L’attuazione dell’Ufficio per il processo (di cassazione): panacea o utopia?
di Antonio Scarpa
I. Nell’ambito degli interventi strutturali volti a porre rimedio ai permanenti “ritardi eccessivi nella giustizia civile”, i quali comportano un “impatto negativo sugli investimenti e sulla produttività”, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, presentato dal Governo italiano alla Commissione europea il 30 aprile 2021 per poter beneficiare delle risorse messe a disposizione dal Next Generation EU, comprende un “ambizioso progetto di riforme” che avrebbe “l’obiettivo di affrontare i nodi strutturali del processo civile e penale e rivedere l’organizzazione degli uffici giudiziari”.
In realtà, stando alle stime degli istituti di ricerca, si sa che la cattiva percezione dell’Italia da parte degli investitori stranieri è solo in parte (e neppure nella parte più rilevante) imputabile ai tempi della giustizia civile, su ciò incidendo anche, e talvolta di più, l’incertezza del quadro normativo, il carico burocratico, la stabilità e l’efficacia dell’azione di governo, la presenza di corruzione. Ci precedono, del resto, nella classifica delle economie mondiali con maggiore capacità di attrazione di investimenti, stati che non fanno dell’efficienza della giustizia civile il loro fiore all’occhiello.
II. È un fatto, tuttavia, che la CEPEJ (European Commission for the Efficiency of Justice) del Consiglio d’Europa continua ad additare l’Italia per l’eccessività della sopravvenienza, della pendenza e della durata media dei processi civili (in proporzione al numero di abitanti, la misura dei giudizi di cassazione introdotti da noi è cinque volte quella tedesca), sicché le Raccomandazioni specifiche del Consiglio Europeo e le Relazioni della Commissione Europea ci invitano costantemente a migliorare l’efficienza del sistema giudiziario civile.
III. Tra le finalità delle misure espressamente dedicate al sistema giudiziario dal Piano nazionale di ripresa e resilienza è individuata prioritariamente quella di “portare a piena attuazione l’Ufficio del processo”. Si tratta, com’è noto, di modello organizzativo già introdotto in via sperimentale dall’art. 50 del d.l. 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114. Tale disposizione, inserendo l’art. 16-octies nel d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito dalla legge 17 dicembre 2012, n. 179, prevede, “[a]l fine di garantire la ragionevole durata del processo, attraverso l'innovazione dei modelli organizzativi ed assicurando un più efficiente impiego delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione”, la costituzione, presso le corti di appello e i tribunali ordinari, di strutture organizzative mediante l'impiego del personale di cancelleria e di coloro che svolgono, presso i predetti uffici, il tirocinio formativo a norma dell'art. 73 del d.l. n. 69 del 2013, convertito dalla legge n. 98 del 2013, o la formazione professionale a norma dell'art. 37, comma 5, del d.l. n. 98 del 2011, convertito dalla legge n. 111 del 2011, nonché dai giudici onorari di tribunale e dai giudici ausiliari presso le corti d’appello.
IV. Con gli articoli da 11 a 17 del d.l. 9 giugno 2021, n. 80 (Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza e per l'efficienza della giustizia), sono state quindi disciplinate le procedure di reclutamento del personale addetto all'ufficio del processo, autorizzando l'assunzione (subordinatamente all'approvazione del PNRR da parte della Commissione europea) in due scaglioni, con contratto di lavoro a tempo determinato, di 16.500 unità nell'ambito della giustizia ordinaria. Nell'ambito di tale contingente, alla Corte di cassazione sono destinati addetti all'ufficio per il processo in numero non superiore a 400, da assegnarsi in virtù di specifico progetto organizzativo del Primo Presidente della Corte, con l'obiettivo del contenimento della pendenza nel settore civile e del contenzioso tributario. Il personale da assumere nell'amministrazione della giustizia ordinaria deve essere in possesso del diploma di laurea in giurisprudenza ovvero, per una quota dei posti a concorso da indicarsi nel bando, del diploma di laurea in economia e commercio e scienze politiche. Quanto al trattamento economico fondamentale ed accessorio, gli addetti all'ufficio per il processo sono equiparati ai profili dell'area III, posizione economica F1. Si prevede che il servizio prestato con merito e debitamente attestato al termine del rapporto costituisce titolo per l'accesso al concorso per magistrato ordinario, equivale ad un anno di tirocinio per l'accesso alla professione di avvocato e di notaio, ovvero ad un anno di frequenza dei corsi della scuola di specializzazione per le professioni legali, e costituisce altresì titolo di preferenza per l'accesso alla magistratura onoraria. Nel d.l. n. 80 del 2021 sono quindi specificati i titoli ed i profili professionali occorrenti per l’accesso, è demandata al Ministero della giustizia l'individuazione dei tribunali o corti di appello cui assegnare gli addetti all'ufficio per il processo e viene imposto l'obbligo di permanenza nel distretto di assegnazione per l'intera durata del contratto a tempo determinato.
Già il PNRR afferma che l’ufficio per il processo “mira ad affiancare al giudice un team di personale qualificato di supporto, per agevolarlo nelle attività preparatorie del giudizio”. Viene perciò identificato l’obiettivo principale di “offrire un concreto ausilio alla giurisdizione così da poter determinare un rapido miglioramento della performance degli uffici giudiziari per sostenere il sistema nell’obiettivo dell’abbattimento dell’arretrato e ridurre la durata dei procedimenti civili e penali”. Si intende realizzare tale obiettivo “in primo luogo, attraverso il potenziamento dello staff del magistrato con professionalità in grado di collaborare in tutte le attività collaterali al giudicare (ricerca, studio, monitoraggio, gestione del ruolo, preparazione di bozze di provvedimenti)”.
V. L’art. 12 del d.l. n. 80/2021 detta, così, le modalità di impiego degli addetti all'ufficio per il processo, facendo rinvio all'Allegato II, numero 1, che definisce le seguenti attività di contenuto specialistico dovute dagli addetti all’ufficio per il processo: “studio dei fascicoli (predisponendo, ad esempio, delle schede riassuntive per procedimento); supporto il giudice nel compimento della attività pratico/materiale o di facile esecuzione, come la verifica di completezza del fascicolo, l’accertamento della regolare costituzione delle parti (controllo notifiche, rispetto dei termini, individuazione dei difensori nominati ecc.), supporto per bozze di provvedimenti semplici, il controllo della pendenza di istanze o richieste o la loro gestione, organizzazione dei fascicoli, delle udienze e del ruolo, con segnalazione all’esperto coordinatore o al magistrato assegnatario dei fascicoli che presentino caratteri di priorità di trattazione; condivisione all’interno dell’ufficio per il processo di riflessioni su eventuali criticità, con proposte organizzative e informatiche per il loro superamento; approfondimento giurisprudenziale e dottrinale; ricostruzione del contesto normativo riferibile alle fattispecie proposte; supporto per indirizzi giurisprudenziali sezionali; supporto ai processi di digitalizzazione e innovazione organizzativa dell’ufficio e monitoraggio dei risultati; raccordo con il personale addetto alle cancellerie”.
VI. Viene subito da chiedersi in che modo e misura gli addetti dell’ufficio per il processo potranno significativamente contribuire al perseguimento dell’obiettivo dell’abbattimento dell’arretrato e della riduzione della durata dei procedimenti civili di cassazione.
Dai dati contenuti nella Relazione del Primo Presidente sull’amministrazione della giustizia nell’anno 2020, nel 2019 risultano definiti 33.048 procedimenti civili e pendenti 117.33; nel 2020 definiti 29.108 procedimenti e pendenti 120.473. Ciò a fronte di 82 vacanze nei posti di Consigliere dell’organico della Corte.
L’idea di richiedere agli addetti dell’ufficio per il processo la redazione di “bozze di provvedimenti semplici”, a contenuto inevitabilmente decisorio, anche nell’ambito dei giudizi civili di legittimità, impone di pensare innanzitutto ad un’elevata professionalità del personale da assumere, o, viceversa, ad un contributo non rilevante sotto il punto di vista strettamente numerico. Se un consigliere delle sezioni civili della Corte redige al momento in media duecentocinquanta provvedimenti l’anno, quante bozze di sentenze o ordinanze potrà predisporre, con rassicurante autonomia operativa, il singolo addetto all’ufficio per il processo che dovrà affiancarlo nei prossimi mesi?
C’è poi un problema pratico di intuibile complessità: in quale spazio del Palazzo di Piazza Cavour potranno svolgere le loro attività gli addetti dell’ufficio per il processo?
L’utilità dell’apporto degli addetti dell’ufficio per il processo nella Corte di Cassazione sarà comunque per forza direttamente proporzionale (anche in ragione della carenza di spazi fisici di lavoro nel Palazzo) alla progressiva digitalizzazione degli atti già depositati in originale cartaceo secondo le forme ordinarie nei procedimenti civili pendenti, non potendosi affidare il recupero del macroscopico digital divide del nostro supremo organo di giurisdizione alla sola collaborazione degli avvocati, in forza del Protocollo d’intesa del 27 ottobre 2020. L’inoltro, comunque facoltativo, da parte dei difensori, degli atti processuali del giudizio di cassazione, in precedenza depositati nelle forme ordinarie previste dalla legge, avviene, infatti, solo dopo la comunicazione dell’avviso di fissazione dell’udienza pubblica o dell’adunanza camerale, e quindi suppone già svolte tante delle attività in cui sarebbe davvero proficua l’attività degli addetti dell’ufficio per il processo, ovvero quella volta all’esame preliminare del fascicolo per una oculata e non occasionale formazione dei ruoli.
Ogni ottimistico progetto di conseguire l’abbattimento dell’arretrato e la riduzione della durata dei procedimenti civili di cassazione resterà, dunque, utopia, pur con l’aiuto degli addetti all'ufficio per il processo, se anzitutto non si pone termine a quella “estenuante manipolazione di documenti cartacei” tramite “penna, inchiostro e calamaio”, che Stefano Zan già nel 2003 (Fascicoli e tribunali, Il Mulino) individuava fra le cause principali delle disfunzioni organizzative del nostro sistema giudiziario. Atti nativi digitali dei giudizi di merito convertiti in cartacei per il deposito in cassazione, spesso scansionati dal consigliere di cassazione relatore per convertirli in file digitali di provvedimenti che vengono stampati in documenti cartacei depositati in cancelleria e ritrasformati in file dal C.E.D.
La disponibilità immediata dell’archivio digitale dei processi pendenti consentirebbe una organizzata classificazione dei ricorsi da avviare, a seconda della questione di diritto su cui pronunciare, per l’udienza pubblica, l’adunanza camerale o il nuovo “procedimento accelerato” delineato nelle Proposte della Commissione presieduta dal Prof. Francesco Paolo Luiso. Queste attività di studio, selezione ed accorpamento dei ricorsi pendenti, affidate ai singoli consiglieri individualmente coadiuvati da un addetto dell’ufficio per il processo, ove tempestivamente svolte ben prima dell’occasionale fissazione della data dell’udienza o dell’adunanza, rimedierebbero alle insufficienze dell’attuale sistema di spoglio dei ricorsi nel settore civile della Corte ed all’estemporaneità delle formazioni dei ruoli di udienza, garantendo soluzioni contestuali e coordinate, e dunque più utili ed agevoli.
Se si pensa che l’ufficio per il processo nella Corte di cassazione possa davvero servire a qualcosa, che non sia meramente simbolico, senza aver prima risolto le condizioni di arretratezza tecnologica della stessa Suprema Corte e dei suoi giudizi civili, è inutile, ed anzi pericoloso, continuare a proporre baratti fra ulteriori aumenti della produttività dei consiglieri e ulteriori mistificanti semplificazioni motivazionali delle decisioni dei giudici di legittimità. Innanzitutto, la motivazione minima, costituzionalmente sufficiente, di un provvedimento della Corte di cassazione che accoglie o rigetta un ricorso, non può discendere dal rito che sia prescelto dal presidente in sede di fissazione dell’udienza o dell’adunanza, ovvero dalla veste formale di sentenza o ordinanza, ma dipende sempre, nel concreto, dalla rilevanza e dal numero delle questioni su cui il collegio deve pronunciare.
E comunque il “peso del giudicare” è dato dal decidere, cioè dal trasformare il processo in sentenza, e non dal motivare: perciò l’insostenibile carico del giudice è e sarà sempre il “decidere troppo”, giammai il “motivare abbastanza”.