Intervento dello Stato e trasformazioni dell’amministrazione*
di Giancarlo Montedoro
Negli ultimi anni di vita e sviluppo delle economie capitalistiche nel mondo occidentale abbiamo affrontato numerose crisi sistemiche: la crisi finanziaria del 2007 2008, la pandemia, ora la guerra.
Questo incedere di crisi che si inscrive nella tradizionale instabilità delle economie di mercato studiata da Max Weber e da Keynes ha portato ad un ritorno dello Stato, sottolineato anche in una sintetica analisi di questa fase storica da Giuliano Amato.
Nel farsi ancora incompiuto di un’architettura istituzionale internazionale o sovranazionale è allo Stato che continua a guardarsi per predisporre rimedi alla crisi, per contrastare il declino, per approntare rimedi che costruiscano il futuro.
Lo Stato – sin dai tempi del contratto hobbesiano – è essenzialmente un meccanismo securitario.
Il giudice amministrativo – a seguito dell’avvento dello Stato di diritto amministrativo - garantisce il rispetto della Rule of Law a fronte del Leviatano, lo ingentilisce.
Tempo è passato dal momento in cui lo Stato come forma politica si è affacciato nella storia umana.
E di recente – fino all’11 settembre del 2001 - lo Stato ha lasciato il campo al mercato come avviene in tempi di pace e prosperità.
Il ritorno dello Stato – a fronte delle multiformi crisi del mercato - potrebbe leggersi come un aspetto dei vichiani corsi e ricorsi della storia, come un movimento pendolare ricorrente.
Ma la storia umana è un libro aperto ; è storia della libertà umana; essa è stata letta secondo obiettivi destinali o eterne circolarità; nodi teologici e filosofici che pur legati alla dottrina dello Stato possono qui essere solo accennati per dire con semplicità che lo Stato è una produzione immaginaria storico- sociale che si connota per i tratti caratteristici di ogni epoca che attraversa (e che potrà cogliersi nel suo senso solo a lunga distanza dai fatti che vengono vissuti).
Il ritorno allo Stato, il ritorno dello Stato non è mai un mero ritorno al passato.
Il nuovo intervento pubblico – spesso di stampo emergenziale (non eccezionale perché una cosa è l’emergenza altra cosa è lo stato di eccezione) – si dispiega in un contesto molto differente da quello del passato e che condiziona l’agere pubblico.
È ormai una realtà l’esistenza di poteri pubblici sovranazionali (l’UE e le altre organizzazioni sovranazionali di dimensione continentale).
È quindi al diritto sovranazionale che occorre guardare per cogliere esattamente le dimensioni del ritorno dello Stato.
Il Next Generation UE è – in proposito – secondo la lettura di molti un vero e proprio cambio di paradigma nel senso della solidarietà fra Stati europei.
Nello stesso tempo emerge – e non va ignorata – una pericolosa tendenza al risorgere dei confini e degli egoismi nazionali come risposta alle multiformi ed aggressive dimensioni della crisi.
L’incertezza sulle regole dell’austerità finanziaria europea – per ora sospese come sappiamo - una volta finita la fase emergenziale andrà superata definendo un nuovo quadro di compatibilità; grande compito per una politica europea all’altezza dei tempi, politica concorde che auspichiamo e che dovrà garantire l’unità nella diversità, vero e proprio punto di forza e peculiarità della costruzione europea e del suo equilibrio.
La crisi energetica in atto complica il quadro ma non preclude il futuro: piuttosto ci conferma nella scelta necessaria di riconversione verso l’ecologia e le risorse rinnovabili delle politiche energetiche con l’obiettivo al medesimo tempo di assicurare la nostra autosufficienza come sistema paese ed il rispetto del principio di precauzione nel contrasto al cambiamento climatico.
Si può guardare con fiducia alla strategia europea Repower UE come risposta alla crisi energetica in atto al fine di diversificare le fonti di approvvigionamento e di vedere pienamente attuato a livello europeo il principio di solidarietà energetica di cui vi sono ampie tracce nella giurisprudenza comunitaria.
La de-carbonizzazione è una nuova politica industriale oltre che una sfida essenziale per il nostro futuro : ad essa si lega il ritorno di uno strumentario giuridico del passato la pianificazione.
Il diritto pubblico dell’economia in passato era fatto di pianificazioni, direttive, concessioni, aiuti, discrezionalità amministrativa; poi è venuta l’epoca dello Stato regolatore, legata alle tante privatizzazioni, all’incedere dell’economia di mercato, al crescere degli indicatori della calcolabilità economica dei comportamenti umani nei più diversi settori e lo strumentario è stato incentrato su definizione di regole di mercato nella attività delle amministrazioni indipendenti e su meccanismi autorizzatori e di controllo connotate da una forte riduzione della discrezionalità amministrativa.
Nel contempo –a quell’altezza di tempo - si registrava il mutamento di ruolo del giudice amministrativo da giudice del potere pubblico a giudice della legittimità delle attività di regolazione, giudice dell’economia si è detto con formula sintetica e sicuramente di indubbia efficacia descrittiva ma spesso travisata (nel senso che mai l’economia va intesa come tiranna sulla regola giuridica) e oggi forse non adeguata (nel senso che il ritorno dello Stato comporta il ritorno di pianificazione e discrezionalità amministrativa e con ciò restaura alcune caratteristiche del controllo giudiziario del passato).
Gli assi della nuova politica industriale europea investono le funzioni del giudice amministrativo: in maniera totale (e anche in parte contraddittoria lo si vedrà si pensi alla questione dell’impatto degli impianti di energia rinnovabile sul paesaggio o al costo ecologico della digitalizzazione niente affatto trascurabile) comportando una centralità delle questioni della conversione ecologica dell’economia (verso l’economia circolare che per mitigare l’economia degli scarti in favore del riciclo comporta una generalizzazione dei modelli consortili o “per filiera” di organizzazione delle imprese) e della digitalizzazione delle attività produttive di beni e servizi (verso un capitalismo digitale che insieme a tanti indubbi vantaggi sul piano dell’intensità comunicativa comporta non pochi rischi di omologazione e perdita di autonomia delle soggettività individuali e collettive).
Ci attendono delicati bilanciamenti di valori e di interessi, sempre orientati alla logica del concreto e della risposta di giustizia, nella consapevolezza che la democrazia costituzionale è un sistema poliarchico che funziona in modo armonico quando ogni sfera pubblica funziona nella distinzione - leale collaborazione fra poteri e la sfera privata fa la sua parte.
Nei procedimenti amministrativi si dovranno individuare sempre gli interessi pubblici primari prevalenti e l’esistenza di queste direttive giuridico pianificatorie di fondo – delineate da una vera e propria politica industriale europea – finirà per avere un influsso profondo sulle attività dello Stato e dell’amministrazione.
Centrale in questo ridisegno dell’amministrazione è la ri-definizione delle regole dei meccanismi finanziari : come sappiamo essendo ora sospese le regole di austerità ed anche i controlli proconcorrenziali per consentire aiuti di Stato in un quadro temporaneo di risposta alla crisi, lo sguardo deve essere rivolto alla sede europea ove si rinegoziano le regole di bilancio, da concepirsi in modo più flessibile tale da consentire cammini di rientro dagli alti deficit e debiti che sono stati e sono necessari per fronteggiare le crisi sistemiche che stiamo attraversando.
Va sottolineato che il Green Deal ed il digitale si appalesano come politiche strutturali, come obiettivi che nemmeno la situazione bellica rimette in discussione, solo imponendo di aggiornare il quadro regolatorio comunitario per affrontare e contenere le spinte inflattive e per salvaguardare il nucleo duro del nostro sistema produttivo.
Naturalmente i processi descritti non saranno senza effetti sul sistema delle imprese pubbliche (sempre risorgente nel clima storico in cui si ripresentano le guerre).
Il federalismo del Titolo V – al di là delle sue necessità di revisione o di accentuazione oggetto della domanda di federalismo differenziato – non esclude un forte ruolo di intervento dello Stato nell’economia, nel senso di conservazione di un nucleo duro di Stato interventore e si pensi al ruolo di CDP (Cassa depositi e prestiti) finanziatore dei comuni, finanziatore del sistema delle imprese nei settori previsti, azionista di grandi imprese pubbliche, investitore strategico.
Si pensi al ruolo delle società partecipate pubbliche alle quali sono affidati servizi pubblici essenziali che devono vivere un rapporto più proporzionato con la fiscalità generale per garantire la sostenibilità complessiva degli oneri del sistema economico: spesso il giudice amministrativo è giudice della legittimità dei sistemi tariffari legittimità che va letta anche nel prisma del concetto di sostenibilità come metodo di ogni decisione pubblica (la pressione dei sistemi tariffari sui bilanci delle famiglie e delle imprese è sempre più evidente e va considerata come un problema prioritario da affrontare con equilibrio anche al fine di segnalare ai decisori politici gli assetti regolatori raggiunti per effetto spesso di stratificazioni normative risalenti a diverse fasi storico economiche) .
Si presenta interessante anche il rafforzamento del c.d. golden power inteso come sistema di poteri discrezionali a protezione degli interessi pubblici cruciali della collettività nazionale.
L'esercizio di tali poteri – per essere compatibile con l’UE - deve comunque essere attuato senza discriminazioni ed è ammesso se si fonda su "criteri obiettivi, stabili e resi pubblici" e se è giustificato da "motivi imperiosi di interesse generale". Riguardo agli specifici settori di intervento, la Commissione ha ammesso un regime particolare per gli investitori di un altro Stato membro qualora esso sia giustificato da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica purché, conformemente alla giurisprudenza della Corte di giustizia, sia esclusa qualsiasi interpretazione che poggi su mere considerazioni di ordine economico che introdurrebbero meccanismi capaci di alterare il corretto funzionamento dell’economia di mercato.
I poteri speciali esercitabili nel settore dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni consistono nella possibilità di far valere il veto dell'esecutivo alle delibere, agli atti e alle operazioni concernenti asset strategici, in presenza dei requisiti richiesti dalla legge, ovvero imporvi specifiche condizioni; di porre condizioni all'efficacia dell'acquisto di partecipazioni da parte di soggetti esterni all'UE in società che detengono attivi "strategici" e, in casi eccezionali, opporsi all'acquisto stesso.
Potere di ultima istanza : ennesimo segno di un ritorno dello Stato nell’economia con le caratteristiche specifiche di questa epoca che segue l’epoca del trionfo (e poi della multiforme crisi) dell’economia di mercato.
Va anche fatto un cenno al tema degli investimenti esteri diretti spesso oggetto di arbitrati che vedono le imprese multinazionali agire contro lo Stato quando cambiano regole ad es. ambientali incidenti sulle condizioni originarie dell’investimento. Basterà qui richiamare i casi Corte UE Acmea BV v. Repubblica slovacca e Repubblica di Moldova v. Komstroy per delineare il quadro della partita in corso sulla ridefinizione dei confini fra giudizi arbitrali internazionali e sistema giudiziario europeo.
Il giudice amministrativo nazionale che agisce come parte del sistema giudiziario dell’UE riceve nuova linfa e legittimazione dalla giurisprudenza comunitaria che preclude gli arbitrati intra-UE; la linea di confine è delicata poiché da una parte occorre limitare il ricorso alla giustizia arbitrale dall’altra evitare che lo spazio giuridico europeo venga percepito come non sicuro dagli investitori internazionali; ciò richiede giudici nazionali attrezzati e sensibili e un’amministrazione forte nel maneggiare lo strumentario del partenariato pubblico privato.
Un’altra caratteristica dell’intervento dello Stato è quella legata al salvataggio delle imprese in crisi.
Si tratta dello Stato salvatore.
Anche in questo caso però il salvataggio non ha le caratteristiche del passato, si presenta (caso ILVA a tutela di un’impresa siderurgica strategica, o in prospettiva TIM a tutela della rete, ed alla risalente vicenda Monte Paschi a tutela della stabilità finanziaria) come un intervento intermittente, temporaneo per la restituzione al mercato delle imprese dopo il loro risanamento.
Stato risanatore, quindi, scommessa non facile non sempre riuscita per la complessità delle variabili in giuoco e per la necessità di una forte e intelligente guida dei processi industriali e finanziari ossia per il ritorno alla politica industriale.
In questo quadro si torna nel dibattito giuridico a riflettere sulla necessità di rendere più trasparenti (e quindi anche controllabili ed eventualmente giustiziabili) le direttive dello Stato azionista sottraendole al dominio del mero diritto privato (pur ottimamente e sapientemente svolto dalla Direzione Generale del Tesoro) e reintroducendo spazi di diritto pubblico che rendano trasparente il rapporto fra politica ed amministrazione nel governo dell’economia.
Anche qui non un ritorno impossibile al Ministero delle Partecipazioni Statali ma un ridisegno attento dei confini fra diritto privato e diritto pubblico che restituisca un quadro più preciso delle competenze della politica e dell’amministrazione nel governo dell’industria.
Scelte politiche che devono trovare i loro tempi di maturazione.
Il Consiglio di Stato nel suo ruolo consultivo può ben ausiliare il Governo – man mano che crescerà lo spazio del nuovo intervento dello Stato nell’economia - a progettare nuove efficienti e più trasparenti norme di governo politico delle partecipazioni pubbliche in un’ottica di riforma organica dell’ intervento dello Stato nell’economia.
In ultimo le procedure di spesa: qui il Consiglio ha segnato il passo con l’elaborazione del codice dei contratti pubblici secondo quanto richiesto dalla Commissione nel processo di attuazione del PNRR.
Gli innovativi principi che reggono il codice dei contratti, l’orientamento al risultato, la semplificazione delle regole, il carattere autoapplicativo del codice, l’eliminazione del gold plating, gli incentivi al PPP ed alle concessioni si segnalano come novità che devono però necessariamente accompagnarsi alla riforma ed all’accorpamento delle stazioni appaltanti, alla digitalizzazione delle procedure, alla qualificazione del personale competente a svolgere le gare.
In particolare si segnala la centralità del PPP sul piano finanziario: i documenti comunitari sono chiarissimi nel promuovere questa tipologia di contratti nella quale è centrale l’investitore privato, con effetto di moltiplicazione delle risorse pubbliche stanziate dal PNRR, moltiplicazione molto utile in tempi di crescita inflazionistica che rischia di depotenziare il quadro macroeconomico atteso dall’attuazione della pianificazione europea senza l’apporto intelligente di progetti e risparmi privati.
Ciò richiede un’amministrazione competente e qualificata tecnicamente ed impone di investire maggiormente nel personale amministrativo, incentrando gli interventi riformatori non tanto sugli aspetti procedimentali quanto su quelli organizzativi.
Importante è anche l’insieme delle funzioni di coordinamento riservate allo stato nella nuova attività programmatoria. Il PNRR nasce in Europa ma si attua nei singoli Stati nazionali attraverso gli enti del polimorfismo amministrativo, tipici del sistema delle autonomie, sistema nel quale il rischio di paralisi decisionali e di poteri di veto può essere evitato solo mediante l’esistenza e l’esercizio – legalmente previsto- di poteri statali sostitutivi, altro terreno sul quale si gioca una partita decisiva per la corretta e tempestiva spendita delle risorse europee.
Centrale è anche per affrontare le emergenze – lo ha insegnato la pandemia – il rapporto fra l’amministrazione e la scienza.
Questo rapporto andrebbe meglio strutturato non solo investendo nell’Università e nella ricerca ma anche mediante la costituzione di organismi che abbiano alte funzioni consultive di carattere scientifico e non legati alle singole emergenze (il Consiglio Superiore dei Lavori pubblici è un modello ma se ne possono indicare altri L’AIFA e l’ISS).
Il giudice amministrativo dal 1999 ha ampliato il proprio sindacato sulla discrezionalità tecnica e tale sindacato è sempre più rilevante in un’epoca – quella postpandemica caratterizzata da un’elevata complessità – in cui molte decisioni pubbliche hanno bisogno di solide basi tecniche e scientifiche per essere adottate.
In ultimo risorge lo Stato sociale, il suo bisogno, sul delicato terreno dei diritti sociali all’istruzione ed alla sanità, è stato sentito fortemente nel periodo pandemico ( basti pensare alle questioni, dibattute in giurisprudenza, relative alla didattica a distanza ed alle questioni relative ai trattamenti sanitari obbligatori o aventi elementi di coercitività anche indiretta ) ma anche nel mondo postpandemico si pone il tema di una riconversione delle attività dell’amministrazione nel ridisegno di uno Stato sociale in un’epoca di rientro da deficit e debito e di possibile stagflazione.
Il perimetro delle prestazioni esigibili e le questioni dei costi delle medesime e delle modalità del loro finanziamento non sono solo questioni politiche che si intrecciano ai temi della definizione dei livelli essenziali delle prestazioni e delle competenze delle regioni che reclamano un federalismo differenziato, ma sono destinate a diventare, assai probabilmente, la materia di un contenzioso amministrativo fra amministrazioni o fra cittadini ed amministrazioni in vista della definizione del perimetro esatto dei diritti sociali sostenibili in base alle concrete condizioni della finanza pubblica.
Non si può poi ignorare la questione dei nuovi poteri privati sovrani, questione che nonostante i segni di ritorno dello Stato, rimane al centro della scena come un convitato di pietra.
Le aziende multinazionali che operano nel campo del digitale e della farmacologia, ma anche delle armi e dell’energia, sono, anche per difetti delle azioni delle autorità nazionali Antitrust operanti in paesi esteri extraeuropei, anche nella dimensione del mondo anglosassone, divenute aziende dotate di potere analogo a quello degli Stati sovrani (quanto a possesso di know how tecnico scientifico e possesso di capacità operative che consentono di operare alla pari con gli stati e gli ordinamenti sovranazionali).
Si pone non solo un problema di intervento delle autorità di regolazione dei mercati e di contrasto ai cartelli ed agli abusi di posizione dominante ma anche un vero e proprio problema di ripensamento di procedure ed istituti della nostra classica democrazia parlamentare nell’epoca del digitale.
Il Consiglio di Stato in passato ha incontrato la tematica della decisione algoritmica facendo da apripista ora sarà il tempo di formare un diritto giurisprudenziale, in argomento, più sofisticato e maturo anche sulla base delle suggestioni e delle indicazioni normative che vengono dalla sede europea.
La normativa europea sui servizi digitali si concentra sulla creazione di un ambiente online più sicuro per gli utenti e le imprese digitali e sulla protezione dei diritti fondamentali nello spazio
Definisce una serie di responsabilità e un quadro chiaro in materia di trasparenza e responsabilità per i prestatori di servizi intermediari come mercati online, social network, piattaforme per la condivisione di contenuti, piattaforme ricettive e di viaggio online
Di conseguenza, tutti gli intermediari online che offrono i loro servizi nel mercato unico, siano essi stabiliti nell'UE o al di fuori di essa, devono conformarsi alle nuove norme.
L'obiettivo della normativa europea sui mercati digitali è garantire condizioni di parità a tutte le imprese digitali, indipendentemente dalle loro dimensioni. Essa intende garantire un settore digitale competitivo ed equo:
vietando le pratiche sleali delle piattaforme online che detengono la quota maggiore del mercato
riconoscendo agli utenti commerciali la possibilità di offrire ai consumatori maggiori possibilità di scelta
fornendo ai consumatori servizi migliori e prezzi più equi
imponendo diritti e obblighi chiari alle piattaforme online di grandi dimensioni
promuovendo l'innovazione e un ambiente di piattaforma online più equo per le start-up tecnologiche
La legge sui mercati digitali definisce norme chiare per le grandi piattaforme.
Intende garantire che nessuna piattaforma online di grandi dimensioni agisca da "gatekeeper", vale a dire come un attore privato che può stabilire le regole sui mercati digitali controllando almeno uno dei cosiddetti "servizi di piattaforma di base".
Tematiche complesse che sono ineludibili per evitare che i processi della digitalizzazione sfocino nelle prospettive distopiche del capitalismo della massima sorveglianza, il Consiglio di Stato italiano, come i suoi omologhi europei farà la sua parte a tutela degli utenti e delle imprese perché l’amministrazione ed i mercati costruiscano un ambiente digitale nel quale fioriscono i diritti.
In definitiva siamo – come si è accennato – in una fase storica complessa.
Forse la categoria della crisi non è più sufficiente per interpretare la realtà.
Più idonea alle necessità dell’analisi è la categoria di declino.
Il succedersi di eventi catastrofici dalla crisi finanziaria del 2007-2008 alla crisi climatica, dalla pandemia alla guerra può essere visto come un affastellarsi di fatti casuali oppure può essere letto come un succedersi concatenato di eventi che possono prestarsi ad una lettura in chiave esplicativa unitaria.
Un tentativo può farsi in questo secondo senso.
Ed è allora che soccorre la categoria del declino o tramonto della civiltà.
Si tratta del declino di una forma specifica di civilizzazione, quella occidentale, quella della civiltà del tramonto, che, è stato detto, ha il declino nel suo patrimonio genetico (basti pensare alle ormai risalenti visioni spengleriane).
La ragione strumentale e l’uomo calcolante, la dominanza dell’economico sul politico, una globalizzazione troppo veloce, un diffondersi di tecniche che insieme ad indubbi vantaggi nascondono pericoli per l’autonomia del soggetto moderno, la politica di appropriazione indiscriminata della natura concepita come un universo illimitato e a disposizione degli umani, sono tutte dimensioni della nostra organizzazione di vita che costituiscono fonti di tensioni e conflitti da sottoporsi profondamente a critica sul piano scientifico e da fronteggiarsi sul piano istituzionale.
Naturalmente si è in tempo per correggere la rotta verso una globalizzazione ben temperata nel senso indicato da Rodrik .
Sono tutti punti di tensione che al giudice è dato osservare nel contenzioso emergente che spesso diviene contenzioso su emergenze.
Emergenze che trovano una risposta nel nuovo intervento dello Stato.
È in questo cantiere – a ridosso di un immaginario storico-sociale ancora in formazione sul rapporto ad es. fra Stato e mercato - che si vanno ridefinendo le funzioni della Giustizia amministrativa.
Naturalmente il declino di una forma di civilizzazione non comporta alcuna fine della storia ma semplicemente il succedersi di una civilizzazione giovane ad altra più risalente, fenomeno nell’ambito del quale sono possibili passaggi di testimone e conservazione e difesa dei valori.
La risposta della Rule of Law
Uno dei punti più alti del sistema dei valori della società occidentale è la Rule of Law.
In Europa la Rule of Law ha preso le forme dello Stato di diritto amministrativo.
Naturalmente si potrebbe ipotizzare che l’epoca dell’espansione del potere giudiziario sia alle batture finali.
Le vicende israeliane relative alla Corte Costituzionale ; la situazione polacca o ungherese; l’autoritarismo asiatico presentato come modello vincente, le torsioni che lo Stato di diritto inevitabilmente subisce in tempi di guerra sono sotto i nostri occhi.
Tuttavia con questa consapevolezza sullo sfondo si può tentare di rilanciare sui valori dello Stato di diritto e dello Stato di diritto amministrativo capace di controllare la legalità sostanziale dell’esercizio dei pubblici poteri.
Stato di diritto amministrativo significa esistenza di un giudice amministrativo come garante della legalità dell’esercizio dei pubblici poteri.
Si è molto cercato negli scorsi anni di definire il ruolo del giudice amministrativo.
Non c’è dubbio che alla sua originaria funzione – legata alla nascita della IV Sezione – di giudice della legalità dell’esercizio del potere si siano affiancate altre funzioni, specie evidenziatesi nella crescita delle funzioni non autoritative e contrattuali della pubblica amministrazione, tanto da condurre a quello che è stato definito il giudice dell’economia.
Giudice dell’economia sorto dal mutamento delle funzioni dei pubblici poteri intesi come strumenti necessari al corretto gioco delle dinamiche economiche e di mercato, all’ordinata convivenza civile che favorisce il ciclo di produzione e riproduzione del capitale e lo sviluppo delle industrie.
Ciò è avvenuto registrando nelle aule di giustizia il cruciale passaggio dallo Stato interventore allo Stato regolatore con la nascita e l’affermazione delle amministrazioni indipendenti e delle svariate agenzie di regolazione connotanti la complessa evoluzione del capitalismo contemporaneo .
Non c’è dubbio che al processo tradizionale sull’atto amministrativo, sia succeduto – in parallelo alle trasformazioni dello Stato amministrazione- un processo amministrativo capace di guardare al complesso dell’attività – dotato di azioni che lo spingono verso l’effettività della tutela - arrivando poi con il crescere dei casi di giurisdizione esclusiva per scelte del legislatore, fino alla cognizione piena del rapporto amministrativo e – in tutti i casi anche al di fuori della giurisdizione esclusiva - ad un pieno dominio della prova e del fatto.
Questo processo è visibile anche nella crescita del contenzioso in materia di appalti che ha acquisito una indubbia centralità nell’esperienza giuridica, testimoniata dalla mole degli studi giuridici in materia, finalizzati a fare luce nelle più recondite pieghe del sistema giuridico settoriale del codice dei contratti.
I ruoli del giudice amministrativo nella crisi sono tuttavia progressivamente cresciuti ben al di là della sua ormai tradizionale connotazione di giudice dell’economia.
Il giudice amministrativo diviene giudice della complessità le quante volte, nell’incontro Stato-mercato del diritto della regolazione o nel diritto ambientale o sanitario è chiamato ad arbitrare su complesse questioni relative a frontiere dei saperi tecnico-scientifici ciò che fa più ordinariamente mediante il suo esteso ma responsabile sindacato sulla discrezionalità tecnica dell’amministrazione.
Il giudice amministrativo diviene giudice dei servizi pubblici a carattere sociale le quante volte è costretto a decidere su casi che impattano sull’organizzazione dei servizi pubblici, specie sanitari (come è accaduto in tempi di pandemia) sulle loro forme di finanziamento, sui partenariati pubblico privati specie di tipo istituzionale.
Il giudice amministrativo diviene sempre più giudice dei diritti fondamentali, in tutti i campi di giurisdizione esclusiva in cui questo tema si ponga (sempre più occorrono controversie che hanno importanti riflessi sul diritto alla salute, sul diritto all’ambiente salubre, sui diritti dei disabili o dei consumatori ed investitori , sulla correlazione di tali diritti con i modelli di mercato come ad es, in un recente caso in cui si è posta la questione della definizione del concetto di homo oeconomicus ai fini del diritto della concorrenza).
A questa dimensione della tutela si affianca quella - menzionata nella Relazione del Presidente Maruotti – di giudice degli interessi legittimi fondamentali che sono quegli interessi legati allo sviluppo della persona umana o che hanno la loro base nei diritti fondamentali (nozione diversa da quella dei diritti inviolabili tutelati dal giudice ordinario) tutelati dalla Costituzione e dalla Cedu ed astrattamente conformabili dal potere di nuovo conio di stampo emergenziale (e si pensi ai D.P.C.M. in pandemia).
Il giudice amministrativo diviene altresì giudice delle regole dello sviluppo tecnologico come avviene nelle numerose cause che hanno ad oggetto il sistema delle telecomunicazioni sul piano infrastrutturale e dei programmi fino alle questioni relative alla sindacabilità degli algoritmi usati dalle pubbliche amministrazioni.
In ultimo il giudice amministrativo si appalesa come giudice dei nuovi poteri privati sovrani nel contenzioso sorto fra poteri pubblici e Big players del mondo economico legato ad aspetti della crisi che da una parte reclamano un nuovo incisivo intervento dello Stato e dall’altra vedono crescere il ruolo dei grandi giganti dell’economia come fornitori di servizi (il riferimento può farsi ai poteri di golden power ed al diritto antitrust).
Ed ancora il giudice amministrativo – insieme al giudice ordinario – è il giudice del corretto dimensionamento della apertura internazionale del nostro ordinamento in tutte le questioni migratorie e relative ai problemi di integrazione degli stranieri.
Queste sono le nuove frontiere del nostro intervento giurisdizionale.
Un cantiere aperto, si è detto.
Per orientarsi abbiamo la Costituzione e la centralità dei diritti della persona umana.
Una sfida appassionante alla quale la magistratura amministrativa non deve sottrarsi consapevole della necessità di dialogare con le altre magistrature, nazionali (cercando di risolvere le questioni di giurisdizione che insorgono nelle nuove materie) e sovranazionali (cercando di veicolare i bisogni di giustizia ed i dubbi interpretativi che devono essere sciolti dalle corti sovranazionali ed evitando rimessioni puramente difensive sapientemente utilizzando gli spazi lasciati ai giudici nazionali dalla nuova giurisprudenza Cilfit).
*Introduzione alla tavola rotonda “Il giudice amministrativo - nel tempo dell’emergenza e del ritorno dello Stato - fra interessi legittimi fondamentali e diritti fondamentali”, Roma, 28 marzo 2023, LUISS Guido Carli.