragione che il processo civile è tendenzialmente telematico (non del tutto, purtroppo, come abbiamo constatato in questo periodo) mentre il processo penale è ancora cartaceo (quello telematico sta ancora balbettando) e richiede quasi sempre la presenza fisica dei protagonisti.
Forme alternative di trattazione sono più facilmente individuabili nel settore civile, ma, con i dovuti limiti, possono trovare posto anche nel settore penale. Tra l’altro, proprio in quest’ultimo sarebbe stato opportuno avere una copertura legislativa per una disciplina, anche minimale, a fronte della sempre più forte resistenza delle Camere Penali. Sul punto credo che il legislatore debba farci comprendere quale linea intenda prendere.
5. Il lavoro agile e le (non) agevolazioni per le cancellerie
Lo sfruttamento pieno delle potenzialità del processo civile telematico implica l’intensificazione del lavoro di c.d. back office per le cancellerie. Il Ministero tuttavia, consente al personale l’accesso “da casa” solo per taluni degli applicativi (protocollo e spese di giustizia) ma non dei registri di cancelleria. Dal recente tavolo tecnico tra C.S.M. e Ministero è emerso che l’accesso da remoto è limitato per ragioni di sicurezza dei dati. Esiste una soluzione?
Paola Del Giudice
Non ho le necessarie competenze per rispondere a questa domanda. Mi limito ad osservare che l’uso dei registri informatici a distanza da parte dei cancellieri avrebbe eliminato una delle ragioni che mi ha fatto apprezzare l’ulteriore proroga della sospensione dell’attività giurisdizionale fino all’11.5.2020: la tutela della salute del personale di cancelleria.
Antonella Magaraggia
Lo smart working che abbiamo dovuto attuare ci ha trovato davvero impreparati sia perché è una modalità lavorativa mai sperimentata sia perchè si scontra con gli evidenti limiti citati nell’uso domestico dei registri da parte del personale. In collaborazione con la dirigente amministrativa e con uno sforzo di fantasia notevole abbiamo “inventato” varie forme di lavoro agile. Non è stato semplice sia perché, come ho detto, si trattava di modalità non praticata in precedenza sia perché si è dovuto fare tutto nell’urgenza e con la pressione dei lavoratori, giustamente sempre più forte mano a mano che la situazione sanitaria si aggravava. Devo anche dire che il Ministero ha, forse, individuato una disciplina un po' troppo articolata (se si leggono i progetti si può constatare quante indicazioni si devono inserire), incompatibile con l’emergenza e la novità dell’istituto. Aggiungo che lo smart working è una delle possibilità perché i dirigenti hanno dovuto articolare il lavoro del personale amministrativo avendo a disposizione un ventaglio di alternative (lavoro agile, ferie pregresse, all’esenzione dal lavoro ecc.) che non sempre è stato compreso e accettato da lavoratori e sindacati. In ogni caso scontiamo l’arretratezza del nostro sistema. Tutto sarebbe stato più agevole se il personale avesse potuto utilizzare i registri da casa. Insieme ad altri Presidenti, ho fatto espressa richiesta al Ministero della Giustizia.
6. L’alternativa del lavoro in presenza
E’ possibile garantire il lavoro “in presenza” degli uffici di cancelleria in piena sicurezza?
Paola Del Giudice
Proprio in concomitanza con l’ultima proroga della “sospensione” dell’attività giurisdizionale (a dimostrazione, ancora una volta, dell’opportunità della proroga) stanno pervenendo i frutti delle iniziative poste in essere per adeguare l’ufficio giudiziario alle prescrizioni impartite nei vari decreti legge e D.P.C.M. che si sono succeduti in materia di prevenzione della diffusione del contagio da COVID-19.
Difatti, nonostante gli uffici giudiziari nella stragrande maggioranza dei casi si siano mossi tempestivamente per l’acquisto dapprima dei prodotti per l’igienizzazione e poi delle mascherine – queste ultime a partire dal momento in cui (superata l’originaria raccomandazione che sconsigliava l’uso alle persone sane) anche il ministero ha cominciato a promuovere l’acquisto dei dispositivi di protezione individuali - la penuria degli stessi sul mercato ha rallentato e sta ancora rallentando notevolmente l’approvvigionamento.
Ad esempio, presso il Tribunale di Paola, soltanto da una ventina di giorni abbiamo ricevuto la parziale fornitura di prodotti disinfettante ordinati all’inizio del mese di marzo e soltanto da una settimana circa una prima fornitura di mascherine acquistate dalla Corte di appello di Catanzaro. Allo stato ciascun ufficio giudiziario si sta organizzando in proprio per approvvigionarsi ma è chiaro che la risposta del mercato alla domanda è determinante. Alla ripresa dell’attività e fino a quando non cesserà l’epidemia occorrerà poi fare periodiche sanificazioni degli spazi. Alcuni uffici giudiziari già hanno previsto anche la rilevazione della temperatura corporea di tutti coloro che accedono presso le sedi giudiziarie.
Insomma, ciascun dirigente di ufficio giudiziario, nell’ambito dei fondi messi a disposizione dal Ministero della Giustizia, sta fruttando questo periodo di “sospensione” per adottare accorgimenti che consentano una ripresa dell’attività giurisdizionale in condizioni di sicurezza.
Mi auguro, pertanto, che con tali accorgimenti, consentendo però ancora il lavoro agile per una parte del personale (anche se più esigua rispetto all’attuale percentuale) e limitando l’accesso dell’utenza, si possa garantire il lavoro in cancelleria in condizioni di sicurezza.
Mi preme evidenziare che tanto affermo in considerazione della conformazione del Palazzo di Giustizia di Paola e della tipologia degli spazi riservati al personale: la valutazione è inevitabilmente destinata a mutare in ragione delle diverse condizioni logistiche dei singoli uffici.
Antonella Magaraggia
La domanda non ha una risposta univoca perché dipende dalla struttura dei nostri palazzi di giustizia, molto diversi gli uni dagli altri. Al di là dell’uso dei dispositivi di protezione che, finalmente, sono arrivati (quanto abbiamo dovuto penare per averli), credo che si debba fare una verifica degli spazi, delle disposizioni delle postazioni, dei front office ecc. In vista della parziale ripresa dell’11 maggio sto facendo, con la dirigente e i funzionari dei vari uffici (ricordo che il Presidente del Tribunale sovraintende anche l’Ufficio del giudice di pace e l’Unep), una “mappatura” degli spazi, ufficio per ufficio, cancelleria per cancelleria, verificando, in sinergia con i lavoratori, se possono essere osservate le distanze e, in caso negativo, mettendo divisori e facendo, nei limiti del possibile, i necessari spostamenti ecc. Diciamo che è un’attività inedita per una Presidente di Tribunale, ma ritengo che rientri a pieno titolo nei compiti del capo dell’ufficio/datore di lavoro. Certo si dovrebbe fare molto di più e il Ministero dovrebbe supportarci. Con altri Presidenti in una recente lettera inviata al Ministro abbiamo chiesto quanto segue: “il posizionamento di cartelli di spiegazione e segnaletica anche a terra per indicare le distanza previste; il posizionamento di policarbonati per proteggere gli addetti allo sportello, altro personale in contatto con il pubblico, magistrati, avvocati, parti e testi nelle aule d’udienza; la verifica della capienza massima nel rispetto del distanziamento sociale, con indicazioni specifiche, di aule, uffici, corridoi; la posa in opera di strumenti automatici di verifica e regolamentazione degli accessi; dotazioni nelle aule penali di strumenti microfonici per ognuno dei protagonisti del processo, con relativa sanificazione; la fornitura periodica dei dispositivi personali di protezione e dei liquidi disinfettanti; la programmazione della sanificazione degli immobili con cadenza settimanale; la stipula di contratti che garantiscano una pulizia quotidiana degli uffici, laddove oggi non garantita; servizi di controllo della temperatura corporea all’ingresso”.
7. La tutela delle professionalità
E’ concreto il rischio che il Ministero lasci “a casa” molti dipendenti svuotandoli in sostanza delle proprie mansioni in violazione dell’art. 52 del T.U. sul pubblico impiego e conseguentemente anche dell’art. 2087 c.c.?
Paola Del Giudice
Non credo che si corra il rischio paventato. Il lavoro agile viene svolto sulla base di un dettagliato progetto ed è peraltro intervallato dalla partecipazione al presidio e dal godimento dell’eventuale residuo di congedo ordinario. Avendo contatti quotidiani soprattutto con i funzionari giudiziari dei diversi settori dell’ufficio, ho avuto modo di constatare come, anche a distanza, continuino a svolgere alcune tipologie di attività che ordinariamente eseguivano in ufficio.
Antonella Magaraggia
L’art. 52 TU è legge ordinaria e può essere derogata da norme successive, soprattutto da quelle che, nel rispetto della parità di trattamento, regolano la situazione di emergenza a tutela della salute e integrità fisica del dipendente, garantite dagli obblighi di sicurezza previsti dall’art. 2087 c.c.
L’art. 83 del D.L. n. 18/2020 attribuisce ai capi degli uffici il potere di limitare la presenza dei dipendenti allo stretto indispensabile per lo svolgimento di attività indifferibili utilizzando quel ventaglio di possibilità cui ho fatto riferimento sopra.
Credo che il lavoratore potrebbe lamentarsi solo se l’esenzione dal servizio non fosse adeguatamente motivata (per esempio potrebbe indicare possibilità concrete di smart working o una più frequente rotazione).
8. Trattazione scritta e da remoto
La trattazione scritta e da remoto sono strumenti adeguati, costituzionalmente e processualmente, per affrontare il periodo emergenziale?
Paola Del Giudice
La trattazione scritta, secondo la mia esperienza, è senza dubbio la modalità che è stata accolta con maggior favore dagli operatori si adatta a diversi momenti processuali in cui l’oralità non apporta necessariamente un valore aggiunto. Difatti, ho già prima messo in evidenza come nei protocolli tra Tribunali e Avvocatura per organizzare le udienze civili da celebrarsi dopo l’11 maggio prossimo, si stia valorizzando ed estendendo questa tipologia di trattazione.
L’udienza da remoto è uno strumento anch’esso prezioso in questa fase emergenziale ma appare meno risolutivo soprattutto negli uffici giudiziari con notevoli carichi di udienza. Il numero di cause da trattare con quella modalità deve essere, infatti, necessariamente ridotto per evitare sforamenti dell’orario.
Ho rilevato, inoltre, che non tutti i magistrati e gli avvocati hanno mostrato quell’apertura a mettersi in gioco con la piattaforma teams (cercando di capire per tempo come procedere con efficacia) che è fondamentale per la celebrazione con successo dell’udienza con quella modalità. Inoltre, i magistrati che già si sono cimentati in prove in vista della ripresa hanno evidenziato non trascurabili problematiche. Peraltro, nel mio ufficio si sono verificati casi di magistrati aventi in dotazione PC portatili privi di webcam ed è in corso la risoluzione della problematica.
Per quanto mi riguarda, nel prevedere le modalità di trattazione dell’udienza presidenziale, ho valutato (salvo i casi di indifferibilità) non proficua la trattazione dell’udienza presidenziale in remoto per la difficoltà di svolgere l’audizione separata di ciascun coniuge (senza l’assistenza del difensore), che è funzionale sia all’esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione che all’assunzione dei provvedimenti temporanei ed urgenti.
Antonella Magaraggia
Certamente sono strumenti assolutamente consoni al periodo emergenziale perché impediscono la compresenza delle persone.
Sono adeguati processualmente per alcune udienze e non per altre. Ad esempio la trattazione scritta lo è sicuramente per alcune (precisazione delle conclusioni nei procedimenti di cognizione ordinaria ex art. 163 e ss. c.p.c. e sommaria ex art. 702 bis c.p.c.; ammissione delle prove; conferimento incarico al CTU; esame della CTU dopo il suo deposito ecc.), può essere compatibile, a determinate condizioni, per altre (discussione ex art. 281 sexies c.p.c. ed ex art. 429 c.p.c.; udienze ex art. 183 ed ex art. 420 c.p.c.) e per altre ancora difficilmente attuabile (assunzione testi).
Sono adeguati sotto il profilo costituzionale ove non comprimano i diritti delle parti e osservino i principi che governano il processo. Ricordo che stiamo parlando di mezzi e non di contenuti, ma se il mezzo non garantisce un contenuto processualmente adeguato (non è tutelato il diritto di difesa, non viene osservato il principio del contraddittorio ecc.) non può trovare ingresso. Insomma la modalità non è buona o cattiva in sé, ma dipende come viene utilizzata. Dobbiamo usare la tecnologia per quello che ci può essere utile. Usarla e non essere usati. Così facendo la trattazione scritta e da remoto potranno essere utile strumento, nel settore civile, forse anche dopo il periodo emergenziale (l’oralità, molto, spesso, dobbiamo dirlo, non esiste più) o costituire una buona “cassetta degli attrezzi” per eventuali altri periodi di emergenza.
9. Il ruolo dei presidenti
Il legislatore, per la prima volta, ha rimesso alla magistratura una normativa processuale di dettaglio ed ha affidato ai presidenti degli uffici molti poteri. Una scelta adeguata o inadeguata?
Paola Del Giudice
La scelta di affidare ai “capi degli uffici giudiziari” il compito di indicare le misure organizzative anche con riguardo alla trattazione degli affari giudiziari, in contraddittorio con l’Autorità sanitaria regionale e l’Avvocatura, obbedisce ad una scelta di fondo che condivido: quella di ancorare le modalità della ripresa dell’attività giurisdizionale con restrizioni alle peculiarità del singolo ufficio giudiziario (area geografica, entità del rischio di esposizione a contagio nel circondario, quantità e qualità del contenzioso trattato, caratteristiche del Palazzo di Giustizia - ad esempio: la sua estensione prevalentemente in orizzontale o in verticale, il sistema di aerazione esistente-, ampiezza delle aule e degli spazi destinati alle cancellerie, numero di udienze che si celebrano quotidianamente).
La prima criticità che ho rinvenuto in questa scelta risiede nel fatto che, mentre con l’Avvocatura è immediatamente stata avviata una proficua interlocuzione, nessuna raccomandazione specifica è pervenuta fino ad ora (almeno per gli uffici giudiziari ubicati nella Corte di Appello di Catanzaro) dalla Presidenza della Regione, quale tramite con l’Autorità sanitaria regionale, sicché per ora manca il (fondamentale) punto di vista sanitario locale nell’interlocuzione prevista, interlocuzione che già dal mese di marzo il presidente della corte ha sollecitato a beneficio di tutti gli uffici giudicanti del distretto. Nell’attesa, i presidenti hanno fatto le loro valutazioni tenendo conto delle indicazioni igienico – sanitarie generali e stanno inviando all’attenzione della Presidenza della Regione i protocolli fatti in vista della ripresa e le bozze delle linee guida elaborate.
Un altro punto critico che ho riscontrato è la mancata previsione di un ausilio tecnico che consenta di stabilire con il più alto grado di approssimazione il livello di occupazione “in sicurezza” dei singoli ambienti dell’ufficio, in relazione, cioè, non soltanto all’estensione ma anche alla loro tipologia.
Questo parametro consentirebbe di agganciare quella scelta a dati più seri. In mancanza, molti dei presidenti con i quali mi sono confrontata hanno valutato di adottare una linea prudenziale nella ripresa dell’attività, nel senso di peccare, nel dubbio, in difetto piuttosto che in eccesso.
Antonella Magaraggia
La storia di questa pandemia, in Italia, ha avuto una forte connotazione regionale, sia per una diversa diffusione del contagio sia per una diversa disciplina data dai Governatori, che hanno assunto ruolo determinante. Anche i dati, se si pone attenzione, sono sempre stati diffusi regione per regione. I nostri provvedimenti organizzativi, d’altro canto, vengono emessi “sentita l’autorità sanitaria regionale” (art. 83 comma sesto D.L. n. 18/2020).
Forse sarebbe stato opportuno che venisse imposta una disciplina distrettuale (nella forma di provvedimenti organizzativi, Linee guida, Protocolli ecc. emanati dalla Corte d’Appello), magari da adattare in sede circondariale. Come ho detto sopra, ogni Tribunale ha delle peculiarità per cui può programmare o non programmare certe attività in relazione agli spazi, alla possibilità di intese con il foro ecc. Il tutto, però, andava armonizzato in un’unica cornice. La bontà di quanto affermato, per lo meno nella regione Veneto, è dimostrato dal fatto che proprio in questi giorni la nostra Presidente della Corte sta cercando di uniformare i vari provvedimenti organizzativi/Protocolli circondariali per evidenti finalità di equità e semplificazione. L’averlo previsto sin dall’origine sarebbe stata scelta più opportuna.
10. Il primo mese e la proroga
Gli uffici, nell’arco del primo mese di sospensione, hanno reagito in modo diverso rispetto alla “fase 2”, taluni con provvedimenti o protocolli dettagliati, taluni con provvedimenti ripetitivi delle disposizioni legislative, taluni non hanno provveduto. Questo come ha influito sulla proroga della sospensione?
Paola Del Giudice
Credo che la proroga della sospensione sia dipesa non dalla constatazione di una inerzia degli uffici bensì dalla gravità della pandemia, che ha sconsigliato di mettere in movimento il “pianeta Giustizia”, peraltro in un momento in cui sul mercato non era possibile reperire i presidi di sicurezza.
Antonella Magaraggia
Certo. Vi è stata una disciplina a macchia di leopardo. Con uno sforzo non indifferente, anche di fantasia, ognuno ha cercato di attrezzarsi. Questo “fai da te” dei singoli Uffici ha portato a differenti discipline, conseguenza che non ritengo positiva. Almeno distrettualmente si sarebbe dovuta richiedere una certa uniformità.
11. Frammentazioni possibili e frammentazioni esistenti
Il potere attribuito ai dirigenti degli uffici in tema di politica dei rinvii, di tempistica delle azioni e di regolamentazione delle forme alternative di trattazione delle cause civili si presta all’idea di una giustizia civile frammentata? E questo come incide sulle frammentazioni già esistenti?
Paola Del Giudice
Certamente la scelta di fondo fatta dal legislatore si presta ad una ripresa dell’attività a velocità diverse e se la ripresa è più rallentata proprio nelle aree ove il contenzioso civile è in maggiore sofferenza la frammentazione può aggravarsi.
Nondimeno, non penso che questa constatazione debba influenzare le scelte da farsi, che devono rispondere unicamente all’esigenza di consentire la ripresa dell’attività giurisdizionale senza mettere a repentaglio la sicurezza di coloro che frequentano gli uffici giudiziari. Fermo restando che è compito del Ministero della Giustizia apprestare nell’immediatezza tutti gli interventi strutturali per adeguare i Palazzi di Giustizia alle esigenza di tutela della sicurezza dei lavoratori (e dell’utenza), ora anche dai rischi determinati dalla pandemia.
Antonella Magaraggia
Certamente in questo periodo emergenziale tale frammentazione si è attuata. Era, d’altro canto, inevitabile. Come dirigenti ci siano trovati a rincorrere i decreti legge (si ricorderà che, a volte, venivano emanati la domenica per il lunedì, con varie anticipazioni che, molto spesso, hanno creato solo confusione) e a dover provvedere quasi ad horas. Credo che, soprattutto nel civile, con un po' più di calma, non sarà difficile ricondurre ad unità la disciplina.
Vedo più difficile il percorso nel penale sia per l’arretratezza telematica sia, e soprattutto, perché, come sopra ho detto, vi deve essere una scelta di fondo della nostra politica.
12. Esigenze di uniformità
Il C.S.M. ha redatto delle linee guida in cui, almeno per la trattazione scritta, i punti maggiormente problematici non sono stati affrontati. La SSM, impegnata nell’attività di formazione e supporto, non si è vista assegnare il compito di formulare delle linee guida nonostante il ruolo scientifico che le spetta. Da un lato c’è chi invoca l’aiuto del legislatore, dall’altro c’è chi invoca una soft law che s’imponga per forza culturale ed autorevolezza della fonte. Se una tendenza all’uniformità appare necessaria, come raggiungerla?
Paola Del Giudice
Mi sembra che il dibattito che si sta svolgendo all’interno della magistratura in vista dell’applicazione delle modalità di trattazione previste dalle lettere f) ed h) del comma 7 dell’art. 83 del D.L. n. 18/2020 sia un buon viatico per una corretta applicazione della nuova disciplina.
Sinceramente la situazione non mi sembra diversa da altri casi di frettolose innovazioni procedurali non accompagnate da disposizioni di dettaglio.
Sarà, come di consueto, l’applicazione pratica della normativa da parte dei giudici, unitamente agli spunti che verranno da parte della dottrina processualcivilistica, con gli approfondimenti che saranno favoriti dalla Scuola superiore della Magistratura (la quale ha già avviato l’offerta formativa a distanza, partendo dai MOT in tirocinio), a suggerire le modalità più consone al rispetto del contraddittorio.
Antonella Magaraggia
Credo che il CSM possa fornirci un ausilio, continuando nel solco, già percorso proficuamente nelle due ultime consiliature, di emanazione di Linee guida più puntuali, magari di concerto con il Consiglio Nazionale Forense. Forse ci dovrebbe essere una maggior interlocuzione con il Ministero e una spinta per l’innovazione.
Pure la Scuola Superiore della Magistratura potrà giocare un ruolo, ma lo declino prevalentemente sotto il profilo culturale e formativo per il futuro più che di ausilio nell’emergenza.
Vedo una grande risorsa negli Osservatori della giustizia civile, da sempre avanguardia nel settore delle innovazioni, nella facilità di interlocuzione con i diversi utenti della giustizia e nella capacità di fare sintesi raccogliendo prassi ed elaborando Protocolli.
13. Insegnamenti
Il riflesso sulla giustizia civile dell’emergenza epidemiologica ha già chiarito qualcosa e insegnato qualcosa?
Paola Del Giudice
Certamente.
In primo luogo l’emergenza epidemiologica ha confermato come il processo civile telematico sia stata una innovazione epocale e come sia necessario che il legislatore porti a compimento questa innovazione, rendendo in primo luogo regola non più emergenziale ma definitiva quella secondo cui, nei casi in cui non è consentita la costituzione personale della parte, la previsione di cui al comma 11 dell’art. 83 D.L. 18/2020 - che impone, negli uffici che hanno la disponibilità del servizio di deposito telematico, il deposito in modalità telematica anche di quegli atti e documenti (ai sensi dell'articolo 16-bis, comma 1-bis, del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221) che di regola possono essere depositati in forma analogica. Ma soprattutto estendendo il processo civile telematico nella sua interezza anche agli uffici del giudice di pace e agli uffici giudiziari superiori.
L’emergenza epidemiologica ha dimostrato quanto sia fondamentale la possibilità tecnica per il personale di cancelleria di lavorare a distanza sui sistemi SICID e SIECIC. Basti pensare che in questo momento storico l’innovazione legislativa della trattazione scritta e dell’udienza da remoto, in combinazione con tale possibilità tecnica, avrebbe consentito lo svolgimento, certamente non di tutte, ma di numerose attività giurisdizionali.
Ritengo, inoltre, visto anche il favore che la trattazione scritta ha trovato presso gli operatori del diritto, che questa esperienza emergenziale possa costituire l’occasione per rimeditare sulla effettiva proficuità della previsione dell’udienza in alcuni snodi processuali (penso all’udienza di ammissione delle prove, all’udienza di precisazione delle conclusioni, all’udienza di conferimento dell’incarico al C.T.U.) e possa spingere verso una riflessione volta a riservare l’oralità soltanto a quei momenti processuali in cui essa rappresenti effettivamente un valore in più.
Infine, il collegamento da remoto (se migliorato e previo potenziamento della rete internet di giustizia, che purtroppo in alcune parti del Paese, come la Calabria, lascia molto a desiderare), può rivelarsi uno strumento importante in talune evenienze processuali, come ad esempio per lo svolgimento di attività istruttorie che coinvolgono pubblici uffici (penso alle informazioni da raccogliersi presso i Servizi sociali nei procedimenti camerali relativi ai minori), e anche per le attività successive alle udienze (è il caso delle camere di consiglio collegiali per lo scioglimento delle riserve).
Insomma, la pandemia ancora in corso sembra avere avuto già l’effetto di accelerare una serie di riflessioni e di dibattiti suscettibili di condurre ad un miglioramento tecnologico del “pianeta Giustizia”.
Fondamentale, in particolare, mi è apparsa l’incitazione di chi ha affermato che è necessaria una nuova consapevolezza: quella che la gestione delle udienze possa essere variegata a seconda del tipo di contenzioso e delle modalità con cui occorre attuare il contraddittorio.
Antonella Magaraggia
Questo periodo ci ha insegnato che possiamo trovare, sia come giudici che come personale amministrativo, nuovi modi di lavorare.
Ci ha anche fatto capire che in materia di innovazione abbiamo ancora tanta strada da fare. Di questo è responsabile certamente il Ministero, ma anche le resistenze di parte della magistratura, che ora stiamo pagando.