ISSN: 2974-9999
Registrazione: 5 maggio 2023 n. 68 presso il Tribunale di Roma
Marche. La giurisdizione marchigiana e l’emergenza epidemiologica
di Sergio Sottani
La Rivista è da sempre attenta a raccontare la giurisdizione attraverso lo sguardo dei territori, e dei suoi protagonisti, per valorizzare il pluralismo della giustizia e mostrare l’attività giudiziaria nella sua più concreta esperienza.
Nel proseguire, anche durante l’epidemia, questo viaggio nelle diverse realtà giudiziarie la Rivista ha chiesto - al Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Ancona Sergio Sottani, al Presidente della Corte di Appello di Palermo Matteo Frasca e alla Presidente della Corte di Appello di Venezia Ines Maria Luisa Marini - di raccontare, ciascuno a suo modo, la giurisdizione d’appartenenza di fronte alla crisi epidemica.
In momenti di frenesia normativa e organizzativa è opportuno precisare che gli scritti sono stati redatti tra la fine del mese di aprile e l’inizio del mese di maggio ed è doveroso ringraziarne gli autori.
Nella foto dell’articolo il panorama mirabile del più poetico dei balconi, il Colle dell’Infinito.
Sommario: 1. La crisi sanitaria nelle Marche - 2. Dall’emergenza sanitaria alla pandemia endemica - 3. Misure organizzative giudiziarie per la tutela sanitaria - 4. Il lavoro agile ed il processo da remoto - 5. La situazione carceraria - 6. La questione criminale
1. La crisi sanitaria nelle Marche.
Nel suo girovagare di qualche anno fa nel nostro paese, un paesologo, nel capitolo dedicato alla “lunga agonia delle Marche”, scopriva che “le Marche sono un polso attraversato da tre arterie: la ferrovia, la statale adriatica e l’autostrada. È un ottimo luogo per vedere a che punto è la nostra febbre. La diagnosi è strana, fausta e infausta allo stesso tempo, stiamo guarendo e ci stiamo aggravando. Sembra di stare in un mondo morto, in un mondo che sta trovando la via per liberarsi dei morti che lo hanno dominato. Forse dipende dall’arteria che si tasta”.
Quel metaforico turbamento letterario sembra mutuabile ai nostri tempi, in cui la diffusa percezione di smarrimento da Covid 19 ha colpito l’intera nazione. Per quanto riguarda il vero e proprio contagio, la Regione Marche ed in particolare la provincia di Pesaro ed Urbino è risultata da subito uno dei territori maggiormente infetti. Nella fase di repentina transizione che ha caratterizzato l’approccio al virus, cioè dall’iniziale sottovalutazione del pericolo al sentimento di panico collettivo, nella Marche si è acuito lo scollamento tra iniziative centrali e decisioni regionali, in quanto l’ordinanza del 25 febbraio 2020, con cui il Presidente della Giunta Regionale ha disposto la sospensione di tutte le manifestazioni pubbliche e la chiusura di vari luoghi pubblici, compresi gli istituti scolastici, è stata immediatamente impugnata dal Governo e, quasi contestualmente, sospesa cautelarmente con decisione del locale TAR. Solo alcuni giorni dopo, peraltro, la Provincia di Pesaro Urbino è stata espressamente classificata dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri come una delle “zone rossa” italiane.
Questo indubbio elemento di incertezza ha ulteriormente inciso sul già di per sé caotico affollamento di norme, prescrizioni, obblighi e divieti introdotti dall’alluvionale produzione normativa di fonti tra loro diverse, quali decreto legge, decreti del Presidente del Consiglio, ordinanze regionali, circolari ministeriali, delibere del CSM. Questa normodemia non ha prodotto certezze, ma ha alimentato il caotico cumulo di questioni, in quanto l’accelerazione della crisi ha proiettato tutti in pochi giorni in un altro mondo, rispetto a quello descritto solo un mese prima nelle inaugurazioni dell’anno giudiziario.
Per l’effetto, la differente estensione territoriale nella diffusione del contagio, l’autonoma produzione regionale in materia sanitaria e la necessità di una risposta innovativa ed immediata hanno determinato una risposta organizzativa, diversificata per i singoli distretti giudiziari.
L’obiettivo del dirigente giudiziario nell’emergenza sanitaria è stato quello di conciliare la tutela della salute nei luoghi di lavoro con il dovere di garantire il servizio pubblico. Si è trattato di adottare le migliori soluzioni per mettere in sicurezza i palazzi di giustizia, per la difesa della salute collettiva in modo di evitare che gli edifici divenissero focolai di contagio, e di far utilizzare i dispositivi di protezione individuale, per la tutela dei lavoratori.
Il Ministero ha di fatto delegato le sue funzioni sul campo con l’istituzione nei distretti della “cabina di regia”, composta dal Presidente della Corte d’appello e dal Procuratore Generale, e delegato i “capi” degli uffici giudiziari.
Per consentire un flusso bidirezionale, i vertici amministrativi del Ministero hanno con encomiabile impegno tenuto quasi settimanalmente delle video conferenze con le autorità giudiziali apicali. Iniziativa assolutamente meritoria che ha cercato di riportare ad unità le singole condotte distrettuali, anche se la mancata partecipazione agli incontri, finanche saltuaria, del Ministro o del suo capo gabinetto, ha icasticamente segnalato la mancanza di una precisa direzione di politica in materia organizzativa, non certamente surrogabile dalle occasionali determinazioni amministrative.
2. Dall’emergenza sanitaria alla pandemia endemica
Conoscere le singole differenti realtà è servito per valorizzare e diffondere le buone prassi e far emergere anche le cattive, che spesso servono quanto le prime, se non altro per evitare errori. Soprattutto nel momento in cui inizia il difficile periodo definito della “convivenza col virus”, in cui si deve conciliare una tendenziale normalità del servizio, a far data già dal 12 maggio, a fronte di un’emergenza sanitaria prevista almeno sino al 31 luglio 2020. Inoltre, acquisita ormai la piena consapevolezza degli effetti potenzialmente devastanti della pandemia in atto, si è consci di quanto la crisi sanitaria abbia evidenziato manchevolezze pregresse dell’organizzazione giudiziaria, sia nel suo complesso che nelle sue articolazioni territoriali.
In questo scenario, al dirigente giudiziario si richiede di essere non solo un manager ma anche un leader, munito della capacità di adattamento alla mutevole e cangiante situazione, di adottare soluzioni organizzative flessibili, di saper sopportare lo stress, di essere socialmente responsabile delle proprie decisioni. Insomma, un dirigente in grado di pensare ed agire con senso pratico, in modo razionale e secondo un’ottica progettuale, di promuovere e costruire rapporti relazionali, per un lavoro collettivo.
Al riguardo, si sono rivelati fondamentali sia gli applicativi di messaggistica sia le video conferenze, che hanno consentito un flusso continuo, altrimenti non immaginabile, di notizie, documenti ed opinioni tra i dirigenti degli uffici giudiziari del distretto marchigiano.
La crisi economica cagionata dalla pandemia infierisce sul territorio marchigiano già da tempo sofferente per il calo della produzione industriale in settori tradizionalmente trainanti, quale quello degli elettrodomestici, per la sofferenza del sistema bancario, di cui la vicenda della Banca delle Marche è l’esempio di maggiore risonanza mediatica, e per il sisma del biennio 2016-2017.
Per la tenuta istituzionale di un territorio così fortemente dilaniato è necessario che il sistema giudiziario sia in grado di funzionare, pur nell’incertezza di quali saranno i futuri sviluppi dell’epidemia. Sin d’ora occorre individuare cosa vada abbandonato, nelle risposte inevitabilmente frettolose dettate dall’emergenza, perché frutto di risposte imposte dalla necessità, da ciò che invece va mantenuto, in quanto espressione di soluzioni innovative che hanno sgretolato la granitica burocratica resistenza culturale al cambiamento.
Se un primo filo conduttore emerge dall’esperienza marchigiana, nel periodo di traumatica rottura, è la consapevolezza che dalla crisi non si può uscire con gli strumenti organizzativi a cui ci si era abituati in precedenza. Per questo serva la mobilitazione comune dei magistrati, con il fattivo coinvolgimento della dirigenza amministrativa e del personale, oltre che il dialogo con gli avvocati e l’indispensabile ascolto delle istituzioni sanitarie. In quest’ottica, la generalizzata adozione di protocolli con l’avvocatura per la gestione delle udienze civili e penali, previa acquisizione del parere dell’autorità sanitaria, si è rivelata un metodo indispensabile per favorire la cultura unitaria dei distinti soggetti che partecipano al sistema giudiziario.
3. Misure organizzative giudiziarie per la tutela sanitaria
Sotto il profilo sanitario, la normativa emergenziale ha imposto un’interlocuzione con l’autorità sanitaria regionale, tramite la Presidenza della Giunta. Nel distretto marchigiano il metodo ha sicuramente funzionato, perché in tempi brevissimi si è garantito un interlocutore sanitario per ogni ufficio circondariale. Alle indicazioni e prescrizioni di quest’ultimo i dirigenti hanno fatto quindi riferimento per adottare i necessari provvedimenti.
Tuttavia questo metodo, sicuramente virtuoso ed in piena sintonia con le direttive ministeriali, di concertazione tra l’autorità giudiziaria e quella sanitaria ha dovuto, a volte, fare i conti con difformi valutazioni del RSPP e del medico competente. La decisione finale è stata doverosamente rimessa al dirigente dell’ufficio giudiziario, il quale peraltro, privo di un autonomo potere di spesa, ha inevitabilmente risentito dei vincoli sul punto imposti a livello ministeriale. In argomento un ruolo essenziale, ancorchè ibrido tra il previsionale ed il consultivo, lo può svolgere la Conferenza permanente dei servizi.
Con il trascorrere del tempo e l’esplosione del contagio, si sono compresi in maniera sempre più nitida i profili su cui concentrare l’attenzione, per evitare il pericolo di diffusione del contagio e contestualmente garantire il benessere fisico dei lavoratori: uso dei mezzi di protezione individuale, a cominciare dalle “mascherine”, installazione di strumentazione per la rilevazione della temperatura corporea all’ingresso degli edifici giudiziari, effettuazione dei test su soggetti sintomatici ed asintomatici. Su nessuno di questi aspetti la Regione Marche ha adottato un’autonoma disciplina, diversa da quella nazionale, la quale per suo conto ha risentito di non univoche indicazioni sanitarie.
Ad oggi l’obbligo di indossare le “mascherine”, che inizialmente è stato estremamente limitato negli uffici pubblici in sintonia con la raccomandazioni dell’OMS, è di fatto implicitamente imposto per lo stazionamento negli uffici giudiziari dal DPCM del 26 aprile 2020.
Parimenti non risulta prescritta dalla normativa regionale né da quella ministeriale, anzi da quest’ultima espressamente inibita in difetto di specifica prescrizione sanitaria, l’installazione di un sistema di rilevazione della temperatura all’ingresso di uffici pubblici, per cui la decisione sul punto viene, di fatto, rimessa alle determinazioni dei singoli dirigenti, con ogni consequenziale responsabilità. Decisone da adottare congiuntamente dal Presidente e dal Procuratore della Repubblica, tenuto conto che nel distretto marchigiano, ad eccezione degli uffici di appello, tutti quelli di primo grado coabitano nello stesso spazio. Ciò comporta problemi non semplici in ordine all’individuazione del personale che dovrebbe effettuare tale controllo, all’ingresso degli edifici giudiziari, oltre che sulla disciplina protocollare con cui trattare nell’immediatezza le persone che dovessero risultare positive alla misurazione della temperatura corporea.
Il punto di maggiore delicatezza sembra però costituito dall’effettuazione dei test sui dipendenti dell’amministrazione giudiziaria. In primo luogo, si è preso atto, su esplicita richiesta della cabina di regia, che l’autorità sanitaria regionale non ritiene allo stato i test sierologici pienamente affidabili dal punto di vista scientifico. Quindi nella fase emergenziale i test sono stati, di norma, eseguiti col metodo di prelievo faringeo. Nell’ambito distrettuale, si è ottenuta la possibilità di disporre test su soggetti degli uffici giudiziari, anche asintomatici, ma la concreta tempistica deve tener conto del limitato numero di prelievi ed esami concretamente sostenibili dal sistema sanitario marchigiano, oltre che della doverosa priorità in favore dei soggetti appartenenti alle categorie degli operatori sanitari e delle forze dell’ordine.
Per quel che qui interessa, appare ormai evidente come sia indispensabile l’individuazione tempestiva di eventuali contagi, proprio per evitare che uffici di medio-piccole dimensioni, come quelli marchigiani, possano improvvisamente privarsi del personale, o perché affetti dal virus o per le doverose misure di quarantena che dovrebbero interessare tutti coloro che vengano a contatto con i contagiati. Il che determinerebbe la necessità di ricorrere ad applicazioni distrettuali, di magistrati e personale amministrativo, con tutte le inevitabili problematiche.
4. Il lavoro agile ed il processo da remoto
Nonostante il lavoro agile fosse normativamente previsto con la legge n. 81 del 2017, tale modalità di esecuzione della prestazione lavorativa era di fatto ignota all’amministrazione giudiziaria, prima dell’emergenza sanitaria. L’obbligo di distanziamento nel luogo di lavoro e la necessità di istituire presidi, con poche persone fisicamente presenti in un numero strettamente indispensabile per garantire il funzionamento del servizio, hanno invitato all’adozione di forme agili di lavoro, con postazioni ubicate presso i propri domicili o presso uffici giudiziari, diversi da quello di appartenenza. In generale, a fronte all’imperativo di ridurre al minimo la presenza in ufficio, al dirigente si è posto il dilemma se imporre la fruizione di congedi ordinari, ai magistrati od al personale amministrativo, oppure se mantenere la tendenziale fruizione volontaria del congedo, previa consumazione nel periodo emergenziale di quanto maturato nell’annualità pregressa, e contestualmente garantire la normale funzionalità del servizio, ancorché ridotto per la sospensione processuale dei termini processuali, ricorrendo a forme inedite ed inesplorate della prestazione lavorativa.
Questa seconda opzione, fondamentalmente adottata dagli uffici giudiziari marchigiani, ha progettato forme di lavoro a domicilio, ha sfruttato la possibilità di dialogo dei due cloud computing, teams e one drive, ma si è irrimediabilmente scontrata con alcuni limiti di politica giudiziaria, rappresentati dal divieto di un uso generalizzato della sottoscrizione digitale di atti, con valenza processuale penale, e dall’impossibilità di utilizzare in remoto gran parte degli applicativi ministeriali. Tali mancanze impediscono sia la dematerializzazione del procedimento, sia la possibilità del deposito telematico dell’atto in remoto.
Questi nodi non sembrano superabili localmente senza una decisione nazionale, per cui, se non risolti, appaiono pregiudizievoli per le prossime scelte progettuali. In estrema sintesi, dal 12 maggio potranno forse scomparire i presidi negli uffici giudiziari, ma resta impellente la necessità di articolare in modo diverso l’orario lavorativo e di consentire il lavoro agile.
Per quanto riguarda l’attività squisitamente giudiziaria, oltre alla maggiore flessibilità del lavoro dei magistrati, soprattutto di quelli requirenti che per le funzioni svolte inevitabilmente devono garantire una presenza in ufficio maggiore di quelli giudicanti, la novità più significativa del periodo emergenziale è stato il processo penale c.d. da remoto. Il tema è oggetto di più ampia discussione, non necessariamente interrotto dai ristretti limiti di applicazioni consentiti dal decreto legge n. 28 del 2020, che è entrato in vigore in pratica contestualmente alla legge n. 27, proprio per neutralizzarne gli effetti delle disposizioni introdotti in sede di conversione.
Sul punto, va non solo mantenuto ma ulteriormente valorizzato il metodo concertativo adottato da tutti gli uffici del distretto marchigiano, che hanno adottato dei protocolli di udienza, nei quali è prevista la partecipazione alle udienze civili e penali da remoto. Tali accordi convenzionali sono stati sottoscritti congiuntamente con gli ordini professionali forense, e, nella maggioranza dei casi, anche con gli organismi territoriali delle Camere Penali.
Più che mai i protocolli sono espressione del lodevole intento di ridurre l’evidente gap preesistente tra il Processo Civile Telematico, ormai entrato nella cultura giudiziaria, ed il Processo Penale Telematico, di cui ancora sono non chiare le possibilità e troppo ridotti i margini di concreta applicazione.
Di certo, la crisi pandemica ha in gran parte eliminato eventuali pigrizie nell’uso della tecnologia da parte dei magistrati e ha costituito un momento di sicura evoluzione nella cultura informatica. A ciò deve necessariamente corrispondere un adeguamento della struttura organizzativa da parte dei dirigenti degli uffici giudiziari, in quanto di per sé la telematica non apporta alcun beneficio se non supportata dalla capacità organizzativa di renderla funzionale alla struttura in cui si cala.
5. La situazione carceraria.
I quattro istituti penitenziari del distretto marchigiano soffrono del male nazionale del sovraffollamento del sistema carcerario. In uno di questi sono inoltre stati trasferiti alcuni dei detenuti che nella prima decade di marzo hanno inscenato, in altri luoghi, delle manifestazioni di violenta protesta, conclusesi con la morte di alcune detenuti. Nelle Marche non vi sono stati episodi eclatanti di concessione di benefici a soggetti condannati per reati in materia di criminalità organizzata, per cui il problema è consistito, e tuttora rimane, nella capacità di conciliare gli istituti dell’ordinamento penitenziario con l’esigenza di evitare la trasmissione del contagio all’interno degli istituti.
Grazie ad una fertile collaborazione con il Provveditorato interregionale dell’Amministrazione Penitenziaria si è cercato di affrontare il tema della riduzione della popolazione carceraria, alla luce del semplificato regime della detenzione domiciliare, con particolare riferimento a quei soggetti che, pur in presenza di presupposti, non avessero un domicilio “certo” per fruire del beneficio. Invece quindi di ulteriormente onerare gli uffici requirenti di un’atipica “istanza” officiosa per il conseguimento del beneficio in esame, si è preferito monitorare settimanalmente il numero di istanze private e, contestualmente, proseguire nell’attività di progressivo reinserimento sociale dei soggetti reclusi, privi di dimora.
Non si sono registrate ad oggi particolari forme di protesta da parte della popolazione carceraria, ad eccezione di un caso in cui la protesta ha contestato l’asserito ritardo nella comunicazioni delle decisioni sulle istanze. Anche qui, quindi, la crisi ha acuito quelle difficoltà che già esistevano prima della sua manifestazione, quelle rappresentate, per quanto riguarda il Tribunale di Sorveglianza, dalle gravi carenze nell’organico amministrativo dell’ufficio e nella mancata copertura del posto di Presidente, vacante ormai dal dicembre 2018.
6. La questione criminale
La convivenza coatta imposta dalle misure attuate per il distanziamento sociale ha involontariamente aumentato il rischio di reati in materia di violenza domestica. Per altro verso, la crisi sanitaria ha innescato forme, allo stato non preventivabili nella loro estensione, di reati in materia di salute pubblica ed individuale, di cui le indagini sui centri residenziali per anziani rappresentano un primo fenomeno. La maggiore preoccupazione riguarda tuttavia la possibilità di infiltrazione della criminalità organizzata in una regione che è interessata da un notevole flusso finanziario, sia per i fondi pubblici destinati alla ricostruzione dei territori interessati dal fenomeno sismico del biennio 2016-2017, sia dal sistema di erogazione di finanziamenti, volti ad incentivare la ripresa economica. Quindi, per un verso, l’intento liberistico sulla normativa degli appalti, per favorire le doverose esigenze di garantire presidi sanitari, di ricostruzione post-sismica oltre che di ripresa economica a causa della pandemia, rischia di rappresentare un terreno fertile per la criminalità organizzata, in quelle forme finanziarie e professionistiche criminali, con cui storicamente si sono espresse nei territori diversi da quelli dove le associazioni sono storicamente sorte e radicate.
In quest’ottica, con particolare attenzione alla forma di finanziamento bancario, che si rivolge ad una teorica platea regionale di medio piccole imprese, si sono immediatamente attivati sistema di allerta e tavoli di concertazione con le prefetture, per individuare forme di intervento dell’autorità giudiziaria inquirente, idonee ad accertare immediatamente la possibile esistenza di un uso distorto del finanziamento. La strada appare quella di un effettiva “adeguata verifica” da parte degli operatori bancari nel momento di erogazione del finanziamento e di una rendicontazione della effettiva destinazione delle somme ricevute, in sintonia con le direttive della Banca d’Italia, dell’UIF e dell’ABI.
Una crisi sociale così drammatica come quella cagionata dalla crisi epidemiologica non può non avere devastanti conseguenze sociali, soprattutto per una regione che quest’anno puntava alla sua definitiva consacrazione. Pochi mesi fa, una rinomata guida di viaggio internazionale pronosticava che “dopo decenni in un ruolo un po’ defilato, le Marche sono finalmente pronte a mettersi sotto i riflettori”.
Per gli uffici giudiziari la terribile sfida non è il ritorno alla normalità di prima, con tutti i guasti e le disfunzioni ben note, ma l’adozione di scelte organizzative che, sebbene nate come risposta emergenziale, possano costituire il volano per un servizio qualitativamente all’altezza del gravoso compito di contribuire alla rinascita del paese.
Italia-Germania, unite in un'Europa più solidale solidale e "sovrana". Parola d'ambasciatore!
Intervista di Roberto Conti a Viktor Elbling, Ambasciatore in Italia della Repubblica federale tedesca.
Giustizia Insieme ha cominciato da qualche tempo un viaggio di approfondimento sulla persistente attualità dell’idea di Europa.
Lo ha fatto intervistando non solo personalità del mondo politico e giudiziario- Sul destino dell’Europa (https://www.giustiziainsieme.it/it/le-interviste-di-giustizia-insieme/1059-sul-destino-dell-europa), intervista di M. Dell’Utri a G.Amato, M. Cacciari, V. Dastoli e W. Veltroni - ma anche indagando su cosa sia in atto l’Europa, nel groviglio di competenze a volte poco chiaramente ripartite fra i singoli Stati ed altre accentrate nelle Istituzioni di una Unione europea - E. Arbia, C. Biz, L’Unione europea contro la pandemia di COVID-19: tra solidarietà per gestire l’emergenza sanitaria e adattamento degli strumenti esistenti, alla ricerca di un piano comune di rilancio (https://www.giustiziainsieme.it/it/diritto-dell-emergenza-covid-19/1012-l-unione-europea-contro-la-pandemia-di-covid-19-tra-solidarieta-per-gestire-l-emergenza-sanitaria-e-adattamento-degli-strumenti-esistenti-alla-ricerca-di-un-piano-comune-di-rilancio)- avvertita come lontana e tecnocratica e dunque rimasta per molti un’incompiuta rispetto all’idea originaria che proprio oggi si ricorda con la firma della Dichiarazione Schuman nella Sala dell’orologio del Quai d’Orsay a Parigi.
Insomma, un frutto, quello europeo, non ancora maturato o addirittura precocemente appassito secondo i palati fini dei sostenitori di un ritorno al sano patriottismo identitario come antidoto ai mali, di varia natura e consistenza, prodotti da cessioni di sovranità portatrici unicamente di disastri, per lo più economici.
Uno spaccato composito e frastagliato che la crisi pandemica sembra avere accentuato in relazione alle necessità di alcuni Paesi di avere sostegno ed aiuto maggiori di quelli di altre “regioni” europee colpite in modo meno tragico dall’emergenza sanitaria ed all’atteggiamento apparso a volte burocratico e mercantilista di alcune istituzioni europee chiamate ad intervenire.
Questo il contesto nel quale si inserisce la già notissima decisione della Corte costituzionale tedesca sulle misure di acquisto di titoli di Stato disposte dalla Banca centrale europea che, mettendo in scacco la Corte di Giustizia, sembra far vacillare anche i sostenitori di un’Europa fondata sui diritti delle persone –G. Pitruzzella, Europa e diritti: che fare in attesa del vaccino anti Covid-19?; Un presidente alla Corte edu. Guido Raimondi; M.Cartabia, La Corte costituzionale non si ferma davanti all'emergenza, questo è il tempo della collaborazione tra istituzioni; P.Pinto de Albuquerque, La Corte edu è uno strumento di solidarietà tra i popoli europei- e sulla centralità della persona sovrana, come è stato efficacemente ricordato- Dell’Utri, Sul destino dell’Europa, cit.-
Oggi, accanto ai singoli approfondimenti dedicati dalla Rivista alla sentenza della Corte di Karlsruhe -M. Castellaneta, Bundesverfassungsgericht contro la Corte UE o contro l’Europa? A margine della sentenza della Corte costituzionale- e alla Dichiarazione Schuman - P. V. Dastoli, La dichiarazione Schuman ha settanta anni: è ancora attuale la sua finalità federale? - è venuto naturale pensare alle relazioni tra Italia e Germania, a cosa possa essere per questi due paesi, tanto diversi quanto da sempre complementari, non solo il futuro dell’Europa ma il presente, di uno stare insieme.
L’occasione è stata propiziata dal Prof.Vincenzo Militello, console onorario della Repubblica federale tedesca, al quale Giustizia Insieme è estremamente grata per avere favorito la realizzazione dell’intervista all’Ambasciatore tedesco in Italia, Viktor Elbling.
Tre domande alle quali l’Ambasciatore Elbling ha risposto sfoderando i capisaldi della futura Europa: solidarietà fra i Paesi europei, maggiore "sovranità" dell’Europa e centralità della dignità della persona, in un gioco di bilanciamenti continuo e complesso con tutti gli altri diritti dell’uomo.
Vien da pensare alle parole di Papa Francesco di recente pronunziate, sia pur in contesto diverso, per sottolineare i valori della vicinanza, verità e speranza. Vicinanza nel momento delle necessità che i Paesi dell’Unione possono mostrare nei confronti di quelli che si trovano in situazioni emergenziali, verità circa le difficoltà dell’idea stessa di un’Europa composta di realtà ove serpeggiano forme di nazionalismi “non buone” e speranza che anche dai momenti peggiori i cittadini europei possano avere la capacità e la forza di realizzare i propositi che, a partire dal manifesto di Ventotene, chi credette nell’idea di Europa ancora attende di vedere compiutamente realizzati.
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Ambasciatore Elbling, grazie anzitutto per la disponibilità mostrata nel rispondere alle nostre domande. Il Suo Presidente Steinmeier si è di recente rivolto al popolo italiano evocando ripetutamente un "obbligo di solidarietà" e la centralità dell’Europa per superare l’emergenza. Ci potrebbe dire quali azioni concrete ha svolto il Suo Paese nelle direzioni indicate nelle sedi europee, in cui si sta discutendo sull’alternativa fra prestiti e aiuti solidaristici dell’UE?
I Paesi europei stanno attraversando una situazione drammatica. L’Italia è tra i più colpiti. Nonostante tutte le incognite dovute all’emergenza Covid-19, una cosa è certa: Possiamo uscire solo insieme da questa crisi. Come ha sottolineato il Presidente Steinmeier: La Germania uscirà forte dalla crisi solo se anche i nostri partner europei ne usciranno forti. Per questo, ci vuole una grande solidarietà europea per aiutarci a vicenda. E su questa solidarietà e gli aiuti ai Paesi più colpiti dal virus c’è un consenso assoluto in Europa. Le misure economiche approvate dal Consiglio Europeo il 23 aprile possono aiutare rapidamente a proteggere cittadini, imprese e posti di lavoro nei Paesi colpiti. Aspettiamo la proposta della Commissione sul cosiddetto Recovery Fund destinato a rilanciare l’economia quando la crisi sanitaria sarà superata. Superare la crisi sanitaria e rispondere alle sue conseguenze economiche sarà anche il tema centrale della Presidenza tedesca del Consiglio dell’UE nella seconda metà dell’anno. Lavoreremo insieme ai nostri partner per rinforzare l’integrazione europea anche durante questa crisi.
2. Secondo Lei questa Europa, con pressioni nazionaliste che vanno emergendo in maniera sempre più evidente in vari paesi si salverà e, se sì, con quale tasso di liberismo e con quale "anima" uscirà dalla crisi?
L’Europa per noi è ragione di Stato. Lo ha ribadito la Cancelliera Merkel. Le pressioni nazionaliste esistono in alcuni paesi, ma sono una minoranza. La crisi del Coronavirus ha dimostrato quanto abbiamo bisogno di più Europa. Senza un’Europa forte non sarà possibile difendere i nostri valori ed interessi in un mondo sempre più complesso e multipolare. Le affermazioni dei sovranisti e nazionalisti non offrono alcuna risposta a sfide che vanno ben al di là dei nostri confini e delle singole capacità nazionali, come la pandemia, il cambiamento climatico e la migrazione. Certo, l’Ue non è perfetta e dovremo impegnarci tutti di più per dotare l’Europa di ancora più capacità di agire. Ma non condivido affatto il pessimismo di chi dice che l’Europa non funziona o che possiamo farne a meno. Senza l’Ue, non saremmo in grado di uscire bene dall’emergenza Covid-19, come lo dimostra l’impegno continuo e massiccio della BCE. Con quale spirito l’Ue uscirà dal tunnel del Covid-19, dipende da tutti noi e dalla nostra capacità di offrire e ricevere solidarietà e coesione. Più compattezza europea dimostreremo meglio è. Puntiamo a un’Europa più forte, sovrana e solidale.
3. "Il Presidente del Bundestag Schäuble, in una intervista al Tagesspiegel di qualche giorno fa, ha evocato il rispetto della dignità umana come valore fondante del vostro Paese. Come si concilia con le altre libertà delle persone ristrette anche nel Suo paese?"
Con il suo riferimento al rispetto della dignità umana come cuore della nostra costituzione, il Presidente Schäuble ha voluto indicare che nel contesto dell’emergenza Covid-19 la politica è costretta ad un continuo ponderare tra diritti acquisiti e la necessità di fermare il contagio, senza perdere di vista che ogni misura restrittiva da parte dello Stato deve sempre proteggere la dignità umana. È un dilemma etico non facile da risolvere. Tutti ci troviamo davanti ad una situazione inimmaginabile fino a poco fa e completamente insolita: milioni di persone contagiate, molti di più ancora confinati in casa, contatti fisici ridotti al minimo, interi settori economici in difficoltà. Perciò è un bene, e anche l’essenza della democrazia, che si discuta costantemente sul miglior equilibrio tra restrizioni imposte necessariamente, la protezione della vita e la dignità che va rispettata e protetta sempre.
La Giustizia da remoto: adelante … con juicio – seconda parte
Intervista a Giorgio Costantino e Massimo Orlando di Franco De Stefano
L’applicazione intensiva della tecnologia per le attività da remoto nella gestione delle ordinarie attività processuali incontra più diffidenza e ostilità che favore e apprezzamento.
Giustizia Insieme, consapevole della diversità di approccio da parte degli operatori della Giustizia anche all’interno dell’Avvocatura e della Magistratura, ha messo a confronto sul punto della gestione dell’attività da remoto dell’attività processuale tre professori ed un presidente di tribunale, identificando alcuni temi di discussione.
L’intervista ha suscitato appassionate reazioni e, soprattutto, si è imbattuta nella novità del decreto legge n. 28 del 30 aprile 2020, che è intervenuto pesantemente, in recepimento di un ordine del giorno del Parlamento in sede di conversione del precedente, introducendo una figura di udienza da remoto assai depotenziata.
L’intervista raccoglie, sulle stesse tematiche, ora le risposte del professore Costantino e del presidente Orlando, dopo quelle dei professori Donati e Spangher.
Le domande
1) In linea generale, come giudica l’impiego dei più moderni mezzi tecnologici per l’attività da remoto nella gestione delle ordinarie attività processuali?
2) Quali i suoi rapporti coi diritti fondamentali della persona e poi coi valori fondanti e con le esigenze concrete del processo civile e del processo penale, tenuto conto della vasta diversificazione degli oggetti e di quella conseguente dei riti già solo all’interno dell’uno e dell’altro?
3) Quali sono i rischi maggiori di quell’impiego? Ad esempio, in termini di sospetto o concreto pericolo di manipolazione delle singole attività, anche solo quanto a genuinità e segretezza ovvero tutela della riservatezza?
4) Quali sono i vantaggi maggiori di quell’impiego? Ad esempio, in termini di efficienza e affidabilità della risposta di Giustizia?
5) Come giudica l’impiego finora fatto della tecnologia nella gestione della cosiddetta fase uno dell’emergenza sanitaria?
6) Quali le prospettive dei mezzi offerti dalla tecnologia in tema di prestazioni di attività da remoto come strumenti per disegnare un ordinario nuovo regime anche del processo civile e penale, per la fase della ripartenza e dei nuovi assetti sociali, caratterizzati comunque da una radicale trasformazione dell’esistente?
7) Quali misure pensa sia opportuno sollecitare al Legislatore o al Ministro o al Consiglio Superiore della Magistratura?
Seconda parte – professor Giorgio Costantino e presidente Massimo Orlando
1) In linea generale, come giudica l’impiego dei più moderni mezzi tecnologici per l’attività da remoto nella gestione delle ordinarie attività processuali?
Costantino:
Le sette domande riguardano i rapporti tra l’uso della tecnologia e la trattazione dei processi. Le prime cinque riguardano il passato ed il presente; le ultime due le prospettive future.
Appare possibile, pertanto, fornire risposte unitarie per il primo e per il secondo gruppo.
Il passato ed il presente del processo telematico sono stati illustrati, in questa Rivista, da Pasquale Liccardo (Contributo ad una riflessione sulla tecnologia ai tempi del Covid-19, https://bit.ly/3cYnQGc), al quale appare opportuno rinviare.
La situazione della legislazione dell’emergenza al 1° maggio 2020 è stata descritta, ancora in questa Rivista, da Franco De Stefano (La giustizia dall’animazione sospesa passa in terapia intensiva: altri sviluppi della legislazione d’emergenza nel processo civile).
Gli ultimi sviluppi pongono alcune questioni di diritto intertemporale delle quali appare opportuno dare conto.
L’art. 1, commi 1 e 2, d.l. 8 marzo 2020, n. 11 (in Gazz. Uff. dell’8 marzo 2020, n. 60) ha disposto il rinvio delle «udienze» e la sospensione dei termini processuali dalla data di entrata in vigore del provvedimento al 22 marzo 2020.
L’art. 83, commi 1 e 2, d.l. 17 marzo 2020, n. 18 (in Gazz. Uff. del 17 marzo 2020, n. 70) ha disposto il rinvio delle «udienze» e la sospensione dei termini processuali dal 9 marzo al 15 aprile 2020. Il comma 22 ha abrogato gli artt. 1 e 2 d.l. 8 marzo 2020, n. 11.
Ai sensi dell’art. 36, comma 1, d.l. 8 aprile 2018, n. 23 (in Gazz. Uff. dell’8 aprile 2020, n. 94) «il termine del 15 aprile 2020 previsto dall’articolo 83, commi 1 e 2, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, è prorogato all’11 maggio 2020. Conseguentemente il termine iniziale del periodo previsto dal comma 6 del predetto articolo è fissato al 12 maggio 2020».
L’art. 83, commi 1 e 2, d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito in legge 24 aprile 2020, n. 27 (in Gazz. Uff. del 29 aprile 2020, n. 110, S.O.), tuttavia, prevede ancora il rinvio delle «udienze» e la sospensione dei termini processuali dal 9 marzo al 15 aprile 2020.
L’art. 3 d.l. 30 aprile 2018, n. 28 (in Gazz. Uff. del 30 aprile 2020, n. 111) ha sostituito, nel primo periodo del comma 6 dell’art. d.l. 8 aprile 2018, n. 18, convertito in legge 24 aprile 2020, n. 27, il termine del 16 aprile con quello del 12 maggio e, nel comma 20, il termine del 15 aprile con quello dell’11 maggio. Non è, invece, prevista alcuna modifica dei commi 1 e 2 dello stesso art. 83 per i quali le «udienze» sono rinviate e i termini sono sospesi fino al 15 aprile 2020.
La legge di conversione 24 aprile 2020, n. 27, è successiva al decreto 8 aprile 2018, n. 23, e stabilisce che le «udienze» sono rinviate e i termini sono sospesi dal 9 marzo al 15 aprile 2020. Il decreto 30 aprile 2018, n. 28, ha ribadito soltanto la modifica dell’art. 83, comma 6, d.l. 17 marzo 2020, n. 18, disposta dall’art. 36 d.l. 8 aprile 2018, n. 23.
In sintesi, il 17 marzo è stato indicato il termine finale della prima fase dell’emergenza sanitaria nel 15 aprile 2020. L’8 aprile questo termine è stato prorogato all’11 maggio 2020 e l’inizio della seconda fase è stato indicato nel 12 maggio 2020. Con la legge di conversione del 24 aprile, però, è stato ribadito il termine del 15 aprile 2020. Il decreto «correttivo» del 29 aprile ha modificato il termine iniziale della seconda fase, previsto dal comma 6 dell’art. 83, ma ha ignorato il termine finale della prima fase, indicato nel 15 aprile dal decreto del 17 marzo, prorogato all’11 maggio dal decreto dell’8 aprile e indicato ancora nel 15 aprile dalla legge di conversione del 24 aprile.
La questione di diritto intertemporale consiste nello stabilire se, in base alle regole in tema di successione delle leggi nel tempo, la legge di conversione di un decreto legge modificato da un altro decreto prevalga su quest’ultimo oppure se la modifica del decreto convertito, operata da un successivo decreto, prevalga sulla legge di conversione del primo decreto, pur successiva.
La questione è indubbiamente interessante e merita approfondimento.
Sembra ragionevole dubitare che si sentisse il bisogno di dedicarsi a questo gioco di pazienza nella clausura imposta dall’emergenza sanitaria in atto e sembra invece doveroso che siano chiaramente indicati il termine finale della prima fase, nel corso della quale le «udienze» sono rinviate ed il decorso dei termini è sospeso, e quelli della seconda fase, nel corso della quale la trattazione dei processi è affidata ai capi degli uffici giudiziari.
Pur nell’incertezza dei termini, si può prendere atto che è stata stabilita una prima fase, nella quale le «udienze» sono rinviate e il decorso dei termini processuali è sospeso, ed una seconda fase.
Queste previsioni non si applicano alle controversie espressamente qualificate «urgenti» dall’art. 83, comma 3, d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito in legge 24 aprile 2020, n. 27, ed a quelle dichiarate tali dal giudice.
La trattazione dei processi, nella seconda fase, è affidata a provvedimenti di soft law dei capi degli uffici, ai sensi dei commi 5 ss. dell’art. 83. In questo periodo, le udienze possono essere rinviate, possono essere sostituite dalla trattazione scritta e possono svolgersi da remoto. Il riferimento alle «udienze» può essere esteso alle udienze in camera di consiglio previste nell’ambito dei procedimenti in materia di famiglia e di status delle persone e delle procedure concorsuali.
La diversità di soluzioni accolte nei diversi uffici mina il principio di uguaglianza. La pluralità delle fonti regolatrici dei processi, inoltre, suscita la tentazione di prescinderne e di governare lo svolgimento delle attività processuali in base a scelte affatto discrezionali.
In questo contesto, appare priva di ogni ragionevole giustificazione la previsione di cui all’art. 3, comma 1, lett. c) d.l. 30 aprile 2018, n. 28, che, modificando l’art. 83, comma 7, lett. f, d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito in legge 24 aprile 2020, n. 27, impone la presenza del giudice civile nell’ufficio giudiziario, mentre il successivo art. 4 dello stesso d.l. 30 aprile 2018, n. 28, in riferimento al processo amministrativo, stabilisce che «il luogo da cui si collegano i magistrati, gli avvocati e il personale addetto è considerato udienza a tutti gli effetti di legge». Non vi è alcuna obiettiva ragione per la quale i giudici civili debbano recarsi in ufficio per la trattazione in streaming, mentre i giudici amministrativi possano rimanere a casa. La scelta tra l’una o l’altra soluzione potrebbe dipendere dalla natura della controversia, dalla qualità delle parti; non sembra, invece, possa essere collegata allo status del giudice.
La scelta tra le tre possibilità previste dalla legge ed affidate ai provvedimenti organizzativi dei capi degli uffici ed alle Linee guida dell’organo di autogoverno implica alcune distinzioni.
Ogni generalizzazione, infatti, appare pericolosa: il «sospetto o – il - concreto pericolo di manipolazione delle singole attività» può manifestarsi in relazione ad alcune e non ad altre.
Per quanto riguarda i processi di cognizione in primo grado, ad esempio, appare ragionevole ritenere che le udienze di precisazione delle conclusioni possano essere sostituite dalla trattazione scritta e la medesima soluzione potrebbe essere accolta per la prima udienza di trattazione nel processo ordinario di cognizione, solitamente destinata soltanto alla fissazione dei termini previsti dall’art. 183, comma 6, c.p.c. Analoga soluzione appare praticabile per i processi di appello, nonché per il giudizio di legittimità.
Nella fase dell’emergenza sanitaria, piuttosto che rinviare, e rinviare a tempi lunghi, la definizione delle controversie, le udienze di discussione e le camere di consiglio possono svolgersi da remoto: ai sensi dell’art. 117 disp. att. c.p.c., infatti, «i difensori debbono leggere davanti al collegio le loro conclusioni e possono svolgere sobriamente le ragioni che le sorreggono; «debbono chiedere al presidente la facoltà di parlare, e debbono dirigere la parola soltanto al tribunale». Queste attività e la discussione tra i componenti del collegio, ai sensi dell’art. 276 c.p.c., si prestano ad essere trattate con mezzi tecnologici, senza suscitare particolari problemi. In questo senso, infatti, è il decreto della Presidente della Corte costituzionale (https://bit.ly/3aMPcxH), per il quale, «qualora almeno una delle parti del giudizio ne faccia richiesta, l’udienza pubblica per quel giudizio si svolge con collegamento da remoto».
Il rinvio, che si traduce in un diniego di giustizia, dovrebbe costituire l’estrema scelta residuale, per la quale è ragionevole optare soltanto se le altre non sono praticabili.
Tra la sostituzione delle udienze con la trattazione scritta e lo svolgimento da remoto, invece, appare corretto valutare le specifiche attività previste per l’incontro tra giudice e parti e, comunque, subordinare la scelta alle richieste delle parti.
Già prima dell’emergenza sanitaria in atto e indipendentemente da questa, infatti, ai sensi dell’art. 95, comma 3, l.f. «all’udienza fissata per l’esame dello stato passivo, il giudice delegato, anche in assenza delle parti, decide su ciascuna domanda» e, «in relazione al numero dei creditori e alla entità del passivo, il giudice delegato può stabilire che l’udienza sia svolta in via telematica con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva partecipazione dei creditori, anche utilizzando le strutture informatiche messe a disposizione della procedura da soggetti terzi»; e l’art. 163, comma 2 bis, a sua volta, stabilisce che il tribunale «in relazione al numero dei creditori e alla entità del passivo, può stabilire che l’adunanza sia svolta in via telematica con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva partecipazione dei creditori, anche utilizzando le strutture informatiche messe a disposizione della procedura da soggetti terzi»; in tal caso, ai sensi dell’art. 175, comma 2, l.f., «la discussione sulla proposta del debitore e sulle eventuali proposte concorrenti è disciplinata con decreto, non soggetto a reclamo, reso dal giudice delegato almeno dieci giorni prima dell’adunanza». L’art. 569, comma 4, c.p.c., prevede che, nei processi esecutivi, la gara tra gli offerenti per l’acquisto degli immobili si svolga con modalità telematiche.
L’esperienza indica che il contraddittorio effettivo sulla approvazione dello stato passivo nelle procedure concorsuali ovvero sulla approvazione della proposta di concordato si realizza fuori e prima della udienza, cosicché questa ha una funzione meramente formale di ratifica di decisioni già prese, cosicché non suscita grave scandalo l’ossimoro per il quale, «all’udienza» il giudice decide «in camera di consiglio», «anche in assenza delle parti». La prassi applicativa ha consentito lo sviluppo di significative esperienze sulle vendite telematica asincrone, e sincrone miste.
Altre attività processuali, invece, sembrano richiedere la presenza fisica delle parti o dei difensori.
Basti pensare, ad esempio, alle udienze presidenziali nei processi di separazione e di scioglimento del matrimonio, a quelle nei procedimenti cautelari e, in genere, alle udienze istruttorie: l’interrogatorio del testimone o della parte può richiedere il confronto diretto, anche al fine di evitare che l’interrogato usufruisca di un gobbo, come un presentatore televisivo. Il che non esclude, tuttavia, che in considerazione della natura delle controversia e delle qualità delle parti, queste chiedano espressamente ed il giudice disponga la trattazione da remoto. Altrimenti, appare opportuno che queste attività siano rinviate alla cessazione della emergenza sanitaria, qualora sia possibile avere certezza sui termini.
In ogni caso, appare necessario che la scelta della soluzione sia il frutto del confronto tra le parti ed il giudice, sulla traccia segnata da quanto previsto dagli artt. 190, comma 2, 275, comma 2, e 352, comma 2, c.p.c.
L’Ordine del giorno approvato dalla Camera dei deputati (https://bit.ly/2VMgdgj) in occasione della conversione del decreto legge n. 18, con particolare riferimento ai commi 12 bis ss. dell’art. 83, e i contrastanti documenti della Associazione Nazionale Magistrati (https://bit.ly/3f1lLLs), della Unione Camere Civili e della Unione Camere Penali (https://bit.ly/2yOx8G5) sulla utilizzazione degli strumenti informatici esprimono un disagio che potrebbe essere evitato grazie ad un banale buon senso, che tenga conto delle diverse attività e delle esigenze delle parti, eviti generalizzazioni e non affidi le soluzioni a slogan.
Non può escludersi, infatti, che la legislazione dell’emergenza susciti un vivace contenzioso sulla sua interpretazione, sulle decadenze intervenute, sulla osservanza del diritto di azione e di difesa ovvero sull’effettivo rispetto del principio del contraddittorio e, nei prossimi anni, si sia costretti ad esercizi di tetrapiloctomia, che possono favorire lo sviluppo dell’editoria giuridica, ma non giovano certamente al funzionamento della giustizia.
Il processo migliore, infatti, è quello che non fa parlare di sé, perché gli utenti della giustizia vogliono tutela per i diritti che affermano e non sono interessati a questioni processuali, tanto eleganti quanto astratte, né una contrapposizione tra gli operatori della giustizia appare utile a garantirne il funzionamento.
Orlando:
L’introduzione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione in ambito processuale è stata decisiva per un consistente recupero di efficienza dell’attività giudiziaria da parte, soprattutto, dei Tribunali italiani.
A partire dal 2012 il legislatore ha “gettato il cuore oltre l’ostacolo”, introducendo:
Mi sembra importante evidenziare che, così come oggi, anche nel 2012 l’Italia stava attraversando un difficilissimo periodo di crisi: economica, politica, di credibilità internazionale.
Il Governo, di emergenza nazionale, ha avuto da un lato l’opportunità e dall’altro quasi la necessità di adottare decisioni se non radicali quantomeno fortemente innovative.
Ricordo, limitandomi ovviamente al settore della Giustizia, alla coraggiosissima riforma delle circoscrizioni giudiziarie, che ha soppresso 667 Uffici del Giudice di Pace, 220 sezioni distaccate di Tribunale e 31 Tribunali (e relative Procure della Repubblica).
La profonda crisi in cui si trovava il Paese ha imposto al Governo di vincere le resistenze che per anni avevano bloccato questa riforma, nonostante la sua intrinseca razionalità in termini di contenimento dei costi.
Ma va soprattutto evidenziato che la revisione dell’assetto organizzativo di un grandissimo numero di uffici giudiziari ha consentito anche – e soprattutto - di superare la incredibile frammentazione delle competenze. E con questo termine mi riferisco non solo alla competenza processuale per territorio, ma anche alla competenza specialistica, che è impossibile da conseguire da parte del giudice singolo e solo, addetto ad un Tribunale di piccole dimensioni, ma che secondo i codici di rito deve comunque occuparsi di tutte le materie che in Tribunali più grandi sono assegnate a una pluralità di magistrati.
Sempre nel 2012, per le stesse ragioni di urgenza che imponevano una decisa modernizzazione del Paese, bloccato da veti incrociati e timori di ogni tipo, la gravissima crisi economica ha indotto il Ministro della Giustizia Severino e il Governo nel suo complesso a prevedere l’obbligatorietà del PCT. Un passo obbligato, dopo 12 anni di mere sperimentazioni e di diecine di milioni di Euro spesi, ma non facile da compiere. Sia la magistratura che l’avvocatura che l’amministrazione temevano di non arrivare preparati.
Qual è la lezione che si deve ricavare da queste esperienze (revisione della geografia giudiziaria e PCT)?
Due insegnamenti fondamentali:
Le innovazioni tecnologiche introdotte nel 2012 sono state indotte e quasi imposte dalla strutturale inefficienza della amministrazione.
Si pensi alle notifiche di parte o alle comunicazioni di cancelleria: la carenza di personale (sia nei Tribunali che negli Uffici NEP che nel gestore del servizio postale) provocavano ritardi intollerabili nella esecuzione delle notifiche e, ancor più grave, nella consegna dell’avviso di ricevimento (nelle notifiche a mezzo posta).
Per la stessa ragione, l’obbligatorietà del deposito telematico nel procedimento per ingiunzione ha eliminato una serie di tempi morti che triplicavano il numero di giorni necessari al ricorrente per ottenere il decreto ingiuntivo (iscrizione a ruolo, consegna del fascicolo al Presidente del Tribunale assegnazione alla sezione, designazione del giudice da parte del Presidente della Sezione, ecc.).
Pertanto, alla richiesta di formulare una “valutazione dell’impiego dei più moderni mezzi tecnologici per l’attività da remoto nella gestione delle ordinarie attività processuali” il mio giudizio è più che positivo.
Anche il servizio Giustizia deve modernizzarsi e deve sfruttare tutte le opportunità offerte dalla tecnologia.
L’attuale, gravissima crisi sanitaria, che non si prevede finirà il 30 giugno ma che probabilmente si protrarrà almeno per tutto il 2020, è una opportunità per il sistema Giustizia.
Come è noto Albert Einstein diceva: “La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall'angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. E' nella crisi che sorge l'inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere 'superato'.”
Ogni settore ha le sue specificità, la tecnologia ha la capacità di adattarsi alla realtà in cui essa deve essere applicata, ma a sua volta nessun settore può pretendere di vivere fuori dal tempo.
Purtroppo, il Governo non sembra abbia alcuna intenzione di raccogliere la sfida, approfittando della necessità, imposta dalla crisi epidemiologica, di un radicale cambio di passo.
Anzi, il decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, costituisce un gigantesco passo indietro ai timidi tentativi innovatori contenuti nel DL 18/2020.
Rimandando al paragrafo successivo il tema della udienza penale con lo strumento della videoconferenza, non posso non evidenziare l’assoluta assurdità della disposizione, contenuta nell’art. 3, comma 1, lettera d) del DL 28/2020, che ha introdotto l’obbligo per il giudice, che sceglie di celebrare l’udienza civile da remoto, di essere presente in ufficio.
Una disposizione illogica e discriminatoria, denunciata già prima della sua approvazione da parte del Consiglio dei Ministri, ma invano.
È impossibile spiegare quale valore aggiunto abbia la presenza del giudice nell’ufficio giudiziario, se l’udienza si svolge da remoto.
Non è dato intendere perché i difensori e gli ausiliari del giudice possono partecipare all’udienza dai loro studi professionali e il giudice no.
Si sovraccarica inutilmente la rete Intranet del Ministero.
Si contribuisce ad accrescere i problemi della mobilità urbana, che potrebbero essere evitati.
A fronte dell’obbligo per il giudice civile di celebrare l’udienza da remoto, ma con la sua presenza in ufficio, il legislatore non ha invece previsto nulla di simile per il giudice penale, né per il giudice amministrativo e contabile (per i quali è invece espressamente previsto: “Il luogo da cui si collegano i magistrati, gli avvocati e il personale addetto è considerato udienza a tutti gli effetti di legge”).
2) Quali i suoi rapporti coi diritti fondamentali della persona e poi coi valori fondanti e con le esigenze concrete del processo civile e del processo penale, tenuto conto della vasta diversificazione degli oggetti e di quella conseguente dei riti già solo all’interno dell’uno e dell’altro?
Costantino:
Vedi la risposta complessiva alla domanda 1)
Orlando:
La tecnologia consente di aumentare la competitività del sistema economico e sociale.
È inoltre un fattore di democraticità perché riduce i costi e, quindi, facilita l’accesso alla giustizia.
Si possono fare molteplici esempi che chiariscono questa affermazione che potrebbe sembrare perentoria.
Limitandomi alla più contestata innovazione introdotta nel processo civile e penale dai decreti legge resi necessari dalla crisi epidemiologica che ha imposto il distanziamento sociale, e cioè la udienza in videoconferenza, non possono negarsi i vantaggi della possibilità di trattare “a distanza” almeno una parte del processo.
Le parti, specie se anziani, o disabili o residenti in luoghi lontani da quello in cui si trova la sede del Tribunale, possono partecipare al processo che li riguarda senza perdere intere giornate di lavoro o evitando di esporsi a disagi dovuti allo spostamento fisico.
L’avvocatura, soprattutto l’associazione che rappresenta gli avvocati penalisti, sostiene che i “principi di oralità e immediatezza del processo presuppongono la ineliminabile fisicità della sua celebrazione”.
La Camera penale, nel comunicato del 24 aprile scorso, ha fatto leva su un ordine del giorno approvato dalla Camera dei Deputati che “impegna il Governo a prevedere, nel prossimo provvedimento utile, che il ricorso a strumenti telematici - processo da remoto- così come previsto dal Decreto di cui in premessa – salvo diverso accordo tra le parti, non si applichi alle udienze di discussione e a quelle nelle quali devono essere esaminati testimoni, parti, consulenti o periti”.
Credo che la Camera penale ponga un problema serio, ma che la soluzione proposta sia assolutamente da scongiurare.
In primo luogo, la persona privata della libertà personale (sottoposta a custodia cautelare, arresto, fermo) deve avere la massima tutela. Va evitato ogni rischio di condizionamento, sempre possibile se la forza di polizia che ha eseguito la misura restrittiva continua ad essere a stretto contatto con il “suo” indagato.
Attenzione: non si mette in dubbio la lealtà e correttezza delle forze di polizia nel loro complesso. Ma non si può sottacere che le degenerazioni sono sempre possibili e che il diritto di queste deve occuparsi.
Deve essere altresì tutelato con la maggior decisione ed efficacia possibile il diritto costituzionale di difesa: in particolare, va garantito il dialogo riservato tra difensore e il suo assistito.
Tuttavia, il rimedio proposto dalla Camera penale non è condivisibile. Subordinare l’udienza a distanza al consenso delle parti equivale a rinunciare ad avvalersi delle opportunità offerte dalla tecnologia.
Il processo, sia civile che penale, non è un luogo in cui vi è convergenza di interessi di tutti gli attori.
Normalmente, la contrapposizione non si limita al piano sostanziale (del diritto e della sua negazione) ma si ripercuote anche sulla strategia o sulla tattica processuale.
Ciò comporta che la conduzione del processo deve essere rimessa al giudice, che – sentite tutte le parti – deve poter applicare la regola processuale nel modo che meglio si attaglia al caso concreto.
L’esperienza tedesca è a questo proposito illuminante.
Con la riforma del processo civile del 2001 (entrata in vigore il 1^ gennaio 2002) la Germania ha abrogato le disposizioni che accordavano alle parti il potere di incidere significativamente sullo svolgimento del processo e conseguentemente anche sui suoi tempi e ha, per contro, rafforzato i poteri del giudice (a titolo esemplificativo, il giudice civile tedesco può formulare “avvisi” (Hinweise) alle parti, può segnalare loro le questioni da approfondire, quelle ritenute irrilevanti e le circostanze che devono essere provate).
In altri termini: è necessario che il giudice svolga un’effettiva analisi del caso specifico posto alla sua attenzione (case management) e decidere di conseguenza come condurre il processo.
Tornando alla questione, importantissima, dell’udienza a distanza nei casi di restrizione della libertà personale, è certamente indispensabile che l’indagato non subisca alcun condizionamento psicologico dovuto alla presenza degli operanti che lo hanno arrestato (o fermato o eseguito l’ordinanza di applicazione della misura cautelare) e che abbia la massima libertà di conferire col proprio difensore.
Queste due esigenze però non impongono, contrariamente a quanto ritenuto dalla Camera penale, la “ineliminabile fisicità della celebrazione del processo”.
Al contrario, sono molte le soluzioni ipotizzabili.
Si potrebbe prevedere l’allestimento, in ogni Tribunale, di una o più stanze da dedicare alle udienze a distanza: di esse potrebbero usufruire le persone (destinatarie di misure restrittive della libertà personale ma non in carcere) che risiedono fuori dal circondario del Tribunale in cui opera il giudice competente. Ciò consentirebbe di evitare spostamenti all’indagato e alla scorta.
Analoghi luoghi si potrebbero attrezzare anche negli Uffici del Giudice di Pace.
Si potrebbero poi ampliare i casi per i quali l’art. 146 bis disp. att. cpp già prevede la partecipazione a distanza, che attualmente si applica solo ai processi nei quali è imputato un soggetto che si trova in stato di detenzione per uno dei reati di mafia (art. 51, comma 3bis, cpp), anche se si procede “per reati per i quali la persona sia in libertà”.
Si potrebbero cioè sentire in videoconferenza tutte le persone detenute in carcere, anche se non fanno parte di organizzazioni criminali.
In tutti questi casi, si conseguirebbe un notevolissimo risparmio in termini di risorse umane (forze di polizia, polizia penitenziaria) mediante un investimento iniziale di natura infrastrutturale (aule e impianti di videoconferenza).
È noto che una spesa (anche se non ha natura di spesa corrente ma è un investimento) non può essere finanziata con la riduzione di altri esborsi.
Tuttavia, proprio l’opportunità dovuta alla crisi epidemiologica e la conseguente possibilità di derogare, temporaneamente, alla suprema esigenza di ridurre l’enorme debito pubblico, deve indurre l’Amministrazione della Giustizia a cogliere l’occasione e a elaborare un ambizioso progetto diretto ad ampliare i casi in cui i detenuti o gli arrestati potranno essere sentiti a distanza, con il massimo rispetto per i loro diritti.
Anche in questo caso, però, il DL 28/2020 costituisce la desolante dimostrazione che il Governo non è capace di adottare le decisioni “giuste”, quelle cioè in grado di rispondere efficacemente alle esigenze di contemperare il diritto alla salute con la necessità di assicurare ai cittadini la tutela dei loro diritti.
Il Governo infatti ha sostanzialmente scelto di porre nel nulla la norma (comma 12bis dell’art.83 DL 18/2020) approvata con la legge di conversione del 24 approvata e pubblicata sulla Gazzetta ufficiale il 29 aprile e cioè appena due giorni prima del DL 28/2020.
Con quest’ultimo provvedimento di decretazione d’urgenza, come è noto, è stato previsto l’obbligo del consenso delle parti alla celebrazione dell’udienza penale da remoto, quando essa riguarda “le udienze di discussione finale, in pubblica udienza o in camera di consiglio e … quelle nelle quali devono essere esaminati testimoni, parti, consulenti o periti.”.
Al di là della specificazione, inutile, che la norma si applica alla “udienza di discussione finale, in pubblica udienza o in camera di consiglio” (come se il codice di rito conoscesse un tertium genus che può fare a meno dell’accordo delle parti), in questo modo, praticamente, l’udienza penale rimane percorribile solo per l’udienza di smistamento.
È facile immaginare infatti che l’accordo delle parti non sarà mai prestato, vista la strenua opposizione della Camera penale al comma 12bis.
Ad ogni modo, in questo momento storico è auspicabile che l’udienza di smistamento sia celebrata nella maggior parte dei casi con collegamento da remoto, sia perché è un’udienza nella quale generalmente è fissato un elevato numero di processi (e quindi si evitano pericolosi assembramenti di professionisti) sia perché può essere un primo passo per dimostrare che anche il processo penale può aprirsi alla tecnologia, senza pericolosi attentati al diritto di difesa.
3) Quali sono i rischi maggiori di quell’impiego? Ad esempio, in termini di sospetto o concreto pericolo di manipolazione delle singole attività, anche solo quanto a genuinità e segretezza ovvero tutela della riservatezza?
Costantino:
Vedi la risposta complessiva alla domanda 1)
Orlando:
Questo è un tema molto delicato e che va adeguatamente ponderato.
3.1) Rischi per la privacy
Il garante della Privacy nella nota del 17 aprile scorso, inviata al Ministro della Giustizia, ha già avuto modo di evidenziare che la piattaforma Teams indicata dal Direttore generale della Direzione dei sistemi informativi e automatizzati è di proprietà di un’impresa “stabilita negli Usa e, come tale, soggetta tra l’altro all’applicazione delle norme del Cloud Act (che come noto attribuisce alle autorità statunitensi di contrasto un ampio potere acquisitivo di dati e informazioni)”.
Nel settore civile, il rischio è analogo, perché anche lì vi sono esigenze rilevanti di riservatezza; è sufficiente considerare i procedimenti di separazione e divorzio, le procedure concorsuali, i procedimenti di amministrazione di sostegno, le cause in materia brevettuale, ecc.
Vi è pertanto certamente un problema di riservatezza dei dati personali, giudiziari o sensibili o, anche, di segretezza (quando l’udienza a distanza riguarda un procedimento nella fase delle indagini preliminari).
D’altra parte, va considerato che anche se il Ministero avesse allestito una piattaforma di sua proprietà (e, certamente, era impossibile farlo, nei ristrettissimi tempi concessi dall’emergenza epidemiologica), si sarebbe comunque dovuto avvalere di una impresa privata, in possesso delle necessarie risorse per crearla e, soprattutto, per gestirla e manutenerla.
Quindi, che differenza c’è se la piattaforma è creata sin dall’origine, da un’impresa privata, su specifica commissione del Ministero (con i necessari tempi biblici per la analisi delle esigenze e per la realizzazione della infrastruttura) e se, invece, la piattaforma è “noleggiata” dal Ministero stesso, reperendola sul mercato, ed eventualmente ottenendo dal fornitore le modifiche in grado di soddisfare gli specifici bisogni del settore Giustizia?
In entrambi i casi, la società che fornisce il servizio viene comunque, inevitabilmente, in possesso dei dati personali o giudiziari o sensibili.
Pertanto, occorre chiedersi se non sia più celere e più efficiente che l’Amministrazione della Giustizia, in quanto cliente di un certo “peso”, negozi con il titolare di Teams (o, ovviamente, anche con altri gestori, individuati a seguito di una procedura aperta) le modifiche che dovessero apparire necessarie In questa negoziazione, il Ministero potrebbe anche richiedere l’inserimento, nel contratto di fornitura del servizio, delle garanzie ritenute necessarie (incluse sostanziose penali).
Qualora invece fosse condivisa la soluzione alternativa di allestire specifiche stanze per l’udienza a distanza in tutti i Tribunali e gli Uffici dei Giudici di Pace, il problema di tutela della privacy sarebbe ancor più facilmente risolto.
In questo caso, il Ministero potrebbe avvalersi dell’impresa che già fornisce il servizio di videoconferenza disciplinato dall’art. 146 bis disp. att. cpp, che è stato ritenuto affidabile per i procedimenti di maggiore complessità e delicatezza (quelli che riguardano soggetti appartenenti a organizzazioni mafiose).
3.2 Rischi di manipolazione delle persone che partecipano al processo a distanza:
Mi sembrano ugualmente risolvibili i rischi di manipolazione delle persone che partecipano al processo a distanza.
L’indagato (nel corso del suo esame) o la parte assoggettata all’interrogatorio formale potrebbero, se sentiti a distanza, avvalersi dell’aiuto di qualche “suggeritore”, che potrebbe evitare risposte contra se, con grave alterazione della regolarità del processo.
Inoltre, nei procedimenti di famiglia, il minore sentito a distanza è certamente soggetto all’influenza del genitore con cui egli convive.
Questi rischi possono però essere agevolmente evitati, se si allestiscono le stanze destinate a videoconferenza, in tutti i Tribunali e in tutti gli Uffici dei Giudici di Pace.
Una volta realizzate tali stanze, i soggetti che devono essere sentiti a distanza sarebbero sotto la supervisione del cancelliere (addetto al Tribunale o all’Ufficio del Giudice di Pace) che sarebbe quindi il garante del regolare espletamento dell’atto processuale.
Questa considerazione consente di aprire il varco anche ad un’altra possibilità.
Mi riferisco alla possibilità di assumere a distanza anche i testi.
Il decreto legge 18/2020 esclude, per il settore civile, la possibilità di sentire i testi.
Questa limitazione è venuta meno per il processo penale, ma solo se devono essere sentiti “ufficiali o agenti di polizia giudiziaria” (art. 83, comma 12 bis, del DL 18/2020, introdotto con la legge di conversione).
La ratio di queste limitazioni è evidente e va rinvenuta nel timore del legislatore che una prova generalmente fondamentale del processo possa essere inquinata.
Ma se – una volta superata l’emergenza sanitaria e venuti quindi meno i pericoli di contagio derivanti dalla compresenza di più persone in un unico ambiente - si prevede che l’udienza a distanza sia sempre svolta in un ufficio giudiziario, alla presenza di un cancelliere, questi timori verrebbero automaticamente meno.
4) Quali sono i vantaggi maggiori di quell’impiego? Ad esempio, in termini di efficienza e affidabilità della risposta di Giustizia?
Costantino:
Vedi la risposta complessiva alla domanda 1)
Orlando:
L’esperienza COVID-19 ha dimostrato l’importanza della informatizzazione.
Negli uffici nei quali era diffuso il ricorso al PCT, anche da parte dei giudici, l’attività giudiziaria ha subito un minore rallentamento rispetto a quelli abituati a stampare gli atti depositati telematicamente, per metterli a disposizione del magistrato sul tradizionale supporto cartaceo.
Analogamente, gli uffici di Procura che - già prima dell’emergenza - avevano generalizzato l’obbligo di trasmettere tramite l’apposito Portale le notizie di reato e i seguiti investigativi, hanno potuto senza alcuna difficoltà conseguire una sensibile riduzione dell’afflusso di esponenti delle forze di polizia.
Con specifico riferimento alla udienza a distanza, ho già detto che i vantaggi per l’intero sistema economico sono enormi, perché consente di evitare spostamenti di parti, difensori, testimoni, ausiliari del giudice, forze di polizia.
Al di là del risparmio in termini di esborsi (per viaggio, pernottamento, vitto, tassa di soggiorno, carburante, manutenzione dei veicoli, ecc.), un ulteriore vantaggio è costituito dal fatto che l’udienza a distanza consente al soggetto, richiesto di svolgere una qualsiasi attività processuale, di dedicarvi il tempo strettamente necessario (ad esempio: per il giuramento, per la deposizione, per l’esame, ecc.).
Ciò consente una sensibilissima riduzione del costo del processo, non solo per la singola parte (che deve sostenere le spese) ma anche per il sistema economico, che potrà beneficiare della produttività del soggetto coinvolto nel processo.
È poi facile prevedere che se il teste (sia nel civile che nel penale) ha la possibilità di rendere testimonianza recandosi nell’ufficio giudiziario più vicino, si ridurranno i numerosi casi (di vero e proprio malcostume) di mancata comparizione dei testimoni.
Il recentissimo DL 28/2020 contiene una disposizione che va certamente nella direzione della informatizzazione.
I commi 12-quater.1 e 12-quater.2, introdotti dall’art. 3, comma 1, lettera f), del DL 28/2020, infatti., prevedono la possibilità per difensori e ufficiali e agenti di polizia giudiziaria di depositare telematicamente i loro atti.
Si tratta di una sorta di “anticipazione” del processo penale telematico, che va certamente salutata con favore.
La norma solleva alcune questioni tecniche, che probabilmente saranno risolte con il provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati, in particolare per quanto riguarda le modalità di conservazione degli atti digitali depositati telematicamente, che costituiscono l’atto originale (in deroga alla regola generale della forma scritta, prevista dall’art. 110 cpp).
Ma gli interrogativi che la disposizione suscita hanno portata in senso lato politica.
Ho già detto che la norma comporta una anticipazione del processo penale telematico o, meglio, della parte cartacea del processo penale la cui attività, come è noto, è costituita in gran parte non dagli atti e provvedimenti scritti, ma dall’udienza.
Ciò posto, non è dato intendere perché il legislatore ha inteso limitare la opportunità di depositare telematicamente solo gli atti destinati ad essere presentati nell’ufficio della Procura della Repubblica e non anche quelli indirizzati agli uffici giudicanti.
La illogicità di questa disposizione è evidente. I Tribunali e le Corti di appello registrano certamente un flusso di difensori ben più elevato di quello che accede in Procura, non fosse altro per il fatto che il processo normalmente si dipana in più udienze (e, quindi, deve ritirare copia dei relativi verbali). Inoltre, il difensore ha necessità di acquisire copia del fascicolo per il dibattimento e del provvedimento conclusivo. Infine, deve depositare l’atto di impugnazione.
In conclusione: se il legislatore ha – in modo del tutto condivisibile - ritenuto possibile consentire, in questa fase di crisi sanitaria, il deposito telematico degli atti anche in assenza di una specifica struttura informatica realizzata ad hoc (come è quella del Processo civile telematico), non vi è motivo per non estendere questa opportunità a tutti gli uffici, di merito e di legittimità, giudicanti e requirenti (e quindi Ufficio del Giudice di Pace, Tribunale, Corte di appello, Procura della Repubblica, Procura Generale, Corte di Cassazione, Procura Generale presso la Cassazione), e in tutti i settori (non solo penale, ma anche civile: è noto infatti che l’Ufficio del Giudice di Pace non è ancora dotato del PCT).
5) Come giudica l’impiego finora fatto della tecnologia nella gestione della cosiddetta fase uno dell’emergenza sanitaria?
Costantino:
Vedi la risposta complessiva alla domanda 1)
Orlando:
Tranne sporadici casi, non mi sembra che ci siano state numerose occasioni per “sperimentare” l’udienza a distanza così come delineata dal DL 18/2020.
Nel settore civile, ciò è praticamente precluso dalla pressochè generalizzata sospensione dei processi non urgenti.
Nel settore penale il Tribunale di Livorno ha svolto alcune udienze in videoconferenza, quando il processo riguardava soggetti detenuti in carcere.
Per l’eventualità di dover celebrare udienze con persone fermate o in custodia cautelare ma non detenute in carcere, sono state allestite tre sale (due in altrettanti Uffici del Giudice di Pace aventi sede nel circondario e l’altra nel palazzo di giustizia adibito a sede del Tribunale civile).
In ciascuna di esse è stato installato un Personal computer portatile sul quale è stata installata la piattaforma Teams.
6) Quali le prospettive dei mezzi offerti dalla tecnologia in tema di prestazioni di attività da remoto come strumenti per disegnare un ordinario nuovo regime anche del processo civile e penale, per la fase della ripartenza e dei nuovi assetti sociali, caratterizzati comunque da una radicale trasformazione dell’esistente?
7) Quali misure pensa sia opportuno sollecitare al Legislatore o al Ministro o al Consiglio Superiore della Magistratura?
Costantino:
Sembra ragionevole dubitare che l’emergenza sanitaria in atto sia l’occasione «per disegnare un ordinario nuovo regime anche del processo».
Il rischio che si può paventare, piuttosto, è che l’emergenza in atto sviluppi ancora la frenesia legislativa e costringa ad ulteriori e più pesanti puzzles, come quelli già imposti dai provvedimenti emessi.
Sarebbe, invece, necessaria una preliminare opera di pulizia della disciplina processuale, per eliminare le contraddizioni e le incrostazioni, determinate dalla frenesia legislativa.
Nel testo del codice convivono norme che rispondono a diverse rationes, cosicché una attività impegnativa, che assorbe tempo ed energie, consiste nel tentare di risolvere le numerose questioni di coordinamento.
Si tratta di un obiettivo ambizioso, che non trova sponda nelle istituzioni e che costringe interpreti ed operatori ad impiegare le proprie risorse per comporre le tessere di un mosaico lacerato.
Questo impegnativo lavoro implica che ad esso siano dedicate professionalità e presuppone un committente, che, allo stato, non solo manca ma, anzi, probabilmente, ne contrasta il perseguimento. Il pasticcio realizzato sui termini relativi alla prima ed alla seconda fase dell’emergenza sanitaria in atto induce ad astenersi da ogni sollecitazione alla adozione di interventi legislativi.
Ciò allontana la speranza di sfuggire al girone infernale degli esercizi di tetrapiloctomia per cercare di capire, ad esempio, se l’art. 147 c.p.c. sull’orario delle notificazioni si applichi anche a quelle eseguite per posta elettronica certificata, come si possa realizzare il contraddittorio sulla questione di competenza rilevata d’ufficio dal giudice, se questo è stato individuato dall’attore e il convenuto è decaduto dalla relativa eccezione, se l’ordinanza sulla competenza debba essere preceduta dallo scambio delle comparse conclusionali e delle repliche o dalla discussione della causa, come sia possibile che l’impugnazione sia dichiarata inammissibile fuori dei casi di inammissibilità, ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c.; se il processo debba essere «riproposto» o «riassunto» innanzi al giudice fornito di giurisdizione, ai sensi degli artt. 59 l. 18 giugno 2009, n. 69, 11 c.p.a. o 17 c.p.cont.; se il giudizio di merito debba essere «instaurato» o «riassunto» ai sensi dell’art. 616 c.p.c.; o quale sia il giudice competente per l’esecuzione del sequestro presso terzi, in base alle confliggenti indicazioni di cui agli artt. 26 bis e 678 c.p.c.; ovvero quando come e perché possa essere liberato l’immobile oggetto dell’esecuzione ai sensi degli artt. 560 c.p.c., 52 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, e 53 quater d.l. 17 marzo 2020, n. 18; ovvero ancora quando la dichiarazione di inammissibilità di una domanda tardiva di ammissione del credito nelle procedure concorsuali possa essere contestata con l’opposizione e quando con il reclamo al collegio, ai sensi dell’art. 208, comma 3, c.c.i., o come sia possibile la «chiusura» del fallimento o della liquidazione giudiziale, nel caso oggi previsto dall’art. 118 l.f. e domani dall’art. 234 c.c.i., se il giudice delegato, il curatore ed il comitato dei creditori continuano a svolgere le loro funzioni e se restano aperti il fascicolo ed il conto della procedura.
Questi e consimili giochi di pazienza giovano allo sviluppo dell’editoria giuridica e del turismo processuale, ma sono un incubo al superamento del quale potrebbe essere offerta una speranza.
Sebbene sia auspicabile che il superamento dell’emergenza non sia l’occasione per proporne di nuovi e che la normativa concitatamente emessa in questo periodo non costringa, invece, a dipanarne le contraddizioni, occorre tenersi comunque pronti a discutere sulla decorrenza e sugli effetti della sospensione dei termini processuali e sulle effettiva osservanza del principio del contraddittorio nella fase dell’emergenza sanitaria in atto, nonché, con rassegnazione, alla lettura ed alla applicazione delle eventuali escogitazioni dirette ad una palingenesi dell’esistente.
Orlando:
Quanto alla prima delle due domande (quali prospettive dei mezzi offerti dalla tecnologia in tema di prestazioni di attività da remoto come strumenti per disegnare un ordinario nuovo regime anche del processo civile e penale, per la fase della ripartenza e dei nuovi assetti sociali, caratterizzati comunque da una radicale trasformazione dell’esistente), ritengo di aver risposto alla domanda relativa ai “rapporti coi diritti fondamentali della persona e poi coi valori fondanti e con le esigenze concrete del processo civile e del processo penale”.
Aggiungo che la tecnologia non deve sostituire le persone, che rimarranno sempre centrali nella vicenda processuale.
Ma è rispettoso della dignità delle persone obbligarle a spostamenti lunghi e costosi per un adempimento processuale di pochi minuti? Penso alla udienza di smistamento nel processo penale.
Più articolato il quadro delle misure da sollecitare.
Come ho già detto, questa fase di emergenza deve costituire l’occasione per assumere decisioni che, in condizioni normali, la politica non è in grado di prendere.
Schematicamente, riporto un elenco di interventi (legislativi, amministrativi e di normazione consiliare) che secondo me darebbero un contributo decisivo a modernizzare la giustizia e a rendere omogenee le prassi, superando quelle più antiquate.
A) Legislatore
Il legislatore dovrebbe adottare le seguenti decisioni:
B) Ministero
Premetto che sono perfettamente consapevole dell’impegno profuso dalla Direzione generale per i sistemi informativi e automatizzati del Ministero per la realizzazione di un rilevantissimo numero di progetti di innovazione ed informatizzazione. Mi rendo quindi conto che alcune delle proposte che seguono sono già all’attenzione della Dgsia.
Altre proposte, invece, potrebbero essere valutate dagli organi ministeriali competenti.
Tanto premesso, si potrebbe considerare la possibilità di:
C) Consiglio superiore della Magistratura
Infine, il Consiglio superiore della Magistratura potrebbe farsi promotore, nel Tavolo paritetico tra VII Commissione e Ministero, delle esigenze di innovazione degli uffici giudiziari, anche monitorando i tempi di attuazione delle disposizioni legislative.
Qualche notazione conclusiva
L’esperienza della pandemia, che sta sconvolgendo consolidati stili di vita e la stessa concezione di rapporti interpersonali, ha inevitabilmente investito anche il mondo del Diritto e quindi la Giustizia.
Nei primi si è scoperto un ruolo assolutamente nuovo delle potenzialità offerte dalla tecnologia e soprattutto dalle capacità di mantenere le interconnessioni tra gli individui, sia pure all’ovvio prezzo della smaterializzazione dei contatti: dal biasimo e dalla riprovazione, dai timori di alienazione o di manipolazione dell’opinione del pubblico indifferenziato di una massa potenzialmente indeterminata di fruitori si è passati alla riscoperta della capacità di stabilire invece efficienti contatti e relazioni nonostante le difficoltà di una fisica contiguità.
Si ha certo piena consapevolezza della peculiarità delle esigenze della Giustizia e dei valori da essa coinvolti, ma appunto pure della sterminata e variegata diversità dei fatti che essa deve trattare e degli affari che di giorno in giorno richiedono una risposta giurisdizionale: un autentico “multiverso”, caratterizzato da innumerevoli sottosistemi e microsistemi, che, significativamente, hanno nel tempo dato luogo ad una pluralità di riti e ad una molteplicità assai differenziata di situazioni tipo.
Ci si deve allora chiedere se ed in qual modo, affrontando quali rischi o resistenze, con ogni opportuna cautela ed un’adeguata flessibilità, i mezzi offerti dalla tecnologia in tema di prestazioni di attività da remoto possono contribuire non solo a far fronte alle esigenze immediate dell’emergenza, ma anche a disegnare un nuovo assetto, un ordinario nuovo regime anche del processo civile e penale, per la fase della ripartenza e dei nuovi assetti sociali, che saranno caratterizzati comunque da una radicale trasformazione dell’esistente.
E la domanda di fondo, quindi, si risolve in un interrogativo: può il carattere personale delle attività richieste in ogni contesto e quindi anche nella Giustizia ai suoi protagonisti (parti e loro difensori, giudici, loro ausiliari e personale giudiziario) necessariamente e sempre identificarsi soltanto con la loro estrinsecazione in presenza? Personalità equivale sempre e comunque, nel processo, a fisicità? E perché in ogni momento del processo? E di un processo, come quello italico, dove praticamente si pensa ad un processo per ogni cosa?
Il decreto-legge n. 28, recependo acriticamente ed indifferenziatamente le veementi critiche di una parte dell’Avvocatura e di parte della Magistratura, ma facendo seguito ad un ordine del giorno del Parlamento (tipologia di atti delle Camere che raramente ha avuto applicazione così peculiare ed immediata, viene da dire …) votato in un concitato passaggio della conversione del decreto c.d. Cura Italia, è un pericoloso salto all’indietro; e può essere un'occasione perduta per evitare un incongruo depotenziamento di uno strumento che, se ben gestito e semmai adattato alle diversificate esigenze dei riti e della variegata struttura del multi verso processuale civile e penale, sarebbe stato una risorsa preziosa sicuramente nell’emergenza, ma pure, in una riprogettazione complessiva di tutta la nostra realtà, a regime, nel regime che verrà e che dobbiamo inventare tutti di bel nuovo.
LA ‹‹ REMOTA›› CASSAZIONE CIVILE
di Antonio Scarpa
Il decreto legge 30 aprile 2020, n. 28, ha nuovamente modificato l’art. 83 del decreto legge n. 18 del 2020, appena convertito in legge. Bisogna ora comprendere se lo “svolgimento delle udienze civili” innanzi alla Corte di cassazione, o anche soltanto l’assunzione delle “deliberazioni collegiali in camera di consiglio”, possano avvenire mediante collegamenti da remoto.
Il giorno stesso in cui entrava in vigore la legge 24 aprile 2020, n. 27, che, con voto di fiducia, aveva convertito, modificandolo in parte, il decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, è stato emanato il decreto legge 30 aprile 2020, n. 28, che ha di nuovo notevolmente modificato, per quel che qui interessa, l’art. 83 del medesimo decreto legge n. 18 del 2020, appena rimodellato e approvato dal Parlamento.
Nella limitata prospettiva dei procedimenti civili dinanzi alla Corte di cassazione, le novità del decreto legge n. 28 del 2020 consistono in via immediata:
a) nella modifica della lettera f del comma settimo dell’art. 83 che, fra le misure che i capi degli uffici giudiziari possono adottare per il periodo successivo all’11 maggio 2020, consente “la previsione dello svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle parti e dagli ausiliari del giudice … mediante collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia”, disponendosi ora innovativamente che «lo svolgimento dell’udienza deve in ogni caso avvenire con la presenza del giudice nell'ufficio giudiziario;
b) nella sostituzione, ovunque ricorressero nell’articolo 83, delle parole «30 giugno 2020» con le parole «31 luglio 2020».
Resta nel tessuto dell’art. 83, come già riscritto dal Parlamento, sempre ai fini specifici dei procedimenti civili innanzi alla Corte di cassazione, il comma 11-bis, che dà facoltà agli avvocati, ora sino al 31 luglio 2020, di depositare gli atti e i documenti in modalità telematica.
La misura organizzativa di cui alla lettera h del comma 7 non riguarda collegamenti da remoto per lo svolgimento delle udienze civili e per l’adozione delle relative deliberazioni.
Resta, del pari, vigente la previsione generale, sempre aggiunta in sede di conversione in legge, del comma 12-quinquies. Questa previsione ha alcuni elementi testuali che ne determinano l’ambito di applicabilità: uno cronologico, in quanto opera per legge “dal 9 marzo 2020 al 31 luglio 2020”; uno tipologico, in quanto opera “nei procedimenti civili e penali non sospesi” (“v. sopra, comma 3”, chiarivano i dossier contenenti le schede di lettura predisposte dal sevizio studi del Senato e della Camera dei deputati ai fini dell’esame del d.l.); uno effettuale, in quanto riferita non “allo svolgimento delle udienze” tout court, ma soltanto alle “deliberazioni collegiali in camera di consiglio”, che possono essere assunte mediante collegamenti da remoto, considerandosi “camera di consiglio” il luogo da cui si collegano i magistrati. E’ pure importante evidenziare come le modalità di assunzione delle deliberazioni collegiali mediante collegamento da remoto non rientrano affatto tra le possibili misure organizzative che possono essere adottate dai capi degli uffici giudiziari, le quali sono elencate nel comma 7, ma sono state volute direttamente dalla legge, volgendosi, come sembra proprio di capire da una prima lettura, a quei casi elencati nel comma 3, casi nei quali non hanno operato le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 sul rinvio d’ufficio delle udienze e sulla sospensione dei termini. I procedimenti civili e penali “urgenti”, perciò non rinviati e senza termini sospesi sin dal 9 marzo in poi, hanno visto riconoscersi dal comma 12-quinquies una modalità di assunzione della deliberazione collegiale da remoto (per i procedimenti penali, con la precisazione che ciò vale solo se anche l’udienza si sia svolta in collegamento da remoto), e ciò fino (ora) al 31 luglio 2020, e quindi anche oltre la durata del periodo della sospensione, nella probabile prefigurazione che una o alcune delle misure organizzative adottate dal capo dell’ufficio giudiziario, o che altre misure emergenziali, possano comunque limitare la presenza di uno o più dei giudici del collegio alla camera di consiglio tenuta presso l’ufficio giudiziario.
Le modalità di “deliberazione” del comma 12-quinquies sono, peraltro, espressamente richiamate dal comma 12-ter “per la decisione sui ricorsi proposti per la trattazione a norma degli articoli 127 e 614 del codice di procedura penale”. Il d.l. n. 28/2020 ha modificato il comma 12- quinquies per precisare che “nei procedimenti penali, le disposizioni di cui al presente comma non si applicano alle deliberazioni conseguenti alle udienze di discussione finale, in pubblica udienza o in camera di consiglio, svolte senza il ricorso a collegamento da remoto”.
L’interprete deve ora decidere se il vigente, scritto e riscritto, art. 83 preveda in via immediata che lo “svolgimento delle udienze civili” innanzi alla Corte di cassazione, o anche soltanto l’assunzione delle “deliberazioni collegiali in camera di consiglio”, possano avvenire mediante collegamenti da remoto, senza la presenza necessaria del giudice nell'ufficio giudiziario, ovvero considerando “camera di consiglio” il luogo da cui si collegano i magistrati. Così come è espressamente ammesso, per dire, dagli artt. 84 e 85 del medesimo testo di legge per la giustizia amministrativa e la giustizia contabile.
La lettera f del comma settimo dell’art. 83 sembra precludere in ogni caso lo svolgimento delle udienze pubbliche mediante collegamenti da remoto, in quanto esse richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle parti e dagli ausiliari del giudice.
Le adunanze di cui ai riti previsti agli artt. 380-bis e 380-bis.1 c.p.c., giacché “non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle parti e dagli ausiliari del giudice” (anzi, non prevedono nemmeno l’intervento del pubblico ministero e delle parti …), non precluderebbero lo svolgimento mediante collegamento da remoto, ma il decreto legge 30 aprile 2020, n. 28, dispone in proposito, come lex generalis per lo “svolgimento delle udienze civili”, che il collegamento da remoto avvenga in ogni caso con la presenza del giudice nell'ufficio giudiziario. Sicché collegato da remoto, nelle adunanze camerali codicistiche di legittimità, finirebbe per non esserci più nessuno.
Potrebbe invece pensarsi che le adunanze di cui ai riti previsti agli artt. 380-bis e 380-bis.1 c.p.c. possano svolgersi mediante collegamento da remoto, senza la presenza del giudice nell'ufficio giudiziario (e, dunque, in deroga, per ipotetica specialità, rispetto alla urgente riscrittura fatta della lettera f del comma settimo), ampliando come un elastico magico il comma 12-quinquies. Questa norma potrebbe farsi funzionare dal 12 maggio 2020 anche per i procedimenti civili che erano rimasti sospesi dal 9 marzo all’11 maggio, intendendo che le adunanze codicistiche del giudizio civile di cassazione (delle quali pure abbiamo difeso la conformità agli artt. 24 e 111 Cost. ed all’art. 6 CEDU, qualificandole procedimenti che comunque garantiscono, mediante trattazione scritta, il nucleo indefettibile del diritto di difesa) si riducano a niente più che mere “deliberazioni collegiali in camera di consiglio”.
Sembra tuttavia preferibile, anche per rispetto delle esigenze di organizzazione della Corte di cassazione, confidare in una maggiore chiarezza nel testo di conversione del decreto legge 30 aprile 2020, n. 28. Pazienza se dovrà nuovamente modificarsi l’art. 83: sappiamo che nulla c’è di immutabile, tranne che l’esigenza di cambiare.
Il processo civile tra la legge di conversione n.27/2020 del d.l. 18 del 2020 ed il d.l. n. 28 del 30 aprile 2020.(Aggiornamento)
La giustizia dall’animazione sospesa passa in terapia intensiva: altri sviluppi della legislazione d’emergenza nel processo civile (note a prima lettura alla legge di conversione del d.l. n. 18 del 2020, con premessa relativa al d.l. n. 28 del 30 aprile).
di Franco De Stefano
Sommario: Premessa. 1. La proroga secca. - 2. Le modifiche in sede di conversione del d.l. n. 18 (Cura Italia). - 3. Novità di ordine generale. - 4. Le modifiche alla fase uno. - 5. Le modifiche alla fase due. - 6. Specificità per i giudizi di cassazione. - 7. Epilogo. - 8. Postilla: il testo vigente.
Premessa.
Non si fa più in tempo a commentare un decreto-legge e poi la sua legge di conversione, che subito ce n’è un altro, a cambiare, spesso in corsa e improvvisamente, le carte in tavola. L’uragano non attenua la sua forza devastatrice, evidentemente …
Pubblicata il 29 aprile la legge di conversione del d.l. 18, già il 30, cioè il giorno dopo, è pubblicato un altro decreto legge: che, per sommi capi e per quel che riguarda il processo civile, proroga di un mese la cosiddetta fase due (estendendola al 31 luglio 2020 e saldandola con il periodo di sospensione feriale, salvo sorprese) e, con alcune rifiniture formali della definizione dei procedimenti esclusi dalla sospensione, soprattutto impone che le udienze, anche se da remoto, avvengano sempre con la presenza in ufficio del giudice, introducendo un remoto temperato che è sostanzialmente un remoto inutile o un ossimoro di remoto ovvero una contradictio in adiecto, vanificando in poche parole le enormi potenzialità positive degli strumenti tecnologici per la funzionalità e l’efficienza della Giustizia in un momento per di più così delicato anche per le difficoltà operative e concrete delle Cancellerie.
1. La proroga secca.
In materia di Giustizia, già posta in stato di animazione sospesa, intervengono almeno tre norme di notevole impatto.
Va prima di tutto segnalato che l’art. 36 del d.l. 8 aprile 2020, n. 23 (Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali), prevede, al suo comma 1, che il termine del 15 aprile 2020 previsto dall’articolo 83, commi 1 e 2, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 è prorogato all’11 maggio 2020; e si premura di soggiungere che, di conseguenza, il termine iniziale del periodo previsto dal comma 6 del predetto articolo è fissato al 12 maggio 2020.
L’articolo estende la sua applicazione, coi consueti limiti di compatibilità, ai procedimenti di cui ai commi 20 e 21 dell’articolo 83 del decreto-legge n. 18 del 2020; i quali, nel testo originario, precedente cioè la modifica di cui alla legge di conversione, sono: i procedimenti di mediazione ai sensi del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, i procedimenti di negoziazione assistita ai sensi del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, tutti i procedimenti di risoluzione stragiudiziale delle controversie regolati dalle disposizioni vigenti, i procedimenti relativi alle commissioni tributarie e alla magistratura militare.
La proroga al giorno 11 maggio non si applica ai procedimenti penali in cui i termini di cui all’articolo 304 del codice di procedura penale scadono nei sei mesi successivi all’11 maggio 2020 e quindi fino all’11 novembre 2020; e non si applica neppure nel processo amministrativo, se non per i termini per la notificazione dei ricorsi, fermo restando quanto previsto dall’articolo 54, comma 3, del relativo codice.
Al contrario, la proroga del termine di cui al comma 1, primo periodo, si applica altresì a tutte le “funzioni e attività della Corte dei conti”, come elencate nell’art. 85 del d.l. 17 marzo 2020, n. 18.
Rimane quindi la distinzione in due fasi, la prima di sospensione generalizzata ed ampia con eccezioni e che impatta in modo deciso sulla funzionalità della giustizia, la seconda di regime articolato intermedio verso una ripresa che si presume – o, più verosimilmente, si auspica – complessiva o definitiva: ma si interviene solo sulla fase uno, che è aumentata fino a quasi due mesi, senza modificare – per ora – il termine finale anche della fase due (al 30 giugno, data sempre più prossima) e quindi riducendo in modo corrispondente la fase due, dell’organizzazione duttile e flessibile, anche territorialmente differenziata, che in origine era articolata su due mesi e mezzo ed ora si limita a poco meno di due, cioè un tempo inferiore a quello dell’emergenza acuta.
In definitiva, si tratta di una scelta probabilmente imposta dall’andamento dell’epidemia, ma ancora una volta inopportunamente indifferenziata, che cristallizza la situazione delle prime ore, dalla quale potrebbe forse adesso trarsi ogni utile spunto per superare il rischio di un immobilismo mortale, comprensibile ed in parte giustificabile solamente nei primi momenti di sbandamento e di priorità, nell’emergenza acuta, dell’imperiosa esigenza di prevenire l’impennata dei contagi e di organizzare la linea del Piave per la ripartenza dell’offensiva alla malattia e soprattutto della società nel suo complesso.
Altre quattro settimane di piena paralisi sono molte, moltissime; oltretutto, la comprensibile rigidità della fase uno impedisce l’adozione, fin d’ora, di strumenti agili e flessibili come quelli previsti dai commi sei e sette, esclusivo appannaggio della fase due, salva l’impervia strada della dichiarazione di urgenza ope iudicis e, beninteso, ferma la trattazione dei procedimenti definiti tali per legge o, auspicabilmente, nei casi dubbi a tale categoria ricondotti da provvedimento ricognitivo del giudice.
Lo stato di animazione sospesa (quasi un coma farmacologico) in cui era stata collocata la Giustizia col d.l. 18 si trova quindi protratto, come una terapia, dall’art. 36 del d.l. 23; ma, al tempo stesso, qualche intervento per limitare gli effetti nefasti che possono temersi dalla protrazione di questo stato di cose si tenta con le modifiche arrecate in sede di conversione del primo: come se, insomma, almeno si volesse trasferire il paziente in terapia intensiva, una volta che questo possa ancora dare segni vitali e potenzialità di ripresa o, almeno, per non rendere quest’ultima ancora più complicata o non lasciare postumi invalidanti permanenti irreversibili.
La situazione è resa più articolata dalla proroga secca anche della fase due, come accennato in premessa: del resto, il mese di luglio in piena normalità cominciava ad apparire una chimera già ai primi di aprile, quando era stata introdotta la proroga secca alla fase uno. Questo rende più importante e delicato il ruolo dei singoli Capi degli Uffici, coordinati dai Capi di Corte, che potrebbero valorizzare al massimo le potenzialità operative delle norme in tema di flessibilità del processo, quand’anche depotenziate inopinatamente con altre e contrastanti previsioni assunte sotto spinte e considerazioni emotive: salvo che, in sede di conversione, non si riesca a far comprendere che le enormi possibilità offerte dalle moderne tecnologie vanno colte e valorizzate e che comunque tutti gli strumenti, se del caso pure in via interpretativa, offerti dalla legislazione emergenziale possono essere, beninteso all’imprescindibile preliminare condizione della sicurezza minimale dei lavoratori e degli operatori tutti coinvolti, rivolte alla riattivazione per quanto possibile del servizio Giustizia.
2. La legge di conversione del d.l. 18/20 (Cura Italia).
All’esito della modifica arrecata al Senato (il 9 aprile 2020), il testo finale della legge di conversione del d.l. n. 18 del 2020 è stato varato dalla Camera dei Deputati il 24 aprile ed è divenuto la legge n. 27, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 29 aprile.
L’art. 83 del d.l. n. 18 del 2020 ne risulta trasformato in una norma ancora più complessa di almeno trentaquattro commi; completa l’opera il successivo d.l. 28/20, che lo arricchisce di ulteriori disposizioni, soprattutto relative al processo penale.
La disciplina diventa molto frastagliata proprio in ordine all’individuazione delle fasce temporali di applicazione, che vengono pure talvolta differenziate all’interno della tendenziale bipartizione nella fase uno (fino al giorno 11 maggio) e due (fino al 30 giugno, termine poi prorogato al 31 luglio).
Per quanto riguarda il civile e il processo in generale dell’art. 83 d.l. 18/2020 sono stati modificati:
- il comma 3, con l’affinamento dell’elenco dei procedimenti esclusi dalla sospensione nella fase uno;
- il comma 7, con la precisazione delle udienze civili in cui sarà possibile, nella fase due, la modalità da remoto, ma pure con l’estensione di queste alle attività di tutti gli ausiliari di tutti i giudici;
- il comma 20, quanto alla sospensione dei procedimenti di mediazione o risoluzione stragiudiziale delle controversie.
Sempre per il processo civile o in generale sono state:
- previste modalità di deposito telematico di atti nei procedimenti civili in Cassazione;
- abilitate le celebrazioni da remoto delle camere di consiglio, ma nella sola fase due e per i soli procedimenti non sospesi;
- previste modalità di svolgimento da remoto a determinate condizioni degli incontri di mediazione;
- introdotte nuove modalità di conferimento delle procure in ogni procedimento civile, con previsione di un termine finale pericolosamente incerta o mobile.
Non è questa la sede per occuparsi specificamente di modifiche ad altre disposizioni complementari, come l’art. 103 (formalmente dedicato ai procedimenti amministrativi, ma che, con disposizione assolutamente incongrua per la sedes materiae proclamata nella rubrica, potrebbe finire con l’estendersi ai procedimenti esecutivi e concorsuali fino al 15/04/2020, oltre che, secondo quanto già previsto dall’originario comma 6, alle procedure di rilascio fino al 01/09/2020) o l’art. 54-ter (sulla sospensione delle procedure esecutive sulle prime case, definite con una dizione curiosamente atecnica e foriera di disorientamenti interpretativi di cui in questa fase davvero non si sentiva il bisogno). Basti allora un cenno al fatto che il primo prevede (al co. 1-bis) una sospensione, curiosamente limitata però al solo 15 aprile 2020, in materia di procedimenti amministrativi, per i “termini relativi ai processi esecutivi e alle procedure concorsuali, nonché ai termini di notificazione dei processi verbali, di esecuzione del pagamento in misura ridotta, di svolgimento di attività difensiva e per la presentazione di ricorsi giurisdizionali” (nonostante questi procedimenti nulla abbiano in comune con i procedimenti amministrativi, come insegna la dottrina processuale da almeno settant’anni); ma si interviene pure sui procedimenti amministrativi per il recupero di somme dovute in materia di lavoro e legislazione sociale, con una ancora più curiosa modulazione del relativo periodo di sospensione, dal 23 febbraio al 31 maggio 2020, estesa anche al relativo termine prescrizionale.
3. Novità di ordine generale.
Incide su norme generali del processo, non solo civile, la liberalizzazione dello svolgimento da remoto di tutte le attività di tutti gli ausiliari del giudice (e, attesi i richiami delle rispettive discipline, anche di quelli dei magistrati), alla condizione generale della salvaguardia del contraddittorio e dell’effettiva partecipazione delle parti: si tratta della lettera h-bis del co. 7: pertanto, è disposizione studiata e dettata per la fase due (12 maggio – 30 giugno, poi 31 luglio, 2020) ed anche stavolta tutto è rimesso al provvedimento del capo dell’ufficio giudiziario. Al riguardo, è auspicabile un indirizzo unitario coordinato a livello nazionale dal CSM in sede di adozione delle linee guida, ma comunque a livello distrettuale dal presidente della Corte d’appello. L’ampiezza della lettera della legge dovrebbe consentire una auspicabile corrispondente ampiezza del ricorso a tali modalità, nel rispetto del principio di libertà delle forme e dei soli due obiettivi appena visti come riconosciuti meritevoli di garanzia. Pertanto, in applicazione di principi generali del processo civile, nessuna eventuale nullità derivante dalla violazione delle relative norme, primarie, secondarie o subsecondarie, potrà essere dichiarata ove l’atto abbia comunque raggiunto il suo scopo ed il diritto di difesa della parte non sia stato in concreto pregiudicato.
Incide invece su norme generali del processo, stavolta soltanto civile, la previsione del nuovo comma 20-ter, la cui durata è ancorata ad una data futura ed incerta quale la “cessazione delle misure di distanziamento previste dalla legislazione emergenziale in materia di prevenzione dal contagio COVID-19”: in forza di tale disposizione, nei procedimenti civili la sottoscrizione della procura alle liti può essere apposta dalla parte anche su un documento analogico trasmesso al difensore, anche in copia informatica per immagine, unitamente a copia di un documento di identità in corso di validità, anche a mezzo strumenti di comunicazione elettronica. In tal caso, l’avvocato certifica l’autografia mediante la sola apposizione della propria firma digitale sulla copia informatica della procura. La procura si considera apposta in calce, ai sensi dell’articolo 83 del codice di procedura civile, se è congiunta all’atto cui si riferisce mediante gli strumenti informatici individuati con decreto del Ministero della giustizia. Si tratta di norma che, quindi, per potere concretamente operare necessita di un atto di normazione secondaria peculiare, quale appunto il decreto ministeriale; ma ogni relativa irregolarità (tra cui l’adozione con modalità in parte difformi, se non forse anche l’applicazione di simili modalità prima della formale pronuncia del Ministro), tranne il solo caso delle procure speciali previste per peculiari giudizi (come quello di legittimità), deve potersi sanare ai sensi dell’art. 182 c.p.c., configurandosi al riguardo una potestà del giudice (e, quindi, un suo autentico potere-dovere in tal senso).
Per un periodo diverso ed estraneo alla modulazione della tempistica finora esaminata, siccome individuato tra il 16 aprile ed il 31 maggio 2020, è poi la riduzione a modalità da remoto, fatta salva una diversa ed evidentemente specifica disposizione del giudice (sicché, in mancanza di positivo intervento di questi, si dovrebbe applicare la previsione di cui appresso), degli incontri tra genitori e figli in in spazio neutro, ovvero alla presenza di operatori del Servizio Socio assistenziale, disposti con provvedimento giudiziale. Unica condizione è che siano permesse le comunicazioni audio e video tra il genitore, i figli e l’operatore specializzato, secondo le modalità che saranno individuate dal responsabile del Servizio Socio assistenziale e comunicate al giudice procedente; ma con la clausola di salvaguardia che, mancando un diverso provvedimento di questi, ove non sia possibile assicurare il collegamento da remoto gli incontri sono sospesi; e, nella dinamica dei difficili rapporti tra genitori e figli, un mese e mezzo può essere un periodo intollerabilmente lungo, sicché è auspicabile una particolare attenzione da parte del giudice, che potrebbe pur sempre, informato delle difficoltà tecniche, disporre diversamente e – beninteso – nel rispetto delle esigenze sanitarie.
La peculiarità del giudizio di legittimità specificamente introdotta per rendere trattabili i procedimenti civili dinanzi alla Corte di cassazione merita un cenno a parte, su cui v. infra.
Lo svolgimento in modalità da remoto è esteso poi – dal co. 20-bis – ai procedimenti di mediazione: a condizione del consenso di tutte le parti, questa è una facoltà generale nel periodo dal 9 marzo al 30 giugno 2020, ma si prevede pure (in modo probabilmente non del tutto congruente con la limitazione della previsione al periodo emergenziale) che in tempi successivi, sempre previo quel consenso, gli incontri possano aver luogo in via telematica, ai sensi dell’art. 3, co. 4, d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, mediante sistemi di videoconferenza; e si precisa che, in caso di procedura telematica, l’avvocato, che sottoscrive con firma digitale, potrà dichiarare autografa la sottoscrizione del proprio cliente collegato da remoto ed apposta in calce al verbale ed all’accordo di conciliazione. Il verbale relativo al procedimento di mediazione svoltosi in modalità telematica sarà sottoscritto dal mediatore e dagli avvocati delle parti con firma digitale ai fini dell’esecutività dell’accordo prevista dall’art. 12 d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28.
Con una generalizzazione opportuna (al co. 21), infine, la disciplina dell’intero art. 83, tra cui la suddivisione in due fasi del periodo di crisi, è estesa (oltre che alla giustizia tributaria e militare) anche ai procedimenti di competenza delle giurisdizioni speciali, anche se non contemplate direttamente od esplicitamente dal decreto legge, come pure agli arbitrati rituali, con il consueto limite generale della compatibilità.
4. Le modifiche alla fase uno.
Limitata alla fase uno, di indifferenziata sospensione di termini (salve le sole eccezioni previste), è una serie di precisazioni.
La prima riguarda i procedimenti di competenza del tribunale per i minorenni in cui è urgente ed indifferibile la tutela di diritti fondamentali della persona: si tratta di dizione volutamente ampia, idonea a garantire una discrezionalità opportuna in un settore dove una generalizzazione ex ante è spesso impropria ed inopportuna; piuttosto, è arduo il contemperamento con l’ultima parte della stessa lettera a) del co. 3, che già prevedeva l’esenzione dalla sospensione dei procedimenti in cui la ritardata trattazione avrebbe potuto produrre un grave pregiudizio alle parti, visto che la valutazione del giudice è indispensabile in entrambi i casi. A non volere ritenere che proprio in materia minorile le parti godano di una tutela minore, si può concludere che le due forme di esenzione, entrambe ope iudicis e quindi abbisognevoli di un provvedimento positivo del giudice (propriamente ricognitivo nel primo caso e costitutivo nel secondo), concorrano, ma non si escludano.
La seconda riguarda l’introduzione delle cause relative alla tutela dei minori: una categoria ambiguamente definita, visto che, tecnicamente, le tutele sono organizzate soprattutto su procedimenti di volontaria giurisdizione, che “cause” non potrebbero definirsi; agli interpreti l’arduo compito di valutare se la dizione possa estendersi ad ogni affare relativo alla tutela dei minori (come potrebbe intuirsi per la delicatezza dell’oggetto e la sua incidenza probabile su esigenze di vita primarie di soggetti particolarmente vulnerabili), o limitarsi alle sole cause, cioè quelle iscritte a registro contenzioso civile.
La terza concerne la limitazione dell’esenzione dalla sospensione delle cause relative ad alimenti od obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, parentela, matrimonio od affinità ai soli casi in cui vi sia pregiudizio per la tutela di bisogni essenziali. Valgono considerazioni analoghe a quelle appena svolte per la precisazione in tema di urgenza ed indifferibilità della tutela dei diritti fondamentali della persona nei procedimenti di competenza del tribunale per i minorenni: con la conseguenza che particolare attenzione andrà dedicata dal giudice alla valutazione della ricorrenza dei presupposti della seconda oppure dell’ultima delle ipotesi del primo periodo della lett. a) del comma 3; tuttavia, non dissimilmente che per la precedente, un richiamo indifferenziato o generico all’una o all’altra (anche con formula di congiunzione e, in alternativa, di aggiunta) dovrebbe fondare a sufficienza la determinazione del giudice competente di trattare l’affare.
La quarta riguarda i particolari procedimenti elettorali di cui agli artt. 22 a 24 del d.lgs. 1° settembre 2011, n. 150, intrinsecamente urgenti per l’indifferibilità delle decisioni in materia, soprattutto per il caso in cui le competizioni elettorali cui si riferiscono siano state tenute egualmente nonostante l’emergenza sanitaria.
La quinta comporta la risistemazione dell’ordine di esposizione, posponendo la previsione di chiusura degli affari urgenti ope iudicis alle controversie elettorali, che, probabilmente, soprattutto nel presente periodo di differimento anche dei relativi appuntamenti, potrebbero non rivestire un’incidenza statistica rilevante.
Ancora, il co. 12-quinquies regolamenta le modalità di deliberazione da remoto dei provvedimenti collegiali nei procedimenti civili e penali non sospesi: alla lettera, quindi, poiché di sospensione si parla esclusivamente per la cosiddetta fase uno (mentre per la fase due rimane una ampia gamma di provvedimenti rimessi all’iniziativa dei capi degli uffici, tra i quali non si fa mai menzione della sospensione), la disciplina può applicarsi in via diretta ed immediata esclusivamente a quelli ed a quegli altri, che ordinariamente non sono sospesi, nella fase due. In particolare, dal 9 marzo 2020 al 30 giugno – ora 31 luglio – 2020, nei procedimenti civili e penali non sospesi, le deliberazioni collegiali in camera dì consiglio possono essere assunte mediante collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia. Il luogo da cui si collegano i magistrati è considerato camera di consiglio a tutti gli effetti di legge. Nei soli procedimenti penali, dopo la deliberazione, il presidente del collegio o il componente del collegio da lui delegato sottoscrive il dispositivo della sentenza o l’ordinanza e il provvedimento è depositato in cancelleria ai fini dell’inserimento nel fascicolo il prima possibile e, in ogni caso, immediatamente dopo la cessazione dell’emergenza sanitaria. Nei procedimenti civili, per i quali nulla è previsto in modo esplicito dalla legge, le modalità di deposito degli elaborati restano affidate al provvedimento del singolo capo dell’ufficio, se intervenuto ai sensi del co. 7, oppure, in mancanza, dal giudice (o, in caso di collegio, dal suo presidente) che vi provvede.
5. Le modifiche alla fase due.
Nonostante l’evidente opportunità di una generalizzazione di tali precisazioni, tale disciplina (del co. 12-quinquies) è espressamente limitata anche temporalmente, dal 9 marzo al 30 giugno – ora 31 luglio – 2020, benché dall’11 maggio non vi siano più procedimenti sospesi; ma può ritenersi codificazione esplicita di principi della materia, quale quello dell’equiparazione alla camera di consiglio “in presenza” del luogo o dei luoghi da cui si collegano i magistrati dell’organo collegiale, nonché quello del deposito quanto prima dell’originale in cancelleria, oppure quello della delegabilità delle relative funzioni del presidente del collegio.
Pertanto, nulla esclude l’applicazione di analoga modalità di trattazione da remoto, purché però tanto sia reso oggetto di provvedimento ad hoc del capo dell’ufficio ai sensi della lett. f) del medesimo co. 7, adottato nel rispetto delle regole procedurali del comma 6 (vale a dire previa consultazione dell’autorità sanitaria regionale, sentito il Consiglio dell’ordine degli avvocati e comunque d’intesa col Presidente della Corte d’appello o il Procuratore generale della Repubblica presso la medesima, con la sola eccezione di Corte di cassazione e Procura generale presso quest’ultima).
Con simile provvedimento il capo dell’ufficio sarà quindi ancora in facoltà di determinare le modalità di trattazione non solo delle udienze, ma pure delle adunanze (in Cassazione, anche se non partecipate) e delle relative camere di consiglio da remoto: a tale conclusione (di indifferenziato riferimento alle attività comunque espletate dal giudice nello sviluppo del procedimento come regolato davanti a lui) potendo giungersi ora anche sulla base di due nuovi argomenti testuali: in primo luogo, l’esplicita estensione – alla lett. f) – a tutte le udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti e dagli ausiliari del giudice, anche se finalizzate all’assunzione di informazioni presso la pubblica amministrazione; in secondo luogo, l’inserimento della lett. h-bis (anch’essa appunto relativa alla sola fase due), con la previsione dello svolgimento dell’attività da remoto di tutti gli ausiliari del giudice, fatti salvi il contraddittorio e l’effettiva partecipazione delle parti (per cui, tra l’altro, nulla che presupponga l’esame fisico od obiettivo di cose o persone dovrebbe potersi ricondurre a tale facoltà: non certamente una visita medica sulla persona, ad esempio, o – verosimilmente – un’ispezione di luoghi).
La conclusione che si ricava è che tutte le attività funzionali alla giurisdizione civile, diverse da quelle che esigono la presenza fisica delle parti di persona e – con la previsione del d.l. n. 28/20 – ferma la incongruamente necessaria presenza del giudice nell’ufficio giudiziario in udienza, sono sostituibili, se non altro finché dura l’emergenza, con le modalità da remoto e, deve ritenersi, a condizione dell’equipollenza del contatto così istituito con quello normalmente esistente nel processo civile, di cui può comunque – e in linea di principio – garantirsi oralità, concentrazione ed immediatezza anche tra persone distanti ma adeguatamente collegate.
L’imposizione, per le udienze, della necessaria presenza del giudice, oltre a depotenziare incongruamente le modalità da remoto, implica scelte organizzative complesse e comunque una attenta logistica di supporto anche per la sicurezza di tutti gli operatori coinvolti.
6. Specificità per i giudizi di cassazione.
Preliminarmente, può notarsi che, quanto alla firma dei provvedimenti civili della Corte suprema di cassazione, opportunamente il Primo Presidente della Corte di cassazione ha disposto, con suo decreto n. 40 del 18-19 marzo 2020, che, in caso di residenza del presidente o del relatore fuori Roma, possa configurarsi uno degli impedimenti per i quali l’ultima parte dell’ultimo comma dell’art. 132 cod. proc. civ. prevede la possibilità della sottoscrizione da parte del consigliere più anziano. Tale norma, conformemente alle prime valutazioni anche di altri commentatori ed in virtù di un’interpretazione estensiva, necessitata dall’eccezionalità della situazione e della probabilità della diffusione dell’impedimento dovuta alla dimensione nazionale dell’ufficio ed alla dislocazione dei suoi magistrati su tutto il territorio italiano, deve ritenersi applicabile a scalare in caso di impedimento anche del componente del collegio più anziano dopo il presidente, fino a raggiungere ed investire del potere di firma il più anziano dei componenti del collegio che non sia impedito.
Soltanto un cenno poi, per il grande impatto pratico che potrebbe avere per consentire la ripresa decisa delle attività della Cassazione civile ed anzi per costituire un’occasione di superamento di un anacronistico ritardo nell’applicazione delle innovazioni tecnologiche nell’ufficio di vertice della magistratura italiana, può essere qui fatto al co. 11-bis, per il quale, nei procedimenti civili innanzi alla Corte di Cassazione, ma – allo stato – sino al 30 giugno 2020, il deposito degli atti e dei documenti da parte degli avvocati può avvenire in modalità telematica nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici.
Si precisa che condizione per l’attivazione del servizio è un provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia, di constatazione dell’installazione e dell’idoneità delle attrezzature informatiche, unitamente alla funzionalità dei servizi di comunicazione dei documenti informatici. Va di pari passo l’abilitazione dei difensori delle parti al pagamento del contributo unificato di cui all’art. 14 d.P.R. 30 maggio. 2002, n. 115 (e dell’anticipazione forfettaria di cui all’art. 30 del medesimo decreto), dovuto per il deposito telematico degli atti dì costituzione in giudizio presso la Corte di Cassazione, mediante sistemi telematici di pagamento anche tramite la piattaforma tecnologica di cui all’articolo 5, comma 2, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.
La sperimentazione pare avviata proprio in queste ore.
E proprio in queste ore è stato pubblicato sul sito istituzionale della Corte un protocollo di intesa tra la Corte di cassazione, il Consiglio Nazionale Forense e la Procura Generale presso la Corte per la trattazione delle adunanze camerali civili (e delle udienze ex art. 611 c.p.p.), dichiarato immediatamente efficace e valido fino al 30/06/2020 e del quale il CNF si impegna a dare ampia pubblicità, in base al quale:
1. il provvedimento di fissazione dell’adunanza o dell’udienza camerale conterrà l’invito ai difensori a trasmettere, ove nella loro disponibilità e secondo le forme di cui agli articoli seguenti del protocollo, entro sette giorni dal ricevimento della comunicazione stessa, copia informatica - in formato pdf - degli atti processuali del giudizio di cassazione, sia civili che penali, già in precedenza depositati nelle forme ordinarie previste dalla legge (per il civile: ricorso, controricorso, nota di deposito ex art. 372, comma 2, c.p.c., provvedimento impugnato); con espresso avvertimento che nel caso in cui non pervengano nel detto termine in cancelleria tali copie, la trattazione della causa, già fissata, potrà essere rinviata a nuovo ruolo ove il collegio non sia in condizione di decidere nella camera di consiglio da remoto;
2.1. il difensore provvederà a trasmettere gli atti richiesti, dei quali abbia la disponibilità, mediante invio dal proprio indirizzo di posta elettronica certificata risultante dal RE.G.IND.E., congiuntamente:
a. agli indirizzi di posta elettronica certificata delle cancellerie della Corte di cassazione e delle segreterie della Procura Generale, che saranno previamente comunicati al Consiglio Nazionale Forense ed adeguatamente pubblicizzati sui rispettivi siti internet dei soggetti che sottoscrivono il presente protocollo,
b. all’indirizzo di posta elettronica certificata dei difensori delle altre parti processuali risultante dai pubblici registri di cui all’art. 16.ter del d.l. n. 179 del 2012 e successive modificazioni;
2.2. l’invio dovrà essere fatto separatamente per ciascuno dei ricorsi per i quali si è ricevuto l’avviso di fissazione dell’udienza ed il messaggio dovrà contenere la chiara indicazione nell’oggetto del numero del ruolo generale, della sezione, civile o penale, della data dell’udienza o adunanza secondo il format che verrà previamente comunicato ed adeguatamente pubblicizzato;
2.3 l’adesione all’invito di cui al presente protocollo implica, in capo ai difensori, l’impegno a trasmettere copie informatiche di contenuto uguale agli originali o alle copie già presenti nel fascicolo cartaceo;
2.4 con analoghe modalità di cui ai punti 2.1. e 2.2. potranno essere trasmesse le memorie ai sensi degli artt. 380-bis, 380-bis 1 e 380-ter c.p.c.;
2.5 resta fermo quanto previsto dai decreti del Primo Presidente della Corte di cassazione innanzi richiamati, quanto alla trasmissione delle memorie e dei motivi aggiunti nei procedimenti civili e penali;
2.6 ciascuna delle parti processuali ha facoltà di trasmettere tutti gli atti del processo, ivi compresi quelli depositati dalle altre parti;
3. la trasmissione degli atti indicati nell’art. 1 dovrà avvenire entro e non oltre il settimo giorno successivo alla ricezione dell’avviso di fissazione dell’udienza o adunanza camerale. Nel caso in cui non pervengano nel detto termine in cancelleria le copie informatiche di tutti gli atti rilevanti, la trattazione della causa, già fissata, potrà essere rinviata a nuovo ruolo ove il collegio non sia in condizione di decidere nella camera di consiglio da remoto, per avere già acquisito le copie di atti e documenti;
4.1. la Procura Generale provvederà a trasmettere agli indirizzi di posta elettronica certificata delle cancellerie della Corte di cassazione ed agli indirizzi di posta elettronica certificata dei difensori di cui al punto 2.1, copia informatica degli atti processuali del giudizio di cassazione, sia civili che penali, già in precedenza depositati nelle forme ordinarie previste dalla legge;
4.2. con le stesse modalità potranno essere trasmesse le conclusioni scritte ai sensi degli artt. 380-bis.1 e 380-ter c.p.c., nonché le richieste e le memorie di cui all’art. 611 c.p.p.;
5. La Camera di Consiglio sarà svolta secondo le modalità indicate nei decreti del Primo Presidente nn. 44 del 23 marzo e 47 del 31 marzo 2020;
5.2. per quanto attiene il deposito delle note di cui al punto 2.5, sarà onere delle cancellerie provvedere all’inserimento nei fascicoli cartacei, ai fini della loro completezza;
6. la trasmissione della copia informatica dell’originale cartaceo non sostituisce il deposito nelle forme previste dai codici di rito, civile e penale, né determina rimessione in termini per le eventuali decadenze già maturate.
7. Epilogo.
Qualcosa, insomma, si muove. La Giustizia, colpita al cuore anch’essa da una sciagura senza precedenti e paralizzata per la fase acuta dell’emergenza, può ambire ad essere spostata dall’animazione sospesa prima alla terapia intensiva e poi in corsia, perché vuole dare il suo contributo al Paese; questi provvedimenti, nel complesso, offrono agli operatori qualche strumento per agire in questa direzione: e, impregiudicate beninteso le priorità sanitarie e la sicurezza minima di tutti i lavoratori ed i soggetti coinvolti nelle attività giurisdizionali, starà a loro, nell’ampio ventaglio di possibilità comunque offerto o ricavabile da una normativa comunque complessa, applicarli al meglio delle loro possibilità.
Perché un Paese non può sopravvivere senza cibo, ma non può restare a lungo senza Giustizia. Perché, insieme e se lo si vuole davvero, ce la si può fare.
8. Postilla: il testo vigente.
Pare utile, in questa stratificazione che ricorda la costruzione di tanti strati sulla città di Troia scoperti da Schliemann, riportare quello che dovrebbe risultare il testo vigente dell’art. 83 del d.l. 18 del 2020:
ART. 83
(Nuove misure urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti in materia di giustizia civile, penale, tributaria e militare)
1. Dal 9 marzo 2020 al 11 maggio 2020 le udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari sono rinviate d’ufficio a data successiva al 15 aprile 2020.
2. Dal 9 marzo 2020 al 11 maggio 2020 è sospeso il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali. Si intendono pertanto sospesi, per la stessa durata, i termini stabiliti per la fase delle indagini preliminari, per l’adozione di provvedimenti giudiziari e per il deposito della loro motivazione, per la proposizione degli atti introduttivi del giudizio e dei procedimenti esecutivi, per le impugnazioni e, in genere, tutti i termini procedurali. Ove il decorso del termine abbia inizio durante il periodo di sospensione, l’inizio stesso è differito alla fine di detto periodo. Quando il termine è computato a ritroso e ricade in tutto o in parte nel periodo di sospensione, è differita l’udienza o l’attività da cui decorre il termine in modo da consentirne il rispetto. Si intendono altresì sospesi, per la stessa durata indicata nel primo periodo, i termini per la notifica del ricorso in primo grado innanzi alle Commissioni tributarie e il termine di cui all’articolo 17-bis, comma 2 del decreto legislativo 31 dicembre 1992 n. 546.
3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non operano nei seguenti casi:
a) cause di competenza del tribunale per i minorenni relative alle dichiarazioni di adottabilità, ai minori stranieri non accompagnati e ai minori allontanati dalla famiglia quando dal ritardo può derivare un grave pregiudizio e, in genere, procedimenti in cui è urgente e indifferibile la tutela di diritti fondamentali della persona; cause relative alla tutela dei minori, ad alimenti o ad obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di matrimonio o di affinità nei soli casi in cui vi sia pregiudizio per la tutela di bisogni essenziali; procedimenti cautelari aventi ad oggetto la tutela di diritti fondamentali della persona; procedimenti per l’adozione di provvedimenti in materia di tutela, di amministrazione di sostegno, di interdizione, di inabilitazione nei soli casi in cui viene dedotta una motivata situazione di indifferibilità incompatibile anche con l’adozione di provvedimenti provvisori e sempre che l’esame diretto della persona del beneficiario, dell’interdicendo e dell’inabilitando non risulti incompatibile con le sue condizioni di età e salute; procedimenti di cui all’articolo 35 della legge 23 dicembre 1978, n. 833; procedimenti di cui all’articolo 12 della legge 22 maggio 1978, n. 194; procedimenti per l’adozione di ordini di protezione contro gli abusi familiari; procedimenti di convalida dell’espulsione, allontanamento e trattenimento di cittadini di paesi terzi e dell’Unione europea; «procedimenti di cui agli articoli 283, 351 e 373 del codice di procedura civile, procedimenti elettorali di cui agli articoli 22, 23 e 24 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150 e, in genere, tutti i procedimenti la cui ritardata trattazione può produrre grave pregiudizio alle parti. In quest’ultimo caso, la dichiarazione di urgenza è fatta dal capo dell’ufficio giudiziario o dal suo delegato in calce alla citazione o al ricorso, con decreto non impugnabile e, per le cause già iniziate, con provvedimento del giudice istruttore o del presidente del collegio, egualmente non impugnabile;
b) procedimenti di convalida dell’arresto o del fermo, dell'ordine di allontanamento immediato dalla casa familiare, procedimenti nei quali nel periodo di sospensione o nei sei mesi successivi scadono i termini di cui all’articolo 304, comma 6, del codice di procedura penale, procedimenti per la consegna di un imputato o di un condannato all'estero ai sensi della legge 22 aprile 2005, n. 69, procedimenti di estradizione per l'estero di cui al capo I del titolo II del libro XI del codice di procedura penale,procedimenti in cui sono applicate misure di sicurezza detentive o è pendente la richiesta di applicazione di misure di sicurezza detentive e, quando i detenuti, gli imputati, i proposti o i loro difensori espressamente richiedono che si proceda, altresì i seguenti:
1) procedimenti a carico di persone detenute, salvo i casi di sospensione cautelativa delle misure alternative, ai sensi dell’articolo 51-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354;
2) procedimenti in cui sono applicate misure cautelari o di sicurezza;
3) procedimenti per l’applicazione di misure di prevenzione o nei quali sono disposte misure di prevenzione.
c) procedimenti che presentano carattere di urgenza, per la necessità di assumere prove indifferibili, nei casi di cui all’articolo 392 del codice di procedura penale. La dichiarazione di urgenza è fatta dal giudice o dal presidente del collegio, su richiesta di parte, con provvedimento motivato e non impugnabile.
«3-bis. La richiesta che si proceda da parte di detenuti, imputati o proposti a norma del comma 3, lettera b), alinea, per i procedimenti pendenti dinanzi alla Corte di cassazione, può essere avanzata solo a mezzo del difensore che li rappresenta dinnanzi alla Corte. Nei procedimenti pendenti dinnanzi alla Corte di cassazione e pervenuti alla cancelleria della Corte nel periodo dal 9 marzo al 31 luglio 2020 il decorso del termine di prescrizione è sospeso sino alla data dell’udienza fissata per la trattazione e, in ogni caso, non oltre il 31 dicembre 2020.»
4. Nei procedimenti penali in cui opera la sospensione dei termini ai sensi del comma 2 sono altresì sospesi, per lo stesso periodo, il corso della prescrizione e i termini di cui agli articoli 303 e 308 del codice di procedura penale.
5. Nel periodo di sospensione dei termini e limitatamente all’attività giudiziaria non sospesa, i capi degli uffici giudiziari possono adottare le misure di cui al comma 7, lettere da a) a f) e h).
6. Per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria, per il periodo compreso tra il 12 maggio e il 31 luglio 2020 i capi degli uffici giudiziari, sentiti l’autorità sanitaria regionale, per il tramite del Presidente della Giunta della Regione, e il Consiglio dell’ordine degli avvocati, adottano le misure organizzative, anche relative alla trattazione degli affari giudiziari, necessarie per consentire il rispetto delle indicazioni igienico-sanitarie fornite dal Ministero della salute, anche d’intesa con le Regioni, dal Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, dal Ministero della giustizia e delle prescrizioni adottate in materia con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, al fine di evitare assembramenti all’interno dell’ufficio giudiziario e contatti ravvicinati tra le persone. Per gli uffici diversi dalla Corte suprema di cassazione e dalla Procura generale presso la Corte di cassazione, le misure sono adottate d’intesa con il Presidente della Corte d’appello e con il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello dei rispettivi distretti.
7. Per assicurare le finalità di cui al comma 6, i capi degli uffici giudiziari possono adottare le seguenti misure:
a) la limitazione dell’accesso del pubblico agli uffici giudiziari, garantendo comunque l’accesso alle persone che debbono svolgervi attività urgenti;
b) la limitazione, sentito il dirigente amministrativo, dell’orario di apertura al pubblico degli uffici anche in deroga a quanto disposto dall’articolo 162 della legge 23 ottobre 1960, n. 1196 ovvero, in via residuale e solo per gli uffici che non erogano servizi urgenti, la chiusura al pubblico;
c) la regolamentazione dell’accesso ai servizi, previa prenotazione, anche tramite mezzi di comunicazione telefonica o telematica, curando che la convocazione degli utenti sia scaglionata per orari fissi, nonché l’adozione di ogni misura ritenuta necessaria per evitare forme di assembramento;
d) l’adozione di linee guida vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udienze;
e) la celebrazione a porte chiuse, ai sensi dell’articolo 472, comma 3, del codice di procedura penale, di tutte le udienze penali pubbliche o di singole udienze e, ai sensi dell’articolo 128 del codice di procedura civile, delle udienze civili pubbliche;
f) la previsione dello svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti e dagli ausiliari del giudice, anche se finalizzate all'assunzione di informazioni presso la pubblica amministrazione, mediante collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia. Lo svolgimento dell’udienza deve in ogni caso avvenire con la presenza del giudice nell’ufficio giudiziario e con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l'effettiva partecipazione delle parti. Prima dell’udienza il giudice fa comunicare ai procuratori delle parti e al pubblico ministero, se è prevista la sua partecipazione, giorno, ora e modalità di collegamento. All’udienza il giudice dà atto a verbale delle modalità con cui si accerta dell’identità dei soggetti partecipanti e, ove trattasi di parti, della loro libera volontà. Di tutte le ulteriori operazioni è dato atto nel processo verbale;
g) la previsione del rinvio delle udienze a data successiva al 31 luglio 2020 nei procedimenti civili e penali, con le eccezioni indicate al comma 3;
h) lo svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti mediante lo scambio e il deposito in telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni, e la successiva adozione fuori udienza del provvedimento del giudice.
«h-bis) lo svolgimento dell'attività degli ausiliari del giudice con collegamenti da remoto tali da salvaguardare il contraddittorio e l'effettiva partecipazione delle parti.»
«7-bis. Salvo che il giudice disponga diversamente, per il periodo compreso tra il 16 aprile e il 31 maggio 2020, gli incontri tra genitori e figli in spazio neutro, ovvero alla presenza di operatori del Servizio Socio assistenziale, disposti con provvedimento giudiziale, sono sostituiti con collegamenti da remoto che permettano la comunicazione audio e video tra il genitore, i figli e l'operatore specializzato, secondo le modalità che saranno individuate dal responsabile del Servizio Socio assistenziale, e comunicate al giudice precedente. Nel caso in cui non sia possibile assicurare il collegamento da remoto gli incontri sono sospesi.».
8. Per il periodo di efficacia dei provvedimenti di cui al comma 7 che precludano la presentazione della domanda giudiziale è sospesa la decorrenza dei termini di prescrizione e decadenza dei diritti che possono essere esercitati esclusivamente mediante il compimento delle attività precluse dai provvedimenti medesimi.
9. Nei procedimenti penali il corso della prescrizione e i termini di cui agli articoli 303, 308 309, comma 9, 311, commi 5 e 5-bis, e 324, comma 7, del codice di procedura penale e agli articoli 24, comma 2, e 27, comma 6, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 rimangono sospesi per il tempo in cui il procedimento è rinviato ai sensi del comma 7, lettera g), e, in ogni caso, non oltre il 31 luglio 2020.
10. Ai fini del computo di cui all’articolo 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89, nei procedimenti rinviati a norma del presente articolo non si tiene conto del periodo compreso tra l’8 marzo e il 31 luglio 2020.
11. Dal 9 marzo 2020 al 31 luglio 2020, negli uffici che hanno la disponibilità del servizio di deposito telematico anche gli atti e documenti di cui all'articolo 16-bis, comma 1-bis, del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, sono depositati esclusivamente con le modalità previste dal comma 1 del medesimo articolo. Gli obblighi di pagamento del contributo unificato di cui all’articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, nonché l’anticipazione forfettaria di cui all’articolo 30 del medesimo decreto, connessi al deposito degli atti con le modalità previste dal periodo precedente, sono assolti con sistemi telematici di pagamento anche tramite la piattaforma tecnologica di cui all’articolo 5, comma 2, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.
«11-bis. Nei procedimenti civili innanzi alla Corte di Cassazione, sino al 31 luglio 2020, il deposito degli atti e dei documenti da parte degli avvocati può avvenire in modalità telematica nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. L'attivazione del servizio è preceduta da un provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia che accerta l'installazione e l'idoneità delle attrezzature informatiche, unitamente alla funzionalità dei servizi di comunicazione dei documenti informatici. Gli obblighi di pagamento del contributo unificato di cui all'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio. 2002, n. 115, nonché l'anticipazione forfettaria di cui all'articolo 30 del medesimo decreto, connessi al deposito telematico degli atti dì costituzione in giudizio presso la Corte di Cassazione, sono assolti con sistemi telematici di pagamento anche tramite la piattaforma tecnologica di cui all'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.»
12. Ferma l’applicazione dell’articolo 472, comma 3, del codice di procedura penale, dal 9 marzo 2020 al 31 luglio 2020, la partecipazione a qualsiasi udienza delle persone detenute, internate o in stato di custodia cautelare è assicurata, ove possibile, mediante videoconferenze o con collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia, applicate, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 3, 4 e 5 dell’articolo 146-bis del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271.
«12-bis. Fermo quanto previsto dal comma 12, dal 9 marzo 2020 al 31 luglio 2020 le udienze penali che non richiedono la partecipazione di soggetti diversi dal pubblico ministero, dalle parti private e dai rispettivi difensori, dagli ausiliari del giudice, da ufficiali o agenti di polizia giudiziaria, da interpreti, consulenti o periti possono essere tenute mediante collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia. Lo svolgimento dell'udienza avviene con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l'effettiva partecipazione delle parti. Prima dell'udienza il giudice fa comunicare ai difensori delle parti e al pubblico ministero e agli altri soggetti di cui è prevista la partecipazione giorno, ora e modalità di collegamento. I difensori attestano l'identità dei soggetti assistiti, i quali, se liberi o sottoposti a misure cautelati diverse dalla custodia in carcere, partecipano all'udienza solo dalla medesima postazione da cui si collega il difensore. In caso di custodia dell'arrestato o del fermato in uno dei luoghi indicati dall'articolo 284, comma 1, del codice di procedura penale, la persona arrestata o fermata e il difensore possono partecipare all'udienza dì convalida da remoto anche dal più vicino ufficio della polizia giudiziaria attrezzato per la videoconferenza, quando disponibile. In tal caso, l'identità della persona arrestata o formata è accertata dall'ufficiale di polizia giudiziaria presente. L'ausiliario del giudice partecipa all'udienza dall'ufficio giudiziario e dà atto nel verbale d'udienza delle modalità di collegamento da remoto utilizzate, delle modalità con cui si accerta l'identità dei soggetti partecipanti e di tutte le ulteriori operazioni, nonché della impossibilità dei soggetti non presenti fisicamente di sottoscrivere il verbale, ai sensi dell'articolo 137, comma. 2, del codice di procedura penale o di vistarlo, ai sensi dell'articolo 483; comma 1, del codice di procedura penale. Fermo quanto previsto dal comma 12, le disposizioni di cui al presente comma non si applicano, salvo che le parti vi acconsentano, alle udienze di discussione finale, in pubblica udienza o in camera di consiglio e a quelle nelle quali devono essere esaminati testimoni, parti, consulenti o periti.
12-ter. A decorrere dall’entrata in vigore della legge di conversione e sino al 31 dicembre 2020, per la decisione sui ricorsi proposti per la trattazione a norma degli articoli 127 e 614 del codice di procedura penale la Corte di cassazione procede in camera di consiglio senza l’intervento del procuratore generale e dei difensori delle altre parti, salvo che una delle parti private o il procuratore generale faccia richiesta di discussione orale. Entro il quindicesimo giorno precedente l’udienza, il procuratore generale formula le sue richieste con atto spedito alla cancelleria della Corte a mezzo di posta elettronica certificata. La cancelleria provvede immediatamente a inviare, con lo stesso mezzo, l’atto contenente le richieste ai difensori delle altre parti che, entro il quinto giorno antecedente l’udienza, possono presentare con atto scritto, inviato alla cancelleria della corte a mezzo posta elettronica certificata, le conclusioni. Alla deliberazione si procede anche con le modalità di cui al comma 12-quater; non si applica l’art. 615, comma 3, del codice di procedura penale e il dispositivo è comunicato alle parti. La richiesta di discussione orale è formulata per iscritto dal procuratore generale o dal difensore abilitato a norma dell’articolo 613 del codice di procedura penale entro il termine perentorio di venticinque giorni liberi prima dell’udienza e presentata, a mezzo di posta elettronica certificata, alla cancelleria. Le udienze fissate in data anteriore al venticinquesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge di conversione sono rinviate in modo da consentire il rispetto del termine previsto per la richiesta di discussione orale. Se la richiesta è formulata dal difensore del ricorrente, i termini di prescrizione e di custodia cautelare sono sospesi per il tempo in cui il procedimento è rinviato”.
12-quater. Dal 9 marzo 2020 al 31 luglio 2020, nel corso delle indagini preliminari il pubblico ministero e il giudice possono avvalersi di collegamenti da remoto, individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia, per compiere atti che richiedono la partecipazione della persona sottoposta alle indagini, della persona offesa, del difensore, di consulenti, di esperti o di altre persone, nei casi in cui la presenza fisica di costoro non può essere assicurata senza mettere a rischio le esigenze di contenimento della diffusione del virus COVID-19. La partecipazione delle persone detenute, internate o in stato di custodia cautelare è assicurata con le modalità di cui al comma 12. Le persone chiamate a partecipare all'atto sono tempestivamente invitate a presentarsi presso il più vicino ufficio di polizia giudiziaria, che abbia in dotazione strumenti idonei ad assicurare il collegamento da remoto. Presso tale ufficio le persone partecipano al compimento dell'atto in presenza di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria, che procede alla loro identificazione. Il compimento dell'atto avviene con modalità idonee a salvaguardarne, ove necessario, la segretezza e ad assicurare la possibilità per la persona sottoposta alle indagini di consultarsi riservatamente con il proprio difensore. Il difensore partecipa da remoto mediante collegamento dallo studio legale, salvo che decida di essere presente nel luogo ove si trova il suo assistito. Il pubblico ufficiale che redige il verbale dà atto nello stesso delle modalità di collegamento da remoto utilizzate, delle modalità con cui si accerta l'identità dei soggetti partecipanti e di tutte le ulteriori operazioni, nonché della impossibilità dei soggetti non presenti fisicamente di sottoscrivere il verbale, ai sensi dell'articolo 137, comma 2, del codice di procedura penale».
12-quater.1 - Sino al 31 luglio 2020, con uno o più decreti del Ministro della giustizia non aventi natura regolamentare, presso ciascun ufficio del pubblico ministero che ne faccia richiesta a norma del terzo periodo, è autorizzato il deposito con modalità telematica di memorie, documenti, richieste e istanze indicate dall’articolo 415-bis, comma 3, del codice di procedura penale, secondo le disposizioni stabilite con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia, anche in deroga alle previsioni del decreto emanato ai sensi dell’articolo 4, comma 1, del decreto legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 febbraio 2010, n. 24. Il deposito degli atti si intende eseguito al momento del rilascio della ricevuta di accettazione da parte dei sistemi ministeriali, secondo le modalità stabilite dal provvedimento direttoriale di cui al primo periodo. I decreti di cui al primo periodo sono adottati su richiesta degli uffici del pubblico ministero, previo accertamento da parte del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia della funzionalità dei servizi di comunicazione dei documenti informatici.
12-quater.2 - Sino al 31 luglio 2020, con uno o più decreti del Ministro della giustizia non aventi natura regolamentare, presso ciascun ufficio del pubblico ministero che ne faccia richiesta a norma del terzo periodo, gli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria sono autorizzati a comunicare agli uffici del pubblico ministero atti e documenti in modalità telematica, secondo le disposizioni stabilite con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia, anche in deroga alle previsioni del decreto emanato ai sensi dell’articolo 4, comma 1, del decreto legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 febbraio 2010, n. 24. La comunicazione di cui al periodo che precede si intende eseguita al momento del rilascio della ricevuta di accettazione da parte dei sistemi ministeriali, secondo le modalità stabilite dal provvedimento direttoriale di cui al periodo che precede. I decreti di cui al primo periodo sono adottati su richiesta degli uffici del pubblico ministero, previo accertamento da parte del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia della funzionalità dei servizi di comunicazione dei documenti informatici.»
12-quinquies. Dal 9 marzo 2020 al 31 luglio 2020, nei procedimenti civili e penali non sospesi, le deliberazioni collegiali in camera dì consiglio possono essere assunte mediante collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia. Il luogo da cui si collegano i magistrati è considerato camera di consiglio a tutti gli effetti di legge. Nei procedimenti penali, dopo la deliberazione, il presidente del collegio o il componente del collegio da lui delegato sottoscrive il dispositivo della sentenza o l'ordinanza e il provvedimento è depositato in cancelleria ai fini dell'inserimento nel fascicolo il prima possibile e, in ogni caso, immediatamente dopo la cessazione dell'emergenza sanitaria. Nei procedimenti penali, le disposizioni di cui al presente comma non si applicano alle deliberazioni conseguenti alle udienze di discussione finale, in pubblica udienza o in camera di consiglio, svolte senza il ricorso a collegamento da remoto
13. Le comunicazioni e le notificazioni relative agli avvisi e ai provvedimenti adottati nei procedimenti penali ai sensi del presente articolo, nonché dell’articolo 10 del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9, sono effettuate attraverso il Sistema di notificazioni e comunicazioni telematiche penali ai sensi dell’articolo 16 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, o attraverso sistemi telematici individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia.
14. Le comunicazioni e le notificazioni degli avvisi e dei provvedimenti indicati al comma 13 agli imputati e alle altre parti sono eseguite mediante invio all’indirizzo di posta elettronica certificata di sistema del difensore di fiducia, ferme restando le notifiche che per legge si effettuano presso il difensore d’ufficio.
15. Tutti gli uffici giudiziari sono autorizzati all’utilizzo del Sistema di notificazioni e comunicazioni telematiche penali per le comunicazioni e le notificazioni di avvisi e provvedimenti indicati ai commi 13 e 14, senza necessità di ulteriore verifica o accertamento di cui all’articolo 16, comma 10, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221.
16. Negli istituti penitenziari e negli istituti penali per minorenni, a decorrere dal 9 marzo 2020 e sino alla data del 22 marzo 2020, i colloqui con i congiunti o con altre persone cui hanno diritto i condannati, gli internati e gli imputati a norma degli articoli 18 della legge 26 luglio 1975, n. 354, 37 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230, e 19 del decreto legislativo 2 ottobre 2018, n. 121, sono svolti a distanza, mediante, ove possibile, apparecchiature e collegamenti di cui dispone l'amministrazione penitenziaria e minorile o mediante corrispondenza telefonica, che può essere autorizzata oltre i limiti di cui all'articolo 39, comma 2, del predetto decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000 e all'articolo 19, comma 1, del decreto legislativo n. 121 del 2018.
17. Tenuto conto delle evidenze rappresentate dall’autorità sanitaria, la magistratura di sorveglianza può sospendere, nel periodo compreso tra il 9 marzo 2020 ed il 31 maggio 2020, la concessione dei permessi premio di cui all’articolo 30-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, del regime di semilibertà ai sensi dell’articolo 48 della medesima legge e del decreto legislativo 2 ottobre 2018, n. 121.
18. Le sessioni delle Corti di assise e delle Corti di assise di appello di cui all’articolo 7 della legge 10 aprile 1951, n. 287, in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, sono prorogate fino alla data del 31 luglio 2020.
19. In deroga al disposto dell’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 28 febbraio 2008, n. 35, per l’anno 2020 le elezioni per il rinnovo dei componenti del consiglio giudiziario e del consiglio direttivo della Corte di cassazione si svolgono la prima domenica e il lunedì successivo del mese di ottobre.
20. Dal 9 marzo 2020 al 11 maggio 2020 sono altresì sospesi i termini per lo svolgimento di qualunque attività nei procedimenti di mediazione ai sensi del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, nei procedimenti di negoziazione assistita ai sensi del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, nonché in tutti i procedimenti di risoluzione stragiudiziale delle controversie regolati dalle disposizioni vigenti, quando i predetti procedimenti siano stati introdotti o risultino già pendenti a far data dal 9 marzo fino al 15 aprile 2020. Sono conseguentemente sospesi i termini di durata massima dei medesimi procedimenti.
20-bis. Nel periodo dal 9 marzo al 31 luglio 2020, gli incontri di mediazione in ogni caso possono svolgersi in via telematica con il preventivo consenso di tutte le parti coinvolte nel procedimento. Anche successivamente a tale periodo gli incontri potranno essere svolti, con il preventivo consenso di tutte le parti coinvolte nel procedimento, in via telematica, ai sensi dell'articolo 3, comma 4, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, mediante sistemi di videoconferenza. In caso di procedura telematica l'avvocato, che sottoscrive con firma digitale, potrà dichiarare autografa la sottoscrizione del proprio cliente collegato da remoto ed apposta in calce al verbale ed all'accordo di conciliazione. Il verbale relativo al procedimento di mediazione svoltosi in modalità telematica sarà sottoscritto dal mediatore e dagli avvocati delle parti con firma digitale ai fini dell'esecutività dell'accordo prevista dall'articolo 12 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28.
20-ter. Fino alla cessazione delle misure di distanziamento previste dalla legislazione emergenziale in materia di prevenzione dal contagio COVID-19, nei procedimenti civili la sottoscrizione della procura alle liti può essere apposta dalla parte anche su un documento analogico trasmesso al difensore, anche in copia informatica per immagine, unitamente a copia di un documento di identità in corso di validità, anche a mezzo strumenti di comunicazione elettronica. In tal caso, l'avvocato certifica l'autografia mediante la sola apposizione della propria firma digitale sulla copia informatica della procura. La procura si considera apposta in calce, ai sensi dell'articolo 83 del codice di procedura civile, se è congiunta all'atto cui si riferisce mediante gli strumenti informatici individuati con decreto del Ministero della giustizia.
21. Le disposizioni del presente articolo, in quanto compatibili, si applicano altresì ai procedimenti relativi alle giurisdizioni speciali non contemplate dal presente decreto-legge, agli arbitrati rituali,alle commissioni tributarie e alla magistratura militare.
22. Sono abrogati gli articoli 1 e 2 del decreto-legge 8 marzo 2020, n. 11.
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