Un comunicato tira l’altro. Non ci resta che…attendere
di Davide Galliani
Non facile commentare un comunicato. Viene da domandarsi se in camera di consiglio si voti anche sui comunicati. Ora, se nel comunicato si capisce bene che è trasposto il dispositivo, sul quale si vota, i problemi potrebbero essere anche messi da parte. Il punto è quando il comunicato assomiglia a una sorta di agenzia di stampa. In questi casi, forse, meglio lasciar perdere o essere didascalici: “si comunica che la Corte depositerà la decisione sulla questione X il giorno Y”. Punto. Invece no. E abbiamo due possibilità: stare zitti e aspettare la decisione, possibilità validissima; oppure scrivere due righe oggi, magari per non scriverle più domani.
Cosa significa, giuridicamente, che l’accoglimento immediato “rischierebbe di inserirsi in modo inadeguato nell’attuale sistema di contrasto alla criminalità organizzata”? Soprattutto, la Corte si è dimenticata che la sorveglianza, caduta la presunzione assoluta sui permessi, è tornata a fare il proprio mestiere, e non solo quello di dichiarare inammissibile qualsiasi richiesta di beneficio senza utile collaborazione con la giustizia? Pensate a chi è in carcere da più di venti anni, la stragrande maggioranza dei 1.200 e passa ergastolani ostativi italiani: se fossi uno di loro, la prima domanda che mi porrei è come sia possibile lasciarmi nel limbo per un anno. La Corte accerta la violazione di eguaglianza, rieducazione, dignità umana, ma dice che per un anno possiamo convivere con la violazione.
Ancora. Richiamare nel comunicato l’art. 3 CEDU non è stata una genialata. Questo perché i diritti che garantisce sono inderogabili, da testo della CEDU e da giurisprudenza granitica di Strasburgo. Mai e poi mai si possono derogare. Nemmeno in tempo di guerra e nemmeno a fronte del più tremendo, grave e ripugnante dei reati. Figuriamoci per dare tempo al Parlamento di sistemare le cose. E anche il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa più sensibile al margine di apprezzamento potrebbe storcere il naso: dato che stiamo parlando di art. 3, una volta accertata la violazione, non dichiararla subito è una faccenda complicata.
Vi sarebbe altro. Se la Corte avesse deciso anche in riferimento alla semilibertà, usando la illegittimità consequenziale, nel comunicato lo avrebbe detto. Ma ha un qualche senso dichiarare incostituzionale il regime ostativo applicato al permesso premio, accertarlo incostituzionale ma non dichiararlo applicato alla liberazione condizionale, e non dire una parola sulla semilibertà? Certo, dopodomani arriverà una questione di costituzionalità sulla semilibertà. Ma dato che la Corte ha tra i suoi poteri, questo ben scritto, la illegittimità costituzionale consequenziale, non sarebbe stato male usarla. Si dirà: ma i requisiti della semilibertà sono diversi. Ovvio che sono diversi, ma la presunzione assoluta è identica: incostituzionale verso i permessi, incostituzionale accertata non dichiarata verso la liberazione condizionale, che facciamo la teniamo in piedi per la semilibertà?
Lo so bene. Cinque anni fa quanto accaduto sui permessi e oggi sulla liberazione condizionale era inimmaginabile. Il bicchiere è anche mezzo pieno. Va bene, ma resta una sensazione strana. Cosa dovrebbe fare il legislatore in questo anno e passa di tempo? Dice la Corte: “preservare il valore della collaborazione con la giustizia”. Si tratta di una affermazione carica di significato. Tanto è vero che dopo la 235/2019 la sorveglianza ha fatto di tutto proprio per “preservare il valore della collaborazione con la giustizia”. Sinceramente, alla Consulta non sembra se ne siano accorti: la sorveglianza sta cercando in molti modi di valorizzare comunque il mancato apporto collaborativo. Un cortocircuito: la 253/2019 dice che esiste la libertà di non collaborare, la sorveglianza post 253 sembra non voler considerare “neutro” il mancato apporto collaborativo, e ora il comunicato della Consulta dice “preservare il valore della collaborazione con la giustizia”. Sarebbe stato molto meglio se la Consulta avesse detto: la presunzione da assoluta diventa relativa, ovviamente ora al Parlamento compete il compito di “preservare il valore della collaborazione”. Se accerti la violazione, ma non la dichiari, ti tiri la zappa sui piedi: se è incostituzionale la presunzione assoluta, e se la presunzione assoluta è assoluta, che senso ha non dichiararlo ma solo accertarlo? Vale a dire: il Parlamento può fare solo meglio, non può peggiorare la situazione, visto che peggio della prova legale assoluta non esiste nulla, se non abolire la liberazione condizionale per gli ergastolani, che non mi pare sia possibile.
Infine, le buonissime ragioni di chi contesta la Consulta, quando accerta ma non dichiara una violazione costituzionale, nel caso dell’ergastolo ostativo si moltiplicano. Staremo a vedere l’ordinanza, la quale, a differenza del caso Cappato, non deve evitare che delle persone finiscano in carcere, ma che possano uscire dal carcere…anche se il “no” della sorveglianza all’uscita è incostituzionale.
Non si può scrivere un libro su un comunicato. Nemmeno un articolo. Al massimo poche righe. Che voglio concludere domandandomi se abbiano ancora un senso questi comunicati. Non tutti i comunicati, ma questi che assomigliano ad agenzie di stampa. Si rinvia a maggio 2022 per consentire al legislatore gli interventi “che tengano conto (…) della peculiare natura dei reati connessi alla criminalità organizzata”. Ma il legislatore del 1992 ha introdotto l’ergastolo ostativo proprio per la peculiare natura dei reati connessi alla criminalità organizzata, e quelli successivi non lo hanno modificato nemmeno di una virgola. Non riesco a comprendere perché distinguere i compiti tra Corte e Parlamento debba significare anche non fare ciascuno i rispettivi compiti. Il Parlamento ha fatto il suo. Un attimo meno oggi la Corte, anzi ha detto a tutti: io sono la Corte, accerto la incostituzionalità dell’ergastolo ostativo, ma non la dichiaro perché voglio vedere cosa combina il Parlamento. Non è invadere le sfere del Parlamento? Saranno maggiorenni i nostri parlamentari, o no? Ognuno faccia il suo mestiere. La Corte dichiara incostituzionale l’ergastolo ostativo. Il Parlamento, se lo ritiene, interviene per preservare il valore della collaborazione con la giustizia e tenere conto della peculiare natura dei reati di criminalità organizzata. Perché in Italia per unire due puntini non si tira mai una linea retta?
Anche chi dice che questo passa il convento, altrimenti sarebbe andata peggio, non è granché persuasivo. Intanto, non era in camera di consiglio. Ma mettiamo sia andata così: alcuni erano per la infondatezza, altri per la incostituzionalità, ha vinto la incostituzionalità accertata ma non dichiarata. A me sembra che chi dice che sarebbe potuta andare peggio debba rivolgersi a chi sosteneva l’infondatezza della questione di costituzionalità. Come si possa sostenere che l’ergastolo ostativo sia compatibile con la Costituzione e la CEDU sinceramente non riesco a comprenderlo. E a conti fatti non è compatibile né con la prima né con la seconda…ma evidentemente per dichiararlo oltre che per accertarlo serve ancora un altro anno.
La Corte si è messa in testa di riscrivere la disciplina dell’ergastolo ostativo. Così ha fatto con il permesso, aggiungendo il pericolo di ripristino. Così farà con la liberazione condizionale, poiché lecito aspettarsi qualche paletto per il legislatore nella ordinanza che verrà pubblicata “nelle prossime settimane”. E vedremo la sorte della semilibertà, sulla quale per ora tutto tace. Non vi è niente di male in questo attivismo della Consulta. Che sia un legislatore non solo negativo ma anche positivo lo sanno pure i sassi. Solo una cosa non si deve dimenticare: che i destinatari delle sue pronunce sono persone che non sono in carcere da qualche giorno, nemmeno da qualche mese, e nemmeno da qualche anno. Parliamo di decenni di carcere. Non vorrei mai che finissimo col domandarci se le aggiunte fatte dalla Corte debbano avere valenza solo per il futuro. Del resto, il divieto di retroattività di pronunce che aggravano i requisiti per chiedere un beneficio o una misura è un tema che prima o poi esploderà…caduta la presunzione assoluta per i permessi non abbiamo più solo l’attualità dei collegamenti, che esisteva dal 1991, ma anche il pericolo di ripristino, che esiste dal 2019. Staremo a vedere sulla liberazione condizionale, ma caduta la presunzione assoluta non è che si possa mettere dentro di tutto per preservare il valore della collaborazione con la giustizia e per tenere conto della peculiare natura dei reati di criminalità organizzata.
Sembra una scena kafkiana: la Consulta tiene per il guinzaglio il Parlamento, al quale fornisce un assist per mettere il guinzaglio alla sorveglianza, la quale, se andiamo avanti così, non si muoverà più neppure di un millimetro…e non è che i permessi concessi dopo la 253 ad ergastolani siano centinaia: io ne ho contati come le Cime di Lavaredo…