La Corte costituzionale romena di fronte alla “disinformazione” e alle nuove frontiere della pubblicità politica online: fra micro-influencer e ingerenze estere
Sommario: 1. La Corte costituzionale romena e la “disinformazione” russa: il contesto e l’eccezionalità di una decisione – 2. La Legittimità della decisone nel quadro eurounitario: “disinformazione” o finanziamento estero e illecito? – 3. La decisione della Corte costituzionale romena nel quadro della regolazione del digitale in Unione Europea: strumenti vigenti e nuove sfide - Un nuovo passo verso il consolidamento del paradigma europeo di free speech in ambito elettorale e la sfida dei micro-influencer.
1. La Corte costituzionale romena e la “disinformazione” russa: il contesto e l’eccezionalità di una decisione
Con una decisione dalla portata eccezionale, per la prima volta una Corte costituzionale europea ha annullato delle elezioni per l’impatto su di esse avuto dalle campagne di disinformazione online, o meglio per le violazioni delle normative elettorali sui social media. Con la sentenza 32 del 6 dicembre 2024[1], la Corte costituzionale romena ha infatti annullato le elezioni presidenziali, di cui si era svolto il primo turno, e imposto di ripeterle, estendendo il mandato del Presidente in carica. Nell’ambito del costituzionalismo europeo, la protezione del diritto a un voto “correttamente informato” aveva già trovato una prima applicazione in un caso svizzero[2]: il Tribunale federale svizzero aveva, infatti, annullato una votazione su una riforma costituzionale di iniziativa popolare poiché nell’opuscolo informativo distribuito dal Consiglio federale era contenuto un errore macroscopico su alcuni dati, che comprometteva la libertà di voto “correttamente informato” dei cittadini.
Tuttavia, la sentenza della Corte costituzionale romena appare eccezionale anche rispetto a questo precedente caso per vari motivi: è la prima decisione di una Corte costituzionale europea inerente un episodio di “disinformazione” online; è una decisione che impatta notevolmente su un processo elettorale significativo come l’elezione del Presidente in una repubblica semipresidenziale; è una decisione che evidenzia l’importanza della regolazione “positiva” o funzionalista della libertà di espressione[3], soprattutto nell’ambito digitale.
Dal primo punto di vista, occorre evidenziare che – da quanto si apprende dalle fonti giornalistiche che hanno esaminato gli eventi – vi sono state condotte disinformative, come la creazione di finti profili (anche di soggetti statali/partitici) a supporto del candidato Călin Georgescu, però la maggior parte delle condotte violanti le normative elettorali riguarderebbe l’ingente investimento di denaro in maniera non trasparente nella campagna elettorale su TikTok.
Dal secondo punto di vista, non si può invece mancare di sottolineare come questa decisione abbia avuto un impatto enorme nell’ordinamento romeno, interrompendo il processo elettorale e prestando il fianco a polemiche populiste delegittimanti le istituzioni, in primis la Corte costituzionale[4].
Dal terzo punto di vista è possibile infine mettere in evidenza come la Corte abbia applicato il paradigma europeo di libertà di espressione, rimarcando l’importanza di un discorso pubblico libero dalla disinformazione e dalle interferenze estere e caratterizzato da determinate “regole” e obblighi di trasparenza in materia di pubblicità politica online: in questo la Corte ha abbracciato l’idea che le autorità pubbliche abbiano una «positive responsibility» o delle «positive obbligations»[5] anche nel campo della libertà di espressione durante i periodi elettorali.
Nel contesto di un’accesa campagna elettorale presidenziale, il coup de théâtre, ma non certo d’état[6], della disclosure di alcuni documenti dei servizi segreti è stato l’elemento che ha portato alla decisione della Corte. Da quanto si apprende, i servizi hanno sottolineato il trattamento privilegiato riservato da TikTok a Călin Georgescu in violazione della legislazione elettorale, l’attivazione di falsi accounts di origine russa in suo favore, oltre che un finanziamento di messaggi a suo supporto fatto mediante criptovalute da parte di società legate alla Russia[7]. L’intervento della Corte – deputata alla vigilanza sulle elezioni presidenziali – non è nemmeno stato il primo in questa tornata elettorale, fra i precedenti interventi spiccano l’esclusione della candidata Diana Șoșoacă e un riconteggio di voti[8], ma certamente la decisione in esame ha una portata eccezionale.
La Corte ha infatti preso atto delle violazioni della normativa elettorale segnalate dall’intelligence: «[q]ueste violazioni hanno distorto il carattere libero e corretto del voto espresso dai cittadini, compromesso l’uguaglianza di opportunità tra i competitori elettorali, alterato la trasparenza e l’equità della campagna elettorale, e ignorato le disposizioni legali relative al finanziamento della stessa. Tutti questi aspetti hanno avuto un effetto convergente di disprezzo per i principi fondamentali delle elezioni democratiche»[9]. Per queste ragioni la Corte ha deciso di annullare il primo turno elettorale.
Il presente contributo mira ad analizzare la sentenza della Corte costituzionale romena da due prospettive: quella della sua legittimità nell’ordinamento eurounitario (paragrafo 2) e quella delle sfide alla regolazione del discorso pubblico online dell’UE emerse durante le elezioni presidenziali in Romania (paragrafo 3). Nelle conclusioni si svolgeranno alcune brevi considerazioni finali alla luce delle due suddette prospettive.
2. La Legittimità della decisone nel quadro eurounitario: “disinformazione” o finanziamento estero e illecito?
La Corte costituzionale romena con la sua sentenza n. 32/2024 ha rimarcato che «[l]o Stato ha una responsabilità positiva nel prevenire qualsiasi interferenza ingiustificata nel processo elettorale, in conformità ai principi costituzionali. (…) Pertanto, lo Stato deve affrontare le sfide e i rischi derivanti da campagne di disinformazione organizzate, che possono compromettere l’integrità dei processi elettorali [si veda, a tale proposito, anche i paragrafi 14, 17 e 20 della Dichiarazione interpretativa del Codice di buona condotta in materia elettorale sulle tecnologie digitali e sull’intelligenza artificiale, adottata dalla Commissione Europea per la Democrazia attraverso il Diritto (Commissione di Venezia) il 6 dicembre 2024]»[10]. Oltre alle disposizioni interne, la Corte sembra basarsi dunque sia sul recente Regolamento (UE) 900/2024[11], per collegare il finanziamento illecito e non dichiarato alla disinformazione, sia sulla Interpretative declaration of the Code of good practice in electoral matters as concerns digital technologies and artificial intelligence della Commissione di Venezia[12].
Premesso che la costituzionalità interna della decisione appare difficilmente contestabile essendo emessa dal giudice delle leggi romeno[13], appare interessante vedere come questa decisione delle Corte si inserisca, da un lato, nell’ambito del sistema convenzionale, tenendo sempre a mente l’importanza dell’interpretazione della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo per valutare il portato della Carta dei diritti fondamentali dell’UE ex art. 52, comma 3 della stessa, e, dall’altro lato, nell’ordinamento dell’UE.
Rispetto al contesto della CEDU si può innanzitutto rilevare come la Commissione di Venezia abbia emanato una dichiarazione interpretativa al suo “codice” sulle buone pratiche elettorali, partendo dall’assunto che «[t]he freedom of voters to form an opinion includes the right to have access to all kinds of information enabling them to be correctly informed before making a decision, the right to private online browsing, and the right to make confidential communications on the internet»[14]. In particolare, si possono esplicitare i paragrafi citati dalla Corte romena a supporto della sua decisione:
Paragrafo 14, «State authorities should address the challenge posed by organised information disorder campaigns, which have the potential to undermine the integrity of electoral processes».
Paragrafo 17, «The State’s duty of neutrality also includes an obligation to build resilience among voters and to raise public awareness about the use of digital technologies in elections, including through the provision of appropriate information and support».
Paragrafo 20, «The positive responsibility of the State to prevent undue interference with the principles of the European electoral heritage must not lead to undue state intervention»
In questi paragrafi la Commissione di Venezia evidenzia chiaramente la necessità dello Stato di regolamentare la libertà di espressione nelle fattispecie della comunicazione politico-elettorale e della pubblicità politica online onde garantire un voto libero e correttamente informato. Al di là di questi specifici paragrafi, si può anche rilevare come nell’Explanatory report si evidenzi che «[t]he voter’s freedom to form an educated opinion may be affected by online information disorders, including the distribution of false information about election campaigns of political opponents. These phenomena have worsened as a result of the use of digital technologies (sometimes with the use of deep fake audio, photos, and videos, automated generated ‘comments’ under posts to manipulate public opinion, etc.)»[15]. La stessa Commissione di Venezia cita, peraltro, il Regolamento (UE) 900/2024 per rafforzare il collegamento fra campagne di propaganda prive di trasparenza e la disinformazione, evidenziando la necessità di un’azione contro tali manipolazioni disinformative mediante autorità indipendenti[16]. D’altronde la stessa Commissione di Venezia ha recentemente affermato che l’annullamento delle elezioni può avvenire anche a causa di ingerenze estere legate alla propaganda online mediante social media[17]; la Commissione ha, tuttavia, rilevato come le affermazioni politiche non possano essere ricondotte alla categoria della disinformazione essendo value judgments e non facts[18]. È allora evidente che – teoricamente – le azioni della Corte costituzionale romena si pongono in linea con i principi espressi dalla Commissione di Venezia: quello che però si deve considerare è la “proporzionalità” della misura, dando per scontata l’effettiva esistenza delle condotte accertate dai servizi.
In questa prospettiva, com’è rilevabile nella sua giurisprudenza, la Corte EDU ha messo ben in evidenza che anche l’annullamento delle elezioni può essere una conseguenza delle manipolazioni elettorali. In questo senso, il test predisposto dalla Corte di Strasburgo prevede sia la presenza di una “volontà” di manipolazione che un “effetto concreto” sulle elezioni: «[f]or the Romanian election, the evidence at hand appears to clearly demonstrate intentional coordination. The scale of automated accounts, combined with evidence of financial sums originating from Russian sources in South Africa, is very likely to meet the threshold of coordination that the Court has focused on thus far. Secondly, and relatedly, the ECtHR consistently places focus on whether ballot tampering and election irregularities (if proven) are likely to decisively influence voters and election results more broadly. As this question is more closely connected to the positive obligations under Article 3 of Protocol 1, it would appear vital that the decision of the Constitutional Court to annul the election is based on evidence that Russian interference on TikTok was likely to have a decisive effect on election outcomes»[19]. L’elemento che appare dirimere sembra, dunque, quello dell’effettivo impatto delle condotte illecite online sulle elezioni presidenziali.
Nel mentre si può segnalare come la Corte EDU abbia respinto la richiesta di misure ad interim da parte di Călin Georgescu, che chiedeva di sospendere gli effetti della decisione della Corte costituzionale romena, di obbligare il governo a riprendere il processo elettorale e ad adottare misure per rimediare al “danno democratico” prodotto. La Corte, con giudizio unanime dei sette giudici coinvolti, ha respinto il ricorso poiché fuori dall’ambito di applicazione delle interim measures: «Mr Georgescu’s request did not concern an imminent risk of irreparable harm within the meaning of Rule 39 § 1 of the Rules of Court»[20]. Naturalmente la negazione delle misure interinali non conduce a ritenere l’azione della Corte costituzionale romena come legittima alla luce della CEDU, soprattutto in base al profilo della proporzionalità dell’annullamento delle elezioni, ma certamente contribuisce a smorzare le accuse di coup d’état mosse da Călin Georgescu. In questo contesto la Commissione di Venezia ha, recentemente, evidenziato la necessità per le corti costituzionali di essere trasparenti nelle valutazioni circa l’effetto delle condotte manipolative sulle elezioni[21]. La cancellazione delle elezioni dovrebbe attuarsi «only under very exceptional circumstances as ultima ratio and on the condition that irregularities in the electoral process may have affected the outcome of the vote»[22].
Nell’ambito dell’ordinamento dell’Unione Europea, la legittimità di limitare la propaganda russa online come strumento di destabilizzazione dell’Unione e dei suoi Stati membri è stata in passato legata soprattutto alla censura dei discorsi di odio diffusi su canali televisivi[23]. Nel 2022, il Tribunale dell’Unione europea si è invece pronunciato sulla sospensione delle trasmissione dei media legati al governo russo dal mercato delle informazioni europeo, come sancito dal Regolamento (UE) 2022/350. In questa occasione, il Tribunale ha riconosciuto che «[p]er quanto riguarda gli obiettivi perseguiti dal Consiglio, i considerando da 4 a 10 degli atti impugnati si riferiscono alla necessità di tutelare l’Unione e i suoi Stati membri contro campagne di disinformazione e di destabilizzazione condotte dagli organi di informazione posti sotto il controllo della leadership della Federazione russa e che minaccerebbero l’ordine pubblico e la sicurezza dell’Unione, in un contesto caratterizzato da un’aggressione militare all’Ucraina. Si tratta quindi di una questione di interesse pubblico che mira a proteggere la società europea e che fa parte di una strategia globale (v. punti 11, 12, 14 e 17 supra) che mira a porre fine, il più rapidamente possibile, all’aggressione subita dall’Ucraina»[24]. La decisione, come evidenziato in altra sede[25], censurava condotte in parte ascrivibili alla disinformazione e in parte alla propaganda di guerra e, certamente, nella valutazione della legittimità di una misura così pervasiva – come l’esclusione dal mercato delle notizie unionale di canali mediali – è stata proprio la categoria della propaganda di guerra a giocare un ruolo importante nel giudizio di proporzionalità.
Tuttavia, è evidente che nell’ambito dell’Unione Europea le operazioni di manipolazione dei processi elettorali provenienti da paesi esteri è oggetto di una particolare azione di contrasto; com’è stato osservato[26], nel campo della disinformazione e della protezione dei processi democratici, il Democratic Action Plan europeo potrebbe essere rafforzato da un ulteriore piano, il c.d. Democracy Shield.
3. La decisione della Corte costituzionale romena nel quadro della regolazione del digitale in Unione Europea: strumenti vigenti e nuove sfide
«Nella presente causa, la Corte rileva che, secondo le "Note informative" sopra menzionate, i principali aspetti contestati nel processo elettorale per l’elezione del Presidente della Romania del 2024 riguardano la manipolazione del voto degli elettori e la distorsione della parità di opportunità tra i concorrenti elettorali, attraverso l’uso non trasparente e in violazione della legislazione elettorale di tecnologie digitali e di intelligenza artificiale durante la campagna elettorale, nonché il finanziamento non dichiarato della campagna elettorale, anche online»[27]. Dal punto divista tecnologico, occorre dunque domandarsi se l’attuale regolazione del discorso pubblico online predisposta dall’UE sia efficace per rispondere alle sfide emerse nel contesto romeno: in questo senso, si può sottolineare che se il regolamento sulla pubblicità politica online (Regolamento UE 2024/900) troverà piena applicazione nei prossimi mesi, il Digital Services Act – DSA (Regolamento UE 2022/2065) è già teoricamente applicabile.
Il Regolamento (UE) 2024/900 prevede due principali forme di regolamentazione della “pubblicità politica online”. La prima concerne la trasparenza delle comunicazioni politiche, mentre la seconda riguarda il targeting degli utenti. Nello specifico, la disciplina europea si fonda, da un lato, sull’obbligo di identificare i contenuti come pubblicità politica e di rendere chiaramente riconoscibile il partito politico per cui tali contenuti sono diffusi (Artt. 11-12, Regolamento 2024/900) e, dall’altro lato, fatte salve le limitazioni generali in materia di trattamento di dati sensibili di natura politica, introduce uno specifico regime per il targeting degli utenti/elettori sancito dagli Artt. 18 e 19 dello stesso Regolamento.
In questo quadro occorre rilevare come, una delle principali modalità di diffusione di pubblicità politica online nella campagna elettorale romena, ossia il ricorso ai micro-influencers, appaia sfuggire alle norme sulla trasparenza predisposte del Regolamento: non si tratta naturalmente di libere esternazioni politiche di questi micro-influencers, che in tal caso non sarebbero coperte dallo stesso Regolamento in quanto libere espressioni di supporto, ma di finanziamento di micro-influencer per diffondere determinati messaggi. Com’è stato rilevato ad esempio su FrameUp i micro-influencer hanno infatti ricevuto dei veri e propri “copioni” da seguire e sono stati pagati per diffondere i contenuti in favore di Călin Georgescu[28]. «The Romanian TikTok influencers used for Georgescu’s campaign were known for their interest in makeup, cars, fashion, entertainment, Expert Forum explains. They presented themselves online like normal people involved in day-to-day activities. They talk about an ideal candidate for presidency while ironing or applying make-up. We can see them in their car or in their kitchen. They are normal people, just like us, preparing for the voting day. We do not actually know them, but we feel they are our friends –thus, the parasocial relationship we developed with these media characters»[29]. Proprio questa forma di sponsorizzazione indiretta e di pubblicità politica occulta, mediante pagamento di micro-influencers, sembra poter sfuggire alle regole sviluppate dal Regolamento (UE) 2024/900 così come al presunto ban alla propaganda politica su TikTok[30]. Tutto ciò malgrado il Regolamento sia chiaro nei suoi fini: «[è] necessario un livello elevato di trasparenza anche per sostenere un dibattito politico e campagne politiche equi e aperti, come pure elezioni o referendum liberi e regolari, e per combattere la manipolazione dell’informazione e le interferenze, nonché le interferenze illecite anche da paesi terzi. Una pubblicità politica trasparente aiuta l’elettore e gli individui in generale a capire meglio quando è in presenza di un messaggio di pubblicità politica»[31]. D’altronde, il problema dell’impiego di micro-influencer era stato evidenziato anche nell’Explanatory report della Commissione di Venezia «[t]he use of paid influencers’ accounts by government actors and political parties to spread their views or campaign for them is yet another concerning practice»[32]. Come inquadrare e come regolamentare queste attività di promozione occulta non è per nulla scontato. Il ricorso agli influencer è una pratica che assume sempre maggior rilievo in vari settori e che ha visto anche tentativi di intervento da parte dell’AGCOM in Italia. Com’è stato sottolineato[33], tuttavia, l’opzione di creare un parallelismo tra influencer e fornitori di servizi di media audio-visivi, in base al Testo unico dei servizi di media audiovisivi, sembra forse meno incisivo che regolamentarne le attività – nel contesto di quest’analisi in materia di pubblicità politica – nell’ambito della governance digitale.
Appare dunque necessario capire come e quanto potrebbe essere efficace una regolamentazione di tale tipo di condotte in materia di pubblicità politica online. In questo senso, quello che si può rilevare è che alcune forme di sponsorizzazione dei messaggi politici impiegate nella campagna elettorale romena possono sfuggire alle norme sulla trasparenza predisposte dal Regolamento (UE) 2024/900.
Nel contesto delle elezioni presidenziali romene si può, invece, osservare come il DSA avrebbe potuto giocare un ruolo che non pare aver giocato. Dal punto di vista del contrasto alla disinformazione e della protezione delle elezioni, occorre evidenziare come il DSA preveda la necessità per le piattaforme di grandi dimensioni di valutare, a fianco ai rischi legati alla diffusione di contenuti illegali, i rischi che possano condizionare i processi elettorali (terzo rischio). Fra i rischi che sono da valutare e contenere vi è anche la disinformazione: «[t]ali fornitori dovrebbero pertanto prestare particolare attenzione al modo in cui i loro servizi sono utilizzati per diffondere o amplificare contenuti fuorvianti o ingannevoli, compresa la disinformazione»[34]. In quest’ambito il DSA predispone una serie di obblighi di valutazione dei rischi (Articolo 34, Regolamento (UE) 2022/2065) e attenuazione degli stessi (Articolo 35, Regolamento (UE) 2022/2065) che le piattaforme di dimensioni molto grandi come TikTok devono porre in essere.
In questo senso la Commissione, nel suo ruolo di monitoraggio del DSA, ha emesso un “ordine di conservazione” dei dati relativi ai rischi sistemici reali o prevedibili per i processi elettorali nei confronti di TikTok; inoltre sono stati anche attivati i meccanismi di Rapid Response System (RRS) del Code of Practice on Disinformation[35]. Successivamente è stato aperto un procedimento formale contro TikTok[36]: «[t]he proceedings will focus on management of risks to elections or civic discourse, linked to the following areas: TikTok’s recommender systems, notably the risks linked to the coordinated inauthentic manipulation or automated exploitation of the service; TikTok’s policies on political advertisements and paid-for political content»[37]. Il contenuto del procedimento sembra confermare che il caso romeno riguardi non tanto la disinformazione, quanto una serie di comportamenti manipolativi e di finanziamenti illeciti della campagna elettorale. Il meccanismo del DSA è stato dunque attivato anche se occorre rilevare come abbia fallito nel prevenire la manipolazione delle elezioni presidenziali. A tal riguardo è necessario però segnalare che «the risk assessment and mitigation measures contemplated by the DSA have very particular characteristics in terms of enforcement. At this stage, there are still no guidelines or best practices provided by the Commission regarding the “reasonable, proportionate and effective mitigation measures, tailored to the specific systemic risks” that need to be put in place according to the DSA»[38]. Il meccanismo, che fa perno sulla “responsabilizzazione” delle piattaforme digitali, appare ancora non oliato: auspicabilmente il caso romeno porterà a un perfezionamento delle procedure europee in materia. Nell’ambito dell’applicazione del DSA, sono stati espressi anche dubbi sull’efficacia dell’azione della National Authority for Communications Administration and Regulation (ANCOM)[39], il Coordinatore dei servizi digitali romeno, nonché sui servizi di intelligence stessi[40]: a fianco del “fallimento” dei meccanismi preventivi dell’UE si può forse aggiungere anche quello delle autorità nazionali.
In questa prospettiva, si può quindi osservare la non efficace applicazione del DSA, che potrebbe essere meglio implementata dalle autorità nazionali ed europee.
4. Un nuovo passo verso il consolidamento del paradigma europeo di free speech in ambito elettorale e la sfida dei micro-influencer
Sicuramente l’annullamento delle elezioni presidenziali può dire molto internamente all’ordinamento romeno[41] ma «[o]ther countries may look to Romania’s example as a warning to fortify their own electoral processes against similar attacks»[42]. Il caso in esame fornisce molti elementi di interesse. La Corte romena ha avuto modo di ribadire il paradigma europeo di discorso pubblico in ambito elettorale: «[l]a libertà degli elettori di formarsi un’opinione include il diritto di essere correttamente informati prima di prendere una decisione. Più precisamente, tale libertà implica il diritto di ottenere informazioni corrette sui candidati e sul processo elettorale da tutte le fonti, inclusi i canali online, nonché la protezione contro influenze ingiustificate, attraverso atti/azioni illegali o sproporzionate, sul comportamento di voto»[43]; e ancora «[u]n finanziamento legale e trasparente della campagna elettorale è un fattore essenziale per la regolarità del processo elettorale. Anche il finanziamento delle attività online deve essere trasparente, e la pubblicità elettorale online deve sempre essere identificabile e trasparente, sia in relazione all’identità dello sponsor sia alle tecniche di diffusione utilizzate»[44]. Si riaffermano così alcuni capisaldi di quello che ormai appare essere il consolidato paradigma di libertà di espressione del costituzionalismo europeo e dell’Unione Europea che si sta cementando soprattutto nella regolazione del discorso pubblico online[45]. Un paradigma che prevede il diritto a essere correttamente informati – e quindi la non protezione della disinformazione –, la trasparenza della pubblicità politica online – e pertanto gli obblighi di disclosure e disclaimer di tali attività – e, infine, l’esclusione della propaganda esterna all’UE nelle elezioni europee – e dunque l’impossibilità per soggetti esteri di pagare la pubblicità online –.
Naturalmente questa sentenza, descritta anche come «a last resort attempt to prevent a further decline in the rule of law in Romania»[46], non fa venire meno i dubbi sulla tenuta della rule of law in Romania[47]. D’altronde, come sottolineato, «in pochi si sarebbero aspettati che proprio dalla Corte costituzionale romena che, insieme a quella polacca e quella ungherese si è distinta, ultimamente, per mandare segnali di guerra in relazione alla tenuta dello stato di diritto in Europa, provenisse una lezione sui principi guida del costituzionalismo europeo»[48].
Se da questo punto di vista occorre dunque salutare con favore questa “lezione”, com’è stata definita, dal punto di vista tecnologico il caso solleva numerosi interrogativi soprattutto in relazione all’impiego dei micro-influencer nelle campagne elettorali. Questa sembra una nuova sfida alla regolamentazione dell’UE tesa ad applicare il sopravvisto paradigma di libertà di espressione: «[p]arasocial opinion leaders may be used in electoral campaigns, to distribute preexisting electoral content. These parasocial opinion leaders include micro-influencers, trolls and bots, alongside political leaders and normal social media users, that support an idea, a candidate, a political platform or a cause, in an excessive, yet relatable way for other social media users»[49]. La pubblicità politica mediante micro-influencer – al di là dei tentativi di occultarla mediante pagamenti in criptovalute o altre forme non tracciabili – pone infatti una notevole difficoltà dal punto di vista della sua identificazione, sia da parte delle piattaforme che delle autorità pubbliche deputate alla vigilanza sulla corretta applicazione delle normative elettorali, soprattutto perché questo tipo di pubblicità, ove non sia individuato il pagamento, rientra in una forma di supporto politico identificabile pienamente nella libertà di manifestazione del pensiero. Al di là della riaffermazione del paradigma europeo di libertà di espressione, il caso romeno evidenzia quindi le nuove sfide della pubblicità politica online.
[1] Corte costituzionale romena, sentenza n. 32 del 6 dicembre 2024, consultabile in una versione tradotta al seguente link: https://giurcost.org/casi_scelti/AlteCortistraniere/Dec0612104_32.pdf (ultimo accesso 31 gennaio 2025).
[2] Tribunale federale svizzero, sentenze del 10 aprile 2019 (1C_315/2018, 1C_316/2018, 1C_329/2018, 1C_331/2018,1C_335/2018, 1C_337/2018, 1C_338/2018, 1C_339/2018, 1C_347/2018), consultabile al seguente link: https://www.bger.ch/files/live/sites/bger/files/pdf/fr/1C_315_2018_yyyy_mm_dd_T_f_13_11_39.pdf (ultimo accesso 31 gennaio 2025). Su cui si si veda: G. Martinico, Il diritto costituzionale come speranza. Secessione, democrazia e populismo alla luce della Reference Re Secession of Quebec, Giappichelli, Torino, 2019, p. 199 e ss.
[3] Intendendo con “funzionalista” una versione “debole” di tale concetto: «[v]a, quindi, in parte ripensata la premessa metodologica, tuttora accettata da parte della dottrina italiana, che rifiuta qualsiasi ipotesi di funzionalizzazione dei diritti di libertà perché contrastante, in radice, con il principio di libertà individuale. Sul punto è necessario intendersi: se per funzionalizzazione si intende una nozione forte e sostanzialistica, quale subordinazione dell’individuo ai valori imposti dall’ordinamento, è evidente il rischio di trasformare il diritto di libertà in una pubblica funzione, preludio di una torsione del sistema in senso totalitario. Qualora, però, della funzionalizzazione si accolga un significato debole e metodologico, volto a sottolineare la funzione integrativa delle libertà nel sistema costituzionale, la descrizione della funzione delle libertà consente di evidenziare il nesso tra le aspettative soggettive di riconoscimento della persona e l’azione delle istituzioni legittimate dalla Costituzione. […] Anche per questo i diritti di libertà, e la libertà di manifestazione del pensiero in particolar modo, non hanno solo una portata difensiva, ma assumono anche un significato positivo e partecipativo, di riconciliazione tra la dimensione individuale della persona e i rapporti collettivi di natura sociale sino, in alcuni casi, a condizionare le stesse procedure democratiche (si pensi, ad esempio, al diritto di cronaca e alle sue sotto-categorizzazioni, all’assetto dei media radiotelevisivi e non solo)». C. Caruso, La libertà di espressione in azione. Contributo a una teoria costituzionale del discorso pubblico, Bononia University Press, Bologna, 2014, p. 326-327.
[4] A. Carrozzini, Shooting Democracy in the Foot?, in Verfassungsblog, 13 dicembre 2024, consultabile al seguente link: https://verfassungsblog.de/shooting-democracy-in-the-foot/ (ultimo accesso 31 gennaio 2025).
[5] Usando le espressioni della Commissione di Venezia: Commissione di Venezia, Interpretative declaration of the Code of good practice in electoral matters as concerns digital technologies and artificial intelligence, approved by the Council for Democratic Elections at its 81st meeting (Venice, 5 December 2024) and adopted by the Venice Commission at its 141st Plenary Session (Venice, 6-7 December 2024), Opinion No. 1171/2024, CDL-AD(2024)044-e
[6] Come invece dichiarato dal candidato Calin Georgescu: A. Parsons, Calin Georgescu: Politician Who Was on Brink of Becoming Romanian President Attacks ‘Corrupted Regime’, in Sky News, 7 dicembre 2024, consultabile al seguente link: https://news.sky.com/story/calin-georgescu-politician-who-was-on-brink-of-becoming-romanian-president-attacks-corrupted-regime-13268718 (ultimo accesso 31 gennaio 2025).
[7] «Moreover, according to the documents, ‘almost 800 TikTok accounts created by a “foreign state” in 2016 were suddenly activated last month to full capacity’ backing one of the candidates. Another 25,000 TikTok accounts had become active only two weeks before the first round.’ Georgescu is the ‘candidate’ referred to in the documents, and the ‘foreign state’ is Russia». A. Kleczkowska, The Russian Disinformation Campaign During the Romanian Presidential Elections: The Perfect Example of a Violation of International Law?, in Opinio Juris, 27 gennaio 2025, consultabile al seguente link: https://opiniojuris.org/2025/01/27/the-russian-disinformation-campaign-during-the-romanian-presidential-elections-the-perfect-example-of-a-violation-of-international-law/ (ultimo accesso 31 gennaio 2025). «I documenti identificano in particolare un account chiamato “bogpr”, associato a un cittadino romeno, che avrebbe effettuato donazioni su TikTok a queste persone per un totale di oltre un milione di euro. Solo nell’ultimo mese l’account avrebbe effettuato pagamenti per circa 362mila euro a utenti che promuovevano Georgescu. In precedenza Georgescu aveva dichiarato alle autorità romene di aver speso «zero euro» per la sua campagna elettorale e di essere stato aiutato esclusivamente da volontari». Redazione, Le Accuse Di Interferenze Della Russia Nelle Elezioni in Romania, in Il Post, 7 dicembre 2024, consultabile al seguente link: https://www.ilpost.it/2024/12/07/interferenze-russe-romania/ (ultimo accesso 31 gennaio 2025). «Declassified intelligence reports from Romania’s Supreme Council of National Defense (CSAT) and the Directorate for Investigating Organized Crime and Terrorism (DIICOT) revealed a staggering level of interference. A network of over 600,000 bots orchestrated a TikTok campaign for Calin Georgescu, violating electoral law by failing to disclose its political nature. Even more troubling, these operations were funded through €50 million in cryptocurrency, funnelled from a Russian network operating out of South Africa. In the days leading up to the election, as much as €3 million per day was injected into this campaign». M.R. Maftean, A Troubling Triumph in Romania, in Verfassungsblog, 10 dicembre 2024, consultabile al seguente link: https://verfassungsblog.de/triumph-in-romania/(ultimo accesso 31 gennaio 2025).
[8] B. Selejan-Gutan, The Second Round That Wasn’t, in Verfassungsblog, 7 dicembre 2024, consultabile al seguente link: https://verfassungsblog.de/the-second-round-that-wasnt/ (ultimo accesso 31 gennaio 2025).
[9] Corte costituzionale romena, sentenza n. 32 del 6 dicembre 2024, par. 5.
[10] Corte costituzionale romena, sentenza n. 32 del 6 dicembre 2024, par. 10.
[11] «La pubblicità politica può talvolta trasformarsi in un “veicolo di disinformazione, soprattutto quando [...] non dichiara il proprio carattere politico, proviene da sponsor esterni all’Unione o è soggetta a tecniche di targeting o di diffusione del materiale pubblicitario” [si veda anche il Regolamento (UE) 2024/900 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 13 marzo 2024 sulla trasparenza e il targeting nella pubblicità politica, considerando 4]. Di conseguenza, deve essere esclusa l’ingerenza di entità statali o non statali nello svolgimento di campagne di propaganda o disinformazione elettorale». Corte costituzionale romena, sentenza n. 32 del 6 dicembre 2024, par. 13. «La pubblicità politica può essere un vettore di disinformazione, specie se non ne è esplicitata la natura politica, se proviene da sponsor esterni all’Unione o se è oggetto di tecniche di targeting o tecniche di consegna dei messaggi pubblicitari» Considerando 4, Regolamento (UE) 2024/900.
[12] Commissione di Venezia, Interpretative declaration of the Code of good practice in electoral matters as concerns digital technologies and artificial intelligence, cit.
[13]Per brevi considerazioni in materia si rimanda a: B. Selejan-Gutan, cit.; A. Carrozzini, cit.
[14] Commissione di Venezia, Interpretative declaration of the Code of good practice in electoral matters as concerns digital technologies and artificial intelligence, cit., p. 3.
[15] Commissione di Venezia, Interpretative declaration of the Code of good practice in electoral matters as concerns digital technologies and artificial intelligence, cit., p. 7.
[16] « The fight against information disorders, including disinformation explicitly aimed at questioning or misleading about the basic aspects of electoral procedures, calls for regulation by the state and an independent body with adequate resources and powers to enforce such regulation». Idem, p. 11.
[17] «The Venice Commission takes the view that “external influence” – not stemming from the electoral actors – can also be relevant in this context. This applies to the influence of non-governmental organisations, of the media – social media in particular –, especially those sponsored and financed from abroad, and foreign State and non-State actors: External influence, including from abroad, can have the same (or even stronger) effects as internal influence (from State officials or political parties). Therefore, the interference with the electoral process by third parties acting from outside is not less detrimental and can have the same (or even more severe) consequences as a breach of election rules by candidates, political parties and State officials». Commissione di Venezia, Urgent report on the cancellation of election results by constitutional courts, issued on 27 january 2025 pursuant to article 14a, CDL-PI(2025)001, p. 14.
[18] «As concerns, firstly, campaign propaganda, it should be noted that electoral campaigns are in essence information campaigns by the candidates designed to convince the voters. Statements on policy made by candidates in the context of an election may often be regarded by their opponents as disinformation or false information. Regardless of form and medium, political statements in the context of campaigning are typically value judgments or statements that fall under the candidate’s freedom of expression, unless they exceed permissible limits, e.g. in the form of hate speech against political opponents. Considering the ECtHR’s jurisprudence on judicial interference with campaign messaging, it is currently hard to see how the form and content of campaign messaging of candidates could amount to a violation of electoral law that may lead to the annulment of the elections». Idem, p. 15.
[19] E. Shattock, Electoral Dysfunction: Romania’s Election Annulment, Disinformation, and ECHR Positive Obligations to Combat Election Irregularities, in EJIL: Talk!, 6 gennaio 2025, consultabile al seguente link: https://www.ejiltalk.org/electoral-dysfunction-romanias-election-annulment-disinformation-and-echr-positive-obligations-to-combat-election-irregularities/ (ultimo accesso 31 gennaio 2025). Così citando, Krasnov and Skuratov v Russia, Applications nos. 17864/04 and 21396/04, 19 July 2007; Babenko v Ukraine, Application no. 68726/10, 4 January 2012; Kerimova v Azerbaijan, Application no. 20799/06, 30 September 2010; Davydov and Others v Russia, Application no. 75947/11, 30 May 2017. Lo stesso autore segnala come il caso Bradshaw and others v the United Kingdom (Application no. 15653/22) potrebbe condurre a nuove evidenze in questo campo.
[20] ECHR 022 (2025) 21.01.2025 press realise, consultabile al seguente link: https://www.echr.coe.int/w/request-for-interim-measures-refused-concerning-romania (ultimo accesso 31 gennaio 2025).
[21] Commissione di Venezia, Interpretative declaration of the Code of good practice in electoral matters as concerns digital technologies and artificial intelligence, cit., p. 14.
[22] Commissione di Venezia, Urgent report on the cancellation of election results by constitutional courts, cit., p. 19.
[23] Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 4 luglio 2019, Baltic Media Alliance Ltd. contro Lietuvos radijo ir televizijos komisija, Causa C-622/17; Sentenza del Tribunale (Nona Sezione) del 15 giugno 2017, Dmitrii Konstantinovich Kiselev contro Consiglio dell’Unione europea, Causa T-262/15.
[24] Sentenza del Tribunale (Grande Sezione) del 27 luglio 2022, RT France contro Consiglio dell’Unione europea, Causa T-125/22, par. 55
[25] Si permetta un rimando a: M. Monti, Il “Sedition Act” europeo? Spunti dalla comparazione sull’esclusione di Russia Today e Sputnik dal mercato dell’informazione unionale, in Osservatorio costituzionale, 2023. Sul test di proporzionalità applicato: Sentenza del Tribunale (Grande Sezione) del 27 luglio 2022, RT France contro Consiglio dell’Unione europea, Causa T-125/22, par. 148.
[26] D. Vaira, Trick or T(h)reat: disinformazione online e minacce ibride nel panorama europeo. Alcune considerazioni alla luce dell’annullamento delle elezioni in Romania, in SIDIBlog, 29 dicembre 2024, consultabile al seguente link: http://www.sidiblog.org/2024/12/29/trick-or-threat-disinformazione-online-e-minacce-ibride-nel-panorama-europeo-alcune-considerazioni-alla-luce-dellannullamento-delle-elezioni-in-romania/ (ultimo accesso 31 gennaio 2025).
[27] Corte costituzionale romena, sentenza n. 32 del 6 dicembre 2024, par. 11.
[28] R. Radu, Romania: How a Disinformation Campaign Prevented Free Suffrage, in Disinfo-Prompt.Eu, 17 dicembre 2024, consultabile al seguente link: https://disinfo-prompt.eu/posts/6gVQHsgN02LeYCnVzI6wGx (ultimo accesso 31 gennaio 2025).
[29] Ibid.
[30] «Just because a social platform declares allcontent to be entertainment, or a micro-influencer is known for his or her content on makeup and cars, does not mean the platform will never host political content or the influencer will not share political recommendations, for an advertising fee». Ibid.
[31] Considerando 4, Regolamento 2024/900.
[32] Commissione di Venezia, Interpretative declaration of the Code of good practice in electoral matters as concerns digital technologies and artificial intelligence, cit., p. 8.
[33] E. Albanesi, Le Linee-guida dell’Agcom sugli influencer nella prospettiva dell’attività di informazione e del costituzionalismo digitale, in Rivista italiana di informatica e diritto, 1, 2024, p. 82-83.
[34] Considerando 84, Regolamento (UE) 2022/2065.
[35] Commission, online platforms and civil society increase monitoring during Romanian elections, Press release, Brussels, 5 December 2024, consultabile al seguente link: https://digital-strategy.ec.europa.eu/en/news/commission-online-platforms-and-civil-society-increase-monitoring-during-romanian-elections (ultimo accesso 31 gennaio 2025).
[36] Commission opens formal proceedings against TikTok on election risks under the Digital Services Act, Press release, Brussels, 17 December 2024, consultabile al seguente link: https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/ip_24_6487 (ultimo accesso 31 gennaio 2025).
[37] Ibid.
[38] J. Barata, E. Lazăr, Will the DSA Save Democracy? The Test of the Recent Presidential Election in Romania, in TechPolicy.Press, 27 gennaio 2025, consultabile al seguente link: https://techpolicy.press/will-the-dsa-save-democracy-the-test-of-the-recent-presidential-election-in-romania (ultimo accesso 31 gennaio 2025).
[39] Ibid.
[40] «Although a similar pattern of foreign interference was recently observed in neighbouring Moldova, the Romanian public authorities have entirely failed to prevent such a scenario from unfolding domestically. The situation has been exacerbated by investigative reporting revealing that while the court annulled the elections, the head of Romania’s Foreign Intelligence Service was on a publicly funded trip to a Formula One race». A. Damian, The Annulment of Romania’s Presidential Election Reflects Both Foreign Meddling and Domestic Failures, in LSE Blogs - Europp Blog, 13 dicembre 2024, consultabile al seguente link: https://blogs.lse.ac.uk/europpblog/2024/12/13/the-annulment-of-romanias-presidential-election-reflects-both-foreign-meddling-and-domestic-failures/ (ultimo accesso 31 gennaio 2025).
[41] «In Romania, it is evident that legislative gaps (such as the lack of effective procedures to prevent foreign interference via social media), poor communication between state agencies and delayed institutional responses contributed to the situation escalating to a point where the elections were annulled at the last moment, after the voting had already commenced. Urgent legislative changes are needed to tighten regulations of electoral campaigns, social media, and particularly platforms like TikTok that played a significant role in this major crisis. Legal safeguards must be clear, proportional, and designed to protect against abuse while meeting the standards of democratic societies» B. Selejan-Gutan, cit.
[42] Ibid.
[43] Corte costituzionale romena, sentenza n. 32 del 6 dicembre 2024, par. 13.
[44] Idem, par. 17.
[45] C. Caruso, Towards the Institutions of Freedom: The European Public Discourse in the Digital Era, in German Law Journal, (First View), 2024; sulla spinta “federalizzatrice” di questa regolazione si permetta un richiamo a: M. Monti, Towards a Federal-Type Regulation of Online Public Discourse by the EU?, in European Public Law, 4, 2024.
[46] Carrozzini, cit.
[47] D. Kosar, O. Kadlec, Romanian Version of the Rule of Law Crisis Comes to the ECJ: The AFJR Case Is Not Just about the Cooperation and Verification Mechanism’, in Common Market Law Review, 6, 2022.
[48] O. Pollicino, Se la disinformazione condiziona i processi democratici, in Il Sole 24 Ore, 9 gennaio 2025, consultabile al seguente link: https://24plus.ilsole24ore.com/art/se-disinformazione-condiziona-processi-democratici-AGYQYWAC?refresh_ce=1 (ultimo accesso 31 gennaio 2025).
[49] Radu, cit.