“ELI Principles for the Covid 19 Crisis”: argini e contrappesi contro l’abuso dello stato di eccezione entro lo spazio giuridico europeo
di Enrico Camilleri
Sommario: 1. Premessa - 2. Gli ELI Principles for the Covid 19 Crisis: le ragioni di un decalogo per lo spazio giuridico europeo - 3. La struttura dei Principles - 4. I Principi di più marcato rilievo privatistico - 5. Stato di eccezione/emergenza e ordine giuridico europeo.
1. Premessa
Il carattere estremo che è proprio di uno scenario pandemico assegna di necessità alla scienza medica un ruolo di primo piano, nel discorso pubblico come nel supporto tecnico al decisore politico. Altrettanto necessario appare tuttavia anche il concorso di altre competenze ed energie intellettuali, a partire da quelle del giurista, cui tocca in special modo l’elaborazione di proposte su temi certo collaterali alla emergenza sanitaria in sé ma non per questo di secondaria importanza: si pensi a disuguaglianze, ricadute delle misure straordinarie su diritti e libertà individuali, preservazione dello stato di diritto, tanto per stare a un inventario minimo.
Prendendo le mosse dalle “disuguaglianze” socio-economiche, ad esempio, è proprio la storia ad indicarne il nesso con epidemie/pandemie, se è vero che alla maggiore letalità di queste ultime ha fatto spesso seguito un effetto di tendenziale livellamento delle prime, conseguito per via di uno shock comparabile per intensità a quello di cui si incaricano normalmente altri “cavalieri dell’Apocalisse” quali guerre, rivoluzioni o carestie[1].
Più frequente è però il palesarsi di un nesso pandemia – disuguaglianza che veda l’una fungere da fattore moltiplicatore dell’altra, anziché da suo freno. Confinato l’esito “redistributivo” ai soli casi limite più catastrofici, almeno di norma un evento pandemico finisce in altri termini con l’acuire - nel breve/medio termine - il divario nella distribuzione delle risorse e della ricchezza in genere, producendo ripercussioni economiche che impattano in misura più severa sulle fasce della popolazione in condizioni di maggiore vulnerabilità.
Non meno significative sono, d’altra parte, le ricadute che una emergenza sanitaria come quella in corso presenta a carico vuoi di prerogative individuali, vuoi dello stato di salute delle istituzioni democratiche.
Qui, invero, il conforto delle serie storiche e dell’analogia con situazioni e soluzioni già sperimentate in passato si fa più relativo, se non altro in quanto la frontiera di salvaguardia giuridica della Persona e dei suoi attributi, oltre che di evoluzione e consolidamento della rule of law non appare, almeno in thesi, già prima raggiunta a livello globale.
Può in ogni caso affermarsi come, quanto più seria sia avvertita la minaccia per la salute pubblica, tanto più pervasive e drastiche tendono ad essere le misure che i governi sono indotti ad adottare [2]. Per poco che ciò abbia luogo ecco allora imporsi la necessità di fissare o comunque rinsaldare gli argini e i contrappesi propri della democrazia liberale, pena lo scivolamento verso le pericolose distorsioni che sempre si celano dietro l’usbergo dello “stato di eccezione”; oggi invocato a tutela della salute pubblica, seppure terminologicamente dissimulato come “stato di emergenza”[3], ieri esplicitamente proclamato in guisa di état de siège (fictif ou politique), secondo il decreto napoleonico del 24 dicembre 1811, di Kriegszustand, secondo la costituzione bismarkiana (art. 68) o più genericamente di “minaccia alla sicurezza pubblica e all’ordine”, secondo la ormai nota formulazione dell’art 48 della Costituzione di Weimar[4].
2. Gli ELI Principles for the Covid 19 Crisis: le ragioni di un decalogo per lo spazio giuridico europeo
A questi temi, pur variamente declinati, è dedicato il documento “ELI Principles for the Covid 19 Crisis”, pubblicato nel mese di maggio di quest’anno dall’European Law Institute, prestigiosa organizzazione indipendente con sede a Vienna, creata per promuovere la ricerca, formulare raccomandazioni e fornire orientamenti pratici nel campo dello spazio giuridico europeo[5].
Si tratta di una “lista” di 15 Principi, concepiti a mo’ di ideale sestante di valori democratici ad uso di Stati e altre Istituzioni politiche, preceduti da un eloquente Preambolo che esplicita le premesse “teoriche” dell’iniziativa. Su tutte, la preoccupazione che le misure eccezionali adottate a livello nazionale per far fronte al dilagare del Covid-19, foriere come sono di inevitabili molteplici restrizioni a carico di diritti fondamentali e non solo, possano esorbitare dalla cornice dei principi democratici e di legalità: “It is in the greatest interest of society” – si legge infatti nel Preambolo -“that these measures against Covid-19 are imposed and enforced within the framework of established democratic principles and the rule of law”.
Da qui appunto l’auspicio che Parlamenti e Corti non patiscano altre limitazioni alla propria azione che quelle strettamente necessarie al contenimento della diffusione del virus e, in ogni caso, limitazioni “subject to democratic control”. Sul fronte economico e sociale, invece, si muove dalla presa d’atto che disposizioni quali quelle di distanziamento sociale, interdittive di determinate attività o comunque d’ostacolo alla ordinaria mobilità delle persone, fatalmente impattino sulle relazioni d’affari, oltre che sui livelli occupazionali, così da richiedere contrappesi orientati ad una gestione di sopravvenienze sperequative (hardship) che sia il più possibile conforme ai principi di solidarietà e correttezza.
Ad una illustrazione di massima dell’impianto dei Principles dedicheremo le brevi note che seguono.
Mette però conto svolgere preliminarmente almeno due considerazioni di carattere generale, la prima delle quali attiene al “taglio” del documento, costituito appunto da un elenco di Principi, per così dire, di “sistema”. Taglio scontato ove si pensi ai propositi che ispirano l’iniziativa dell’ELI, cui si addice giusto un decalogo di indicazioni generali, quantunque precisamente connotate.
Resta nondimeno che un “decalogo” il quale, ad onta del preciso suo baricentro tematico (l’emergenza da COVID-19), quasi ricalchi la parte “nobile” di un testo costituzionale avanzato, con sporgenze sia sul fronte dei rapporti sociali che delle relazioni economiche, come minimo spicca per contrasto rispetto al profluvio di norme, spesso secondarie e prive di forza di legge, che in molti Paesi – a partire dal nostro, con l’abusato e improprio strumento del DPCM - hanno sin qui scandito la metrica delle varie fasi dell’emergenza; norme sovente connotate da un livello eccessivo di dettaglio precettivo e non di rado apparse quasi avulse, quando non schiettamente in contrasto, rispetto al quadro dei principi che siamo soliti indicare come fondativi dell’ordinamento[6].
La seconda considerazione concerne invece la stessa utilità/necessità di un testo come quello in esame, in rapporto alle finalità per cui è stato redatto. Guardando ad esso da un’angolazione interna all’Unione europea si potrebbe, almeno sulle prime, essere tentati di liquidarlo come ridondante rispetto al diritto vigente e dunque piuttosto rivolto a realtà nazionali altre da quelle già riconducibili al perimetro dell’Unione; ciò, a cagione della (supposta) saldezza e condivisione dei principi che sono alla base dei Trattati europei, oltre che delle stesse Costituzioni nazionali dei Paesi membri.
Una valutazione del genere non tarderebbe, tuttavia, a rivelarsi superficiale e verrebbe presto smentita dal concorso di più elementi.
Va innanzitutto ricordato come, specie in relazione a molti Paesi dell’Europa orientale (Polonia e Ungheria in testa), si parli ormai da tempo di autentica regressione democratica, di deriva illiberale e deviazione dallo Stato di diritto[7]; senza dire delle analisi più radicali che descrivono addirittura un processo involutivo a carico dell’intera architettura europea[8].
Centrale è, inoltre, la circostanza che, almeno a far data dal Trattato di Lisbona del 2007, rispetto della dignità umana, libertà, democrazia, certezza del diritto, divieto di arbitrarietà del potere esecutivo, indipendenza e imparzialità della magistratura, controllo giurisdizionale effettivo e uguaglianza davanti alla legge sono assurti al rango di valori fondativi dell’ordinamento giuridico dell’Unione, comuni agli Stati membri[9]. Già in larga misura richiamati nel secondo e nel quarto Considerando del Preambolo al Trattato UE, essi sono poi espressamente enunciati all’articolo 2 e indirettamente evocati agli artt. 7, comma 1 e 49, comma 1 del dello stesso TUE, come la Corte di Giustizia ha in più occasioni affermato[10].
Ebbene, nonostante questo accresciuto rango e l’implicito riconoscimento di una loro maggior carica assiologica rispetto ad altri hallmarks del processo di integrazione - su tutti il funzionamento concorrenziale dei mercati - quei valori non possono dirsi di indiscussa osservanza su base continentale. Lo conferma ancora una volta la giurisprudenza della Corte di Lussemburgo, costretta a rimarcarne la efficacia diretta, nonché ad annettere alla loro salvaguardia la medesima importanza riservata usualmente all’applicazione uniforme del diritto euro-unitario e al c.d. effetto utile[11].
Lo conferma in secondo luogo la elaborazione della systemic deficiencies doctrine, dispositivo teorico per distinguere sporadiche violazioni di (o minacce a) diritti fondamentali da parte di norme municipali, rispetto a forme più pervasive e gravi di “breach of law”, le quali tradiscano il fallimento o comunque l’insufficienza dei contrappesi interni al singolo sistema nazionale e minaccino dunque di mettere capo a conflitti inter-sistemici[12]. E lo conferma, infine, la proposta della Commissione europea di un “Regolamento sulla tutela del bilancio dell'Unione in caso di carenze generalizzate riguardanti lo Stato di diritto negli Stati membri [13], il cui Considerando n. 3 emblematicamente recita che “Lo Stato di diritto è una condizione sine qua non per la tutela degli altri valori fondamentali su cui si fonda l'Unione, quali la libertà, la democrazia, l'uguaglianza e il rispetto dei diritti umani”.
Ultimo - non certo però per importanza - è poi il dato costituito dalla cronaca dei mesi scorsi, che ha visto riesplodere ad esempio un “caso Ungheria” proprio in relazione al proclamato stato di emergenza (potenzialmente a tempo indeterminato) per far fronte alla emergenza sanitaria, alla conseguente assunzione di pieni poteri da parte del Primo ministro Orbán e alla sospensione dell’attività parlamentare; o che ha fatto registrare non poche critiche e censure nei riguardi di svariati passaggi politico-istituzionali della gestione della crisi da parte di più di un governo nazionale, a partire dal nostro.
Tutto ciò considerato, dunque, neppure il perimetro dell’Unione europea può a ben vedere intendersi immune rispetto ai rischi di “regressioni democratiche”, per citare ancora la icastica espressione impiegata da Rupnik per descrivere lo stato in cui versano molti Paesi membri del quadrante Est; non a caso, del resto, è stato lo stesso Commissario europeo alla Giustizia a dichiarare essere intendimento della Commissione quello della difesa dello stato di diritto “durante e dopo la crisi” sanitaria, aggiungendo che il tema “è diventato negli anni una vera preoccupazione del Consiglio europeo, alla stregua delle questioni economiche o di bilancio pubblico”[14].
3. La struttura dei Principles
Una disamina dei Principles dell’ELI può essere condotta seguendo due schemi possibili; l’uno, costituito da una lettura d’insieme e dalla estrapolazione qua e là di spunti critici o ipotesi di lavoro, magari de lege ferenda; l’altro invece tutto centrato sulla specola dell’esperienza nazionale, posto che ciascuna delle indicazioni che compongono il decalogo suggerisce valutazioni in controluce delle diverse opzioni di policy e/o disposizioni municipali.
L’economia di questa note non consente per vero che di coltivare il primo approccio, sicché ci si limiterà solo a qualche incursione nel diritto italiano, in corrispondenza di quei passaggi del “decalogo” che appaiono più ricchi di suggestioni, vuoi in ordine a provvedimenti già varati, vuoi a provvedimenti che si rende opportuno varare, specie in relazione a classi di fattispecie che appaiono bisognose di soluzioni più funzionali di quelle già disponibili de iure condito.
Fatta questa breve premessa metodologica, può dirsi subito che i “Principles for the Covid 19 crisis” presentano una struttura scomponibile per blocchi tematici, il primo dei quali (costituito dai Principles 1 e 2) si presenta come di più ampia prospettiva e maggiore tensione ideale.
Il decalogo si apre infatti (Principle 1) con un richiamo a valori, principi e libertà fondamentali, enunciati a più livelli della gerarchia delle fonti del diritto dell’UE e non (TUE, TFUE, Carta europea dei Diritti, ECHR) e la cui preservazione è posta quale necessità non derogabile, fatte salve le circostanziate compressioni dettate dalle esigenze di contenimento della pandemia, in ogni caso ammissibili solo se ed in quanto adeguate, proporzionate, delimitate temporalmente e sottoposte comunque al vaglio di Parlamento e magistratura. Nessuna limitazione, quand’anche conforme alle condizioni di massima appena indicate, è invece ritenuta legittimamente configurabile in tema di libertà di espressione, libertà di stampa e accesso degli individui alla tutela giurisdizionale.
Segue, quindi, il Principio n. 2, dedicato alla non discriminazione.
Vi si afferma opportunamente come la crisi da Covid-19 non possa costituire occasione o giustificazione per discriminare gli individui in base alla loro nazionalità o ad altri “criteri”, né tantomeno per avallare applicazioni discriminatorie di specifiche misure emergenziali. Rilievo a sé è dedicato, poi, al “divieto” di discriminazioni nella erogazione di prestazioni sanitarie, come nella fornitura di beni e servizi che, normalmente di largo accesso, rischino di divenire risorse scarse in tempo di crisi.
Basti pensare a quei beni maggiormente connessi con la sfera della salute individuale, i quali hanno fatto registrare, specie nelle fasi iniziali dello scoppio della emergenza, severi squilibri tra domanda e offerta a livello mondiale: dalle banali ma indispensabili mascherine, fino a beni di maggior valore e contenuto tecnologico, quali i ventilatori polmonari. Le une e gli altri sono stati infatti non solo oggetto di fallimenti di mercato, a partire da pratiche commerciali abusive lungo la filiera distributiva, ma soprattutto di tentazioni “nazionalistiche” da parte di singoli governi, propensi a favorire il prioritario soddisfacimento della propria domanda interna, in spregio palese delle regole stesse del mercato unico europeo oltre che dei valori solidaristici e, appunto, del divieto di discriminazioni di ogni sorta, a partire da quelle legate alla nazionalità.
Un secondo nucleo tematico omogeneo è riconducibile ai capisaldi della democrazia liberale e dello stato di diritto; esso è costituito dai Principi 3, 4 e 5, rispettivamente dedicati a “Democracy”, “Lawmaking” e “Justice System”.
Con particolare enfasi è intanto sottolineato come l’emergenza in atto, in nessun caso e per nessuna ragione, possa legittimare misure che, anche al di là delle intenzioni perseguite, rischino di esitare uno scenario di tipo repressivo o autoritario, con indebolimento delle Istituzioni democratiche e preclusione del diritto dei cittadini ad un governo democratico. Ai Parlamenti deve essere preservata pienezza di attribuzioni e prerogative, oltre che demandato il controllo sulle iniziative di maggior rilievo assunte dai governi; inoltre, le elezioni durante la fase dell’emergenza è raccomandato si tengano solo a condizione del pieno rispetto delle procedure che ne presidiano il carattere libero e democratico. Il ruolo del Parlamento è, ancora, richiamato in ordine alla produzione normativa, laddove è infatti sottolineata (Principle n. 4) la necessità che i governi non abusino degli strumenti tipici della normazione d’urgenza, specie al fine di assicurarsi specifici privilegi o anche solo l’ampliamento dei propri poteri e soprattutto che rimettano quanto prima possibile al fisiologico vaglio (e dibattito) parlamentare quei provvedimenti che sia stato necessario adottare in condizioni emergenziali ma che si reputi poi utile mantenere anche oltre il venir meno delle originarie ragioni di urgenza che ne hanno dettato l’emanazione.
E’ inoltre ribadita la necessità che tutte le fonti del diritto, quantunque varate in fase emergenziale, soddisfino comunque un criterio di conformità alla Costituzione, al diritto della UE nonché alle altre fonti di rango superiore, specie in merito alla tutela dei diritti fondamentali.
Quanto all’amministrazione della giustizia (Principle 5), si sottolinea come l’emergenza non ne possa legittimare sospensioni di sorta; la funzione giurisdizionale dovrebbe, in altri termini, venire comunque assicurata, con ogni mezzo tecnico a disposizione (inclusi gli strumenti di collegamento da remoto) e il più possibile con regolarità, essendo peraltro avvertito come precipuo compito degli Stati quello di assicurare la sospensione o la estensione dei termini di prescrizione dei diritti, di modo che chi intenda conseguirne la tutela giurisdizionale non patisca gli effetti negativi di una ridotta attività delle Corti o di una limitata possibilità di adirle.
Proseguendo con l’analisi sommaria del documento possono, ancora, isolarsi i Principles 6, 7 e 8, dedicati a specifici diritti e libertà individuali; segnatamente, alla tutela della privacy, nel segno della minima invasività e proporzionalità degli accessi a dati personali dei singoli che si impongano sull’altare della salute pubblica, nonché alla eccezionalità delle misure che determinino chiusure dei confini e che limitino i movimenti di beni e servizi all’interno della UE.
Seguono quindi le previsioni che potrebbero dirsi rivolte alle ricadute della pandemia sul tessuto sociale (Principles 9 e 11) ed economico (Principles 9, 10,12,13 e14), in relazione alle quali emerge una forte intonazione solidaristica ed una coerenza di fondo con il paradigma dell’economia sociale di mercato.
Esclusivamente di ambito sociale è, così, la proiezione del Principle 11, dedicato all’Istruzione: vi viene espresso l’auspicio che le attività educative proseguano con la massima continuità possibile, anche sfruttando gli strumenti per l’insegnamento e le verifiche di apprendimento a distanza, avendo cura in particolare di prevenire il manifestarsi su questo cruciale terreno di ricadute discriminatorie del c.d. digital divide.
Idealmente a metà tra la dimensione dei rapporti sociali e di quelli economici si colloca diversamente il Principio n. 9, intitolato “Employment and the economy”. Per suo tramite, a valle di misure emergenziali (a partire da quella più radicale di lockdown) che abbiano danneggiato imprese e lavoratori, è promossa l’attuazione di interventi pubblici di sostegno, purché compatibili con la disciplina europea sugli Aiuti di Stato e particolarmente orientati a ridurre la perdita di posti di lavoro[15]. Coerentemente è poi suggerito (comma 4) di adottare legislazioni nazionali che, a fronte dei sostegni economici concessi, inducano le stesse imprese beneficiarie a non corrispondere dividendi agli azionisti o bonus e altri benefit finanziari per il management.
Di esclusiva pertinenza al campo delle relazioni di mercato sono viceversa i Principi 10, 12, 13 e 14, i quali presentano anzi una caratura schiettamente privatistica e sui cui ci si soffermerà nel paragrafo seguente.
A chiusura del decalogo è invece posto il Principio n. 15, contenente l’importante indicazione sul ritorno alla normalità. Un monito, a ben vedere, rivolto ai governi nazionali, invitati a rendere note quanto prima possibile le tappe successive che scandiranno la revoca delle misure emergenziali e il pieno ripristino della rule of law, con l’auspicio comunque di un attento monitoraggio da parte delle istituzioni dell’Unione europea.
4. I Principi di più marcato rilievo privatistico
Come anticipato, i Principi nn. 10,12,13 e 14 attengono alle relazioni intersoggettive di marca patrimoniale.
Il Principio n. 10, intitolato Continuity of Relationships at a distance, è volto a preservare condizioni minime di possibilità e continuità delle relazioni contrattuali, attraverso l’impiego di strumenti tecnici di comunicazione a distanza.
Nel dettaglio, il primo comma è incentrato sulla conclusione dei contratti, nonché sulla possibilità di compiere gli atti ad essa prodromici, a tale scopo raccomandando il varo di strumenti legislativi adeguati, anche in ordine all’esercizio da remoto delle funzioni notarili; il comma secondo, da leggere peraltro in stretto raccordo con il successivo Principle 13, è riservato invece alla preservazione della possibilità di adempimento delle obbligazioni contrattuali.
Nel presupposto che le misure c.d. di distanziamento sociale possano di fatto impedire l’esecuzione dei contratti in essere, viene caldeggiata una disciplina nazionale che non solo favorisca, ove possibile, adempimenti “a distanza”, ma che soprattutto impronti a proporzionalità le limitazioni alle ordinarie interazioni soggettive.
Seguono quindi i Principi 12 (Moratorium on regular payments) e 13 (Force majeure and hardship), senza dubbio tra i più densi di significato e spunti, almeno sul piano civilistico; essi toccano infatti tanto il debito privato (anche di natura fiscale) e la sua gestione, quanto il governo delle relazioni contrattuali interessate da uno stravolgimento dell’economia dell’affare.
La prima “disposizione” propugna la mitigazione degli effetti più dirompenti della crisi a carico del tessuto economico, mediante moratoria dei pagamenti scaduti o in scadenza, specie per debiti fiscali, affitti e mutui; una vera e propria sospensione dei termini di esigibilità dei relativi crediti, da associare all’invarianza degli importi dovuti, non suscettibili infatti di ulteriori incrementi per interessi in pendenza della moratoria stessa, nonché alla correlativa sospensione del decorso prescrizionale.
Sono inoltre suggeriti provvedimenti municipali di interruzione delle procedure esecutive e/o di insolvenza, in presenza di sofferenze di cassa o crisi di liquidità, strettamente correlate alla emergenza pandemica. Infine, con un esplicito richiamo al principio di solidarietà sociale, è ipotizzato il varo di misure orientate alla esdebitazione parziale o totale.
Si tratta certo di linee di azione dal forte connotato emergenziale, come tali invero già rintracciabili nella legislazione di molti Stati dell’Unione[16]. Non tutte le normative interne possono però dirsi appieno coerenti con il “compasso allargato” che ispira la proposta dell’European Law Institute.
Stando al caso italiano, ad esempio, il riferimento più immediato va al D.l. 17 marzo 2020, n. 18 (c.d. decreto “Cura Italia”), poi convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 7, i cui articoli 54 e 56 hanno disposto, rispettivamente, un più esteso accesso al c.d. Fondo Gasparrini[17] per i debitori coinvolti in rapporti di mutuo per l’acquisto di prima casa, nonché la sospensione (fino al 30 settembre) delle rate a scadere relative a i rapporti di credito ad esecuzione periodica che vedano micro imprese o piccole imprese in posizione debitoria verso banche o altri intermediari finanziari ovvero, ancora, la proroga (parimenti al 30 settembre 2020) degli altri rapporti di credito[18] di cui sempre piccole e micro imprese siano parte.
Senonché, basterà rilevare come, in relazione a quanto disposto dall’art 56, spicchi la preservata feneratizietà dei rapporti, anche durante il periodo di moratoria[19]; mentre l’articolo 54 - che pure mette capo ad una deroga estensiva dei requisiti di accesso allo strumento già istituito e normato dai commi 475-480 della l. 244/2007 – con il prevedere che il Fondo di solidarietà, su richiesta del mutuatario, provveda al pagamento degli interessi compensativi “nella misura pari al 50% degli interessi maturati sul debito residuo durante il periodo di sospensione”, lascia residuare quanto meno l’incertezza circa l’esaurirsi o meno delle spettanze della banca.
Si aggiunga poi come nessuna previsione è stata dedicata, nel provvedimento richiamato come in altri successivi, ai rapporti locatizi, quanto meno nel senso di una esplicita moratoria – s’intende, a certe precise condizioni - sul debito pecuniario dei conduttori, tanto nei rapporti di tipo abitativo che di tipo commerciale.
Sempre rimanendo alla prospettiva domestica, mette infine conto rilevare come il riferimento alle misure esdebitative rimandi certo ad istituti e rimedi già presenti nell’ arsenale legislativo - dal sovraindebitamento del consumatore alle disposizioni contenute nel nuovo Codice della crisi di impresa (d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14), di ormai imminente entrata in vigore – nonché agli ulteriori che scaturiranno dal recepimento della Direttiva UE n. 1023/2019[20].
Difficile però non scorgere nella indicazione conclusiva del Principle 12 anche la stura all’avvio di un più ambizioso ripensamento della gestione del debito privato e dei rapporti obbligatori in genere, proiettato al di là delle stesse contingenze pandemiche e sviluppato lungo tracce ormai sempre più pronunciate nel sistema, quali il temperamento del principio di “indistruttibilità” dell’obbligazione pecuniaria e di sua insensibilità alla sopravvenuta impotenza finanziaria del debitore, nonché il diverso atteggiarsi della garanzia patrimoniale[21]. Nella medesima direzione, del resto, sebbene in traiettoria macroeconomica, militano recenti, autorevoli interventi, a partire da quello di Mario Draghi nell’ormai celebre intervista al Financial Times[22], in cui l’ex Presidente della BCE ha preconizzato l’innalzamento permanente dei livelli di debito pubblico, accompagnato però proprio da una massiccia cancellazione dei debiti privati.
Passando, poi, alla lettura del Principle 13, esso fornisce indicazioni – per quanto generali – concernenti il diritto dei contratti, precisamente nel segno della previsione o della più puntuale valorizzazione di tecniche rimediali orientate alla gestione di situazioni di impossibilità sopravvenuta delle prestazioni, di forza maggiore o di eccessiva onerosità sopravvenuta.
In presenza di adempimenti contrattuali che l’emergenza Covid-19 precluda temporaneamente o definitivamente, anche solo per factum principis, le disposizioni nazionali in tema, appunto, di impossibilità sopravvenuta o forza maggiore devono risultare effettive e assicurare soluzioni ragionevoli sul piano della ottimale distribuzione del rischio e del rispetto del principio di buona fede.
A fronte di prestazioni divenute eccessivamente onerose viene, poi, propugnata la valorizzazione o in ogni caso la introduzione di tecniche di rinegoziazione del contratto, nel segno del principio di buona fede, mentre è l’ossequio al principio di solidarietà sociale ad essere invocato ai fini di una distribuzione (tra le parti) dei rischi legati allo scioglimento di contratti, ivi comprese ad es. le cancellazioni di prenotazioni di viaggio.
Anche tali previsioni suggeriscono, per vero, una pur sommaria incursione nel diritto italiano, ove i dispositivi rimediali, codicistici e non, compongono un quadro di tutele sì di buon livello ma a ben vedere non ancora ottimale, per lo meno rispetto alle sfide poste dall’emergenza pandemica.
Se si pensa alle tecniche di reazione /gestione delle sopravvenienze, rinvenibili tanto nella disciplina delle obbligazioni in generale (art 1256 cod. civ.), quanto soprattutto in quella generale del contratto (artt. 1463, 1464 e 1467 cod. civ.), non tarda infatti ad emergere la netta propensione del sistema verso esiti piuttosto liquidatori (risoluzione) che manutentivi (rinegoziazione) del rapporto, questi ultimi essendo di norma asimmetricamente affidati alla scelta del solo contraente contro cui sia domandata la risoluzione (con l’offerta di riconduzione ad equità ex art. 1467, comma 3, cod. civ.), mentre conformati in senso “bilaterale” solo entro gli angusti margini del regime di singoli tipi contrattuali (si pensi all’articolo 1664 cod. civ., dettato in tema di appalto).
Con particolare riguardo alle sopravvenienze sperequative del contratto può quindi senz’altro denunciarsi la carenza, nel sistema, di una chiara e generale previsione che orienti (rectius, vincoli) i contraenti verso una rinegoziazione del rapporto secondo buona fede[23]; non solo, peraltro, in relazione alle classiche sperequazioni “eccessive”, bensì anche a quelle semplicemente “significative”, tra cui rientrano di certo quelle legate a eventi imprevedibili ed eccezionali che abbiano sensibilmente mutato l’economia dell’affare a detrimento di una soltanto delle parti, tenuta a prestazioni per l’appunto divenute ben più onerose del previsto. Al vuoto legislativo potrebbe però sopperire un auspicabilmente breve iter legislativo di riforma del codice civile, avviato mesi addietro con il DDL di delega al Governo (DDL Senato 1151) e recante fra l’altro la proposta di inserimento di un nuovo art 1468 bis, concernente giusto il diritto delle parti di contratti divenuti eccessivamente onerosi per cause eccezionali e imprevedibili di pretenderne la rinegoziazione secondo buona fede[24].
In disparte dalla prospettiva della rinegoziazione degli squilibri sopravvenuti (anche solo significativi), l’emergenza ha peraltro messo in esponente la questione delle interferenze esterne che, specie le misure per il contrato alla diffusione del Covid-19, possono generare a carico dell’attività esecutiva, preservata sì in astratto possibile ma al prezzo di uno sforzo irragionevole del debitore.
Il legislatore italiano ha qui provato ad abbozzare una risposta in sede di “legislazione d’emergenza”; tale è in particolare comma 6 bis dell’art. 3 del d.l. 23 febbraio, n. 6, inserito ad opera dell’art. 91, comma 1°, d.l. 17 marzo 2020, n. 18, poi convertito con modificazioni dalla l. 24 aprile 2020, n. 27: “Il rispetto delle misure di contenimento di cui presente decreto e' sempre valutata ai fini dell'esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilita' del debitore, anche relativamente all'applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti”.
La disposizione, nondimeno, pur chiaramente orientata alla esenzione di ogni responsabilità del debitore che si renda inadempiente in ragione dei sacrifici/costi irragionevoli che avrebbe viceversa dovuto affrontare per eseguire correttamente e tempestivamente la prestazione, si segnala per il carattere equivoco quando non lacunoso del suo testo. Basti dire, nel primo senso, del fuorviante richiamo all’articolo 1223 c.c., che ratione materiae parrebbe militare piuttosto nel senso di una limitazione che non di una esenzione della responsabilità; nella seconda prospettiva, invece, può sottolinearsi la omessa menzione di possibili condotte “reattive” da parte del creditore insoddisfatto in contratti sinallagmatici, a partire dalla possibilità o meno che questi si avvalga della exceptio inadimpleti contractus [25].
Resta, a questo punto da dire brevemente del Principio n. 14 (Exemption of liability for simple negligence), il quale prefigura la opportunità di una sorta di scudo civilistico – per lo meno fino alle soglie della colpa grave - per gli operatori sanitari che prestino servizio la propria attività a beneficio di pazienti Covid, rispetto ai rischi che eventi avversi lascino emergere profili di loro responsabilità civile. Una opzione, questa, già oggetto di dibattito anche nel nostro Paese ed in specie non troppo distante da alcune tra le proposte più meditate che sono state formulate nei mesi scorsi, tra cui quella di riassorbire entro la nozione di “speciale difficoltà” ex art 2236 c.c. anche la assenza di specifiche linee guida validate da precedenti esperienze cliniche e di ponderare un recupero dell’art 3 della legge 189/2012[26].
5. Stato di eccezione/emergenza e ordine giuridico europeo
Abbozzata così una sintetica disamina del decalogo ELI, non resta che svolgere qualche breve considerazione conclusiva.
Lungo l’ideale percorso che dal richiamo ai valori fondamentali si snoda, come descritto, fino alle ipotesi di scudo civilistico per gli operatori sanitari, si coglie intanto una rappresentazione quasi plastica del carattere proteiforme della crisi generata da questa pandemia, la quale nel breve volgere di pochi mesi ha trasceso la dimensione primigenia di “semplice” minaccia globale alla salute pubblica.
La prospettiva della diffusione del contagio ha costituito e costituisce infatti l’innesco di un perverso effetto domino che in virtù delle contromisure che sollecita/impone ai governi di adottare, ridonda in multiple linee di faglia, che bisecano la sfera individuale come quella sociale, il piano economico come quello politico. Quanto dire di una moltiplicazione dei fronti di crisi e di una estensione del delle minacce da contenere, non più solo circoscritti alla vita dei singoli ma alle stesse loro condizioni di vita, materiali e non.
Le plurime emergenze in atto non sono però ugualmente percepite, né contrastate; ad “emergenze dichiarate”, che polarizzano l’interesse dell’opinione pubblica, se ne affiancano altrettante meno avvertite e financo latenti.
Appartengono senz’altro al primo gruppo quelle che interessano il tessuto sociale ed economico, sotto forma di perdita di posti di lavoro, crisi d’impresa, crisi del debito privato, limitato accesso all’istruzione. Ad esse si è indirizzata di necessità la più parte dei provvedimenti “emergenziali” di governi e autorità pubbliche, come è ad esempio bene sintetizzato in un passaggio delle Considerazioni finali del Governatore della Banca d’Italia, presentate lo scorso 29 maggio: “Il Governo italiano si è mosso secondo le medesime priorità che hanno guidato gli interventi a livello internazionale, concentrandosi sulla capacità di risposta del settore sanitario e sugli aiuti ai lavoratori, alle famiglie, alle imprese” [27].
Per poco che assuma però un ruolo eminente nella gestione di quelle che abbiamo per comodità definito “emergenze dichiarate”, l’esecutivo si fa in pari tempo, oltre che propulsore di iniziative e contromisure più o meno efficaci e tempestive, altresì virtuale epicentro di un’onda d’urto che minaccia i “check and balances” della democrazia liberale. E sta per l’appunto in ciò l’emergenza sottotraccia, la quale attiene alla tenuta di valori fondamentali quali diritti e libertà della Persona, stato di diritto, separazione dei poteri, indipendenza della magistratura.
La proclamazione di uno stato di emergenza, in altri termini, non solo dilata lo spettro dell’azione governativa ma di essa modifica la cifra, facendone azione solitaria, tendenzialmente affrancata dal contrappunto parlamentare come dal controllo giurisdizionale. Ciò invera una lacerazione nella trama del tessuto democratico, importa sovrapposizione tra potere esecutivo e legislativo ma soprattutto produce quel fenomeno che è stato bene descritto come di separazione della forza di legge dalla legge[28]: quanto dire degli stilemi più classici e sinistri dello stato di eccezione, veste giuridica formale dello stato di necessità.
Senonché, lo spazio giuridico europeo non tollera né una versione schmittiana dello stato di eccezione, quale decisione che soverchia (e sospende) la norma, l’una e l’altra assunte pur sempre quali espressioni di sovranità; né tantomeno la diversa prospettazione che vi scorge un’essenza non giuridica e la qualifica come “anomia che risulta dalla sospensione del diritto”[29]. Entro quel perimetro, insieme istituzionale e geografico, può darsi al più una editio minor dello stato di eccezione, ossia una deviazione circostanziata e temporalmente limitata dal corso normale dell’ordinamento, non semplicemente interna ad un Rahmenordnung bensì irregimentata entro uno Stufenbau, al cui vertice devono permanere saldi i valori fondativi dell’Unione europea, comuni agli Stati membri.
Questo è ciò che i Principles dell’ELI hanno l’ambizione di esplicitare, ma si tratta a ben vedere piuttosto di una pagina da scrivere che una di una dinamica già acclarata. Nécessité fait loi: resta qui racchiusa la minaccia del disordine e di uno sviluppo regressivo da cui l’ordine giuridico europeo deve riuscire completamente a emanciparsi.
[1] Cfr. W. Scheidel, La grande livellatrice. Violenza e disuguaglianza dalla preistoria a oggi, Bologna, 2017, spec. 391 e ss. In particolare nelle società agrarie del passato, questo esito finale di livellamento delle diseguaglianze passava anche per un drastico freno alla crescita della popolazione, secondo il modello dei “freni positivi” (checks), teorizzato da Malthus: cfr. T. Malthus, An Essay on the Principle of Population, London, 1798, 12 e ss.
[2] E’ questo il “paradigma di governo” icasticamente definito come “biosicurezza”: cfr. già P. Zylberman, Tempètes microbiennes : Essai sur la politique de sécurité sanitaire dans le monde transatlantique, Parigi, 2013, passim.cfr. altresì G. Agamben, Lo stato di eccezione, 2003, 11.
[3] Cfr. Delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020. Sulla inconsistenza del distinguo tra “stato di emergenza” e “stato di eccezione” si vedano le acute considerazioni di G. Agamben, Stato di eccezione e stato di emergenza, Quodlibet 30 luglio 2020, disponibile all’indirizzo https://www.quodlibet.it/giorgio-agamben-stato-di-eccezione-e-stato-di-emergenza
[4] Imprescindibile, in proposito, ancora il rinvio a G. Agamben, Lo stato di eccezione, cit., passim ma spec. 21 e ss. Cfr. altresì A.Wirsching, Weimar, cent’anni dopo. La storia e l’eredità: bilancio di un’esperienza controversa, Roma, 2019, 38 e ss.
[5] Il testo è reperibile sul sito web dell’ELI, (https://www.europeanlawinstitute.eu/news-events/news-contd/news/eli-publishes-principles-for-the-covid-19 crisis/?tx_news_pi1%5Bcontroller%5D=News&tx_news_pi1%5Baction%5D=detail&cHash=32885703f7c5c5e3a1b4f6753c6c73e2). Per la traduzione italiana cfr. P. Sirena, I Principi dello European Law Institute sulla Pandemia di Covid 19, in Riv. Dir. Civ., 4/2020, 891 e ss.
[6] Basta al riguardo fare riferimento ai reiterati interventi critici di Sabino Cassese, in ordine al carattere improprio dello strumento del DPCM, nonché, da ultimo, in ordine sulla stessa iniziativa di protrarre lo stato di emergenza: cfr. https://www.corriere.it/politica/20_luglio_28/cassese-governo-basta-forzature-si-torni-normalita-c9b3027c-d10a-11ea-b3cf-26aaa2253468.shtml
[7] J. Rupnik, Senza il muro. Le due Europe dopo il crollo del comunismo, Roma 2019, 211 -214 e ss.
[8] Così in particolare J. Zielonka, Contro-rivoluzione. La disfatta dell’Europa liberale, Bari, 2018, passim.
[9] Cfr Bonelli, From a Community of Law to a Union of values, 13 EU Courts (2017), 793.
[10] Cfr Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, C‑402/05 P e C‑415/05 P, parr. 303 e 304. cfr. altresì C-621/18, parr. 62-63 Andy Wightman versus Secretary of State for Exiting the European Union.
[11] Cfr. ad esempio Corte di Giustizia Case C- 284/16 Slowakische Republik V. Achmea BV, par 34.
[12] Cfr A. Von Bogdandy, Principles of a systemic deficiencies doctrine: how to protect checks and balances in the Member States, Common Market Law Review, 57 (2020), 705 e ss. ma spec 715 e ss.
[13] COM (2018) 324 final.
[14] Cfr. l’intervista rilasciata da Didier Reynders a Beda Romano per Il Sole 24 Ore, apparsa sul quotidiano di venerdì 15 maggio 2020, p. 25.
[15] Evidente appare, al riguardo, l’adesione paradigma dell’economia sociale di mercato (peraltro espressamente evocato dall’art. 3 TUE) e, con esso, a quella dose di politicità (e dunque di flessibilità) che costituisce passato e presente del diritto della concorrenza in ambito comunitario, all’insegna di un bilanciamento costante tra efficienza economica ed interessi di carattere più generale: cfr. M. Libertini, voce Concorrenza, in Enc. Dir., Ann. III, Milano 2010, 189 e ss; D. Zimmer, Consumer welfare, economic freedom and the moral quality of competition law: comments on Gregory Werden and Victor Vanberg, in J. Drexl – W. Kerber- R. Podszun (edited by), Competition Policy and the Economic Approach. Foundations and Limitations, Cheltenham, 2011, 72 e ss., ma spec. 77-78.
[16] Si pensi, ad esempio, al novellato § 240 della Legge introduttiva al codice civile tedesco (EGBGB) ovvero, per quanto riguarda la Spagna, al Real Decreto-ley 11/2020, del 31 marzo 2020, “por el que se adoptan medidas urgentes complementarias en el a´mbito social y econo´mico para hacer frente al COVID-19”.
[17] Fondo di solidarietà per i mutui per l'acquisto della prima casa.
[18] Aperture di credito a revoca, prestiti accordati a fronte di anticipi su crediti esistenti al 29 febbraio 2020 e prestiti non rateali con scadenza contrattuale prima del 30 settembre 2020.
[19] In argomento si veda M.R. Maugeri, L’emergenza Covid-19 e la sospensione dei mutui per l’acquisto della prima casa, in Giustiziacivile.com, 22 aprile 2020. Si veda altresì l’orientamento del Collegio di Coordinamento dell’ABF, seppur riferito ai provvedimenti di moratoria dei pagamenti, dettati ex lege in relazione agli eventi sismici concernenti l’Abruzzo e l’Emilia-Romagna: Coll. di Coord., decisione n. 210/2020.
[20] Segnatamente il “quadro di ristrutturazione preventiva”, previsto dall’articolo 5.
[21] Si vedano, nella medesima direzione, gli spunti di riflessione proposti da Roppo in V. Roppo e R. Natoli, Contratto e Covid-19. Dall’emergenza sanitaria all’emergenza, in questa Rivista, 10, disponibile all’indirizzo https://www.giustiziainsieme.it/it/diritto-dell-emergenza-covid-19/1033-contratto-e-covid-19-dall-emergenza-sanitaria-all-emergenza-economica-di-vincenzo-roppo-e-roberto-natoli.
[22] Intervista del 25 marzo 2020, ancora disponibile sul sito web del quotidiano all’indirizzo https://www.ft.com/content/c6d2de3a-6ec5-11ea-89df-41bea055720b
[23] Non già inferibile dal sistema, per lo meno negli stringenti termini di “obbligo”, come pure opinato da alcuni Autori: si vedano in proposito le condivisibili considerazioni critiche di F. Benatti, Contratto e Covid: possibili scenari, in Banca Borsa Titoli di credito, n. 2/2020, 198 e ss., ma spec. 207 e ss. Una panoramica ad ampio spettro circa le ricadute dell’emergenza sanitaria sul terreno delle relazioni di mercato in generale è quella offerta da V. Roppo e R. Natoli, Contratto e Covid-19. Dall’emergenza sanitaria all’emergenza, cit.
[24] Si vedano, sul punto, gli spunti contenuti nel documento intitolato “Una riflessione ed una proposta per la migliore tutela dei soggetti pregiudicati dagli effetti della pandemia”, 4 e ss. , elaborato dall’Associazione Civilisti Italiani e reperibile sul sito web della stessa Associazione (https://www.civilistiitaliani.eu/images/notizie/Una_riflessione_ed_una_proposta_per_la_migliore_tutela_dei_soggetti_pregiudicati_dagli_effetti_della_pandemia.pdf)
[25] Cfr. per tutti A.M. Benedetti, Il rapporto obbligatorio al tempo dell’isolamento: brevi note sul decreto Cura-Italia, I Contratti, 2020, p. 213 ss.; G. De Cristofaro, Rispetto delle misure di contenimento adottate per contrastare la diffusione del virus Covid-19 ed esonero del debitore da responsabilità per inadempimento, NLCC, 3/2020, 571 e ss. Appaiono viceversa improntate a maggiore linearità ed efficienza le disposizioni adottate in relazione a titoli di viaggio e pacchetti turistici (cfr. art 28 D.L. 9/2020), nonché al “Rimborso dei contratti di soggiorno e risoluzione dei contratti di acquisto di biglietti per spettacoli, musei e altri luoghi della cultura” (art 88, DL 18/2020, conv. con modificazioni dalla L. 24 aprile 2020, n. 27). Con particolare riguardo agli interventi “emergenziali” dedicati al trasporto aereo si rinvia agli approfondimenti critici di A. Palmigiano, Emergenza coronavirus: le tutele nel settore del trasporto aereo e dei pacchetti turistici, e Id., Emergenza coronavirus: le tutele nel settore del trasporto aereo, apparsi entrambi su questa Rivista e consultabili rispettivamente agli indirizzi www.giustiziainsieme.it/it/diritto-dell-emergenza-covid-19/919-emergenza-coronavirus-le-tutele-nel-settore-del-trasporto-aereo-e-dei-pacchetti-turistici e https://www.giustiziainsieme.it/it/diritto-dell-emergenza-covid-19/1150-emergenza-coronavirus-le-tutele-nel-settore-del-trasporto-aereo-di-alessandro-palmigiano
[26] Si veda, in tal senso, il documento “Una riflessione ed una proposta per la migliore tutela dei soggetti pregiudicati dagli effetti della pandemia”, pp. 2-3, elaborato dall’Associazione Civilisti Italiani , reperibile sul sito web della stessa Associazione (https://www.civilistiitaliani.eu/images/notizie/Una_riflessione_ed_una_proposta_per_la_migliore_tutela_dei_soggetti_pregiudicati_dagli_effetti_della_pandemia.pdf)
[27] Cfr. Considerazioni finali del Governatore della Banca d’Italia, Relazione annuale 2019, p. 8
[28] Cfr. ancora G. Agamben, Lo stato di eccezione, cit., 51-52.
[29] Cfr. Agamben, op. ult. cit., 66. Lo stesso A. (33-34) mostra efficacemente i limiti delle teorie più classiche che riducono la disputa sullo stato di eccezione ad una semplice questione “topografica”, al suo collocarsi cioè all’interno o all’esterno dell’ordinamento.