Il tempo del riesame amministrativo (Nota a Cons. Stato, Sez. VI, 27 febbraio 2024, n. 1926)
di Cristina Fragomeni
Sommario: 1. Il quadro fattuale – 2. Il potere di autotutela della pubblica amministrazione. Evoluzione concettuale – 3. Dalla valorizzazione del fattore tempo al fenomeno, diametralmente opposto, della sua mitigazione. L’iter espositivo percorso dal Consiglio di Stato – 4. Rilievi conclusivi.
1. Il quadro fattuale.
La Sesta Sezione del Consiglio di Stato si pronuncia sulla questione del termine per l’annullamento in sede di autotutela.
Nella fattispecie in disamina, l’odierna appellante è titolare di un permesso di costruire conseguito in data 26 aprile 2012, «per la realizzazione di un sottotetto in legno/ferro ventilato con copertura a falde e sovrastanti manto di tegole e pannelli fotovoltaici» su fabbricato. Con provvedimento del 30 marzo 2018, il Comune di Aversa dispone l’annullamento d’ufficio del permesso; con successivo provvedimento del 27 dicembre 2019, ingiunge all’appellante la demolizione delle costruzioni abusive dapprima assentite nonché il ripristino dello stato dei luoghi, nel termine di novanta giorni decorrente dalla notificazione. Avverso i prefati provvedimenti l’appellante insorge innanzi al TAR per la Campania, Sezione Ottava.
Il giudice di prime cure respinge il gravame con sentenza n. 6136 del 15 dicembre 2020, impugnata dinanzi al Consiglio di Stato. In tale sede, l’appellante lamenta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 21 nonies, l. 7 agosto 1990, n. 241 e 6, l. 7 agosto 2015, n. 124, avuto peculiare riguardo alla perimetrazione, operata da quest’ultimo, del termine indeterminato prima fissato dalla norma, con definizione in diciotto mesi dell’arco temporale per l’esercizio del potere amministrativo, nonché agli ulteriori presupposti richiesti dalla disciplina richiamata ai fini dell’annullamento d’ufficio di un provvedimento amministrativo. Il Comune di Aversa controdeduce alle avverse doglianze insistendo per la reiezione dell’appello.
2. Il potere di autotutela della pubblica amministrazione. Evoluzione concettuale
Definiti i contorni della vicenda, si ritiene che il relativo approfondimento non possa prescindere dall’evocazione, sebbene in prospettiva di sintesi, delle autorevoli elaborazioni dottrinali in materia di autotutela, le quali si posizionano in un rapporto di propedeuticità rispetto al tema, in tale sede centrale, del termine per l’annullamento d’ufficio. Tanto si premette anche sul presupposto che quella dell’autotutela costituisce, anzitutto, una problematica di teoria generale dell’ordinamento, «che richiede di chiarire se debba esser riservato ed a chi debba esser riservato l’uso della forza»[1]. In tal senso, Benvenuti, che per primo ha discusso di autotutela decisoria all’interno dei suoi lavori[2], ha definito la stessa come il potere della pubblica amministrazione di «farsi ragione da sé», in occasione della rimozione degli ostacoli frapposti alla realizzazione dell’interesse pubblico, nonché come la capacità dell’Amministrazione medesima di dipanare i conflitti, potenziali ovvero attuali, deflagrati tra i propri atti e i destinatari dell’esercizio del potere, al di fuori dell’intervento dell’autorità giurisdizionale[3].
Si assume, dunque, l’avvenuta integrazione di una «situazione di contrasto», cagionata dall’invalidità dell’atto amministrativo, tra interessato e pubblica amministrazione, la quale ultima è consapevole del fatto che ogni anomalia afferente a tale rapporto rappresenta, prima di tutto, un contrasto con il pubblico interesse alla cui cura essa stessa è preposta[4]. In coerenza con la visione esposta, si è parlato di «retrattabilità» in quanto connotato del regime di efficacia del provvedimento amministrativo[5].
L’esercizio del potere di autotutela decisoria si sostanzia nell’adozione di provvedimenti di secondo grado, aventi ad oggetto provvedimenti amministrativi precedenti ovvero fatti equipollenti. Entro i confini dell’autotutela decisoria, alla stregua di un criterio funzionale, si discerne, dunque, tra poteri di riesame, che investono il regime di validità di provvedimenti ovvero di fatti equipollenti anteriori, e poteri di revisione, con ripercussioni sui profili dell’efficacia e dell’esecuzione di atti precedenti[6].
Parte della dottrina, orientandosi in senso differente, ha rimarcato l’inferenza della legittimazione ad agire della pubblica amministrazione in sede di autotutela dalla medesimezza del potere primario dispiegato, reputando vani i tentativi tesi all’individuazione di un autonomo fondamento del potere amministrativo di riconsiderazione unilaterale degli atti[7]. Lungo tale direttrice si ascrive, di conseguenza, l’accortezza lessicale che accorda predilezione al termine «riesame» anziché al termine «autotutela», dai contorni maggiormente impropri. Sulla scorta di tale indirizzo, il potere amministrativo assorbirebbe i connotati dell’inesauribilità, con annessa legittimazione della pubblica amministrazione ad esercitarlo in una determinata direzione nonché in quella opposta[8], secondo tempistiche scandite, nel perseguimento del fine precipuo di tutela dell’interesse pubblico[9].
Le posizioni riportate convergono nel riconoscere in qualità di fondamento di un potere così strutturato la «supremazia» della pubblica amministrazione ovvero, suo corollario, il carattere autoritativo degli atti amministrativi[10].
Tuttavia, la delineata impostazione non è stata trasposta all’interno della Carta costituzionale; anzi, sarebbe stata proprio la Costituzione ad introdurre, con il principio di tipicità, limiti all’esercizio del potere amministrativo[11].
L’avvento della Costituzione ha innescato un cambiamento nei termini del dibattito, stimolando la focalizzazione delle produzioni dottrinali in materia sul versante della conciliabilità con il testo costituzionale e, in particolare, con il principio di legalità[12], con conseguente formulazione della conclusione secondo cui il potere di riesame deve essere attribuito ai sensi della legge[13].
Con la legge 11 febbraio 2005, n. 15 si immettono nel corpo della legge n. 241/1990 gli artt. 21 quinquies e 21 nonies contenenti, rispettivamente, la disciplina della revoca e dell’annullamento d’ufficio. L’innovazione in tal modo operata ha incentivato l’approdo ad un regime nel quale la consumazione del potere amministrativo si svolgerebbe sotto l’influsso di una previsione legislativa[14], la cui ratio alberga nella certezza del diritto, potenzialmente in grado di restituire razionalità complessiva alla condotta amministrativa[15].
Invero, l’art. 21 nonies, nella sua originaria enunciazione, tipizzava in termini piuttosto lati i presupposti per l’esercizio del potere di riesame, salva la previsione, successivamente inserita per effetto dell’art. 6, l. n. 124/2015 (innovazione richiamata dall’appellante) nel testo dello stesso art. 21 nonies[16], per cui l’annullamento dei provvedimenti di autorizzazione e attribuzione di vantaggi economici deve intervenire entro diciotto mesi dalla loro adozione (ora dodici mesi)[17], in tal modo tracciando una «presunzione di non ragionevolezza del termine» spirato, con sbarramento dell’azione di autotutela[18]. Sicché è possibile scorgere l’ispirazione della novella in discorso ad una finalità, oltre che semplificatoria, di tutela del privato dall’irragionevolezza del tempo dell’azione amministrativa[19].
Più in generale, la fissazione di un termine circostanziato per l’esercizio del potere amministrativo si pone in netta antitesi rispetto alla concezione del carattere immanente ed inesauribile del potere medesimo, tradizionalmente collocata alla base dell’istituto dell’autotutela, generando punti di ricaduta sulla natura di quest’ultima, così rimodellata come un potere non più generale, bensì assegnato all’Amministrazione in via eccezionale ed esplicabile in ossequio ai tempi e alle modalità di cui alla legge[20]. Dalle modifiche normative in materia di annullamento d’ufficio del provvedimento emergerebbe, pertanto, un «disegno sistematico» che affonda le origini in due assunti: l’esigenza della precisazione ad opera del legislatore di presupposti e limiti per l’esercizio del potere di autotutela da parte della pubblica amministrazione; la dissipazione del potere di autotutela decisoria che non sia esercitato nell’osservanza di un termine definito, salvo differente previsione[21].
3. Dalla valorizzazione del fattore tempo al fenomeno, diametralmente opposto, della sua mitigazione. L’iter espositivo percorso dal Consiglio di Stato.
Le considerazioni innanzi esposte hanno consentito di gettare luce sul fenomeno della valorizzazione del fattore tempo, il quale, oltre che a livello costituzionale, come si ricorderà, si è registrato anche al di fuori dei confini nazionali: si pensi all’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e all’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
La genesi della predetta valorizzazione è stata rintracciata nell’avvio di un processo di rivalutazione del privato, non più suddito, ma cittadino titolare di situazioni giuridiche soggettive e di pretese di partecipazione attiva all’esercizio del potere[22]; processo di rivalutazione che, a sua volta, ha implicato il ripensamento dell’intero rapporto amministrativo[23].
Circoscrivendo la riflessione alla normativa rilevante nella vicenda in rassegna, la demarcazione del termine ragionevole per l’annullamento d’ufficio, operata con la cosiddetta legge Madia, avrebbe introdotto un «nuovo paradigma» nella relazione tra cittadino e Amministrazione, sancendo limiti all’esercizio del potere della seconda per la tutela delle situazioni giuridiche soggettive facenti capo al primo[24], con una spiccata tensione, oltre che alla stabilizzazione del rapporto amministrativo, alla responsabilizzazione della pubblica amministrazione. Il contesto ricostruito trae linfa anche dai principi di buona fede e collaborazione che devono informare, come risaputo, i rapporti tra cittadino e Amministrazione.
A tenore dell’art. 21 nonies, l. n. 241/1990, così come novellato dalla legge sopra menzionata, la pubblica amministrazione può annullare ex officio il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell’art. 21 octies, fatta salva la previsione di cui all’art. 21 octies, comma 2, al ricorrere di ragioni di interesse pubblico, nell’osservanza di un termine ragionevole che, quanto all’epoca di inquadramento dei fatti della controversia in esame, non può superare il limite di diciotto mesi, considerati gli interessi di destinatari e controinteressati.
Dal raffronto tra i presupposti di cui all’art. 21 nonies e il provvedimento di autotutela gravato[25],risulta di immediata rilevazione l’elusione dello spazio temporale in cui avrebbe dovuto materializzarsi l’iniziativa di rimozione del permesso di costruire: il limite di diciotto mesi, per gli atti in discorso, decorre dal momento di entrata in vigore della novella legislativa; nel caso all’esame, a rigore, essendo trascorsi oltre trentuno mesi dal dies a quo, l’Amministrazione ha abbondantemente superato il termine perentorio stabilito dal legislatore.
Nonostante tale evidente scollatura dell’agire amministrativo rispetto alla trama normativa di riferimento, il giudice di primo grado ha, a suo tempo, concluso per il rigetto del ricorso introduttivo e dei motivi aggiunti, rinvenendo un argomento decisivo in tal senso nella falsa rappresentazione dello stato effettivo dei luoghi da cui avrebbe tratto alimento il provvedimento di primo grado: il ricorrere delle relative circostanze, infatti, oltre a rendere superflua l’esternazione di qualsivoglia ragione di interesse pubblico[26], determina la non operabilità del termine per l’annullamento d’ufficio[27].
La delimitazione temporale del potere di annullare d’ufficio, come sottolineato, è giustificata da un affidamento che esiste esclusivamente nelle ipotesi di buona fede[28]; in mancanza, può operare l’eccezione di cui al comma 2 bis dell’art. 21 nonies, anch’esso introdotto dalla l. n. 124/2015[29]. Più puntualmente, per il caso di provvedimenti ottenuti in funzione di una falsa rappresentazione dei fatti ovvero di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, è prevista una dequotazione del termine, che perde l’attitudine ad arginare l’intervento in autotutela della pubblica amministrazione, difettando un affidamento legittimo in capo al privato da preservare.
La giurisprudenza, approfondendo, ha riferito all’art. 21 nonies un’ermeneutica che consente di trascendere il termine per l’annullamento d’ufficio, oltre che nell’ipotesi in cui la falsa attestazione in ordine ai presupposti per il rilascio del provvedimento ampliativo sia discesa da una condotta di falsificazione penalmente rilevante (nel qual caso soltanto si renderà necessario l’accertamento definitivo in sede penale), anche laddove, come sarebbe avvenuto nel caso di specie a giudizio del TAR, l’erroneità dei predetti presupposti sia addebitabile, a titolo di dolo, alla parte. In tal caso, attesa l’inesatta prospettazione di parte delle circostanze giuridiche e fattuali prodotte a suffragio dell’emissione dell’atto illegittimo a sé favorevole, logicamente preclusiva della profilazione di una posizione di affidamento tutelabile, sarebbe irragionevole pretendere dall’Amministrazione l’osservanza della tempistica incalzante di cui alla normativa più volte richiamata; conseguentemente, si dovrà esclusivamente aderire al canone di ragionevolezza per soppesare e risolvere il conflitto tra gli interessi in gioco[30].
Il carattere non necessario dell’accertamento con sentenza penale passata in giudicato limitatamente alle false rappresentazioni dei fatti, come ricordato dal Consiglio di Stato nella sentenza in commento, si pone in armonia con il tenore letterale del comma 2 bis dell’art. 21 nonies, che, impiegando la congiunzione disgiuntiva «o», configura due distinte categorie provvedimentali che legittimano l’Amministrazione ad esercitare il potere di annullamento ex officio anche decorso il termine previsto, esigendo esclusivamente per le dichiarazioni sostitutive false l’accertamento con sentenza avente autorità di cosa giudicata[31].
Re melius perpensa, il tracciato ordito normativo e giurisprudenziale, come specificato dal Consiglio di Stato, non si attaglia al caso di specie. La considerazione, evidenziata dal Consiglio di Stato, che presenta efficacia dirimente è la seguente: il differimento del termine iniziale per l’annullamento d’ufficio deve essere causato dalla impossibilità per la pubblica amministrazione di espletare un’istruttoria completa, nell’ambito del procedimento di primo grado, sulla spettanza del bene della vita, impossibilità eziologicamente riconducibile alla condotta dell’istante.
Nella vicenda in esame, l’Amministrazione non ha concretamente provveduto né a rappresentare la presenza di dichiarazioni false acclarate con sentenza penale passata in giudicato né a provare la sussistenza di una falsa rappresentazione dei fatti, disattendendo l’onere motivazionale su di essa gravante di documentare la non veritiera prospettazione di parte.
Vi è di più. Le ragioni sottese alla rimozione del titolo edilizio illegittimamente rilasciato in prime cure, che si compendiano nella difformità dello stato progettuale dallo strumento urbanistico, avrebbero dovuto nonché potuto essere apprezzate nell’ambito della fase istruttoria del procedimento amministrativo preordinato al relativo rilascio, escludendosi, per tale via, l’imputabilità alla condotta del privato della impossibilità per l’Amministrazione di eseguire una compiuta istruttoria. Nella fattispecie controversa, insomma, l’Amministrazione comunale ha omesso di dedurre, nella opportuna sede istruttoria, non ricorrendo alcun ostacolo in tale direzione, le circostanze ed i fatti funzionali alla corretta deliberazione sull’istanza presentata dal privato. La stessa mancata precisazione all’interno degli elaborati progettuali dell’altezza dell’edificio, argomenta il Consiglio di Stato, non poteva escludere il dovere dell’Amministrazione di condurre un’accurata istruttoria ai fini del rilascio del permesso di costruire.
Tirando le fila dell’analisi svolta, nel giudizio del Collegio, l’istruttoria prodromica all’emanazione del permesso di costruire presenta lacune addebitabili all’Amministrazione che si ripercuotono sul successivo segmento procedimentale dell’autotutela, occludendo la possibilità di far valere una falsa rappresentazione dei fatti da parte del privato, peraltro non provata dall’Ente appellato.
In carenza dei presupposti per l’applicabilità della deroga di cui al comma 2 bis dell’art. 21 nonies, rimane fermo l’obbligo di osservare il termine per l’annullamento d’ufficio. In definitiva, una volta assentito l’intervento, la caducazione del permesso di costruire avrebbe dovuto disporsi nel rispetto del termine di diciotto mesi ratione temporis vigente.
Sulla ponderazione degli interessi in gioco, ancorché l’interesse pubblico al corretto assetto urbanistico-edilizio del territorio possa assumersi in re ipsa[32], un ulteriore profilo di illegittimità del provvedimento di secondo grado avversato, nel giudizio del Consiglio di Stato, involge il presupposto normativo del bilanciamento degli interessi di destinatari e controinteressati, nella fattispecie pretermesso.
Il rilievo di tale ultimo presupposto, anch’esso orientato alla protezione dell’affidamento, è indiscutibile, tanto da promuovere, a parere di chi scrive, una connotazione dell’istituto dell’autotutela in senso garantistico[33], nel quadro della conformazione dell’agere amministrativo alla cornice storica e fattuale in cui si inseriscono, unitamente al provvedimento amministrativo di primo grado[34], le situazioni giuridiche soggettive scaturenti dallo stesso provvedimento e pregiudicabili per effetto dell’esercizio del potere di riesame (o viceversa, se si aderisce all’angolo prospettico del controinteressato)[35].
4. Rilievi conclusivi.
Alla luce della decisione assunta dal Consiglio di Stato a definizione della controversia sottoposta alla propria cognizione, può affermarsi che le questioni in essa scrutinate hanno riguardato:
a) il potere di autotutela (recte, i presupposti per il suo corretto esercizio);
b) alla radice della controversia, la decisività della conduzione da parte della pubblica amministrazione di un’istruttoria congrua rispetto agli scopi perseguiti[36].
Quanto al primo punto, sulla riforma Madia in materia di annullamento in autotutela sono scorsi fiumi di inchiostro e qualche spunto si è tentato di fornire nei paragrafi che precedono[37].
Mentre, su un piano più generale, merita in questa sede rilevare che sull’approccio al tema del riesame degli atti amministrativi ha notevolmente inciso l’evoluzione socioeconomica nonché quella giuridica, determinando una graduale riduzione delle ipotesi di autotutela doverosa previste dalla legge[38],nell’obiettivo di «valorizzare la tempestività e completezza dell’istruttoria delle domande dei privati all’atto della loro presentazione, in una visione necessariamente responsabilizzante delle Amministrazioni pubbliche». Atteso il processo di dequotazione che ha interessato il termine ragionevole per l’annullamento d’ufficio, all’«autotutela doverosa totale» si è affiancata la categoria dell’«autotutela doverosa parziale», sotto cui è sussumibile l’esaminata previsione di cui all’art. 21 nonies, comma 2 bis, l. n. 241/1990, nella misura in cui permette alla pubblica amministrazione di esercitare il potere corrispondente sine die, senza attenersi al vincolo temporale elaborato dal legislatore.
Tanto chiarito, in fase di chiusura, appare opportuno porre l’accento sul carattere impreteribile rivestito dal corretto svolgimento dell’istruttoria procedimentale, svolgimento che, osservato attraverso la lente dei fatti esaminati, è risultato determinante ai fini della soccombenza dell’Amministrazione appellata nel contenzioso in oggetto, cagionando la permanenza di quell’asimmetria informativa che la stessa fase istruttoria è deputata a minimizzare[39]. Il tutto ancor prima della riscontrata (in sede di appello) omessa dimostrazione della falsa rappresentazione dei fatti, asseritamente sottostante al rilascio del permesso di costruire, che ha implicato l’inapplicabilità della deroga codificata dal comma 2 bis dell’art. 21 nonies e la riviviscenza del termine di diciotto mesi; termine nella fattispecie già decorso, con annessa trasformazione dell’affidamento in fattore ostativo[40].
[1] Sul punto, si veda F. Francario, Autotutela amministrativa e principio di legalità (nota a margine dell’art. 6 della l. 7 agosto 2015, n. 124), in Federalismi.it, 2015, 20, 6.
[2] F. Benvenuti, Scritti giuridici, 1959; Id., (voce) Autotutela (Dir. Amm.), in Enc. dir., vol. IV, Milano, 1959, 537.
[3] G. Coraggio, Autotutela (Dir. Amm.), in Enc. Giur. Treccani (ad vocem), Roma, 1989.
[4] F. Benvenuti, (voce) Autotutela (Dir. Amm..), cit., 537 ss.
[5] M.S. Giannini, (voce) Atto amministrativo, in Enc. dir., VI, Milano, 1959, 187 - 193.
[6] E. Casetta, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2020, 554.
[7] G. Corso, L’efficacia del provvedimento amministrativo, Milano, 1969; Autotutela (Dir. Amm.), in Dizionario di diritto pubblico, diretto da S. Cassese, 2006, 609 ss.
[8] G. Corso, L’efficacia del provvedimento amministrativo, cit., 337; G. Coraggio, (voce) Annullamento d’ufficio degli atti amministrativi, in Enc. giur., Treccani, 1988.
[9] Sul punto, sia consentito rinviare a C. Fragomeni, Effettività della tutela giurisdizionale e riedizione del potere amministrativo, in Il diritto dell’economia, 2023, 2, 237 ss.
[10] Si sono riportati degli «schemi concettuali» impiegati in dottrina per descrivere il fenomeno dell’inesauribilità del potere, richiamati da M. Trimarchi, Decisione amministrativa di secondo grado ed esaurimento del potere, in P.A. Persona e Amministrazione, 2017, 1, 191 - 192.
[11] Si è esclusa, in ossequio al dettato costituzionale, la riconduzione all’Amministrazione in quanto entità di una «preminente dignità nei confronti degli altri soggetti»; tale preminenza dovrebbe propriamente attribuirsi ai singoli comportamenti della pubblica amministrazione, regolati dall’ordinamento giuridico, estrinsecazioni di una potestà attribuita dall’esterno ed esercitata in «forme tipiche». In tal senso, M. Nigro, Giustizia amministrativa, Bologna, 2000, 187.
[12] Sul punto, a cagion d’esempio, è stata evidenziata l’incomprensibilità della ragione per cui il principio di legalità debba comportare il riconoscimento alla pubblica amministrazione di una peculiare «autorità» nel rilevare l’illegittimità di un atto in precedenza ritenuto legittimo. Si veda, in tal senso, G. Falcon, Questioni sulla validità e sull’efficacia del provvedimento amministrativo nel tempo, in Dir. amm., 2003, 1 ss.
[13] G. Corso, L’efficacia del provvedimento amministrativo, cit., 206 ss - 337.
[14] In senso difforme, S. Tuccillo, Contributo allo studio della funzione amministrativa come dovere, Napoli, 2016, 178, che riconosce il carattere comunque inesauribile conservato dal potere, in ragione dei caratteri della funzione.
[15] M. Trimarchi, Decisione amministrativa di secondo grado ed esaurimento del potere, cit., 202 ss.
[16] In una visione d’insieme, si è osservato che il citato art. 6, in controtendenza rispetto alla maggior parte degli interventi di riforma, non contiene enunciazioni di principio, ma introduce disposizioni, in apparenza disorganiche, volte a rinnovare profondamente l’istituto dell’autotutela amministrativa. In tal senso, F. Francario, Autotutela amministrativa e principio di legalità (nota a margine dell’art. 6 della l. 7 agosto 2015, n. 124), cit., 4.
[17] In dottrina, si è sostenuto che il riferimento normativo ai provvedimenti di autorizzazione e attribuzione di vantaggi economici possa essere inteso come comprensivo della complessità dei provvedimenti favorevoli al privato. In tal senso, M. Macchia, La riforma della pubblica Amministrazione. Sui poteri di autotutela: una riforma in senso giustiziale, in Giorn. dir. amm., 2015, 5, 621 ss.
[18] C. Contessa, L’autotutela amministrativa all’indomani della ‘legge Madia’, in www.giustizia-amministrativa.it, 2018, 4, 12.
[19] G. B. Mattarella, La riforma della pubblica amministrazione. Il contesto e gli obiettivi della riforma, in Giorn. dir.
amm., 2015, 621 ss. Ad una logica affine aderisce l’art. 2 della legge n. 241/1990, instaurando una connessione tra la doverosità dell’azione amministrativa, da un lato, e l’obbligo di provvedere nell’osservanza del termine, dall’altro, pena il profilarsi di un regime di responsabilità in capo alla pubblica amministrazione per il cosiddetto danno da ritardo, ai sensi art. 2 bis della stessa legge. In tal senso, l’art. 2 sancisce il principio di tempestività, estrinsecazione del principio di certezza dell’azione amministrativa. Su tale ultimo punto, L. Salvemini, LA P.A. tra silenzio e discrezionalità nella tutela degli interessi ambientali La discrezionalità amministrativa: un parametro per valutare la legittimità del silenzio assenso?, in dirittifondamentali.it, 2020, 2, 732.
[20] F. Francario, Autotutela amministrativa e principio di legalità (nota a margine dell’art. 6 della l. 7 agosto 2015, n. 124), cit., 5.
[21] In tal senso, M. Trimarchi, L’inesauribilità del potere amministrativo. Profili critici, Napoli, 2018; F. Francario, Riesercizio del potere amministrativo e stabilità degli effetti giuridici, in Federalismi.it, 2017, 8, 29.
[22] E. Liberali, Potere amministrativo, tempo e consumazione: riflessioni a margine di Cons. Stato, sez. VI – 19 gennaio 2021, n. 584, in www.ildirittoamministrativo.it.
[23] Resta fermo il carattere poliforme della relazione tra Amministrazione e amministrato, la quale «dipende dalla trama normativa di riferimento, nonché dagli interessi sostanziali in gioco». Cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 19 gennaio 2021, n. 584.
[24] Cfr. Cons. Stato, Commissione Speciale, 30 marzo 2016, n. 839. In termini diversi, a parere della Commissione Speciale: «è possibile affermare che la legge n. 124, con la novella all’art. 21-nonies della legge n. 241, abbia introdotto una nuova ‘regola generale’ che sottende al rapporto tra il potere pubblico e i privati: una regola di certezza dei rapporti, che rende immodificabile l’assetto (provvedimentale-documentale-fattuale) che si è consolidato nel tempo, che fa prevalere l’affidamento».
[25] Segnatamente, il provvedimento di secondo grado avversato è adottato in quanto:
a) verificati in maniera «più attenta» gli atti, dai grafici allegati al permesso di costruire, l’altezza massima del sottotetto risulterebbe superiore rispetto al limite previsto, peraltro misurato a partire da un livello sopraelevato rispetto al piano di calpestio;
b) dagli elaborati allegati al permesso, sarebbe inferibile un’elusione del valore minimo prescritto per la pendenza delle falde;
c) gli elaborati progettuali non conterrebbero la specificazione dell’altezza dell’edificio prima e dopo l’intervento, mentre dall’elaborato tecnico non sarebbe deducibile l’altezza complessiva anteriore all’intervento, così impedendo la conduzione delle opportune verifiche in ordine al rispetto dei limiti stabiliti.
[26] TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, 12 giugno 2018, n. 574.
[27] Cons. Stato, Sez. IV, 18 luglio 2018, n. 4374.
[28] Peraltro, la maturazione del termine in esame comporta il consolidamento degli effetti prodotti dal provvedimento: la convalescenza, unitamente all’obbligo di tener conto degli interessi di destinatari e controinteressati (razionalizzato nel testo dell’art. 21 nonies), integra un’applicazione del principio della tutela del legittimo affidamento. Al riguardo si è osservato che l’istituto dell’autotutela si posiziona in corrispondenza del punto di raccordo tra potere amministrativo e riedizione, da un lato, tutela dell’affidamento del privato, dall’altro. Cfr. Corte cost., 9 marzo 2016, n. 49. Per quanto più strettamente afferisce alla tutela dell’affidamento, si vedano, sul versante dottrinale, a titolo esemplificativo, F. Merusi, L’affidamento del cittadino, Milano, 1970; F. Manganaro, Principio di buona fede e attività delle amministrazioni pubbliche, Napoli, 1995; F. Trimarchi Banfi, Affidamento legittimo e affidamento incolpevole nei rapporti con l’amministrazione, in Dir. Proc. Amm., 2018, 3; G. Mannucci, L’affidamento nel rapporto amministrativo, Napoli, 2023.
[29] E. Casetta, Manuale di diritto amministrativo, cit., 560.
[30] Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 27 giugno 2018, n. 3940. In dottrina si è osservato che l’orientamento in discorso apparirebbe preordinato «a circoscrivere l’ambito di operatività del termine di diciotto mesi, in evidente contrasto con le finalità di tutela dell’interesse alla stabilità degli assetti ordinamentali che ispirava la riforma del 2015». In tal senso, P. Otranto, Autotutela decisoria e certezza giuridica tra ordinamento nazionale e sovranazionale, in Federalismi.it, 2020, 14, 247.
[31] Cons. Stato, Ad. Plen.,17 ottobre 2017, n. 8.
[32] Cfr, sul punto, Cons. Stato, Ad. Plen., 17 ottobre 2017, n. 8, in cui si sostiene che: «le generali categorie in tema di annullamento ex officio di atti amministrativi illegittimi trovino applicazione (in assenza di indici normativi in senso contrario) anche nel caso di ritiro di titoli edilizi in sanatoria illegittimamente rilasciati, non potendosi postulare in via generale e indifferenziata un interesse pubblico in re ipsa alla rimozione di tali atti».
[33] Definisce l’autotutela come «sistema di guarentigie sostanziali», a fronte di provvedimenti imperativi, M. Pellegrini, L’annullamento d’ufficio del provvedimento amministrativo nella legislazione e giurisprudenza più recenti, in Annali della Facoltà Giuridica dell’Università di Camerino, 2019, 8, 26.
[34] G. Ghetti, Autotutela della Pubblica Amministrazione, in Dig. Disc. Pubbl., vol II, Torino, 1987, 80 ss.
[35] P. Otranto, Autotutela decisoria e certezza giuridica tra ordinamento nazionale e sovranazionale, cit., 242 – 243.
[36] M. De Benedetto, Istruttoria amministrativa, in Enciclopedia Treccani. Diritto on line, 2012.
[37] Tra i tanti apporti, si rammentano: M. A. Sandulli, Autotutela e stabilità del provvedimento nel prisma del diritto europeo, in P. L. Portaluri (a cura di), L’Amministrazione pubblica nella prospettiva del cambiamento: il codice dei contratti e la riforma Madia, Napoli, 2016, 125 ss.; Id.,Gli effetti diretti della 7 agosto 2015 L. n. 124 sulle attività economiche: le novità in tema di s.c.i.a., silenzio assenso e autotutela, in Federalismi.it, 2015, 17; M. Ramajoli, L’annullamento d’ufficio alla ricerca di un punto di equilibrio, in Giustamm.it, 2016, 6; R. Caponigro, Il potere amministrativo di autotutela, in Federalismi.it, 2017, 23; A. Carbone, Il termine per esercitare l’annullamento d’ufficio e l’inannullabilità dell’atto amministrativo, in A. Rallo - A. Scognamiglio (a cura di), I rimedi contro la cattiva amministrazione. Procedimento amministrativo ed attività produttive ed imprenditoriali, Napoli, 2016, 85 ss.; C. Deodato, L’annullamento d’ufficio, in M.A. Sandulli (a cura di) Codice dell’azione amministrativa, Milano, 2017; G. Manfredi, Il tempo è tiranno: l’autotutela nella legge Madia, in Urb. App., 2016, 1; M. Allena, L’annullamento d’ufficio. Dall’autotutela alla tutela, Napoli, 2018.
[38] Cfr. sul punto Cons. Stato, Sez. II, 2 novembre 2023, n. 9415, che ha ricordato: «si pensi all’abrogazione della previsione, in passato di ampia incidenza casistica, di cui all’art. 1, comma 136, della l. 30 dicembre 2004, n. 311,che faceva obbligo alla P.A. di annullare i provvedimenti illegittimi comportanti oneri finanziari, fatta eccezione per quelli incidenti su rapporti contrattuali o convenzionali efficaci da più di tre anni ad opera dell’art. 6, comma 2, della l.7 agosto 2015, n. 124; ovvero, al contrario, a quanto ancora oggi previsto dall’art. 94 del codice antimafia, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, che impone, ove successivamente alla stipula del contratto siano accertati tentativi di infiltrazione mafiosa, oppure emergano cause correlate di decadenza, di sospensione o di divieto, alle stazioni appaltanti di revocare le autorizzazioni e le concessioni o di recedere dai contratti. Ma un esempio ancor più lampante è rinvenibile proprio nella disciplina dei controlli in materia di s.c.i.a., che ove travalichino la tempistica assegnata in via per così dire “ordinaria” (sessanta o trenta giorni, a seconda che si tratti o meno di materia edilizia), impone (non facoltizza) l’adozione dei provvedimenti conformativi, sospensivi o inibitori «in presenza delle condizioni previste dall’art. 21-novies», e dunque in primo luogo nel rispetto del limite temporale (oggi) di dodici mesi».
[39] H. Simon, Il comportamento amministrativo, Bologna, 1967.
[40] F. Caringella, Affidamento e autotutela: la strana coppia, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2008, 2, 425 ss.