Ernesto Aghina, con Carlo Citterio, ha fondato questa rivista nell'ottobre del 2009.
Il titolo “Giustizia Insieme” è creazione del suo ingegno, plastica descrizione dell’originale obiettivo: diffondere il modello di magistrato non autoreferenziale, ma capace di ascoltare e confrontarsi con la società e che, nella rivista cartacea, trovava massima espressione comunicativa nella “doppia voce” del togato a confronto, sul medesimo tema, con il non togato.
«La giustizia è una questione troppo importante perché se ne occupino solo i giudici», questa la considerazione scritta nella prefazione del primo numero, che offre l’idea dell’importanza del confronto e del dialogo che caratterizza anche il modo di essere di Ernesto.
Capacità di ascolto e confronto che ha declinato nella sua attività professionale, nell’attività associativa come movimentista - il più giovane firmatario del documento verde fondativo del Movimento - nella formazione sin dalle sue origini, al Consiglio superiore della Magistratura, presso la Scuola superiore, nell’esercizio della giurisdizione e nella dirigenza.
Non solo perché è stato il primo Direttore della Rivista, ma anche perché ciascuno di noi, in qualche misura, si è formato con lui, non potevamo esimerci da auguri corali per questo compleanno importante.
La Redazione
Sono certo che nessuno, nel nostro vasto ambiente professionale, abbia la sapienza e la saggezza di Ernesto in tema di formazione (e selezione) dei magistrati ordinari ed onorari: della sua scienza avremo tutti ancora bisogno. Il suo percorso in magistratura, al di là dei prestigiosi ed onerosi incarichi giudiziari con generale apprezzamento ricoperti, si è infatti sempre caratterizzato per la tensione e l’impegno verso la crescita e diffusione del sapere giuridico, insieme alla sensibilità verso la cultura della deontologia, per la costruzione di una figura di magistrato che trovi la sua legittimazione a jus dicere nella indiscussa professionalità e nella consapevolezza vissuta della funzione di arbitro terzo ed imparziale. Con lui ho condiviso varie esperienze e sono testimone diretto, anche e soprattutto per gli anni passati insieme alla Scuola superiore, del suo costante, riservato ma oltremodo coinvolgente dinamismo intellettuale: peccato sia astemio e milanista, ma oggi lo perdono. (Giacomo Fumu)
Per i colleghi, per gli avvocati, per le parti private una garanzia di competenza, di correttezza e di umanità; per la scienza processualpenalistica, un autore intelligente, documentato e costruttivo; per il dibattito culturale, una voce elegante, equilibrata e di grande onestà intellettuale; per gli amici, quorum ego, una persona sincera, arguta e dal profondo sentire; per i pescatori un competitor accanito; per i pesci, una iattura. (Glauco Giostra)
Caro Ernesto, non so immaginarti triste perché il tempo ti costringe a lasciare. Non solo perché non avresti motivo per non essere ampiamente soddisfatto di quello che hai fatto e dato, e neppure perché hai Daniela, Giulia e la pesca, ma perché la tristezza sarebbe…banale. E la banalità t’è sempre stata, grazie al cielo, del tutto estranea. Non ti renderei dunque giustizia se di te ricordassi intelligenza, capacità e dedizione. Sarei anzi, appunto, insopportabilmente banale a fronte di chi è stato sempre, invece, magnificamente originale: nel pensiero, nell’organizzazione, nella capacità di aggregazione.
Tu sei stato un leader ed un esempio, senza la presunzione di esserlo. Ti abbraccio. (Alfonso Amatucci)
«Uomo libero, amerai sempre il mare.» Sta in questo verso di Baudelaire la prima, fulminea e decisiva associazione mentale che Ernesto evoca in me. Nella sterminata galleria fotografica custodita nel mio smartphone conservo una sua foto. Vi campeggia Ernesto, marinaio e pescatore, che esibisce, con malcelato orgoglio, il frutto di una battuta di pesca subacquea: una grossa murena, saraghi, dentici. Magari pescati a Diafani, finis terrae dell’isola di Karpatos, sotto il monte Olympos, nella quale si recava spesso e che io, viaggiatore inquieto, avevo raggiunto in un’estate di vagabondaggio per isole greche. Tutto il resto di lui è noto ed è perfino vero: è un eccellente magistrato, un uomo intellettualmente curioso, che ha inventato parecchie cose negli uffici e nella Scuola della magistratura. Sempre senza spocchia, con una ironia che non sconfina mai nel sarcasmo. Perfetto per la libertà che lo attende. (Nello Rossi)
Qualcosa meno di una decina d’anni fa, ricevetti l’invito a svolgere, per i m.o.t. impegnati presso la scuola di Castelpulci, una riflessione sull’esercizio dell’azione civile nel processo penale. Si trattava di un invito (rivolto con un garbo raramente sperimentato in altre occasioni) da cui trapelava una tale passione per l’organizzazione del lavoro dei colleghi più giovani (e dunque un entusiasmo così contagioso) da rendere impossibile (non si dice un rifiuto, bensì) qualsivoglia forma di titubanza. Arrivai a Firenze con un po’ di anticipo, rispetto all’ora dell’incontro, e fui condotto dal mio ‘garbato’ interlocutore a visitare la “nostra casa”, la casa dei magistrati, alle cui cure il ‘garbato’ stava dedicando tutto il proprio tempo, la sua vita (fino ad allora pigramente affacciata sul golfo di Napoli), il senso del proprio impegno. Ne ricavai una lezione, che ancora stento a dimenticare: il valore di tutto ciò che impariamo si misura solo con la ricchezza che trasmettiamo (tanto siamo di passaggio) a coloro che seguiranno. So che il ‘garbato’ è tornato, negli anni, a riaffacciarsi al suo golfo e a trarne frutti carnosi da condividere ancora. Cercare e donare è dunque il senso ultimo e l’importante pregio del mio ‘garbato’. È l’importanza, infatti, di chiamarsi Ernesto. (Marco Dell’Utri)
Ernesto Aghina è stato per me, come per tanti giovani che erano appena entrati in magistratura, un punto di riferimento irrinunciabile ed insostituibile. Sono stato suo uditore quando era pretore a Napoli e si occupava dei reati ambientali e da quel momento si è creato un rapporto che non è mai cambiato, anzi si è rafforzato. Grazie a lui mi sono avvicinato all’attività associativa e grazie a lui ho aderito al Movimento per la Giustizia, impegnandomi anche in prima persona. A lui sempre ho fatto capo nei tanti momenti di difficoltà lavorativi e ho sempre trovato un “porto sicuro”. Anche da pensionato, sono certo che, accanto all’impegno di padre, non smetterà di occuparsi della sua amata magistratura e per tanti come me resterà sempre disponibile quando ne avremo bisogno. (Raffaele Cantone)
Divertirsi, dal latino divértere, volgere altrove. Il segreto che mi ha regalato Ernesto è che il modo più efficace di dirigere un ufficio, di partecipare alla vita della comunità in cui si lavora, di organizzare la formazione dei nuovi magistrati è sapere “tenere lo sguardo altrove”. Lo spirito con cui ha danzato tra queste responsabilità, tenendovi testa con un'efficacia che nessuno può dimenticare, è stato quello di sapersi “divertire”. È stato una guida, perché ha saputo sempre guardare fuori dal suo perimetro, mantenere il ruolo senza farsene imprigionare, esserci gustando ogni passaggio. (Gabriella Ambrosino)
Ho conosciuto Ernesto 20 anni fa, e l'ho sempre ammirato per il suo entusiasmo, l'enorme professionalità, la rara capacità di vedere in prospettiva le dinamiche giurisdizionali e associative. Mi sembra assurdo che la magistratura debba privarsi del suo apporto, ma purtroppo Kronos non ammette patti in deroga. Anche per chi 70 anni proprio non li dimostra. (Mino Castaldo)
Caro Ernesto, 70 anni e stai iniziando una nuova vita. Avrai tanto da fare, ne sono sicuro. Forse trascurerai in parte i tuoi impegni marinari e le tue pesche miracolose (che i maligni spesso dubitano siano frutto delle tue abilità); ma sono certo - e sicuramente lo spero - che continuerai a non farci mancare, in quest’epoca così travagliata e problematica, la tua passione e il tuo modo mai corporativo di intendere la nostra professione. (Mario Suriano)
Lo vidi per la prima volta quand’ero poco più che uditrice. Paola Filippi mi disse di lui ciò che lo avrebbe identificato poi per sempre: è Ernesto Aghina, magistrato napoletano, intelligentissimo ed elegante, dal quale puoi imparare il mestiere del magistrato. Fu così negli anni. Poche parole, le sue, spesso taglienti ed ironiche, talvolta definitive, erano capaci di rappresentare fenomeni complessi, con la puntuale ed unica capacità tipica di quelli che osservano e poi dicono. Negli occhi veloci e sinceri la sua consuetudine a dire il vero. Uomo della formazione, proteso verso i giovani colleghi. Ha creduto nella nascente Scuola, avvolta di polemiche e mistificanti teorie, con quella passione unica che lo ha portato ovunque, a spiegarne l’essenza ed il rinnovato progetto. Fantastici i suoi aforismi giuridici e le immagini (vere?) dei suoi bottini di pesca. (Anna Rita Mantini)
Ho conosciuto Ernesto quando era pretore, è stato il mio affidatario, ed era il riferimento di un numero esorbitante di uditori giudiziari e soprattutto giudici di prima nomina, che lo chiamavano dalle camere di consiglio di tutt’Italia per le questioni più disparate. Praticamente gestiva una decina di udienze in contemporanea. Devo a lui la conoscenza del Movimento, è stato il primo che me lo ha nominato, fiero di farne parte e di avere contribuito a costruirlo. Lui che la battuta salace non l’ha risparmiata a nessuno, quando parlava del Movimento invece si illuminava, ti faceva venire la voglia di esserci e di fare la tua parte. Insomma, me ne ha fatto innamorare. (Maria Teresa Orlando, Molly)
Conobbi Ernesto tanti, tanti anni fa, in occasione delle esperienze associative di fine millennio (l’epoca delle riforme del Governo Prodi, in quella parentesi di un certo ventennio …) e di quelle degli Osservatori sulla Giustizia civile. Si dimostrò un amico e, nei tempi associativi e professionali meno sereni, un conforto. Ma fu pure un esempio: di come, con arguzia ed umanità rimaste ineguagliate, si potesse coniugare rigore e sensibilità, empatia e tensione agli ideali di una giustizia rispettosa dei nostri condivisi valori ed al servizio dei cittadini. (Franco De Stefano)
La passione lucida e controllata di Ernesto per il nostro lavoro si traduce in un modo pensare del quale nel corso di un’amicizia ormai pluriennale, ho sempre apprezzato l’esattezza. Ernesto sa pescare i termini giusti per comporre i suoi ragionamenti in un modo che sembrerebbe non lasciare alternative, le quali, invece, proprio così intanto svela. La sua conoscenza dell’ambiente giudiziario mi ha aperto finestre, gliene sono grato. (Angelo Costanzo)
Ernesto Aghina ha rappresentato, nella fervida immaginazione creativa di Mario Almerighi, la “faccia giovane” del Movimento, il ponte attrattivo che si voleva creare con le ultime leve della magistratura. Egli ha costituito, poi, il principale asset nel difficilissimo (ma centrale) distretto di Napoli, dove è stato il motore di un gruppetto di coraggiosi, che è passato – nei perigliosi anni delle “truppe cammellate” di Umberto Marconi – da una trentina di aderenti alla capacità di esprimere in poco tempo una serie di Consiglieri superiori napoletani (a partire, nel 1994, dal più giovane Gerardo Arcese rispetto a Saverio Mannino). Ernesto, infine, è stato il principale artefice di un antico “sogno” del Movimento, quello di avere un organo stabile di riflessione scientifica con cui fare conoscere ed approfondire, nel confronto con la società civile, le nostre idee (chi non ricorda le tematiche “a due voci”?). Per tutto questo, e per molto altro ancora, un sentito grazie, caro “moderno” Presidente! (Gioacchino Natoli)
Ernesto Aghina è uno degli esempi più significativi di quella che io chiamavo “la capacità socratica di Mario Almerighi”. Mario scopriva e avvicinava giovanissimi colleghi (e colleghe), che poi affascinava e riusciva a tenere in collegamento con le varie forme associative che trovava, o inventava, nella sua fatica tutoriale. Basti ricordare, oltre ad Ernesto, anche Ippolito Parziale e Mario Fresa per capire subito quello che voglio dire. Ernesto in particolare, il “pretorino” di S.Angelo dei Lombardi al tempo del terremoto del 1980, è cresciuto bene e in fretta, senza mai perdere i suoi stretti legami politici ed associativi con la tribù almerighiana. E via via crescendo ha fatto il cammino umano e professionale al CSM e nell’ANM, testimone eccellente di che cosa sia stata capace di “inventarsi” una magistratura attenta, per svolgere un ruolo spesso trainante e mai autoreferenziale, nelle varie epoche vissute dalla società italiana. Ciao, Ernesto, nell'abbracciare te mi sento anche come se stessi abbracciando il “nostro” Mario. (Vito D’Ambrosio)
Sono passati più o meno vent’anni ma quell’espressione di Virginio Rognoni resta per me indelebile. Ti vorrei presentare mio figlio – gli aveva chiesto Ernesto sporgendo il capo alla porta della più importante stanza del C.S.M..
Tuo figlio? ma hai un figlio? - avrà pensato il Vice presidente con espressione di divertita incredulità: quante sorprese questo giovane e brillante consigliere, un napoletano milanista che portava, in consiglio, le sfogliatelle ed in plenum arguzia, simpatia ed un eloquio forbito e graffiante!
Entra, entra pure caro Aghina, con vero piacere – e si alza, mentre il suo sguardo si apre ad un ampio sorriso di sorpresa, senza scomporsi però, nel vedere Murat, sorridente anche lui, il golden retriever di Ernesto, quella settimana in trasferta a Roma con il suo padrone.
Con Ernesto i miei quattro anni al Consiglio, anni penosi, sono stati meno penosi; un amico, un sostegno, spesso uno spasso.
Ero a casa sua a Napoli il 18 giugno 2002 – eravamo in piena campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio – ed alla tv abbiamo assistito all’eliminazione dell’Italia dai mondiali in Corea: conosco allora il frasario di un napoletano colto, in quell’occasione riservato al signor Moreno, arbitro disonesto.
Di arbitri disonesti ne ho, poi, conosciuti tantissimi in quei quattro anni di consiliatura ed Ernesto è stato molto più bravo di me ad incassare i colpi ed a replicare con eleganza diplomatica.
È stata sua l’idea di intitolare “Non ci posso credere!” (ricordate Aldo, di Aldo Giovanni e Giacomo?) una nostra rubrica telematica settimanale, con la quale raccontavamo le vicende di plenum, che andavano oltre il tollerabile e che contribuivano a picconare la credibilità del Consiglio e dell’intera magistratura.
Ed era una rubrica temuta, molto temuta mi piace immaginare, che ci è costata parecchio in quegli anni e credo anche negli anni a venire. Una volta eravamo stati piuttosto pesanti e la settimana successiva un roboante consigliere laico di centro destra aveva il piacere, ad ogni passaggio dietro le nostre porte, di gridare (con tono divertito, piuttosto scherzoso, devo ammettere) “Fici, Aghina, Arbasino, fate schifo”, più volte, scandendo i nomi e la sua opinione sul nostro conto a voce alta, perché in tanti sentissero. C’era anche Ernesto, infine, in quegli ultimi giorni di un quadriennio di delusioni, nella buvette del Consiglio il 5 luglio 2006 ed al secondo gola dell’Italia alla Germania (Cannavaro, Cannavaro, Totti, Gilardino, Del Piero, Del Piero, goal, goal, andiamo a Berlino) mentre io abbracciavo Rognoni, Ernesto stringeva un consigliere dell’opposizione di centro destra; confermando che per lui, tifoso del Milan di Silvio Berlusconi, il tifo calcistico cancellava ogni passione politica. (Giuseppe Fici)
Webinar, incontri a distanza, Teams, meet: termini che sono entrati nel nostro patrimonio linguistico quotidiano, e seguire un corso di aggiornamento da casa è diventata la normalità. Se incontrarsi in presenza, con scambio di sguardi unito alla percezione del tono delle parole del relatore continuano a essere elementi imprescindibili, però l’utilità di questi nuovi strumenti è ormai innegabile. Se ne erano resi conto un gruppo di pionieri della formazione diversi lustri fa, quando nel 2006 (se non ricordo male) il Consiglio Superiore della Magistratura con l’apposita commissione guidata da Ernesto Aghina, in quell’occasione visionario determinato e convinto della necessità di dare nuova linfa alla formazione dei magistrati, diede il via alla sperimentazione dei corsi denominati “e-learning”. Mediante un software, che oggi pare preistorico, si consentiva di interloquire in forma scritta a distanza tra un gruppo di persone. Ernesto ci mise estrema professionalità e soprattutto tanta passione, coinvolgendo diversi colleghi e non solo. Con un incontro in presenza finale che, fondendo i due metodi, consentiva di offrire un prodotto formativo nuovo senza stravolgimenti: esempio di quella lungimiranza tratto tipico di Ernesto Agnina, a cui oggi va il nostro saluto con un sincero ringraziamento. (Giuseppe De Gregorio)
Leggo sulla chat del Movimento che Ernesto va in pensione e mi rendo conto che, pur conoscendolo ormai da una trentina di anni ed avendolo incontrato in tantissime occasioni, non l’ho mai visto in toga fare il giudice. Mi sono però sempre fidato di quelli che lo indicavano come tale ed, effettivamente, qualche anno addietro, in un incontro pubblico a Torre Annunziata, tutti lo chiamavano “presidente”. Per quattro anni so che ha anche bazzicato dalle parti di Piazza Indipendenza. Io però l’ho visto molte volte in muta e con un fucile subacqueo in mano, spesso attorniato da quantità esagerate di pesci (morti). Ma se la pesca è stata finora soltanto un passatempo, mi chiedo - per deformazione professionale - quale incidenza sull’equilibrio dell’ecosistema marino determinerà la maggiore quantità di tempo a sua disposizione... (Luca Ramacci)
Fatico molto a pensare alla Magistratura istituzionale e associata senza Ernesto Aghina. Per me un esempio ammirato, sempre. A conoscenza pre-tempestiva di ciò che avveniva, stava avvenendo, sarebbe avvenuto, nella nostra istituzione, nelle associazioni, al ministero (e probabilmente prima degli interessati...), sempre sul pezzo, è, è stato, maestro di equilibrio, saggezza, azione, idee, senza mai approfittarsene, sempre con il pensiero orientato al bene della Magistratura, all'agire correttamente, al dire con nettezza ma elegante contenimento quel che pensava. Il suo eloquio una meraviglia, esempio del perché un partenopeo colto preparato e con generoso senso del dovere ti sarà sempre qualche passo (se ti va bene) avanti. Un magistrato, un Uomo delle Istituzioni che non ha predicato bene, richiamando astri e firmamenti europei e mondiali, per poi giungere all'interesse contingente personale. Un servitore dello Stato. Un Uomo di mondo (anche marino), oltre le sue qualità professionali. Per me, un riferimento che ho sempre sentito interlocutore necessario consultare per chiarirmi le idee o trovare conferme. Generoso nel sostentamento dei partecipanti alle varie riunioni romane, dove alla fine le sue pastarelle napoletane erano molto attese. Raramente arrabbiato (ma sempre con moderazione), ospite signorile nella sua bellissima abitazione napoletana. Ecco, penso a Ernesto e trovo conferma della saggezza della scelta che ha fatto il Movimento art.3: ora, fuori dall'agone della politica associativa inevitabilmente di parte, dalle esigenze di strategie e compromessi, ora, lo spero davvero, con Ernesto (a me manca poco), Dino e le altre e gli altri, spero in una strada nuova, bellissima: promuovere il senso della funzione giurisdizionale nella società, aprendosi alla società civile e in particolare ai giovani, confutando le stupidaggini e le ipocrisie, parlando con competenza ma, soprattutto, con tanta tanta tanta libertà.
Anche per continuare a camminare insieme, in modo diverso.
Sono certo che il momento particolare e straordinario che vivi nella tua Famiglia non farà che darti ulteriori stimoli, anche di intenso impegno civile. D'altra parte, vogliamo davvero lasciare il peggio dell'oggi ai figli? (Carlo Citterio)
Praticamente ci siamo conosciuti litigando. Durante un pranzo a Villa Adriana a Frascati, dove all'epoca si tenevano gli incontri di formazione. Non ricordo ora bene qual era la questione: uno di quei temi che all'epoca accaloravano il dibattito tra PM della procurina, quale io ero, e Gip presso la Pretura. Ricordo bene però che nonostante ti fossi messo d'impegno non riuscisti a sembrarmi antipatico quanto si diceva tu fossi. C'era quell'arguzia e quell'ironia nel portare i tuoi argomenti che mi era rimasta persino simpatica.
Ci siamo ritrovati al CSM, tu il consigliere della rubrica “Non ci posso credere”, che già imperversava sulle mailing list, io magistrato segretario appena arrivato e catapultato in Nona Commissione.
Era il periodo delle prime convergenze tra i nostri gruppi associativi. Convergenze nate sulla condivisione di alcuni temi politici e cresciute, a mio parere, soprattutto grazie alle convergenze umane, così importanti per rimuovere pregiudizi ed iniziali diffidenze.
Era il periodo nel quale il Consiglio era governato da una maggioranza bloccata (mi ricorda qualcosa...), Unicost, MI (all'epoca erano solo in due) e laici della destra Berlusconiana. Quella delle leggi ad personam e contra personam (per esempio al fine di sbarrare la strada di Giancarlo Caselli verso la direzione della DNA). Una stagione di battaglie combattute con gli argomenti politici ma anche con quella tua velenosa ironia che era più tagliente di tanti ragionamenti e che mi è rimasta dentro e nel tempo ho provato ad imitare e fare mia.
Ma non solo di politica e di ordinamento si viveva in quegli anni nei quali è nata la nostra amicizia, fatta di ospitate nella tua casa di Napoli tra i soldatini di piombo e le pescate con il gommone (tra l'altro l'unica volta che ho tirato su qualcosa è stato venendo a pesca con te), passeggiate alla scoperta di Napoli sotterranea e delle statuine per il presepe a San Gregorio Armeno.
Poi è venuta la stagione pioneristica della Scuola di Scandicci, della tua Presidenza, del mio impegno in ANM e poi in AreaDG, degli scambi di opinioni, dei commenti salaci sulle notizie della rassegna stampa, delle immancabili fotografie delle due pescate.
Ora sono soltanto curioso di vedere quale sarà la prossima stagione, ma già l'attendo con il sorriso a fior di labbra pregustando le piccole, gustose cattiverie che ne trarrai. (Eugenio Albamonte)
Caro Ernesto, inutile che ci provi: se…tanta strada abbiamo fatto insieme, non la possiamo certo lasciare ora. Ti/Ci aspettano ancora magistrature, togate e onorarie, riflessioni di vita, calcio (sicuro sempre il Milan? bah, questo è l’unico dato stonato) e …pesca; occasioni di incontro e rinnovato impegno da vivere insieme. Con la lucidità, la forza e l’ironia che ci hai sempre dimostrato. Un abbraccio di affetto vero. (Carlo Sabatini)
E ci siamo. Già mi sento più sola, un senso di vuoto alle mie spalle tipico di quando si allontana chi ti ha seguito nel tuo percorso, ti ha consigliato anche nei momenti difficili, ti ha ispirato nelle decisioni. Però Ernesto che uomo fortunato sei, poteva essere un momento complicato, per un super professionista come te, che è stato la magistratura progressista, che è stato la Scuola della magistratura, chi è stato il Movimento, che è un riferimento di noi tutti sempre e invece lo hai saputo riempire di gioia...di Giulia. E allora l'altra parte della vita ti sarà lieve e ne siamo felici. (Alessandra Camassa)
E dunque anche Ernesto Aghina va in pensione…anzi viene “collocato a riposo per raggiunti limiti di età”, definizione più lunga ma meno malinconica! Sono certo che sarà tra coloro che, arrivati a quel punto della vita, saranno ancora impegnati in mille cose, tra cui almeno 999 cariche di leggerezza calviniana!
I 70 anni, secondo molti, rischiano di dar luogo ad una fase di mera passività, che invece deve essere una fase di trasmissione delle esperienze vissute, dei successi ma anche degli errori del tempo passato.
Io, ad esempio, mi rimprovero ancora un errore imperdonabile: in un mio libro, pubblicato nel 2010, nel narrare la storia del Movimento per la Giustizia, ne elencai i fondatori storici omettendo il nome di Ernesto Aghina. Tentai di rimediare nell’ottobre del 2002 in un articolo pubblicato su Giustizia Insieme, ma il “peccato rimane”! Come ho potuto non citare quella firma nel nostro manifesto fondativo approvato il 17.4.1988? Era la firma di uno dei più giovani sottoscrittori, di un giovane napoletano che già in quei tempi – come poi nel corso dei difficili decenni successivi e fino ad oggi - mostrava classe, senza lasciarci tentare dalla supponenza o anche soltanto dalla presunzione di avere ragione, offrendo tanto alla magistratura, alla sua organizzazione ed al Movimento per la Giustizia. Quando penso a Napoli, con passione incessante nonostante tutto, Ernesto mi viene subito in mente, non con la toga, ma sulla sua barca, mentre pesca, o mentre approda al molo.
Ecco caro Ernesto, continua pure, ma ora mi auguro che approdi anche al prezioso molo dell’Essepierre (“S.P.R.”), cioè “Settore Pensionati Rompipalle”! Non perdiamoci di vista! (Armando Spataro)
La Sapienza partenopea; cioè la capacità di coniugare intelligenza emotiva, spessore culturale e spirito pratico. Questa è la cifra di Ernesto. Insieme a una straordinaria umanità. Non potrò mai dimenticare una telefonata in un momento drammatico della mia vita. Con leggerezza e ironia mi confortò. Gli devo molto e molto gli deve la magistratura. Sono sicuro che non farà mancare nel futuro a noi tutti il suo sostegno e la sua sapienza. (Roberto Rossi)
Caro Ernesto è impossibile per me immaginarti fuori dalla magistratura. Eppure è stato un viaggio affascinante, accidentato, bellissimo. È stato incredibile essere sempre dalla stessa parte pur stando comunque in luoghi diversi. Abbiamo combattuto le stesse battaglie perdendo e vincendo sempre dallo stesso lato. Mi mancherà il collega/amico con il quale sfogarmi, ma anche quello al quale chiedere un confronto o un consiglio. Quello con il quale meravigliarsi delle assurdità che vivevamo o vedevamo. Tutto bello dunque nel rapporto con te? No, sei rimasto ... milanista, ma ti perdono.(Pierluigi Picardi)
Ernesto rientra nella ristretta cerchia di magistrati che non andranno in pensione mai. Perché ne è tale l’impronta culturale, che a loro si guarderà sempre.
Ernesto era “grande” da giovanissimo e giovanissimo ora che scavalla i settanta: stessa geometria nel ragionamento, stessa finezza politica, stessa conoscenza unica dei temi più cari, stessa voce aristocratica e ferma. Del Movimento è stato colonna e coscienza critica, portatore di storia e costruttore di novità. A molti tra noi è bastato seguirlo. I personalmente continuerò a farlo. (Marcello Basilio)
Essere grande vuol dire avere la capacità di occuparsi di tutte le cose, le grandi e le piccole, con la stessa passione, la stessa competenza, lo stesso amore. È una delle cose che ammiro da sempre in Ernesto: la sua capacità di riuscire ad accendersi per le questioni di diritto e delle aiuole da piantare intorno alla villa di Scandicci in quella Scuola della Magistratura che lui come nessuno ha contribuito a creare dal nulla come “casa” dei magistrati; il sorriso e la garbata ironia che riserva ai colleghi blasonati come ai suoi amati MOT e ai magistrati onorari; la capacità di non far pesare la propria grandezza e l’amore per le cose (apparentemente) piccole sono i suoi insostituibili lasciti. (Costantino De Robbio)
Ho conosciuto Ernesto alla fine degli anni ‘90, quando venne a Pescara per un’iniziativa dal titolo I giudici nella rete, insieme a Luca Ramacci e Federico Mazza. Girava per i Tribunali d’Italia a insegnare a navigare (no, non per pescare … che avete capito?), a navigare in internet. Faceva omaggio di floppy disk che contenevano l’elenco cliccabile di link utili. Da allora non ci siamo più persi di vista. Estroso, generoso, talentuoso, sin da piccolo - lo raccontava la mamma -, ha mostrato una spiccata attitudine alla formazione (e pure all’addestramento dei golden retriever). Ha idee, capacità progettuali e visioni che se non fosse stato un giurista – categoria notoriamente refrattaria alle invenzioni - avrebbe ideato, già alla fine del ‘900, un AI in formato microchip. Rara la sua capacità di ascoltare, la sua sensibilità, la sua ironia e la sua ospitalità. Per non sforare - avevamo assegnato massimo cinque righe - mi consento solo un’ultima osservazione -personale - è una fortuna rara avere Ernesto come amico. (Paola Filippi)
Ernesto Aghina va in pensione:
che ne sarà della giurisdizione?
Il “dottor sottile”, un po’ sornione,
era preparato su ogni questione.
Una ragione ce ne facciamo
e per quanto ha fatto lo ringraziamo.
Via dal Tribunale, ora di altro si occuperà,
godendo delle gioie che Giulia gli darà.
(Antonella Magaraggia)