Sommario: 1. La vicenda. – 2. L’accertamento incidentale dell’illegittimità a soli fini risarcitori. – 3. Della responsabilità della p.a. da provvedimento illegittimo e dei presupposti costitutivi. – 4. Del danno ingiusto e del danno-conseguenza. – 5. Dell’onere della prova gravante sul danneggiato. – 6. Brevi considerazioni conclusive.
1. La vicenda.
Il Consiglio di Stato, con la sentenza del 27 marzo 2023, n. 3094 torna nuovamente a occuparsi della responsabilità civile della p.a., ribadendone la natura extracontrattuale e chiarendo presupposti e limiti dell’azione di risarcimento del danno da illegittimo esercizio della funzione pubblica, per lesione di interesse legittimo.
La questione verte su una vicenda risarcitoria intentata dai genitori esercenti la potestà sul figlio minorenne, in particolari condizioni di salute, per il mancato superamento dell’esame conclusivo del primo ciclo d’istruzione per la sessione 2019-2020.
Nel ricorso introduttivo di primo grado, i genitori avevano domandato l’annullamento del provvedimento di mancato superamento dell’esame di Stato conclusivo del primo ciclo d’istruzione da parte del figlio minore, studente privatista, lamentandone l’illegittimità per molteplici motivi, quali: la mancata predisposizione da parte dell’Istituto scolastico di un piano didattico a misura dello studente, che avrebbe al medesimo consentito di prepararsi adeguatamente all’esame, nonché le modalità di svolgimento della prova, in quanto non confacenti alle particolari e delicate condizioni di salute dell’alunno.
Il T.A.R. adito, con decreto cautelare ordinava all’Istituto scolastico resistente di organizzare una nuova prova d’esame per il minore, tenendo in debita considerazione le condizioni di salute dello studente. Quest’ultima veniva superata con esito positivo.
Pertanto, preso atto di ciò, il T.A.R. in camera di consiglio, si pronunciava con sentenza in forma semplificata ex art. 60 c.p.a. dichiarando il ricorso improcedibile in ragione dell’avvenuto superamento dell’esame di Stato da parte del minore.
I genitori presentavano appello avverso la sentenza di prime cure per omessa pronuncia su alcuni motivi d’illegittimità del provvedimento dedotti in primo grado e sulla domanda di risarcimento del danno conseguente, proposta assieme alla principale domanda di annullamento dell’impugnato provvedimento e non esaminata in primo grado.
Pertanto, in sede d’appello, si domandava l’accertamento delle dedotte illegittimità degli atti impugnati al solo fine di conseguire il richiesto risarcimento del danno, avendo, il giudice di primo grado, erroneamente definito il giudizio con pronuncia d’improcedibilità del ricorso.
2. L’accertamento incidentale dell’illegittimità a soli fini risarcitori.
La prima questione d’interesse affrontata nella pronuncia in esame è quella dell’accertamento incidentale dell’illegittimità del provvedimento impugnato a soli fini risarcitori, ai sensi e per gli effetti dell’art. 34, comma 3, c.p.a.
Il Consiglio di Stato, richiamando l’orientamento espresso in una recente sentenza emessa in Adunanza Plenaria[1], ha reputato fondati i motivi d’appello, così come dedotti, in quanto, per procedere all’accertamento dell’illegittimità di un provvedimento, ai sensi dell’art. 34, comma 3, c.p.a. sarebbe sufficiente aver dichiarato di avervi interesse ai fini risarcitori, nelle forme e nei termini previsti dall’art. 73 c.p.a., non essendo invece necessario specificare i presupposti dell’eventuale domanda risarcitoria, né averla proposta nel medesimo giudizio d’impugnazione.
Pertanto, il giudice di primo grado avrebbe errato nel dichiarare l’improcedibilità del ricorso permanendo l’interesse risarcitorio dei ricorrenti, avendo essi non semplicemente manifestato un interesse risarcitorio nelle forme e nei termini previsti dall’art. 73 c.p.a., bensì espressamente domandato, nel medesimo giudizio, la condanna dell’amministrazione al risarcimento dei danni cagionati in conseguenza del suo illegittimo agire.
Deve ritenersi, infatti, che nel caso di improcedibilità della domanda di annullamento per sopravvenuto difetto di interesse perduri ciononostante l’interesse all’accertamento dell’illegittimità del provvedimento al fine della tutela risarcitoria per equivalente quando il danno sia ascrivibile al provvedimento amministrativo stesso, purché l’interesse risarcitorio sia stato debitamente manifestato, con apposita domanda, presentata nel medesimo giudizio impugnatorio, oppure anche in via autonoma.
E invero, la peculiare fattispecie di cui all’art. 34, comma 3, c.p.a. riconosce al Giudice amministrativo, la possibilità di procedere a un mero accertamento incidentale dell’illegittimità del provvedimento impugnato, ancorché sia venuto meno l’interesse alla pronuncia di merito, ove permanga il differente e conseguente interesse alla condanna della p.a. a fini risarcitori.
L’accertamento incidentale dell’illegittimità del provvedimento previamente impugnato è, infatti, meramente strumentale alla condanna risarcitoria della p.a., senza costituire oggetto di un autonomo giudizio.
Il che è diretta conseguenza del riconoscimento della questione di legittimità come mera pregiudiziale logica[2], o sostanziale[3], se si preferisce, ai fini della condanna risarcitoria, essendosi ormai superata, con il codice del processo amministrativo, quella concezione rigorosa della pregiudiziale amministrativa, almeno per il profilo processuale, avendo il legislatore adottato una soluzione c.d. temperata che consente, con determinati limiti, di rendere autonoma l’azione risarcitoria rispetto a quella caducatoria (artt. 30 e 34, comma 3, c.p.a.).
E invero, l’azione di condanna prevista dall’art. 30 c.p.a. pone una regola di carattere generale: l’azione di condanna è proposta contestualmente ad altra azione e, in via d’eccezione, anche in via autonoma «nei soli casi di giurisdizione esclusiva e nei casi di cui al presente articolo»[4].
L’azione di condanna, dunque, pur nella sua configurazione autonoma, assume una connotazione normalmente sussidiaria rispetto a quella di annullamento[5].
Pertanto, non si può escludere che un accertamento mero dell’illegittimità del provvedimento amministrativo sia ammissibile quandanche – come accaduto nel caso di specie – il ricorrente abbia ottenuto una tutela in forma specifica in conseguenza di un nuovo esercizio della funzione amministrativa che, sebbene conseguente all’adozione della misura cautelare con cui il G.A. di prime cure abbia ordinato all’amministrazione resistente in giudizio di riesaminare la situazione sulla base di parametri e criteri dallo stesso indicati, si sia poi rivelata essere satisfattiva dell’interesse legittimo pretensivo vantato dal ricorrente medesimo.
In tali casi, infatti, non è da escludere la permanenza di un interesse a fini risarcitori, purché manifestato con apposita domanda, potendo residuare in capo al ricorrente la possibilità di vedersi risarcire il danno ingiusto, cagionato in conseguenza del ritardo con cui si è ottenuto il provvedimento favorevole[6], oppure l’eventuale perdita di chance, nella diversa ipotesi in cui non sia possibile accertare con certezza la spettanza del bene della vita in capo al ricorrente, potendo il danno patrimoniale liquidarsi previo accertamento di una probabilità seria e concreta o di una elevata probabilità di conseguire il bene anelato[7].
Presupposto per il riconoscimento della risarcibilità del danno conseguente all’illegittimo esercizio della funzione amministrativa è dato, chiaramente, dal previo accertamento della responsabilità in capo alla p.a., «non [essendo] possibile far valere in giudizio un debito o un credito senza sottoporre contestualmente a decisione l’intero rapporto»[8].
3. Della responsabilità della p.a. da provvedimento illegittimo e dei presupposti costitutivi.
Affinché il giudice amministrativo possa procedere nell’azione di risarcimento dei danni, il medesimo dovrà accertare la presenza degli elementi richiesti dalla fattispecie risarcitoria in via diretta ed autonoma, senza poter acquisire fatti rilevanti ai fini (della prova) dell’illecito, utilizzando il procedimento amministrativo[9].
Ciò sarebbe innanzitutto una diretta conseguenza della qualificazione del processo amministrativo come processo di parti, in ragione dell’ormai prevalente concezione soggettiva del processo amministrativo, che porta a ritenere inammissibile una verifica d’ufficio di qualsivoglia interesse di parte[10].
Di poi, essendo il processo amministrativo ispirato al principio dispositivo (art. 63, comma 1 c.p.a.), pur contemperato dal metodo acquisitivo (art. 64, comma 1, c.p.a.), non potrà non ritenersi, come regola generale, che ai fini dell’accertamento dei fatti incerti gravi sulle parti l’assolvimento dell’onere della prova.
Ciò vale, a maggior ragione nell’ipotesi di azione risarcitoria nei confronti della p.a. per cui è pacificamente ritenuto che incomba sulle parti un onere probatorio pieno, ai sensi dell’art. 2697 c.c., e più in particolare, che competa alla parte lesa l’onere di allegare e provare i fatti oggetto di prova, essendo essi ritenuti nella disponibilità del ricorrente, in ragione del principio della vicinanza della prova.
Pertanto, se ai fini della prosecuzione del giudizio per finalità risarcitorie, divenuta inutile la tutela demolitoria a causa di sopravvenienze di fatto o di diritto, potrà reputarsi sufficiente l’avvenuta manifestazione dell’interesse risarcitorio da parte del ricorrente, previa proposizione di specifica domanda, finanche in via autonoma e in un successivo giudizio, purché ciò avvenga nel rispetto del termine di centoventi giorni dal passaggio in giudicato della sentenza di mera improcedibilità del ricorso, non potrà certamente escludersi, ai fini del riconoscimento effettivo della tutela risarcitoria, che il giudice amministrativo accerti positivamente l’esistenza di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie in esame.
Di conseguenza, il Consiglio di Stato, nel caso di specie, ai fini dell’accertamento nel merito della fondatezza o dell’infondatezza della pretesa risarcitoria, ha sentito nuovamente l’esigenza di ripercorrere le tesi prospettate dalla giurisprudenza sulla natura della responsabilità della p.a.[11], per ribadirne la natura extracontrattuale e scolpirne i tratti e gli elementi costitutivi.
In particolare, il Consiglio di Stato è ritornato sulle ragioni poste a fondamento della qualificazione extracontrattuale, o da fatto illecito ex art. 2043 c.c., della responsabilità civile della pubblica amministrazione, ribadendo che sia da escludere la possibilità di configurare un rapporto obbligatorio nell’ambito di un procedimento amministrativo, per due fondamentali ragioni: la prima, che nel procedimento amministrativo, a differenza del rapporto obbligatorio, sussisterebbero due situazioni attive, il potere della P.A. e l’interesse legittimo del privato; la seconda, che il rapporto tra le parti non è paritario, ma di supremazia della P.A[12].
A tali ragioni, basterebbe certamente aggiungerne un’altra dirimente, ossia che il potere amministrativo è un potere discrezionale, e come tale, non consentirebbe di ricondurre l’attività autoritativa della p.a. a una obbligazione, perché quandanche l’esercizio del potere amministrativo possa dirsi doveroso, l’Amministrazione non potrà mai esser “obbligata”, alla stregua di un debitore, ad eseguire una determinata e specifica obbligazione. Pertanto, non sarebbe configurabile un vincolo obbligatorio a carico della p.a. che agisce nell’esercizio della propria funzione.
Portando avanti il ragionamento e considerando sempre le caratteristiche del potere amministrativo – in particolare l’unilateralità – si dovrebbe convenire che una delle principali ragioni che giustificherebbe il risarcimento del danno ingiusto al privato per esercizio illegittimo della funzione amministrativa, sarebbe quella per cui l’azione della p.a. sia per definizione predisposta ad arrecare un pregiudizio alla situazione soggettiva del privato, posto che la sua essenza è data dalla possibilità di incidere unilateralmente su di essa, senza il consenso del privato. Il perseguimento (legittimo) dell’interesse pubblico, infatti, giustifica sul piano giuridico il sacrificio della posizione del privato; cosa che non sarebbe concepibile in un rapporto paritario. In tale ottica, pertanto, solamente la presenza di un’azione legittima consentirebbe di escludere l’illiceità (ma non la dannosità, se si vuole) dell’azione amministrativa per il privato, fosse anche solo per le conseguenze patrimoniali che ne sono derivate.
La qualificazione della responsabilità della p.a. da esercizio illegittimo della funzione amministrativa in termini extracontrattuali, come noto, è risalente alla celeberrima sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unte n. 500 del 22 luglio 1999, che ne ha sancito la costruzione teorica fondata sul riconoscimento del carattere primario della norma di cui al 2043 c.c., e dunque, su una nozione ampia di «danno ingiusto» che ha consentito il riconoscimento della risarcibilità anche degli interessi legittimi, alla stregua dei diritti soggettivi[13].
Questa ricostruzione, come è stato più volte ribadito dalla dottrina, anche recente[14], appare certamente preferibile rispetto alla diversa qualificazione della responsabilità della p.a. in termini di illecito contrattuale, o da contatto qualificato, non solo per l’evidente forzatura con cui il rapporto giuridico amministrativo sarebbe da ricondurre a un rapporto obbligatorio, piuttosto anche per l’inutilità di tale costruzione teorica ai fini dell’ampliamento dei margini di effettività della tutela da riconoscere al privato nei confronti dell’amministrazione.
Infatti, è stato chiaramente evidenziato[15] come lo sforzo profuso, soprattutto dalla recente giurisprudenza, nella riconduzione della responsabilità della p.a. al modello della responsabilità contrattuale, finanche nell’ambito del rapporto di diritto pubblico, non gioverebbe comunque al privato, che vedrebbe oltremodo ridotti i margini di tutela essendo, ad esempio, esclusa la risarcibilità dei danni imprevedibili, ai sensi e per l’effetto dell’applicazione dell’art. 1225 c.c., bensì anche perché tale ricostruzione teorica richiederebbe un maggior rigore nell’apprezzamento dei danni, o meglio nella quantificazione del pregiudizio risarcibile.
Infine, nel rispetto del principio della certezza del diritto, e dunque del principio di legalità, non dovrebbe trascurarsi il dato normativo che, sebbene posto nella disciplina del codice del processo amministrativo, appare abbastanza chiaro nel richiamare concetti impiegati nel codice civile in materia di responsabilità extracontrattuale, oltre che porre un formale rinvio all’art. 2058 c.c. per il risarcimento in forma specifica. Si allude, evidentemente, agli artt. 7 e 30 c.p.a.
Di conseguenza, la riconduzione della responsabilità della p.a. da esercizio illegittimo della funzione al modello della responsabilità extracontrattuale, imporrebbe l’accertamento di tutti gli elementi costitutivi la fattispecie dell’illecito aquiliano, ossia: fatto causativo del danno ingiusto (consistente nel provvedimento illegittimo o nel mancato doveroso esercizio della funzione pubblica), il nesso di causalità c.d. materiale (da accertarsi ai sensi degli artt. 40 e ss. c.p.), il danno ingiusto, l’elemento soggettivo, il nesso di causalità c.d. giuridica (con applicazione degli artt. 1223 c.c. e ss.) e, infine, il danno conseguenza, sia esso patrimoniale o non patrimoniale.
È ben evidente, pertanto, che l’applicazione del 2043 c.c. all’esercizio dell’attività funzionale della p.a. non avvenga automaticamente, imponendo l’accertamento del fatto giuridicamente rilevante la conoscenza da parte dell’organo giudicante del tratto autoritativo dell’azione amministrativa.
Pertanto, come detto, il riconoscimento della responsabilità della p.a., ai sensi dell’art. 2043 c.c., passa per il sindacato, anche in via incidentale, sulla funzione amministrativa, necessario per poter ascrivere l’operato della p.a. all’attributo di «fatto causativo di un danno ingiusto».
Tutti questi elementi, compete al ricorrente danneggiato allegarli e provarli, sebbene con alcuni contemperamenti e accorgimenti che la stessa giurisprudenza ha elaborato nel corso del tempo al fine di evitare che l’onus probandi gravante sul ricorrente possa trasformarsi in una probatio diabolica[16].
L’interesse risarcitorio, dunque, sussisterebbe solo se il giudice amministrativo accerti positivamente l’esistenza di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie dell’illecito con la conseguenza che il giudice potrebbe anche non esaminare i profili di illegittimità del provvedimento in caso di accertata mancanza anche di uno solo degli elementi dell’illecito, posto che ognuno di essi assumerebbe valore assorbente[17].
4. Del danno ingiusto e del danno-conseguenza.
La ricostruzione della responsabilità civile della p.a. in termini di illecito aquiliano pone, come problema centrale, quello dell’ingiustizia del danno, da dimostrare in giudizio, diversamente da quanto avviene per la responsabilità da inadempimento contrattuale, in cui la valutazione sull’ingiustizia del danno sarebbe assorbita dalla violazione della regola contrattuale.
E invero, seguendo il consolidato orientamento giurisprudenziale, il Consiglio di Stato si è soffermato sul requisito dell’ingiustizia del danno, ribadendo che l’ingiustizia che fonda la responsabilità della p.a. da esercizio illegittimo della funzione si correli alla dimensione sostanzialistica dell’interesse legittimo, per cui ferma la qualificazione della fattispecie risarcitoria di cui all’art. 2043 c.c. come previsione aperta alla tutela di qualsiasi interesse protetto dall’ordinamento, trattandosi di norma primaria, non sarebbe possibile una indiscriminata risarcibilità degli interessi legittimi come categoria generale, dovendo piuttosto accertarsi che dall’illegittimo esercizio della funzione pubblica sia derivata al privato una lesione della propria sfera giuridica.
Il danno ingiusto, dunque, andrebbe inteso come danno non iure e contra ius che consentirebbe la risarcibilità di un interesse legittimo solo qualora l’esercizio illegittimo del potere amministrativo abbia leso un bene della vita del privato, bene che quest’ultimo avrebbe dovuto mantenere o ottenere, secondo la dicotomia esistente fra interessi legittimi oppositivi e pretensivi.
Questa concezione riecheggia la costruzione del modello di responsabilità extracontrattuale operata dalla storica sentenza della Cassazione a sezioni unite n. 500/1999, in virtù della quale potrebbe pervenirsi al risarcimento del danno soltanto se l’attività illegittima della P.A. abbia determinato la lesione dell’interesse al bene della vita al quale l’interesse legittimo, secondo il concreto atteggiarsi del suo contenuto, effettivamente si collega, bene che risulta meritevole di protezione alla stregua dell’ordinamento.
Pertanto, stando a questa ricostruzione teorica, la lesione dell’interesse legittimo sarebbe condizione necessaria, ma non sufficiente, per accedere alla tutela risarcitoria ex art. 2043 c.c., poiché occorrerebbe altresì che risulti leso, per effetto dell’attività illegittima (e colpevole) della P.A., l’interesse al bene della vita al quale l’interesse legittimo si correla, e che il detto interesse al bene risulti meritevole di tutela alla luce dell’ordinamento positivo.
Di conseguenza, per quanto concerne gli interessi legittimi oppositivi, potrà ravvisarsi danno ingiusto nel sacrificio dell’interesse alla conservazione del bene o della situazione di vantaggio conseguente all’illegittimo esercizio del potere; per ciò che attiene agli interessi pretensivi dovrà, invece, vagliarsi la consistenza della protezione che l’ordinamento riserva alle istanze di ampliamento della sfera giuridica del pretendente. Valutazione che implica un giudizio prognostico sulla fondatezza o meno della istanza, per stabilire se il ricorrente sia titolare non già di una mera aspettativa, come tale non tutelabile, bensì di una situazione meritevole di determinare un oggettivo affidamento circa la sua conclusione positiva.
Pertanto, ancora una volta, punctum prueris della questione è la relazione intercorrente fra bene della vita perseguito dal cittadino e interesse legittimo, ai fini dell’individuazione del danno risarcibile.
Come noto, questa impostazione non mette d’accordo la dottrina amministrativistica[18], in quanto la ricostruzione della responsabilità della p.a. per attività provvedimentale illegittima dipende dalla concezione stessa di interesse legittimo[19].
Infatti, per i sostenitori della tesi sostanziale[20], l’interesse legittimo consisterebbe in quella situazione giuridica soggettiva correlata all’esercizio del potere della pubblica amministrazione e tutelata in maniera diretta dalla stessa norma attributiva del potere medesimo, che attribuirebbe al privato una serie di poteri e facoltà volti a influire, per quanto possibile, sull’esercizio del potere amministrativo allo scopo di conservare o acquisire un bene della vita. Ragion per cui, configurando l’interesse legittimo come quella posizione di vantaggio riservata ad un determinato soggetto in relazione a un determinato bene della vita interessato dal potere pubblicistico[21], il baricentro per la ricostruzione dell’interesse legittimo si sposterebbe dal collegamento con l’interesse pubblico, a quello con l’utilità finale o “bene della vita” che il soggetto mira a conservare o a conseguire[22].
Diversamente, secondo autorevole dottrina[23], dell’interesse legittimo dovrebbe perpetrarsi una concezione strumentale, posto che lo stesso andrebbe definito come quella situazione giuridica soggettiva, manifestazione dell’interesse all’esito favorevole del esercizio del potere precettivo della p.a., tutelato mediante facoltà di collaborazione dialettica, dirette a influire sul merito della decisione amministrativa ed esperibili lungo tutto il corso dell’esercizio del potere e dello svolgimento della funzione amministrativa.
Pertanto, secondo questa diversa teorica, la ricostruzione dell’ingiustizia del danno basata sulla lesione del bene della vita, non farebbe che negare ciò che in nuce vorrebbe affermare, ossia la risarcibilità dell’interesse legittimo[24].
Stando alla ricostruzione della giurisprudenza amministrativa prevalente, tuttavia, la lesione dell’interesse legittimo non sarebbe da sola sufficiente (danno contra ius) essendo essenziale, ai fini della configurazione della responsabilità, che l’evento dannoso leda ingiustamente una situazione giuridica soggettiva protetta dall’ordinamento (danno non iure datum); pertanto, occorrerebbe verificare che sia leso, per effetto dell’attività illegittima e colpevole della p.a., il bene della vita cui il soggetto aspirava.
Di conseguenza, sarebbe la lesione del bene della vita a qualificare, in termini d’ingiustizia, il danno derivante da provvedimento illegittimo[25].
E quindi, il nodo della questione si sposta necessariamente più a valle, dovendo il giudice amministrativo, ai fini della risarcibilità del danno, compiere un giudizio prognostico sulla spettanza del bene della vita.
Prognosi che impone di verificare la sussistenza di conseguenze dannose, da accertare secondo il distinto regime di causalità giuridica, che prefigura la risarcibilità del danno soltanto quando tali conseguenze si atteggino, secondo un canone di normalità e adeguatezza causale, quale esito immediato e diretto della lesione del bene della vita ai sensi degli artt. 1223 e 2056 c.c.[26].
Giudizio, dunque, di tipo ipotetico e controfattuale, possibile in caso di provvedimenti a bassa discrezionalità o a discrezionalità conformata, invece, altamente opinabile nel caso di attività amministrativa discrezionale.
Non a caso, come ricorda lo stesso Consiglio di Stato, nelle ipotesi in cui non sia possibile accertare con certezza la spettanza del bene della vita in capo al ricorrente, residuerebbe eventualmente la possibilità di risarcire il danno da perdita di chance, previo accertamento di una probabilità seria e concreta o di una elevata probabilità di conseguire il bene sperato, poiché «il danno, per essere risarcibile, deve essere certo e non meramente probabile, o comunque deve esservi una rilevante probabilità del risultato utile», livello probatorio minimo, quest’ultimo, che consente di «distingue(re) la chance risarcibile dalla mera e astratta possibilità del risultato utile, che costituisce aspettativa di fatto, come tale irrisarcibile» (orientamento consolidato a partire da: Consiglio di Stato, sez. V, 2 febbraio 2008 n. 490).
Infine, il risarcimento del danno andrebbe comunque escluso nell’ipotesi in cui, per effetto dell’annullamento del provvedimento amministrativo, non derivi altresì l’accertamento della fondatezza della pretesa, bensì un vincolo conformativo a carico della p.a. a rideterminarsi, senza esaurimento però della discrezionalità ad essa spettante.
5. Dell’onere della prova gravante sul danneggiato.
Scolpiti gli elementi costitutivi dell’illecito, il Consiglio di Stato si sofferma sull’onere della prova gravante sul danneggiato.
In particolare, il danneggiato è chiamato a provare:
- sul piano oggettivo, la presenza di un provvedimento illegittimo causa di un danno ingiusto, con la necessità di distinguere l’evento dannoso, derivante dalla condotta, che coincide con la lesione o compromissione di un interesse qualificato e differenziato, meritevole di tutela nella vita di relazione, e il conseguente pregiudizio patrimoniale o non patrimoniale scaturitone, suscettibile di riparazione in via risarcitoria;
- sul piano soggettivo, l’integrazione del coefficiente di colpevolezza, con la precisazione che l’accertata illegittimità del provvedimento amministrativo, l’ingiustificata o illegittima inerzia dell’amministrazione o il ritardato esercizio della funzione amministrativa non integrano la colpa dell’Amministrazione.
I maggiori dubbi sorgono proprio in relazione alla ricostruzione dell’onus probandi gravante sul ricorrente circa la sussistenza dell’elemento soggettivo.
E invero, vera l’affermazione di principio per cui, la colpevolezza della p.a. non possa presumersi per la sola illegittimità del provvedimento impugnato, potendo l’illegittimità del provvedimento essere utilizzata come indice presuntivo della colpa della p.a., ai sensi e per gli effetti dell’art. 1227 c.c., il Consiglio di Stato, nel declinare il proprio ragionamento sembra spingersi oltre rispetto a quello che è il prevalente e consolidato orientamento giurisprudenziale, ponendo, a carico del ricorrente, un criterio probatorio più rigoroso ai fini della prova dell’elemento soggettivo.
È noto, infatti, che il giudice amministrativo col tempo, si è in parte discostato dalla tesi posta dalla Cassazione nella storica pronuncia n. 500/1999[27], semplificando in parte il regime probatorio gravante sul ricorrente, relativo all’elemento soggettivo, con lo scopo di contemperare l’asimmetria fra le parti processuali che caratterizza il processo amministrativo[28].
E, infatti, le critiche mosse dalla dottrina[29] al concetto di colpa di apparato, così come configurato dalla Cassazione, percepito come grimaldello per arginare la responsabilità dell’amministrazione, ha portato la giurisprudenza a riconoscere una inversione dell’onere probatorio tale per cui, l’illegittimità dell’atto configurerebbe presunzione semplice di colpa, spettando invece alla p.a. dimostrare di esser incorsa in errore scusabile.
Errore scusabile, configurabile, ad esempio, nelle ipotesi d’incertezza normativa, di novità o di rilevante complessità della questione affrontata, oppure ancora, in caso di contrasti giurisprudenziali sull’interpretazione della norma di riferimento e, infine, nel caso di illegittimità sopravvenuta, derivante da successiva dichiarazione d’incostituzionalità della disposizione normativa applicata[30].
Si deve dare atto, invece, che parte minoritaria della giurisprudenza, cui è da ricondurre la sentenza che si commenta, sembra adottare un criterio interpretativo più rigoroso ai fini della prova della colpa della p.a. a carico del danneggiato e, dunque, ai fini del suo positivo accertamento[31], che sembra di fatto riecheggiare l’orientamento espresso dalla cassazione.
E invero, stando a questo filone giurisprudenziale, per poter affermare la responsabilità extracontrattuale della P.A. derivante dall'adozione di un provvedimento illegittimo, sarebbe necessario che il danneggiato dimostri, ex art. 2969 c.c., la sussistenza di tutti gli elementi previsti dall’art. 2043 c.c. Per quanto riguarda più propriamente la dimostrazione della colpa, sebbene si ammetta che il danneggiato possa avvalersi della prova presuntiva ai sensi degli artt. 2727 c.c. e 2729 c.c., si ritiene non sufficiente per quest’ultimo, al fine di considerare assolto il suo onere, l’allegazione e la dimostrazione dell’illegittimità del provvedimento causativo del danno, reputandosi invece necessaria la verifica della violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona fede, cui l'esercizio della funzione pubblica si deve costantemente attenere.
Violazione di regole di condotta che competerebbe al ricorrente provare.
Di conseguenza, al ricorrente non basterebbe far affidamento, ai fini della prova, sull’accertata illegittimità del provvedimento, dovendo invece positivamente provare che il comportamento negligente tenuto dalla pubblica amministrazione sia in palese contrasto con i canoni di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa[32].
Un quid pluris, dunque, che aggraverebbe l’onere probatorio della parte.
Orbene, se così fosse, si compirebbe un passo indietro nel sistema di contemperamento dei contrappesi che faticosamente si è certato di raggiungere per superare le asimmetrie processuali fra le parti, perché ciò significherebbe gravare il ricorrente di una probatio diabolica o, quantomeno, cancellare la prassi consolidata dell’inversione dell’onere della prova, basata sulla dimostrazione dell’errore scusabile, o ridurla a mera fictio, non potendo il ricorrente, nel fornire la prova di tale negligenza con efficacia cogente, che ispirarsi proprio a quei criteri che la giurisprudenza ha elaborato per consentire alla p.a. di dimostrare di essere incorsa in errore scusabile. Dunque verrebbe sostanzialmente eluso il criterio della vicinitas.
6. Brevi considerazioni conclusive.
La sentenza oggetto di analisi, nel voler ribadire quell’orientamento giurisprudenziale maggiormente consolidato che qualifica la responsabilità de esercizio illegittimo della funzione come responsabilità extracontrattuale, si atteggia quasi a “sentenza-scuola”.
Si percepisce, infatti, la chiara intenzione dell’organo giudicante di voler scolpire, in maniera quasi assertiva e minuziosa, gli elementi costitutivi della fattispecie dell’illecito aquiliano, per come applicati dalla giurisprudenza maggioritaria all’attività autoritativa illegittima della p.a.
E invero, la soluzione della controversia è vista quasi come un’occasione utile per ripercorrere nel dettaglio la struttura dell’illecito aquiliano, posto che di ciascun elemento è fornita ampia dissertazione, corroborata da una corposa ricognizione dei precedenti giurisprudenziali, anche risalenti, fondativi della tesi ivi sostenuta.
Al di là di questa impressione, si ritiene, tuttavia, al di là di alcuni punti critici nella ricostruzione e concreta applicazione della fattispecie, che si sono segnalati, che la tesi della responsabilità extracontrattuale per esercizio di attività provvedimentale illegittima sia, a sistema vigente, quella più calzante ai fini della configurazione della responsabilità della p.a., ferma, pro futuro, la possibilità, avvertita e suggerita dalla dottrina, di ripensare seriamente il regime della responsabilità della p.a. con un certo grado di autonomia rispetto alla tradizione civilistica[33].
Pertanto, a regime vigente, certamente non è da escludere la possibilità di vedere configurati differenti regimi di responsabilità a carico della p.a. amministrazione per atti (attività) e fatti (comportamenti) non riconducibili (nemmeno mediatamente) all’esercizio illegittimo della funzione pubblica, non perché si possa o si voglia configurare un regime di responsabilità a geometria variabile, piuttosto perché differenti sarebbero i presupposti che giustificherebbero l’applicazione di altre fattispecie normative di riferimento.
Infine, la sentenza è apprezzabile per lo sforzo compiuto ai fini della valorizzazione dell’autonomia dell’azione risarcitoria rispetto a quella caducatoria, pur nel rispetto del limite sostanziale della sussidiarietà dell’una rispetto all’altra.
[1] Cons. Stato, Ad. Plen., 13 luglio 2022, n. 8. In commento alla Plenaria si veda: A. Scognamiglio, Carenza sopravvenuta d’interesse e interesse alla pronuncia di illegittimità “a fini risarcitori”, in questa rivista.
[2] Per un’accurata ricostruzione della differenza fra fra pregiudizialità logica e pregiudizialità tecnica: R. Tiscini, Itinerari ricostruttivi intorno a pregiudizialità tecnica e pregiudizialità logica, in Giust. civ., 3/2016, 571 ss.
[3] Sulla pregiudizialità amministrativa, senza pretesa di esaustività: G. Falcon, Il giudice amministrativo fra giurisdizione di legittimità e giurisdizione di spettanza, in Dir. proc. amm., 2001, 287 ss.; E. Follieri, La decorrenza degli effetti nella estensione del giudicato a soggetti estranei alla lite, in Urb. e app., 2009, 347; Id., Il modello di responsabilità per lesione di interessi legittimi nella giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo: la responsabilità amministrativa di diritto pubblico, in Dir. proc. amm., 2006, 18 – 32; R. Villata, Corte di Cassazione, Consiglio di Stato e c.d. pregiudiziale amministrativa, in Dir. proc. amm., 2009, 897–932; Id., Pregiudizialità amministrativa nell’azione risarcitoria per responsabilità da provvedimento?, in Dir. proc. amm., 2007, 271 ss.; F. Cortese, La questione della pregiudizialità amministrativa. Il risarcimento del danno da provvedimento illegittimo tra diritto sostanziale e processuale, Padova, 2007; A. Romano tassone, Morire per la pregiudiziale amministrativa?, in Giust. amm., 2008, 273; L.V. Moscarini, Risarcibilità degli interessi legittimi e pregiudiziale amministrativa, Torino, 2008; E. Barbieri, Considerazioni sui fini della giustizia amministrativa (a difesa della c.d. pregiudiziale amministrativa), in Giust. amm., 2008, 251 – 258; A. Carbone, Pregiudiziale amministrativa e risarcimento del danno, in Giust. amm., 2009, 274 - 284.
[4] E. Follieri, Le azioni di condanna, in Giustizia amministrativa, F. Scoca (a cura di), Torino, 2020, 196 ss. Sui rapporti fra azione caducatoria e azione risarcitoria si veda altresì: M.A. Sandulli, Il risarcimento del danno nei confronti delle pubbliche Amministrazioni: tra soluzione di vecchi problemi e nascita di nuove questioni (brevi note a margine di Cons. Stato, ad. plen. 23 marzo 2011 n.3, in tema di autonomia dell’azione risarcitoria e di Cass. SS. UU.23 marzo 2011 nn. 6594, 6595 e 6596, sulla giurisdizione ordinaria sulle azioni per il risarcimento del danno conseguente all’annullamento di atti favorevoli), in www.federalismi.it, 2011.
[5] Quest’aspetto è stato di recente ribadito dalla dottrina, che ha sottolineato l’importanza di evitare un “ricorso abusivo” alla tutela risarcitoria a discapito di quella caducatoria, non potendo certamente considerarsi la prima un modo alternativo ed equivalente rispetto all’altra per tutelare l’interesse legittimo, snaturandosi, altrimenti, il ruolo del giudice amministrativo e quella che è la sua missione istituzionale (e costituzionale), ossia, assicurare la giustizia nell’amministrazione. Così: F. Francario, Interesse legittimo e giurisdizione amministrativa: la trappola della tutela risarcitoria, in questa Rivista, maggio 2021.
[6] Da ultimo, cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 23 aprile 2021, n. 7. In commento alla Plenaria, si veda: E. Zampetti, La natura extracontrattuale della responsabilità civile della Pubblica Amministrazione dopo l’Adunanza plenaria n. 7 del 2021, in questa Rivista; in senso critico, invece: A. Palmieri - R. Pardolesi, La responsabilità civile della pubblica amministrazione: così è se vi pare (Nota a Cons. Stato, ad. plen., 23 aprile 2021, n. 7), in Foro it., 2021, 406 ss.
[7] Da ultimo: Cons. Stato, sez. V, 15 novembre 2019, n. 7845; ma si veda anche la ben più risalente pronuncia del Cons. Stato, sez. V, 2 febbraio 2008, n. 490, secondo cui: «il danno, per essere risarcibile, deve essere certo e non meramente probabile, o comunque deve esservi una rilevante probabilità del risultato utile» e ciò al fine di poter «distingue(re) la chance risarcibile dalla mera e astratta possibilità del risultato utile, che costituisce aspettativa di fatto, come tale irrisarcibile».
[8] S. Menchini, I limiti oggettivi del giudicato civile, Milano, 1987, 109.
[9] Così E. Follieri, Le azioni di condanna, op. cit., 200.
[10] A. Scognamiglio, Carenza sopravvenuta d’interesse e interesse alla pronuncia di illegittimità “a fini risarcitori, op.cit.
[11] Secondo il tradizionale orientamento, la responsabilità civile della p.a. dovrebbe rientrare nell’ambito di operatività della responsabilità extracontrattuale di cui all’art. 2043 c.c. (Cons. Stato, Sez. V, 31 luglio 2012, n. 4337; T.A.R. Lazio - Roma, Sez. III, sentenza n. 11808/2014; T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, 02/03/2018, n. 1350; T.A.R. Campania, Napoli, sez. I 25 settembre 2017 n. 4483). Secondo un indirizzo minoritario, invece, dovrebbe essere concepita quale responsabilità da inadempimento da contatto sociale qualificato (Cons. Stato, VI, 4 luglio 2012, n. 3897; Consiglio di Stato, sez. VI, 30/12/2014, n. 6421, nonché più di recente: Consiglio di giustizia amministrativa, sez. giur., 15 dicembre 2020, n. 1136). Questa tesi troverebbe sostegno anche da parte della Corte di Cassazione; in particolare, si veda da ultimo: Cass. Civ. n. 8236/2020, con nota di G. Tropea - A. Giannelli, Comportamento procedimentale, lesione dell’affidamento e giurisdizione del g.o. Note critiche (Nota a Cass., Sez. un., 28 aprile 2020, n. 8236), in questa Rivista, 15 maggio 2020. Infine, secondo altre pronunce, si tratterebbe di una responsabilità sui generis, e, pertanto, non interamente riconducibile al paradigma della responsabilità né extracontrattuale, né contrattuale (Consiglio di Stato, sez. VI, 14/03/2005, n. 1047; Consiglio di Stato, sez. VI, 10 dicembre 2015, n. 5611; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 05/03/2018, n. 617; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III 06 aprile 2016 n. 650). Sulla questione della responsabilità civile della Pubblica Amministrazione da illegittimo esercizio delle funzioni pubblicistiche si è recentemente pronunciata l’Adunanza Plenaria n. 7/2021. Sul tema: E. Zampetti, La natura extracontrattuale della responsabilità civile della Pubblica Amministrazione dopo l’Adunanza plenaria n. 7 del 2021, op.cit., alla cui considerazioni si rinvia. Sulla natura giuridica della responsabilità civile della p.a. si veda: M. Trimarchi, Natura e regime della responsabilità civile della pubblica amministrazione al vaglio dell’adunanza plenaria (nota a Consiglio di giustizia amministrativa, sez. giur., 15 dicembre 2020, n. 1136), in questa Rivista, febbraio 2021.
[12] Funditus sul tema: E. Zampetti, La natura extracontrattuale della responsabilità civile della Pubblica Amministrazione dopo l’Adunanza plenaria n. 7 del 2021, op.cit.; bensì anche: M. Trimarchi, Natura e regime della responsabilità civile della pubblica amministrazione, op.cit.
[13] Si ricordano, senza pretesa di esaustività, i primi contributi offerti dalla dottrina a commento della sentenza, fra cui: F.G. Scoca, Risarcibilità e interesse legittimo, in Dir. pubbl., 1/2000, 13 -54; G. Abbamonte, L’affermazione legislativa e giurisprudenziale della risarcibilità del danno derivante dall’esercizio illegittimo della funzione amministrativa. Profili sostanziali e risvolti processuali, in Cons. St., 2000, 743 ss.; A. Luminoso, Danno ingiusto e responsabilità della p.a. per lesione di interessi legittimi nella sentenza n. 500/1999 della Cassazione, in Dir. pubbl., 2000, 60 ss.; F.D. Busnelli, Dopo la sentenza n. 500. La responsabilità civile oltre il «muro» degli interessi legittimi, in Riv. dir. civ., 2000, 335; A. Falazea, Gli interessi legittimi e le situazioni giuridiche soggettive, in Riv. dir. civ., 2000, 679; nonché le note a sentenza a Cass., Sez. un., 22 luglio 1999 n. 500, in Foro it., 1999, I, 2487 ss., di A. Palmieri - R. Pardolesi; R. Caranta, La pubblica amministrazione nell’età della responsabilità; F. Fracchia, Dalla negazione della risarcibilità degli interessi legittimi all’affermazione della risarcibilità di quelli di quelli giuridicamente rilevanti: la svolta della Suprema Corte lascia aperti alcuni interrogativi; e ancora: A. G. Orofino, L’irrisarcibilità degli interessi legittimi: da giurisprudenza «pietrificata» a dogma in via d’estinzione?, in www.giustamm.it, 1999.
[14] M. Trimarchi, Natura e regime della responsabilità civile della pubblica amministrazione, op. cit.
[15] M. Trimarchi, Natura e regime della responsabilità civile della pubblica amministrazione, op. cit.
[16] Il discorso vale, in particolare, come noto, per la prova relativa alla sussistenza dell’elemento soggettivo. Sul tema si tornerà oltre.
[17] Così: Cons. stato, Ad. Plen., n. 8/2022.
[18] Sui temi, ampiamente: M. Trimarchi, Natura e regime della responsabilità civile della pubblica amministrazione, op. cit. Ivi ampi riferimenti bibliografici, in particolare si v. note da 45 a 50.
[19] Sulle “ultime frontiere” della ricostruzione del concetto d’interesse legittimo e del potere amministrativo, senza poter indugiare sul tema: E. Follieri, L’identità della struttura dell’interesse legittimo e del potere amministrativo autoritativo, in Metamorfosi del diritto amministrativo. Liber amicorum per Nino Longobardi, Napoli, 2023, 169 e ss. nonché in www.giustamm.it, n. 11/2022; A Carbone, Potere e situazioni soggettive nel diritto amministrativo. I) situazioni giuridiche soggettive e modello procedurale di accertamento (Premesse allo studio dell’oggetto del processo amministrativo), Torino, Giappichelli, 2020; nonché la sezione monografica dedicata al dibattito sul tema nella rivista P.A. - Persona e amministrazione, n. 2/2021.
[20] Si v. M. Clarich, Manuale di diritto amministrativo, Bologna, Il Mulino, 2022, 133 ss.
[21] Cons. Stato, Ad. pl., 23 marzo 2011, n. 3.
[22] In tal senso sempre M. Clarich, Manuale di diritto amministrativo, op.cit. 133.
[23] Il riferimento è a F.G. Scoca, L’interesse legittimo. Storia e teoria, Torino, 2017.
[24] Si veda M. Trimarchi, Natura e regime della responsabilità civile della pubblica amministrazione, op. cit., che richiama e ricostruisce il pensiero di F.G. Scoca, Divagazioni su giurisdizione e azione risarcitoria nei confronti della pubblica amministrazione, in Dir. proc. amm., 2008, 6 ss.
[25] Cons. stato, sez. IV, 27 aprile 2021, 3398; Cons. stato, sez. IV, 2 marzo 2020, n. 1496; Cons. stato, sez. IV, 6 luglio 2020, 4338; Cons. stato, sez. IV, 27 febbraio 2020, n. 1437.
[26] Così lo stesso Cons. Stato n. 3094/2023, nonché ex multis: Consiglio di Stato, Sez. V, 4 agosto 2015, n. 3854.
[27] Come noto, la Corte di Cassazione nel riconoscere la responsabilità della p.a. per danni da lesione di interessi legittimi ha ritenuto non più sufficiente l’accertamento dell’illegittimità del provvedimento amministrativo, dovendo invece positivamente accertarsi l’elemento soggettivo dell’illecito, ossia la colpa dell’apparato amministrativo – non già del singolo funzionario. Questo elemento si sostanzierebbe nella violazione di regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione che devono ispirare la condotta e l’azione della p.a. e che al ricorrente competerebbe provare.
[28] In dottrina sul tema: E. Follieri, L’elemento soggettivo nella responsabilità della p.a. per lesione di interessi legittimi (nota a sentenza: Consiglio di stato, sez. IV, 31 gennaio 2012, n. 482), in Urb. app., 6/2012, 694 ss.; M.C. Cavallaro, La rilevanza dell’elemento soggettivo nella struttura dell’illecito della pubblica amministrazione: un ulteriore chiarimento del Consiglio di Stato, nota a Cons. Stato, sez. V, 10 gennaio 2005, n. 32, in Nuove autonomie, 4-5/2005, 741 ss.; O. Ciliberti, L’elemento soggettivo nella responsabilità civile della pubblica amministrazione conseguente a provvedimenti illegittimi, in La responsabilità civile della pubblica amministrazione, E. Follieri, (a cura di), Giuffrè, Milano, 2004, 251; S. Cimini, La colpa nella responsabilità civile delle amministrazioni pubbliche, Giappichelli, Torino, 2008; F. Fracchia, L’elemento soggettivo nella responsabilità dell’amministrazione, in Atti del Convegno di Varenna 2008, Giuffrè, Milano, 2009, 211; F. Trimarchi Banfi, La responsabilità civile per l’esercizio della funzione amministrativa. Questioni attuali, Giappichelli, Torino, 2009, spec. 87 e ss.
[29] Per una ricostruzione delle problemetiche: si v. E. Follieri, L’elemento soggettivo nella responsabilità della p.a. per lesione di interessi legittimi, op.cit.
[30] In giurisprudenza, ex multis: Cons. Stato, sez. IV, n. 5012/2004; Cons. Stato, sez. V, n. 1307/2007; Cons. Stato, sez. VI, n. 213/08; Cons. Stato, sez. IV, n. 482/2012; Cons. Stato, sez. VI, 16 aprile 2015, n. 1944; Cons. stato, sez. V, 18 gennaio 2016, n. 148.
[31] In particolare, fra le pronunce più recenti: Cons. Stato, Sez. II, 20 maggio 2019, n. 3217; T.A.R. Lazio, sez. I - Roma, 11 gennaio 2022, n. 226 e T.A.R. Lombardia, sez. II - Milano, 04 agosto 2016, n. 1560.
[32] Così espressamente le stesso Cons. Stato, n. 3094/2023.
[33] Così, da ultimo, espressamente: M. Trimarchi, Natura e regime della responsabilità civile della pubblica amministrazione, op. cit. Si ricordano le tesi espresse da E. Follieri, Sul modello di responsabilità per lesione di interessi legittimi nella giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo: la responsabilità amministrativa di diritto pubblico, in Dir. Proc. Amm., 2006, 18 ss.; nonché sempre E. Follieri, L’elemento soggettivo nella responsabilità della p.a. per lesione di interessi legittimi, op. cit., che richiama altresì: A. Zito, Il danno da illegittimo esercizio della funzione amministrativa. Riflessioni sulla tutela dell’interesse legittimo, Napoli, 2003, 172 ss; L. Garofalo, La responsabilità dell’amministrazione: per l’autonomia degli schemi ricostruttivi, in Dir. Amm., 2005, 1 ss.; F. G. Scoca, Interesse legittimo come situazione giuridicamente protetta e tutela giurisdizionale, Catania 24-25-26 aprile 2003 in Atti del convegno Roma, 2004, 92; L. Maruotti, La struttura dell’illecito amministrativo lesivo dell’interesse legittimo: la distinzione tra l’illecito commissivo e quello omissivo, in www.griurisprudenza.it 2005.