ISSN: 2974-9999
Registrazione: 5 maggio 2023 n. 68 presso il Tribunale di Roma
Decreto legge Ristori. Cosa cambia nei processi civili.
di Franco Caroleo
È passato meno di un mese (il d.l. n. 125/2020 è del 7 ottobre) ed ecco un altro decreto-legge (n. 137/2020) che interviene sul comparto giustizia.
La breve scheda che segue analizza le disposizioni del nuovo d.l. che riguardano il processo civile.
Titolo
Decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, “Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19”. (20G00166) (GU Serie Generale n. 269 del 28 ottobre 2020)
Le norme riguardanti il processo civile
- art. 4;
- art. 23, co. 3;
- art. 23, co. 6;
- art. 23, co. 7;
- art. 23, co. 9.
La sospensione delle procedure esecutive immobiliari nella prima casa
L’art. 4 prevede una proroga della sospensione delle procedure esecutive per il pignoramento immobiliare, prevista all’articolo 54-ter, comma 1, d.l. n. 18/2020 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27), fino al 31 dicembre 2020.
La norma dispone inoltre l’inefficacia di ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare, di cui all’articolo 555 c.p.c., che abbia ad oggetto l’abitazione principale del debitore, effettuata dal 25 ottobre 2020 alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 137.
Udienze a porte chiuse
L’art. 23, co. 3 consente di disporre che le udienze pubbliche dei procedimenti civili si celebrino a porte chiuse, ai sensi dell’art. 128 c.p.c.
La norma si pone in stretta continuità con la precedenti disposizioni emergenziali di cui agli artt. 2, comma 2, lettera e), d.l. n. 11/2020 e 83, comma 7, lett. e), d.l. n. 18/2020.
Le separazioni consensuali e i divorzi congiunti a trattazione scritta
L’art. 23, co. 6, consente al giudice di disporre che le udienze civili in materia di separazione consensuale ex art. 711 c.p.c. e di divorzio congiunto ex art. 9 l. n. 898/1970 siano sostituite dal deposito telematico di note scritte di cui all’art. 221, co. 4, d.l. n. 34/2020 (convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77), nel caso in cui tutte le parti che avrebbero diritto a partecipare all’udienza vi rinuncino espressamente con comunicazione, depositata almeno quindici giorni prima dell’udienza, nella quale dichiarano di essere a conoscenza delle norme processuali che prevedono la partecipazione all’udienza, di aver aderito liberamente alla possibilità di rinunciare alla partecipazione all’udienza, di confermare le conclusioni rassegnate nel ricorso e, nei giudizi di separazione e divorzio, di non volersi conciliare.
La norma in commento prevede quindi un’evidente deroga alla disciplina della trattazione scritta regolata dall’art. 221, co. 4, d.l. n. 34/2020 (ma solo per le cause che non richiedono la presenza necessaria, per legge o ordine del giudice, di soggetti diversi dai difensori delle parti), ammettendo che possa farsi ricorso a tale modalità alternativa di trattazione anche nei procedimenti di separazione consensuale e divorzio congiunto (per i quali è richiesta dalla legge la comparizione personale delle parti, e che senza deroga non sarebbero potuto rientrare nello spettro applicativo dell’art. 221, co. 4).
A questo fine, è però necessario che le parti esprimano una rinuncia espressa al diritto a partecipare all’udienza nelle forme e nei termini prescritti dal menzionato art. 23, co. 6.
L’udienza da remoto e il giudice collegato anche fuori dall’ufficio giudiziario
L’art. 23, co. 7, prevede che, in deroga al disposto 221, co. 7, d.l. n. 34/2020, il giudice possa partecipare all’udienza con collegamento a distanza (cd. “udienza Teams”) anche da un luogo diverso dall’ufficio giudiziario.
La norma sembra riportare una certa armonia regolamentare sia in relazione al regime dell’udienza trattazione scritta (per il quale non è prescritto alcun obbligo per il magistrato di iurisdicere presso gli uffici del tribunale) sia in relazione a quanto previsto per l’udienza da remoto nel processo amministrativo (in cui, in base all’art. 4, co. 1, d.l. n. 28/2020, tuttora in vigore e prorogato dal d.l. in commento, “Il luogo da cui si collegano i magistrati, gli avvocati e il personale addetto è considerato udienza a tutti gli effetti di legge”).
La camera di consiglio collegiale da remoto
L’art. 23, co. 9, prevede che nei procedimenti civili davanti ad organi collegiali le deliberazioni in camera di consiglio possono essere assunte mediante collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia.
In questo caso, il luogo da cui si collegano i magistrati è considerato camera di consiglio a tutti gli effetti di legge.
La proroga delle disposizioni dell’art. 221 d.l. n. 34/2020 (trattazione scritta e udienza da remoto)
L’art. 23, co. 1, del d.l. n. 137/2020 dispone che “Dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino alla scadenza del termine di cui all'articolo 1 del decreto legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35 si applicano le disposizioni di cui ai commi da 2 a 9. Resta ferma l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 221 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 ove non espressamente derogate dalle disposizioni del presente articolo”.
La formulazione della norma lascia parecchio a desiderare.
Il solo tenore letterale impedisce di comprendere se si sia voluto prospettare una proroga al 31 gennaio 2021 (termine previsto dall’art. 1 d.l. n. 19/2020) anche per le disposizioni di cui all’art. 221 d.l. n. 34/2020, in particolare quelle riguardanti l’udienza a trattazione scritta e l’udienza con collegamento da remoto.
Qui di seguito proviamo ad offrire alcuni spunti a favore della tesi di questa proroga allargata:
a) i commi 6 (trattazione scritta per separazioni consensuali e divorzi congiunti) e 7 (udienza con collegamento da remoto per il giudice connesso anche da luogo diverso dall’ufficio giudiziario) dell’art. 23 d.l. n. 137/2020 prevedono delle deroghe ai commi 4 e 7 dell’art. 221 d.l. n. 34/2020; dette deroghe, per espressa previsione dell’art. 23, co. 1, primo periodo, sono applicabili fino al 31.1.2021; ora, come potrebbe ammettersi l’operatività di una norma derogante oltre il tempo di vigenza della norma derogata? Ragionando altrimenti: a partire dall’1.1.2021, quali regole dovrebbero seguirsi se per la trattazione scritta delle separazioni consensuali se il comma 6 dell’art. 23 rimanda alla disciplina dell’art. 221, co. 4, la cui validità a quel tempo risulterebbe spirata? Allo stesso modo, a gennaio 2021, a quale udienza da remoto potrebbe partecipare il giudice del comma 7 dell’art. 23 se già il 31.12.2020 l’udienza ex art. 221, co. 7, perdesse operatività? Se ne dovrebbe dedurre, dunque, che anche le norme derogate (ossia le disposizioni di cui all’art. 221) rimangano in vigore fino al nuovo termine del 31.1.2020;
b) che le deroghe alle disposizioni dell’art. 221 sottendano una proroga delle medesime disposizioni lo si può evincere anche dalla formulazione del successivo art. 24, co. 1, d.l. n. 137/2020 riguardante il deposito telematico di memorie, documenti, richieste ed istanze indicate dall’articolo 415-bis, comma 3, c.p.p., il quale dispone espressamente: “In deroga a quanto prevista dall'articolo 221, comma 11, del decreto-legge n. 34 del 2020 convertito con modificazioni dalla legge 77 del 2020, fino alla scadenza del termine di cui all'articolo 1 del decreto legge 25 marzo 2020, n. 19”; dunque, il riferimento al termine finale del 31.1.2020 non può che valere anche per la norma interessata dalla deroga;
c) non può sottacersi poi la stretta correlazione del secondo periodo del primo comma (“Resta ferma l'applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 221 ...”) con il primo (“Dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino alla scadenza del termine di cui all'articolo 1 del decreto legge 25 marzo 2020, n. 19 …”); il legislatore specifica come “Resta ferma” la disciplina del predetto art. 221, immediatamente dopo aver sancito la proroga al 31.1.2020; in questo senso, l’applicazione delle disposizioni dell’art. 221, ove non derogate dal d.l. n. 137/2020, resta ferma ma troverebbe nuova linfa temporale in quanto previsto nel primo periodo (che si aggancia al termine emergenziale del 31.1.2021);
d) il secondo periodo del primo comma dell’art. 23 (“Resta ferma l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 221 …”), per come è formulato, disvela uno scopo di sistema volto a prevenire eventuali conflitti (anche solo interpretativi) tra normative emergenziali; l’intenzione del legislatore sembra essere quella di chiarire che le misure prese in forza dell’art. 23, salvo per le deroghe espresse, non travolgono l’efficacia della disciplina scaturente dall’art. 221: l’attività giurisdizionale nella vigenza dell’emergenza epidemiologica (così è rubricato l’art. 23 in commento) prosegue in base ai dettami dell’art. 221, ma con l’aggiunta degli accorgimenti di cui al nuovo art. 23; a riprova di ciò, nella relazione illustrativa al d.l. n. 137/2020 si evidenzia che con l’art. 23 “si è, in primo luogo, definito l'ambito temporale dell'intervento, raccordandolo a quello fissato dall'articolo 1 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, per lo stato di emergenza. Inoltre, nello stesso articolo 1 si è precisato che l'intervento in esame non sostituisce, ma si coordina con quello previsto dall'articolo 221, comma 2, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77”; in tal senso, l’art. 221 (che non viene intaccato nelle sue disposizioni processuali) vedrebbe la sua cogenza temporale attratta (per effetto di “trascinamento”) in quella elaborata nel primo periodo del primo comma dell’art. 23;
e) a rimarcare che con l’art. 23 si intenda riunire tutte le norme processuali dell’emergenza in un unico corpus, soggiacente quindi alla medesima disciplina temporale, c’è il comma 10 che estende ai procedimenti relativi agli arbitrati rituali e alla magistratura militare le disposizioni dei commi precedenti “nonché quelle di cui all’articolo 221 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34”;
f) i successivi articoli del d.l. n. 137/2020, attinenti al processo amministrativo (art. 25), al processo contabile (art. 26) e al processo tributario (art. 27) prevedono tutti una proroga delle disposizioni processuali emergenziali al 31.1.2021 o, comunque, “fino alla cessazione degli effetti della dichiarazione dello stato di emergenza nazionale da Covid-19”; emerge così palesemente la ratio del nuovo decreto-legge di ancorare al termine dello stato di emergenza l’operatività di tutte le misure processuali fin qui elaborate per far fronte alla pandemia; che solo il processo civile dell’emergenza sia stato escluso da questo regime prorogativo convince poco.
Decreto legge Ristori, disposizioni emergenziali per l’esercizio della attività giurisdizionale
di Marta Agostini e Michela Petrini
sommario: 1. Premessa. - 2. Il periodo di efficacia delle nuove disposizioni. – 3. Le indagini preliminari da remoto. – 4. La trattazione e la partecipazione delle udienze penali.
1.Premessa.
Il 28.10.2020 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto legge n. 137 recante “Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostengo ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all’emergenza epidemiologica da COVID 19”.
Agli artt. 23 e 24 del decreto sono state previste le specifiche misure per l’esercizio dell’attività giurisdizionale e per la semplificazione delle attività di deposito di atti, documenti e istanze nella vigenza dell’emergenza epidemiologica da COVID 19, che, sostanzialmente, riprendono ed in parte modificano le vecchie disposizioni contenute nell’art. 83 del D.L. n. 18 del 17 marzo 2020, convertito con legge n. 27 del 24 aprile 2020 e nell’art. 221 del decreto legge 34 del 2020, convertito con legge n. 77 del 2020
Col presente contributo si tenterà di dare una prima lettura del provvedimento legislativo e di individuare le differenze introdotte dalla nuova normativa rispetto al vecchio regime emergenziale in materia penale, con particolare riferimento alla modalità di svolgimento delle udienze, alla partecipazione delle parti al processo, allo svolgimento delle indagini preliminari da remoto.
Il sistema del deposito telematico di taluni atti e documenti processuali verrà esaminato ed approfondito in altro contributo pubblicato su questa Rivista (Il deposito telematico degli atti penali nel decreto legge c..d. Ristori: significative novità e sconsolanti conferme, di Maurizio Bozzatore)
Partiamo con ordine dal testo dell’art. 23 del d.l. n. 137 del 2020.
Disposizioni per l’esercizio dell’attività giurisdizionale nella vigenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19
1. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino alla scadenza del termine di cui all’articolo 1 del decreto legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35 si applicano le disposizioni di cui ai commi da 2 a 9. Resta ferma l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 221 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 ove non espressamente derogate dalle disposizioni del presente articolo.
2. Nel corso delle indagini preliminari il pubblico ministero e la polizia giudiziaria possono avvalersi di collegamenti da remoto, individuati e regolati con provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia, per compiere atti che richiedono la partecipazione della persona sottoposta alle indagini, della persona offesa, del difensore, di consulenti, di esperti o di altre persone, salvo che il difensore della persona sottoposta alle indagini si opponga, quando l’atto richiede la sua presenza. Le persone chiamate a partecipare all'atto sono tempestivamente invitate a presentarsi presso l’ufficio di polizia giudiziaria più vicino al luogo di residenza, che abbia in dotazione strumenti idonei ad assicurare il collegamento da remoto. Presso tale ufficio le persone partecipano al compimento dell'atto in presenza di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria, che procede alla loro identificazione. Il compimento dell'atto avviene con modalità idonee a salvaguardarne, ove necessario, la segretezza e ad assicurare la possibilità per la persona sottoposta alle indagini di consultarsi riservatamente con il proprio difensore. Il difensore partecipa da remoto mediante collegamento dal proprio studio, salvo che decida di essere presente nel luogo ove si trova il suo assistito. Il pubblico ufficiale che redige il verbale dà atto nello stesso delle modalità di collegamento da remoto utilizzate, delle modalità con cui si accerta l'identità dei soggetti partecipanti e di tutte le ulteriori operazioni, nonché dell'impossibilità dei soggetti non presenti fisicamente di sottoscrivere il verbale, ai sensi dell'articolo 137, comma 2, del codice di procedura penale. La partecipazione delle persone detenute, internate o in stato di custodia cautelare è assicurata con le modalità di cui al comma 4. Con le medesime modalità di cui al presente comma il giudice può procedere all’interrogatorio di cui all’articolo 294 del codice di procedura penale.
3. Le udienze dei procedimenti civili e penali alle quali è ammessa la presenza del pubblico possono celebrarsi a porte chiuse, ai sensi, rispettivamente, dell'articolo 128 del codice di procedura civile e dell'articolo 472, comma 3, del codice di procedura penale.
4. La partecipazione a qualsiasi udienza delle persone detenute, internate, in stato di custodia cautelare, fermate o arrestate, è assicurata, ove possibile, mediante videoconferenze o con collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 3, 4 e 5 dell'articolo 146-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271. Il comma 9 dell’articolo 221 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, è abrogato.
5. Le udienze penali che non richiedono la partecipazione di soggetti diversi dal pubblico ministero, dalle parti private, dai rispettivi difensori e dagli ausiliari del giudice possono essere tenute mediante collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia. Lo svolgimento dell'udienza avviene con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l'effettiva partecipazione delle parti. Prima dell'udienza il giudice fa comunicare ai difensori delle parti, al pubblico ministero e agli altri soggetti di cui è prevista la partecipazione giorno, ora e modalità del collegamento. I difensori attestano l'identità dei soggetti assistiti, i quali, se liberi o sottoposti a misure cautelari diverse dalla custodia in carcere, partecipano all'udienza solo dalla medesima postazione da cui si collega il difensore. In caso di custodia dell'arrestato o del fermato in uno dei luoghi indicati dall'articolo 284, comma 1, del codice di procedura penale, la persona arrestata o fermata e il difensore possono partecipare all'udienza di convalida da remoto anche dal più vicino ufficio della polizia giudiziaria attrezzato per la videoconferenza, quando disponibile. In tal caso, l'identità della persona arrestata o formata è accertata dall'ufficiale di polizia giudiziaria presente. L'ausiliario del giudice partecipa all'udienza dall'ufficio giudiziario e dà atto nel verbale d'udienza delle modalità di collegamento da remoto utilizzate, delle modalità con cui si accerta l'identità dei soggetti partecipanti e di tutte le ulteriori operazioni, nonché dell'impossibilità dei soggetti non presenti fisicamente di sottoscrivere il verbale, ai sensi dell'articolo 137, comma 2, del codice di procedura penale, o di vistarlo, ai sensi dell'articolo 483, comma 1, del codice di procedura penale. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano alle udienze nelle quali devono essere esaminati testimoni, parti, consulenti o periti, nonché alle discussioni di cui agli articoli 441 e 523 del codice di procedura penale e, salvo che le parti vi consentano, alle udienze preliminari e dibattimentali.
6. Il giudice può disporre che le udienze civili in materia di separazione consensuale di cui all’articolo 711 del codice di procedura civile e di divorzio congiunto di cui all’articolo 9 della legge 1 dicembre 1970, n. 898 siano sostituite dal deposito telematico di note scritte di cui all’articolo 221, comma 4, del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, nel caso in cui tutte le parti che avrebbero diritto a partecipare all’udienza vi rinuncino espressamente con comunicazione, depositata almeno quindici giorni prima dell’udienza, nella quale dichiarano di essere a conoscenza delle norme processuali che prevedono la partecipazione all’udienza, di aver aderito liberamente alla possibilità di rinunciare alla partecipazione all’udienza, di confermare le conclusioni rassegnate nel ricorso e, nei giudizi di separazione e divorzio, di non volersi conciliare.
7. In deroga al disposto dell’articolo 221, comma 7, del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, il giudice può partecipare all’udienza anche da un luogo diverso dall’ufficio giudiziario.
8. Per la decisione sui ricorsi proposti per la trattazione a norma degli articoli 127 e 614 del codice di procedura penale la Corte di cassazione procede in Camera di consiglio senza l'intervento del procuratore generale e dei difensori delle altre parti, salvo che una delle parti private o il procuratore generale faccia richiesta di discussione orale. Entro il quindicesimo giorno precedente l'udienza, il procuratore generale formula le sue richieste con atto spedito alla cancelleria della Corte a mezzo di posta elettronica certificata. La cancelleria provvede immediatamente a inviare, con lo stesso mezzo, l'atto contenente le richieste ai difensori delle altre parti che, entro il quinto giorno antecedente l'udienza, possono presentare con atto scritto, inviato alla cancelleria della corte a mezzo di posta elettronica certificata, le conclusioni. Alla deliberazione si procede con le modalità di cui al comma 9; non si applica l'articolo 615, comma 3, del codice di procedura penale e il dispositivo è comunicato alle parti. La richiesta di discussione orale è formulata per iscritto dal procuratore generale o dal difensore abilitato a norma dell'articolo 613 del codice di procedura penale entro il termine perentorio di venticinque giorni liberi prima dell'udienza e presentata, a mezzo di posta elettronica certificata, alla cancelleria. Le previsioni di cui al presente comma non si applicano ai procedimenti per i quali l’udienza di trattazione ricade entro il termine di quindici giorni dall’entrata in vigore del presente decreto. Per i procedimenti nei quali l’udienza ricade tra il sedicesimo e il trentesimo giorno dall’entrata in vigore del presente decreto la richiesta di discussione orale deve essere formulata entro dieci giorni dall’entrata in vigore del presente decreto.
9. Nei procedimenti civili e penali le deliberazioni collegiali in camera dì consiglio possono essere assunte mediante collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia. Il luogo da cui si collegano i magistrati è considerato Camera di consiglio a tutti gli effetti di legge. Nei procedimenti penali, dopo la deliberazione, il presidente del collegio o il componente del collegio da lui delegato sottoscrive il dispositivo della sentenza o l'ordinanza e il provvedimento è depositato in cancelleria ai fini dell'inserimento nel fascicolo il prima possibile. Nei procedimenti penali le disposizioni di cui al presente comma non si applicano alle deliberazioni conseguenti alle udienze di discussione finale, in pubblica udienza o in camera di consiglio, svolte senza il ricorso a collegamento da remoto.
10. Le disposizioni di cui al presente articolo, nonché quelle di cui all’articolo 221 del decreto legge 19 maggio
2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, in quanto compatibili, si applicano altresì ai procedimenti relativi agli arbitrati rituali e alla magistratura militare.
2. Il periodo di efficacia delle “nuove” disposizioni.
In primo luogo, delimitiamo il regime temporale della legislazione di emergenza: il primo comma dell’art. 23 D.L. 137/20 prevede che le disposizioni indicate dal comma 2 al comma 9 dello stesso articolo siano efficaci dalla data di entrata in vigore del decreto sino alla scadenza del termine previsto dall’art. 1 del decreto legge 25 marzo 2020 n. 19, convertito con legge del 22 maggio 2020 n. 35 che, a sua volta, prevede che le misure emergenziali ivi previste possano essere adottate per periodi predeterminati, ciascuno di durata non superiore a trenta giorni, reiterabili e modificabili anche più volte sino al termine dello stato di emergenza che, ad oggi, è fissato al 31 gennaio 2021, in conseguenza della modifica indicata dall’art. 1, comma 1 del d.l. del 7 ottobre 2020, n 125)
Lo stesso art. 23, sempre al primo comma, fa poi salva l’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 221 decreto legge 34 del 2020, a sua volta convertito con modificazioni dalla legge 77 del 2020, ove non espressamente derogate dalle statuizioni del nuovo decreto.
Tale disposizione prevede, al secondo comma, un diverso termine di efficacia delle norme ivi contenute, ovvero quello del 31 dicembre 2020.
Si pone, di conseguenza, un problema di coordinamento tra norme, atteso che l’art. 23 comma 1 richiama sia l’art. 1 del decreto legge 19 del 2020, che prevede come termine di durata massima delle misure emergenziali quello del 31 gennaio 2021, sia l’art. 221 del decreto legge 34 del 2020 che, al contrario, prevede come termine di durata massima delle misure ivi contenute ed, in particolare, quelle dai commi 3 a 10, la data del 31 dicembre 2020.
A ben vedere, però, per quanto in questa sede interessa, le uniche disposizioni che attengono al settore penale contenute nel citato art. 221 sono quelle di cui al comma 9, espressamente abrogato dal nuovo art. 23, e quelle di cui al comma 11 che, invero, non sono espressamente richiamate dall’art. 221 comma 2 e quindi non rientrano tra le misure che scadono il 31 dicembre 2020.
Di conseguenza, pur in presenza di un dato letterale non univoco, si può ragionevolmente sostenere che le nuove misure emergenziali attinenti al settore penale previste dall’art. 23 decreto legge 137 del 2020 sono, allo stato, efficaci per trenta giorni dalla entrata in vigore del nuovo testo normativo, termine reiterabile sino al 31 gennaio 2021
3. Le indagini preliminari da remoto.
Per quanto concerne la disciplina relativa alle indagini preliminari da remoto, la nuova normativa contenuta nell’art. 23 modifica il precedente regime previsto dall’art. 83 decreto legge 18 del 2020 e dall’art. 221 decreto legge 34 del 2020 nei seguenti termini:
- Al Comma 2 è previsto che nel corso delle indagini il Pubblico Ministero e la Polizia Giudiziaria (non più, quindi, anche il Giudice, così come previsto dall’art. 83) possano avvalersi del collegamento da remoto per compiere atti che richiedono la partecipazione della persona sottoposta alle indagini, della persona offesa, del difensore, di consulenti, di esperti e di altre persone salvo che il difensore dell’indagato non si opponga, quando l’atto richiede la sua presenza e ciò a prescindere dalla condizione, prima prevista dall’art. 83, che la presenza fisica di costoro non potesse essere assicurata senza mettere a rischio le esigenze di contenimento della diffusione del covid 19.
- Al Comma 3 è disposto che le udienze dei procedimenti civili e penali alle quali è ammessa la presenza del Pubblico Ministero possono celebrarsi a porte chiuse, ai sensi degli artt. 128 c.p.c. e 472 comma 3 c.p.p.
- Al Comma 4 , a sua volta richiamato dal già citato art. 23 comma 2 in relazione alla fase delle indagini preliminari, è regolata la partecipazione a qualsiasi udienza delle persone detenute, internate, in stato di custodia cautelare, fermate e arrestate, che deve essere assicurata, ove possibile, mediante videoconferenza o con collegamenti da remoto; non è più richiesto il necessario consenso delle parti (prima previsto dall’art. 221 comma 9 decreto legge 34 del 2020 ed oggi espressamente abrogato).
- Al Comma 5 viene regolata la trattazione dell’udienza penale con l’unica rilevante modifica, rispetto alla precedente disciplina, del divieto assoluto, quindi non derogabile neppure col consenso delle parti, di trattazione da remoto delle udienze in cui è prevista istruttoria (esame testi, esame delle parti, esame CT o periti) ovvero in cui è prevista la discussione ai sensi degli artt. 441 e 523 c.p.p.
In sintesi, le modalità concrete di svolgimento di determinati atti di indagine, ove richiesta la partecipazione del difensore, sono subordinate ad un accordo con il difensore; pur in presenza di oggettive condizioni che impediscano il rispetto delle misure di sicurezza anti Covid – 19 (si pensi, ad esempio, ad un conferimento incarico, ex art. 360 c.p.p, ad un consulente del pubblico ministero in presenza di numerosi indagati e relativi difensori in una stanza non adeguata a contenere più persone nel rispetto delle misure di sicurezza) il pubblico ministero e la polizia giudiziaria non potranno attivare le procedure “ da remoto” ogni qual volta vi sarà una opposizione della difesa.
Quando, durante le indagini preliminari, il compimento dei richiamati atti richieda la partecipazione di persone detenute, internate o in stato di custodia cautelare, fermate o arrestate, questa sarà assicurata con le modalità di cui al comma 4 dell’art. 23, ovvero mediante videoconferenza o con collegamenti da remoto, senza il necessario consenso delle parti (prima previsto dall’art. 221 comma 9 decreto legge 34 del 2020 ed oggi espressamente abrogato).
Infine, la nuova norma prevede espressamente la possibilità per il giudice di procedere all’interrogatorio ex art. 294 c.p.p. mediante collegamento da remoto, prima non menzionata.
L’eliminazione dall’art. 23, comma 2, della figura del Giudice quale soggetto che può compiere determinati atti in remoto nel corso delle indagini preliminari sembrerebbe, quindi, espressione della volontà del legislatore di escludere la possibilità di espletare, a distanza, le udienze ove l’escussione della persona offesa o del testimone avviene con le forme dell’incidente probatorio.
La possibilità per il Giudice di compiere attività a distanza nel corso delle indagini preliminari sarebbe, dunque, limitata all’interrogatorio di cui all’art. 294 c.p.p., in relazione al quale è stato necessario prevedere una specifica autorizzaizone.
4. La partecipazione e la trattazione delle udienze penali.
Nella vigenza del vecchio art. 83 comma 7, invece, la celebrazione di tutte le udienze penali pubbliche o di singole udienze a porte chiuse era prevista quale misura che era possibile adottare da parte del dirigente dell’ufficio.
La celebrazione da remoto dell’udienza penale residua, pertanto, sempre previo consenso delle parti, solo per le udienze preliminari e dibattimentali diverse da quelle sopra citate (udienze filtro o di prima comparizione, udienze di patteggiamento per i reati da citazione diretta, ammissione alla messa alla prova).
In relazione alle udienze di sola discussione si precisa, al comma 9, che la fase della delibazione può avvenire mediante collegamento da remoto nei soli e limitati casi in cui anche la discussione finale è avvenuta ricorrendo al collegamento a distanza.
Rimane, invece, ancora possibile il collegamento da remoto per le udienze di convalida dell’arresto e del fermo ovvero della misura di allontanamento urgente dalla casa familiare. Nel caso in cui la parte sia libera o sottoposta a misure cautelari non custodiali essa potrà partecipare all’udienza solamente dalla medesima postazione del suo difensore. Coloro che si trovano in stato di arresto o fermo, invece, possono partecipare dal più vicino ufficio di polizia giudiziaria
Decreto legge Ristori, disposizioni emergenziali per l’esercizio della attività giurisdizionale
di Marta Agostini e Michela Petrini
sommario: 1. Premessa. - 2. Il periodo di efficacia delle nuove disposizioni. – 3. Le indagini preliminari da remoto. – 4. La trattazione e la partecipazione delle udienze penali.
1.Premessa.
Il 28.10.2020 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto legge n. 137 recante “Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostengo ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all’emergenza epidemiologica da COVID 19”.
Agli artt. 23 e 24 del decreto sono state previste le specifiche misure per l’esercizio dell’attività giurisdizionale e per la semplificazione delle attività di deposito di atti, documenti e istanze nella vigenza dell’emergenza epidemiologica da COVID 19, che, sostanzialmente, riprendono ed in parte modificano le vecchie disposizioni contenute nell’art. 83 del D.L. n. 18 del 17 marzo 2020, convertito con legge n. 27 del 24 aprile 2020 e nell’art. 221 del decreto legge 34 del 2020, convertito con legge n. 77 del 2020
Col presente contributo si tenterà di dare una prima lettura del provvedimento legislativo e di individuare le differenze introdotte dalla nuova normativa rispetto al vecchio regime emergenziale in materia penale, con particolare riferimento alla modalità di svolgimento delle udienze, alla partecipazione delle parti al processo, allo svolgimento delle indagini preliminari da remoto.
Il sistema del deposito telematico di taluni atti e documenti processuali verrà esaminato ed approfondito in altro contributo pubblicato su questa Rivista (Il deposito telematico degli atti penali nel decreto legge c..d. Ristori: significative novità e sconsolanti conferme, di Maurizio Bozzatore)
Partiamo con ordine dal testo dell’art. 23 del d.l. n. 137 del 2020.
Disposizioni per l’esercizio dell’attività giurisdizionale nella vigenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19
1. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino alla scadenza del termine di cui all’articolo 1 del decreto legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35 si applicano le disposizioni di cui ai commi da 2 a 9. Resta ferma l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 221 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 ove non espressamente derogate dalle disposizioni del presente articolo.
2. Nel corso delle indagini preliminari il pubblico ministero e la polizia giudiziaria possono avvalersi di collegamenti da remoto, individuati e regolati con provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia, per compiere atti che richiedono la partecipazione della persona sottoposta alle indagini, della persona offesa, del difensore, di consulenti, di esperti o di altre persone, salvo che il difensore della persona sottoposta alle indagini si opponga, quando l’atto richiede la sua presenza. Le persone chiamate a partecipare all'atto sono tempestivamente invitate a presentarsi presso l’ufficio di polizia giudiziaria più vicino al luogo di residenza, che abbia in dotazione strumenti idonei ad assicurare il collegamento da remoto. Presso tale ufficio le persone partecipano al compimento dell'atto in presenza di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria, che procede alla loro identificazione. Il compimento dell'atto avviene con modalità idonee a salvaguardarne, ove necessario, la segretezza e ad assicurare la possibilità per la persona sottoposta alle indagini di consultarsi riservatamente con il proprio difensore. Il difensore partecipa da remoto mediante collegamento dal proprio studio, salvo che decida di essere presente nel luogo ove si trova il suo assistito. Il pubblico ufficiale che redige il verbale dà atto nello stesso delle modalità di collegamento da remoto utilizzate, delle modalità con cui si accerta l'identità dei soggetti partecipanti e di tutte le ulteriori operazioni, nonché dell'impossibilità dei soggetti non presenti fisicamente di sottoscrivere il verbale, ai sensi dell'articolo 137, comma 2, del codice di procedura penale. La partecipazione delle persone detenute, internate o in stato di custodia cautelare è assicurata con le modalità di cui al comma 4. Con le medesime modalità di cui al presente comma il giudice può procedere all’interrogatorio di cui all’articolo 294 del codice di procedura penale.
3. Le udienze dei procedimenti civili e penali alle quali è ammessa la presenza del pubblico possono celebrarsi a porte chiuse, ai sensi, rispettivamente, dell'articolo 128 del codice di procedura civile e dell'articolo 472, comma 3, del codice di procedura penale.
4. La partecipazione a qualsiasi udienza delle persone detenute, internate, in stato di custodia cautelare, fermate o arrestate, è assicurata, ove possibile, mediante videoconferenze o con collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 3, 4 e 5 dell'articolo 146-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271. Il comma 9 dell’articolo 221 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, è abrogato.
5. Le udienze penali che non richiedono la partecipazione di soggetti diversi dal pubblico ministero, dalle parti private, dai rispettivi difensori e dagli ausiliari del giudice possono essere tenute mediante collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia. Lo svolgimento dell'udienza avviene con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l'effettiva partecipazione delle parti. Prima dell'udienza il giudice fa comunicare ai difensori delle parti, al pubblico ministero e agli altri soggetti di cui è prevista la partecipazione giorno, ora e modalità del collegamento. I difensori attestano l'identità dei soggetti assistiti, i quali, se liberi o sottoposti a misure cautelari diverse dalla custodia in carcere, partecipano all'udienza solo dalla medesima postazione da cui si collega il difensore. In caso di custodia dell'arrestato o del fermato in uno dei luoghi indicati dall'articolo 284, comma 1, del codice di procedura penale, la persona arrestata o fermata e il difensore possono partecipare all'udienza di convalida da remoto anche dal più vicino ufficio della polizia giudiziaria attrezzato per la videoconferenza, quando disponibile. In tal caso, l'identità della persona arrestata o formata è accertata dall'ufficiale di polizia giudiziaria presente. L'ausiliario del giudice partecipa all'udienza dall'ufficio giudiziario e dà atto nel verbale d'udienza delle modalità di collegamento da remoto utilizzate, delle modalità con cui si accerta l'identità dei soggetti partecipanti e di tutte le ulteriori operazioni, nonché dell'impossibilità dei soggetti non presenti fisicamente di sottoscrivere il verbale, ai sensi dell'articolo 137, comma 2, del codice di procedura penale, o di vistarlo, ai sensi dell'articolo 483, comma 1, del codice di procedura penale. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano alle udienze nelle quali devono essere esaminati testimoni, parti, consulenti o periti, nonché alle discussioni di cui agli articoli 441 e 523 del codice di procedura penale e, salvo che le parti vi consentano, alle udienze preliminari e dibattimentali.
6. Il giudice può disporre che le udienze civili in materia di separazione consensuale di cui all’articolo 711 del codice di procedura civile e di divorzio congiunto di cui all’articolo 9 della legge 1 dicembre 1970, n. 898 siano sostituite dal deposito telematico di note scritte di cui all’articolo 221, comma 4, del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, nel caso in cui tutte le parti che avrebbero diritto a partecipare all’udienza vi rinuncino espressamente con comunicazione, depositata almeno quindici giorni prima dell’udienza, nella quale dichiarano di essere a conoscenza delle norme processuali che prevedono la partecipazione all’udienza, di aver aderito liberamente alla possibilità di rinunciare alla partecipazione all’udienza, di confermare le conclusioni rassegnate nel ricorso e, nei giudizi di separazione e divorzio, di non volersi conciliare.
7. In deroga al disposto dell’articolo 221, comma 7, del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, il giudice può partecipare all’udienza anche da un luogo diverso dall’ufficio giudiziario.
8. Per la decisione sui ricorsi proposti per la trattazione a norma degli articoli 127 e 614 del codice di procedura penale la Corte di cassazione procede in Camera di consiglio senza l'intervento del procuratore generale e dei difensori delle altre parti, salvo che una delle parti private o il procuratore generale faccia richiesta di discussione orale. Entro il quindicesimo giorno precedente l'udienza, il procuratore generale formula le sue richieste con atto spedito alla cancelleria della Corte a mezzo di posta elettronica certificata. La cancelleria provvede immediatamente a inviare, con lo stesso mezzo, l'atto contenente le richieste ai difensori delle altre parti che, entro il quinto giorno antecedente l'udienza, possono presentare con atto scritto, inviato alla cancelleria della corte a mezzo di posta elettronica certificata, le conclusioni. Alla deliberazione si procede con le modalità di cui al comma 9; non si applica l'articolo 615, comma 3, del codice di procedura penale e il dispositivo è comunicato alle parti. La richiesta di discussione orale è formulata per iscritto dal procuratore generale o dal difensore abilitato a norma dell'articolo 613 del codice di procedura penale entro il termine perentorio di venticinque giorni liberi prima dell'udienza e presentata, a mezzo di posta elettronica certificata, alla cancelleria. Le previsioni di cui al presente comma non si applicano ai procedimenti per i quali l’udienza di trattazione ricade entro il termine di quindici giorni dall’entrata in vigore del presente decreto. Per i procedimenti nei quali l’udienza ricade tra il sedicesimo e il trentesimo giorno dall’entrata in vigore del presente decreto la richiesta di discussione orale deve essere formulata entro dieci giorni dall’entrata in vigore del presente decreto.
9. Nei procedimenti civili e penali le deliberazioni collegiali in camera dì consiglio possono essere assunte mediante collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia. Il luogo da cui si collegano i magistrati è considerato Camera di consiglio a tutti gli effetti di legge. Nei procedimenti penali, dopo la deliberazione, il presidente del collegio o il componente del collegio da lui delegato sottoscrive il dispositivo della sentenza o l'ordinanza e il provvedimento è depositato in cancelleria ai fini dell'inserimento nel fascicolo il prima possibile. Nei procedimenti penali le disposizioni di cui al presente comma non si applicano alle deliberazioni conseguenti alle udienze di discussione finale, in pubblica udienza o in camera di consiglio, svolte senza il ricorso a collegamento da remoto.
10. Le disposizioni di cui al presente articolo, nonché quelle di cui all’articolo 221 del decreto legge 19 maggio
2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, in quanto compatibili, si applicano altresì ai procedimenti relativi agli arbitrati rituali e alla magistratura militare.
2. Il periodo di efficacia delle “nuove” disposizioni.
In primo luogo, delimitiamo il regime temporale della legislazione di emergenza: il primo comma dell’art. 23 D.L. 137/20 prevede che le disposizioni indicate dal comma 2 al comma 9 dello stesso articolo siano efficaci dalla data di entrata in vigore del decreto sino alla scadenza del termine previsto dall’art. 1 del decreto legge 25 marzo 2020 n. 19, convertito con legge del 22 maggio 2020 n. 35 che, a sua volta, prevede che le misure emergenziali ivi previste possano essere adottate per periodi predeterminati, ciascuno di durata non superiore a trenta giorni, reiterabili e modificabili anche più volte sino al termine dello stato di emergenza che, ad oggi, è fissato al 31 gennaio 2021, in conseguenza della modifica indicata dall’art. 1, comma 1 del d.l. del 7 ottobre 2020, n 125)
Lo stesso art. 23, sempre al primo comma, fa poi salva l’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 221 decreto legge 34 del 2020, a sua volta convertito con modificazioni dalla legge 77 del 2020, ove non espressamente derogate dalle statuizioni del nuovo decreto.
Tale disposizione prevede, al secondo comma, un diverso termine di efficacia delle norme ivi contenute, ovvero quello del 31 dicembre 2020.
Si pone, di conseguenza, un problema di coordinamento tra norme, atteso che l’art. 23 comma 1 richiama sia l’art. 1 del decreto legge 19 del 2020, che prevede come termine di durata massima delle misure emergenziali quello del 31 gennaio 2021, sia l’art. 221 del decreto legge 34 del 2020 che, al contrario, prevede come termine di durata massima delle misure ivi contenute ed, in particolare, quelle dai commi 3 a 10, la data del 31 dicembre 2020.
A ben vedere, però, per quanto in questa sede interessa, le uniche disposizioni che attengono al settore penale contenute nel citato art. 221 sono quelle di cui al comma 9, espressamente abrogato dal nuovo art. 23, e quelle di cui al comma 11 che, invero, non sono espressamente richiamate dall’art. 221 comma 2 e quindi non rientrano tra le misure che scadono il 31 dicembre 2020.
Di conseguenza, pur in presenza di un dato letterale non univoco, si può ragionevolmente sostenere che le nuove misure emergenziali attinenti al settore penale previste dall’art. 23 decreto legge 137 del 2020 sono, allo stato, efficaci per trenta giorni dalla entrata in vigore del nuovo testo normativo, termine reiterabile sino al 31 gennaio 2021
3. Le indagini preliminari da remoto.
Per quanto concerne la disciplina relativa alle indagini preliminari da remoto, la nuova normativa contenuta nell’art. 23 modifica il precedente regime previsto dall’art. 83 decreto legge 18 del 2020 e dall’art. 221 decreto legge 34 del 2020 nei seguenti termini:
- Al Comma 2 è previsto che nel corso delle indagini il Pubblico Ministero e la Polizia Giudiziaria (non più, quindi, anche il Giudice, così come previsto dall’art. 83) possano avvalersi del collegamento da remoto per compiere atti che richiedono la partecipazione della persona sottoposta alle indagini, della persona offesa, del difensore, di consulenti, di esperti e di altre persone salvo che il difensore dell’indagato non si opponga, quando l’atto richiede la sua presenza e ciò a prescindere dalla condizione, prima prevista dall’art. 83, che la presenza fisica di costoro non potesse essere assicurata senza mettere a rischio le esigenze di contenimento della diffusione del covid 19.
- Al Comma 3 è disposto che le udienze dei procedimenti civili e penali alle quali è ammessa la presenza del Pubblico Ministero possono celebrarsi a porte chiuse, ai sensi degli artt. 128 c.p.c. e 472 comma 3 c.p.p.
- Al Comma 4 , a sua volta richiamato dal già citato art. 23 comma 2 in relazione alla fase delle indagini preliminari, è regolata la partecipazione a qualsiasi udienza delle persone detenute, internate, in stato di custodia cautelare, fermate e arrestate, che deve essere assicurata, ove possibile, mediante videoconferenza o con collegamenti da remoto; non è più richiesto il necessario consenso delle parti (prima previsto dall’art. 221 comma 9 decreto legge 34 del 2020 ed oggi espressamente abrogato).
- Al Comma 5 viene regolata la trattazione dell’udienza penale con l’unica rilevante modifica, rispetto alla precedente disciplina, del divieto assoluto, quindi non derogabile neppure col consenso delle parti, di trattazione da remoto delle udienze in cui è prevista istruttoria (esame testi, esame delle parti, esame CT o periti) ovvero in cui è prevista la discussione ai sensi degli artt. 441 e 523 c.p.p.
In sintesi, le modalità concrete di svolgimento di determinati atti di indagine, ove richiesta la partecipazione del difensore, sono subordinate ad un accordo con il difensore; pur in presenza di oggettive condizioni che impediscano il rispetto delle misure di sicurezza anti Covid – 19 (si pensi, ad esempio, ad un conferimento incarico, ex art. 360 c.p.p, ad un consulente del pubblico ministero in presenza di numerosi indagati e relativi difensori in una stanza non adeguata a contenere più persone nel rispetto delle misure di sicurezza) il pubblico ministero e la polizia giudiziaria non potranno attivare le procedure “ da remoto” ogni qual volta vi sarà una opposizione della difesa.
Quando, durante le indagini preliminari, il compimento dei richiamati atti richieda la partecipazione di persone detenute, internate o in stato di custodia cautelare, fermate o arrestate, questa sarà assicurata con le modalità di cui al comma 4 dell’art. 23, ovvero mediante videoconferenza o con collegamenti da remoto, senza il necessario consenso delle parti (prima previsto dall’art. 221 comma 9 decreto legge 34 del 2020 ed oggi espressamente abrogato).
Infine, la nuova norma prevede espressamente la possibilità per il giudice di procedere all’interrogatorio ex art. 294 c.p.p. mediante collegamento da remoto, prima non menzionata.
L’eliminazione dall’art. 23, comma 2, della figura del Giudice quale soggetto che può compiere determinati atti in remoto nel corso delle indagini preliminari sembrerebbe, quindi, espressione della volontà del legislatore di escludere la possibilità di espletare, a distanza, le udienze ove l’escussione della persona offesa o del testimone avviene con le forme dell’incidente probatorio.
La possibilità per il Giudice di compiere attività a distanza nel corso delle indagini preliminari sarebbe, dunque, limitata all’interrogatorio di cui all’art. 294 c.p.p., in relazione al quale è stato necessario prevedere una specifica autorizzaizone.
4. La partecipazione e la trattazione delle udienze penali.
Nella vigenza del vecchio art. 83 comma 7, invece, la celebrazione di tutte le udienze penali pubbliche o di singole udienze a porte chiuse era prevista quale misura che era possibile adottare da parte del dirigente dell’ufficio.
La celebrazione da remoto dell’udienza penale residua, pertanto, sempre previo consenso delle parti, solo per le udienze preliminari e dibattimentali diverse da quelle sopra citate (udienze filtro o di prima comparizione, udienze di patteggiamento per i reati da citazione diretta, ammissione alla messa alla prova).
In relazione alle udienze di sola discussione si precisa, al comma 9, che la fase della delibazione può avvenire mediante collegamento da remoto nei soli e limitati casi in cui anche la discussione finale è avvenuta ricorrendo al collegamento a distanza.
Rimane, invece, ancora possibile il collegamento da remoto per le udienze di convalida dell’arresto e del fermo ovvero della misura di allontanamento urgente dalla casa familiare. Nel caso in cui la parte sia libera o sottoposta a misure cautelari non custodiali essa potrà partecipare all’udienza solamente dalla medesima postazione del suo difensore. Coloro che si trovano in stato di arresto o fermo, invece, possono partecipare dal più vicino ufficio di polizia giudiziaria
Decreto legge Ristori, il deposito telematico degli atti penali: significative novità e sconsolanti conferme
Maurizio Bozzaotre
Sommario: 1. Il deposito telematico nel testo del decreto-legge - 2. Un primo breve commento: il deposito di atti e documenti di cui all’art. 415-bis c.p.p. - 3. (segue): il deposito di “ulteriori atti” mediante portale - 4. (segue): il deposito di atti a mezzo p.e.c. - 5. Prime (sconsolate) conclusioni: un “doppio binario” anche per i depositi telematici?
1. Il deposito telematico nel testo del decreto-legge
Nel testo decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, recante “Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19” (c.d. “Decreto Ristori”), visto il perdurare (anzi, l’aggravarsi) dell’emergenza COVID-19, sono contenute, fra le altre, alcune disposizioni in tema di deposito degli atti processuali penali, anche in deroga a vigenti disposizioni. Tali previsioni sono essenzialmente contenute all’art. 24, il cui testo conviene riprodurre integralmente. A seguire un breve commento a prima lettura.
ART. 24. (Disposizioni per la semplificazione delle attività di deposito di atti, documenti e istanze nella vigenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19)
1. In deroga a quanto prevista dall’articolo 221, comma 11, del decreto-legge n. 34 del 2020 convertito con modificazioni dalla legge 77 del 2020, fino alla scadenza del termine di cui all’articolo 1 del decreto legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, il deposito di memorie, documenti, richieste ed istanze indicate dall’articolo 415-bis, comma 3, del codice di procedura penale presso gli uffici delle procure della repubblica presso i tribunali avviene, esclusivamente, mediante deposito dal portale del processo penale telematico individuato con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia e con le modalità stabilite nel decreto stesso, anche in deroga alle previsioni del decreto emanato ai sensi dell’articolo 4, comma 1, del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 febbraio 2010, n. 24. Il deposito degli atti si intende eseguito al momento del rilascio della ricevuta di accettazione da parte dei sistemi ministeriali, secondo le modalità stabilite dal provvedimento.
2. Con uno o più decreti del Ministro della giustizia, saranno indicati gli ulteriori atti per quali sarà reso possibile il deposito telematico nelle modalità di cui al comma 1.
3. Gli uffici giudiziari, nei quali è reso possibile il deposito telematico ai sensi dei commi 1 e 2, sono autorizzati all’utilizzo del portale, senza necessità di ulteriore verifica o accertamento da parte del Direttore generale dei servizi informativi automatizzati.
4. Per tutti gli atti, documenti e istanze comunque denominati diversi da quelli indicati nei commi 1 e 2, fino alla scadenza del termine di cui all’articolo 1 del decreto legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, è consentito il deposito con valore legale mediante posta elettronica certificata inserita nel Registro generale degli indirizzi di posta elettronica certificata di cui all’art. 7 del decreto del Ministro della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44. Il deposito con le modalità di cui al periodo precedente deve essere effettuato presso gli indirizzi PEC degli uffici giudiziari destinatari ed indicati in apposito provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati e pubblicato sul Portale dei servizi telematici. Con il medesimo provvedimento sono indicate le specifiche tecniche relative ai formati degli atti e le ulteriori modalità di invio.
5. Ai fini dell’attestazione del deposito degli atti dei difensori inviati tramite posta elettronica certificata ai sensi del comma precedente, il personale di segreteria e di cancelleria degli uffici giudiziari provvede ad annotare nel registro la data di ricezione e ad inserire l’atto nel fascicolo telematico. Ai fini della continuità della tenuta del fascicolo cartaceo provvede, altresì, all’inserimento nel predetto fascicolo di copia analogica dell’atto ricevuto con l’attestazione della data di ricezione nella casella di posta elettronica certificata dell’ufficio.
6. Per gli atti di cui al comma 1 e per quelli che saranno individuati ai sensi del comma 2 l’invio tramite posta elettronica certificata non è consentito e non produce alcun effetto di legge.
Venendo ora ad un breve commento a caldo, in buona sostanza, ai fini delle modalità di deposito da parte del difensore, il testo prevede (almeno in questa prima fase) tre categorie di atti.
2. Un primo breve commento: il deposito di atti e documenti di cui all’art. 415-bis c.p.p.
Al primo comma si disciplina il deposito in Procura di memorie, documenti, richieste, istanze di cui all’articolo 415-bis, co. 3, c.p.p. Si prevede espressamente che tale adempimento possa avvenire esclusivamente utilizzando uno strumento denominato «portale del processo penale telematico», da individuarsi con provvedimento del DGSIA (Direttore generale servizi informativi automatizzati) del Ministero della giustizia e con le modalità ivi stabilite, anche in deroga alle vigenti modalità previste dal noto D.M. 44/2011 e successive modifiche.
Com’è noto agli operatori del settore, sulla base delle normative approvate durante l’emergenza COVID ([1]), con provvedimento dell’11.05.2020 la DGSIA ha emanato una serie di disposizioni relative al deposito con modalità telematica di memorie, documenti, richieste e istanze indicate dall'articolo 415-bis, co. 3, c.p.p., curando altresì la pubblicazione di un dettagliato “Manuale Utente Portale Deposito atti Penali (PDP)”, avente lo scopo di illustrare le funzionalità di tale strumento. In breve, il PDP - raggiungibile dal Portale dei Servizi Telematici (PST) del Ministero tramite apposita “Area riservata” - consente il deposito con modalità telematica di memorie, documenti, richieste e istanze che possono essere presentati dall’indagato a seguito dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari.
Orbene, ad una primissima lettura della disposizione in commento, rimane il dubbio se il «portale del processo penale telematico» di cui si discorre coincida con l’attuale «portale deposito atti penali» (PDP), come si diceva attivo da alcuni mesi, oppure sia un diverso ed ulteriore strumento (che chiaramente si sostituirebbe al primo) che necessiti anch’esso di essere “individuato” (sic) da parte della DGSIA.
3. (segue): il deposito di “ulteriori atti” mediante portale
Il comma 2 della norma in commento prevede poi che si possano individuare “ulteriori atti” per i quali sarà possibile il deposito con le medesime modalità del comma 1 (quindi utilizzando esclusivamente l’apposito portale di cui sopra). Tali atti (o categorie di atti) verranno individuati con decreto ministeriale, il che potrebbe forse comportare qualche dubbio di legittimità su una normazione secondaria che incida sulla efficacia di atti processuali la cui natura e formazione viene disciplinata da norme codicistiche, aventi notoriamente forza e valore di legge.
Nell’intento di semplificare, si prevede (comma 3) che gli uffici giudiziari attrezzati al deposito telematico siano autorizzati all’utilizzo del portale, senza necessità di ulteriore verifica o accertamento da parte della DGSIA.
E’ chiaro che se si pensa di utilizzare il già esistente “portale deposito atti penali” quest’ultimo dovrà necessariamente essere implementato e potenziato rispetto ad ipotesi di deposito che fuoriescano dal ristretto ambito di istanze, atti e documenti limitatamente collegati e conseguenti all’avviso ex art. 415-bis c.p.p.
4. (segue): il deposito di atti a mezzo p.e.c.
Di notevole importanza sembra essere la disciplina introdotta dal comma 4 della disposizione in commento. In essa infatti si prevede - fino alla scadenza del termine ex art. 1 d.l. 19/2020, conv. in legge 35/2020, ossia il 31 gennaio 2021 - una modalità di deposito a mezzo posta elettronica certificata per tutti gli atti, documenti o istanze che siano diversi da quelli indicati nei commi 1 e 2. A tale scopo dovrà ovviamente essere utilizzato un indirizzo p.e.c. inserito del Registro generale degli indirizzi di posta elettronica certificata.
Tale deposito deve essere effettuato presso gli indirizzi di posta elettronica certificata degli uffici giudiziari destinatari, che verranno indicati in apposito provvedimento del DGSIA da pubblicarsi sul Portale dei servizi telematici. Con il medesimo provvedimento verranno indicate le specifiche tecniche relative ai formati degli atti e le ulteriori modalità di invio.
La norma prevede, a carico degli uffici di segreteria o cancelleria destinatari, una duplice modalità di attestazione. Dopo aver provveduto ad annotare nel registro la data di ricezione dell’atto, si dovrà prima inserire il medesimo (nel suo formato digitale) all’interno del fascicolo telematico. In secondo luogo, ai fini della tenuta del fascicolo cartaceo, si dovrà altresì provvedere al materiale inserimento nel predetto di una copia analogica dell’atto ricevuto con l’attestazione della data di ricezione della p.e.c. da parte dell’ufficio.
Norma di chiusura e puntualizzazione del micro-sistema così definito è quella che (al sesto e ultimo comma) prevede il divieto - a pena di inefficacia - di invio tramite p.e.c. per quegli atti individuati ai sensi dei commi 1 e 2, atti che - come detto - dovranno necessariamente essere depositati a mezzo portale.
5. Prime (sconsolate) conclusioni: un “doppio binario” anche per i depositi telematici?
A questo punto, se tali disposizioni verranno confermate nei successivi passaggi legislativi, non resta che attendere i successivi decreti attuativi, auspicando che il Ministero e la Direzione servizi informatici, per quanto di rispettiva competenza, provvedano con la necessaria celerità.
Una volta a regime, al di là dell’emergenza, sotto il profilo delle modalità di deposito potremo dunque avere due categorie di atti. Ve ne saranno alcuni, tassativamente individuati, che potranno (rectius: dovranno) essere depositati utilizzando il portale (quale che esso sia); tutti gli altri, viceversa, potranno “godere” del beneficio di essere depositati mediante l’invio di una semplice p.e.c. (sia pure nel rispetto delle specifiche tecniche all’uopo previste). Una bipartizione la cui concreta catalogazione viene affidata, come si è visto, ad un decreto ministeriale. Scelta non esente da dubbi sul piano prettamente giuridico, come accennato.
Ad ogni modo, al netto delle perplessità di carattere formale, non può non rilevarsi come anche in subiecta materia si vada verso l’introduzione di una sorta di… “doppio binario”, a conferma di quanto ormai questa modalità sia sistematicamente - quasi ossessivamente, si direbbe! - penetrata nei riti e rituali processualpenalistici. C’è solo da augurarsi che siffatta bipartizione venga strutturata in maniera razionale e che risulti coerente con una impostazione “garantista” in base alla quale la necessità (sacrosanta) di una puntuale formalizzazione delle modalità di “comunicazione” (latamente intesa) di atti provenienti dalla parte pubblica/autorità giudiziaria verso la parte privata/difesa non necessariamente dovrebbe trovare una pedissequa riproduzione (soprattutto in termini di sanzioni) per la direzione comunicativa inversa (dalla parte privata a quella pubblica). La plurisecolare tensione tra autorità e libertà si declina anche in quelle che appaiono questioni “tecnicistiche” o di dettaglio. Laddove si annida, come sempre, il “diavolo” della compressione di diritti e garanzie ([2]).
([1]) Si veda in particolare quanto previsto dall’art. 83, comma 12-quater.1, del decreto-legge n. 18/2020, conv. con modifiche dalla legge n. 27/2020, successivamente modificato.
([2]) Sulle insidie della telematica rispetto ai principi del giusto processo, rimando alle considerazioni svolte in Il processo penale telematico dal punto di vista della difesa, in questa Rivista https://www.giustiziainsieme.it/it/organizzazione-della-giustizia/607-il-processo-penale-telematico-dal-punto-di-vista-della-difesa.
Decreto legge Ristori, le disposizioni emergenziali per contenere il rischio di diffusione dell’epidemia nel contesto penitenziario
Fabio Gianfilippi
Il carcere alla prova della seconda ondata
Mentre il numero di contagi aumenta su tutto il territorio nazionale, anche il carcere soffre la diffusione del COVID19, in alcuni casi, per come ricordato dal Garante nazionale nel suo comunicato del 28.10.2020
(https://www.garantenazionaleprivatiliberta.it/gnpl/it/dettaglio_contenuto.page?contentId=CNG9597&modelId=10021), con un coinvolgimento ancora limitato, ed in altri con numeri preoccupanti tra detenuti e personale.
Nonostante la messa a punto di un sistema di controlli e la riduzione sensibile, di fatto mai davvero cessata, delle attività trattamentali all’interno degli istituti di pena, era prevedibile che un organismo fatto di tanta umanità, compressa in spazi relativamente limitati, fosse esposta al pericolo di contagio.
In questa logica il DL “Cura Italia” n. 18 del 17.03.2020 (poi convertito con legge 24 aprile 2020 n. 27) aveva previsto alcuni interventi volti a deflazionare i numeri dei detenuti negli istituti penitenziari, anche se sin da subito si era percepito come si trattasse di soluzioni non destinate ad incidere con numeri particolarmente importanti sull’endemico sovraffollamento.
Non è questa per altro la sede per raccontare invece come molto lavoro sia stato fatto dalla magistratura di sorveglianza utilizzando gli ordinari strumenti previsti dalla legge penitenziaria, soprattutto per mettere al riparo dal rischio di contagio i detenuti con patologie particolarmente gravi e con età avanzata. Si ricorderà come questi provvedimenti siano stati accolti da una certa campagna di stampa e come, di fatto, la risposta del legislatore sia stata in seguito caratterizzata da due DL (28 e 29/2020), che avevano di mira essenzialmente un freno alle uscite o comunque il rientro in carcere delle persone ammesse a quelle misure domiciliari, ove condannate o imputate per delitti di criminalità organizzata ed alcune altre gravi fattispecie di reato.
Dopo un’estate che aveva condotto tutti a sperare, contra spem, che il peggio fosse passato, ecco che il virus torna, implacabile e, dopo un nuovo aumento del numero dei detenuti, la necessità di intervenire sul carcere si fa di nuovo pressante, anche se è indubbio che ogni misura volta a ridurre la pressione sul mondo penitenziario avrebbe sortito effetti migliori, e sarebbe stata praticabile in modo più semplice, intervenendo prima di questa seconda fase emergenziale, in cui gli uffici di sorveglianza, gli uffici esecuzione penale esterna e la polizia penitenziaria affrontano carenze ulteriori negli organici già non ampi, a causa del personale in isolamento domiciliare precauzionale, o positivo e in quarantena, o costretto al domicilio in blocco, per la chiusura temporanea degli uffici per la sanificazione degli ambienti.
E’ in questo contesto che si collocano gli interventi contenuti negli art. 28. 29 e 30 del DL n. 137, pubblicato in Gazzetta Ufficiale nella serata del 28 ottobre 2020, e in vigore dal giorno successivo.
La disposizione in materia di licenze.
La prima misura, sulla falsariga di quella prevista nell’art. 124 del dl 18/2020, è inserita nell’art. 28 e concerne la concedibilità al condannato ammesso al regime di semilibertà di licenze “premio”, aggettivo quest’ultimo che, senza una particolare ragione, si aggiunge alla loro denominazione ordinaria, in misura superiore ai 45 giorni annui. Rispetto alla versione del decreto legge di marzo, oggi si precisa che questa possibilità incontra il solo limite della sussistenza di gravi motivi ostativi alla concessione da valutarsi da parte del magistrato di sorveglianza.
Le licenze straordinarie, per durata, si sono rivelate assai utili nella gestione di condannati che avrebbero altrimenti quotidianamente alternato momenti in libertà e in detenzione, con evidente maggior rischio di portare il contagio con sé. E’ quindi assai utile che vi si possa nuovamente far ricorso. Il riferimento espresso ai gravi motivi ostativi come gli unici che giustifichino un diniego della concessione appare in tal senso come un incentivo ulteriore al più ampio uso dello strumento, almeno sino alla data del 31 dicembre 2020, indicata espressamente.
I permessi premio di durata straordinaria
L’art. 29 prevede che, ancora una volta sino al 31 dicembre 2020, si possano concedere permessi premio senza i limiti di durata previsti nell’art. 30 ter ord. penit., e dunque anche più lunghi di quindici giorni e complessivamente più ampi di quarantacinque giorni annui. La misura però è destinata soltanto a chi abbia già fruito di permessi premio e sia stato già assegnato a svolgere un lavoro all’esterno ai sensi dell’art. 21 ord. penit. (o sia ammesso all’istruzione o alla formazione professionale all’esterno, nel contesto dell’ordinamento penitenziario minorile). La formulazione parrebbe per altro fissare il momento in cui si cristallizzano i requisiti che consentono i permessi di durata straordinaria a quello di entrata in vigore del decreto legge.
Nell’ottica deflativa che contrassegna l’intervento urgente del Governo, questa misura apre positivi spazi che con il decreto di marzo non erano stati percorsi, ma il riferimento soggettivo al condannato ammesso ai permessi e (con uso inequivoco della congiunzione semplice “e”) anche assegnato al lavoro all’esterno, limita particolarmente il suo campo di applicazione, rinunciando ad una apertura, invece possibile, a tutta la platea dei detenuti già provati mediante positive esperienze premiali, con la quale si sarebbe potuto lasciare alla prudente discrezionalità dei magistrati di sorveglianza il vaglio relativo alla maturazione dei percorsi individuali, e quindi alla capacità dei destinatari di rispettare le prescrizioni con permessi di più lunga durata. Sarebbe in tal senso auspicabile una modifica ampliativa, percorribile in sede di conversione del DL in legge, mediante la sostituzione della congiunzione con una particella disgiuntiva.
La disposizione è arricchita, per altro, di ulteriori limitazioni, non potendo trovare applicazione a quei detenuti, che pure abbiano maturato dalla magistratura di sorveglianza una fiducia sufficiente ad aprirli ai benefici premiali e al lavoro all’esterno, ma espiino pene per delitti compresi nel disposto dell’art. 4 bis ord. penit. oppure siano stati condannati per i delitti di maltrattamenti in famiglia (art. 572 cod. pen.) o di atti persecutori (art. 612-bis cod. pen.).
Il permesso non è neppure concedibile a chi veda compreso nel proprio titolo esecutivo un delitto di associazione a delinquere di stampo mafioso od altro reato commesso con modalità mafiose o con la finalità di agevolare un gruppo criminale ex art. 416 bis cod. pen., oppure di terrorismo anche internazionale, anche se ha già espiato la quota di pena relativa a questi delitti, se i reati residui siano stati giudicati, anche in sede esecutiva, avvinti da una connessione con quelli ostativi perché commessi con una sola azione od omissione o in esecuzione di un medesimo disegno criminoso (art. 12 co. 1 lett. b) cod. proc. pen.) o per eseguire od occultare i reati ostativi (art. 12 co. 1 lett. c) cod. proc. pen.).
Quest’ultima indicazione, contenuta nell’art. 29 co. 2 del DL, introduce un’eccezione espressa al principio, di origine giurisprudenziale, dello scioglimento del cumulo in favore del condannato, alla luce del quale, quando occorre procedere al giudizio sull'ammissibilità di un beneficio penitenziario, ostacolata dalla circostanza che nel cumulo è compreso un titolo di reato rientrante nel novero di quelli ostativi, si considera espiata per prima la parte di pena relativa al reato ostativo (con l’unico limite di cui all’art. 657 co. 4 cod. proc. pen.) e, se si verifica l’avvenuta integrale espiazione di quella quota, si può procedere alla valutazione di merito.
Il DL limita quindi, sotto questo profilo, il ricorso allo scioglimento del cumulo, laddove si valutino i permessi di durata straordinaria.
Non immediatamente comprensibile appare la scelta di evocare l’art. 12 co. 1 lett. b e c cod. proc. pen., disposizione dagli scopi tutti interni al processo, invece che l’art. 81 cod. pen. e l’aggravante di cui all’art. 61 n. 2 cod. pen. Un profilo non meramente formale, ulteriormente complicato nel testo dal riferimento alla necessità che la sussistenza della connessione sia deducibile dall’accertamento operato dal giudice di cognizione o dell’esecuzione (per quest’ultimo sarebbe stato al più opportuno richiamare l’art. 671 cod. proc. pen., esclusa una rilevanza dell’art. 12 co. 1 lett. c) in questa fase).
La disposizione non sembra comunque destinata a mutare sensibilmente la giurisprudenza in merito della magistratura di sorveglianza perché, per come è congegnato l’art. 4 bis co. 1 ord. penit., già oggi tutti i reati commessi con modalità mafiosa o al fine di agevolare i gruppi criminali di riferimento, sono considerati ostativi alla concessione di benefici penitenziari e allo stesso modo, quando venga riconosciuta, anche in fase esecutiva, la continuazione tra il delitto di cui all’art. 416 bis cod. pen. ed un qualunque altro delitto, la medesimezza del disegno criminoso, che è premessa per quella determinazione, si ritiene che attragga nell’alveo dell’ostatività anche il reato di per sé non ostativo.
La scelta normativa appare invece utile a fugare ogni dubbio circa l’operatività del meccanismo di scorporo in tutti gli altri casi, secondo il principio generale riconosciuto ormai pacificamente da molti anni dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. SU 30.06.1999, Ronga), e che deve ritenersi ammettere delle eccezioni, soltanto ove espressamente individuate dal legislatore, come nel caso di specie (vd. anche l’ipotesi dell’art. 41-bis co. 2 ult. parte ord. penit.).
Il ritorno della detenzione domiciliare per gli ultimi diciotto mesi di pena.
L’art. 30 ripropone, in modo sostanzialmente invariato, la misura di detenzione domiciliare per le pene anche residue non superiori ai diciotto mesi, già prevista dall’art. 123 del DL 18/2020, con i marginali correttivi introdotti in sede di conversione con legge 27/2020.
Ci si permette in questa sede un richiamo integrale alle considerazioni che si svolsero, immediatamente dopo l’entrata in vigore del DL “Cura Italia” su questa Rivista (https://www.giustiziainsieme.it/it/diritto-dell-emergenza-covid-19/929-dl-17-marzo-2020-n-18-rischio-di-diffusione-dell-epidemia-di-covid19-nel-contesto-penitenziario).
E’ soltanto necessario richiamare i pochi elementi di novità.
Il più importante è contenuto nel co. 1 lett. a) poiché viene replicato il già decritto meccanismo impeditivo dello scioglimento del cumulo, in presenza di ipotesi di connessione secondo l’art. 12 co. 1 lett. b e c cod. proc. pen.
Il perimetro applicativo, quindi, già segnalatosi nella stesura dello scorso marzo per l’esiguità, appare qui ancora più ridotto.
Tra i soggetti esclusi, inoltre, vengono indicati, oltre i destinatari di provvedimenti disciplinari per le infrazioni di cui agli artt. 18, 19, 20 e 21 dpr 230/2000, anche coloro nei cui confronti, in data successiva all’entrata in vigore del decreto legge, venga redatto un rapporto disciplinare per la promozione o la partecipazione ad eventuali disordini o sommosse.
Oggetto di particolari critiche era stata, all’entrata in vigore dell’art. 123, la difficoltà di reperimento dei dispositivi di controllo mediante mezzi elettronici (i c.d. braccialetti elettronici), cui è subordinata la concessione della misura quando, e finché, la pena residua sia superiore ai sei mesi residui.
Una difficoltà che, in concreto, ha di certo ostacolato la più pronta deflazione degli istituti penitenziari, essendo comunque necessari alcuni giorni perché il dispositivo possa essere effettivamente reperito ed attivato, ma che, per l’esiguo numero complessivo di concessioni di misure, non si è appalesato come l’ostacolo decisivo all’efficacia del nuovo strumento.
In sede di conversione, ad ogni modo, si era ritenuto di incrementare, per la verità in modo davvero esiguo, la quota di pena al di sotto della quale la misura non ne richiedeva l’installazione, con la barocca formulazione per cui: “nel caso in cui la pena residua non superi di trenta giorni la pena per la quale é imposta l'applicazione delle procedure di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici, questi non sono attivati.” Stessa soluzione oggi replicata.
Il co. 9 prevede, sulla falsariga dell’art. 123 co. 8 bis, introdotto in sede di conversione del dl 18/2020, che questa forma particolare di detenzione domiciliare possa applicarsi ai detenuti che ne maturino i presupposti entro il 31 dicembre 2020, e dunque non ne è esclusa la concedibilità anche con istanze pervenute, o soltanto con istruttorie conclusesi, in data successiva.
Gli spazi del carcere e gli interventi normativi
Le misure introdotte potranno consentire alcuni, più o meno immediati, effetti di deflazione (ad esempio svuotando le sezioni semiliberi o ammessi all’art. 21), ma non sembrano destinate a mutare in modo sensibile il quadro di sovraffollamento penitenziario che, in questa fase dell’epidemia, si fa più grave, perché risulta prioritario destinare spazi adeguati all’isolamento dei detenuti che giungono dall’esterno, ai fini delle opportune verifiche di negatività al virus, e si impongono sforzi organizzativi poderosi, ove si sviluppino cluster epidemici all’interno degli istituti stessi.
In questo contesto resta inoltre sempre particolarmente delicata la condizione dei detenuti con maggiori fragilità: anziani ed ammalati, ed assolutamente necessaria una sinergia tra amministrazione penitenziaria e sanità regionale, in grado di gestire in modo adeguato istituti penitenziari cui sempre più si richiede di approntare ampi spazi interni al carcere in grado di garantire effettivi standard igienici e di sanificazione, di tipo persino ospedaliero.
Uno scenario di enorme complessità, che ci fa guardare all’arrivo dell’inverno, con l’acuirsi pronosticato del contagio, con una paura per questa stagione che Adam Gopnik (L’invenzione dell’inverno, Guanda, 2016) poteva ritenere archiviata nel nostro passato premoderno, ma che la pandemia ha reso di nuovo contemporanea.
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